Today I don't feel like doing anything I just wanna lay in my bed

dominic + cora

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    Probabilmente quello che Dominic non aveva ancora capito, insieme al senso della vita, il suo ruolo nell’universo e perché il numero 1 si chiamsse “uno” e chi gli avesse dato questo nome (tipo, perché non si chiama “sei” o “Matteo”?), era che non fosse più ad Hogwarts in veste di studente e quindi non era più lì per saltare le lezioni e nel frattempo vantarsi con le ragazzine del primo anno di come quella volta stava cadendo dalla scopa durante una partita di Quidditch e quindi stava per morire ma poi era riuscito addirittura a tirare una bolidata al cercatore avversario e quindi non solo aveva scampato la morte ma aveva anche portato la sua squadra alla vittoria (nulla di tutto ciò è mai accaduto), eppure era esattamente quello che continuava a fare. Magari alzando un po’ l’asticella d’età, ecco, giusto per non finire affatturato da qualche fratello o cugino che a quanto pare ad Hogwarts ce ne sono tantissimi di questi tempi. Era al castello per lavorare in realtà, che qualcuno ci creda o no, eppure era seduto su un muretto in marmo, sotto una delle tante arcate che dal corridoio davano nel cortile e si stava godendo il primo leggerissimo sole primaverile, facendo letteralmente tutt’altro. Che quello fosse orario di lavoro? Chi lo sa, probabilmente neanche lui, poverino chi sarà capitato in infermeria in quel momento e non l’avrà trovato, ci disp per te. Quello che stava facendo era essere un indieman banalissimo, di quelli che si trovano agli angoli delle strade e alle uscite della metropolitana in qualsiasi città del Regno Unito: suonava. Perlomeno, così pareva. Ci provava. Il fatto è che a Hogwarts non c’era così tanto da fare, e quindi aveva rispolverato la vecchia chitarra acustica di quando era adolescente e aveva provato a strimpellare qualcosa per ammazzare il tempo – ed evitare di ammazzare per davvero qualcuno, magari –. Ma doveva essersi scocciato molto in fretta perché la chitarra era letteralmente appoggiata sul marmo, di fronte a lui e lui la guardava con fare enigmatico e pensieroso mentre tra l’indice e il pollice di entrambe le mani faceva su e giù su una cartina trasparente sulla quale aveva messo un po’ di tabacco trinciato. Probabilmente l’unica cosa che apprezzava veramente dei babbani era la loro maestria nel lavorare il tabacco. Le sigarette magiche non erano così soddisfacenti, parola di un fumatore esperto.
    «Dai ma com’è che faceva quella canzone?»
    e lo stava chiedendo proprio alla chitarra, come se avesse una memoria tattile propria (è possibile? boh chissà). Storse il naso e allontanò la mano destra dalla cartina per raggiungere le sue labbra e recuperare il piccolo filtro da mettere all’estremità della sua sigaretta fatta a mano. Un altro paio di su e giù con le dita, poi la strinse e la avvicinò alla bocca per chiuderla definitivamente leccandone la parte con la colla, e poi metterla tra le labbra. Una mano corse alla tasca dei pantaloni e recuperò l’accendino, poi prontamente avvicinato al viso per bruciare l’estremità della sigaretta e fare il primo tiro. Aspirò profondamente, poi prese la sigaretta tra l’indice e il medio della mano destra e sospirò. Poi l’illuminazione:
    «Ah sì, ecco, tipo “you make me wanna call you in the middle of the niiight, you make me wanna…” e poi? Aah come faceva, daaai» (x)
    parlava ancora alla chitarra o a se stesso, non lo sapremo mai ma qualcuno che passava di lì poteva effettivamente prenderlo per un pazzo, ma tant’è.
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    «Chi me lo ha fatto fare..» Non c’era giorno in cui Cora Søndergaard non uscisse dall’aula, al termine della propria lezione, ponendosi tale domanda. Più passavano le settimane più iniziava a provare un vero e proprio odio verso quegli incapaci che si ritrovava come studenti. L’ultima del giorno? Lezione sulla trasfigurazione trans-specie, Pullus Jinx ed ecco che un’idiota le trasformò l'intera classe in uno stormo di oche starnazzanti. Inutile dire che ci volle un’ora e l’aiuto del custode per riuscire a catture quelle non poche scappate dalla finestra - nella speranza di averle catturate tutte chiaramente. Un'enorme perdita di tempo. E adesso? Adesso bisognava farsi scivolare addosso gli avvenimenti della mattinata, riuscire a trovare la pace interiore e correggere i loro dannatissimi compiti.
    Non aveva alcuna intenzione nel fasi vedere nella sala professori dopo quel disastro con le oche, né tanto meno ritornare in aula, nella scena del delitto - non aiutava con il punto "trova la pace interiore" - così optò per una silenziosa e isolata soluzione: una panchina sotto un arco del vecchio cortile della Torre dell'Orologio. In quelle panchine aveva sempre trovato il giusto riparo in passato; lì era solita passare ore a studiare, ammirando l'antica fontana e le sue quattro aquile di statua. Le piace pensare che non sia un caso il fatto di potersi trasmutare proprio in un aquila, che quel suo tanto ammirarle le abbia lasciato qualcosa e che sia stato proprio questo qualcosa ad essere intervenuto nella sua trasmutazione. Un'idea nostalgica a cui è insolitamente affezionata.
    Giunta in quel luogo poggiò lentamente la borsa vicino a sé per poi estrasse i fogli da correggere; li posò sulle lisce gambe, lasciate leggermente scoperte dalla corta gonna. Aprii delicatamente il portapenne, ne estrasse una e con far meticoloso, accuratamente, la poggiò sopra uno dei fogli. Tutto era in ordine e al proprio posto, la correzione poteva iniziare. Partì con il leggere la prima riga di un elaborato quando il silenzio da lei ricercato si riempì di un suono di chitarra. Proveniva da un'arcata più avanti, così, curiosa di scoprire chi osasse disturbare il suo lavoro, si sporse leggermente in avanti per una migliore occhiata.
    Non si era resa conto che, poco più in là, una figura giovane, probabilmente uno studente fuori corso, stava seduto strimpellando una vecchia chitarra acustica. Era pronta ad intervenire quando ogni suono cessò. Fece un grande respiro, così come lo psicomago le aveva suggerito durante una delle sue sedute per aiutarla nel mantenere il controllo, «grandi respiri, dentro e fuori», e riprese indisturbata la lettura; ma pochi righi ed ecco che la musica riprese, accompagnata questa volta dalla voce del ragazzo.
    Ma daii.
    Parlava da solo rivolgendosi alla chitarra come se questa potesse rispondergli, un genio.
    «E poi? Aah come faceva, daaai» «hold you 'til the morning light credo..poi non so, puoi continuare a chiedere alla chitarra.» finalmente la miss Søndergaard si intromise, con tono palesemente ironico. «Non hai qualche lezione da seguire? » per non stare qua a rompermi le palle, grazie.
    Punto uno quello ero il suo posto di pace e serenità, punto due di oche già ne aveva sentite starnazzare abbastanza, punto tre non era il caso di farla infastidire più del dovuto.
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    Le due materie in cui Dominic faceva in assoluto più schifo, neanche a dirvelo, erano storia – per ovvi motivi, cioè lo annoiava – e trasfigurazione. In trasfigurazione era una schiappa e non ne capiva neanche troppo il senso, a dire la verità e poi si può dire che quando andava lui a scuola i professori non erano così …interessanti?! Se fosse capitato quell’anno avrebbe seguito sicuramente molto più volentieri, o almeno si sarebbe presentato a lezione qualche volta, o avrebbe chiesto aiuto alla professoressa per qualche compito che trovava eccessivamente complesso. Insomma, ci siamo capiti: avrebbe fatto il lecchino. La sigaretta ancora tra le dita della sua mano destra, il palmo di questa poggiato sulla pietra che gli offriva gentilmente la seduta quel giorno, ma ora aveva gli occhi chiusi e la testa era leggermente flessa all’indietro, e i capelli biondi compressi contro il pilastro. Probabilmente pensava, e già questo poteva essere considerato generalmente un traguardo non da poco. Cosa pensava, forse è questo il problema. Portò leggermente la testa in avanti, e poi di nuovo indietro, dando leggere botte contro il pilastro che sorreggeva l’arcata. Ma sì, ma come se con la testa che si ritrova potesse permettersi un trauma cranico. Si disperava insomma.
    « Dai ma sul serio com’è che faceva»
    Ancora una volta sembra impossibile determinare se si rivolgesse alla chitarra, a Merlino che lo guarda da lassù o chicchessia, ma ovviamente si riferiva ancora al continuo di quella misteriosa canzone. «hold you 'til the morning light credo..poi non so, puoi continuare a chiedere alla chitarra.». Gli si gelò il sangue nelle vene, come se un dissennatore l’avesse appena limonato, praticamente. Aprì gli occhi quasi di sbotto, automaticamente, poi serrò la mascella e parve smettere anche di respirare per qualche secondo. Giusto un paio però, perché era un regolare fumatore e non era mai stato un grande sommozzatore, quindi non era un granché a trattenere il fiato. Girò leggermente la testa a destra, poi a sinistra e infine anche in alto perché non si sa mai che Merlino veramente gli abbia dato ascolto per una volta nella vita. A questo punto toccava fare un’ultima cosa per scoprire chi fosse seriamente la metà della sua canzone, ma gli costava davvero tanto. Sospirò, poi avvicinò la sigaretta alle labbra e la tenne lì, mentre con le mani si trascinava a gattoni lungo il breve muretto per sporgersi leggermente oltre il pilastro e vedere alle sue spalle finalmente Cora. Probabilmente non avete mai visto così tanti colori susseguirsi tanto velocemente sul viso di qualcuno. Il passaggio graduale è stato: rosa, ma il suo rosa pallido > bianco cadaverico da far concorrenza a Mirtilla > rosso pomodoro palesemente ogm perché era troppo rosso per essere un pomodoro coltivato naturalmente. La scena che si trovò davanti Cora quindi, era essenzialmente questa: una testa bionda spettinata che si affaccia da dietro una colonna, una sigaretta fumante tra le labbra e l’orecchino dorato da vero tamarro in bella vista, viso e collo palesemente rossi dall’imbarazzo e lui a gattoni sul muretto. Ma sì, ma tutto normale qui, siamo abituati a queste cose un po’ fuori luogo. Bisogna dire che però non ci mise troppo a reagire, considerati i suoi tempi: dopo una decina di secondi fermo a fissare la professoressa, si era messo a sedere sul muretto, i piedi appoggiati sul pavimento e il busto voltato verso la bionda. Recuperò la sigaretta con la mano destra e fece un tiro, mentre con la sinistra andò a grattarsi i capelli sulla nuca e il collo ancora arrossato, palesemente in imbarazzo.
