[ravenclaw quidditch party] you're gonna eat lightnin'; you're gonna crap thunder

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    mckenzie hale (16)
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    Con il senno di poi, Mckenzie avrebbe quasi potuto giurarci sul fatto che il tempo, nell’istante in cui le dita di Gideon sfiorarono il boccino, si fosse fermato. Riusciva a vedere, e rivedere, la scena, ogni volta che batteva forsennatamente le palpebre per liberarle da quelle che preferiva credere fossero gocce di pioggia, piuttosto che lacrime – d’esaurimento, di dolore per la maledetta facciata contro la tribuna – mentre cercava, e falliva, d’ingoiare i battiti di cuore che pungevano dolorosi sulla lingua.
    Come avrebbe detto la saggia Chiappus, una strega molto famosa per il suo vibrante terzo occhio, non sentiva niente. Era ancora aggrappato alla divisa dell’arbitro come se ne andasse della sua vita (spoiler: ne andava della sua vita), inebetito (dalla botta; dalla scena strappa lacrime in cui il suo capitano, oh meo capitano, allungava la mano per afferrarlo mimando una Rose alle prese con polaretto Jack) dagli strilli alzatisi dagli spalti e da quell’assordante, soffocante, battito nello sterno, e semplicemente…non riusciva a crederci, Mckenzie. Lo stesso Mckenzie che si era presentato agli allenamenti con la coda fra le gambe; che aveva vomitato, in uno spogliatoio vuoto, lo stesso giorno in cui Joseph Moonarie aveva ricevuto la spilla da capitano, perché quella vita di violenza, non la voleva; lo stesso Mckenzie Hale che tremante, e sempre ad un passo dalle lacrime, si era presentato giorno dopo giorno agli allenamenti, che all’alba usciva dalla Sala Comune per correre e cancellare incubi ed insicurezze.
    Mckenzie Hale, battitore della squadra di Quidditch dei Corvonero.
    L’identico Mac che fino a quando non aveva messo piede in campo, non si era reso conto di quanto quella squadra fosse diventata importante, per lui.
    Ed avevano vinto.
    Avevano vinto?
    «abbiamo…»

    «…vinto?» Jane Darko strizzò le palpebre, una mano sopra gli occhi per cercare di comprendere quanto fosse reale, e quanto un allucinazione data dalla galoppante febbre che sentiva già salire lungo la spina dorsale. Cercò confusa lo sguardo di Twat, momentaneamente sorda al vociare del pubblico, e insensibile alle dita di Nah strette attorno al braccio, o ai salti increduli dell’amica al proprio fianco. L’esaltazione della Bloodworth avrebbe dovuto di per sé essere un indizio, ma – non si sapeva mai, ecco.
    E si sentì un po’ vuota quando l’arbitro fischiò, decretando ufficialmente la fine dello scontro.
    Anche perché, mentre nell’alto dei cieli un ancora incredulo Hale bisbigliava «oh mio», una Jane con i piedi saldi nel fango del campo, lanciava un’occhiata solidale al Vega portando le dita a premere sulla bocca: «dio.» perché quel risultato, non se l’era di certo aspettato.
    Siamo fottuti.
    Aveva lanciato Nah fra le braccia di Gideon, strizzando fra i denti un «trattienilo qui» forzato ma sentito, trascinando invece con sé il Comestai verso la Torre dei Corvonero. Sperava davvero che la squadra facesse, boh, una sfilata d’onore prima di raggiungere la sala comune, una doccia con calma, perché…beh, sì che s’era impegnata in prima persona per i cartelli after partita e l’alcool, ma. «magari se…cancelliamo…qui» non aveva previsto avrebbero vinto, ed i cartelloni appesi nella sala comune dei blu bronzo, lo lasciavano perfettamente intendere.
    U tried.
    It be like that sometimes.
    The sun will rise and you’ll try again.
    You suck, xoxo
    .
    Insomma.
    «eh…» dondolò sui talloni spingendo con la lingua sulla guancia, un pennello già stretto nel pugno per correrre quei minimi errori di calcolo.
    when u try your best and don’t succeed – Gryffindor, 2k19
    sometimes u win, sometimes you’re a Gryffindor, it be like that sometimes.
    The sun will rise and I fulmini non uccideranno più Gideon.
    You rule, xoxo.
    Funzionava? no E se non funzionava, se lo sarebbero fatti andare bene lo stesso. Contava il pensiero, no? Ancora, no.
    Beh. Il comitato di benvenuto c’era, ancora bagnato e puzzolente dal campo come piaceva a Jane. L’alcool c’era. Il cibo no, perché era tirchia ed aveva dovuto scegliere le proprie priorità. Da quel che aveva (origliato) capito, i corvi avevano invitato anche altri compagni a festeggiare, perfino i grifondoro. Sarebbe stato davvero fiko se avessero partecipato anche i giallo rosso-oro; chissà, se nessuno aveva ancora tolto la camicia di forza alla Weasley (eh, quella scena in campo post partita di certo non se l’era persa), magari avrebbero anche avuto il coraggio di presentarsi. Come le avevano consigliato dalle tribune, si era premurata di affiggere all’entrata una foto del Caposcuola con su scritto tu non puoi entrare - a quel punto non le rimaneva che attendere il rientro della goliardica squadra dei Corvonero, che noi tutti confidiamo arrivino sulle spalle dei compagni come un carretto carnevalesco, dietro la porta della sala comune con il suo tubetto di glitter esplosivo.
    Uàn
    Ciù
    Trì
    Erano loro, o stava per imbellettare il preside? Ai posteri l’ardua sentenza. «SIAMO TUTTI JOSEPH MOONARIE!» boom! Glitter drop.
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    tutti gli studenti invitati!! special, maghi, who cares basta che siano studenti!!!


    Edited by ‚soft boy - 4/2/2021, 11:59
     
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    Era successo davvero.
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    «barry controllami il polso» cosa? «non sento più niente» voleva esser sicura. Certo, normalmente non avrebbe mai preso per buono il parere del ragazzo, viste le condizioni in cui si trovava (era fatto più di una barbabietola. O forse era fatto di barbabietola? Con tutte le droghe che provava, era difficile stare al passo) «stai per esplodere?» Ah? E lei che pensava il suo cuore si fosse fermato: al contrario, in quel momento stava battendo all'impazzata. «forse sì» ma, facendo un ragionamento coerente: se il suo cuore stava battendo allora significava che era ancora viva, e se era ancora viva allora quella non era un'allucinazione, e se quella non era un'allucinazione allora..
    «abbiamo vinto sul serio»
    avevano vinto sul serio
    E non aveva più nemmeno le forze per urlare, o tantomeno la voce per un ultimo coro, amalie shapherd «o meo deo» non le sembrava vero: erano stati così bravi, e così belli da guardare tra bolidi presi in pieno e fulmini in faccia «non ce la posso fare» e così si buttò a peso morto tra le braccia di barry, incapace ormai di tenersi su con le proprie forze. E chissà se lo skylinski la prese al volo, o la lasciò cadere a terra a causa dei riflessi rallentati: l'unica cosa sicura era il fatto che amalie svenne per l'emozione, e barry il giorno seguente si sarebbe accorto di avere qualche ossa del braccio rotta, dato che la bionda l'aveva usato come anti-stress personale durante tutta la partita.

