here's my number, don't call me maybe.

[ jay + fake!gwen ]

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    jayson f. matthews // please today satan

    one-two-three-four
    Uno-do'-tres-cuatro!

    di colpo, jayson spalancò gli occhi nel buio.
    i know you want me
    non ci fosse stato il battito del cuore di lydia a sfiorargli placido la guancia destra, era certo a quell'ora avrebbe già bestemmiato in turco tirando giù ogni singolo santo dal calendario; ma lei aveva quel potere ristoratore senza cui jayson non poteva più vivere bene, non poteva più vivere punto. avevano passato abbastanza tempo separati da averne le prove tangibili e inconfutabili.
    you know I want cha (want cha)
    I know you want me
    .
    «io lo ammazzo.» non che ci fosse un destinatario preciso, per quella poco velata minaccia: a cambiargli la suoneria del telefono con quella trashata poteva essere stato letteralmente chiunque. il telecineta conosceva fin troppe testine di minchia, e azzeccare il colpevole al primo colpo era praticamente un terno al lotto. «sai, se rispondi puoi mettere fine a questa agonia.» sapeva che stava sorridendo anche senza guardarla in viso, ma alla fine lo fece comunque, sollevando la testa fino a quel momento poggiata contro l'incavo tra la gola e la spalla della ragazza per osservarne i lineamenti nella penombra. aveva pensato a quelle iridi verde bosco così tante volte negli ultimi due anni da aver cancellato ogni altro colore dalla memoria, immaginato il sapore fruttato delle sue labbra al punto da non essere più in grado di sentire gli altri - quasi che una parte di lui fosse morta davvero in quel di bodie, California, e ciò che restava del matthews se ne fosse tirato fuori a fatica, strisciando nel fango per sopravvivere contro ogni aspettativa (1ps). «preferisco chiudere la chiamata e baciarti.» serio, niente scherzi. «anche perché sono quasi certo sia ancora nate dalla stanza accanto che vuole sapere se deve accendere qualche altra candela al gelsomino.» ormai conoscevano henderson troppo bene per non sapere che il suo radar psycho!shipper andava fuori scala non appena jay metteva piede in casa loro, ancora peggio se preventivava l'idea di passare lì la notte. «porca miseria è l'una..» una breve sbirciata all'orologio era bastata per far salire il livello di disappunto oltre il limite massimo consentito per un jayson, a quel punto più che mai deciso ad ignorare la chiamata qualunque fosse stato il nome ad apparire sullo schermo. stiles, arci, al, uno qualunque dei freaks, barbie.. «ma chi voglio prendere in giro?» questo non avrebbe dovuto dirlo ad alta voce, ma lydia era ormai avvezza a quei monologhi interiori che interiori non erano affatto: troppo tempo passato sui banchi della chiesa a parlare da solo con la croce rovesciata appesa dietro l'altare da un gemes in chiara fase creativa, confessioni ubriache post vino da comunione urlate al cielo lassù. «se ti chiamano a quest'ora dev'essere una cosa importante» lo spinse delicatamente con entrambe le mani premute sulla schiena del telecineta costringendolo così ad alzarsi dal letto, la fronte dopo un istante già corrugata «o magari no.» «o magari no.» conoscevano i polli di jay troppo bene. davvero troppo bene.
    sí es verdad que tú eres guapa
    yo te voy a poner gozar
    tú tiene la boca grande
    vale ponte a jugar (¿cómo?)

    «ah. strano.» non un buon segno «è gwen.»

    era gwen.
    e quello che stava urlando in sottofondo, invece, era un tizio vestito da hippie con il braccio destro innaturalmente piegato dalla parte sbagliata. un attimo prima la manaccia sudicia si trovava a cinque centimetri dal sedere di una alquanto brilla gwendolyn, e l'attimo dopo tendeva molle verso il pavimento, ormai inutilizzabile. «GEI-GEIIII!» la vide allargare le braccia ancora con un bicchiere mezzo pieno stretto nella mancina, qualche goccia di liquido ambrato spruzzato sul maniaco dolorante come una benedizione con l'acqua santa: vai in pace pikkolo pervertito, che la prossima volta ti faccio volare direttamente dalla finestra. cosa che per un attimo, nel momento in cui aveva messo piede nella bettola e le iridi caramello si erano ritrovate loro malgrado sulla sopracitata scena, jayson era stato davvero tentato di fare. lerci com'erano nel locale si sarebbero accorti del telecineta tanto quanto le signore di Bodie degli m80 sotto le panche in chiesa, ma nel dubbio preferiva non attirare attenzioni e guai. cavolo, quelli arrivavano già in abbondanza da soli senza dar loro alcun incoraggiamento.
    «ehi, stai bene?» domanda lecita, anche se ad una prima occhiata la mackley sembrava in ottima forma - volendo escludere gli occhi lucidi, le guance in fiamme e l'incapacità di stare seduta dritta, ovviamente. c'era qualcosa di strano, e non solo nella situazione di per sé: sembrava più una sensazione provata a pelle, di quelle che solo chi ha passato quasi due anni fianco a fianco con una persona può provare, ma alla quale jay decise sul momento di non prestare attenzione. la priorità era chiara, portare via gwen da quel postaccio prima che qualcun altro decidesse di allungare impunemente le mani e alla ragazza iniziasse a solleticare l'idea di una rissa in mezzo alla strada.
    alla quale il telecineta avrebbe fatto da spettatore, ovviamente, ben conscio della furia di cui la perpetua era capace.
    «IL MIO BRACCIOOOHH QUALCUNO MI HA ROTTO IL BRACCIOOOHH» ma ancora urlava quello? jay gli passò accanto dandogli una pacca amichevole proprio sull'arto menomato, sedendosi al contempo sullo sgabello vicino a gwen prima che questa potesse ribaltarsi all'indietro in un eccesso di risa. «prova a tenerlo lontano dai sederi altrui, vedrai che guarisce.» o forse no, ma non era quello il punto. «allora gwennie, vuoi dirmi cosa succede? arci e aidan hanno di nuovo bisticciato davanti a te?» per una reazione come quella - ubriacarsi da sola in un infimo pub non era proprio la quotidianità per la roccia dei phanes - quella era la prima spiegazione saltata in mente al telecineta, l'unica forse che potesse coinvolgerla emotivamente fino a quel punto.
    non è che potevano essere tutti come lui, che quando gli arcidan litigavano si sedeva in poltrona a mangiare pop corn, eh!
    «ah, aspetta un attimo che scrivo a lydia..»
    sono arrivato. come i bambini.
    bravo! avvisami quando torni a casa
    si mamma ♡
    se sparisci di nuovo ti mollo.
    onesta!

