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Un paio di istantanee erano tutto quello che avevo: un ragazzino, mio coetaneo probabilmente, moro e smilzo ridacchiava mettendo una mano di fronte all'obiettivo, questo era quello che avevo trovato cercando di nascosto nello studio di Agnes, nessuna traccia , nessun altro indizio sulla scomparsa di mio padre. Ero certa che fosse stata mia madre a toglierlo di mezzo? No ma a me le certezze non erano mai servite, mi nutrivo di sensazioni, di un sesto senso che pareva poter urlare nella mia testa come una gigantesca sirena. Non ci avevo pensato troppo appena la notizia mi era stata data, quattro anni fa, insomma chi avrebbe avuto la lucidità per farlo perdendo uno dei propri genitori ma con il tempo, ripercorrendo tutte le poche informazioni che Agnes mi aveva dato e ricordando ogni momento del funerale, da lì, dal mancato struggimento della donna e dal suo cipiglio severo anche in quell'occasione, da lì, avevo cominciato a chiedermi chi fosse davvero mia madre.
Due istantanee, solo quelle , come unico appiglio alla verità che ricercavo così disperatamente, non mi ero chiesta affatto cosa sarebbe successo nel caso avessi scoperto di aver ragione, tantomeno mi ero domandata cosa sarebbe accaduto in caso contrario, tutto ciò che sapevo era che dovevo dare una spiegazione a quella scomparsa improvvisa, solo quella mi avrebbe dato pace, un pò di sollievo era l'unica cosa a cui anelavo.
Avevo deciso il tutto sbrigativamente, come ero solita fare, figurarsi se io, la Williams, riuscissi mai a riflettere di più su qualcosa, era come se il mio intero essere rigettasse l'idea di non fare esattamente ciò che gli passava nella testa immediatamente, in fondo cosa poteva andare storto? Praticamente tutto ma avrei pensato alle conseguenze quando quelle si sarebbero presentate, le avrei arginate, in qualche modo, come o quando non rappresentavano affatto un deterrente per la mia missione.
Andare al Ministero di un paese straniero, parlando inglese come un russo parlerebbe arabo e chiedere informazioni su due foto di uno sconosciuto , trall'altro uno sconosciuto che avrebbe avuto ora all'incirca quarant'anni e pretendere di vedere documenti , probabilmente sigillati, sulla propria madre . Chi mi avrebbe detto di no? Nessuno, chiaro, sicuramente avrei ottenuto ciò che volevo.
"Con ogni mezzo" quel monito soffiato tra i denti di Agnes in una delle piccole lezioni di vita che mi impartiva da bambina , risuonò come la risacca delle onde nella mia testa, me lo diceva sempre lei, potevo ricordare nitidamente i pomeriggi passati seduta di fronte a libri più alti di me in preparazione a Durmstrang, potevo ricordare le lacrime solcare il mio visetto piccolo e rotondo e i miei occhi rispecchiarsi in quelli di mia madre, speculari, mentre la mia vocetta tremolante e incerta supplicava di poter uscire, di poter andare nel bosco insieme a papà
" Nerissa leggi e ricordati se vuoi ottenere qualcosa , se lo vuoi devi usare qualunque mezzo"
E quella , forse, era l'unica lezione di vita di Agnes che mi ero ritrovata , involontariamente, ad applicare seppur con le dovute precauzioni, cercando sempre, disperamente, di allontanarmi da quella donna a cui somigliavo così tanto all'apparenza ma a cui mi rifiutavo di credere di assomigliare nel profondo.
Uno, due, tre, cinque, dieci scalini verso l'ufficio che credevo potesse essere quelli di competenza , i piedi a solcare a grandi passi l'atrio sperando solo di trovare qualcosa che mi dicesse che non ero pazza. Mi fermai di botto rendendomi conto di non avere idea di dove andare, circondata da persone a cui non avrei chiesto aiuto neppure se fossi stata in punto di morte
<< Faccette amichevoli come al Nord vedo >> sussurrai seccata, schioccando la lingua contro al palato in un moto di puro fastidio, continuando a starmene immobile in mezzo all'atrio, consapevole che avrei dovuto decidere alla svelta se non volevo che qualcuno di poco simpatico e gentile venisse a sbattermi fuori a cruciatus nel sedere e poi eccolo, un ragazzo, giovane, forse qualche anno più grande di me, uno di quelli a cui era difficile dare un'età ma che , di certo, vista la compostezza, lavorava lì o quanto meno ne sapeva più di me, speravo
<< Tu hai la faccia di uno che sa un sacco di cose >> esordii parandomi esattamente di fronte a lui, le braccia incrociate al petto e l'aria di una che è di fretta
<< Ho bisogno che tu mi dica dove trovare dei documenti su una persona e ....>> lo zitti prima che dicesse ciò che già sapevo
<< Non voglio sapere se sono segreti o no, voglio sapere come averli in fretta riccetto >> conclusi rapidamente per poi sorridergli
<< Buongiorno >> l'educazione prima di tutto.. -
.sheetpensieveaestheticheadphones
brown hair blue eyes 1.91 "But you always knew that you'd be the one that work while they all play.
