soaked in the blood, frozen in time

will + jamie

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    Niente, non importava quanto si sforzasse, William non riusciva a capirlo quel ventunesimo secolo così alieno e spaventoso. Forse era stata una cattiva idea chiedere ai giovani, ossia i suoi parenti mini Barrow, ancora non capiva come potesse essere caduto in una trappola ovvia come quella. Avrebbe dovuto capirlo, lo sguardo con cui lo avevano puntato era famelico e feroce come quello di una bestia, eppure lui si era lasciato convincere a farsi aiutare da loro. Da quel dannato pomeriggio la sua vita era cambiata –in peggio- non capiva come fossero riusciti ad accedere all’Oskuro Ueb ma tra le tante cose avevano cercato di venderlo a qualche mafioso russo, e come dimenticarsi tutte le sessioni horror a cui lo avevano sottoposto. Lo avevano persino portato nel quartiere a luci rosse perché, ingenuo William, si era lasciato scappare la sua occupazione temporanea. Insomma, non si sarebbe mai più fidato del sangue del suo sangue, aveva provato sulla sua stessa pelle quanto potessero essere delle bestie, e lui che si era lamentato di Vin e Callie. «quindi, ripetetemi cos’è una renegade dance le tre spawn di Satana parvero fieri nel mostrargli lo schermo di un telefono (ma ha i tasti?), non capiva cosa stessero facendo i tre se non muoversi come se stessero avendo una seizure, forse era davvero troppo avanti (letteralmente) per capire il 2020 «è come la cocaina, ma senza effetti collaterali» perché, Barry, perché dovresti dire una cosa del genere. William spostò lo sguardo leggermente preoccupato sul biondo ossigenato, ma come faceva a saperlo? Il Barrow non dubitava che i giovani di quell’epoca fossero libertini ed incredibilmente spigliati, ma erano sicuri di stare bene? Alle volte si chiedeva cosa fosse andato storto con quei tre, era stato vicino a pry into i loro affari più di una volta, per poi chiedere la bocca una volta che il suo sguardo scivolava ai polsi di Sersha, o al volto magro di Barry – Sandy aveva solo un problema con la capoccia, ma lo capiva. Non aveva idea di cosa passasse di mente ai suoi cugini, tuttavia finché si sentivano a casa attorno a lui gli bastava così, era passato diverso tempo da quando aveva avuto una famiglia. «quindi…una cosa divertente, posso provare?» non voleva farlo davvero, sia chiaro, ma qualsiasi cosa era meglio di loro che si offrivano di spiegargli cosa fosse la pecattiphilia («SORRY DADDY, I’VE BEEN NAUGHTY»). Ancora era sorpreso dalla loro vasta conoscenza di kinks, anche se a quanto dicevano, era tutta roba che avevano trovato sul pc di papi (ma chi, in quell’era c’erano troppi daddy ed era confuso). William non fu mai più grato di sentire la porta di casa che si apriva di quel momento, non credeva che avere Jamie come coinquilino si sarebbe mai rivelato utile. «ah, è tornato Jamie» il Barrow, che sapeva quanto il trio satanico fosse perspicace, mantenne un tono neutro, le dita troppo impegnate a sfogliare la galleria dell’applicazione per prestare attenzione a Jamie. Ancora non aveva idea di come comportarsi attorno a lui, almeno quel giorno era grato di avere la scusa dei mini Barrow. «io e jamie dobbiamo andare a fare una commissione, per ora è meglio che ve ne andate» doveva dirglielo esplicitamente, purtroppo li conosceva i Barrow e sapeva che ne non li avesse cacciati ne avrebbero approfittato, passando più di un anno e mezzo a casa sua con i loro cani, gatti e figli.

    Aveva mentito, lui e l’Hamilton non avevano nessuna commissione da fare, ma questo non lo sapevano né le Pesti né tanto meno il diretto interessato. Poteva sembrare una persona spigliata (no), eppure William non aveva ancora trovato il fegato di chiedere a Jamie di uscire insieme. Ecco perché si era inventato una palla a caso, e perché aveva insistito così tanto anche dopo che il coinquilino gli aveva fatto notare che al suo contrario, un lavoro ce l’aveva ed era stanco. Pensate che Will si fosse fatto scoraggiare? Certo che no, era sopravvissuto a una bomba figuriamoci se non poteva gestire Jamie Hamilton. Effettivamente, al momento si stava pentendo di tutto, ma ciò non lo avrebbe fermato dal continuare testardamente a stare al fianco del cacciatore. «quindi» iniziò cauto, rompendo il silenzio che si era creato tra loro, non era facile per lui ma si sforzò di spostare lo sguardo sul profilo del ragazzo. Ponderò quale fosse la cosa giusta da dire, come iniziare una conversazione che non sarebbe inevitabilmente morta dopo qualche battuta, si sentiva un idiota a non sapere come comportarsi nei confronti del suo migliore amico e la cosa lo divorava dentro. Eccola, la ragione per cui quella sera aveva deciso di trascinare Jamie fuori di casa, perché per una volta voleva fingere che tra di loro fosse ancora tutto come prima, era stanco di controllare qualsiasi parola uscisse dalla sua bocca e le sue reazioni quando l’amico lo provocava senza pensarci troppo. Dopotutto, tra i due era sempre stato il Barrow quello a riflettere fin troppo e ingarbugliarsi nei suoi stessi pensieri. «vuoi fare qualcosa in particolare? non abbiamo ancora mangiato o potremmo provare il tiro a segno?» non li capiva i luna park di quel tempo, così primitivi da mettergli tristezza, ma internet sembrava sapere il fatto suo quando si trattava di suggerire posti per uscire con il tuo-migliore-amico-non-proprio-amico. Aveva provato persino a chiedere alle Pesti, ma alla sua domanda aveva ricevuto dei sorrisi agghiaccianti accompagnati da suggerimenti come il cimitero è molto romantico, e altre affermazioni spinte accompagnate a riferimenti al Segreto che non aveva compreso. Quello che voleva William era semplicemente un appuntamento con Jaime, senza ammettere a nessuno dei due che fosse un appuntamento, come una qualsiasi coppia di bros che mantenevano una distanza di 5ft perché non erano gay. Un saluto va al caro Archibaldo, che si trovava in una situazione simile, Will è con te.
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    Edited by / belair - 21/3/2022, 00:18
     
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    jameson


    hamilton

    Poggiò la fronte contro la porta chiusa dell’appartamento, le dita ad indugiare sulla maniglia; serrò le palpebre, aprì la bocca incamerando ossigeno per rilasciarlo con una lentezza che minacciava di soffocarlo. Aveva sempre bisogno di quei tre minuti d’assestamento prima di mettere piede dentro casa sua - loro -, Jamie Hamilton. Di ricostruirsi, montando i pezzi che durante la giornata aveva sparso e invertito. Ne mancava sempre qualcuno, e quelle lacune costringevano il cronocineta ad uscire anche nel cuore della notte – della mattina, della sera, di qualunque momento della giornata - per fargliene perdere altri, perché pur cercando di convincersi del contrario, l’Hamilton voleva tutto eccetto sentirsi intero. Li lasciava sul posto di lavoro, nei sorrisi riservati ai colleghi e testimoni; li abbandonava nei locali dove s’illudeva che l’alcool potesse curare ogni male, nei vicoli dove la droga scivolava come miele sulla lingua, nei ring dove mordeva il proprio sangue sputandolo poi al suolo. Li dimenticava sui tetti dove s’appostava come cecchino; li spingeva nelle carni bucate da un proiettile o una lama, ed in quelle assaggiate sotto le lenzuola – bagni, macchine, cucina - fino a convincersi che quello sulla lingua, fosse il sapore giusto.
    Ma il lavoro, non era mai abbastanza. Ma l’alcool, le sostanze allucinogene, non erano mai abbastanza. Ma il sangue ed il sesso, non erano mai fottutamente abbastanza. Jamie si ritrovava sempre al punto di partenza: gli scarponcini sullo zerbino, ed un istinto feroce a imporgli di andarsene il più fottutamente lontano possibile da lì.
    Come faccio. Camminando. Come posso. Puoi.
