Where your heart is

[tirocinio]

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    ANTHEIA T. SINCLAIR // camera pie
    Frequentare il settimo anno era un concetto ancora estraneo a Theia, lei che ancora viveva in un mondo fatato fatto di pasta frolla e zucchero filante. Si era svegliata una mattina e puff settimo anno. Era difficile pensare a cosa ne sarebbe stato di lei in futuro, sarebbe tornata a vivere dai genitori? Lei e Pers si sarebbero trasferiti in una casa che avrebbero potuto chiamare tale solo solo due, senza genitori tra i piedi? Chissà, benché ci fossero ancora all’incirca 9 mesi -presto partoriremo un bel bimbo- di lezioni, allenamenti, esami e marachelle notturne, i pensieri e le preoccupazioni volavano al giorno in cui i nove mesi sarebbe giunti al termini liberandola dalla costrizione della scuola e dal, su9k posto felice che quel castello aveva rappresentato negli ultimi sette anni. Sembrava ieri che il Cappello Parlante l’aveva smistata nella ca sta dei coraggiosi, incredibile come volasse il tempo quando ci si divertiva. Parte dell’essere al settimo anno implicava non solo il dover seguire le lezioni ma anche il doversi immergere nel mondo degli adulti e ciò implicava anche imparare un lavoro, peccato solo che non avesse alcuna idea di cosa fare della sua vita. Era troppo giovane per pensarci ma al tempo stesso sentiva che a quell’età dovrebbe avere le idee più chiare. Se fosse per i genitori farebbe un lavoro importante che la mettesse in vista, che permettesse alla società di conoscerla ma non era la sua vocazione, non che sapesse cosa lo fosse. Né aveva parlato con i docenti quando si era parlato per il tirocinio ed aveva a lungo analizzato la sua vita, i suoi interessi fino a che qualche idea in realtà si era formata nel suo cervello rosso-oro. Fin dalla tenera età erano due le cose che l’avevano appassionata, la musica che l’aveva accumunata al fratello gemello e la cucina, in realtà entrambi l’avevano avvicinata al gemello. Suonavano e cantavano insieme, ed al tempo stesso lui era l’assaggiatore ufficiale dei piatti preparati dalla sorella. C’era complicità tra loro ma non poteva vivere sempre attaccata al culo del gemello, erano fratelli ed avevano un bellissimo rapporto ma quella era una scelta importante che doveva prendere da sola perché si parlava del suo futuro. E così aveva consegnato al docente la sua richiesta di tirocinio presso Madama Piediburro, la sala da tè situata ad Hogsmeade. Non sapeva cosa avrebbe fatto ma sperava di essere messa al lavoro in cucina, benché comunque se la cavasse anche a parlare con le persone, quindi riteneva di essere abbastanza versatile da poter stare sia in sala sia in cucina, ma l’importante era fare un po’ di esperienza nel mondo del lavoro e forse avrebbe potuto cominciare a vedersi nel mondo adulto che ancora le incuteva un certo timore.