    « No, ecco, io… »
    Iniziò balbettando, poi ci ripensò. Si passò la lingua tra le labbra e infine sospirò, facendo un vago gesto con la mano sinistra.
    « Sono l’infermiere » e con l’indice della stessa mano indicò l’interno del castello « Lavoro in infermeria » ovviamente. Era infermiere, ergo lavorava in infermeria. Fece un altro tiro dalla sigaretta, poi dopo aver cacciato tutto il fumo iniziò una scena per niente inusuale quando ti trovi davanti Dominic Cavendish. Boccheggiò diverse volte, tentato di iniziare un discorso, o quantomeno provando a comunicare qualcosa a Cora, dato che continuava a guardarla, ma fallì tutte le volte. Poi parve trovare la combinazione di parole giuste quindi sporse leggermente il busto in avanti, piegandosi in direzione della ragazza, si umettò le labbra un’ultima volta e parlò:
    « Ma ti riferivi… » si fermò, cambiando idea « Cioè lei, ma intendo tu, insomma lei ». Sospirò. Ma come ci si deve riferire a una professoressa particolarmente attraente non poco più grande di te che hai solo guardato da lontano fino a quel momento e che ti guarda con fare minaccioso? « Cioè ti riferivi a me? “hold you ‘til the morning light”, intendo ». No, non aveva capito che Cora avesse continuato semplicemente la canzone che stava canticchiando, magari pensava fosse anche una sorta di dichiarazione. Povero figlio dell’estate, è tonto, lasciatelo stare.


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    Non c'è dubbio che le parole rivolte da Cora Søndergaard verso il ragazzo presero quest'ultimo di soppiatto. Probabilmente neanche lui si doveva essere reso conto di non essere il solo in quel luogo. E come poteva? Miss Søndergaard era arrivata silenziosamente con passo felino e leggero, aveva preso posto silenziosamente e silenziosamente aveva iniziato la correzione degli elaborati da lei assegnati il giorno prima agli studenti. Un ninja. Persino il suo respiro era delicato e silenzioso. Tutto questo non si poteva dire della sua giovane controparte, rumorosa e maldestra. All'udire della sua voce, non rendendosi conto di essere visto, girò più volte la testa come un pupazzo da cruscotto. Una risata strozzata si fece largo sul viso di Cora nel guardare la scena, presto sostituita da un sorrisino infastidito di saluto quando finalmente il ragazzo si sporse dal muretto.
    Ce l'abbiamo fatta.
    Dopo una decina di secondi fermo a fissarla, con sguardo da pesce lesso, ecco che anche lui proferì parola, diciamo.. un po balbuziente il ragazzo.
    Infermiere? Non dava l’aria di una persona in cui mettere in mano la propria vita; tutt'altro, una bionda testa spettinata, che si affacciava come un cagnolino spaventato da dietro l’arcata, una sigaretta fumante tra le labbra e un discutibilissimo orecchino dorato nel lobo sinistro. Frontman di un gruppo musicale dalle capacità sonore dubbie? Probabile... Infermiere? Direi proprio di no. «Ah.. e non hai qualche vita da salvare? Qualche braccio da rimettere apposto?» qualsiasi cosa da fare lontano da qui. Miss Søndergaard non gradiva la sua presenza né cercava in alcun modo di nasconderlo; sempre così cristallina, un libro fastidiosamente aperto, da esaurimento nervoso. Non si era mai posta troppi problemi nel risultare sgarbata; se una cosa, o una persona in questo caso, rappresentava una perdita di tempo, non avrebbe provato remore nel affermalo e nel cambiare le sorti del gioco a suo favore. Sin da bambina si era rivelata una grande e fastidiosissima spina nel fianco per chiunque si trovasse difronte.
    La situazione non sembrava migliorare, e più gli occhi del ragazzo posavano il loro sguardo sulla bella professoressa più il viso di questo si colorava di un rosso intenso, imbarazzante era dir poco. Il ragazzo boccheggiò diverse volte, tentando di comunicare qualcosa dal senso compiuto, con risultati chiaramente abbastanza scarsi.
    Oddio, ma che...
    Un babbuino balbuziente, ecco trovata finalmente la sua vera natura. Cora rimase intontita per qualche minuto mentre le parole del ragazzo cercavano un ordine. Il suo sguardo era tra lo scioccato e il disgustato - una delle sue espressioni preferite – con gli occhi sbarrati e l’angolo delle labbra leggermente distorto verso sinistra. Rapidamente tale accigliata espressione fece largo ad una risata piena, non perché fosse particolarmente divertita sia chiaro, ma più per la ridicolezza del proprio interlocutore. Alzò gli occhi al cielo bagnandosi leggermente le labbra per poi inspirare ed espirare lentamente e profondamente nel tentativo di controllare i nervi. «Era il continuo della canzone...la canzone che stavi suonando sai» C-A-N-Z-O-N-E, doveva essere particolarmente stupido. Una stupida canzone per una stupida persona, tutto tornava.
    Ma perché proprio a lei? Perché proprio quella dannata mattina? Era troppo chiedere un po di pace? Evidentemente si.
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    Edited by brêathe. - 11/4/2020, 15:02
     
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    Imbarazzante era imbarazzante ma c’è anche da sottolineare che si era reso (quasi) subito conto di essere in una posizione ridicola e completamente fuori luogo, quindi era tornato a far poggiare le sue belle chiappette sul muretto giusto in tempo perché Cora non pensasse che fosse totalmente uno svitato. Forse. O almeno così sperava. Ora era seduto come una persona normale di fronte alla professoressa, leggermente proteso in avanti con il busto per sentire ciò che aveva da dirgli. No, non erano certamente carinerie. «Ah.. e non hai qualche vita da salvare? Qualche braccio da rimettere apposto?» se possibile diventò ancora più rosso dall’imbarazzo e con la mano sinistra, quella libera, raggiunse la barba sul mento e sulla guancia, andando a grattarsi nervosamente anche lì. Ah, essere Dominic e sembrare un cane pieno di pulci, quel giorno stava dando davvero il meglio di sé. Era tonto, è vero, ma non era completamente stupido e aveva capito che quello di Cora fosse letteralmente un invito a levarsi dai boccini. Però forse qualche punto poteva ancora guadagnarlo. Avvicinò nuovamente la sigaretta alle labbra, l’ennesimo (neanche tanti in realtà ma vbb) tiro, ma stavolta con fare meno… imbarazzante. Aveva assunto uno sguardo più intrigante – o almeno ci stava provando – e sorrise divertito mentre dischiuse leggermente le labbra per cacciare il fumo. Ecco, sembrava quasi che volesse darsi delle arie più da adulto, o sembrare interessante. «Non lo so» rispose, scrollando le spalle. Bravo, che bell’infermiere. Ottimo acquisto, Preside, davvero. Allungò il sorriso divertito e un po’ beffardo. «Devi dirmelo tu» ah sembrava essersi finalmente deciso e aver optato per una conversazione dal tono più informale e quindi al diavolo la formalità e il fatto che fosse una professoressa. «Di solito quelli vengono in infermeria subito dopo la tua» alzò la mano destra, puntando proprio la sigaretta verso la ragazza per un attimo, poi la ritirò e fece per avvicinarla alle proprie labbra. «lezione. Non sono molto bravi in Trasfigurazione quelli del primo anno, eh? Ne ho già avuti un paio che, insomma, hanno fatto diversi danni» concluse ridendo e aggiunse anche un leggero denegare divertito con il capo, come se stesse parlando di cose incredibili e assolutamente fuori dal mondo. Forse si era dimenticato di quante volte era finito in infermeria con le dita trasformate in millepiedi o cosa. Chiuse le labbra intorno al filtro della sigaretta, ma prima di fare il successivo tiro si immobilizzò di nuovo, strabuzzò leggermente gli occhi e tornò a farsi leggermente rosso in viso. Era mai tornato del colorito originario? A quanto pare, ma era durato veramente un attimo. Notò l’espressione piuttosto disgustata della bionda e abbassò lo sguardo, puntando gli occhi sulle sue scarpe puntate sul pavimento. «Era il continuo della canzone...la canzone che stavi suonando sai». Tornò a guardarla, ma rimase in silenzio, la mano destra ancora a mezz’aria tra il viso e il busto, nel tentativo di recuperare quella sigaretta ancora ferma tra le sue labbra, e la mano sinistra che ora volteggiava in aria in un vago movimento che avrebbe dovuto preannunciare una risposta. Risposta che comunque sembrava tardare ad arrivare. Ci aveva provato a guadagnare qualche punto, a non sembrare un babbuino balbuziente [cit.] ma a quanto pare Cora aveva segnato il 2-0 e per il piccolo Cavendish era crisi nera. Prese tempo aspirando ancora, poi tornò a prendere la sigaretta tra l’indice e il medio della mano destra. Annuì. «Ah ma è certo. Ovvio! È chiaro.» disse tutto insieme e finse anche un tono normale. «L’avevo…» iniziò, poi sospirò «l’avevo capito, ovviamente». Ovviamente. O V V I A M E N T E. Non aveva minimamente pensato, neanche per un secondo, che si trattasse di una sorta di dichiarazione nei suoi confronti e che lei, come lui, si era invaghita guardandolo in silenzio ogni volta che passava davanti l’infermeria. Ovviamente. Rimase in silenzio, a quel punto, ma continuò a guardarla, sarebbe potuto andare via e salvare almeno quello che restava della sua faccia, ma ormai il danno era fatto quindi…
    Lasciò passare all’incirca trenta secondi, prese a far ciondolare le gambe, e nel frattempo continuava a fumare. «Ricordi anche il resto della canzone, quindi? Cioè ti… piace… come… canzone..?» osò domandare, molto lentamente, prendendosi le dovute pause tra una parola e l’altra. Rischiava di essere cruciato? Probabilmente sì, ma non lo sapeva.