    #otp

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    «GEI-GEI!» Piroettò in direzione del fu Shaw, tirando nel mentre all’indietro il braccio dell’infame bastardo che aveva pensato fosse un’idea intelligente allungare le mani. Barbie era ubriaco, non stupido; la risata frivola con cui si era, lentamente, appiattito sul bancone di boccale in boccale, non era un invito perché l’uomo si sentisse in dovere di palparlo. Non che avesse problemi con le palpatine casuali, ma a dato che non gli stavano titillando l’anima, stavano palpando le chiappe di gwen, e b sapeva benissimo che in qualità di Jagger non avrebbe ricevuto quel genere di attenzioni, ed essere concretamente consapevole che possedere una vagina portasse quelle controindicazioni, lo infastidiva. Misogino maniaco.
    hashtag me too.
    Nel momento esatto in cui sentì il legamento spaccarsi, il Jagger si era già scordato della rabbia che aveva attivato il meccanismo di autodifesa, le dita a sfarfallare pigre verso Jayson Matthews. Non si domandò cosa ci facesse lì il telecineta; neanche per un attimo la mente di Barbie formulò il pensiero che ci fosse qualcosa di surreale in un sobrio Jay, a quell’ora di notte, fra i tavoli del locale rivale allo spacobot, crownvairus. Stava sorridendo, Barbie. Beato in uno di quei rari momenti d’estasi che duravano sempre troppo fottutamente poco, e troppo fottutamente spesso erano collegati al dio alcool – un lusso che Barnaby Jagger non poteva permettersi, ma che Gwendolyn Markley accoglieva come un contenitore vuoto in attesa d’essere riempito.
    «ehi, stai bene?» Tre parole facevano spesso la differenza nel declinare le emozioni d’un uomo; conduce beppe vessicchio rende l’idea, vero? Un’ondata di adrenalina dritta al cuore, con tachicardia e braccia alzate trionfanti al cielo.
    Ecco, la domanda di Jay ebbe l’esatto effetto contrario. Il sorriso scivolò come burro sul termosifone dalle labbra di Gwen, rimpiazzato da un paio d’occhi scuri vacui oltre le spalle del moro.

    Ehi, stai bene?
    Una mano callosa stretta alla spalla, le cicatrici ben visibili di guerre che Barbie non avrebbe dovuto conoscere impresse sulla carne del polso. Il respiro affannoso e denso, le vertigini a rendere l’equilibrio un gioco di sopravvivenza. Il tono preoccupato di un uomo che avrebbe potuto essere padre, ma che tempo per la famiglia non l’aveva mai avuto; lo sguardo vitreo di chi quell’universo lo vedeva sempre attraverso una lente cruda e sottile, così simile ai suoi da sfregare sale sui tagli.
    Si era presentato ad un incontro per soldati di ritorno dall’Afghanistan e dall’Iran, un devo scrivere un articolo per l’università a pendere menzognero su un volto falso innocente. Aveva pensato fosse giunto il momento, Barbie; che fosse una cazzo di idea geniale farlo sotto le mentite spoglie di Gwen, il cui corpo si era rivelato utile non solo alla misteriosa scoperta dell’orgasmo femminile.
    Poi erano arrivati i racconti.
    Poi le loro storie erano diventate la sua.
    Poi li aveva sentiti - gli strilli, gli spari, i pianti – ed era diventato tutto bianco e nero e vuoto e Dio ma che succede.
    «ehi, stai bene?» ed era fuggito prima che la domanda potesse toccare le ossa scoperte, lottando contro i propri polmoni per convincerli che respirare non fosse poi tutta quella merda.

