[evento] in loving memory

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    - gideon mcpherson
    Aveva avuto il tempo di salutare i presenti e far loro sapere quanto fosse dispiaciuto per le loro perdite. Provava fiducia, e sapeva che la speranza era indispensabile, così come lo erano le preghiere. Era stato difficile guardare i volti di amici e familiari delle persone scomparse e tentare di non empatizzare con loro in maniera eccessiva. Ci aveva provato fino alla fine, ma in ogni volto aveva rivisto se stesso bambino, quel bambino che aveva perso una sorella tempo prima e che poteva sapere cosa si provasse a perdere qualcuno di importante. Era una tragedia enorme, un evento che avrebbe dovuto interessare tutta la nazione. Aveva voluto farlo sapere ai diretti interessati, nei giorni addietro ed all’inizio di quella commemorazione. Si era avvicinato a loro elargendo abbracci stretti e sorrisi consolatori. Era a pezzi per loro, sul serio.
    Esisteva un motivo ben preciso per cui il McPherson avrebbe voluto evitare le commemorazioni, facevano troppo male e ne era terrorizzato. Aveva paura della sofferenza, quella straziante sensazione di sconfitta e di perdita nel cuore che non gli consentiva un respiro regolare, che gli catturava ogni pensiero buttandolo in un pozzo nero e senza luce. Si guardava intorno raccogliendo tristezza, la stessa che aveva visto nel volto dei suoi alla morte di Guinevre. E stava male, ma al tempo stesso, come avrebbe potuto non parteciparvi? Voleva esserne parte, un goccia in quell’oceano di persone che erano lì per loro. Perché anche una goccia era importante, no? Anche il suo piccolo contributo, un sorriso, un abbraccio avrebbe fatto piacere a chi era rimasto, a chi aveva visto i propri cari sparire. Voleva ricordare i caduti perché pensava che meritassero di essere ricordati, che non fossero dimenticati, ma soprattutto era lì per i loro amici, erano loro che avevano più bisogno di supporto in quel momento.
    Quando ebbe finito di salutare e si era sentito anche di troppo perché tanti altri avevano avuto il suo stesso pensiero, andò a prendere posto su una sedia in uno dei tanti tavolini sparsi per la sala, affianco a Perses, Theia ed Hazel, in attesa della commemorazione. Il silenzio di chi non sapeva proprio quale argomento intraprendere. Trasse un profondo sospiro, cambiando posizione, non riuscendo a trovare una posa comoda in cui rimanere. Il volto troppo pallido non rendeva giustizia all’estate, gli occhi erano lucidi e tristi, ma non piangeva, non intendeva farlo. In quel momento avrebbe voluto trovare anche Narah, per salutarla dopo un mese, ma non la vedeva nella folla...era anche vero che non l’aveva cercata, per cui si mise a farlo, con lo sguardo, e localizzò prima Fitz, poi lei... abbracciata ad un ragazzo che non aveva mai visto. Okay, non erano proprio abbracciati, erano a braccetto o qualcosa di simile. Ma il giovane provò comunque una strana sensazione nel vederla così vicina ad un altro ragazzo di cui non sapeva niente. Alzò la mano verso di lei, in un saluto poco convinto, e...con ogni probabilità doveva anche avere una faccia terribile in quel momento, un mix tra il triste, il confuso e l’imbarazzato. Trattenne i brutti pensieri ancora per qualche minuto, mentre nella sua testa si susseguivano scenari poco felici e molto paranoici che riguardavano la ragazza. Non gli aveva parlato di un amico, e lei non era mai stata una tipa incline al contatto fisico se non con chi aveva molta confidenza. Il suo cuore già provato da quel malessere generale non ce la fece. Le lacrime iniziarono ad uscire prepotenti e stronze.
    OH CAZZO PERCHÉEE
    DANNAZIONE
    SI ODIAVA.
    Gideon si odiava dal profondo di quello stupido cuore nemmeno suo.
    Sbuffò, profondamente infastidito da sè stesso, insultandosi mentalmente. Raccolse un fazzoletto dal tavolo per asciugarsi gli occhi, poggiando la testa sulla spalla dell’amico.