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    Sbuffava e nervosamente muoveva su e giù il piede, era innervosita e si vedeva lontano un miglio. Nell'attesa che riccioli d'oro trovasse nuovamente le parole per continuare la conversazione, si ricordò del pacco di rainbow powa sequestrato poche ore prima ad uno studente del terzo anno; lo estrasse dalla borsa e ne morse una gialla nella speranza di sollevarsi il morale con "un quantitativo immenso di buon'umore e di energia, difficilmente la terrete sotto controllo".
    L'impertinenza mostrata precedentemente da Cora verso il ragazzo sembrava ottenere risvolti positivi in quest'ultimo. Da cagnolino curioso passò ad una postura più consona ad un essere umano con un briciolo di sanità mentale. Il rossore da imbarazzato ragazzino adolescente rimaneva lì ma lo sguardo si faceva più serio, più adulto. Le rainbow powa dovevano aver iniziato il loro effetto, bastò poco e la frigida professoressa scoppiò in una risata inaspettata e per nulla nel suo stile. «Come darti torto.. hai visto da te cosa succede ad avere undici anni ed un cervello di gallina.» Connubio disastroso. Altra risata. Cora Søndergaard faticava ancora a immaginarselo con il camice tra ossa rotte e pozioni curative, ma d'altronde Hogwarts si era rivelata tutt'altro di come se l'era immaginata; William Barrow, Eugene Jackson, supplenti tossici, infermieri poco più che adolescenti, benvenuti al manicomio studenti di Hogwarts.
    «La ricordo..» la sua compagna di dormitorio, Molly incredibilmente fastidiosa Ringwald, era sfortunatamente ossessionata da quel gruppo, nottate passate a sentirla decidere se fosse più sexy Duncan o Lee e stereo al massimo volume «..e non mi piace. Però secondo me Duncan.» Altra risata, accompagnata da una frase totalmente fuori contesto che avrebbe dovuto essere un pensiero e rimanere tale. Ma sempre la solita Cora; l'immenso buon umore non bastava a trattenerla, talmente sincera da non preoccuparsi affatto di sembrare una stronzetta. E sta volta, una stronzetta con qualche rotella fuori posto. Ma d'altronde non le piaceva sul serio, perché fingere per dar il contentino al ragazzo. Piuttosto avrebbe potuto fare qualcos'altro. Ormai la quiete tanto ricercata era un desiderio sfumato, si sentiva dentro un'energia irrefrenabile, il buon’umore era alle stelle; nulla e nessuno l’avrebbe potuta fermare in quell’istante. Restava solo da decidere se rimanere lì in una conversazione al momento imbarazzante o dire ciao e trovarsi qualcos'altro da fare. Fissò il ragazzo per una decina di secondi e poi compì la sua scelta - più probabile le rainbow powa che lei. Ripose accuratamente i fogli e la penna nella borsa posta accanto a lei, si alzò da quella che era la sua parte di muretto e energicamente si avvicinò verso la bionda testa spettinata. «Posso?» mano protesa verso la chitarra e sguardo fisso verso quegli occhi azzurri. L'intenzione di miss. Søndergaard? Manifestare al sig. Frontman, al solito, chi fosse la vera queen anche in quel contesto, e perché no, rendere la conversazione più interessante e divertente. (Cora e i suoi modi narcisistici di divertirsi.) Sapeva suonare e anche piuttosto bene. «Credo mi sia sfuggito il tuo nome..» Non lo aveva proprio detto, e a quanto pare il ragazzo sapeva benissimo chi fosse la sua interlocutrice - aveva occhio il signorino - trovarsi in difetto non era da lei, realmente curiosa o non di conoscere quel nome. «Caramella?»
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    Edited by brêathe. - 15/4/2020, 17:21
     
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    Avete presente quando partite fiduciosi a far qualcosa ma poi venite atterrati malissimo dal vostro avversario, provate a rialzarvi e boom, a terra di nuovo, allora vi rialzate di nuovo ma inevitabilmente con il naso rotto e le ginocchia che tremano? Sì, esatto tipo Rocky Balboa vs Ivan Drago, Westeros vs i non-morti, il Napoli a Torino vs la Juve. Con l’unica differenza che in tutti i casi appena citati [SPOILER] prima o poi arriva il lieto fine, nel caso del duello Dominic vs Cora, invece, per il giovane infermiere di Hogwarts le speranze sembravano ridotte veramente ai minimi storici. Il massimo che poteva fare era segnare il goal della bandiera, ecco. Chiuse le labbra intorno al filtro della sigaretta e fece un bel tiro (no, non quello per il goal della bandiera, purtroppo). Il sorriso beffardo svanì e fece spazio a un’espressione più confusa che altro. hai visto da te cosa succede ad avere undici anni ed un cervello di gallina non era troppo sicuro di aver capito cosa volesse dire Cora, ma era al 70% sicuro che stesse dicendo che da piccolo aveva un cervello da gallina e che fosse una schiappa in Trasfigurazione; il restante 30% era colmato dalla sicurezza sicurissima che fosse un insulto al se stesso del presente e stesse quindi dicendo che in quel momento, 2020, lui fosse come un undicenne con un cervello da gallina. Rimase per qualche secondo con la sigaretta tra le dita, la bocca dischiusa, gli occhi socchiusi nell’espressione tipica di chi sta facendo calcoli difficilissimi per calcolare la distanza di Marte dalla Terra [inserire meme]. Ma aveva espirato, in tutto ciò? Si riprese e tossì perché aveva trattenuto troppo il fumo, quindi portò la mano libera, quella sinistra, sul proprio petto per darsi qualche colpetto e tornare a respirare normalmente, circa. La risata di lei fu per lui una vera e propria secchiata di acqua gelida sulla faccia. Lo prese così tanto alla sprovvista che quasi saltò, irrigidendosi con la schiena e strabuzzando leggermente gli occhi, ed era anche sul punto di recuperare la bacchetta accanto a lui sul muretto per mettersi sulla difensiva. Ma che significa che ha riso? Ma ora mi uccide? panico nei suoi occhi, panico nel suo cervello che succede? (chi si è sentito male?). Alla fine Cora sembrò non volerlo uccidere, quindi tornò a rilassarsi e riuscì anche a rispondere.
    «Sì, dai però» iniziò scrollando le spalle «non è mica detto che tutti i bambini abbiano un cervello da gallina, ecco, c’è anche chi è intelligente. » ci teneva sul serio alla reputazione generale dei bambini o cercava ancora di darsi delle arie? – tentativo comunque fallito, di nuovo. «o qualcuno che ha un’intelligenza sopra la media, anche». Tipo lui, sicuramente. *voce fuori campo: TE PIACEREBBE*
    «La ricordo..» e il viso gli si illuminò, era già pronto a cantargliela tutta, le parti di Lee, le parti di Duncan e degli altri due di cui nessuno ha mai saputo i nomi «..e non mi piace» va bene, come non detto. Fece finta di niente e annuì di nuovo, senza dire niente perché mica poteva dire che i Blue erano il suo guilty pleasure dai che figura ci faceva. «Duncan?!» ripeté e si fece attento alle sue parole, magari riusciva a sfruttare almeno quell’occasione. Si raddrizzò un po’ con le spalle e si schiarì la voce, un altro tiro di sigaretta poi fece il vago. «molte ragazze mi hanno detto che gli somiglio molto..» ma chi? Ma dove? Ma quando? E soprattutto: ora Duncan è gay, tamarro e pieno di tatuaggi discutibili. «soprattutto perché è molto muscoloso e…» e stava per dire qualche altra cosa estremamente imbarazzante ma si fermò per seguire tutti i movimenti di Cora con lo sguardo sempre un po’ perso e stupito. Lei posò penna e taccuino, si alzò e lui era convintissimo stesse per andarsene via e mandarlo a cagare ma plot twist si avvicinò a lui sul muretto e la sua reazione fu assumere quella tipica espressione da pesce lesso che indossava dall’inizio di quella conversazione, a quanto pare. Girò lo sguardo e il busto verso di lei come se attratto magneticamente dai suoi movimenti, e sempre in silenzio annuì più volte, con fare ovvio, ma anche ovviamente stupito. «C-c-certo?! Fai pure» balbettò un po’, dandole infine il permesso di prendere la chitarra. Si voltò completamente verso di lei ora, portando le gambe larghe sul muretto, una per lato, e la sigaretta, quasi finita si spera, ancora fumante tra le due dita della mano destra. Rimase in religioso silenzio, gli occhi che ballavano dal viso di Cora e le sue mani sulla chitarra. Ah. Scosse leggermente la testa tornando alla realtà. «Cos-?» colpo di tosse per schiarirsi la voce e cercare di darsi un contegno, poi continuò «Sono Dominic» poi abbassò lo sguardo sulla sua sigaretta, e infine tornò a guardare la bionda, combattuto. Boccheggiò un po’. Che decisione difficile da prendere, eh? Infine scosse leggermente la testa. «Oh, no, non ti preoccupare. Cioè grazie, comunque.» rispose in merito alla caramella, ovviamente «Sto.. sto finendo la sigaretta, per questo, non perché non voglia accettare una caramella da te, ovviamente...» cominciò a straparlare, poi si stoppò per sporgersi leggermente avanti col busto e alzare le spalle «Vuoi una sigaretta?» domandò infine perché è vero che non ci sa fare però le buone maniere non gli mancano mai.