    Ehi, stai bene?
    Il profumo di miele e frutti di bosco dei capelli cioccolato a separarli mentre Erin Chipmunks si chinava verso di lui, gli angoli delle labbra curvati angosciati verso il basso – e la voce a tremare impercettibile, specchio di quegli occhi troppo ignari del riverbero violento delle sue parole sulle spalle di Barbie.
    Certo che è un po’ triste.
    cosa?
    Loro.
    Ma loro chi?

    Il dito della diciannovenne a tamburellare sulla pellicola.
    Loro.
    Stupido da parte sua chiedere loro cosa. Stupido da parte di Erin rispondere, come se fosse stato ovvio.
    Come se ne avessero già parlato.
    Come se fosse scontato.
    Come se tutti sapessero, tranne lui.
    «ehi, stai bene?» Aveva annuito e s’era stretto nelle spalle, la corta chioma corvina a sfregare contro le spalle. Era bravo a farsi scivolare addosso le cose, Barnaby Jagger, spazzandole sotto il tappeto in attesa delle Pulizie di Primavera che avrebbe rimandato all’infinito.

    Rimise a fuoco Jay, ora seduto al proprio fianco. Colpa dell’alcool? Dell’atsmofera, di quel cazzo che vi pare? «n-no» rispose sincero, ricadendo nelle vecchie abitudini Jagger TM. Non era nato balbuziente, Ben; sapeva di essere semplicemente fottuto nel cervello, e ne aveva avuto la conferma quando, scivolato nel corpo di Gwen, aveva semplicemente smesso di balbettare perché consapevole che la Markley non avesse quell’handicap. Assurdo, vè? Roba che i terapeuti ci avrebbero scritto opere su opere, ma del quale Barbie s’illudeva di non sapere. Una risata asciutta scivolò dalla gola umida del Jagger-Markley, che diede una morbida spallata al suo compagni di bevute. Alzò il bicchiere per brindare, inebriandondosi ancora di quel terpore confuso che Barbie, se non in compagnia di qualcuno che annullasse la Guarigione, non provava da sempre. «allora gwennie, vuoi dirmi cosa succede? arci e aidan hanno di nuovo bisticciato davanti a te?» Che motivi particolari che aveva la markley per fiondarsi sull’alcool. Inarcò un sopraccigliò agitando vago una mano nell’aria, perdendo per una frazione di secondo l’equilibrio sullo sgabello. Si aggrappò al bancone con un gomito, l’indice alzato per indicare all’altro di aspettare. «sono tutte cazzate» annuì fra sé, arrampicandosi al suo posto con la grazia di un gabbiano contaminato dal petrolio. «io? Tu? Loro? Questo posto» indicò i (pochi) presenti ed il locale, tornando poi a puntare il dito contro il telecineta. «è tutto una grandissima e colossale»
    Bugia.
    Lo era il suo primo viaggio temporale, lo rimaneva il secondo. Lo era svegliarsi alla mattina da Barbie, lo era rimasto come Gwendolyn.
    Deglutì, istantamente troppo lucido e affilato, abbassando le iridi scure sulle proprie mani.
    Sulle mani di Gwen.
    Cristo Santo, c’era un tipo di solitudine che neanche la condivisione di un corpo poteva compensare. Passò il pollice sul proprio polso con aria distratta, sbuffando aria secca fra i denti. Non c’è niente di reale. Non sapevo un cazzo. Non so un cazzo. Dio Cristo Santissimo, che due coglioni. «cazzata» riempì il bicchiere, e lo alzò ancora verso l’altro. «non è, tipo, super wow
    No.
    Pausa. «tu sei rob» haha.
    «VINOOOOOOOOOOOOOOO»
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    jayson f. matthews // please today satan

