it's waxing time, bitches!

Libera

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    Quando Chelsey diceva che avrebbe preferito avere un pene, di certo non. si. aspettava. quello. Cioè, lo voleva lei, capite? Attaccato al suo corpo??? Non una cosa portatile dalla dubbia utilità! Perché lei, da intellettuale qual era, aveva provato a farlo giocare a Quidditch, ma, non essendo un membro prensile, era stato difficile per Pen restare in equilibrio sulla scopa. Senza contare la convergenza a destra, altra grande fregatura. Non riusciva neanche a stringere i glutei stretti stretti e a puntare tutto verso l’infinito e oltre alto e a restare dritto. Pensava che il brivido del volo potesse eccitarlo, che il pensiero di poter sollevare i piedi che non aveva da terra gli desse quel brivido necessario per affrontare la vita ma… niente. Non solo l’aveva delusa profondamente ripudiando il Quidditch, ma oltre a fare l’aeroplanino non sembrava avesse chissà quale scopo nella vita. Lo metteva in doccia e non si lavava da solo, stava sul comodino e ogni tanto decideva di schizzare liquidi quando passava la vagina della Sinclair -quale delle due ancora non lo abbiamo ben capito- e si rifiutava di mostrarsi in tutta la sua lunghezza durante i combattimenti con la spada laser. Ovviamente la spada doveva essere lui.
    Niente. Ci aveva provato in tutti i modi la Weasley a farselo amico, ma lui si ostinava a non rispondere agli stimoli e dopo l’entusiasmo inziale nel provare a modificare il suo corpo e a renderlo quanto più simile a quello del manichino, esercitando così il suo potere, era andato tutto un po’ scemando. Che fosse un tipo suscettibile? Mh. Forse se l’era un po’ presa per quella battuta sul fatto che Kain avesse un pene più carino del suo? Dai, ma era oggettivamente più bello da guardare quello del Tassorosso! Con quella peluria biondina e rada, quasi avesse due boccini da accarezzare! Se l’era davvero presa per così poco? Che pene suscettibile.
    La vera domanda, tuttavia, non era perché avesse con sé la replica degli organi sessuali maschili – lungi da lei scegliere una vagina per quel compito, metti che avesse iniziato a sanguinare ovunque perché col ciclo??? ma cosa ci facesse quel venerdì pomeriggio una Chelsey Weasley nel bagno dei maschi (HO UN PENE ANCHE IO, COSA VUOI FARE, CACCIARMI???), con un abbassalingua stretto tra i denti e un fornelletto acceso accanto. La risposta, se solo si fosse stati temerari abbastanza da entrare nell’antibagno, sarebbe stata chiara a tutti. Passò un sottile strato di cera calda sulla peluria di Pen, cercando di ricordare come lo facevano le altre ragazze quando dovevano rimuovere i peli dalle gambe, e si assicurò che la striscia di panno che ci aveva messo sopra fosse ben appiccicata. “Farà un po’ male, credo… io non ho di questi problemi, però poi dopo sarai liscio come il culetto – ihihih- di un bambino! E, sicuramente, anche più guardabile carino!”
    Prese un bel sospiro e… ZAAAAC! Strappò contropelo, portando via quasi tutta la peluria in zona testicoli.
    “Su su, guarda qui quanti! E poi ti avrei dato una pozione per farli cadere ma… DOVE??? Dubito tu voglia una peretta. Sì, infatti, è peggio!”
    Rabbrividì al pensiero di dovergli inserire uno stantuffo su per il culo per spruzzarci dentro la soluzione di cui stavano parlando. Perché in fondo Chelsey era un po’ così: lei e il sesso erano due rette parallele che non si sarebbero incontrate, non al momento almeno. Esisteva solo il Quidditch e tutto ciò che ruotava attorno a quella sfera, niente di più e niente meno. Non c’erano altre cose che la interessavano veramente, che stimolavano il suo intelletto. Quello, tutto quello era l’ennesimo gioco di una ragazzina che a 17 anni non aveva ancora dato il suo primo bacio, di una ragazzina che non si faceva problemi ad avere un pene tra le mani perché era solo un’altra parte del corpo e niente più.
    Perché Chelsey era Chelsey e, semplicemente, Pen andava depilato.