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    «non è mica detto che tutti i bambini abbiano un cervello da gallina, ecco, c’è anche chi è intelligente.» Miss. Søndergaard non riusciva bene a capire se con quelle parole si riferisse realmente ai bambini o se il ragazzo parlasse di sé stesso; sembrava essersela presa piuttosto sul personale. Non avrebbe certo avuto torto del ritenersi particolarmente stupido ma, almeno in quella situazione, non era intento di Cora offendere.. intenzionalmente. La risata sul suo volto, merito (o colpa - dipende dai punti di vista) delle rainbow powa, lasciò spazio velocemente ad un ghigno di disappunto. Ma sul serio spacciavano quella roba per caramelle vendendola a dei ragazzini? Iperattività, felicità spropositata.. mancavano solo le allucinazioni e potemmo dire che miss perfettina Cora Søndergaard si fosse appena fatta una striscia di cocaina. Per fortuna, passati un'altra decina di minuti, l'effetto sembrava andarsi attenuando. Non sarebbe stato il caso di uscirsene con altre frasi fuori luogo alla "a me piace Dancan, uhuh". «molte ragazze mi hanno detto che gli somiglio molto..» ecco cosa succede quando la ragazzina adolescente che c'è in te viene fuori. E adesso come ribatti? Ah? Non ci somigliava AFFATTO. Non che fosse un brutto ragazzo, anzi.. per essere un totale imbranato/ infermiere/ frontman fallito era piuttosto carino. Non il classico tipo alla Cora, di base con almeno i capelli pettinati e qualche annetto in più, ma comunque accettabile. Si limitò ad un «Mhm..» ok,se lo dici tu. Seguito da un sorrisino e un leggero cenno verso sinistra con la testa. Era meglio non intromettersi, spezzare le sue illusioni; c'erano altri modi, molto più divertenti, per ferirlo.
    «C-c-certo?! Fai pure» Dopo aver riposto elaborarti e penna nella borsa, Cora raccolse delicatamente la chitarra poggiata sul muretto al fianco del ragazzo, tenendo lo sguardo fisso su di lui con chiaro intento di intimidirlo. Sapeva di essere una donna attraente e come giocare le sue carte. Dominic, dal canto suo, era una preda facile; lo sguardo da pesce lesso, il rossore e la balbuzie da adolescente non lasciavano intendere altrimenti. Sarebbe stato divertente giocare per un po’ con lui. Chi ha inventato il termine sadismo chiaramente non era colui che si divertiva, e a Cora divertiva, oh eccome. «Cora.» si trovava ancora leggermente chinata verso il ragazzo quando sussurrò il suo nome tra le labbra rosso fuoco. Probabilmente avrebbe potuto dire qualsiasi parola, persino la più stupida, persino "papaya", e la carica erotica di quel sussurro sarebbe stata la stessa. «Sto.. sto finendo la sigaretta, per questo, non perché non voglia accettare una caramella da te, ovviamente... Vuoi una sigaretta?» La professoressa si leccò le labbra per inumidirle e scosse la testa in segno di rifiuto. Dominic che straparlava e Cora che si limitava a dei cenni, persona A e persona B. Si avvicinò al ragazzo dandogli due colpetti sulla gamba sinistra per far sì che si spostasse lasciandole lo spazio necessario affinché si potesse sedere. Chiedergli di spostarsi? E perché mai se puoi importi, vai così Cora, gentilissima. Incrociò le gambe e posò su di esse la chitarra; le mani accarezzavano dolcemente le corde e pian piano melodia e voce prendevano forma. «Words are flowing out like endless rain into a paper cup, they slither wildly as they slip away across the universe, pools of sorrow waves of joy are drifting through my opened mind..» (song) si interruppe per volgere lo sguardo verso il ragazzo, per poi pronunciare le ultime parole di quella strofa apparentemente a lui «..possessing and caressing me.» Scelta della canzone a caso? Secondo voi?.. Se in principio Dominic pensasse che con “hold you ‘til the morning light” la bella Cora intendesse fagli una dichiarazione, adesso lasciarglielo intendere era diventato parte del gioco. «A ripensarci l’accetto una sigaretta.» Non era mai stata sua reale intenzione rifiutarla, ogni cosa andava fatta a suo tempo. Sarebbe stato piuttosto difficile suonare, cantare, sedurlo e nel contempo fumare tranquillamente una sigaretta.
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    Edited by brêathe. - 17/4/2020, 23:29
     
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    Spezziamo una lancia in favore di Dominic: se vi trovaste davanti Cora (coaffMargotRobbiecoaff) voi riuscireste ad avere un atteggiamento normale e non sembrare più stupidi della cacca di Troll? Però sì, fondamentalmente la sua espressione era quella di uno spettatore maschio medio di Ciao Darwin all'entrata di Madre Natura, gli mancavano solo il binocolo e la bavetta alla bocca, ma per quest’ultima siamo abbastanza sicuri che manchi davvero poco. Super facepalm per te, Dom. Se comunque Cora aveva la scusa di essere strafatta dalle caramelle (eh Cora scusa ma la mamma non ti ha mai detto che non si accettano le caramelle dagli sconosciuti?) per i suoi comportamenti fuori dalla norma ma che apprezziamo lo stesso, lui non aveva proprio nessuna scusante per essere così rimbambito e imbarazzante. Dire che la seguì con lo sguardo significherebbe davvero minimizzare, piuttosto si può dire che le stesse facendo letteralmente una radiografia, non si era perso neanche uno dei suoi movimenti: lo sguardo oscillava dal suo viso, poi si fissava sui suoi occhi e infine scendeva alle sue mani e insomma passava ovviamente per tutto quello che c’era nel mezzo e poi verso l’infinito e oltre. Mica era scemo? Si stava rifacendo gli occhi. «Mhm..» non sembrava un verso di apprezzamento, a dire la verità. Doveva aver detto o fatto qualcosa di sbagliato sicuramente – tipically Dom, ma in quel momento aveva davvero poca importanza. Ebbe giusto il tempo per maledirsi mentalmente, portare la mano sinistra sulla mascella a grattare la barbetta e socchiudere gli occhi per figurarsi mille madonne Morgane e Merlini nella sua testa. Sbuffò, cacciando aria dal naso, ma si bloccò letteralmente subito dopo, mascella serrata e muscoli più tesi delle corde della sua chitarra. «Cora.». Il posto che dovrebbe occupare il suo cervello, sotto la chioma bionda e spettinata del più piccolo dei Cavendish, in realtà è generalmente abitato da un piccolo cricetino che corre – molto lentamente – per mettere in moto i suoi pensieri e il suo buon senso, le sue reazioni e le sue funzioni vitali. Insomma, il criceto lo tiene in vita. Dopo la presentazione della professoressa il criceto è stato dichiarato cerebralmente morto e così anche lui. Elettroencefalogramma piatto, non dà segni di vita, se non il piccolo rantolo con cui si degnò di rispondere dopo un bel po’ di secondi. Deglutì rumorosamente, poi annuì. «Sì, certo, io…» si prese l’ennesima pausa per respirare a pieni polmoni, gonfiando un po’ il petto e raddrizzando anche la schiena. Cercava almeno di darsi un contegno. «io lo so, lo sapevo. Cora, ovviamente. Io conosco i professori e poi lo sapevo, cioè me l’avevano detto che eri tu, è ovvio..» riprese a straparlare perché per qualche strana ragione gli sembrava più adatto dire cose assolutamente a caso che restare in silenzio a guardarla fare cose. Il suo monologo fu bruscamente interrotto solo dai colpetti di Cora sulla sua gamba, che lo fecero trasalire di nuovo. Praticamente non faceva altro, se volete spaventare Dominic basta fargli buh! alle spalle e state certi che riuscirete nel vostro intento. Abbassò lo sguardo sul tessuto dei suoi pantaloni e allargò leggermente l’angolo destro delle labbra in un sorrisino pieno di gioia. Tipo che non avrebbe lavato quei pantaloni per un sacco di tempo, era proprio da lui fare una cosa del genere. «Ah sì, scusami» disse facendole spazio sul muretto, quindi alzandosi leggermente per mettere di nuovo le gambe al di là del muretto, con le suole delle scarpe ben piantate per terra e i palmi delle mani sul bordo del muretto. Le diede tutto lo spazio necessario per salire, sedersi accanto a lui e accavallare le gambe, le lasciò prendere la chitarra e le permise di suonare quello che più le pareva, ma avrebbe anche potuto sbatterla a terra (la chitarra) e lui probabilmente non avrebbe fatto una piega. Guarda che cuore, è anche servizievole, Cora. Quello che successe dopo è facilmente immaginabile. Le canzoni dei Fabfour hanno sempre una posizione privilegiata nel cuore di tutti perché non si è mai stati veramente sedicenni se non si è passata una notte (facciamo anche una settimana) a piangere ascoltando Yesterday e Dominic sicuramente non era da meno, aggiungiamoci anche che era il tipico festaiolo un po’ alternativo che ai falò estivi prendeva la chitarra e cantava Wonderwall alternando ogni nota a un sorso di birra artigianale, quindi bingo: con quella canzone l’aveva letteralmente conquistato. Stregato. Il criceto nella sua testa aveva avuto il tempo di risorgere in qualche strano modo e schiantarsi di nuovo al suolo senza vita. La guardò con il fiato sospeso, le labbra schiuse nella ormai conosciuta espressione da ebete che gli donava tantissimo e gli occhi azzurri fissi sulle dita di lei che si muovevano sulle corde della sua chitarra. Chinò leggermente la testa di lato, avvicinando l’orecchio destra alla rispettiva spalla e avanzò anche leggermente con il busto verso di lei, sempre come se fosse automaticamente attirato verso di lei. Quando poi alzò gli occhi verso di lei, li fermò sulle sue labbra. «..possessing and caressing me.» si ritirò leggermente indietro con la schiena e gonfiò le guance, sbuffando leggermente. La mano sinistra corse ad accarezzare il collo con tutto il dorso, disegnando la forma della mascella e fermandosi sulla nuca, grattando i capelli lì, abbastanza provato da quello che era appena successo, mentre passava lentamente la punta della lingua su tutto il contorno delle labbra. Era sofferente. Questa volta Cora l’aveva messo K.O. Aveva segnato il 4-0 e sembrava giocare con due uomini in più, magari in casa e quindi con il favore del pubblico; lui, piuttosto, sembrava destinato alla retrocessione. Ebbe bisogno di prendere ancora un po’ di fiato e staccare gli occhi dalla sua figura, poi annuì leggermente con la testa. «Sì, la sigaretta, subito.» rispose con fare un po’ assente, la testa ancora altrove e non ci vuole molto a capire dove erano andati a parare i suoi pensieri. Si alzò definitivamente dal muretto, piazzandosi in questo modo in piedi di fronte a lei. Deglutì abbastanza vistosamente, poi incespicò un po’ con le mani perché stava facendo troppo cose contemporaneamente, cioè pensare e muoversi e già di solito questa era una cosa difficile per lui, senza criceto diventava il Boss dell’ultimo livello. Decise infine di portare la sigaretta, o quello che ne era rimasto, di nuovo tra le labbra e la tenne lì mentre la mano corse alla tasca posteriore dei suoi pantaloni per recuperare la bustina col tabacco e tutto l’armamentario per fare più in fretta possibile una sigaretta per Cora. Eh quando uno è zerbino, è zerbino sempre, mica cambia. Inoltre, ci si chiede quale potrebbe essere la sua reazione al Lilum, ma la sua età mentale è ferma ai sedici anni quindi probabilmente non potrebbe neanche entrarci.