    «chissà dov'è finito quello stronzetto di tuo fratello» willow beckham, al quinto bicchiere di birra scolato, non aveva più filtri ormai. E poi lo sapeva lei stessa, che quel momento prima o poi sarebbe arrivato: da quando erano scomparsi senza dir nulla, la ragazza aveva fatto del suo meglio per mantenere una certa compostezza e non far cadere la sua copertura da non-ho-un-cuore-nè-sentimenti-vi-odio-tutti ma insomma, con l'alcol in corpo le era praticamente impossibile farlo «LI ODIO NON HANNO LASCIATO NEMMENO UN POST-IT» Ci si comportava così????? NO! Soprattutto in quel momento, ne sentiva la mancanza più che mai: non era la stessa cosa festeggiare senza i suoi migliori amici!! E si erano persi persino la sua prima partita e l'invito in diretta ad Halley!& «sai cos'hanno lasciato invece???» twat naturalmente lo sapeva - quante volte avevano valutato insieme se fosse il caso di farci degli arrosticini? tante - ma aveva bisogno di sfogarsi «UNA CAPRA, ECCO COSA» che le cagava sul letto ed ogni tanto tentava anche di rubarglielo: non riusciva più a dormire bene da quando Roan non era in stanza con lei, costretta a controllare ogni dieci minuti che Pastina non le saltasse addosso nel cuore della notte.
    C'erano momenti in cui aveva persino paura a rientrare in stanza, vi rendete conto??
    Non poteva vivere così ancora a lungo, COME BACK COMBEECH.
    Razionalmente sapeva che non avrebbe dovuto bere così tanto in così poco tempo, ma era stato tutto così veloce dalla fine della partita: prima avevano vinto, poi will si era effettivamente accorta che avessero vinto, le urla si erano alzate dagli spalti, dopo cinque minuti la ragazza si era ritrovata sulle spalle di non-so-chi e dopo altri cinque era arrivata in sala comune, tra grida generali, glitter e striscioni scritti a pennarello: bellissimo. Nel trambusto generale, la Beckham avrebbe comunque preferito andare in sala comune per parlare con halley, così come avevano deciso durante la partita, ma ???? era tutto confuso???? persone urlavano???? altre la fermavano per congratularsi????? tutti le parlavano????????? Non era abituata a così tante attenzioni, stava uscendo matta. Oltre al fatto che, quando si fermava un secondo a riflettere e respirare, sentiva tutti i dolori per le botte prese durante la partita quindi stava facendo del suo meglio per concentrarsi su altro e non pensare al suo fisico ammaccato. E poi, Amalie Shapherd aveva continuato a riempirle il bicchiere una volta dopo l'altra al grido di «CORVONERO UNO, CORVONERO DUE!» e la beckham era troppo intimorita dalla bionda - che...era praticamente impazzita?????? l'aveva sempre vista super tranquilla, quel giorno sugli spalti invece l'aveva terrorizzata - per non scolarsi il contenuto senza opporre resistenza.
    Così, alla fine, si era rassegnata a rimaner lì e sperare che la Oakes facesse la sua apparizione da un momento all'altro. E che, soprattutto, Chelsey non arrivasse a dar fuoco a tutti loro: in quel momento, la Weasley era l'unica a farle decisamente più paura della Shapherd.
    io sono amalie
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    It might take some friends and a warmer shirt but you don't get thick skin without getting burnt




    barrow h. skylinski // the shrug dealer

    «gjsjdjdkskmx» barry stava gorgogliando.
    abbracciato teneramente al gabinetto come una rob qualunque mentre attendeva morte, il corvonero cercava in modo confuso di rimettere (punto) insieme i pezzi a comporre le ultime due ore, sebbene anche una decina di minuti gli sarebbero bastati.
    ricordava il fischio finale di jeremy quando gideon aveva afferrato il boccino.
    buio.
    poi di nuovo gente che gli urlava nelle orecchie.
    buio.
    amalie che gli cadeva addosso affidandosi al signore. poteva vedete se stesso mentre allungava le braccia seguendo un istinto più potente del malessere generale, stringendo tra le mani intorpidite la bionda e poi tutti e due che ricadevano pesantemente all'indietro sugli spalti. il bastoncino di zucchero filato con cui aveva limonato durante la maggior parte della partita gli era sfuggito dalle dita quando la sua patata aveva ben deciso di accasciarsi stremata usando barry come cuscino, ma questo per fortuna non lo ricordava; così come aveva rimosso l'urlo disperato che ne era seguito, la scena a rallentatore della dolce nuvola azzurra mentre rimbalzava sul pavimento e finiva rotolando sotto i piedi di un malcapitato. terribile.
    inutile dire che non ricordava nemmeno come fossero tornati nella sala comune dei corvonero; l'unica cosa che lo skylinski sapeva era che ad una certa aveva urlato «BAGNO!» e non si faceva vedere da almeno.. beh difficile a dirsi. potevano essere cinque come venti minuti, nel nome della cara vecchia relatività. «barry tutto bene?» certo era passato un po' da quando amalie aveva bussato alla porta del bagno comune riservato ai ragazzi, con un tono di voce preoccupato che in una qualunque altra occasione gli avrebbe strappato un sorrisetto divertito e fatto aumentare vertiginosamente la temperatura corporea, ma non in quel momento. in quel momento barry voleva solo morire - fetish - e contemporaneamente gettarsi tra le braccia della sua patata per farsi accarezzare la schiena come faceva sempre stiles quando il corvonero mostrava il minimo segno di raffreddore.
    ma voi non diteglielo.
    «be/ e e ee/ nissimo.» una favola. l'aveva sentita mormorare qualcosa, forse a proposito dell'andare a recuperargli un po' d'acqua, poi l'acido alla barbabietola che si era calato tre fottute ore prima gli aveva tirato un altro calcio poderoso nel basso ventre e barruly era flippato via di nuovo, sempre abbracciato al gabinetto e con le chiappe via via più gelate per via del pavimento freddo. una vita meravigliosa, grazie cam grazie bjorn grazie stupida capra che partecipava sempre alle lezioni e voleva bombarselo. 'è in calore', ochei.
    «ams?» dov'era finita la patata? quanto tempo era rimasto accasciato dentro quel cesso? la musica che sentiva esisteva davvero o si trattava solo di un primo segno di demenza? intanto gli era passato miracolosamente il mal di stomaco - e senza aver vomitato! -, un buon primo passo; il secondo barry decise di farlo rimettendosi in piedi, non senza una certa fatica, e una volta raddrizzata la schiena attese altri cinque minuti appoggiato alla parete per essere certo che le gambe lo reggessero. «vai alla grande, testa di cazzo.» con la mano destra si batté da solo sulla spalla opposta dandosi un po' di supporto morale, poi con movimenti che gli sembravano rallentati e decisamente poco fluidi, riuscì quanto meno a mettere entrambi i piedi fuori dalla cabina.
    bella lì, ora rimanevano solo i tre metri fino alla porta del bagno, possibilmente con una sosta al primo lavandino libero. e intanto la musica all'esterno continuava, voci e schiamazzi ancora soffusi, come la televisione del vicino dimenticata accesa a tarda sera. barry sentiva, ma non è che stesse proprio capendo; troppo attratto dalla sua immagine riflessa nello specchio, un colorito quasi sano a strappare un sorriso al corvonero. ma si, tutto sommato non stava messo così da schifo, dai.
    «ames sono vivo! credo di poter reggere se ti va di f-» e li, con la porta del bagno aperta per metà e un piede già nella sala comune dei corvonero, Barry si bloccò mordendosi la lingua, letteralmentr. «ah.» cosa, ma in barbabietola. c'era decisamente troppa gente, rappresentati della sua casata e tizi random con ancora addosso le mantelle bagnate di pioggia, jane darko che lanciava glitter negli occhi di chi oltrepassava l'ingresso (good for her. good for her.), una willow Beckham in brodo di giuggiole, persino qualche coraggioso grifondoro deciso a sfidare le ire della weasley.
    comprensibile, sebbene rimanesse ancora una questione di vitale importanza da chiarire: «ma.. abbiamo vinto?» nicholas care voice: you don't say?? e pensare che quando la stessa domanda gliela aveva posta amalie, qualcosa come venti minuti o dieci anni prima, barry aveva annuito con aria solenne, la mano destra premuta sul cuore. «euuuu certo che si!», aveva risposto, senza evidentemente capire una sola parola; strafatto come un cocco com'era sugli spalti, ams poteva benissimo avergli chiesto se la amava (euuuu, certo che si!), o se si era divertito con i suoi amiki a far fuori i cooper (EEEUUU CERTO CHE SI), forse persino le due cose insieme.
    sta di fatto che era perplesso, quindi tanto valeva chiedere. e poi c'erano anche le sue «testine di minchia!», loro dovevano saperlo per forza.