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    CHELSEY WEASLEY
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    «Farà un po’ male, credo… io non ho di questi problemi, però poi dopo sarai liscio come il culetto – ihihih- di un bambino! E, sicuramente, anche più carino!» mehan aveva scelto il posto sbagliato al momento sbagliato, ma per quanto ne fosse dolorosamente consapevole, non poteva più tirarsi indietro.
    né lui né quel porcello di sandy, il quale ormai da quindici minuti buoni gli stava - letteralmente - incollato alla patata supplicando il grifondoro di fargliela vedé fargliela toccá, per dire. cosa che senza un dovuto riepilogo delle puntate precedenti suonava sicuramente nonsense, ma erano in pochi ormai tra i corridoi di hogwarts a non conoscere la situazione surreale scatenata dal professor barrow: da settembre gli studenti del quinto, sesto e settimo anno si aggiravano nel castello con perfette riproduzioni di genitali maschili e femminili sotto braccio, una sorta di Basket Case ma in versione porno soft. mehan aveva anche pensato di prendere a Jan - la sua vagina - un cestino di vimini nel quale trasportarla, ma alla fine si era deciso per un più comodo zainetto di hello kitty preso in prestito da nicky (perché nicky dovrebbe possedere tale meraviglioso oggetto? non lo sappiamo).
    «PERCHÉ NON VUOI DARMELA, MEH? CHIEDO SOLO UNA PENETRAZIONE VELOCE, NIENT'ALTRO!» e su quella nota stonata grifondoro e tassorosso avevano fatto il loro primo passo nel bagno dei ragazzi, meh camminando all'indietro per non perdere occasione di guardare sandy dritto negli occhi puntandogli l'indice contro il petto «DE13, I SWEAR TO FUCKING G-» poi la voce di chelsey aveva spezzato l'incantesimo. seguita dal rumore più terribile e agghiacciante che il diciassettenne avesse mai sentito in vita sua, peggio ancora del gessetto stridente sulla lavagna, infinite volte più disturbante della forchetta sul fondo del piatto. uno strappo, lacerazione, cera calda che si portava via peli e dignità, nonché una parte stessa dell'anima dei maschi presenti: non ebbe bisogno di guardare sandy per sapere che sul volto avevano dipinta la stessa identica espressione.
    perché non aveva importanza se i busti finti non potevano provare dolore, loro lo avevamo sentito comunque.
    «asjfkskdks» cit. testuale. tentò disperatamente di non posare le iridi nocciola sui testicoli del manichino che chelsey stava torturando, ma ormai era troppo tardi - aveva visto tutto, un'immagine impossibile da cancellare. istintivamente il grifondoro portò la mano destra a coprire i propri, i testicoli, proteggendoli da una sofferenza che mai avrebbe permesso a chicchessia di perpetrare ai loro danni, un filo d'aria risucchiato con estremo dolore e sconcerto tra i denti. c'era anche una vena di paura nella reazione del tryhard, come spesso accadeva quando si trovava in presenza della weasley da un paio di settimane a quella parte; vederla strappare peli pubici con quell'aria allegra dipinta sul viso lo portava suo malgrado a pensare che quella era con tutta probabilità la punizione a cui aspirava il loro capitano per l'esito della partita, e per ovvie ragioni a farne le spese sarebbero stati solo lui e aidan. cioè, in quella frazione di secondo si era proprio immaginato la scena, capite? terribile.
    «chelse e e e e e y! qual buon vento?!?!?» troppo chill? considerate le finger guns, sì, ma almeno aveva sandy dietro al quale nascondersi, anche solo con la scusa di sgusciare via e avvicinarsi ad uno dei lavandini. aveva un lavoro importante da svolgere, Mehan Tryhard, e non poteva certo lasciarsi distrarre dall'alta probabilità che chelsey volesse ancora ficcargli la testa nel cesso e magari anche fargli una ceretta al sedere. «eddai meh, allora?! sta vagina?» how did my life come to this. stava forse proponendo un threesome con il pene di chelsey, quell'infame del freak? ma pensa te. MA PENSA DAVVERO UN PO' TE. «sandy... ti sembro forse barry? guardami nelle palle..» ceretta. «degli occhi e dimmi se ti sembro Barry. la mia povera patata non si tocca.» era troppo giovane, e poi magari le piacevano altre patate. per non parlare del fatto che negli ultimi due o tre giorni non sembrava stare tanto bene, e mehan ci aveva messo altrettanto tempo a capire che quelle secrezioni lattiginose improvvise erano causate da una malattia batterica fin troppo comune.