    Oh poverino, è proprio distrutto. Commentò Hazel, la bocca ripiena di un tramezzino al tonno.
    È colpa della luce troppo forte!
    Si giustificò e quando riaprì gli occhi, per posare il fazzoletto, tutto era diventato improvvisamente buio. Okay scherzava, la luce non era poi così male, dai. KARMA PERCHE?
    Un silenzio generale seguito da un vociferare confuso e qualche grido spaventato. Cosa stava succedendo?! La mano del McPherson andò automaticamente ad afferrare quella di sua sorella, attirandola a sè per paura che gliela soffiassero da sotto il naso, per paura che quando fosse tornata la luce non l’avrebbe più rivista. Rimani qui. La destra sulla bacchetta nascosta nella giacca.
    La luce venne riaccesa, ed una musica partì insieme alla voce di un uomo. Confuso, il McPherson guardò Perses interrogativo. Ma cos...
    La sorpresa finale era quanto di più scioccante Gideon avesse mai visto.
    ERANO GLI SCOMPARSI.
    I MORTI.
    Ed erano VIVI. O meglio, alcuni lo erano...altri...? Ma no, stavano tutti bene!
    Ma succedono queste cose ogni anno qui ad Hogwarts? Domandò a Perses e Theia, più esperti di lui senza dubbio.
    Eppure si sentiva più...sollevato, in un certo senso. Più leggero. Tutti gli scomparsi erano lì ed anche se Gideon non sapeva spiegarsi il motivo, più facce avevano iniziato a sorridere, coinvolgendo anche lui in quella felice sorpresa.
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    C’era più d’un motivo se Jamie Hamilton, specialmente con gli sconosciuti, tendeva ad essere fisico: una stretta di mano un po’ più decisa del consueto, o reclutante a mollare la presa poteva apparire minacciosa, poteva dare l’impressione sbagliata, ma creava comunque l’immagine che il cronocineta voleva lasciare; bonus, a meno che non si fosse trattato di occlumanti in gamba, aveva la possibilità di scorgere abbastanza del loro passato da assicurarsi fosse gente semi affidabile.
    Checkmate.
    E non era solito farsi ingannare dalla prima impressione, ma alle foto che l’ometto gli aveva fatto scivolare di fronte, non aveva potuto trattenersi dall’arricciare il naso: «non sembrano molto pericolosi» un sorriso morbido, le immagini a sparire all’interno della tasca dei pantaloni. Sapeva che l’abito non facesse il monaco [gemes: triggered] ma un orsetto di peluche, gli pareva un po’ extreme. Per carità, fino a che lo pagavano in soldi veri e non del monopoli, lungi da lui giudicare; la gente aveva strani kink, in quel secolo.
    La gente era strana punto, in quel secolo.
    «molto pericolosi!!!!» Annuì senza aggiungere altro, sguardo solenne ed affatto impressionato. Dio, che frustrazione essere tornato a fare gavetta - quei lavori del cazzo per i quali, usualmente, assoldavano disperati o neonati del settore. Roba davvero da plebe, che faceva struggere l’animo competitivo dell’Hamilton.
    Ahimè, tornando alle metafore di chiesa che parevano tanto piacere agli Hamilton di quel secolo, era quel che passava il convento: era a tanto così (così) da vendere William, pur di avere un briciolo di autonomia economica. Bellissimo Aidan Gallagher, non fraintendete, e gentilissimo ad offrire loro vitto e alloggio fino a che non avessero trovato altra sistemazione, ma dipendere da un adolescente non rientrava davvero, davvero, nella cerchia delle cose tollerabili da Jamie Hamilton. Fosse stato uno sugar daddy l’avrebbe anche accettato, ma un ragazzino? Perfino lui aveva principi etici più elevati, ed odiava essere in debito con qualcuno.
    Ancor di più
    Con un ragazzino.