- warriors, imagine dragonsLa sua era una vita monotona.
Non che avesse mai avuto particolari aspettative sul suo futuro ma, diciamocelo: Godric era pur sempre un essere umano. Poteva spesso e volentieri non sembrarlo, con quel suo fare tanto apatico da farlo apparire più morto che vivo, ma in fondo dei desideri li aveva persino lui. Si annidavano nel suo più profondo essere, tanto da risultare ignoti persino a sé stesso, con l'unico risultato di trasmettergli soltanto la sensazione di non star conducendo precisamente l'esistenza a cui avrebbe quanto meno auspicato.
I Golden rendevano la sua dimora caotica e, per quanto volesse loro bene, oggettivamente era uno con un estremo bisogno dei propri spazi. Con Dante era un continuo conflitto, Ryan gli appariva ormai sempre più distante, e Fake e Ryu... Beh, erano Fake e Ryu. Il lavoro, nondimeno, era più di quanto potesse sperare, ma ciò non rendeva più semplice stabilire un rapporto di fiducia col resto dei suoi colleghi. E c'era il senso di colpa, quello che non l'aveva lasciato mai e che gli avvelenava il cervello pezzo dopo pezzo da quando Jack non c'era più. Andava così, giorno dopo giorno, e la stabilità a cui aveva sempre aspirato iniziava a sembrargli sempre più una copia allargata del suo perenne stato d'animo, priva di ogni sfumatura che avrebbe potuto renderla se non interessante, degna d'essere vissuta.
Sembrava che non gli importasse, e persino lui si era convinto che fosse così - ma, alla fine, gli importava più di quanto non avrebbe mai ammesso.
E si aggirava per i corridoi del Ministero persino più silenzioso del suo solito, più cupo, ignorando qualunque ordine non arrivasse direttamente dal Capo del Consiglio e, talvolta, sorvolando persino su questi ultimi. Non che non fosse professionale, al contrario: sapeva discernere i compiti utili da quelli superflui, e non si sprecava certo per svolgere mansioni che, alla fine, non avrebbero portato giovamento ad alcuno.
Ormai abituati a ricevere per lo più dei secchi no, che l'Osborne dispensava senza troppi giri di parole, difficilmente i suoi pari tendevano a rivolgerglisi per una qualsiasi faccenda, accentuando ancor di più quel suo cinico isolamento. Per quel che gli riguardava: poco male. Gli andava talmente bene, in verità, da aver smesso di accorgersene, e da trovare estremamente inusuale invece quando qualcuno s'azzardava a rivolgergli la parola.
Per questa ragione, a quel «Tu hai la faccia di uno che sa un sacco di cose» era rimasto interdetto, posando lo sguardo sulla ragazzina dinanzi a sé con cipiglio dubbioso. La squadrò da capo a piedi, cercando di andar oltre la sua pessima memoria coi volti per cercare di riconoscere in lei un che di familiare, qualora ci fosse stato; ovviamente, non gli sovvenne alcun ricordo rilevante.
Non disse niente, in attesa che l'altra aggiungesse qualcosa che potesse giustificare quell'interruzione, essendo ormai palese che l'altra non avesse idea di chi Godric fosse o di quanto sfortunata fosse stata a beccare, tra tutti, proprio lui.
«Ho bisogno che tu mi dica dove trovare dei documenti su una persona e ....» fece per aprir bocca il Corvonero, cercando di fermare la ragazza dal continuare a sputar fuori questioni che, per quanto ne sapeva, non lo riguardavano affatto, ma l'altra fu più svelta nel proseguire «Non voglio sapere se sono segreti o no, voglio sapere come averli in fretta riccetto».
Riccetto.
Riccetto.
Rimase immobile per qualche istante, chiedendosi se il suo cervello non avesse subito una qualche interferenza, se il mondo non gli stesse cospirando contro, se non fosse uno stupidissimo scherzo di Ryu, ed infine decise che, no, era semplicemente un suo problema quella di attirare soggetti del genere, non c'era altra spiegazione.
Inutile dire che, in prima istanza, avesse ponderato l'idea dell'omicidio-suicidio come estrema soluzione, salvo poi ripiegare su un semplice ripetere quel «Riccetto», forse nel tentativo di dargli un senso vagamente logico, invano.
Osservò la minore ancora un attimo, prima di prendere un profondo respiro e metter su un'espressione, se non cordiale, almeno vagamente più vigile del consueto. «Temo di non aver capito il suo nome» cominciò, nel tono più piatto di cui era capace. «In ogni caso, sono abbastanza sicuro che nessuno dei documenti che sta cercando possa trovarsi nei pressi dell'ufficio del Capo del Consiglio» e le indicò la porta a pochi passi da entrambi «se ha altro da chiedermi...» ci pensò per un attimo, indeciso se continuare o meno, prima di concludere con un dignitosissimo «...preferirei di no, grazie» facile e veloce.