    Dakota lo aveva guardato fisso per cinque minuti, quando il grifondoro si era recato in infermeria chiedendo un parere medico, ma meh aveva sostenuto quell'held gaze con grande forza di volontà ottenendo infine quello che gli serviva: una polvere da sciogliere in acqua per lavaggi intimi e un unguento antibatterico lenitivo. si era dovuto far scrivere le istruzioni d'uso su una pergamena, tanto per andare sul sicuro, ma almeno poteva dirsi pronto. «magari quando guarisce possiamo metterci d'accordo per un tete-a-tete.» e vabbe si sapeva che il tryhard era volubile.
    tolse Jan dallo zaino lasciando cadere quest'ultimo sul pavimento, abbracciando il busto femminile quando sandy gli si fece troppo vicino - doveva proprio puntargli Mr. Pene in faccia? «buono lì, buono lì! a cuccia!» Jeez, era come portare la propria cagnolina in calore al parchetto, un incubo. Poi la adagió delicatamente nel lavandino, preparandosi all'operazione delicata con tanto di guanti usa e getta: i primi tempi in cui si era dovuto prendere cura di Jan, mehan aveva vibrato a frequenze cosi alte da spaccare i vetri circostanti, muovendosi come in una bolla di sapone tra imbarazzo, curiosità, ignoranza e puro terrore. Non sapeva bene dove mettere le mani, letteralmente, o meglio come metterle; che un conto era sapere certe cose sulla carta, essere consci delle diversità tra il proprio apparato riproduttivo e quello dell'altro sesso, un altro era poi mettere in pratica quanto imparato. E non è che di pratica sotto quel punto di vista meh ne avesse fatta molta, eh.
    Pomiciare duro era un conto, con le palpatine andava sul sicuro, ma quella base ancora non l'aveva mai nemmeno sfiorata.
    un problema risolto, grazie a Jan.
    «ok adesso ti faccio i lavaggi, tu rilassati.» eh certo perché un busto finto poteva anche agitarsi. «mi sa che ho esagerato con le doccette.. William aveva detto che lasciare intatta la flora batterica era importante, di non esagerare con il sapone e usare sempre quello a ph neutro. mi sembrava di essere stato attento ma si è presa comunque la candida.» si sentì in dovere di fare lo spiegone a sandy e chelsey, forse nella speranza che loro lo tranquillizzassero e rassicurassero sulle sue doti di vagicare. damn era stato attentissimo, aveva sempre usato i guanti e impedito a qualunque pene di deflorarla impunemente, cosa gli era sfuggito? «forse è successo quando l'ho portata nello spogliatoio della sala di danza. si sa che in quei posti con l'umidità delle docce si annida di tutto.» e annuì, più a se stesso che rivolto agli altri due, sciogliendo la polvere nell'acqua raccolta all'interno del lavandino e utilizzando la stessa per sciacquare delicatamente le zone intime di Jan, da davanti a dietro come aveva (detto betta) studiato.
    «de13 davvero, sposti quel coso? mi sta mettendo ansia, non capisco se vuole farsi jan o me.» almeno saperlo, non chiediamo tanto. fece scorrere l'acqua via dal lavandino avvolgendo il busto in un asciugamano pulito, attento a tamponare anziché sfregare, finché la pelle non fu completamente asciutta - poi sarebbe passato alla crema, un poco sulla punta delle dita e spalmata delicatamente nella parte poco più interna della sua povera vagy. di una cosa almeno si poteva stare sicuri: meh sapeva usare le mani meglio di come paraava le pluffe, ed è già un enorme passo avanti.

