You know you stopped me dead while I was passing by

jjking-dornettefanz + at-tore

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    darling, didn’t you know?
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    Li sentite parlare nella stanza affianco, organizzarsi per chiedere un ricatto, eppure (ancora? sempre) non avete idea del perchè, fra tutti, abbiano rapito proprio voi: sapete solo di essere ostaggi, e che i vostri aguzzini stanno cercando i vostri famigliari ed amici per demandare un pagamento.

    jjking-dornettefanz
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    Francamente, Sersha era più seccata da quei cosi a scavare prepotentemente sul naso che nella situazione in cui si trovava. Era chiaro alla Kavinsky che ormai l’età avanzata si stava avvicinando, come non mancava di ricordarle Barry ogni giorno, e anche per lei era arrivato il momento di ammetterlo: non ci vedeva un cazzo. Cioè, un cazzo sì figuriamoci, ma in questo caso di trattava di una metafora. Come si diceva quando il dottore ti diceva di mettere gli occhiali per studiare? Sersha non aveva prestato abbastanza attenzione per saperlo con certezza, anche prima di quel momento non ne aveva mai avuto bisogno: punto primo, non studiava mai, e poi nel far west si era limitata a mutilare Barbie. Le sarebbe piaciuto aggiustarseli, o perlomeno sbarazzarsene e lanciarli al muro, ma aveva le mani legate dietro la schiena. Non sarebbe stato un problema liberarsi data la quantità allarmante di coltelli che aveva addosso, eppure era curiosa di sapere come sarebbe andato a finire quel rapimento triste ed amatoriale. Era l’inizio di uno di quei giochi medievali di demoni? Se si sforzava, poteva quasi sentire l’ominous musica latina filtrare dalla porta. «o forse è un porno, che originalità» mormorò tra sé e sé, ignara della persona che la stava osservando confusa dall’altra parte della stanza. Sersha si rendeva conto che non aveva l’aspetto più confortante del mondo, non con le mani macchiate di sangue e i vestiti strappati, senza contare lo stato in cui versava la sua faccia. Il fatto era che, banalmente, era abituata ad aggressioni e tentativi di rapina e aveva imparato che se doveva essere fottuta nella vita, tanto valeva fare più danno possibile. Dovresti vedere com’è messo l’altro. Se ne sarebbe uscita con qualcosa del genere, se solo ci fossero stati i Freaks con lei. Sorrise nostalgica a quel pensiero, abbandonando la testa al muro dietro di lei – non aveva il lusso di rilassarsi, ma non aveva intenzione di sprecare quegli istanti di calma. Sentiva i suoi aguzzini discutere nella stanza accanto, segno di quanto quei muri fossero sottili e loro dei poveri di merda, intendevano davvero chiedere un ricatto alla sua famiglia? Auguri, non si illudeva che qualcuno avrebbe speso un galeone su di lei. William ed Akelei erano troppo occupati a vivere nella loro disgustosa bolla rosa per preoccuparsi di scarti come lei e i suoi fratelli, di certo non con il nuovo arrivato. La Kavinsky non avrebbe mai ammesso di essere gelosa di un bambino, né aveva accennato nulla del genere a Barry e Sunday –aveva una dignità- ma non poteva negare di sentire un prickle nel petto ogni qual volta i suoi pensieri la dirigevano verso quella direzione. «ehi, pensi che qualcuno verrà a prenderti?» non le interessava, ma doveva distrarsi dai suoi pensieri idioti. Forse aveva avuto fortuna e quella persona era in realtà figlia di un IT mogul e avrebbe potuto derubare lei, che i suoi rapitori le avessero fatto un favore? Even so, sembrava troppo lavoro avvicinarsi emotivamente a un altro essere umano, specie con il suo attuale umore. «o preferisci prendere la faccenda in mano e scappare? Posso aiutarti se vuoi» tanto per Sersha una cosa valeva l’altra, non era una persona così impegnata «a un certo prezzo, ovviamente» per esempio, un braccio. Si era divertita a portare il suo amico nel secchiello l’ultima volta! Forse la Kavinsky aveva frainteso tutto e stava cercando di trasformare quella situazione in uno dei tanti Saw. Non era più divertente così, dopotutto?
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    sersha
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    «non ho mai...» fece schioccare la lingua sul palato, sollevando le iridi chiare al soffitto per afferrare un'idea, che però continuava a sfuggirgli nel caos sbiadito dell'alcol e della musica tanto forte da sovrastare i pensieri. Non era mai stato un festaiolo Brandy o, meglio: non aveva mai creduto di poterlo essere. Era uno di quelli che preferivano tacere piuttosto che rischiare di lasciarsi sfuggire una parola di troppo, uno a cui il solo pensiero di trovarsi al centro dell'attenzione faceva venire la nausea, scuotere il capo per l'imbarazzo.
    Poi aveva scoperto l'alcol.
    Ironico come la risoluzione dei suoi problemi fosse sempre stata lì sotto al suo naso, nel primo campo della sua carta d'identità, e come lui avesse aspettato sedici anni per rendersene conto. Il fatto era che, da una parte, era perfettamente conscio d'essere fin troppo propenso alle dipendenze e alle ossessioni per potersi anche solo permettere d'avvicinarsi ad una potenziale fonte di rischio, dall'altro il suo potere non gli permetteva mai d'eccedere più di tanto, nemmeno quand'era lui stesso a volerlo. Era un bene per lo più, perché metteva un freno a quello che altrimenti sarebbe stato difficile da gestire per un Brandy e basta, ma c'erano dei momenti in cui il Frozen avrebbe soltanto voluto annullarsi per qualche ora, potersi sentire come qualunque altro ragazzo della sua età senza poteri mai richiesti e ricordi traumatici alle spalle.
    Per quanto avesse imparato ad abbassare le difese quel tanto che bastava a fargli sentire qualcosa, sentiva di essere sempre troppo lucido, sempre troppo sé stesso. Ed era frustrante, il più delle volte, sentirsi intrappolato in un corpo in grado di guarire ogni ferita meno quella che faceva più male, ma per lo più si era rassegnato a conviverci. Tratteneva sulla lingua il sapore amarognolo del whiskey, piegava le labbra in una smorfia facilmente fraintendibile con un sorriso, e fingeva di essere esattamente come tutti gli altri. Sollevava il bicchiere con finto entusiasmo, e diceva «...bevuto il latte dalla confezione» solo per poter bere a sua volta perché sì, l'aveva fatto almeno un centinaio di volte.
    Posò poi il bicchiere vuoto sulla prima superficie disponibile, alzandosi in piedi con cautela per evitare di calpestare persone o, peggio, liquidi di varia entità. Si trascinò fino al bagno con il solo scopo di poggiare la fronte alla parete, chiudere gli occhi e restarsene in silenzio per una manciata di secondi, quelli necessari a togliergli di dosso quella costante sensazione di essere sempre la persona sbagliata nel posto sbagliato. Sospirò sommesso, svuotando la mente per soffermarsi esclusivamente sulla stupidissima idea di contare all'infinito fino a che non fosse passata. Ed era arrivato a quarantasei, quando rassegnato si era allontanato dalle piastrelle, aveva fatto per voltarsi, e si era ritrovato con un panno premuto contro la bocca.