    «stai bene?»
    «n-no»
    e te pareva.
    non che ci volesse un genio per rendersene conto, e evidentemente jayson non lo era. altrimenti si sarebbe accorto della lieve balbuzie, del modo in cui gwen sembrava essere appena zoommata via, altrove. una questione di secondi, ma il cambiamento sul volto della ragazza era stato palese - forse non abbastanza per il matthews.
    non è che lo facesse apposta, jay: gli piaceva prendersi cura delle persone che amava, ma i fattacci della vita lo avevano reso a poco a poco più egoista, un sentimento inconscio del quale il telecineta nemmeno si rendeva conto. per la serie, a malapena riesco a tenere insieme i miei pezzi, e nemmeno tanto bene. così tendeva a sorvolare sui dettagli, relagandoli in qualche zona remota del cervello per non lasciarsi sopraffare, dove comunque finiva sempre per andarli a pescare se ne valeva la pena.
    e per gwen valeva la pena.
    fu sul punto di sporgersi in avanti per afferrarla quando la vide barcollare giù dallo sgabello, ma alla mano sollevata della ragazza si fermò- la conosceva abbastanza da sapere che gwen cercava sempre di cavarsela da sola, anche nelle situazioni dove chiedere aiuto sarebbe stata la cosa più logica, costo di rompersi la testa. metaforicamente e non. pareva una caratteristica dei phanes, quella cocciutaggine sepolta sotto diversi strati di pelle, muscoli e carne, mascherata da quattro caratteri mai così diversi e allo stesso tempo uguali tra loro. «sono tutte cazzate. io? Tu? Loro? Questo posto.. è tutto una grandissima e colossale» e jay annuì, con un principio di perplessità a farsi finalmente strada nella testa, aspettando con pazienza che gwen trovasse una conclusione a quel discorso inatteso. «cazzata.» ah, ecco. quanto suonava strana ogni parola quando usciva dalla bocca della ragazza? jayson aveva vissuto con lei - come quarto incomodo - per due anni, e le discussioni accese dopo qualche boccale di intruglio mistico bodiotto simile alla benzina di spaco non erano certo mancate; eppure mai aveva sentito certi discorsi, generalmente più improntati sulla disperazione per lo scioglimento delle spice girls, l'esistenza degli spiriti e qualche insano monologo sugli unicorni durante i quali jay tendeva a quittare abbandonando casa simmons nella notte.
    «è il mondo reale.» un commento cinico il suo, con tanto di braccia larghe ad indicare lo schifo - letterale - che li circondava, ma inevitabile; non poteva sapere cosa avesse passato barbie prima del loro arrivo in quel di bodie, ma aveva ben chiara la sua, di vita: jayson matthews aveva imparato la lezione sulle cazzate nel momento stesso in cui le prime luci fluorescenti di una stanza d'ospedale gli avevano bruciato quegli occhi che non erano i suoi, e continuava a ripassarne il concetto da cinque anni senza sosta, lasciandosi dietro sempre un pezzetto di se stesso in più. essere cinico era davvero il minimo, nel suo caso. «senti..» riprese, un po' più morbido, quasi un sospiro ad abbandonare le labbra mentre poggiava gli avambracci sul bancone lercio, sfiorando la spalla di gwen con la propria «non voglio farmi i cavoli tuoi ma-» ed era vero, la markley sapeva quanto jay rifuggisse ogni tipo di gossip; era un bravo ascoltatore e non si tirava mai indietro quando un amico o suo fratello - stiles, perchè le confessioni di gemes non le voleva sentire. - avevano bisogno di sfogarsi, ma dentro di sè si sentiva sempre morire «c'entra qualcosa Barbie?» tranquilli, non stava per sciorinarle qualche consiglio spassionato sulle relazioni sentimentali.
    sapeva di essere l'ultimo con il diritto a dire qualcosa in proposito, jayson.
    proprio lui che aveva due figli e nemmeno lo sapeva, che continuava a mettersi nei guai, che si faceva rapire e mandare nel passato per anni. che sopravviveva a stento, sempre, e tornava con la coda tra le gambe sapendo di non meritare l'ennesima possibilità - era lydia quella che poteva parlare di certi argomenti, non lui.
    «e' che ultimamente anche lui è un po'...» non sapeva bene quale termine usare, il matthews. ciò che aveva visto, e che in quel momento ricordò con un brivido lungo la colonna vertebrale, andava ben oltre la stranezza. persino ritrovarsi in quel cazzo di upside down gli aveva dato una sensazione di maggiore normalità, pur con le iridi grigio verdi di frederick hamilton puntate addosso. «ieri sono andato al BDE, ok? e-» inghiottì a vuoto, improvvisamente colpito da un senso di nausea, scosso da un fremito; entrare nel locale era stato come venire travolto dalla percezione di un disastro imminente: l'aria immobile, cani che latravano in lontananza, una cappa innaturale a coprire tutto. «barbie stava.. buon morgan, stava portando la bestia a cavalluccio.» un'immagine orribile, oscena, immorale. «inizialmente pensavo che Sandwitch lo avesse aggredito alle spalle, sai, come al solito.» normale routine per quei due «e invece stavano giocando. ridevano, gwen.»
    non si era ancora ripreso, il matthews.
    un buon motivo per farsi un cicchetto, visto che c'era.