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    ha senso? no, ma sto soffrendo e dovevo scrivere per forza ♡ parla con amalie e chiama i freaks VEDETE DI ESSERCI
     
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    - gideon mcpherson
    Ripoggiare i piedi a terra non fu semplice. Non era mai stato in volo così a lungo, mai - se non si contavano i voli fatti in aereo dall’America ma bè, era diverso. Non sentivi il vuoto sotto i piedi, ne l’aria che ti schiaffeggiava la faccia, arrossandoti le guance. Non era mai stato colpito da un fulmine in vita sua, e non aveva mai creduto che dopo un episodio simile sarebbe potuto sopravvivere. Quel giorno aveva sperimentato una miriade di nuove esperienze, alcune belle, altre un po’ meno. Aveva provato la sensazione di sprofondare nel vuoto e cadere a peso morto verso il terreno, ed aveva seriamente creduto di lasciarci le penne. E invece, alla fine di quella partita, non solo la loro squadra era uscita vincitrice, ma lui aveva riportato solo qualche graffio qui e lì, niente di rotto, niente di davvero significativo. Toccando il terreno, come prima cosa andò ad esultare con la squadra - certo dopo essersi reso conto che...avevano davvero vinto - buttandosi su ognuno dei compagni senza lasciarne nessuno, allo stesso modo, poi si lanciò addosso a gruppo di cheerleader, per quanto ben accette fossero le sue attenzioni da parte di Jane e Twat si intende. GRAZIE SIETE GRANDISSIMI!!! Era esaltato, così esaltato che quando Narah gli volò (?) dritta tra le braccia si rovesciarono a terra e Gideon l'abbracciò stretta, baciandole la guancia, felice, prima di assicurarsi che non avesse niente di rotto. Non ci credo ancora, abbiamo vinto!!! Si ritirò su, aiutando anche la ragazza ad alzarsi. A quanto pareva, lei non aveva dubbi che lui avrebbe giocato una bella partita, bè... meno male che lei credeva in lui più di quanto facesse lui stesso, ecco. Le sorrise.
    Grazie. Un piccolo bacio sulle labbra. Ho bisogno di una doccia, si passò una mano tra i capelli fradici, dandogli un contegno. Ma prima, vado da Hazzie, devo vantarmi un po’ sai... detto questo, salutò la ragazza con un occhiolino. Riconobbe da lontano sua sorella, in riunione con la squadra Grifondoro, e si avvicinò cauto a loro, rimanendo inizialmente in disparte ma esordendo poi con un Complimenti comunque, una bella partita! L’umore non sembrava dei migliori da quelle parti, ma Gideon era sicuro che si sarebbero rifatti alla prossima partita, dopotutto, i grifondoro erano un ottima squadra, e...non che loro Corvonero fossero da meno, ma... bè, si okay, chi voleva prendere in giro? Erano in generale più schiappe ed era sicuro che la botta di culo avuta non si sarebbe ripetuta tanto facilmente. Vi rubo un attimo Hazel! Dicendo questo, recuperò sua sorella ponendole un braccio intorno alle spalle, ignorando le sue proteste, ed avvicinandosela al petto, abbracciata stretta a lui con una presa salda. Diavoletta, sei stata la più brava di tutti. Non hai nemmeno spezzato braccia questa volta! Sono così fiero. Dovresti giocare sempre con la febbre.
    In risposta, Hazel gli tirò un pugno, come per farlo star zitto, sia mai che di sapesse in giro che la fortissima e potentissima Hazel potesse ammalarsi come i comuni mortali. Sloggia o ti do un calcio, oggi non siamo fratelli. Gideon annuì, fintamente offeso, ma poi lei aggiunse qualcosa sul fatto che anche lui era stato bravo e che forse un po' fratelli lo erano, ma sotto voce, così che nessuno potesse sentirla. Divertito, le diede un buffetto sulla guancia e la lasciò dopo averle dato un’ultima indicazione da fratello maggiore. Stasera brodo di pollo e a nanna presto! Detto questo, tentò un bacio sulla guancia che la McPherson evitò in grande stile per riunirsi alla squadra, e la guardò allontanarsi da lontano.