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    Edited by smart|mouth - 15/12/2019, 13:08
     
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    Kain era stato uno degli ultimi della classe a scegliere tra gli "artefatti" di educazione sessuale e, tra quello maschile e quello femminile, aveva optato l'apparato più familiare, quello maschile. Una scelta non troppo ponderata, dato che stava puntando per mera curiosità a quello femminile quando la discreta voce di Chelsey gli era giunta alle orecchie: "SANGUINA! NON TI CONVIENE. Prendi un pene, ne hai già uno!"

    Quindi aveva deciso che gli piaceva continuare a condurre una vita senza elementi splatter di cui preoccuparsi, e aveva scelto di avere un nuovo...amico. Di cui prendersi cura. Tanto alla peggio che poteva succedere? Mica sarebbe morto! ...al massimo esploso!
    Disgraziatamente la loro relazione non era affatto decollata nel tempo e tra loro non stava funzionando: 'lui' era sempre troppo teso e Kain non aveva davvero tempo per pensare a quelle cose con gli allenamenti da preparare e tutto il resto.
    Già erano troppe le attenzioni che gli stava dando, tipo i trattamenti di igiene fatti a mano - a cui era costretto dopo i primi, fallimentari tentativi di usare il gratta e netta.

    "Dovresti essere felice di essere così carino da risparmiarti la ceretta!" gli disse, versandoci sopra mezzo contenitore di sapone in modo che scendesse da solo per ripulirlo al meglio. I rumori degli strappi della ceretta erano peggio di un film horror, ma fortunatamente erano utili a far stare a testa bassa e mogio mogio il suo piccoletto.
    Un po' meno utile era invece la spiegazione 'diversamente scientifica' di Mehan sulle doccette, sulla flora batterica e sul fatto che bastava poco sapone neutro alla volta - cosa che Kain avrebbe dovuto ascoltare, ma era troppo focalizzato sul suo compito.
    "E ora, stà fermo!"
    Così, con il tripudio di acqua gelida, il lavaggio fu completato con successo!

    Si pulì le mani felice, dirigendosi con passi molleggiati verso Chelsey.
    "Hey Chels, quando finisci se vuoi ti dò la mia mazza...pensavo che oggi avremmo potuto approfittarne per farlo fuori, all'aria aperta,che dici?"
    ...il soggetto era l'allenamento, ma forse, per orecchie indiscrete, avrebbe dovuto precisarlo.

    Intanto il povero membro giaceva nella vasca, congelato, abbandonato e dimenticato dal suo padrone col cervello...di un uccello.