    Tristemente, prima di entrare nel giro d’affari che riempiva le tasche di cash vero, al cronocineta toccava partire dal molto, molto, basso. Arrivava in fretta alla cima, ma che…spreco di tempo, e di risorse. Si sarebbe sentito più nel suo settore a fare il mercenario, ma quel genere di lavoro richiedeva una conoscenza dell’ambiente, e delle persone, che Jamie ancora non possedeva – ed era giustificato nel non avere: scusatelo tanto, se arrivava dal secolo dopo. Gli era toccato ripiegare le proprie capacità nel più noioso campo dei sicari, meno pericoloso per qualcuno che ancora doveva adattarsi alle circostanze: uccidere era la cosa più facile del mondo, e – senza alcuna sorpresa – uguale in tutte le epoche. Ci voleva più fiducia, nell’essere mercenario; bisognava creare una tela di contatti, di risorse, e si trattava di accorgimenti che neanche un giovane pieno di qualità come Jamie poteva reperire in un mese. Sicario? Bam: contatto con il cliente, assicurazioni su pagamento e tradimenti, scelta del metodo a seconda delle circostanze e dell’habitat sociale, pulizia della scena e di eventuali testimoni; dindi assicurati. Era un lavoro per gente pigra, bisognava dirlo.
    Ma qualcuno doveva pur farlo.
    Non era il suo unico introito, altrimenti sarebbe già morto di fame da un pezzo. Ufficialmente, grazie al suo essere una creatura bellissima e persuasiva, era un cacciatore: fantastici documenti falsi che attestavano fosse parente degli attuali Hamilton, una piccola dimostrazione tutta di fede ai capi, finger gun ad un Akelei Beaumont che aveva già avuto il piacere e l’onore di conoscerlo quando ancora aveva una nomea - niente di più facile. Vorrei dire che credesse alla causa, ma sarebbe una cazzata: era solo un mestiere come un altro, con la particolarità che gli permetteva di compiere il proprio secondo lavoro, e pararsi il culo. Alla fine qualunque genere di società, girava su quello: astuzia. Jamie poteva peccare di tante cose – morale, per lo più – ma di certo non di furbizia. Con la nuova politica di assestamento, poi, riuscire ad incastrare i due mondi era stato facile quanto un tour estivo di hanna montana mentre miley era in vacanza da scuola: a quanto pareva, prima di quel momento gli unici obiettivi erano stati gli special, mentre i maghi – dio, che assurdità – i privilegiati; dal loro arrivo, giustamente si erano ficcati un po’ di senno in zucca, fingendo di accettare parità fra le due specie.
    Chiaramente, Jamie non era sprovveduto. Sapeva che buona parte della popolazione ancora disprezzasse quelli come lui, ed ecco perché, prima di denunciarsi alle autorità, aveva esitato un paio di giorni: una lotta fra orgoglio, libertà, e pragmatismo. Alla fine, la praticità di essere ufficialmente registrato come special, aveva vinto: un segreto in meno di cui occuparsi, coscienza più pulita in caso di controlli – maggiore libertà di movimento.
    Bellissimo.
    Ed aveva anche il fantastico plus di dimostrare al mondo che gli special (haha.) non fossero mostri, ma gente come si deve: era o non era il suo lavoro essere l’eroe quotidiano che combatteva la criminalità? Lo era, ed era maledettamente bravo in quello che faceva.
    Anche perché significava eliminare la concorrenza: XD.
    Prendiamo una giornata tipo del nostro giovane (-124 anni) cronocineta:
    1) dopo aver ricevuto dal cliente le informazioni riguardo il soggetto da eliminare, la prima cosa da fare era la ricerca; considerando che Jamie aveva molto tempo da perdere, ed ottime risorse grazie al badge cacciatore, non c’era nulla di più facile. La maggior parte della gente che era incaricato di uccidere, faceva parte della bassa (ma veramente bassa; infima) criminalità del mondo magico, aka nei vecchi registri di cacciatori e pavor, c’era sicuramente qualcosa che li riguardava. Dato che l’Hamilton era un ragazzo fortunello, Zayed Zahira era un pezzente di quartiere; manco spaccio, solo truffe e furti. Come ricordava quotidianamente a Gugi, che noia, hashtag il mondo non mi merita, hashtag troppo bello per questo secolo, hashtag non mi guardare così, so che la pensi come me.