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    Per Barnaby Jagger, ubriacarsi era come perdere la verginità continuamente. C’era l’esaltazione del momento, la confusione, la novità dopo anni in cui non aveva mai potuto sperimentarla – e, soprattutto, l’imbarazzo e la vergogna il giorno dopo, nonché una serie di rimpianti che non l’avrebbe comunque fermato dal provarci ancora. Era così da mesi, un vortice di eccitazione e depressione da far invidia a un soggetto bipolare; attitudine che ben si accompagnava alla stravaganza di possedere le tette di Gwen, e sapere la ragazza fosse in giro nel suo corpo: eccitazione, depressione. Visto? «UN ALTRO!!» sbraitò, picchiando quel che credeva essere il bicchiere vuoto sul bancone, ma che invece dal tintinnio si rivelò essere la boccia delle mance. Gli importava? Citando una perla sempre verde: assolutamente no. «senti...non voglio farmi i cavoli tuoi ma-» Un debole, debolissimo, accenno di timore fece ruotare lentamente il capo di Barbie verso Jay, gli occhi scuri e resi opachi dall’alcool a cercare lo sguardo del telecineta. Aveva scoperto il suo (poco) losco segreto?
    (quale dei tanti X D)
    Si rese conto, poggiando mollemente la testa contro il palmo, che non gli importava quanto avrebbe dovuto. L’aveva tenuto nascosto, e chiesto a Gwen di fare lo stesso, per principio - perché non aveva senso, perché non voleva gli altri sapessero, perché non sapeva cosa stesse succedendo né voleva rendere di comune conoscenza il suo regalo alla Markley – ma in realtà c’era solo una (1) persona che aveva bisogno non sapesse, e quella persona non era Jay. «c'entra qualcosa Barbie?» battè le palpebre. Una risata a singhiozzo spaccò l’espressione solenne e incredibilmente seria di Gwen, il naso arricciato ed il labbro sollevato a mostrare l’arcata superiore dei denti. LA DOMANDA DELL’ANNO. Aprì bocca per dirgli che no, come avrebbe potuto essere Barbie il problema quando, chiaramente!, il Jagger era un’anima pura e perfetta scesa dal cielo per migliorare la sua vita? Ed era così bello da far scordare i suoi comportamenti (talvolta; non sempre, non esageriamo) un po’ del cazzo, nondimeno. Lì lì per pronunciare quella (sentenza di morte) Santa Verità, quando accadde.
    L’impensabile. Un incubo. Roba che minacciava alquanto l’ubriachezza di barbie!gwen, quasi al limitare di una terrorizzata sobrietà: «ieri sono andato al BDE, ok? e..barbie stava.. buon morgan, stava portando la bestia a cavalluccio.» Pausa.
    Sguardo fisso nel vuoto.
    Ed improvvisamente, Barbie non era più seduto al bancone del crownvairus: era in guerra.
    Sentiva i passi del nemico in avvicinamento.
    Riusciva a sentire l’odore di bruciato.
    La pelle d’oca.
    Il sorriso di un bambino. Barnaby Jagger, in venticinque anni di orrori, non aveva mai assistito ad un tale livello di...malvagità. Neanche il nano del 30+30 aveva trasudato meschina crudeltà quanto la creatura apparsa dal nulla, letteralmente dal nulla, nella sua vita, e di cui non riusciva a liberarsi: «sandwich» un sussurro che conteneva il raccapriccio e la paura del primo prete di paese alle prese con un esorcismo, o di un Bodiotto messo di fronte al sapone.
    Gwen, cosa stai facendo - anzi, lo sapeva: «mi sta rovinando la vita» la Markley o Sandwich
    ? Both is good. Si arrotolò su se stesso con il cupo ringhio burbero di un vecchio che racimolasse il suo odio per i bambini che giocavano nel suo prato, limitandosi però, anziché ad una strigliata con i contro cazzi, ad un mormorio basso e costante. «inizialmente pensavo che Sandwitch lo avesse aggredito alle spalle, sai, come al solito. e invece stavano giocando. ridevano, gwen.» Come una ola metafisica, il brivido scivolò dalle spalle di Jay a quelle di Barbie, proseguendo verso i vicini di sgabello in un terrore costante ed apparentemente ingiustificato. Inspirò.
    Espirò.
    «è peggio di quanto immaginassi.» svuotò il contenuto del bicchiere nella bocca spalancata, spaccandolo poi sul bancone («sìsì lo pago il bicchiere jeez stay chill») in una pioggia di vetro ed alcool scadente. Non percepì subito il dolore dei frammenti incastrati nel palmo, e solo marginalmente prese nota del fatto che non avere la guarigione avesse il suo prezzo (ad esempio, limitare la drama queen interiore di chiunque: insane.). «è molto peggio di quanto immaginassi» per Barbie, ma anche per l’ordine cosmico dell’universo. «è sempre colpa sua» stavolta parlava della Markley, ma che poteva saperne Jay che il tono seccato non fosse rivolto a Barbie. Nel dubbio, in realtà, valeva anche quella interpretazione. «non si rende conto del peso delle sue azioni, e delle conseguenze. m-mai» agitò un insanguinato indice accusatorio nell’aria, strizzando un sibilo fra i denti. «lo sapevo che avrei dovuto rapirla e rinchiuderla da qualche parte» silenzio. «rapirlo e rinchiuderlo*, damn it autocorrector» Deglutì, cercando con sincera sofferenza gli occhi caramello di Jay.
    Voleva fare quella domanda? No.
    Ma doveva, chiedere. Doveva, sapere. «ha ...» sospirò. «fatto altro di assurdo E dopo i problemi, la soluzione: «mi dai il numero di gemes?» dubitava che perfino Dio in persona avesse il potere di esorcizzare sandwich gwen, ma la speranza era l’ultima a morire.
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    jayson f. matthews // please today satan