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    «io lo so, lo sapevo. Cora, ovviamente. Io conosco i professori e poi lo sapevo, cioè me l’avevano detto che eri tu, è ovvio..» E' OVVIO. Narratore: Cara Cora se per tutti questi anni tu abbia cercato di passare inosservata fallendo miseramente fatti qualche domanda. Quando sei una piccola secchioncella dentro ma non lo sei affatto fuori.. la vita a scuola diventa difficile. Se vuoi essere lasciata in pace tra i tuoi libri in biblioteca.. sognatelo! avrai una fila d' idioti adolescenti in piena crisi ormonale che ti impaccheranno filtri d'amore tra una lezione e l'altra. Bisogna stare molto attenti, non ci si può mica distrarre eh. Fortunatamente hai recuperato (perso) la tua dignità come adolescente durante tutto il sesto anno, brava. Ricordiamoci chi eravamo e che potremmo ritornare.
    Dominic era talmente imbarazzante da essere quasi tenero, imbambolato difronte ad una bionda che suonava la chitarra. Il gioco era iniziato, l'amo era stato lanciato e il pesce stava decisamente abboccando come da programma.
    «Sì, la sigaretta, subito.» che servizievole il ragazzo. Chiaramente Cora sapeva rollarsi una sigaretta da sé, ma perché mai muovere un dito se c'era un Dominic pronto a servirla. Rimase seduta ad osservare i movimenti impacciati del ragazzo, che ne frattempo si era posto difronte a lei recuperando prontamente il pacco di tabacco dalla tasca posteriore. Miss. Søndergaard spostò la chitarra (che ormai aveva meravigliosamente svolto il suo compito) su quella parte di muretto in cui precedentemente sedeva il giovane e portò le mani indietro poggiandole sulla fredda muratura alle sue spalle, distendendosi leggermente nello scrutare con attenzione il ragazzo: scarpe, pantaloni, maglietta, quella sigaretta ancora tra le labbra e infine i grandi (e belli) occhi azzurri indaffarati.
    «dimmi un po' di te, Dominic..» papaya. Stranamente la bella professoressa era realmente interessata nel sapere qualcosa in più riguardo alla sua vittima designata, divertimento a parte Cora cominciava ad incuriosirsi. Cosa aveva portato un imbranato (deduzione ovvia: era imbranato adesso figuriamoci in passato) ragazzino con la chitarra al voler salvare vite. «eri uno che da ragazzino andava dicendo “da grande voglio fare l’infermiere”?» a degli adolescenti che non sanno stare al mondo. Se lo immaginò di nuovo con il camice addosso, questa volta non in una versione denigratoria ma con nulla sotto di esso, giocando al paziente e l’infermiere con lei, ah porcellina. Un pensiero che immediatamente cercò di scacciare dalla testa rivolgendo lo sguardo altrove e giocherellando nervosamente con una ciocca della bionda chioma. Cora Søndergaard era una che lasciava la scia di profumo senza poi realmente girarsi indietro, ti lasciava sbirciare dalla serratura senza poi aprire la porta (frigid-irraggiungibile cit.); a suo dire trovava più piacere nel sadismo che c’era dietro piuttosto che nel premio in palio. In tale visione il gioco restava sempre nelle sue mani, non perdeva mai.. ma neanche vinceva. La verità è che aveva talmente paura di perdere il controllo, di aprire il suo cuore (si, anche lei ha un cuore) e lasciarselo schiacciare, che le bugie che raccontava a sé stessa erano diventate la realtà. Come dicono gli ABBA “The winner takes it all, the loser's standing small”.
    «da quant'è che sei ad Hogwarts?» concluse schiarendosi nervosamente la voce e mordendosi il labbro, nella speranza di distrarre la sua mente portandola verso altri pensieri.. tipo quanto fosse deludente il ritorno ad Hogwarts.
    for next time: a giocare con le menti deboli bisogna non essere una mente debole.
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    Non preoccuparti Cora, il pesce ha già abboccato, ora sta a te scoprire se si tratta di Nemo o di Moby Dick, wink wink (sul serio non c’è un topic a riguardo? Sono delusa). Era in piedi davanti alla bionda ed era almeno un minuto che si faceva scivolare la cartina con il tabacco tra le dita, quasi assente rispetto a quello che gli stesse succedendo attorno. La sua mente, comprensibilmente, era ferma ancora a qualche attimo fa e nella sua testa risuonava ancora quel «possessing and caressing me» detto in quel modo, con quello sguardo rivolto a lui. Si sa che la carne è debole, e quando si tratta di lui è più sottile di una zanzariera vecchia di trent’anni. Alzò gli occhi dalla cartina per rivolgerle uno sguardo e si sentì osservato, sì, ma perché?. Sicuramente era perché aveva qualcosa fuori posto. Sicuramente era la barba, avrebbe dovuto mettere più olio, lo sapeva. Abbassò di nuovo lo sguardo sulla cartina prendendo un po’ di colore sulle guance perché era in evidente imbarazzo e perché probabilmente la sua temperatura interna aveva raggiunto quella del nucleo terrestre per quanto fosse accaldato e per le cose che stava pensando e immaginando. Lasciò la cartina nella mano sinistra, mentre con la destra raggiungeva le sue labbra per prendere quello che rimaneva della sua sigaretta. Un ultimo tiro veloce e poi la prese tra l’indice e il medio e la lanciò lontano nel cortile, tanto Malfoy prima o poi pulirà. Ci aspettiamo che Greta si materializzi da un momento all’altro e lo prenda a pizze in faccia perché dai, Dom, sei un cazzo di incivile, non si fa. Comprate tutti quanti un porta cicche! Cacciò il fumo e poi tornò con lo sguardo sul suo viso, inarcando il sopracciglio sinistro in un’espressione evidentemente confusa. «Di me..?!» ripeté un po’ incredulo, come se fosse davvero sorpreso che Cora fosse interessata alla sua vita. Insomma, perché avrebbe dovuto esserlo? E poi non era abituato a raccontare della sua vita a qualcuno, e non c’era niente di particolarmente interessante da dire. Il cricetino nella sua testa era confuso di fronte a quella scena e si stava esibendo in un breve monologo davanti allo specchio:

    Ma dici a me? Ma dici a me? ... Ma – dici - a - me? Ehy, con chi stai parlando? Dici a me? Non ci sono che io qui!