    2) con la consapevolezza di avere la coscienza (#quale haha : ) ) pulita perché si trattava di un criminale, Jamie cercava di cogliere l’individuo in flagrante, aka: lo incastrava a caso con le possibilità che aveva al momento dell’incontro. Esempio, prendendo sempre come punto di riferimento il nostro amico Zeta: organizzare un appuntamento, sotto falso nome, in un locale pubblico del mondo magico (meglio se frequentato da famiglie e bambini, più brividoh), farsi raccontare la risa e la rasa su qualche pietra magica in grado di curare l’impotenza o qualche stronzata simile, ed approfittando della chiacchierata per studiare il pattern comportamentale del soggetto in questione (nel nostro caso, sfigato; non c’era davvero un modo più consono per definirlo), scegliere il momento perfetto per bloccare il tempo. Si trattava sempre di tempismo, nella vita; non era colpa dell’Hamilton, se partiva avvantaggiato. Comunque, dicevamo. Un’arma qualunque poteva andare bene, ma dipendeva tutto dalla situazione; in quel caso, considerando che erano lontani dal resto della clientela, una pistola andava più che bene. Bisognava scegliere il modello con cura: più erano moderne, più la società magica li disdegnava, ma più attiravano l’attenzione. Con le rivoltelle di solito si andava sempre sul sicuro, forse perché i vecchi film western erano cultura popolare anche fra i bacchetta dotati. Ebbene, approfittando della pausa temporale, infilare la pistola fra le mani del candidato, puntare ad un soggetto debole (i bambini andavano bene, ma con le donne incinta era jackpot) e lasciare l’indice sul grilletto; sbloccato il tempo, oer quell’istinto mortale ch’era stringere le cose che capitavano fra le mani, era matematico che il colpo partisse - caos assicurato.
    3) La sua parte preferita: salvare la giornata. Quello era il momento per l’Hamilton di estrarre la propria, registrata!, pistola, sfoggiando nel mentre il distintivo che lo qualificava a prendere in mano la situazione. Primo step: salvare (eh, gli toccava) bambino / donna in stato interessante, possibilmente dopo che almeno un proiettile, non letale, li avesse colpiti; scusate, così andava il mondo. secondo step: alimentare il senso di panico generale, spingere il soggetto a fuggire. I grandi dittatori che avevano fatto la storia sapevano che per mantenere l’ordine, dovevano mostrare che ci fosse qualcosa di cui avere paura, e che il Governo fosse l’unico modo per tutelarli – che senza di loro, sarebbe andato tutto peggio. Il compito di Jamie era quindi quello di limitare i danni, e assicurare alla plebaglia che cose simili, right in front of his salad!, non sarebbero mai ricapitate: assicurarsi che venissero chiamati i soccorsi in caso di feriti, inseguire il malcapitato, e bam, ucciderlo prima che potesse scatenare ulteriore panico.
    4) Prendersi il merito, accarezzare la guancia a eventuali bambini e dire loro che da grande anche loro avrebbero potuto diventare come lui (nei loro sogni, magari, ma quello lo teneva per sè); tornare al Ministero, costringere qualche tirocinante a compilare le scartoffie con quanto accaduto. Lasciavano molta libertà ai cacciatori riguardo come svolgere il loro lavoro, e finchè non si trattava di gente importante, a nessuno dei piani alti interessava chi morisse mentre facevano il lavoro – ma che vi devo dire Jamie era un bravo ragazzo, faceva le cose in regola.
    5) Riscuotere il pagamento dal cliente iniziale; in caso di poca fiducia reciproca, prendere quanti più soldi possibile, ed eliminarlo dalla faccia della terra. Visto? Faceva solo che un favore alla società! eh, ce l’aveva proprio nel sangue, l’indole del poliziotto.