    Era vero: avrebbe potuto farlo, ed in qualsiasi istante. A fotterlo, era che nessuna parte di Jamie volesse - neanche quello che minacciava di sciogliere la maschera ed i muscoli sottostanti ogni volta che arrivava a quel punto. Che fosse sporco di sangue, poco importava; che avesse i vestiti impregnati di vodka scadente, di fumo denso o grigio, non importava; che sentisse sulla pelle ancora l’odore di qualcun altro, non cambiava un cazzo. Era sempre la stessa, fottuta, cosa, nonché – danno e beffa - una della quale avrebbe dovuto essere abituato da metà della sua vita, ma che spingeva sull’acceleratore come una prima volta continua. Lo sai, Jamie? gli aveva domandato Melvin un pomeriggio, poggiandogli il mento sulla spalla; hai lo stesso sapore dei cani randagi, aveva continuato leccandogli la guancia, ridendo quando l’Hamilton se l’era scrollata di dosso. Ne hai assaggiato molti?, le aveva domandato beffardo Jamie; ma non c’era stato nulla di divertito nel abbastanza di Vin, ed il sorriso sulle labbra dell’empatica gli aveva detto tutto quel che la bocca a cuore non aveva avuto bisogno di pronunciare.
    Rabbia. Diffidenza. Dove ho sbagliato. Tristezza. Abbandono. Altra rabbia.
    Sopravvivenza.
    Quella frase gli era rimasta appiccicata addosso per ore, e giorni, e settimane, fino a che, dopo una delle notti brave in giro per Londra, non era rientrato a casa trovando William addormentato sul divano, ed il suo primo pensiero non era stato che pirla, ma sono a casa: lì, l’aveva compreso.
    Jamie era, un randagio.
    Perchè non c’era nulla – non lo zerbino su cui stava posando i piedi, non la maniglia ancora sotto il palmo, non la cucina, il divano, la sua camera, le finestre sempre senza tende perché né lui né gugi avevano sbatti di andarle a comprare – che fosse casa, per Jameson Black Barrel Hamilton. Ma c’era qualcuno, e c’era sempre stato qualcuno, e Jamie odiava sé stesso, e lui ed entrambi, per quanto patetico e bastardo fosse che William Barrow II fosse la casa che non voleva, ma di cui aveva bisogno. Era insano, ed era sbagliato.
    Lo è, Jamie? Sì, lo era. E ne era convinto, sicuro, determinato; fino a che fosse rimasto su quel fottuto zerbino del cazzo, Jamie Hamilton poteva convincersi di avere l’universo in mano ed il mondo ai propri piedi. Così, è giusto; questo è il Jamie che ci meritiamo, Jamie. Hai lavorato sodo – hai lavorato tutta la vita – per arrivare a questo: sii fottutamente fiero dei tuoi traguardi, Jamie fuckin Hamilton, perché -
    «ah, è tornato Jamie»
    - è tutta un’immensa cazzata, ma Dio se sei bravo, con le tue cazzate.
    Manco lo guardava. «troppo entusiasmo» c’erano secondi, la durata d’un battito di ciglia o cuore, che era davvero sicuro di odiarlo, perché c’era un cazzo di limite alle puttanate che Jamie Hamilton poteva tollerare; poi ne incontrava lo sguardo, e si rendeva conto per la fottutissima milionesima volta che non ci fosse proprio alcun limite per quel piccolo bastardo ingrato di Guglielmo d’Orange. «ti do un galeone se mi sorridi quando rientro da lavoro; se indossi un grembiule, posso anche alzare la somma» sorrise melenso, allungando una mano per spettinare i capelli a Sandy, dare un buffetto sulla guancia al Barrow migliore in circolazione, e un brofist alla mini Akelei: act like a bitch, gugi, get treated like a bitch. Non gli dispiacevano, i tre ragazzini; gli dispiaceva decisamente di più trovarseli in mezzo al cazzo ogni tre per due, ma ci aveva fatto l’abitudine: Melvin l’aveva addestrato alle vette più alte di baby-sitting di giovani criminali; non c’era nulla che non potesse gestire. Inoltre, era sempre piacevole trovare spalle su cui appoggiare il gomito nel fronte comune del mettere in imbarazzo Will. «io e jamie dobbiamo andare a fare una commissione, per ora è meglio che ve ne andate» Guardalo, l’infame d’un Barrow, ora a cercare i suoi occhi come il più anti-sgamo dei bugiardi: am i joke to you. «ah sì?» finse, insieme ai tre ragazzini che osservavano William con ciniche sopracciglia arcuate, di non cogliere l’hint, reclinando ingenuo il capo sulla spalla. «siiii, jaaaAAAaamie, non ricordi?» gli sorrise brillante quanto il sole d’aprile in quarantena. «no» e fu a quel punto, che l’insolente bestia del Barrow maggiore, usò l’Occhiata. Uno sguardo a cui non aveva saputo mai dire di no un Jamie dodicenne, tredicenne, quindicenne, ventenne, e tutti gli enne successivi, ed a cui immancabilmente, un Hamilton ormai venticinquenne, non potè che rispondere con un sonoro sospiro. «ah, già» eh, già.

    Non aveva creduto che l’avrebbe realmente trascinato fuori dall’appartamento, soprattutto per andare ad un parco divertimenti. Avrebbe davvero voluto fare una seria chiacchierata con Gugi sul significato di commissioni, ma – purtroppo per entrambi – il suo genere di serie chiacchierate implicavano dettagli troppo espliciti per l’animo puro e nobile di un William Barrow che andava a battere accompagnare sugar daddy a cene galanti, ma ancora rifiutava di mettergli la mano dentro i pantaloni e ficcargli la lingua in bocca in tutte le occasioni (ed erano tante.) in cui Jamie, più o meno apertamente, aveva dato la sua completa disponibilità. Duh. Perchè certo, ovviamente i precedenti di Jamie-e-Will non fermavano, come mai avevano fermato, l’Hamilton dal flirtare con il suo miglior amico. Uno: gli veniva naturale, come respirare o riavvolgere il tempo; due: era sempre divertente, anche nei momenti in cui Jamie si rendeva conto di quanto invero quella situazione fosse triste; tre: era tutto quel che si fosse permesso, e c’erano giorni in cui riusciva a convincersi che fare l’equilibrista fra amici e un po’ di più, fosse abbastanza. Non pensava davvero che l’altro avrebbe ceduto; forse, in parte, non voleva davvero che l’altro cedesse. Conversazioni già avute, Jamie e Will già visti – conversazioni mai avute, Jamie e Will che si illudevano di non essersi visti.
    So che ci tieni a me, non devi dimostrarmi niente. quindi te lo dirò una volta sola, gugi: pensaci bene. Ed avevano scelto, alla fine.
    L’avevano fatto? Si cullava nell’idea che l’avessero fatto insieme, ma - Dio come sei bravo con le cazzate - , detto fra noi, Jamie sapeva di aver lasciato fosse l’altro a scegliere, facendosi andar bene tutto perché una vita senza Will non era ancora pronto ad averla. Forse un giorno, magari domani; ripeterselo tutti i giorni, un po’ aiutava.
    «quindi» abbassò sorpreso lo sguardo verso Will, battendo le ciglia per metterlo a fuoco. Per un attimo, aveva perfino dimenticato Gugi fosse fisicamente lì con lui, e non solo nella sua testa. Era così fottutamente abituato, ad avercelo nella testa. «vuoi fare qualcosa in particolare? non abbiamo ancora mangiato o potremmo provare il tiro a segno?» Lo guardò, Jamie. Lo guardò sul serio, con quella striatura sempre un po’ ambigua nelle iridi turchesi che sapeva di tristezza e rabbia insieme, di frustrazione e arrendevolezza, di tutto quel ch’era e non era, e aveva e non aveva, e ma perché tu perché io perché questo. E poi gli sorrise, perché il suo miglior amico era proprio una testa di minchia, e lui sempre il fottutamente peggiore fra i due. «dipende da cosa vorresti mangiare» una risposta innocente, se non fosse stato per il sorriso ad appannare ancora la bocca ed il sopracciglio sollevato; non c’era mai stato nulla d’innocente, in Jameson Black Barrel Hamilton. Tacque qualche istante lasciando insinuare il tarlo del dubbio nella testa limitata del non più biondo, perché sapeva che quando ci si metteva d’impegno, poteva riuscire a comprendere le allusioni anche lui: e poi avrebbero fatto finta entrambi di non averla sentita, okay, ma lì c’era e lì sarebbe rimasta. Si avvicinò abbastanza da sfiorare con la spalla quella dell’altro, ed abbassò capo e voce per bisbigliare «dici che ce l’hanno la pizza?» con il più innocente, puro e nobile, dei ghigni sulle labbra.