    Arrivò alla sala comune dei Corvonero con il resto della squadra, con addosso ancora la divisa fradicia, priva di mantello che teneva su una sola spalla e la camicia quasi del tutto allentata. Non si aspettava assolutamente di aprire la porta e vedere una cascata di glitter cadergli in testa, striscioni ovunque, bibite, una festa. NOOOOO sorrise incredulo, guardandosi intorno, passando lo sguardo sui cheerleaders e poi, sempre con un sorriso felice, passando in rassegna tutti gli striscioni, stringendo lo sguardo sospettoso sulla scritta chiaramente camuffata con maestria. Scoppiò a ridere, pareva ubriaco ma era solo felice ed esaltato per la festa. CHI È LA SQUADRA MIGLIORE??? Domandò in maniera retorica, poggiando entrambe le braccia una su Mac e l’altro su Joey. Adesso, però, dovevano seriamente festeggiare. Il McPheson però si preoccupò di asciugare i propri abiti con un colpo di bacchetta, perché certo non voleva prendersi un malanno, sempre che fosse ancora in tempo. Ripulì anche la divisa e poi si avvicinò al bancone, vicino Narah a recuperare qualcosa da bere. Era proprio sicuro di voler mettere così a dura prova il suo stomaco già di per se provato?
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    Gaylord si sentiva allo stesso modo di quando si perdeva una persona cara, in uno stato a metà tra una crisi esistenziale e la depressione da lasciatemi-morire-nel-letto, non poteva nemmeno crederci. Come avevano fatto i corvi a batterli. Con quegli elementi in squadra, poi. Gay aveva persino mobilitato il suo fan club (quale) pur di incitare la sua squadra, ma nessuno sforzo era stato abbastanza per risollevare il morale della squadra. Eh, ma se non era una vita di merda quella. Per manifestare tutta la sua tristezza il trucco di quella settimana sarebbe stata un’emoji triste, o in caso si fosse sentito particolarmente coraggioso anche un clown con tanto di parrucca multicolore. «will basta rubarmi la birra di mano, ne ho più bisogno di te» era la terza volta che quella bestia di sua sorella gli sfilava il bicchiere da sotto al naso, un’azione degna di un kriminale senza cuore e onore, solo perché la sua squadra del kuore aveva vinto non voleva dire che era autorizzata ad appropriarsi del suo premio di consolazione «voi corvi non vi meritate proprio niente» fu costretto a voltarsi qualche secondo per asciugarsi una lacrima, quella bestia non aveva un minimo di rispetto per gli altri, non sapeva proprio da chi avesse preso. Da Bjorn, per forza. In cuor suo non vedeva l’ora che la Weasley arrivasse per la rissa che tanto attendeva, ma sapeva che alla rossa sarebbero voluti decenni per sopprimere abbastanza il suo istinto omicida da venire. «chissà dov'è finito quello stronzetto di tuo fratello» «sarà andato a un ashram o a qualche merdata simile, sai che è un coglione» anche modo affettuoso di dire: fanatico buddishta e fan di Satana e compari. Non che Roan fosse diversa, insieme i due avranno condiviso un paio di neuroni ad essere generosi. Non sapeva nemmeno come ci fosse finito in mezzo a quel branco di disadattati, a volte gli faceva comodo la scusa di aver seguito sua sorella in quel casino, ma la verità era che Gaylord si trovava bene tra quei disagiati. Era palesemente meno normale di loro con tutto quel trucco quella faccia, ma almeno non l’avevano mai giudicato, loro. Anzi avevano provato a farsi fare qualche trucco per i loro riti satanici, ma questa è un’altra storia, come quella dove ha conosciuto Post Malone e l’ha preteso come daddy (typical gay). «sai cos'hanno lasciato invece???» gay ruotò gli occhi al cielo, preparandosi agli acuti alla Mario della sorella, veloce nello sfilarle il bicchiere di mano mentre era nell’heat of the moment – e che cazzo, fatelo bere un povero cristiano. Non troppo, che l’ultima volta era stata imbarazzante e spiacevole. «è una capra, non chihuahua mannaro» si strinse sulle spalle, ingerendo il contenuto della birra prima che Will se ne accorgesse, sentiva di essere ancora troppo sobrio for that shit. «OCHEI comunque, passiamo alle cose importanti:» la figa. No cioè, meglio censurarsi con sua sorella «ma quindi con halley?? twat e brandy non mi danno gioie, almeno aggiornami te» era rimasto all'invito nel bel mezzo della partita, ma c'erano KOSE K NON SAPEVA? Non si può lasciare all'oscuro il bro, non si fa. E con l'alcool in circolo stava già iniziando a sentirsi un po' una merda, che lo portava all'autolesionismo nel sentire le storie d'amore di sua sorella&co. ma dettaglia. Meglio non pensarci, o finiva per sbronzarsi e raccontare i suoi problemi al prossimo. Niente, era già troppo triste. Ma dov’era Brandy con l’erba che aveva avanzato dall’ultima volta? Che almeno lo lasciassero ad autocommiserarsi in maniera dignitosa.