    E questa era la Guida Per Diventare Efficienti Nella Gestione Di Due Lavori Apparentemente Inconciliabili, scritto ed interpretato da Jameson Black Barrel Hamilton: un bacio ai fan.

    Quindi insomma, quando diceva a qualcuno «ti ho già vista da qualche parte», non era per fare conversazione: nel caso della mora dall’aria denutrita, e del…pupazzo (già detto che avessero kink strani, in quell’epoca?) che si portava appresso, Jamie era stato contattato per farli fuori. A vedere la gioia con cui si ingozzava di tartine, seppe di aver fatto bene a scegliere la terza opzione offerta dal cliente, piuttosto dei…due? uno? Si rifiutava di farsi più domande del dovuto, ora davanti a lui; ciao ZZ, non ci mancherai. Non fece in tempo a spostare gli occhi chiari sul suo precedente interlocutore, con il quale condivideva il disagio esistenziale dell’essere un preoccupato genitore troppo kool per mostrarlo, e con evidenti tristi scelte di vita in fatto di adozioni, che qualcuno spense la luce.
    Dio che povertà il medioevo, ma manco le bollette pagavano? @darwin intervieni. Il sospiro di Jamie fu qualcosa di fisico, frustrato e stanco d’esistere in un secolo dove nulla andava come fottutamente avrebbe dovuto: quel blackout poteva significare solo miseria e slash o qualche spiacevole sorpresa che avrebbe fatto livellare il sospiro a grugnito. Oramai erano quelle le due modalità con cui l’Hamilton si esprimeva sul suo stato d’animo.
    «i’m gonna take my horse to the old town road, i’m gonna ride till i can’t no more.»
    Lemon, Ham, Callie e Tokyo, Shot, Barry e Jason, vi invidio. Saluti, un ammiratore.
    [a few moments later]
    E niente, erano tornati: come non detto.
    Strinse le labbra fra loro, un’occhiata distratta al palco al centro della stanza. Sapete, da adolescente aveva amato i prom: alcool gratis, e scopate facili. D’estate si organizzava il calendario per partecipare a quante più feste di fine anno possibili, anche se la vera gioia l’aveva scoperta con le confraternite – i collegiali avevano davvero un sacco di soldi da sputtanare, e jamie era sempre in prima fila per un po’ di conforto offerto dalla causa. Sperava davvero che i prom dei suoi tempi non fossero come quelli – deprimenti, per inciso – perché sarebbe stato molto deluso dal se stesso teen.
    E sapeva
    sapeva, perlomeno idealmente
    Che fosse una situazione molto delicata, ed il suo poco tatto non fosse utile alla causa. Quindi ci provò, davvero!, a trattenere la propria assente empatia, così da permettere ad altri di perseverare nel rendere quella festa l’ennesima patetica tristezza di quel secolo, ma alla fine il true Jamie tm vinse sul buon senso. Gomito poggiato sulla spalla di Will, facendo leva su quei tre (HAHA.) centimetri che lo rendevano più alto (e sempre più bello di Barrow II, ma quello oramai era scontato), l’Hamilton osservò quel che non mancava di ricordare da un mese a quella parte. «sai qual è la parte più bella di questa festa?» Il cibo? Le luci? il fuckin ritorno dei morti? L’annuncio del matrimonio? Il vissero per sempre felici e contenti che aleggiava nell’aria insieme a zombie.mp3?
    Siamo realisti. Accennò un sorriso stringendosi nelle spalle. «io.» a.k.a.: can we go now im bored.