    Perché Jamie Hamilton era tante cose, e diverse per tante persone, ma tutti potevano ritenersi concordi su almeno tre di esse: era affascinante; era un provocatore; era divertente. Alcuni sull’ultimo punto convenivano più di altri, ma scelte di vita - morte*, per lo più. «il tiro a segno è un po’ come barare» concluse con non curanza, continuando a camminare. Superò l’altro per mettersi di fronte a lui, dove camminò all’indietro per potergli mostrare un altro, brillante ed enigmatico, sorriso che diceva tutto senza dire un cazzo. Era stato una guardia, era un Cacciatore – era un sicario. one shot one kill no luck just skills. «vuoi un peluche da abbracciare nelle tue solitarie notti in quel di londra?» si fermò, costringendo anche l’altro a fermarsi. «lo sai che basta chiedere, gugi» ambiguo, sottile, e fottutamente Jamie Hamilton nelle dita slacciate da dietro la nuca, e allungate ora verso il volto dell’altro. Posso essere io, diceva l’espressione di Jamie, una promessa sui polpastrelli premuti sulle guance di William. Si lasciò tentare dall’idea di lasciar lì la frase, di lasciar lì le dita, ma – pensaci, gugi.
    E allora si risolse in un buffetto, forse solo un po’ più violento di quanto richiesto dalle circostanze. «posso vincerlo per te anche ad occhi chiusi» qualcuno avrebbe detto Jamie peccasse di superbia e mancasse d’umiltà, e sapete cosa?
    Era assolutamente vero, ma poteva permettermelo, l’Hamilton.
    Bow the fuck down.
    You wish I was yours
    and I hope that you're mine
    lurk
    The Neighbourhood
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    William sapeva che ormai dopo un decennio sarebbe dovuto essere abituato alla presenza del migliore amico vicino a lui, eppure ogni volta si sentiva nervoso come la prima, lo sguardo a saettare intorno perché incapace di tranquillizzarsi per più di qualche secondo e le dita costantemente strette attorno a qualcosa. A dire la verità non era sempre stato così, il declino della sua sanità mentale era incominciato solo qualche anno prima, e dal quel momento tutto si era fatto più complicato, come se nemmeno conoscesse più il suo migliore amico. Nel cuore della notte gli capitava di non riuscire a chiudere occhio, la sua mente a ritornare ossessiva al passato e cosa poteva fare un esausto Barrow se non lasciarsi andare ai ricordi? Era quasi esilarante il modo in cui William si comportava davanti a Jamie, freddo e quasi disinteressato, quando gli bastava ritrovarsi da solo per sciogliersi sotto l’insistente tocco della sua mano. Ormai viveva solo di quelle fantasie, l’unico posto dove fosse libero di spingersi oltre quell’immaginaria linea tracciata tra loro e trasformarsi in qualcosa che aveva paura di ammettere persino a se stesso. E forse, non erano tutte fantasie.

    Scusate, I went off a caso. Headcanon a seguire, neanche in italiano perché non ne ho letteralmente le capacità linguistiche #c2 italiano. No beta we die like wwx.

    His vision was hazy and he couldn’t keep his legs from stumbling with every step that he took forward. Deep down he knew that he couldn’t trust himself anymore, the alcohol had stripped him of all inhibitions long ago and, now, all that remained was a raw and compelling desire. He couldn’t even remember what had brought him to open the cabinet and drown himself in that bittersweet temptation until he could barely stand; it reminded William of him, almost as if the intoxicating scent on his tongue was from his kisses. Oh, he knew all too well the taste of him, almost as if it was his own. Even in his condition, he couldn’t forget the feeling of Jamie’s hands roaming on his body until he was moaning softly, all the sounds lost in the mouth of the other man, swallowed by his tongue assaulting his own. Oh, god. A sober William wouldn’t even dare to venture in these prohibited thoughts, he knew that he was better off sealing them in a deep part of his mind and then forget they existed in the first place. Like his feelings for his best friend. He would’ve died for him, and yet he didn’t have the guts to tell him how he really felt. He was a fool, yes, and a fool in love at that. In the dead of the night only the clumsy footsteps of William were heard, and although he was trying his best to be as stealthy as possible, there was no guarantee that Jamie hadn’t already woken up. Still, he persevered in his madness and did not stop until he had opened Jamie’s door. «Jamie? Wake up, please» he pleaded desperately into the darkness, the effect of the alcohol causing his words to slur. Guided solely by his desire, William made his way to the bed, all his senses were failing him and for a moment he was convinced that he was underwater, all sounds lost to the lulling of the water. He wasn’t sure, but his leg hit something causing him to sway and in his sorry state he couldn’t help but landing on the bed, straddling him completely. A very dumb smile lit up his face, he couldn’t believe that he was really doing that. «Jameson» it was rare for Will to use his full name, it felt foreign and almost as if it belonged to another, «can I kiss you?» he then lowered his head until their foreheads were touching, his voice strangled in his throat as if he couldn’t breathe. Not that it was so far off the truth, he didn’t dare to exist in that moment, still in his anticipation. He could feel the soft breath of the other man caressing his face, but that wasn’t remotely enough. He certainly wasn’t there to be coddled. «Okay, then» William braced his arms to either side of Jamie’s head, even if his lust seemed to have calmed down, the lips of the other man sparked something deep within him. He wanted him. He always had, why continue to lie even in that moment? He was sure that at the beginning, back to when they were in school, Jameson had just been a friend to him; then, what about after that battle at the Ministry? What about the moment he had almost lost him, enveloped by the thick smoke and raw gunpowder, the only thing he could focus on the dread seeping into his core while that damned bomb was pulsating in his hand. A child of destruction, almost as it were mocking him - you’re such a coward, Will, you’d rather die than spit out that three pretty words. He was, indeed, a coward. Even in the present, sneaking up to him in the dead of the night, only when intoxicated and out of his mind, and only then, could William disclose his innermost feelings.
    A gasp escaped his lips when he felt a tongue push past his defenses, while at the same time an arm draped across his lower back, and before he could comprehend the situation a large hand had pushed his hips flush against the other man’s. A delicious shiver ran all the way up his spine, something inside him already throbbing in anticipation - he was already too familiar with that sensation, the ache to be filled and be dominated until he was a breathless mess. God, he was half-hard only imagining it. At that point he really, really, couldn’t help but grind slowly his hips against his best friend, as if he were inviting him to join that sinful indulgence. Haven’t we been good enough? «Fuck. Is- is this a dream?» Jamie froze in his tracks, as if realizing only then where his hands had descended and the compromising position of his best friend. On the other hand, Will had lost his two remaining fucks half an hour ago and was filled with liquid adrenaline and that boldness that he had to restrain for God knows how many years. Because William Barrow was a good friend, a perfect boyfriend and an outstanding son and he had an image to uphold. Obligations, regrets, he had been on the brink of death twice now, why continue to lie even to himself? «Mh, I wonder» he let out a chuckle, that glazed eyes now full of mirth and forbidden promises, as he let his lips descend to Jamie’s jaw and neck kissing and sucking on his skin. He knew he shouldn’t have, but he couldn’t resist to suck just a bit harder, leaving his mark where everyone could see. «And, tell me, would William do this too?» he slid a hand across his chest, pleased to know that he had no shirt underneath, his mouth following suit leaving a hot trail in his wake. He would’ve spent more time savoring his body, but a drunk Will has no patience to give him, even if there was a part deep inside of him that hoped for another chance, when his best friend would eventually accept him. He let his hand fall on the man’s stomach, feeling his muscles contracting under his touch, descending more and more until he found was he was searching for. He slid his fingers under the hem of his pants, not missing the slight tremor under his touch, hooking the fabric and pulling it down until Jamie was only in his pants. William raised his eyes, wanting to receive his consent before going further. He took the slight nod of his head as enough confirmation, before lowering his head and planting a wet kiss on his hardness. He could sense the other man’s need for control and he knew that, if given the chance Jamie would have pinned William under him. And Will would have gladly let him, but not before getting a taste of him.