    «sandwitch»
    l'alcol da discount bruciava come fuoco nella sua discesa verso lo stomaco, incendiando tutto quello che trovava sul suo cammino - eppure niente faceva tremare le vene nei polsi quanto quel nome sussurrato a bassa voce, con orrore.
    jay se ne intendeva di bestie malevole, ne aveva conosciute diverse e viveva con la stessa da quando il suo cervello bacato gli permetteva di ricordare, ma con Giuliano era diverso. bastava guardarlo in quei pozzi di tenebra che aveva per occhi per comprendere la sua malvagità; alla luce del sole, senza maschere. Giuliano era prevedibile, unghie sempre sguainate e pronte a lacerare aria e carne, il suo disprezzo per il genere umano si poteva toccare con mano - non nascondeva nulla. il che lo rendeva, per certi versi, meno pericoloso di un faccino pulito, di grandi occhi verdi sempre pronti a riempirsi di lacrime (acqua contaminata e sconsacrata, senza dubbio), di un sorriso timido con tanto di fossette.
    non lo potevi prevedere, Sandwitch Anidiot: un attimo prima sfilava il portafoglio dalla borsa di una vecchia, quello dopo si faceva fare i grattini dietro le orecchie da una santa e ingenua mads; poteva attentare alla vita di barbie una decina di volte al giorno, nei modi più disparati, e poi essere pronto a dare fuoco a chiunque insultasse il jagger. non aveva vie di mezzo, proprio come satana (?) «magari, sai, sono diventati-» inghiottì a vuoto, il telecineta, incapace di trattenere un brivido lungo la schiena - che idea terribile, quella. «amici.» meh. ciò che jayson non sapeva, ciò che nessuno di loro tranne forse phobos e nicole sapevano, era che nell testa di eddie lui e barbie erano amici fin dall'inizio: lo dimostrava così, a modo suo, con una scala di valori contorta e sballata.
    non potevi nemmeno dire 'prendere o lasciare', perché edward moonarie non permetteva a nessuno di scegliere la seconda opzione.
    «è molto peggio di quanto immaginassi. è sempre colpa sua» jay annuì, ma senza dire nulla. non ce la faceva, senza avere tutti i dettagli, a schierarsi apertamente contro barbie (ammesso gwen si stesse riferendo a lui, ma qualcosa gli suggeriva di sì). erano sopravvissuti insieme, forse persino uno grazie all'altro, e non doveva certo spiegare la profondità di un tale legame proprio a gwen - non dopo il pozzo, billie, l'unicorno e la seppia; non dopo il senso di smarrimento che aveva accomunato tutti, unendoli per sempre senza mai permettere davvero loro di colmare il vuoto. «sembra che tu abbia una lista già pronta.» forse non era un gran oratore, jayson, ma sapeva ascoltare; sapeva quando tacere, e quando invece serviva una piccola spinta. nel caso della ragazza seduta al suo fianco, bastarono quelle poche parole - ci aveva pensato l'alcol a fare il resto.
    «non si rende conto del peso delle sue azioni, e delle conseguenze. m-mai» una vocetta interiore, un sesto senso affinato col tempo, costrinse il telecineta a muoversi sullo sgabello cercando l'unica posizione comoda che non esisteva: stava diventando una questione personale, troppo intima perché jay potesse davvero trovarsi a proprio agio. arrivati a quel punto non aveva più consigli da dare; ogni parola sarebbe stata superficiale, scontata, poco veritiera. perché era lui quello che non pensava mai alle conseguenze.
    quello che si faceva rapire e abbandonava le persone amate.
    ancora e ancora e ancora come in un loop infinito che dark con le sue teorie può solo accompagnare.
    «forse ci sta.. provando? anzi ne sono sicuro.» le strinse leggermente il polso quando gli sventoló davanti il dito insanguinato, premendoci contro un tovagliolino spiegazzato. non era un fan del sangue, jayson matthews- ne aveva visto troppo. «ci prova con tutte le sue forze.» e anche qui, chi lo sa se parlava di barbie, o di se stesso. sempre both, nel dubbio. «ha... fatto altro di assurdo?» a costo di sottolineare l'ovvio, meglio essere chiari: jayson le dinamiche sentimentali non le capiva. gli erano oscure, vaghe come la nebbia al mattino dopo una notte di pioggia. faticava a cogliere i segnali, leggere tra le righe, intuire i non detti. una vera fortuna per lui essersi innamorato di una persona intelligente e sensibile come lydia - una vera fortuna avere qualcuno accanto che l'avesse aiutato a comprendere. perché da solo ad elaborare i propri sentimenti, il dolore e i desideri non ce l'avrebbe mai fatta. troppo spaventato, troppo naive, troppo convinto di non meritare niente più di quello con cui si era risvegliato: se stesso.
    però negli anni qualcosa aveva imparato. stare fianco a fianco con uno psycho!shipper incallito un po' gli occhi glieli aveva aperti. e i vibes che emanava gwen quella sera parlando di barbie non erano facili da ignorare, anche volendo (e jay voleva. nessuno anelava a farsi i cazzi propri più del telecineta); ma poi, gli amici votavano semplicemente la testa dall'altra parte facendo finta di niente? «no, non direi. sai cosa..» le lasciò andare la mano, poggiandosi con entrambi i gomiti sul bancone spingendo giù le schegge di vetro «sembra quasi più sereno.»
    anche se la parola che cercava era diversa, solo non la conosceva. leggero, suonava quasi giusto, ma non abbastanza. «mentre per te parrebbe il contrario.»
    barbie a giocare con baby satana e gwen ad ubriacarsi persa in un bar fatiscente? bello questo au - sicuramente meglio dell'altro innominabile. a loro tre non era andata poi così bene.
    «adesso ti va di dirmi perché sei venuta qui da sola a bere-» portò il bicchiere sotto il naso con una smorfia facilmente decifrabile: persino Spaco serviva roba migliore. «qualunque cosa sia questa, invece di organizzare uno dei tuoi soliti pigiama party?» ai quali, inutile dirlo, anche jayson aveva più volte partecipato (con la somma gioia che potrete tranquillamente immaginare). rimise a posto il bicchiere senza trovare abbastanza coraggio da scolarsi il secondo shottino, iridi caramello ora più concentrate sul volto di gwen che sugli altri clienti.
    sembrava avessero capito da soli, alla buon'ora, di dover mantenere la distanza sociale prevista dalla legge (?).
    «mi dai il numero di gemes?» ma che, ci voleva provare con suo fratello? incredibile a dirsi - almeno per jay -, gemes esercitava un certo discutibile fascino sul gentil sesso (qualche apprezzamento gli era giunto alle orecchie anche dal Jackson, ma euge non faceva testo: gli piaceva un po' chiunque.), per cui tutto era possibile. fronte corrugata ed espressione interdetta (troppo innaturale come ipotesi, dai), jay si sporse leggermente verso gwen, con un segreto a fior di labbra da condividere. «stranamente, è fidanzato. se stai pensando ad un esorcismo, beh, non è capace. li porta dentro i demoni, mica li tira fuori giusto per essere chiari.