    Voltò leggermente la testa per guardare al di là della sua spalla destra, poi fece lo stesso con la sinistra, per assicurarsi che non ci fosse nessuno alle sue spalle e che Cora si stesse realmente rivolgendo a lui. Sorpreso, fece schioccare la lingua sotto il palato e poi si strinse nelle spalle. «Beh» dai Dom, try hard(er). Stava facendo ricorso a tutte le sue energie mentali per trovare qualcosa di emozionante da poter raccontare per sembrare un tipo interessante e, intanto, prese tempo facendo quello che gli riusciva meglio: usare la lingua. Leccò la parte della cartina con la colla e finalmente chiuse la sigaretta per la professoressa. Allungò la mano e gliela porse, già bella e pronta da fumare, e chissà che allo sfiorare delle loro dita qualche brivido non gli abbia percorso la schiena. «eri uno che da ragazzino andava dicendo “da grande voglio fare l’infermiere”?» ah Cora, cos’hai combinato, tasto dolente. A 23 anni suonati poteva anche sembrare ancora un adolescemo confuso e impacciato, ma in verità era più tormentato (almeno psicologicamente) di quanto non lo desse a vedere e di quanto non ne fosse personalmente consapevole. Per un anno e mezzo era stato indeciso su cosa farne della sua vita e anche in quel momento mica ne era fermamente convinto. Gli piaceva quello che faceva ma c’era sempre stato un what if a tormentarlo. «No» rispose categorico, accompagnando il tutto con una risatina. «Volevo giocare a Quidditch, ero battitore Corvonero» lo disse gonfiando leggermente il petto e allargando gli angoli delle labbra in un sorriso fierissimo «Giocavo con Elwyn. Huxley. Che mito» probabilmente aveva fatto anche gli occhi a cuoricino, ma non preoccuparti Cora che non è gay, o almeno non dovrebbe. «E con Bells. Lei è proprio tosta…» come capitano? Fisicamente? Who knows. Quella piccola parentesi sul Quidditch sembrava anche averlo fatto tornare a uno stato quasi normale, il colore del viso era passato dal rosso imbarazzato al tipico rosa pallido, il respiro era tornato regolare e chissà che il criceto che alberga nel suo cranio non si fosse addirittura ripreso. Bastava davvero così poco per renderlo una persona meno disagiata. Si passò la mano destra tra i capelli, facendosi passare le ciocche bionde tra le dita, e portandoli tutti all’indietro e finalmente sembravano aver acquisito una parvenza di senso e di ordine per la prima volta in quella giornata. Sospirò leggermente, poi si strinse nelle spalle e tornò a guardare la professoressa. Ora, calmata un po’ la tempesta ormonale, poteva di nuovo provare a far colpo. «Quando sono stato in Mozambico aiutavo anche in ospedale e poi…» ancora un’alzata di spalle, gli angoli delle labbra abbassati e il labbro inferiore leggermente portato avanti rispetto a quello superiore. «…poi mi sono appassionato.» punto, fine del racconto super mega iper emozionante sulla sua vocazione da infermiere. Concluse abbassando di nuovo le spalle e accennando un sorriso morbido, ma ora che aveva smesso di parlare di Quidditch e che era tornato a guardarla in viso si ricordò perché era stato nervoso per tutto quel tempo e sembrò di nuovo prendere leggermente colore sulle guance. «Ah! Scusa… sì, aspetta…» balbettò di nuovo confusamente, mentre con entrambe le mani tastava un po’ ovunque sui pantaloni. . «mh… eccolo. L’accendino, tieni.» alla fine sembrò trovarlo nella tasca posteriore dei pantaloni e porse anche questo a Cora, allungando un’altra volta la mano destra verso di lei.
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    «Di me..?!» di TE mio stupido biondino! Comprendo che il fatto che una come Cora Søndergaard provi anche solo curiosità nei tuoi confronti ti sia difficile da credere ma ei, sta succedendo! vuoi un pizzicotto per caso? La risata di miss Søndergaard fu inevitabile; per quanto Cora abbia provato a restare seria nella sua versione più provocante, davanti a quella scena non resistette. Vedere quella spettinata testa bionda girarsi in cerca di qualcuno alle sue spalle fu esilarante. La bella professoressa si limitò ad un cenno del capo per fargli capire che si, il soggetto della domanda era lui, Dominic. Nella risata non si scompose, restando con le mani poggiate indietro sulla fredda muratura alle sue spalle, distesa leggermente nello scrutare il ragazzo, lasciandogli il tempo di formulare una frase dal senso compiuto. Non era male osservarlo trafficare con quella cartina, le sue dita scivolavano su questa delicatamente, come se l'accarezzasse.
    «Volevo giocare a Quidditch, ero battitore Corvonero»
    WAAAAW.. in effetti, a pesarci Cora ce lo vedeva anche come battitore; il fisico lo aveva, la stupidità da giocatore di quidditch anche, poteva facilmente immaginarselo in tali vesti, e no.. questa volta niente pensieri sconci con lui sopra la scopa ecc; il momento di debolezza era passato. Di sicuro era più facile pensarlo come uno sportivo che come un infermiere. «Giocavo con Elwyn. Huxley. Che mito» un mito si, se il tuo ideale di partita verte su comportamenti scorretti, numerose risse e squalifiche.. a parte questo, contro ogni aspettativa, Miss Søndergaard era realmente sorpresa dall'apprendere tale informazione tanto da balzare leggermente in avanti ritornando ad una posizione eretta, riportando le mani nell'aria di conversazione. «MA DAI! Giocavi con Huxley?» Conosceva Elwyn Huxley, oh si, e anche molto bene, erano addirittura amici - nella loro visione di amicizia. Dopo lo scandalo Holyhead Harpies di lui non ne aveva saputo più niente, ma Huxley restava comunque una delle sue più vecchie e care amicizie. «Strano non ti abbia mai visto durante le sue partite..» in verità no. Sarebbe stato decisamente più strano il contrario.
    Numero 1. Cora non si era mai interessata al quidditch, semmai era il quidditch, o meglio, i suoi giocatori, ad essersi interessati a Cora. Sfortunatamente aveva sempre contato nella sua, per nulla numerosa, schiera di amici individui di tale specie.
    Numero 2. all'epoca, durante i suoi anni scolastici, regnava l’era della strega bianca regina di ghiaccio Cora Søndergaard del tutto disinteressata al genere maschile.
    Non esisteva neanche una minima possibilità che l'ex serpeverde avesse notato Dominic durante la sua permanenza ad Hogwarts. «Corvonero quindi.. non lo avrei mai detto» e la chiamavano anche la casa dei saggi e degli intelligenti. Cercò di limitarsi nel suo disappunto verso tale scoperta, sistemandosi quelle ciocche che le ricadevano sul viso, portandole delicatamente dietro l'orecchio e scostando la bionda testa verso la sua sinistra. Giocherellò per un po' con quella sigaretta che nel frattempo era riuscita ad ottenere dall'impacciato ragazzo, facendola girare tra le dita, in attesa che lui riprendesse il suo racconto.
    «Quando sono stato in Mozambico aiutavo anche in ospedale e poi…»
    e poi?
    «…poi mi sono appassionato.»
    AH. fine della storia? tutto qui? con tanto di alzata di spalle, ottimo.. per un istante miss Søndergaard appariva persino propensa nel rivalutare tutte le impressioni avute fino a quell'istante sul suo conto, ma pensa un po', che peccato. Dovette addirittura abbassare lo sguardo per nascondere quel mezzo ghigno di risata che cercava di uscire, per poi compiere un respiro profondo, ricomporsi e tornare a rinvolgere la sua attenzione verso Dominic. Seguì la sua incredibilmente breve storia con dei leggeri cenni di capo per poi concludere con un secco «Interessante.» per niente. Era abituata al rimanere delusa, in genere poche cose riuscivano a soddisfarla, ma in quella precisa occasione, forse per i troppi pensieri o forse per qualche residuo di rainbow pawa ancora in circolo nel corpo, le dispiacque in modo particolare non riuscire a cambiare idea nei suoi riguardi.
    «mh… eccolo. L’accendino, tieni.» in silenzio portò lentamente la sigaretta verso la bocca le cui labbra erano colorate da un rossetto rosso intenso, precedentemente inumidite dal tocco della lingua, avvicinandosi verso la mano destra di Dominic senza prendere l'accendino, in attesa che fosse lui a far scattare la fiamma per lei. Servita e riverita madame.