    Sersha si dimenticava quanto gli effetti della sua amica polvere fossero devastanti, specie quando i suoi istinti omicidi venivano moltiplicati per diecimila. Si sentiva più o meno come se qualcuno l’avesse buttata giù dal letto alle sei di mattina di domenica, per poi portarla a scalare una montagna per due fottute ore e mezza. Elisa che l’ha sperimentato vi può dire che è indeed una situazione di merda. «chi è che ha vinto, già?» domandò ai due davanti a lei, senza neanche preoccuparsi di spostare il suo sguardo dal liquido ambrato che danzata nel bicchiere, ogni tanto le capitava che il suo cervello si impallasse senza che potesse farci nulla, come in quel momento. Da quando era entrata in sala comune la Kavinsky non aveva fatto caso a niente e nessuno, nascondendosi dentro al suo cappuccio e sperando di poter rubare del liquore di barbabietola a uno dei vippini – eh, la vita da cowboy aveva segnato anche lei. «oh ma barry è con la patata?» ancora, avrebbe voluto aggiungere, ma decise di nordersi la lingua: non tutti erano misantropi come lei. Forse avrebbe dovuto iniziare ad approviarsi a CJ come faceva il fratello con Amalie, magari c’era qualcosa che alla bionda sfuggiva. Decise di finirsi la birra prima di continuare quel pensiero, non ci teneva particolarmente ad indagare le dinamiche tra le due patate – voleva già un po’ morire così, non aggiungiamo brace al fuoco. Si sfilò la sigaretta appoggiata all’orecchio, pregando che nessuno le rompesse il cazzo, non aveva nessuna voglia di affacciarsi fuori con meno trenta gradi grz. «testine di minchia!» «BRUH» se Sersha si fosse illuminata? Certo che sì, ad eccezione di Joey poteva sempre contare su Barry per matchare il suo umore di merda «tutt’apposto?» aveva una cera persino peggiore della sua, ed era dire tanto da una ragazza pallida come un cadavere e dall’aspetto altrettanto scheletrico. Eh, gliel’aveva sempre detto che abusare di patata faceva male.
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    taichi límore (15)
    & (17) Mehan tryhard
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    «non sono sicuro che sia una buona idea.» per usare un eufemismo.
    taichi era certo si trattasse di una pessima idea, ma voleva ancora lasciare a livy uno spazio di manovra. minimo, ma c'era. le aveva riservato lo sguardo più triste, depresso e bastonato che i suoi occhioni scuri da cerbiatto potessero imbastire, ma per una volta non aveva funzionato; perché lei aveva sollevato il suo, restituendogli l'occhiata con un'aggiunta micidiale di supplica, e ty si era sentito immediatamente affossare dai sensi di colpa. con tutte le volte che sullivan aveva rinunciato a fare qualcosa di divertente insieme per via dei suoi scleri ansiosi (sapeva benissimo che lei gli stava vicina di sua spontanea volontà e non certo per obbligo, ma questo non lo faceva sentire meglio), forse in quell'occasione poteva anche ricambiarle il favore.
    tanto ormai si trovava già fuori dal suo magico cerchio di protezione, il cuore scalciava oltre i novanta battiti al minuto e la via per una polmonite era già imboccata - peggio di così non poteva andare.
    anche se non toglieva che fosse comunque una pessima idea.
    «va bene, va bene. ma se svengo ci pensi tu.» livy aveva annuito sollevando gli occhi azzurri al cielo coperto di nuvole in movimento, battendo con la mano destra sul fianco della divisa. «tranquillo, ho lo zucchero.» davvero la fidanzata perfetta.
    un pensiero che lo fece sentire ancora più schiacciato sotto un peso invisibile, al quale ty non sapeva dare nome. liv era stata la prima che gli aveva rivolto la parola dopo giorni in cui il quindicenne aveva accuratamente tentato di ignorare chiunque, l'unica nella vita con cui parlare del più e del meno fosse sembrato tanto facile e naturale. anche se metà delle cose all'inizio nemmeno le capivano. aveva accettato subito tutte le sue stranezze, i comportamenti isterici, i cambiamenti d'umore, le ansie e i mille problemi che il suo cervello creava senza sosta ad ogni occasione, persino la richiesta assurda di fingersi la sua fidanzata per scrollarsi di dosso il padre sempre col fiato sul collo. era l'amica perfetta, ma non c'era giorno che il lìmore non desiderasse poterla vedere con occhi diversi; provare, qualcosa di diverso.
    sarebbe stato tutto fottutamente più semplice, in quel modo.
    perché per qualche motivo non lo era, e nonostante tutti i suoi sforzi - davvero troppi, al punto che a volte ci si arrovellava al punto da farsi venire il mal di testa - non riusciva a capire cosa ci fosse di tanto complicato. cosa rendesse lui così complicato. o sbagliato. faceva di tutto per non esserlo, taichi, ma la gente lo guardava comunque in modo strano, quasi sapessero qualcosa che lui non sapeva; suo padre, anche lui lo guardava in modo strano, come il quasi sedicenne avrebbe osservato dall'alto un compagno uscire dal bagno senza lavarsi le mani: disgusto e disappunto. giustificava se stesso raccontandosi balle di ogni tipo, devo concentrarmi sullo studio non ho tempo per le ragazze sono uno spirito libero bros before hoes, ma sotto sotto avrebbe dato qualunque cosa per cancellare quel peso insostenibile che gli gravava sullo stomaco come un cenone di Capodanno mal digerito. sempre, continuamente.
    «fa troppo caldo qui dentro. non ti sembra che faccia troppo caldo? decisamente caldo, livy, lo senti?» aveva le vampate peggio di una milf in menopausa, ma il sudore che sentiva solleticargli la base del collo era gelido. gli formicolavano le mani, la cui sensibilità era calata vertiginosamente vicino allo zero, gli attimi di puro panico prima di un esame del sangue. e nel caso specifico di taichi límore, cantare sere nere tra una risata isterica e l'altra non aveva alcun effetto terapeutico - no, purtroppo la sua canzone di salvataggio era despacito. «forse è perchè sei l'unico con ancora addosso giacca e cappello, scemo.» ma con un sorriso, perchè gli voleva comunque bene così. «giusto.» e anche se sapeva benissimo che l patina fredda di sudore dietro la nuca non era causata dagli strati eccessivi di indumenti, ty provò comunque a darsi un contegno sfilando quanto meno la giacca per appoggiarla poi con cura sullo schienale di una sedia. poteva solo sperare qualche studente ubriaco non gliela rubasse, o, peggio!, ci vomitasse sopra, perché in quel caso le avrebbe dato direttamente fuoco e con essa l'intero castello. quanto al berretto giallo, che non riusciva nell'intento di tenere a bada i troppi riccioli scuri sempre pronti a solleticargli il collo, il quindicenne non era ancora pronto a levarselo.
    lo faceva sentire protetto, una coperta di linus dei poveri.
    «questa è una pessima idea.» un'anima affine? mehan tryhard amava troppo il contatto fisico e farsi i cavoli altrui per poter essere l'anima gemella di taichi límore, ma il livello d'ansia provato dal ragazzo in quel momento lo metteva quanto meno sullo stesso piano di disagio. forse il grifondoro stava persino un paio di gradini più su, lì dove l'ansia si tramutava rapidamente in paranoia e poi panico. «beh? ci ho ripensato. mi sto pentendo di tutto. torniamo a casa bro.» dove per casa intendeva proprio l'home sweet home dei tryhard, perché di mettere piede nella sala comune dei grifondoro con il rischio di beccare una chelsey ancora in pieno svolgimento non ne aveva proprio intenzione. eh, gli era giusto appena venuto in mente che anche partecipare alla festa dei corvonero per la vittoria forse non era sinonimo di furbizia: per morire male andava benissimo, ma in generale...
    che poi, a dirla tutta, mehan tryhard era stati l'unico a non aver ricevuto il massimo carico di mazzate negli spogliatoi, probabilmente per il fatto - innegabile - che non sarebbe nemmeno dovuto essere lì, e ci aveva provato comunque. stupido Roger Vanya e la sua altrettanto stupida dissenteria. «ehi?! dov'è wespy?» si stava ancora guardando intorno sul territorio nemico, il grifondoro, accuratamente appiccicato a quello stangone di suo fratello, quando la domanda priva di senso giunse infine alle sue povere orecchie piene di acqua piovana. come stare in piscina, but worst. «eh???» dovete sollevare le iridi nocciola per incrociare lo sguardo vagamente allucinato del ragazzino - com'è che crescevano tutti più rapidamente di lui? -, senza riconoscerne i tratti. al contrario, era certo di aver già visto la bionda al suo fianco, una del quinto anno che frequentava le sue stesse lezioni.
    informazione poco utile nel casino generale, soprattutto considerato il buffo accento del quindicenne. «w e s p y. capelli rossi? capitano???» e finalmente capì. weasley. «AAAAHHHH DOVE?????!!!????» l'istinto di sopravvivenza fece raggomitolare meh come una pluffa, entrambe le braccia strette attorno al busto del gemello e un principio di infarto in corso. ci vollero almeno venti secondi - un tempo interminabile - e le sopracciglia alzate di entrambi i ragazzi di fronte a lui per rendersi conto che chelsey non era effettivamente presente. get your shit together tryhard. «Aah.. ahahah! volevo dire... non è ancora arrivata!» e sarà meglio per i grifi presenti che non arrivi mai. nel tentativo di ricomporsi, sul volto del diciassettenne apparve un sorriso tirato al quale ty reagì con ulteriore confusione, evidentemente senza capire. come avrebbe potuto? aveva tifato per chelsey dagli spalti senza conoscere il lato psycho della ragazza, e altrettanto oscure gli apparivano le dinamiche interne alla squadra dei grifondoro, o dei team sportivi in generale: ok che avevano perso la partita, ma partecipare non sarebbe dovuta essere la cosa più importante? valli a capire.
    e poi c'era l'altro tizio giraffa che continuava a fissare lui e livy in silenzio, mettendogli addosso una pressure mica da ridere.
    magari behan tryhard si stava solo facendo i fatti suoi mentre suo fratello lo abbracciava e scuoteva come una marionetta, ma nella testa del quindicenne ogni occhiata rappresentava un segnale di pericolo, il seme di un dubbio capace di divorarlo dall'interno senza nemmeno bisogno di acqua e sole per crescere; ci pensava da solo, con la sua ansia, a fargli mettere radici anche quando non avevano motivo di esistere. «freund, ti serve qualcosa?» chiese infine, una domanda ovviamente retorica che non prevedeva risposta. poi, l'illuminazione: «tu sei quello che fa--» chiara ferragni. musica. archibald leroy. pali. «la lap dance.» o boi. un lieve misunderstanding innocente, del quale per ovvie ragioni il lìmore non si rese conto finché uno schiocco secco non interruppe il silenzio calato tra loro quattro: era il collo di mehan, che con un colpo di frusta da manuale aveva ruotato di quarantacinque gradi stile esorcista per rivolgere uno sguardo shookbasito al fratello visibilmente provato e alla ricerca di una buca nella quale sprofondare. «bro????????????? la lap dance?????????»
    lo sapeva che non doveva lasciarlo da solo al bidet. come aveva fatto a fidarsi? un'anima così pura e candida alla mercè di quella bestia satanica di baby eddie, e il professor jackson come capo! uno che di lap dance e spogliarelli se ne intendeva, come mehan e i losers ben sapevano (?). era certo di potersi fidare di barbie, perchè barbie non aveva mai fatto niente di male in tutta la sua vita e il grifondoro lo sapeva, ma da solo contro gli altri due non poteva vincere. AVEVANO DRAGGATO SUO FRATELLO AL LATO OSCURO???????????? «scusatelo, è cinese» il tono paziente della bionda lo costrinse a guardarla, e dal modo in cui pattava delicatamente sulla spalla del ragazzino col berretto giallo sembrava fosse ormai avvezza a certe scene. anche taichi abbassò lo sguardo scuro a cercare quello di livy, la fronte corrugata al punto che le sopracciglia quasi si toccavano: era abituato a sbagliare qualche parola di tanto in tanto, ma mai al punto da scatenare quel tipo di reazione. cosa poteva aver mai detto di tanto sbagliato?
    «tupitsa, la lap dance è praticamente uno spogliarello.. sai quello che ci si struscia su un'altra persona. forse volevi dire pole dance» ah. e se non si era sentito morire prima, solo ad un passo dal classico svenimento, ty si sentì morire in quel preciso momento. «POLE DANCE! POLE. pole dance. scheiße» l'ultima parola gli sfuggì dalle labbra piene e arrossate in un gorgoglio, mentre la mancina andava celere a stringere il braccio di sullivan con la stessa forza e disperazione di un naufrago in mare che si aggrappa ad un salvagente. «succhero. dammi succhero.» quando andava nel panico imitava edgar di men in black, fategli causa.