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    C’erano sorti peggiori della morte, e Barnaby Jagger lo sapeva più di molti altri. C’erano vite trascinate a stento sotto il peso di ricordi, schiacciate da altre vite, che rendevano ogni giorno un’ironica presa per il culo, ogni sorgere del sole un ma che cazzo schioccato sul palato con la lingua. C’era la sua vita, fatta da esistenze perse degli altri – i suoi commilitoni, la sua famiglia, un’intera dannata epoca - e tanto bastava al guaritore per sapere che la possibilità di affrontare qualcosa peggiore dell’inferno fosse reale.
    Però doveva esserci un limite. Doveva, altrimenti qual era il punto d’aver sopportato tutte le puttanate dei Bodiotti ed i loro barbie-cue in cui bruciavano tutte le case in cui cercava dimora. Mai quanto in quel momento il Jagger desiderò ci fosse una paratia a dividere il tollerabile da quello che tollerabile non poteva esserlo: «magari, sai, sono diventati- amici.» Battè lentamente le palpebre osservando un punto indistinto oltre le spalle di Jayson Matthews, nelle iridi le risate di un Barbie che sembrava lui ma non era lui, ed un bambino con denti aguzzi ed il sorriso del demonio. «dovevamo lasciarlo a bodie» sussurrò, annuendo fra sé, domandandosi se fosse possibile causare un’altra apocalisse per tornare al 1920, quasi cent’anni prima che quella pustola di Sandwitch potesse nascere. «forse ci sta.. provando? anzi ne sono sicuro. ci prova con tutte le sue forze.» Occhi scuri offuscati dall’alcool, barbie-gwen guardò Jay premere il fazzoletto sul dito insanguinato, ed ebbe un istante per rendersi conto che quello fosse uno di Quei Momenti. «» i’m a hopeless bromantic, high five me in the rain, fistbump me gently as the sun sets Cioè, stava prendendo le sue parti? Di BARBIE? BrO. In venticinque anni di vita, solamente Mads e Floyd avevano mai preso le parti di Barnaby Jagger. Il fatto che non avesse ragione – Barbie non ci provava affatto, troppo stancante, e sicuramente ancor meno ci provava gwen-barbie - non contaminava quell’aulico momento di amore familiare. «bring it on» e picchiettando le mani sul petto, allargò le braccia per poi stringerle sulle spalle del telecineta in un sentito, e decisamente sbronzo, abbraccio.
    Sembra quasi più sereno, mentre per te parrebbe il contrario.
    Barbie sgranò gli occhi e guardò davanti a sé, ruotando poi solo lo sguardo al proprio fianco come il meme della scimmietta di peluche. «s-s-s-shockbasita» chi l’avrebbe mai detto. Cioè assurdo. «chissà p-p-perchè» play it cool, play it cool; anche se c’era da ammettere che gli seccasse un po’ essere lo spaccagioie fra i due. Era davvero troppo vecchio per quelle puttanate. «adesso ti va di dirmi perché sei venuta qui da sola a bere...qualunque cosa sia questa, invece di organizzare uno dei tuoi soliti pigiama party?» In realtà no, perché (la preoccupazione negli occhi caramello di Jay era tutta per Gwen, potrei dire, ma anche no: era troppo barbie per essere geloso delle fratellanze altrui), ed in realtà , perché era un’occasione perfetta per alleggerire il fardello sulle spalle, e insinuare il dubbio nelle menti di chi la amava, che la Markley avesse qualche rotella fuori posto (più di quanto già sapessero) e fosse il caso di controllarla. «il solito, sai come funziona» fece traballanti spallucce alzando le dita per contare. «ventunesimo secolo, ptsd, famiglie che escono dalle fottute pareti» chiuse i tre punti attorno ad un altro bicchiere, svuotandolo per il puro gusto di poterlo fare. Non vedeva già l’ora di svegliarsi con la dolce emicrania del post sbronza. «stranamente, è fidanzato. se stai pensando ad un esorcismo, beh, non è capace. li porta dentro i demoni, mica li tira fuori.» Si avvicinò al Matthews invadendo il suo spazio personale, la voce bassa in tono di cameratismo a rivelare uno dei grandi segreti dell’universo: «qualunque altro demone è migliore rispetto a quello che ha già d-d-d-d-dentro» si raddrizzò e picchiettò le dita sul bancone. «v-vale la pena fare un t-t-tentativo.» e ci credeva davvero. Alzò il pugno per invitare l’altro a picchiarvi le nocche. «grazie di essere venuto sei quasi bellissimo zio jay» il bello di avere (parenti ovunque.) zii in comune: insospettabile.
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    jayson f. matthews // please today satan