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    Conoscendo i soggetti in esame, e vista la situazione nella quale si trovavano, molti ignari e confusi spettatori avrebbero potuto urlare al bullismo. Alcuni sarebbero senza alcun dubbio arretrati di un insignificante passo, per poi fingere di non aver visto assolutamente nulla e proseguire per la propria strada come se niente fosse; altri, meno numerosi ma più solidali e coraggiosi – o soltanto più stronzi, vili che altro non aspettavano se non di vedere qualcuno prendersi un bel biglietto per la Sala delle Torture, ed unicamente perché appartenenti alla satolla famiglia dei sadici figli di una puttana da quattro soldi –, sarebbero corsi a chiamare chi di dovere, così che intervenisse al posto loro.
    In pochi, e da enumerare nella lista dei fottutamente meno fortunati, si sarebbero invece limitati ad un sospiro rassegnato, rimanendo impassibili ed un poco divertiti ad osservare la scena che gli si consumava davanti agli occhi.
    Perché v’era una logica, nonché un motivo ben valido, dietro al «MEEEEHAAAAN DAMMI LA TUA VAGINA LA VOGLIO» di Sunday De Thirteenth. Non altrettanto legittimo, il dissenso del Tryhard – che il tassorosso aveva intercettato diversi minuti addietro, e che inevitabilmente era divenuto il soggetto delle sue molestie sessuali -, ma su quello avrebbe lavorato. Lento e inesorabile; insistente, come una goccia cinese sulla fronte del povero Grifondoro, capace di durare ore ed ore fino al momento del fatidico sì. «NON TE LA DO», l’altrettanto tenace replica del diciassettenne, che rendeva quell’estenuante scambio di battute una vera e propria guerra di logoramento, senza esclusione di colpi.
    Qualcosa a cui Sandy era preparato, per cui era pronto da sempre.
    O meglio: dal momento in cui lui e Sersha non avevano chiesto a papà Will se, il mezzo manichino pene munito che si erano presi alla prima lezione di Educazione Sessuale da lui tenuta, potesse essere usato come dildo, ed il Barrow aveva risposto con un deludente no.
    Aveva passato mesi, e mesi, e mesi a prendersi cura di Maurice, il Pene Felice: lo aveva coccolato, lo aveva lavato e tenuto sotto controllo, si era persino premurato di tenere un quaderno di soli appunti sul suo stato di salute. Non aveva mai permesso, nemmeno una volta, che gli accadesse qualcosa di sgradevole: aveva addirittura fatto venire il suo andrologo di fiducia a casa solo per lui, così da fare tutte le visite di prevenzione antivirale necessarie a garantirgli una serena pseudo vita.
    Maurice era trattato come un re, sia nel dormitorio dei Tassorosso che a Villa De Thirteenth – nella quale nessuno, nemmeno gli ospiti dal futuro, avevano provato a chiedergli una sola volta perché. In generale, sia chiaro: sia Yoann che Gamal oramai si erano abituati al clima di nonsense che permeava quella casa, ed al più delle cose al massimo a) si escludevano da quel piano terreno per scivolare in un limbo tra morte e sogno (il Jarvis); b) chiedevano come potessero collaborare alle faccende domestiche dell’alpaca (il Jackson).
    Ma gli aveva fatto una promessa, il fu Ronan Beaumont-Barrow. Glielo aveva giurato, che prima o poi avrebbe inzuppato il biscotto da qualche parte. Qualsiasi parte, a meno che non fosse completamente inaffidabile. Ovviamente la sua prima scelta era caduta su Trincea, l’adorabile patata di CJ, solo che quella o aveva il mal di testa, o il ciclo: un continuo ed incessante rifiuto.
    Fortuna che esistevano persone come Mehan Tryhard, disposte ad essere torturate all’infinito per il bene della scienza. Più o meno. «UNA SVELTINA» «NOOO» mmmmmmh. «PERCHÉ NON VUOI DARMELA, MEH? CHIEDO SOLO UNA PENETRAZIONE VELOCE, NIENT'ALTRO!» cioè, gli sembrava una cosa onesta. «DE13, I SWEAR TO FUCKING G-»
    Silenzio.
    Uno strappo.
    Il dolore a scivolare come un brivido lungo la schiena, gli occhi sbarrati e la saliva deglutita con fin troppa decisione giù per la trachea. «questa è una tortura.» fu l’unico commento del De Thirteenth, sguardo fisso sul glabro pube del manichino di Chelsey Weasley. Condivideva lo stesso piano di riverente terrore sul quale viveva la Morte Rossa, e gli era impossibile averne paura – cosa che non si poteva dire per Mehan, sempre più prossimo a nasconderglisi dietro al culo -, ma c’erano delle volte in cui riusciva a comprendere l’inquietudine che molti provavano nei suoi confronti.
    Quello, era uno dei suddetti. «vedi di stare attento alle palle, quando dormi.» un mezzo sorriso, tagliente come una lama appena affilata, nel piegare la testa verso Meh: chissà se quella era la punizione per chi sbagliava agli allenamenti dei Grifondoro. «CAPITANO!» sollevò il braccio libero da Maurice nell’intravedere Kain, sperando di non dover dire anche a lui di stare attento ai propri attributi.
    Non che ne avesse il tempo, aveva ben altro di cui occuparsi. «eddai meh, allora?! sta vagina?» e senza davvero attendere una risposta, estrasse dalla propria borsa un profilattico e strappò la confezione, con accortezza per quanto riguardava il condom in sé e per sé. Fece per apporlo sul pene di Maurice, che con delicati massaggi tentava di far erigere in tutta la sua grandezza, ma dovette bloccarsi. «sandy... ti sembro forse barry? guardami nelle palle degli occhi e dimmi se ti sembro Barry. la mia povera patata non si tocca.»
    Effettivamente, Sandy lo guardò nelle palle degli occhi – ma le sue, erano due fessure di puro gelo, che di quel sorriso sempre troppo affilato non avevano nemmeno l’ombra. Forse fin troppo serio, in quel singolo istante. «se qualcuno provasse a toccare la patata di mio fratello, non avrebbe nemmeno il tempo di dire che non è come sembra.» forse le aveva interpretate male, le parole del Tryhard; forse, non intendeva davvero insinuare che lo Skylinsky lasciasse che Amalie venisse svenduta a buon prezzo. Per questo sorrise, amabile come solo un minuscolo secondo prima – come se quel barlume non fosse mai esistito. «che sia per mano di quella merdina o per mano nostra, sia chiaro.» nostra aka dei Freaks: sentiva di poter parlare a nome di tutti, dicendo che la Shapherd poteva contare sulla loro (violenta) protezione.
    Ma comunque, torniamo alle cose importanti: Maurice e Jan.
    Srotolò il preservativo lungo tutto il pene fino alla sua base, tenendo ben stretto tra pollice ed indice il serbatoio sulla punta. Lo allisciò, una volta conclusa la profilassi, curandosi di non lasciare alcuna piega nel lattice.
    Era pronto.
    Posizionò il pene, carico ed entusiasta, affianco al Tryhard ed alla sua vagina, premurandosi più di fissarlo con insistenza e suggerirgli threesome/orge con i falli di Chelsey e Kain che di ascoltare la sua manfrina sulla candida. «de13 davvero, sposti quel coso? mi sta mettendo ansia, non capisco se vuole farsi jan o me.» «è bisessuale, gli andate bene entrambi.» come faceva a dirlo, non è dato saperlo. «se vuole prima una cena, gliela offre maurice» se doveva fare la preziosa, andava bene.
    Tutto, pur di farglielo infilare: una promessa era una promessa.
    «hey chels,» lento, molto lento, il De Thirteenth piegò lo sguardo ceruleo. Stava per succedere qualcosa di grosso; iniziò a prendere a schiaffi sulle spalle Meh, così che anche lui assistesse alla scena. «quando finisci se vuoi ti dò la mia mazza...pensavo che oggi avremmo potuto approfittarne per farlo fuori, all'aria aperta, che dici?»