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    Per qualche istante, ci fu solo silenzio.
    Joey poteva sentire il proprio respiro pesante mentre attorno a sè tutto sembrava muoversi al rallentatore - i giocatori in campo, i tifosi sulle tribune, persino le gocce d'acqua. Vedeva solo le dita allungate di Gideon, nella zona dove gli aveva detto di aver intravisto il boccino d'oro, e lo sberluccichio che stavano sfiorando. Lo aveva... preso. Gideon aveva preso il boccino d'oro.
    Avevano vinto.
    Avevano vinto.
    Il tempo tornò a scorrere normalmente, e fischio di Jeremy di fine partita si mischiò al grido selvaggio di Joseph (che poteva essere un «SI!» come un verso random), neanche vagamente udibile a causa delle urla ancora più alte dalla tifoseria. Lo sapeva che Gideon era in gamba, di aver scommesso bene le sue carte mettendo in campo una riserva.
    I minuti successivi furono parecchio confusi.
    Raggiunse i compagni di squadra, prima in volo poi a terra, ed era ancora talmente inebriato dalla soddisfazione e adrenalina che neanche si spostò dagli abbracci e dalle strette (almeno finchè erano loro; non poteva tagliare le mani a Gideon, ora che sapeva che poteva portarli alla vittoria). Sorrideva, e non era certo neanche se fosse per la vittoria in sè o per le espressioni sul volto dei suoi compagni; Mac sembrava un'altra persona rispetto a quando era andato a dirgli di giocare al meglio, e forse era la soddisfazione più grande (ok la seconda più grande, la vittoria restava la prima). Gli annuì solenne, un "sono fiero di te" che sperava avrebbe colto; gli aveva chiesto di giocare come se ne andasse della sua vita, e in qualche modo era certo che l'avesse fatto - e non perchè avevano vinto. Forse non era ancora il battitore perfetto che avrebbe potuto essere, forse non erano ancora la squadra delle meraviglie che era stata di Bells, ma ci potevano arrivare. Ci sarebbero arrivati.
    A passi rapidi si diresse poi verso i freaks, sorridendo anche a loro. Considerando lo scarso interesse che quasi tutti provavano verso quello sport (che ci giocassero o meno), era davvero... emozionato, all'idea che fossero andati lì per lui, per supportarlo nella sua prima partita da capitano. Certo, rompeva sempre le palle con il quidditch, ma non li avrebbe odiati non si fossero presentati... si rese conto di amarli un po' più di quanto non facesse qualche ora prima.


    «aawwwww ma è tutto bellissimo!» Fitz si guardava intorno con gli occhi a forma di cuore, le mani sulla faccia. Non era mai entrata nelle sale comuni di Hogwarts e ora si chiedeva perchè non l'avesse fatto: quella corvonero era così adorabile! Certo, certo, i festoni dei cheerleader più belli e simpatici del mondo rendevano l'ambiente più accogliente, ma anche in generale non era triste come lo spazietto comune di Different Lodge. Chissà se poteva chiedere a Mr Henderson di parlare con il capo strutture per dargli la libertà di renderlo un po' più casa (come quella stanza) e meno sala d'aspetto tristissima. La squadra corvonero - seguita stile matrimonio (????) dal resto della gente - era entrata già da qualche minuto, fra chi si era buttato sulle bevande chi a fare i complimenti ai giocatori o i tifosi che avevano fatto i tifi migliori, e Fitz dopo essersi persa qualche tempo a osservarsi in giro finalmente si buttò sui tre cheerleader. Cavoli erano così bellini! Con quella divisa poi!!11 Era super tentata di chiedere di entrarci anche lei: il blu le donava.
    «Pensate di tirare fuori comunque la pignatta con dentro le stelline "u tried"? Magari non noteranno le scritte ma penseranno che intendevate che sono delle star» l'avevano preparata come pungiball da prendere a pugni dando per scontato il Moonarie sarebbe stato incazzato e meglio quella che i suoi compagni di squadra, ma ora non serviva più; peccato: a Fitz sarebbe piaciuto prendere a mazzate qualcosa.
    Si allungò verso il tavolo delle bevande, e notò solo in quel momento Gideon. «Oh! Ciao!» Non è che fosse così invisibile, semplicemente per la biondina era difficile notare chi ci fosse intorno quando nella sua visione entravano Jane e Nah. «Non so bene cosa tu abbia fatto di preciso per vincere la partita, ma immagino di doverti fare le congratulazioni! Però non sei stato fulminato, niente cicatrice figa... peccato eh?» e dire che sarebbe stato così carino con i disegni mistici sulla pelle!!! Oh beh, sarebbe stato per il prossimo temporale.