«Sono comunque costretto a chiederle un documento, protocollo di sicurezza» sia mai che si fosse trattato di una terrorista: un sogno «sembra che la gente tenga davvero alla propria incolumità da queste parti, assurdo ma vero».pavor ! deatheater2000'sravenclawprelevi? // i panic at a lot of places besides the disco. -
.Hazel odiava il Ministero. No davvero, odiava stare al Ministero. Che posto… tremendamente noioso e grigio e stoico e antipatico.
L’aveva già detto che odiava il Ministero?
Purtroppo stava aspettando che Gideon finisse di fare qualcosa in chissà quale ufficio – cosa? Qualcosa, non le interessava per niente e anche se glielo aveva chiesto per curiosità se n’era dimenticata il secondo dopo –, perciò ecco, era destinata a morire di noia per ore in quel postaccio e fare avanti e indietro come un’anima in pena, ignorando le occhiatacce irritate che le mandava chi passava di lì e giudicava la sua espressione scocciata e l’abbigliamento casual. Ogni volta, Haz rispondeva con un sorriso impertinente perché, uoOoOoOH, quanti uomini d’affari vestiti di griggggio che la guardavano male, CHE PAURA. Chissà come facevano a lavorare lì; sì che infatti le facce non erano delle più felici.
«Che maracas mi stanno venendo.» #onesta. Borbottò tra sé e sé, ciondolò qualche minuto alla ricerca di cose interessanti e- okay, okay, Gid le aveva raccomandato con la paura negli occhi di non fare guai – non capiva dove volesse andare a parare, Hazzie non faceva mai niente di male!!1! – e soprattutto di non farsi notare. Era stato persino sul punto di portarla con sé per non lasciarla incustodita! Che disgraziato di un fratello.
In realtà, Hazel sapeva bene che il fratello glielo diceva anche per via del loro padre, che lavorava proprio al Ministero: nessuno era a conoscenza del fatto che il Rosier avesse dei figli, e non a caso Haz e Gid come cognome portavano quello di mamma, quindi…
Quando credeva che sarebbe morta proprio su quella precisa mattonella su cui stavano i loro piedi, trafitta da mille spade fatte di noia e monotonia, ecco che le sue orecchie da miglior pettegola tra le comare del villaggio captò una discussione non propriamente amichevole tra due tipelli poco più in là. Hazel inarcò le sopracciglia, improvvisamente fin troppo interessata, e siccome la privacy era solo un mero costrutto sociale umano (= amava ficcare il naso nei fatti altrui) si avvicinò un po’ di più con aria indifferente, il nasino storto mentre come durante una partita da tennis spostava lo sguardo dal tizio coi ricci a quella dai capelli biondi. Uhhhhh DRAMAAAAH, e già che c’era il drama perché non portare al termine il compito del drama club??? Il prof sarebbe stato fierissimo di lei!
Si rivolse per prima alla biondina, ben consapevole di non c’entrare niente in quel discorso, e per questo era divertente. «Meo deo, ma prendi a morsi i limoni a colazione? Non c’è bisogno di essere così acide!» E dovete sapere che Hazel non lo diceva con cattiveria: ci credeva davvero, a quello che diceva. Le mani congiunte dietro la schiena come un vecchietto che assisteva a una pessima manutenzione di un cantiere. Rifletté sulla parola “ricetto”. «Una volta avevo un riccio, un trovatello che ho portato a casa. Poi l’ho perso.» #ahochei A caso? A caso. «E mio fratello l’ha ritrovato nel letto. Che ridere.»cit BettaPerò nulla, Gid l’aveva lasciato libero in giardino prima che Haz potesse ritrovarlo, perché secondo lui non era in grado di badare a se stessa, figuriamoci a qualcun altro. (Spoiler= aveva ragione)
Si schiarì la voce. «Ma arriviamo alle cose importanti.»
Puntò Godric con un dito, il viso adesso serio e scioccato. «Tu, TUUUUUU hai rubato i miei sandali!!!! Credi che io non ti abbia visto prima, eh, mani lunghe??? Li rivoglio, quindi vedi di ridarmeli subito.» Si volse verso la bionda. «L’hai visto anche tu??» Scosse con vigore la testa, accigliata, fissandolo con biasimo dal basso verso l’altro. «Sei uno di quelli che ruba oggetti random a persone random e poi li rivende sui wizsocial??? Uno spacciatore che nasconde la droga nelle suole delle scarpe? Con che CORAGGIO una persona così disonesta lavora al Ministero?? Un feticista? Non sarai mica un fan di Gigi o’ Alex, sono i peggiori.» Wat????? Tese una mano verso l’alto in direzione del ragazzo, categorica. «Ridammi i miei sandali, maniako. E pure i miei soldi.» EH, già che c'era.gryffondor - 03's - tornadomai rimandare a domani quello che puoi rubare oggi #wathazel mcphersonSPOILER (clicca per visualizzare)INTRUSIONE RANDOM il prompt del drama club colpisce ancora.