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    Dominic era… quello. Era imbarazzante, si buttava nelle cose, nelle situazioni, senza necessariamente avere un piano e pur sapendo che non avesse gli strumenti minimi per affrontarle. Era impulsivo, in un certo senso. Era un impulsivo che pensava troppo. Ma in realtà non ci pensava neanche, sarebbe più corretto dire che in alcuni momenti di epifania aveva dei pensieri sporadici e questi gli rimbalzavano nella testa a destra e a sinistra in un loop infinito, ma non arrivavano mai veramente a un punto fermo e non avevano mai un vero seguito tra loro. In poche parole? sì, era una testa di cazzo. Con Cora aveva fatto essenzialmente questo: si era buttato senza avere gli strumenti necessari per affrontare la situazione. Era andato in guerra senza i fucili, a pesca senza le esche, al mare senza costume, a una cena con i parenti senza alcool. Aveva sempre avuto una particolare attrazione per le ragazze che mostravano avere più polso di lui, che avevano un fare un po’ bossy e che sapevano darsi una certa aria, e sicuramente la bionda professoressa di Trasfigurazione era una di queste. Bottom? Chaotic bottom? Lawful? Vers? Top? Ambarabaciccicoccò? Non lo so, tanto sono le tre di notte chi vuoi che legga, io no di certo. Ma ormai si era lanciato, era senza paracadute e se doveva veramente schiantarsi al suolo tanto valeva che lo facesse con stile. Ormai si era convinto di questo. Era iniziato il secondo tempo ed era sceso in campo con un piede diverso – tipo quello sinistro – e chissà che qualche punticino non riuscisse a guadagnarlo ancora. Ecco, magari dopo la risata di Cora, quella lo pietrificò, e non (solo) perché gli mettesse paura ma perché dai… era Dominic, era un sottone, una risata e finiva per innamorarsi, era matematico. Alzò lo sguardo verso quello di Cora e posò gli occhi sul suo viso, scrutando i movimenti delle sue labbra, poi piegò le sue in un piccolo sorrisino e per un po’ rimase a guardarla in quel modo. Ci mise un po’, ma poi le porse la sigaretta e si schiarì la voce. «MA DAI! Giocavi con Huxley?» il sorriso si ampliò in uno più entusiasta, mostrò i denti, poi annuì più volte con veemenza, rimarcando il concetto. «Eccome!» rispose e stavolta fissò il vuoto cosmico di fronte a lui. Nella sua testa, i flashback di allenamenti e partite insieme a Elwyn e la squadra quando era a Hogwarts, tipo i flashback che ha Bruce Willis quando sta per morire e si vede passare davanti la sua vita, la nascita della figlia, la sua prima comunione e la volta che l’ha trovata a letto con nientepocodimenoche Ben Affleck. Fece mezzo passo indietro verso il muretto e poggiò le chiappe sul bordo di quello, ma non si sedette del tutto, mentre ora che aveva le mani libere fece salire la destra lungo tutto il braccio sinistro lentamente e la fermò poco sotto la spalla, stringendo le dita intorno al braccio e facendo leggera pressione lì. Era stato un semplice riflesso e se si trattasse un tentativo di mettere in mostra i tricipiti da ex battitore sicuramente non doveva essere volontario, perché era troppo perso nel suo mondo fatto di ricordi dai bordi sbiaditi e dai colori tenui per arrivare a pensare tanto, ma nel dubbio apprezziamo lo stesso. «Me l’ha insegnate lui tutte le mosse da fare, come muoversi, le finte! Un sacco di finte, la finta di…» avrebbe continuato per ore, ma fortunatamente si bloccò. Come pretendeva di superare la metà campo se anche nel secondo tempo si dimostrava essere un semplice ragazzino eccitato per il Quidditch? Prese un profondo respiro, poi scrollò le spalle e accennò un vago gesto con la mano sinistra. Non importa, voleva dire, ma non lo fece a parole. «Strano non ti abbia mai visto durante le sue partite..» colpito, di nuovo! Era sempre bello sentirsi dire di esser stati poco incisivi, un piacere per le orecchie. Che poi, diciamoci la verità, perché Cora avrebbe dovuto notare quello che all’epoca era solo un pulcino spelacchiato? Accolse quelle parole con lo stesso sorrisino, e non sentenziò. E poi arrivò il secondo colpo, dritto in faccia: «Corvonero quindi.. non lo avrei mai detto». Non sapeva dire come e perché ma anche quello gli sembrava in un certo senso un insulto. Stava mica dicendo che non fosse abbastanza sveglio, o saggio, o acuto per essere un Corvonero? Doveva piacergli davvero tanto, Cora, perché dopo un certo numero di insulti velati uno poi accanna e invece lui no. Errare humanum est, perseverare autem diabolicum, Dominic. Si fece confuso, di nuovo, e socchiuse l’occhio sinistro, arcuando leggermente il sopracciglio, aprì la bocca per rispondere e accompagnò l’espressione con il movimento della mano sinistra, avvicinandola alle labbra per poi chiudere le dita in un pugno. E chiuse anche la bocca. Ci ripensò. La guardò interrogativo, poi si decise a parlare: «No?!» domandò, poi alzò le spalle. «C-cioè.. no?!» ma l’aveva già detto. «Intendo» forse ora si spiegava meglio. Si passò la lingua tra le labbra per bagnarle, segnandone il contorno, poi continuò. «cos’è che pensavi? Dove mi smisteresti tu?» chiese infine e riuscì a farlo anche con fare piuttosto giocoso, accennando un leggero ghigno divertito, ma intanto il cricetino™ si era improvvisato il mitico Harry Potter: “Non Tassorosso. Non Tassorosso. Non Tassorosso”.
    Il primo capitolo del De brevitate vitae Dominici non doveva aver destato molto interesse nella ragazza a giudicare dalla sua espressione, anzi era piuttosto palese che fosse stato un vero e proprio flop e questo lo capiva anche uno poco sveglio come lui. Non che potesse dire di aver reso particolarmente interessante e ricco di avvenimenti il racconto, ma la verità era che a lui non piaceva neanche tanto parlare di quella cosa, e non c’era così tanto da dire. C’era tanto da poter inventare, sì, molte storie fantastiche di come avesse avuto il suo moment of being mentre salvava un ragazzino che stava per annegare nel Congo, e l’aveva già fatto e magari aveva anche portato a casa (a letto) qualche gioia. Ma credeva che Cora fosse un po’ troppo intelligente per cadere in certe trappole. Insomma, il Congo non ci passa neanche per il Mozambico e probabilmente la professoressa lo sapeva, o comunque l’avrebbe immaginato. Notato il disappunto di lei, abbassò per qualche secondo lo sguardo sui suoi piedi e quando lo rialzò si schiarì la voce con un colpetto di tosse secca (#covid). Aveva allungato la mano per cederle l’accendino, ma quando lei si avvicinò alla sua mano capì e, sempre servizievole come un elfo domestico, obbedì: fece qualche passetto in avanti verso la sua figura e poi fece scivolare il pollice sulla rotella dell’accendino, per far uscire la fiamma e bruciare l’estremità di quella sigaretta. Si schiarì di nuovo la voce. Il cricetino™ era all’angolo del ring, era livido e stanco, ma era pronto a battersi di nuovo. Una stretta ai guantoni e via. «In realtà non è che mi sia appassionato così» pose enfasi sull’ultima parola con un qualche gesto vago delle mani. «Ho scoperto che mi piaceva perché mi fa sentire.. uhm…» si fece pensieroso, alla ricerca del termine adatto, quindi vagò un po’ con lo sguardo, come se l’ispirazione potesse venirgli da qualche parte lì nel cortile. Infine tornò a guardarla, lo sguardo era più serio stavolta, sicuramente meno bambino impaurito. «…utile. Non mi sento utile se sono qui, o in qualsiasi altro posto, però in infermeria sì perché posso davvero aiutare qualcuno e hanno davvero bisogno di me.» spiegò e disse la verità, nessuna storiella fantastica inventata, ma questo non significa che non sperasse comunque di fare un certo effetto sulla bionda. «E questo non lo sapevo prima, l’ho scoperto col tempo, ecco. Quando studiavo qui non l’avrei mai immaginato che sarei finito… qui, di nuovo, a fare questo.» concluse anche questa sentenza con un’alzata di spalle, ma non aveva davvero finito, stava solo preparando l’attacco finale, il pugno più forte dopo una serie colpi ben assestati. «E poi mi piace studiare il corpo umano, sapere le ossa, e cosa succede al nostro interno e come curare certe cose e provocare certe cose…» un attimo di pausa, posò gli occhi sul suo viso, accennò un sorriso e di nuovo si inumidì leggermente le labbra. «Mi fa sentire potente.» questa era la vera conclusione che stava preparando. Lo disse alzando il sopracciglio destro e con questo anche lo stesso angolo delle labbra, in un sorrisino un po’ provocatorio. Lui ci ha provato, se sia risultato Dottor Stranamore o Hannibal Lecter, poi, non si sa.
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    Al solo pronunciare del nome Huxley dalle labbra di Cora il volto di Dominic s'illuminò veramente troppo entusiasta. Senza saperlo aveva liberato il kraken del quidditch.. per un attimo aveva pensato di lasciarlo lì, da solo nella sua via dei ricordi. Fortunatamente pochi minuti e ritornò rapidamente al 2020; Cora non avrebbe potuto sopportare anche la versione ragazzino eccitato dal quidditch e da quel mito di Huxley. Chissà se era anche fan di Piz?.. non avrebbe osato chiedere.
    «cos’è che pensavi? Dove mi smisteresti tu?» se fosse stata Cora Søndergaard a dover scegliere probabilmente lo avrebbe smistato nei grifondoro: coraggiosi ma terribilmente stupidi.. o nei tassorosso, per l’assurda perseveranza dimostrata nei suoi confronti fino a quell'istante, non si arrende il ragazzo. «beh non importa dove ti collocherei io, d'altronde il cappello ha sempre ragione no?» NO! con gli anni iniziava a prendere veri acciacchi, ma purtroppo non poteva essere sostituito; quel cappello era una vera leggenda tra le sale di Hogwarts, stregato contemporaneamente da tutti e quattro i fondatori.. toccava tenerselo con tutti i suoi assurdi smistamenti. «se ti può consolare non lo avrei detto neanche di Huxley..» considerando che il loro incontro fu dovuto all'obbligo della Søndergaard nel seguire uno studente per il tutoraggio e dell’Huxley nel migliore la sua pessima media.. il biondino posto accanto a lei non rappresentava certo l’unica eccezione nella casa dei corvonero. Tuttora Cora ripensando alla faccenda delle Holiday Harpies non riuscirebbe a dire se nell'accaduto ci fosse voluta una massiccia dose di intelligenza o di totale stupidità; quando si trattava di Elwyn Huxley era così, non si capiva mai cosa passasse in quella mora testolina, se lampi di genio o palle di fieno. Ma gli si voleva bene lo stesso.
    «In realtà non è che mi sia appassionato così» Grazie! hai una milionesima seconda possibilità di dire qualcosa di interessante, non la sprecare. «Ho scoperto che mi piaceva perché mi fa sentire utile» Ok, cominciava a recuperare, punti e parvenza di un po' di cervello. «nessuno immaginava di trovarsi di nuovo qui..» fidati! Non certo in quella che era diventata Hogwarts. Un tempo avrebbe rappresentato un onore poter insegnare nella più grande scuola di magia e stregoneria di tutti i tempi.. adesso era un onore riuscire a completare l'anno senza nessun morto tra gli studenti.. come cambiano le cose. Fece un tiro di sigaretta da "ah che amara la vita" per poi poter continuare ad ascoltare lo sproloquio del ragazzo bacchettando il tacco della décolleté sul marmo del pavimento.