    «mehan tryhard» Joey tirò su la mano, e potè quasi sentire la gente trattenere il fiato vicino a lui. «non pensavo di vederti qui» guardò il ragazzo grifondoro, guardò la propria mano, di nuovo lui. «devi stringerla» non era ovvio? «bella partita. Hai del potenziale» e così com'era arrivato, se ne andò.
    Ogni volta che camminava accanto a qualcuno e questi lo notava, cercava di dargli una pacca sulla spalla, e Joey stava impegnando tutta la forza rimastagli per evitarle come giocando all'allegro chirurgo; un conto era essere sballottolato dai suoi compagni di squadra, un conto da gente a caso.
    Si guardava intorno alla ricerca di Willow, che si era defilata per andare a chiacchierare con chissà chi, e quando la vide non si preoccupò che stesse già parlando con qualcuno: «beckham» secco e deciso, Joey usò la voce da capitano (?) per richiamarla, tanto che qualcuno lì vicino si fece silenzioso. «hai giocato bene» frugò in tasca, tirando fuori l'oggetto che era andato a recuperare in dormitorio pochi secondi prima (non senza difficoltà; non era facile passare inosservato quando sei fra le star della festa, nonostante l'altezza da puffo). Aprì la mano mostrando la spilla alla ragazza. La spilla da vice capitano (esisteva? ora sì) «È tua»
    Joey non era una persona di molte parole, e vogliamo credere che Mac e Gideon fossero lì vicino ad assistere. Un annuncio su una sedia? Nah, non era nel suo stile - ma per fortuna qualcuno nella folla si premurò di gridare al posto suo: «O M G WILLOW DIVENTA VICE CAPITANO! UN BRINDISI A LEI!!!!111» proprio mentre Joey continuava con: «e, se siete tutti d'accordo, ricordatemi di segnalare a Jeremy che abbiamo anche un nuovo giocatore titolare» sì che che erano tutti d'accordo, ma improvvisamente gli importava del loro parere più di quanto non facesse il giorno prima; aveva sempre sognato una squadra su cui contare, di cui potersi fidare, con cui dover condividere le decisioni, a cui voler bene dentro e fuori il campo
    e ora ce l'aveva.
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    Edited by mephobia/ - 4/12/2019, 01:48
     
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    Avevano vinto????? AVEVANO VINTO!!!!!
    «JANE!!! ABBIAMO VINTO JANE, ABBIAMO VINTO!!» Non che fosse una che ci teneva particolarmente a vincere ma, be’… AVEVANO VINTO!!11! #again Ed era così orgogliosa della sua squadra, erano stati tutti bravissimi, ma Gid che aveva preso il boccino?? Lo sapeva che sarebbe stato bravissimo, oh mio dio!!
    Strattonò il braccio dell’amica a sottolineare il concetto, perché la Darko non pareva aver ancora ben afferrato che la partita era finita e i Corvonero erano i vincitori – e che, cosa da non trascurare, finalmente non avrebbero più dovuto stare sotto la pioggia a prendersi una polmonite. Il tempo non era stato affatto favorevole, ma la contentezza aveva superato di gran lunga il freddo e i vestiti fradici che, non appena possibile, Narah avrebbe provveduto a cambiare in dormitorio.
    Saltellò persa nell’esultanza per un po’, fino a quando Jane non la buttò di cattiveria contro Gideon dicendole di trattenerlo; e Narah, cui Jane non aveva fatto mistero dei cartelloni consolatori che aveva preparato per la loro perdita – glielo aveva detto, che non aveva abbastanza fiducia la malfidata! –, pensò proprio di aver capito quali intenzioni avesse. E poi diciamolo, aveva già intenzione, ovviamente, di andare a esultare con Gid, e saltargli tra le braccia le andò più che bene. Si accorse appena forse perché mezza congelata. che erano caduti sull’erba, e strinse a sé il ragazzo. «Siete stati grandi!» Arrossì appena mentre l’altro le dava dei baci gentili sul viso – in pubbliko!!1! Che imbarazzo –, tuttavia ricambiando con un sorriso timido. Era stato troppo bravo, era veramente troppo orgogliosa! Lasciò che Gid la aiutasse a rimettersi in piedi, una risatina divertita nel vedergli le guance rosse un po’ dallo sforzo e un po’ dall’entusiasmo del momento. Adesso sì che avrebbe dovuto preoccuparsi delle corteggiatrici che lo avrebbero tartassato. «Chi aveva ragione?» gongolò, riferendosi a quando, prima della partita, gli diceva che era certa che lui se la sarebbe cavata più che bene. Era il suo Gideon, trovava sempre un modo per cavarsela! IL SUO CUCCIOLINO #diabetissimo
    Lo strinse un’ultima volta, prima di allontanarsi e annuirgli in risposta. Lei non l’avrebbe certo seguito: Hazel le faceva troppa, troppa paura. Se si contava anche che i Grifondoro avevano perso… ebbe un brividino, e non solo di freddo. «Va bene, io ti aspetto.» Dove? Ai festeggiamenti, ovvio!!

    Si girò verso Fitz, per nulla stranita dal fatto che stesse parlando da sola – chissà quale fantasma era il suo interlocutore, stavolta – sinceramente impressionata da come Jane avesse corretto i cartelloni in fretta. «Ha talento, non trovi??» Vabbè, sarebbe stata falzissima se avesse detto che non si capiva che sotto le scritte a pennarello non ve ne fossero altre ma ehi, se non ci si faceva caso si poteva non notare!! Povera Jane, aveva pure fatto tutto di sua iniziativa. Ringhiando e sborbottando qua e là, ma quello non era neanche da specificare.
    Fece vagare lo sguardo sul bancone stracolmo di alcool, attenta a non intralciare i festeggiati/festeggiatori(???) che avevano riempito la sala comune dei Corvonero. Chissà se qualcuno sarebbe finito in coma etilico alla fine della festa #sì. Represse uno starnuto, sintomo del raffreddore in arrivo per cui, però, ne era valsa assolutamente la pena, e sospirò. «Non vedo succhi di frutta,» commentò, rassegnata all’idea che avrebbe bevuto qualcosa – che non fosse alcool – solo in dormitorio. Assistette al breve scambio di parole tra Gid e Fitz, ridendo perché tra tutti e due una conversazione non sarebbe mai stata normale. Era circondata da casi umani – speciali, chi più chi meno in tutti i sensi – e le piaceva. «Ciao,» mormorò rivolta a Gid, il tono reso leggermente basso, intimidita da tutta quella gente presente. Però era stracontenta che si stessero tutti divertendo, lui compreso!! Chissà, magari alla fine avrebbe persino trovato il suo succo di frutta.