    Sarebbe cambiato qualcosa se avesse avuto il coraggio di spingersi oltre quel confine? Consciamente lo sapeva ormai da tempo che non erano più i Will e Jamie di prima, e allora cos’era a trattenerli? Forse era perché William conosceva meglio Jamie di quanto conoscesse se stesso, e vedersi riflesso negli occhi dell’altro l’aveva destabilizzato. Non sarò mai abbastanza. Come amico? Certo che sì. Come qualcosa di più? Ne dubitava, dopotutto non era il tipo di persona che l’Hamilton aveva sempre tenuto al suo fianco. Lungi da lui realizzare che quel posto era già stato occupato da qualcuno, un certo ragazzo un po’ sbadato e con una pessima memoria, e una vaga tendenza al suicidio. Ora si trovava a girovagare senza meta in quel parco, non sapendo cosa farne di se stesso – ma perché a lui? No, non poteva continuare a farsi ingoiare da quell’autocommiserazione, la voragine che aveva scavato dentro di lui durante quei mesi era profonda, ma non abbastanza perché non riuscisse a risalire quelle pareti taglienti. Faceva male, alle volte aveva pensato di lasciare andare e abbandonarsi in quel placido limbo, ma lo doveva al William che era sopravvissuto di strisciare fuori da quell’inferno. Il ragazzo era perso tra i suoi pensieri, non che non accadesse di frequente, nonostante la maggior parte della gente era convinta che non avesse abbastanza neuroni per pensare, quindi quando il suo amico gli rispose con un «dipende da cosa vorresti mangiare» quasi -quasi- soffocò sulla sua stessa saliva, perché il Barrow era una persona terribile, e non avrebbe dovuto richiamare alla mente le sue perverse fantastie. Anche se, conoceva sufficientemente Jamie da coglierne le possibili allusioni – ecco chi l’aveva rovinato, non c’era altra spiegazione. «dici che ce l’hanno la pizza?» Dio, se si odiò per come il fiato caldo del cacciatore lasciò una scia di piccoli brividi sul suo collo, per come gli fece dimenticare per un attimo di inspirare. Ma quanti anni aveva, tredici? Non poteva negare che quando si trovava con lui perdeva tutta la dignità e serietà che aveva raccicolato negli anni, quindi sì, se gliel’avessero chiesto avrebbe risposto che Jameson Hamilton era capace di farlo ritornare a un tempo in cui era felice e spensierato. «sai cosa? mi va bene tutto» e no, non avrebbe menzionato nessun hot dog perché non si trovavano in una squallida fanfiction di wat-pad. Al contrario, poteva essersi fatto scappare accidentalmente quel suggerimento al tiro a segno, perché sapeva che per l’Hamilton era sempre un buon momento per sparare a qualcosa. Meglio a una lattina che a lui, preferibilmente. O il contrario, i durga non dimenticano perché hanno tutti il ptsd. «vuoi un peluche da abbracciare nelle tue solitarie notti in quel di londra?» non capì perché l’altro si fermò, ma seguì comunque il suo esempio. Sarebbe stato stupido continuare a guardare davanti a sé, e sebbene il pensiero di incontrare quelle iridi chiare lo riempiva di tensione, si costrinse a incrociare il suo sguardo. «lo sai che basta chiedere, gugi» sembrava bruciare, il tocco delle sue dita contro le guance del Barrow, sembrava sussurrargli tutte le promesse a cui avrebbe dovuto cedere – e poteva, sapeva che era a un passo dal cedere, come lo era stato in tutti quei mesi. Non capiva che l’amavo.mp3. «posso vincerlo per te anche ad occhi chiusi» sapete cosa? «al diavolo il peluche» voleva davvero prendersi il suo tempo, magari aspettare che quella serata fosse finita, ma Jameson stava mettendo alla prova la sua (infinita) pazienza. Era lo shell shock, fidatevi di un reduce di Yuno. Strinse le dita sulla sua maglietta, utilizzando quella temporanea leva per trascinarlo da qualche parte. Non aveva idea di dove stesse andando, la mente era occupata da mille pensieri che minacciavano di fargli scoppiare la testa, andava bene qualsiasi posto che fosse vagamente nascosto dalla folla. All’improvviso si fermò, lasciando la presa sull’amico che nel frattempo era scivolata sul suo polso «ok, quindi» quindi- cosa? Un’eccellente domanda, il suo ultimo neurone richiedeva l’aiuto del pubblico. William fremeva per dare finalmente voce ai suoi pensieri, ma da dove iniziare? Gli unici amici che aveva in quel tempo erano Callie, Melvin e Laurent, non esattamente persone da cui ricevere consigli, nessuno l’aveva preparato a quello. Dio, non poteva farlo da sobrio, dov’erano i Barrow quando servivano? «perché fai così, jamie? Non sono stupido, le colgo le allusioni che fai ma- perché?» non era un tono accusatorio, il suo, era solo stanco, frustrato per non riuscire a capire dove finisse lo scherzo e se –non sempre ne era certo- esistesse una verità dietro a quello che era Jameson Hamilton. Si concesse di fare un passo avanti, invadendo lo spazio dell’altro come spesso aveva fatto Jamie- era insolito prendere l’iniziativa, per una volta «fai sul serio? Stai scherzando? Sono il tuo migliore amico, ti conosco meglio di tutti, eppure-» esitante, nulla in confronto alle movenze provocatorie a cui era abituato l’Hamilton, William sollevò la mano e lasciò che i polpastrelli carezzassero appena la guancia altrui «preferirei non conoscerti, perché almeno così avrei una possibilità con te» c’era rimorso, anni di insicurezza e frustrazione nella sua voce, ma più di tutti rassegnazione. Sapeva che non sarebbe mai stato niente di più di un amico per il cacciatore, ma non poteva continuare a vivere facendo finta che gli andasse bene. Non quando aveva sfiorato la morte con quelle stesse dita, rischiando di perdere tutto quello che avevano costruito in una manciata di secondi. Poteva fare lo stesso, William, quella volta con un cuore malandato in mano anzi di un detonatore?
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    Jamie Hamilton doveva avere degli evidenti problemi, che volle biasimare tutti sullo sconvolgimento psicofisico di viaggi nel tempo e nelle dimensioni, perché quando la mano di Will si strinse sul tessuto della sua maglia iniziando a strattonarlo, non era stata sorpresa quella a balenare negli occhi turchesi; non era stata, perlomeno non subito, rabbia, quella ad essere prontamente sostituita da un sorriso cordiale ed un espressione indecifrabile, mentre il Barrow lo trascinava in luoghi oscuri che in un parco divertimenti neanche avrebbero dovuto esistere, nicchia d’incubi e pagliacci pronti a trascinarti nel loro mondo dove tutti volavano.
    Era stato sollievo.
    Era stato il sospiro premuto fra denti e lingua di un ritorno a casa dopo una giornata pesante, il respiro di qualcuno cui fosse stato tolto un peso dalle spalle che l’aveva schiacciato al suolo per anni, per metà della sua vita, e che tornasse infine a respirare per la prima volta. Stupido, non richiesto, ed affatto necessario, perché Jamie sapeva non fosse occasione propizia per quel lampo nello sguardo, eppure non potè fare a meno, per un istante, di credere che quel gesto fosse l’uscita dal labirinto che non sapeva di star cercando, rassegnato al rimanere smarrito fra tralci d’erba e rare gratificazioni. La fottuta luce in fondo al fottuto tunnel. Non una via di fuga, quanto qualcosa, per una cazzo di volta, per cui rimanere. Di quello, aveva bisogno l’Hamilton: non un altro motivo per andarsene, ma uno per restare.