    «provocare certe cose..» ah non doveva dirlo, non doveva proprio dirlo. Che con tale affermazione intendesse piaceri o dolori non faceva differenza, aveva incuriosito la mente della bionda professoressa. (Era l'unica cosa che aveva realmente ascoltato dell'intero discorso? probabile).
    «Mi fa sentire potente.» OK, non avrebbe dovuto dire neanche questo, e non con quel sorrisino provocatorio.. Dominic aveva forse cominciato a capire come funzionava il gioco?
    «e dimmi..» un leggero tiro di sigaretta, senza distogliere l'intenso sguardo dal volto del ragazzo «quali cose ti piace provocare esattamente?» un sorrisino malizioso si fece lago sul suo viso, Bingo! il biondino aveva la sua piena attenzione.. così come la sigaretta spenta tra le sue mani (#priorità). Il tabacco babbano era indubbiamente di miglior gusto rispetto a quello magico ma possedeva un fastidioso difetto: le sigarette si spegnevano in continuazione. La professoressa allungò la mano verso quella di Dominic, tra le cui dita era stretto ancora l'accendino; sfiorò la sua mano, liberandolo dalla sua presa ponendo una leggera pressione, per poter accendere, questa volta da sé, la sua sigaretta. Portò quest'ultima tra le rosse labbra e ne bruciò l'estremità aspirandone il tabacco all'interno, scosse con un cenno di capo i capelli che le ricadevano dolcemente sul viso per poi posare nuovamente il suo sguardo verso quegli occhi azzurri posti alla sua destra «forse non sei poi così noioso come sembri» sentenziò non curandosi di quelle parole che potevano apparire come offesa. Per miss Søndergaard voleva essere un complimento, non si notava? Questa volta forse avrebbe detto qualcosa di realmente interessante non deludendo le sue stanche aspettative.
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    Che avesse avuto ragione o che avesse inalato troppa polvere, il cappello l’aveva veramente smistato in Corvonero e aveva lasciato a bocca asciutta chiunque conoscesse l’allora minuscolo Dominic. C’era stato un periodo in cui aveva addirittura pensato di essere meritevole di quella divisa, di essere vagamente sveglio o brillante, ma più passava il tempo più sembrava chiaro che in realtà il cappello avesse solo preso una sbandata bella e buona e forse sì, forse veramente avrebbe dovuto indossare la divisa giallonera dei Tassorosso, ma queste congetture sarà meglio che le lasciamo agli universi alternativi che sta scoprendo la NASA che magari ci nasce una nuova linea temporale, così alessia si confonde ancora di più. «se ti può consolare non lo avrei detto neanche di Huxley..» alzò l’angolo destro delle labbra in un sorrisino appena accennato, un po’ amaro, ma divertito. Lo consolava sapere che secondo il giudizio supremo di Cora anche Elwyn non sarebbe dovuto finire tra i Corvonero? Un po’ sì, bisogna ammetterlo, almeno poteva segnarlo come tratto che avevano in comune, che doveva essere comunque un gran bel vanto per lui. Se vi state chiedendo se abbia un diario segreto con le sue foto incollate sopra e appunti su quale sia il piatto preferito o quale colore faccia risaltare meglio gli occhi dell’ex giocatore di Quidditch, la risposta probabilmente è sì, ma gli avrà trovato un nascondiglio degno di Horcrux e nessuno dovrà mai vederlo. In realtà quello che lo faceva sorridere era la convinzione di Cora su quell’argomento, come non avesse dovuto pensarci neanche un secondo di più per negargli mentalmente l’accesso tra i Corvonero. E la cosa non lo stupiva affatto. Cora era troppo …Cora, capite? Era lei quella brillante, lei quella arguta, lei quella ”of wit and learning”, nonostante non ci fosse neanche finita, in Corvonero, era lei quella che riteneva di essere superiore agli altri per intelletto, era ovvio che non ritenesse nessuno degno di stare nei corvi perché era lei quella sveglia ed era sempre lei che… Sospirò leggermente e si accorse di essere rimasto a guardarla per un tempo pressoché indefinito, con l’interno del labbro inferiore stretto tra i denti e sopraffatto da chissà quali pensieri, quindi si scosse leggermente per destarsi, prendendo colore sulle guance e si agganciò all’ultima cosa che aveva sentito prima di perdersi completamente nella sua mente. Evitò un po’ il suo sguardo, stavolta, concentrandosi su quanto di interessante ci fosse sulla pietra del muretto che gli stava facendo da panchina. «Ahm, no. Mhm, io non- » balbettò, ma a questo punto la professoressa dovrebbe averci già fatto l’abitudine. «Non lo immaginavo per niente, è vero» concluse convenendo con lei e tornò anche a guardarla, ma un po’ intimidito e imbarazzato stavolta. Che avesse ancora la testa tra innumerevoli fantasie? Probabile. «Ma non mi dispiace stare qui, in realtà, mi è sempre piaciuto stare al castello e poi…» il mio gatto si trova bene. Stava per dirlo, ma si bloccò giusto in tempo, le labbra schiuse e il respiro mozzato. Ci aveva ripensato, perché forse dare l’impressione di un essere un gattaro poteva non destare molto interesse nelle ragazze e con lei non voleva sbagliare, non di nuovo. Scosse la testa e si strinse nelle spalle. «E poi ci sono le partite di Quidditch, è sempre bellissimo.» rimediò rifugiandosi in calcio d’angolo perché meglio sembrare patito di Quidditch che gattaro.
    La verità è che flirtare è una negoziazione continua, si tratta di scendere a patti con l’altra persona per stabilire e raggiungere un comune obbiettivo, e come in qualsiasi negoziazione che si rispetti c’è sempre un soggetto che offre qualcosa – il poliziotto – e un altro – il rapinatore – che riceve l’offerta, la valuta, e medita la controfferta. L’unica differenza è che quando si flirta non si usano megafoni o pistole puntate (non convenzionalmente) e non si chiedono trenta pizze con pepperoni come prima cosa; è un gioco di sguardi, ammiccamenti, frasi lasciate in sospeso per lasciar viaggiare la fantasia. È una cosa seria, insomma, una vera e propria arte, e Dominic… è Dominic. Lui non lascia le frasi in sospeso, lui balbetta, lui prova a far viaggiare la fantasia dell’altra ma si perde nelle sue di fantasie e arrossisce quando sente di essere andato troppo oltre, figurarsi se sarebbe stato capace di indossare il giubbotto da poliziotto, prendere in mano il megafono e dare inizio a quella trattativa con Cora. Era come Nino Frassica in Don Matteo che cerca di contrattare con Bruce Willis in qualsiasi film di Bruce Willis: c’era troppo dislivello. Per cui ci dispiace Cora, lui avrà anche capito come funziona il gioco, ma non sa giocare. «quali cose ti piace provocare esattamente?» posò lo sguardo sui suoi occhi, poi lo fece scendere sulle sue labbra e si trovò a tracciare il contorno delle sue stesse labbra con la punta della lingua, lentamente, per poi stringere di nuovo il labbro inferiore tra gli incisivi. Era un po’ scemo, ma non completamente fuori di testa, non fu una reazione così esplicita e palese, fu più un riflesso incondizionato scaturito da tanti fattori corresponsabili. Lasciò lo sguardo sul suo viso, notò il sorrisino malizioso di lei e se fino ad allora si era limitato ad arrossire, quella volta avvampò letteralmente, complice anche il movimento – innocente – della sua mano. Si distrasse per un momento dal suo viso e abbassò gli occhi sulle loro mani; lui lasciò la presa dall’accendino, lasciandolo tra le dita della bionda e ne guardò attentamente le dita e tutti i movimenti che seguirono, quindi tornò a guardarla in viso mentre accendeva di nuovo la sua sigaretta. La reazione fu scontata. I denti mollarono il labbro inferiore, le labbra si schiusero leggermente e in fine deglutì abbastanza vistosamente, prima di sbuffare leggermente, cacciando aria dal naso. Si staccò leggermente dalla seduta di quel muretto mentre la mano sinistra raggiunse i capelli biondi per tirarli nuovamente indietro, in un gesto che sembrava più figlio dei suoi ormoni che di una vera necessità di aggiustare nuovamente i suoi capelli. Ci mancava davvero poco e avrebbe anche iniziato a sudare e a farsi aria con la mano. Ma cos’è che gli piaceva provocare come infermiere, esattamente? Sollievo dal mal di pancia, il doloroso crack quando viene aggiustato un osso rotto, il mal di testa quando ti svegli da una sbronza? Cosa succedeva in infermeria a Hogwarts? Che qualcuno lo controlli, per favore. Mosse qualche passo verso di lei, seduta ancora sul muretto, avvicinandosi quanto bastasse per sentire ora distintamente l’odore di tabacco, poi si bagnò di nuovo le labbra con la lingua, stavolta intenzionalmente, e tornò a guardarla in viso. Aveva ancora le guance colorite, probabilmente il suo cuore batteva ancora ad un ritmo accelerato, ma tentò comunque di prendere in mano quella negoziazione. Accennò di nuovo un leggero sorrisino, non eccessivamente malizioso ma beffardo quanto basta e si schiarì la voce. «Beh, raccontarle non rende» parlò con tono leggermente più basso, tanto si era avvicinato un po’ e poteva sentirlo ugualmente. «Bisognerebbe provarle, certe cose, per capire» continuò posando definitivamente lo sguardo sugli occhi di Cora, e arcando il sopracciglio destro per accompagnare con un certo je ne sais quois quelle parole, e sembrava quasi che Nino Frassica stesse tentando la trasformazione in Johnny Bravo, ma «forse non sei poi così noioso come sembri». Si fece più confuso, strinse gli occhi a due fessure e piegò la testa verso la spalla destra.
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