    ……
    ………
    «l’ha detto davvero?» l’aveva detto davvero. Strinse le dita attorno alla casacca del grifondoro, trascinandolo con sé poco più lontano – quel tanto, almeno, che bastava ad essere nascosti. «fai finta di non esistere, tryhard. voglio vedere come risponde.» non c’erano dei popcorn? Voleva dei popcorn. «stiamo per assistere a qualcosa di fantastico.»
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    Edited by egl.af - 16/12/2019, 03:26
     
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    In quei due anni di convivenza, una delle poche cose che Hyde Crane-Winston era riuscito quasi a insegnarle era lo sguardo deadpanTM, uno di quelli da vero morto dentro che facevano credere al mondo intero quanto poco gliene sbattesse del mondo circostante. Chelsey era ferma così, la mano premuta sulla striscia di carta appena posizionata sulla pelle del manichino e gli occhi puntati sui nuovi arrivati. Non lasciava trapelare nessuna emozione, neanche la più piccola, mentre il braccio scattava veloce, tirando contro pelo il tessuto che aveva tra le dita. Merlino, quel suono stava diventando ad essere musica per le sue orecchie, accompagnato dall’espressione terrorizzata di Mehan, poi, era ancora più dolce e melodioso.
    Continuò nella sua opera di depilazione ancora per un altro po’, iniziando finalmente a vedere il rosa in fondo a quella foresta nera che, veramente, le faceva venire la pelle d’oca.
    “Anche voi laggiù siete così?” Domandò curiosa mentre passava un altro strato di cera sul testicolo del suo manichino, stando ben attenta a non prenderne troppo e a non rovinare il disegno geometrico che stava facendo. Le interessava veramente scoprire quanto più possibile sul corpo umano, specialmente quello maschile, in modo tale da compiere sempre un passo avanti nello sviluppo di quel potere che era ancora troppo schiavo delle sue emozioni. “No, perché se siete davvero così pelosi, come fate a trovare il vostro pene quando dovete fare pipì? Non si incastra tra… boh, i nodi? Ve lo pettinate? O giocate sempre a nascondino?”
    Eh, le vere domande della vita e sul funzionamento dell’universo, quelle che, a lungo andare, sarebbero quasi riuscite a toglierle il sonno.
    Sollevò appena lo sguardo quando sentì i passi di Kain avvicinarsi a lei e, con un altro strappo, gli fece capire che aveva tutta la sua attenzione.
    “Nah, posso continuare dopo. Per quando divertente, dopo un po’ tirare i peli diventa noioso. Hai visto quanti sono? Guarda quanti ne ho tolti!” Gli mise una striscia sotto il naso sconvolta, chiedendosi se il suo manichino non ci avesse preso gusto a creare su di sé un universo alternativo. “Sei sicuro di volerlo fare fuori? L’ultima volta che c’era un vento simile abbiamo dovuto lucidare il tuo manico talmente tanto che ancora mi tira un po’ il polso. Anche se cavalcarlo col freddo dovrebbe essere meno faticoso, non avresti tutti i torti…” Ci pensò un attimo, Chelsey, ponderando i pro e i contro dell’allenarsi all’esterno. Perché era ovvio che Kain stesse parlando di allenarsi insieme! Di cos’altro poteva parlare? “Mehan!” Chiamò una volta presa la sua decisione e raccogliendo le sue cose. “Ti lascio il mio pene, prenditene cura mentre testiamo la nuova mazza di Kain! Ci vediamo dopo in dormitorio!”
    Mollò il manichino vicino alla vagina del compagno di squadra – dai, che carino! Si era alzato quasi in piedi per salutarla! – e, con un cenno del capo come saluto, uscì dal bagno al fianco dell’amico.

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