    «ok, quindi» Rivolse solo una breve occhiata al proprio polso, fingendo di non sentire la mancanza delle dita lì strette fino a poco prima, preferendo arcuare uno scettico sopracciglio verso il Barrow. Sentiva battute squallide, e verità scomode, prudere sulla punta della lingua, ma le soffocò contro i denti in un sorriso morbido e di scherno, fluido nello scivolare in antiche, e terribili, abitudini. Avrebbe potuto, e voluto, interromperlo, ma lo conosceva troppo bene per privarlo di uno dei rari momenti in cui decideva di dire qualcosa, e non soltanto di parlare. Sapeva anche avesse bisogno del proprio tempo per ordinare le idee ed esporle in un modo quantomeno comprensibile, quindi glielo concedette non offrendo nulla in cambio se non un’espressione neutra e cortesemente vuota. «perché fai così, jamie?» Si sentì quasi - quasi - in dovere morale di troncare la conversazione, replicando ostile un così come? sfidandolo a dare una risposta esaustiva, e precisa e fottutamente minuziosa, di cosa secondo lui fosse un fare così, e non semplicemente un essere così. Aprì la bocca per ribattere, richiudendola nel notare l’assetto rigido delle spalle di Gugi che suggeriva non avesse concluso – e peggio ancora: che avesse appena iniziato. - e che lo costrinse a tacere. Ancora. Ed a fargli rimpiangere di averlo fatto. Ancora. «Non sono stupido» Sorrise, un divertito lampo di denti bianchi mentre arcuava entrambe le sopracciglia, senza aver bisogno di parlare per rendere noto cosa sapessero entrambi volesse rispondere: ah no? Lasciò quell’implicito nella smorfia della bocca e la punta di malizia nello sguardo, entrambi a resistere anche nel «-le colgo le allusioni che fai ma- perché?» malgrado tutto quello che volesse, e fosse sul punto di, fare, fosse ringhiare e mostrare i denti per mordere. Era un ragazzo controllato, Jamie Hamilton; una peculiare creatura di cui era mostro e padrone, consapevole di quando fosse necessario usare la carota, e quando il bastone. Era preciso. Non lasciava mai, o quasi mai, che fossero le emozioni ad avere la meglio sulla logica, preferendo affogarle sotto un’acqua solo in superficie quieta ed invitante. Dovette usare tutto il proprio auto controllo per non reagire: non rise, anche se avrebbe voluto farlo; non corrugò le sopracciglia, nonostante gli sembrasse la domanda più idiota che in venticinque anni avesse mai avuto l’onore di sentire; soprattutto, tenne le braccia rilassate e lungo i fianchi, malgrado di rado avesse desiderato tanto quanto in quel momento stringere le dita attorno al collo di William Barrow II, e strizzare fino a che non avesse avuto più ossigeno per dire, e pensare e fare, solo fottute cazzate. Gli richiese uno sforzo enorme, ma necessario, rimanere immobile mentre l’altro si avvicinava. Gestire i propri battiti ed il respiro. Guinzagli e museruole alla rabbia sempre dietro l’angolo pronta ad afferrarlo, e stringere nella mascella anche Will, per trascinarli entrambi nei reali luoghi d’ombra senza via d’entrata o uscita. Perchè, oh, Jamie era, arrabbiato. Anzi, furioso, ed ancora sarebbe stato un eufemismo. Con sé stesso? Sempre, ma in quel momento con il Guglielmo fottuto d’Orange che aveva il coraggio, l’ardore!, d’invadere i suoi spazi personali facendo domande dal risultato così ovvio, così fottutamente ovvio, che lo facevano sentire stupido per osmosi e oh, così fottutamente preso per il culo. Gli aveva dato quella risposta per anni, Jamie. Non giorni, non mesi; anni. Gliel’aveva offerta, gliel’aveva regalata, gliel’aveva sbattuta in faccia così tante volte che faceva male il solo pensarci. Lo sapevano tutti, quale fosse la risposta. Ad un certo punto aveva anche smesso di importargli che tutti ne fossero a conoscenza: aveva passato tutta la sua vita a nasconderlo, ma a quel punto perchè farlo, perché insistere, quando non aveva più un cazzo da perdere, ed il diretto interessato ancora lo metteva all’angolo domandando perchè lo facesse. Rimase in silenzio, rimase in controllo, porgendo un’espressione neutra ed un’occhiata cauta al suo interlocutore mentr’egli gli solleticava la guancia con le dita senza essere consapevole di quanto vicino fosse a perderle, quella dita. Rimase lì, Jamie Hamilton, ricambiando l’occhiata di Will senza cercarvi nulla, perché non aveva altro posto dove andare. Non voleva avere altro posto dove andare, non quando la mano del Barrow era sulla sua guancia, non quando gli sarebbe bastato respirare un po’ più forte per toccarlo a sua volta. Alla stanchezza di quel quesito, al dubbio nella linea delle labbra, rispose com’era solito fare da tredici anni a quella parte: non facendo niente.
    «preferirei non conoscerti, perché almeno così avrei una possibilità con te» Battè le palpebre – una volta – e respirò piano – una volta – e strinse impercettibilmente i pugni lungo i fianchi - due volte - nel tentativo di comprendere cosa quella frase potesse implicare. Cosa significasse, e non cosa Jamie voleva fosse. Era una linea così sottile ed ambigua, da costringere l’Hamilton a corrugare debolmente le sopracciglia, una scintilla di smarrimento negli occhi chiari. Non era sorpreso; non sentiva il sollievo di poco prima, quello fallace ed illusorio, mentre lentamente sceglieva di prendere posizione. Nel giusto o nel sbagliato che fosse, non aveva più importanza: nero o bianco, era comunque meglio rispetto al grigio nel quale gli sembrava di soffocare da mesi e mesi e mesi ed anni. Era una lascivia rabbiosa, crudele e oltraggiata, quella dipinta sul mezzo sorriso di Jamie. Era il genere di smorfia che non prometteva nulla di buono, ma qualcosa prometteva comunque. «lo pensi davvero?» lampeggiò i denti, troppo dritti e bianchi per appartenere a quel sorriso, rendendosi conto di quanto sarebbe stato facile dargli quello. La rabbia, le menzogne; i colpi incassati anno dopo anni, Jamie dopo Jamie. Quando fece scattare la mano, non fu certo – non fino all’ultimo secondo – di quale fosse la propria intenzione, ed una parte di sé non potè che stupirsi nel ritrovarla stretta sulla maglia di William, piuttosto che al suo collo. «perchè sembra un po’ una cazzata, gugi» bisbigliò, tirandolo quanto possibile contro di sé, tenendosi ancora il margine di spazio per cambiare idea e mettere fine a quella puttanata nel modo più cremisi possibile. Non lasciò la presa, poggiando il mento sulla sua spalla; non gli sfuggì l’ironia di quella posizione, che avrebbe potuto significare un bacio sul collo o un pugnale nello stomaco.
    Si tenne entrambe le opzioni sul tavolo.
    «se non ti conoscessi, ti avrei già fottuto o ucciso» sorrideva ancora, la stessa curva amabile e minacciosa di poco prima, e nonostante l’espressione fosse nascosta al diretto interessato, il sorriso era ben udibile nel tono seducente e delicato con il quale pronunciò quelle parole. «probabilmente entrambe» Lo capiva? Lo fottutamente capiva? Come poteva non capirlo. Quello era l’unico scenario, l’unico modo, per cui Will e Jamie potessero essere will-e-jamie. E sarebbe stato comodo fingere non ci fosse, ignorare la “regola dell’amico” e fottersene, ma non potevano, perché se non fossero stati amici, non si sarebbero mai trovati in quell’assurda situazione del cazzo. La soluzione, sostanzialmente, era il problema - lo stesso che Jamie aveva posto a William l’anno precedente: quello, qualunque cosa fosse, cambiava tutto. «vuoi sapere perché faccio così ignorò la gola asciutta, e come alla fine avesse ceduto lasciando il battito a correre un po’ troppo veloce, concentrando tutta la propria forza di volontà nell’allontanare William quanto bastava a poterlo guardare in volto. Jamie si accorse che quel momento non l’aveva solo sperato: l’aveva aspettato, perché era inevitabile. Quello, era inevitabile. «perchè voglio tu dica sì» scandì lentamente, soffiando le parole nel misero spazio che ancora li divideva, reclinando il capo sulla spalla e studiandone il viso. Era uno sguardo serio, quello di Jamie, ma un sorriso leggero e ancora di scherno, perché forse in fondo l’aveva sempre saputo, e magari era solo stanco di aspettare. «ho aspettato anni, che dicessi sì» a ogni allusione, ogni frase lasciata cadere ambigua in un ghigno – aveva aspettato, e aspettato ancora, che ogni invito fosse colto. Che William capisse, perché Jamie l’aveva capito quasi dal primo momento in cui si era forzato nella sua vita. Non si avvicinò, fermo nel mantenere una distanza fra loro che non li facesse sfiorare, ma facesse percepire la possibilità di farlo, ironico nel dimostrare la veridicità di quanto appena detto. «non dirmi che “non lo sapevi”, william. sono il tuo miglior amico, ma tu sei il mio» era quello a fare un po’ male, vero? Conoscerlo così bene da sapere non fosse stato solo ingenuo, il Barrow; era stato cieco, ed aveva deciso di esserlo. «hai ragione, non sei stupido. l’hai sempre saputo» alzò una mano, indice sul pollice, per colpire la tempia dell’altro. «qui. hai solo scelto di non vederlo» strinse maggiormente la presa sul tessuto della maglia, la voce così bassa da essere solo un sussurro; se l’avesse alzata, era abbastanza sicuro che avrebbe attirato un po’ troppo l’attenzione: gli omicidi in un parco divertimenti, tendevano sempre a farlo. «perchè faccio così?» accennò una risata che avrebbe potuto sembrare divertita, e forse un po’ lo era, ma conteneva anni ed anni ed anni di quei momenti conclusi sempre troppo in fretta. «perchè voglio che tu voglia dirmi sì» non quand’era intossicato dall’alcool; non fra sangue e morti. Non per paura di perderlo, o perché convinto non ci fossero altre opzioni. C’era sempre una scelta.
    E Jamie voleva scegliesse lui.
    «l’hai detto te: mi conosci meglio di chiunque altro» s’era fatta un po’ triste, l’espressione di Jamie. Un po’ stanca e meno arrabbiata, un po’ domanda piuttosto che risposta, un po’ preghiera e solo in parte vaffanculo. «dovresti saperlo, che sono sempre serio.»