    Ovviamente non era svenuto neanche per sbaglio.
    Era rimasto impassibile, in attesa che chiunque stesse cercando di rapirlo si rendesse conto di non poterlo addormentare tanto facilmente, convincendo anche sé stesso di essere sufficientemente al sicuro dal cadere nuovamente in trappola, di non aver niente da temere. «mppffh» cercò il proprio riflesso nello specchio, così da individuare quello della persona alle sue spalle che, dopo quella che gli parve come un'eternità, capì finalmente di doverlo lasciare andare. «eh, buongiorno» tossicchiò infastidito, passandosi il dorso della mano sulle labbra, ancora intorpidire per la stretta prolungata. Si voltò a guardare il suo aggressore, solo per un attimo. Poi, giustamente, gli arrivò un pugno in faccia.

    Spoiler: essere taciturni non implicava necessariamente essere intelligenti.
    Beh insomma, non era mai stato la volpe della situazione, né con sua sorella, né con Twat, né con nessun altro, ma a sua difesa aveva bevuto e non aveva avuto il tempo di calcolare i rischi delle proprie azioni. Ciò non toglieva che potesse darsi silenziosamente della testa di cazzo, persino nel riaprire gli occhi e scoprirsi rinchiuso in una stanza che non conosceva, con le mani legate ed uno zigomo ancora un po' ammaccato. «ma che cazzo» inclinò il capo indietro, cercando di ricacciare indietro la vocina nella sua testa a suggerirgli che presto l'avrebbero riportato ai Laboratori da cui era fuggito solo pochi anni prima.
    «o forse è un porno, che originalità»
    Per un attimo, solo per un attimo, il terrore di essere insieme a Sherry lo fece irrigidire. Ma non era Sherry.
    Posò invece gli occhi sulla Kavinsky, Prefetto Serpeverde e Cacciatrice della Squadra di Quidditch, e si chiese per quale ragione mistica provasse quella sorta di timore reverenziale nei suoi confronti. Aveva una sorta di aurea inquietante?? Persino con gli occhiali e le mani legate. E poi, per dio, perché sembrava uscita da una rissa alla Fight Club mentre lui se n'era uscito solo con un pugno stupidissimo alla faccia? Per ristabilire il suo ego maschile, pensò dunque bene di commentare «speriamo» prima di pentirsene con ogni fibra del proprio essere. «nel senso, meglio che essere rapiti da un serial killer, o dai terroristi» salvataggio in calcio d'angolo? Non che sarebbe stato chissà quanto importante se fossero entrambi morti di lì a poco.
    «ehi, pensi che qualcuno verrà a prenderti?»
    Passò velocemente in rassegna tutte le sue conoscenze più prossime: Sylvester, quasi certamente, avrebbe venuto persino la casa per riprenderselo, e Brandy non poteva mica permetterglielo. Sherry avrebbe più probabilmente fatto qualcosa di stupido, ed anche questo andava assolutamente evitato. Twat - ma ce li aveva i soldi? Forse al massimo avrebbe potuto vendere il suo corpo alla Tangenziale, ma neanche questa gli sembrava un'idea grandiosa (non meno divertente, ma insomma).
    «se hai una buona idea su come uscire da qui senza coinvolgere nessun altro, mi fido di te» pensate quanto male doveva esser messo per fidarsi di una Sersha. Per lo meno, in un'altra vita, sarebbero stati compagni di casata. «un prezzo ragionevole, o uno che potrebbe farmi desiderare di essere rimasto con i nostri amici porno-terroristi?»
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