    «dovevamo lasciarlo a bodie» quasi sovrappensiero, le iridi caramello a sfiorare il dito sanguinante di Gwen avvolto nel fazzoletto, jayson annuí; certo che avrebbero dovuto lasciarlo a Bodie, CA: in quel buco dimenticato da dio lo avrebbero bruciato vivo con l'accusa di stregoneria, anche se esisteva la concreta possibilità che a baby Eddie quella fine da drama queen andasse- «aspetta. Eddie non è mai stato a bodie» guess what, non aveva minimamente pensato a Barbie, ormai parte integrante di quel mondo presente nel quale il Jagger si trovava invischiato.
    esattamente come tutti loro.
    «barbie ti mancherebbe, gwen» sottointeso: Eddie no; sottointeso2: mancherebbe anche a me, ma preferisco parlare per gli altri. si strinse nelle spalle, il Matthews, trattenendo a stento un accenno di sorriso affilato all'angolo della bocca, un ricordo breve ma intenso che gli titillava (i buchi) la mente - era sopravvissuto insieme e grazie a Barnaby Jagger, qualunque incomprensione ci fosse tre loro non poteva cambiare quel semplice dato di fatto. non si sorprese dell'abbraccio, che ricambiò con meno (alcol nel sangue) entusiasmo battendo delicatamente la mano aperta sulla schiena di Gwen, dando poi un'ultima occhiata al dito: sembrava non sanguinare più, ma lo strato di sudiciume sul bancone suggeriva di tenerci comunque stretto attorno il tovagliolo.
    «il solito, sai come funziona. ventunesimo secolo, ptsd, famiglie che escono dalle fottute pareti» quindi insomma, frequentare Barbie le aveva non solo attaccato la balbuzie (Sus), ma a questo punto anche la sbronza passivo-aggressiva, il tipo che jayson conosceva bene: ti abbatteva come un colpo ben assestato dietro la testa, partiva la lamentela continua su ogni minima cosa fuori posto della tua vita e inevitabilmente si finiva per annegare nei sensi di colpa - che poi erano quelli, non l'alcol da bettola di periferia, a sputtanarti la testa per le 24ore successive. «so, lo so come funziona. ho due bambini che non sapevo di avere» un dato di fatto che (rob non è certa di aver inserito con le giuste tempistiche ma ormai è fatta) il telecineta mise sul tavolo a carte scoperte quasi fosse la normalità, cosa di tutti i giorni, quando di normale non c'era proprio un cazzo di niente; non per cash e tupp, ma perché tutti loro pagavano gli errori di qualcun altro - compresi i suoi. stupido, stupido Frederick, che gran coglione sei stato.
    «non possiamo farci un cazzo, giusto?» in generale, non tanto per i figli #wat. quei due bambini lo facevano sentire al contempo vivo e terrorizzato [adesivo di betta. jpg], inerme di fronte ad una situazione che sapeva di non avere gli strumenti per affrontare; ma almeno aveva Lydia.
    aveva sempre avuto Lydia.
    fece cenno al barista di riempire nuovamente due bicchierini con qualunque cosa stessero bevendo, poi fece tintinnare il suo contro quello della ragazza per brindare all'inevitabilità della loro esistenza, al l'assoluta mancanza di controllo sulla loro vita e alle insensate coincidenze del destino; l'alcol faceva schifo e bruciava nelle vene, esattamente come tutto il resto. «grazie di essere venuto sei quasi bellissimo zio jay» accolse la richiesta di Gwen senza battere ciglio, colpendo con il pugno chiuso quello che la ragazza aveva sollevato nella sua direzione, alzandosi poi dal bancone. non sorrideva più, jayson, ma solo per stanchezza: era così poco abituato a farlo che dopo un accenno aveva già i crampi alla faccia. «togli il quasi, Mackley.. sono uno splendore» ma così deadpan che quasi quasi non sembra nemmeno una battuta «andiamo, ti riaccompagno a casa prima che Lydia denunci la mia scomparsa» eh oh era già fuori casa da quasi due ore!

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