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    William Barrow non era la persona più brillante di quel mondo. Gli sarebbe piaciuto attribuire quel fatto alla genetica, ai suoi capelli biondi o al sangue che scorreva tra le sue vene, ma in fin dei conti non aveva una vera giustificazione- ed era più facile così, era meglio non comprendere che annaspare in un oceano di interrogativi e timori. C’erano volte in cui, tuttavia, si sforzava un po’ di più, si copriva occhi ed orecchie piuttosto di continuare a vivere nella sua incantevole bolla. E solitamente accadeva quando Jamie era coinvolto. William continuava a parlare imperterrito, incurante della rigidità nella postura del suo migliore amico, o come il suo sguardo si fosse fatto un tocco più acido e poi, all'improvviso, smarrito. Vi erano espressioni contrastanti sul volto del Jameson anche se la maggior parte tendevano alla violenza, non del tutto dissimili a una lupo pronto ad attaccare la preda, corpo in tensione e fauci pronte a chiudersi sul collo della preda. William stava giocando a un gioco pericoloso e, proprio come la lepre incurante dell’incombente pericolo, preferiva passare i suoi ultimi attimi a pensare di essere al riparo, che in fondo avrebbe sempre avuto una via d’uscita. La cosa era che, no, William non aveva mai avuto una via d’uscita- non da quando il suo destino si era intrecciato a quello del Jameson, troppo testardo e arrogante per tagliare quel filo rosso, anche quando gli si era attorcigliato alla sua gola e rischiava di soffocarlo. «lo pensi davvero?» la rabbia era palpabile in quelle parole, una bestia viva e affamata, che William aveva contribuito ad accrescere. Avrebbe dovuto fare marcia indietro, fingere che nulla fosse mai successo nell’ultima ora come era ormai suo modus operandi, perché scegliere la strada più semplice era stato ciò che William aveva sempre fatto. Chiamatelo un codardo, o qualcuno che preferiva scegliere le proprie battaglie con cognizione di causa. Non sobbalzò, William, quando Jamie lo tirò a sé; era ormai un gesto così familiare che il suo corpo aveva imparato ad accomodare il mangiamorte, e William non poté negare che la reazione che suscitò in lui aveva qualcosa di pavloviano. Una fiamma lasciata cadere in giacimento di benzina, capace di provocare un'esplosione così violenta in lui che il calore ardeva e ribolliva sotto le dita strette al suo petto. William deglutì, fin troppo conscio del modo in cui i loro corpi erano premuti insieme, due pezzi di un puzzle incompleto, destinati a non combaciare ma che cercavano in tutti i modi di completarsi, di accomodare l’un altro. Intanto, Jamie continuava a sorridere, e in qualche modo era una reazione che suscitava più allarme che un pugnale nello stomaco «se non ti conoscessi, ti avrei già fottuto o ucciso» - non che a William sarebbe dispiaciuto, non era la peggiore morte a cui poteva pensare. Il Barrow non si illudeva che, se le circostanze del loro primo incontro fossero state diverso, la storia di william-e-jamie sarebbe andata molto diversamente. Più splatter, meno inutile melodrama. «kinky» William tentò di imitare lo stesso sorriso tagliente che adornava il viso del mangiamorte, anche se sembrava più una smorfia che altro. Stava cercando di alleggerire la situazione perché -onestamente- la mano stretta alla sua maglia stava cominciando ad assomigliare più al caldo invito di un diavolo che alla nefasta promessa di un machete. «vuoi sapere perché faccio così? perché voglio tu dica sì» anni, aveva aspettato il Jameson. All’improvviso, una cascata di ricordi lo travolse con la forza di un'esplosione, tanti piccole schegge di vetro sforzandosi nella sua carne, ogni ferita un'immagine che danzava dietro ai suoi occhi- fuori dalla sua portata ed effimera, ma ancora esistente nel suo subconscio. William faticava a reggere lo sguardo di Jamie, all’improvviso troppo viscerale, non troppo dissimile da una bestia che mostrava la parte più esposta del suo ventre. «non dirmi che “non lo sapevi”, William. Sono il tuo miglior amico, ma tu sei il mio. Hai ragione, non sei stupido. L’hai sempre saputo qui» hai solo scelto di non vederlo. Voleva ridere, il Barrow, una di quelle risate che risalivano dallo stomaco e andavano a graffiare la gola, cruda e tagliente- un po’ delirante, come qualcuno che aveva appena realizzato uno dei più grandi errori dei suoi ultimi dieci anni. C’erano tante domande che avrebbe voluto fare a Jamie -perché me? perché aspettare così tanto?- ma sembravano stridere con la melodia che il Jameson aveva stabilito. «L’hai detto te: mi conosci meglio di chiunque altro. Dovresti saperlo, che sono sempre serio» sapeva un po’ di vittoria, quella confessione, mischiata al sapore metallico del sangue che avevano versato per arrivare a quel punto. William prese quelle parole per come erano: un ultimo grido, un guardami in faccia e dimmi che non c’è niente tra noi. Era sempre stato un po’ troppo debole, il Barrow, e quando si trattava di Jamie era il più grande idiota di tutti. «Io-» poggiò la testa al muro, creando una misera distanza tra i loro volti, interrompendosi per mordersi la lingua. Stava camminando su una fune molto sottile, William, e avrebbe fatto bene a procedere con cautela. «ho paura. Non sono bravo in questo» gesticolò tra sé e il Barrow, per indicare che lui e le relazioni sane correvano su binari opposti. Non che Jamie ne sapesse molto di più a giudicare da come si ostinava a fottere tutte le fidanzate del suo migliore amico. «Non voglio mandare a puttane questa cosa» qualsiasi cosa ci fosse tra di loro, che fosse amicizia o baci rubati nella notte, due ladri della notte che ancora si nascondevano dietro a bottiglie di tequila e una scarica di adrenalina. Distolse lo sguardo per un breve momento, una boccata d’aria fresca in confronto all’occhio del ciclone che era lo sguardo del Jameson. Allacciò una mano dietro al collo di Jamie, tracciando con i polpastrelli un’immaginaria melodia sulla sua pelle. Si fede un po’ più vicino, poggiando la sua fronte a quella dell’altro, il suo respiro a confondersi con quello di Jamie- non era la prima volta che erano così vicini, ma era la prima che non vi erano scudi e armi sguainate tra loro. Ci sarebbe stato tempo per le spiegazioni e i rimpianti, in quel momento l’unica cosa che voleva fare era rompere quel tabù che incombeva su di loro da anni- la loro personale spada di Damocle. William colmò la distanza che li separava, le labbra di Jamie familiari sulle sue come poche cose al mondo lo erano, era travolgente e al contempo non abbastanza. Strinse le dita sulla nuca del Jameson, tirandolo a sé per sentirlo più vicino, perché in quel momento William aveva bisogno di un porto sicuro dove ripararsi. Perché, alla fine, William avrebbe sempre scelto Jamie.
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    ergo cogito sum sono brilla quindi non capisco cosa abbia scrito ciao
    (UN POSTO AL SOLE GUGEL EDITION)


    Edited by / belair - 21/3/2022, 00:16
     
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    «Io-» Io, io, io - ovviamente era sempre un io, con William. Strinse le labbra fra loro, uno sguardo di disappunto a qualcuno che neanche lo stava guardando, conscio di essere l'unico colpevole per quel comportamento: glielo aveva dato lui, il permesso di diventare così; gliene aveva dato ogni sacrosanto diritto, di essere il problema e la soluzione. Se l'era cercato, e creato, Jamie: avrebbe dovuto togliergli quel potere anni prima, una vita prima, e s’era chiesto spesso, probabilmente più del Barrow, perchè proprio lui. Jamie avrebbe potuto avere chiunque, e ne era consapevole: era bello, seducente, affascinante, e portava con sé quel grumo di gravità che spingeva sempre le persone a girargli attorno - toccarlo, e con le mani sporche di corruzione, cercare di cambiarlo. Aggiustarlo, come fosse stato l'orologio rotto e non il meccanismo ben oliato e perfezionato negli anni. Avrebbe potuto giocare la carta della sfida, dire che nulla fosse più interessante quando poteva avere tutto; che volesse qualcosa di irraggiungibile per darsi un obiettivo, una giustificazione per i propri discutibili comportamenti, una storia della buonanotte per sonni indisturbati. Che tutti gli umani avessero bisogno di una ragione per svegliarsi al mattino. Sarebbe stato perfino credibile, nel biasimare la situazione ad un’indole feroce che necessitasse di essere contenuta... ma non sarebbe stato vero. Non un grammo, un fottuto grammo, di quelle scusanti, sarebbe stato sincero. Per Jamie, William Barrow II era sempre stato quel qualcosa per cui valesse la pena: tornare, rimanere. Era tutto ciò che gli fosse rimasto di un Jameson più spontaneo e meno machiavellico, che gli ricordasse fosse più di un sicario, di polvere da sparo e sangue. Che nella vita, ci fosse altro oltre al potere e la gerarchia. Era la fastidiosa voce della sua coscienza, il peso a tenerlo ancorato a terra quando andava tutto a puttane. Era una certezza in una vita che di certo avrebbe dovuto avere solo la cazzo di morte. Quello che provava per Will, era la cosa più reale che avesse - la più genuina, incontaminata. Ed aveva dubitato di tante cose, nella propria vita: del senso, del perché, delle leggi, dello spazio e del tempo, ma non aveva mai dubitato di William.