    Quel giorno Antheia Sinclair aveva lasciato il castello recandosi ad Hogsmeade, il villaggio magico situato nei pressi di Hogwarts dove gli studenti trascorrevano i weekend liberi dallo studio, brindando e sorseggiando a suon di burrobirra. Entrò nel locale, il campanello tintinnante, e fu invasa dall’odore dolciastro di cupcake e muffin appena sfornati, dall’odore del tè caldo e della cioccolata. Si respirava un’aria così familiare e calda che si sentì subito a casa, solo Hogwarts le aveva fatto un effetto molto simile. Sorrise istintivamente mentre si lisciava la salopette grigia che aveva indossato sopra il maglioncino bianco, la lunga treccia che cadeva delicatamente sulle spalle e gli stivaletti bassi che picchettavano sul pavimento. Si incamminò verso il bancone guardandosi attorno estasiata, era un locale tanto accogliente e per nulla troppo affollato, l’ideale per lei che benché adorasse stare in mezzo alla gente talvolta la troppa confusione era semplicemente troppo. Buongiorno, sono Antheia Sinclair e mi manda la scuola per il tiroc- si blocco la ragazza alzando lo sguardo e ritrovandosi faccia a faccia con Erin, ed a corto di parole. Oh ciao Erin arrossì lievemente e quasi impercettibilmente portò le mani dietro la schiena dove esse si congiunsero. Le avevano detto che avrebbe lavorato con Erin? Non ne era certa ma era certa di essere più felice di prima perché la ragazza le era mancata molto in quei mesi, le era mancata la sintonia che avevano trovato. Mi fa piacere vedere che stai bene... e beh insomma... credo lavoreremo insieme per qualche settimana disse sorridendo all’altra, sorriso che non perse mentre la moretta cominciò ad elencarle le sue mansioni. Ci teneva a fare bella figura ed a dimostrare che benché fosse una combina guai ed una persona di un determinato ceto sociale, sapesse cosa significasse lavorare. Voleva impegnarsi con tutte le sue forze e dimostrare di potercela fare in quel mondo, perché in fondo era una ragazza intelligente e non aveva certo paura di sporcarsi le mani, se poi aveva le mani in pasta ancora meglio. E così era cominciata la sua avventura lavorativa che l’avrebbe accompagnata per alcune settimane. Aveva indossato un grembiule pallido e aveva accolto i clienti che si erano presentati, portando loro il menù dei dolci -ed al contempo cercando di vendere i prodotti più buoni- e tiro andò al tavolo con l’ordinazione completa. Di tanto in tanto tornava a controllare come stesse andando, se erano soddisfatti della consumazione, per accertarsi che andasse tutto bene ed assicurarsi che non mancasse loro nulla. Non le dispiaceva intrattenere i pochi clienti che erano entrati quella mattina, non erano troppi alla volta e questo la aiutava a concentrarsi ed a dedicare del tempo ad ognuno di loro. Era nervosa certo, e non mancava di sedersi a chiacchierare di tanto in tanto, sperando di non essere troppo invadente. Ogni volta che un tavolo si liberava Theia correva a pulirlo, dava una colata per terra e l’ambiente tornava di nuovo lucente come se nessuno ci avesse ancora messo piede. Non era andato tutto liscio quel primo giorno di lavoro, decisamente no. Era quasi caduta un paio di volte, aveva consegnato un ordine sbagliato ed aveva contato male il resto, ma era riuscita a rimediare ai suoi errori, si era scusata ed aveva portato il giusto resto, cambiato l’ordine e tolto gli stivaletti che rischiavano di farla uccidere o peggio, uccidere la torta alle fragole che tanto piaceva ai clienti.
    Insomma, si era impegnata e non si era lasciata scoraggiare dagli errori commessi, avrebbe potuto crollare e invece si era rialzata più forte di prima, con più grinta. Non chiusero all’ora di pranzo ma Theia si prese una mezz’oretta di pausa per mangiare un sandwich con salmone, insalata e formaggio che si era preparata quella mattina. Lo mangio con gusto, assaporandolo insieme alla tranquillità. Non perse nemmeno un minuto del relax concessole perché in fondo faceva parte del lavoro ed era quello il momento in cui bisognava staccare la spina e dimenticarsi del lavoro, se si voleva sopravvivere chiaramente. Lo sto stress era sempre alto, la tensione non faceva certo bene al fisico ed a risentirne erano per lo più i clienti. Per cui sì, le pause erano necessarie.
    Al termine della pausa Theia ebbe modo di confrontarsi con Erin, e benché la giornata non fosse ancora finita, le era stata data la possibilità di stare in cucina per le successive ore, così da rendersi conto di come si lavorava in una cucina vera, a contatto con gli ingredienti. Era quello che per ora le piaceva di più, insomma la cucina l’aveva sempre accompagnata e sapeva di non voler fallire, voleva mostrare di cosa era capace ti renderò fiera di me, preparerò un dolce stratosferico che forse un giorno metterai nel menù commentò la ragazza entrando in cucina, stringendo il grembiule e lavandosi le mani per poi cominciare a raccogliere gli ingredienti che potevano servirle.
    Uova, farina, zucchero... sussurrò la grifondoro mentre danzava nella cucina della sala da tè del villaggio magico: un’arabesque per prendere il pacco di farina dallo scaffale, un cabriole per avvicinarsi al frigorifero nel quale erano contenute le uova, un jeté fino alla credenza dove lo zucchero era nascosto alla vista. Una volta presi tutti gli ingredienti si adoperò per realizzare una base di biscotto al cacao, unendo del burro a dei biscotti al cacao ridotti in polvere. Ripose poi il tutto in frigorifero per riposare e nel frattempo si adoperò per realizzare una mousse alle fragole, utilizzando il succo ottenuto dalla fine lavorazione delle fragole nel mortaio che andò poi unendosi alla panna montata con le fruste trovate in uno dei cassetti della cucina. Did you have to do this canticchiò la ragazzina riponendo la mousse nel frigorifero insieme alla base di biscotto I was thinking you could be trusted mosse la testa a ritmo mentre continua imperterrita a preparare il dolce che le era stato richiesto. Quando ritenne le due precedenti preparazioni raffreddate a dovere, ripose la base di biscotto su un piattino, aggiungendovi poi una strato di mousse. Nascose un cioccolatino aromatizzato al centro della mousse, nascondendolo alla vista; era la parte “magica” del dolce, era da quello che ci doveva aspettare un’esplosione in bocca nel momento dell’assaggio. Aggiunse poi del crumble di decorazione a mezzaluna con dei ciuffetti di panna per rifinire il dolce, e poi il tocco di classe. Mise a bollire acqua e zucchero e quando lo zucchero arrivò alla giusta temperatura lo verso sopra un contenitore ricoperto di pellicola e creò una cupola di zucchero trasparente e sottile che poggiò sopra il dolcetto per ricoprirlo. Per assaggiare il dolce era indispensabile rompere la cupola incantata che avrebbe sprigionato nell’aria un delizioso aroma noto solo a chi stava consumando il dolce, avrebbe rievocato un odore particolare che aveva un grande significato. Al tempo stesso, nel momento dell’assaggio il cioccolatino aromatizzato avrebbe sprigionato in bocca un’esplosione di sapori, tra i quali un lieve sentore di menta. Ogni boccone rievocava un ricordo. Un ricordo della propria casa, o quantomeno di ciò che era considerato come casa, che fosse un luogo, oggetto, persona, suono, qualsiasi cosa. Where your heart is, così aveva chiamato il dolce che aveva presentato ad Erin quello stesso pomeriggio, troppo emozionata per l’operato per non ricevere il suo giudizio in merito. Ci teneva a sapeva cosa pensasse la ragazza del suo lavoro, anche perché aveva usato alcune delle tecniche perfezionate nel corso degli anni per prepararlo, ci aveva messo tutta se stessa anche se quel, dolce appariva forse semplice, era l’effetto quello che la rendeva tanto orgogliosa.
    Potrei abituarmici.
    17 y.o.
    gryffindor
    vii year
    neutral
    baker
    sheet
    pensieve
    aesthetic
    headphones
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco


    tecnicamente non servivano post ma ero ispirata(?)
     
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0 replies since 22/1/2020, 03:10   102 views
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