    17 y.o. | telepath
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    «ALLORA? TU E WILLOW?» non aveva fatto in tempo a ritrovare il contatto con il terreno di gioco né aveva avuto modo di liberarsi di tutte le protezioni – di dubbia utilità, considerata la portata distruttiva dei fulmini – con cui erano costretti ad imbottirsi prima di ogni partita; non aveva avuto neppure la possibilità di accertarsi di non dover timbrare l’ennesima visita in infermeria, che una familiare figura le si parò davanti. Avrebbe voluto rispondere con un ironico sto bene, grazie, ma il sospetto entusiasmo nel tono di voce del fratello portò ad un più perplesso «Io e Willow... ci vediamo più tardi, perché?» e a conseguenti istanti di silenzio trascorsi ad osservare il volto del corvonero, a tentare di andare oltre il velo di stanchezza dovuta al tifo sfrenato e di comprendere la ragione di quello stato di eccitazione paragonabile soltanto ai postumi di un’overdose di caffeina. Avrebbe persino giurato di averlo visto vibrare, come se avesse custodito un segreto tanto a lungo da essere sul punto di esplodere. «HAI UN APPUNTAMENTO!» corrugò la fronte, Halley Oakes, continuando a mostrarsi confusa dal comportamento del maggiore. Non era la prima volta che incontrava qualcuno oltre l'orario scolastico; certo, non avrebbe definito in quel modo una normale serata tra amiche, ma era fin troppo stanca per iniziare una discussione che non avrebbe mai potuto vincere. Inoltre, Hunter non aveva torto: bastava un orario e un luogo per definirlo un appuntamento. «Sì, se vogliamo chiamarlo cos–» «UN APPUNTAMENTO VERO!» fu in quel momento che gli ingranaggi nella mente della grifondoro si misero in moto e che tutti i cori arrivati dagli spalti durante la partita iniziarono ad assumere un senso. Fu da quel momento che avvertì una lieve sensazione di panico pervadere il suo corpo. «Intendi una cena? Con i fiori? E le candele accese?» non esattamente il suo genere, sia ben chiaro, ma non avendo alcuna esperienza in materia di appuntamenti – fatta eccezione per il fantastico San Valentino precedente –, i suoi pensieri iniziarono ad attingere informazioni dallo scarno repertorio di film romantici visti fino a quel giorno. «Ma no, ti sbagli...» replicò, senza la giusta convinzione di cui si armava tutte le volte in cui decideva di mettere in dubbio le parole del fratello. Incurvò gli angoli della bocca in un sorriso tirato, mentre osservava Hunter, sguardo serio e sopracciglio pericolosamente inarcato, assumere quella tipica espressione di attesa con cui la ammoniva e la invitava a riflettere prima di aprire nuovamente bocca. «Non… quindi… pensi davvero che… com’è successo? Che devo fare? Che devo dire? Come mi devo vestire? Devo portare qualcosa? Devo pensare a qualcosa? SMETTILA DI METTERMI ANSIA, HUNTER!» senza dargli modo di rispondere anche solo ad una delle mille domande appena poste, iniziò a raccogliere l’attrezzatura da Quidditch abbandonata ai suoi piedi e si diresse verso gli spogliatoi dei Grifondoro.
    All’interno della stanza regnava un clima funereo, un silenzio che strideva con lo scenario rappresentato dalla mente di Halley – la Furia Rossa intenta a scaraventare gli armadietti al suolo, far volare le panche in legno o, più in generale, sfogare la sua ira funesta contro tutto ciò che rientrava nel suo raggio d’azione – e che contribuiva a rendere opprimente la consapevolezza di non aver fatto abbastanza per cambiare le sorti dell’incontro. Ascoltò le parole del capitano, memorizzò l’appuntamento per l’alba del giorno successivo – momento a partire dal quale avrebbero smesso di avere controllo su ciò che restava del loro tempo libero – e si preparò per raggiungere Willow. Non aveva idea di cosa provasse in quel momento né di come avrebbe dovuto sentirsi, abituata com’era ad agire ancor prima di porsi domande o di lasciare che dubbi di alcun genere potessero affiorare nella sua mente. Era sorpresa, curiosa, agitata, confusa – soprattutto confusa, perché ricordò di aver dato appuntamento all’amica in Sala Comune senza specificare di quale casata stesse parlando. Avrebbe dovuto aspettarla? Avrebbe dovuto raggiungerla? E se avessero finito per passare l’intera serata ad invertire le rispettive posizioni? Vagò all’interno del salottino per diversi minuti, fino a che la notizia della festa dei Corvonero non giunse alle sue orecchie.
    Era un disastro.
    Non per tutti, sia chiaro; nessuno avrebbe considerato strano il fatto che Halley potesse prendervi parte per rispettare la parola data all’amica. Chelsey, al contrario, avrebbe potuto pensare che l’Oakes se ne infischiasse della sconfitta e della sua prestazione mediocre a tal punto da trascorrere quelle ore a divertirsi piuttosto che dedicarsi al lutto e all’autoflagellazione. E in tutti gli scenari che riusciva ad immaginare, la Rossa l'avrebbe punita rendendole la vita un inferno.
    Si fermò a riflettere, tentando di trovare un modo sicuro per eludere i radar della grifondoro, e arrivò alla conclusione che un travestimento fosse assolutamente indispensabile per sperare di vedere la luce del sole ancora un altro giorno. Avrebbe potuto mascherarsi da Adriana Lima in quel famoso messaggio di spam o da José Antonio Raul Vicente Estigarribia Sáenz de la Torre – identità che avrebbe utilizzato se si fosse rivelato necessario fuggire in Messico –, ma, temendo di attirare l’attenzione su di sé, optò per la sua personale versione di un criminale in erba, con tanto di cappuccio della felpa sulla testa – e lacci stretti fino a mostrare una ridotta porzione di viso –, berretto da baseball e sciarpa dei corvonero di cui si era impossessata entrando nella loro sala comune – non prima di aver dato fuoco al messaggio rivolto ad Hunter. Si guardò attorno per tentare di individuare l’amica in quell’indistinta massa di studenti, premurandosi, di tanto in tanto, di sollevare il braccio in segno di vittoria e abbandonarsi a degli urrà privi di entusiasmo in risposta ai cori degli avversari. «O M G WILLOW DIVENTA VICE CAPITANO! UN BRINDISI A LEI!!!!111» si voltò in direzione di quel grido, si fece strada tra la folla e, riconosciuta la corvonero, si avvicinò per abbracciarla senza curarsi del fatto che quest’ultima potesse scambiare quel gesto per un’aggressione in piena regola. Oppure, se fosse stata fortunata, non avrebbe badato al travestimento e la grifondoro sarebbe stata etichettata come una dei tanti studenti impegnati a congratularsi con lei. * «È fantastico! E stra-meritato! E–» si fermò, frenata dall’espressione confusa della ragazza, e si affrettò a precisare «Non voglio farti del male!» alzò le mani, in segno di resa preventiva, e proseguì. «Sono Ha-» no, no e no. Non poteva rivelare il suo nome davanti al fratello della Beckham o agli altri componenti della squadra. Avrebbe potuto diffondersi la voce della sua presenza all’interno della stanza e, a quel punto, non avrebbe dovuto aspettare a lungo prima di vedere la Weasley spalancare la porta con un calcio, afferrare la sua bionda chioma e trascinarla via di lì. Le serviva qualcosa che soltanto la corvonero avrebbe potuto comprendere. «Ohibò! Sono ohibò confidò che ricordasse ogni dettaglio di quel San Valentino, compresi i nomi in codice con cui erano state abbinate. «Mi dispiace per il travestimento, ma preferirei che Chelsey non sapesse che sono qui.» non le sembrò necessario aggiungere altro dal momento che la fama della Furia Rossa era nota persino ai quadri appesi lungo i corridoi del castello. Non che avesse paura dell’amica, Halley, o che non fosse convinta di avere un’ottima motivazione per giustificare la sua presenza all’interno della sala comune dei corvonero, ma dovendo condividere con lei ogni centimetro del suo spazio vitale – dalle aule di lezione al dormitorio – le sembrava saggio evitare di incorrere nelle sua collera. «Ho bisogno di alcol.» onesta e soprattutto ignara del fatto che Willow ne avesse già consumata un’ingente quantità. «E di cibo.» possibile che i presenti si nutrissero soltanto dell’esaltazione derivata dalla vittoria e che solo lei sentisse l’impellente desiderio di intrufolarsi nelle cucine di Hogwarts? «Ti va di spostarci, quando hai finito con i festeggiamenti?» ma anche subito, Will

    * da qui puoi decidere se spaccarle un boccale di birra in testa e ignorare il resto del post; sentiti liberissima!
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    Girls Just Want to Have Fun
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