    Perchè lui? non era la domanda corretta. Come avrebbe potuto non essere lui? era il quesito per il quale non era mai stato in grado di trovare una risposta. Anzi, peggio: per il quale non aveva mai voluto, una risposta. Le alternative non avevano mai retto il confronto. Era semplicemente così che era andata - e che andava.
    «ho paura. Non sono bravo in questo» Non significava che talvolta, come in quel caso, un po' non lo rimpiangesse. Seguì il movimento della mano fra loro, e l’unica cosa che si degnò di offrire in risposta, fu un sopracciglio arcuato. Un lento, metodico ed allusivo sopracciglio arcuato, che diceva molto più di quanto avrebbero fatto misere parole se, in quel momento, si fosse fidato ad aprire bocca. Un bene per il Barrow, perché era piuttosto certo che quello che ne sarebbe uscito, non sarebbe piaciuto a nessuno dei due. «Non voglio mandare a puttane questa cosa» Un sorriso si aprì lento come una ferita sul volto dell’Hamilton, gli occhi ridotti ad una fessura tagliente. «è un po’ tardi per quello» concesse in un bisbiglio grondante di veleno, consapevole che il proprio tono suonasse più come una minaccia che come una triste, patetica, considerazione. Era stanco, Jamie. Era stanco di fingere che non fosse cambiato niente, di svegliarsi in letti vuoti che avevano ancora la forma di Will, di coprire il suo sapore sulla lingua con altre bocche, fossero di vetro o di carne. Di quelle cazzate. Di essere costretto a dimenticare, ogni cazzo di volta, per non disturbare il sacrosanto, fottuto, equilibrio. Non era mai stato una persona delicata, Jamie Hamilton, ma aveva permesso al Barrow di renderlo tale, leggero nei propri passi per timore di spaccare qualcosa.
    Cristo, lui viveva per spaccare. Rompere. Distruggere. Quell’indugio, non era parte della sua indole. Era forzato, costretto dal modo in cui William evitava il suo sguardo il mattino dopo, obbligato dallo spazio che metteva sempre fra loro dopo, averlo cercato; dopo aver lasciato gli occhi esitare sulle sue labbra. Aveva smesso di fidarsi di sé stesso nell’essere in grado di tenere le giuste distanze.
    E non riuscì a fidarsi - la cosa peggiore - quando Gugi fece scivolare una mano dietro la sua nuca, le dita a disegnare linee già tracciate e sempre nuove. Non si fidò del suo sguardo impaurito e incerto, fragile, né dei fiati caldi che sentiva sulla pelle.
    Jamie sapeva quello che voleva. L’aveva sempre saputo: un lavoro stabile che gli garantisse una copertura, contatti, fili attorcigliati da una gola all’altra per completare i propri disegni. Voleva la violenza, e voleva la rabbia, e voleva i buffetti sulle guance delle anziane che cercavano sempre di svenderlo alle proprie nipoti. Voleva affermazione; voleva venerazione, e lodi. Adrenalina. Potere.
    Voleva William Barrow. Voleva sentirlo sotto le dita, sulla lingua, fra i denti. Voleva che rimanesse un gioco, ma che fosse il loro - non il suo. Ed aveva aspettato, e l’aveva desiderato, e l’aveva sfidato a ovviare l’esimia distanza a separarli, e – e avrebbe voluto che fosse abbastanza. Che il sorriso sulle proprie labbra fosse abbastanza, quando William premette le sue sulle proprie; che la mano di lui a stringerlo fosse abbastanza, che sapere di poterlo toccare, le dita a scivolare sulla guancia o sul fianco, fosse abbastanza.
    Che quel bacio, fosse abbastanza.
    Si convinse, per un solo attimo, che lo fosse - che potesse esserlo. Se lo impresse sui polpastrelli, su ogni centimetro premuto contro il corpo dell'altro desiderando fosse solo pelle contro pelle, assorbendolo come inchiostro dell'ennesimo tatuaggio. Sciolse la tensione delle spalle, lasciando che il sollievo scivolasse dalla bocca dischiusa direttamente fra la labbra di Will, scegliendo - scegliendo - che per un solo, fottuto, istante, fosse reale. Che non avesse una scadenza. Si illuse che stringendolo un po' più forte, gli avrebbe impedito di andarsene.
    Fece scivolare le mani sulle braccia del Barrow. «no» soffió, districandosi e prendendo le distanze. Rise, l'indice a scuotersi di fronte al naso dell'altro, prima di colpirlo debolmente. Ci aveva messo un po', ma aveva imparato la sua cazzo di lezione. Gli prese il mento fra le dita, il pollice a scivolare sul labbro inferiore ed un sorriso soddisfatto, languido, e dannatamente Jamie nel sentirlo caldo, e sapere che quel calore fosse il proprio. «voglio sentirtelo dire.» ammiccò, perché era fatto così, ma c'era una nota dissonante nel tono - nello sguardo, nel tocco. Una richiesta sincera, una cautela dettata dalla sopravvivenza: erano già stati a quel punto. Non voleva (solo) quello, Jamie.
    Voleva un'ammissione di colpe. Dopo tredici fottuti anni, un po' se la meritava. Fra i due, si sapeva, Jamie era il più bravo ad usare la lingua (eh Gugi, abbiamo avuto le stesse amanti, carne parla) ma il Barrow aveva la sua dose di sweet talking: sapeva parlare. Il fatto che scegliesse di non farlo, non sarebbe più stata una scusa ammissibile. «definisci questa cosa» testuali parole; questa cosa, l'aveva definita. Non voleva una dichiarazione, e le etichette non facevano per lui, ma doveva - doveva. - sapere cosa questa cosa cosa rappresentasse per lui. Non gli piaceva essere la seconda scelta, o il passatempo: non era mai stato l'errore di nessuno, e non avrebbe cominciato con William. «cosa vuoi...?» Reclinò il capo sulla spalla, il guizzo di un sorriso a vibrare nell'angolo sinistro della bocca. «come lo vuoi?» premette il pollice sul labbro, tirandolo verso il basso, e cercò lo sguardo di Will con un sorriso un po' più leggero. Si strinse nelle spalle, lasciando intendere che l'ultimo interrogativo fosse solo a scopo di intrattenimento personale - il solito tono ambiguo, sguardo serio ed al contempo divertito. Un territorio più facile, perlomeno per Jamie; allentava la tensione con quello che aveva, e aveva sempre avuto la ammirabile capacità di mandare in tilt il suo migliore amico con davvero, davvero, poco. E dire che erano francesi, e del secolo successivo: il pudore faceva molto medioevo britannico, Gesù; erano lì da un anno, e già stava prendendo le loro brutte abitudini?
    Non gli chiese per quanto, lo vuoi: per quanto stupido e patetico fosse, e Cristo se lo era, avrebbe sempre corso il rischio. Volevo solo sapere che fosse maledettamente reale.
    «sii sincero. l'onestà ti dona» sorrise come se fosse un gioco, e quelle domande - quel tempo rubato - non gli fossero costate un cazzo.
    Ma lo sapevano, entrambi, che a Jamie, invece, l'onestà donava poco.
    Se doveva spogliarsi di qualcosa, preferiva vestiti che verità scomode.
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    Jameson provava un perverso piacere nel tormentare il Barrow, nei loro tredici anni insieme non c’era stato un momento dove William fosse salvo dall’ombra di Jamie Hamilton, sempre in agguato per tendergli nuove trappole. Delle volte erano in forma di tradimenti da parte delle sue fidanzate, altre volte quei tormenti prendevano la forma di provocazioni e sguardi che al tempo non aveva saputo definire. Tredici anni dopo, nulla era cambiato: «no». William era ancora fermo al bacio, al sapore di Jameson sulla sua lingua e al modo in cui il Barrow rabbrividiva ogni volta che le sue dita lo sfioravano. Non aveva avuto il tempo di registrare Jamie prendere le distanza, allontanarsi da lui senza che potesse impedirglielo. Si lasciò colpire, ridere in faccia, non reagì nemmeno quando gli prese il mento tra le dita. William chiuse per un momento gli occhi, esercitando un controllo affinato negli anni pur di non fare l’errore di far scivolare quel dito tra le labbra «voglio sentirtelo dire» e staccarglielo a morsi.
    Almeno quello l’avrebbe distratto.
    William rimpiangeva di essere bloccato in quel vicolo, nessuna via di uscita che includesse una fuga facile. Perché, in fondo, non era ciò che aveva fatto tutti quegli anni? Eppure, a un punto indefinito di quella fuga aveva deciso di fermarsi e voltarsi indietro. Che motivo c’era di scappare quando tutto ciò che desiderava era finalmente a portata di mano, un miraggio a cui stentava a credere. William non sapeva cosa Jamie volesse sentirsi dire, se delle scuse o una confessione che avrebbe dovuto concedere anni prima. Non voleva mettersi a nudo, nonostante tutto quello che era accaduto tra i due, il Barrow aveva il terrore che Jamie si sarebbe tirato indietro all’ultimo- sapeva che non era nel suo stile, ma quella paura paralizzante bastava per alterare ogni suo pensiero logico. «definisci questa cosa» una richiesta più ragionevole, ma non del tutto priva delle sue spine. Era proprio la loro incapacità di dare un nome alla loro relazione che li aveva portati in quel vicolo, anche se a dire la verità, il Barrow ce lo aveva pronto sulla punta della lingua, in fremente attesa del momento in cui un bicchiere di troppo gli avesse fatto perdere ogni inibizione.
    «cosa vuoi...?»
    Te.
    Aveva sempre voluto Jameson Hamilton, e non avrebbe cambiato idea tanto presto.
    Non si lasciò ingannare dal tono dell’Hamilton, tenue come una carezza sulla guancia ma affilato come la punta di un coltello. William aveva imparato ad andare oltre le parole seducenti e un sorriso usato come diversivo, e per quanto volesse scegliere la strada più facile e ricadere nelle vecchie abitudini, sapeva che non era tra le carte in tavola.
    Il Barrow voleva morire, voleva chiamare un altro William Barrow e farsi sostituire pur di non dover ammettere quelle parole ad alta voce. Aveva passato così tanto tempo a scappare dalla verità che ora non sapeva più come smettere di correre. «Cosa…voglio?» William abbassò lo sguardo sulle dita dell’Hamilton ancora premute sulle sue labbra, decise di prendere quella stessa mano tra le sue e si stringerla in cerca di un supporto, di una momentanea distrazione. «Voglio tenerti la mano» iniziò, stringendo il palmo di Jamie, le loro dita intrecciate «perché ne ho voglia». Alzò lo sguardo ad incontrare gli occhi di Jamie, sentendo tutto il coraggio che aveva racimolato svanire- e se gli avesse riso in faccia? E se gli avesse detto che non volevano la stessa cosa, che era un’idiota per credere che potessero essere qualcosa di più di amici con benefici? «voglio baciarti quando voglio senza inventarmi scuse» anche perché non ne aveva più, dopo tredici anni tendevano a svanire rapidamente. Prese un respiro profondo, stava incominciando a sentire il mondo chiudersi su di lui, il battito impazzito del suo cuore a rimbombare nelle orecchie «voglio stare con te» fino a quando mi vorrai «non come amico, o qualsiasi ibrido siamo stati questi anni» portò la mano dell'Hamilton alle proprie labbra, lasciando un bacio sul dorso- fin troppo casto, per quello che erano soliti fare. Forse perché voleva fargli capire che per lui non erano solo quello: una banale danza di corpi che si intrecciavano, un mero piacere carnale senza nessun sentimento dietro. «Voglio essere il tuo ragazzo» oh my god, these bitches gay.
    william II
    barrow
    You have stolen my heart
    Never let it go
    Lightning straight to my heart
    I got all the feels for sure
    2094future boieigasson
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    Per un breve istante, temette di aver fatto il passo più lungo della gamba. Non era da Jamie Hamilton avere rimpianti, o ammettere di aver sbagliato – che Dio ce ne scampasse – ed infatti decise di non farlo neanche quella volta, perché aveva tutte le ragioni del mondo per demandare uno straccio di risposta agli interrogativi di una vita. Non aveva chiesto il mondo, perché quello sapeva prenderselo da sé; non aveva chiesto promesse, perché quelle nessuno dei due avrebbe potuto mantenerle.
    Solo una conferma - che fosse vero, e non fosse temporaneo. Che non stesse leggendo troppo fra le righe, o troppo poco. Che non fosse l’ennesimo momento di debolezza seppellito in sorrisi imbarazzati ed occhi al pavimento.
    Che fossero dalla stessa parte.
    «Cosa…voglio?»
    Attese che il quesito facesse il suo corso, perché sapeva che Will necessitasse di più di un momento per ingranare una domanda, e la conseguente risposta. Pensava sempre troppo, dipingendo significati lasciati originariamente in bianco, cercando enfasi e sfumature che lo guidassero verso una risposta giusta. Il costante bisogno di piacere alla gente l’aveva reso lento, attento agli altri e distratto a se stesso. «tu» ripetè in un soffio, perché era fottutamente stanco di sentirsi dire quello di cui aveva bisogno lui; voleva sapere cosa volesse William Barrow, possibilmente entro l’apocalisse successiva, e non durante l’ennesimo puttanaio spazio temporale in cui si sarebbero trovati a lottare per la vita – sempre più vicini a perderla che a salvarla. «Voglio tenerti la mano perché ne ho voglia» Jamie mosse solo gli occhi, seguendo la propria mano stretta in quella di Will. «voglio baciarti quando voglio senza inventarmi scuse» Sentì l’impellente bisogno di ridere, ma sapendo sarebbe stato mal interpretato, corresse il tiro in un accenno di sorriso appena percettibile.
    Ma quant’era patetico, rendersi conto che quello avrebbe potuto averlo sempre.
    Quello che William voleva, era l’unica cosa che Jamie Hamilton non avrebbe potuto dargli: il permesso da se stesso. Era lui, a non averne voglia; lui, ad inventare scuse. Ed anziché sentirsi sollevato da quella dichiarazione, non potè che sentire una fitta di delusione, di ci risiamo, di ma perché cazzo ci provo ancora.
    «voglio stare con te. non come amico, o qualsiasi ibrido siamo stati questi anni.» Assottigliò le palpebre cercando il suo sguardo, ammorbidito da quanto letto negli occhi chiari. Che poteva farci? James Black Barrel Hamilton era un uomo indipendente e solitario, e la puttana di William Barrow II. Fategli causa. «Voglio essere il tuo ragazzo» Non si era accorto di aver smesso di respirare, finché non sentì il petto dilatarsi d’aria calda e fresca. Il cronocineta era abituato ad avere sempre quello che voleva, ma mai - mai - aveva sperato che potessero riuscire ad arrivare a quello. Tredici anni. Tredici fottuti anni a dirsi che andava bene così, che non avesse bisogno di quello – tredici cazzo di anni di respiri a metà, e sorrisi a metà, e baci umidi al whisky che già sapevano di ombre ed addio. Intrecciò le dita a quelle del Barrow, e seppur le labbra fossero ostentate in una linea dritta e impassibile, il guizzo nelle iridi verde acqua era inconfondibile. «oh, gugi» abbassò la mano di entrambi, incastrandole nei jeans di lui per attirarlo verso di sé. «eri l’unico a non sapere di esserlo già» Un sorriso aperto e quasi sincero, il meglio che si potesse avere da un Hamilton le cui labbra erano sempre intinte di mal propositi e brutte intenzioni. «te lo devo dire: non sarà semplice» scherzava, ma non troppo. Ed infatti, lo sguardo si fece un po’ più serio, un po’ meno Jamie, che quel genere di solennità non la concedeva neanche ai propri nemici. «non sono una brava persona» sottolineò a bassa voce, così piano che qualcuno avrebbe detto l’avesse fatto di proposito per non farsi sentire – ed avrebbe avuto ragione. Will poteva credere di saperlo, ma Jamie dubitava che avesse mai preso seriamente in considerazione che il suo migliore amico fosse effettivamente un bastardo senza morale. Gli aveva voluto bene quand’era stato all’incirca normale, e certi cambiamenti si perdevano nella traduzione.
    Si disse che ora che aveva il cuore di Will fra le mani, quasi certamente gliel’avrebbe spezzato.
    Si disse che fosse il pensiero di un altro momento, mentre cancellava la distanza fra loro per baciarlo come Dio comandava, donandogli anche quella parte che aveva tenuto per sé per tutta una vita. Non c’era la disperazione di cui erano soliti fasciarci; non c’erano addii o arrivederci, non sangue a sporcare le labbra. Non fu comunque soffice, perché Jamie non era quel genere di persona. Lo baciò esattamente come viveva: prendendo il controllo, dettando le regole, lasciando la propria impronta. Fece scivolare le labbra sul suo collo, bisbigliando un «e ora ce ne andiamo.» che lasciava poco spazio all’immaginazione ♥
    You wish I was yours
    and I hope that you're mine
    lurk
    The Neighbourhood
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    AFTER ALL THIS TIME??????????????????? yes.
     
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