    what the fuck
    is going on
    24 y.o. - 2119
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    stava succedendo davvero
    stava - succedendo - davvero
    OMIODIOSTAVASUCCEDENDODAVVERO!!!&&&
    Non se ne accorse subito, Tokyo Lovecraft, non appena riaprì gli occhi: la maggior parte di quei volti le era totalmente sconosciuta e - brutto a dirsi ma pura e semplice realtà - per un attimo aveva pensato si trattasse delle stesse persone che avevano avuto la sua stessa sorte il mese precedente. Se ve lo state chiedendo: no, la ragazza non si era presa la briga di impararsi tutti i nomi delle persone nel bunker, e di certi nemmeno i volti. Troppa fatica, capite? Era già morta, non poteva mica stare lì a stancarsi ulteriormente!!&
    Poi però si accorse dei vestiti che indossavano, e portò lo sguardo sui propri: quell'abito era ben diverso da ciò che le era toccato per tutto quel tempo. Era bellissimo, e così poco da lei, visto che l'ultima volta che aveva indossato una gonna risaliva probabilmente al giorno del suo battesimo. A farle capire che si trovassero di nuovo in un posto normale, però, non furono tanto i vestiti quando... «OMG UN CELLULARE!!&» che diamine, aveva ancora le lacrime agli occhi al ricordo della sua amata gopro rotta negli scontri: aveva perso tutti i video pazzeski girati da quando era partita per la missione, e era stata decisamente più colpita dalla sua scomparsa e dal non poter pubblicare il nuovo vlog per i suoi followerz piuttosto che dal fatto di esser morta e trattenuta contro la propria volontà in un bunker chissà dove.
    Che poi, in realtà, a Tokyo il soggiorno lì stava quasi piacendo: nonostante le opinioni degli altri, a lei Abbadon era parecchio simpatico e ci chiacchierava ogni volta in cui ne aveva l'occasione, raccontandogli fun fact sul futuro e narrando nel dettaglio le sue avventure in giro per il mondo. Lo trovava super divertente, e soprattutto era un buon ascoltatore, non capiva proprio perchè tutti lo odiassero!!& Ma una cosa, in tutto quel tempo, le era decisamente mancata da morire: una connessione ad internet. Ogni volta che ci pensava si sentiva morire, capite? Non sapere cosa stava succedendo nel mondo rischiava ogni volta di mandarla fuori di testa, e per questo tentava di concentrarsi su altro raccontando a caso momenti topici della sua vita o implorando gli altri lì con lei di aneddoti divertenti sui suoi nonni: che probabilità aveva di morire con il migliore amico del suo bisnonno????? Se qualcuno gliel'avesse detto anche solo due mesi prima, non ci avrebbe mai creduto. Ed invece guarda te che scherzi riserva il fato !!&
    «POSSO FARCI UN PO' DI FOTO???» Senza neanche aspettare una risposta - essendo famosa, dava per scontato che tutti le dicessero sempre sì - strappò di mano lo smartphone da un tipo a caso (VUOI ESSERE TU???? DAI CHE I SELFIE COL MORTO VALGONO ORO) con la promessa di restituirglielo dopo poco e poi si lanciò su Heather per scattare la foto che da settimane si erano ripromesse di voler scattare - erano tutte due belle e fotogeniche, era un obbligo avere almeno uno scatto insieme. Con un cellulare in mano, sentiva finalmente di esser tornata a respirare. E poi... «VIN???? LOLLO???????» MA QUANTO LE ERANO MANCATI!!&&& Dandosi una bella spinta grazie al vento - da quanto non usava i suoi poteri???? un sacco - atterrò davanti a loro e li stritolò in un abbraccio: era sempre in giro per il mondo, la Lovecraft, e spesso si era separata dai suoi amici per molto più tempo, ma mai prima aveva sentito così tanto la loro mancanza. «ma è una nuova moda???» l'amica era vestita un po'....strana «APPROVO NE VOGLIO UNO ANCHE IO» Chi era lei, per giudicare

    Callie invece, nel trambusto generale, si era semplicemente seduta sul posto in attesa che la situazione si calmasse. Insomma, come era venuto in mente ad Abbadon di esporli così tanto??? Per quanto tutti le avessero detto che no, si sbagliava, lei sapeva di aver capito il vero piano dell'uomo e sapeva che per questo tutti gli altri continuavano a dirle che le cose non stavano così. Non lo capivano che era una missione, quella??? Non poteva esserci altra spiegazione: li avevano tenuti tutto quel tempo nel bunker perchè erano stati scelti come i più adatti a sopravvivere all'apocalisse.
    Perchè era l'unica (l'unica!!!!) tra tutti quanti a sapere della profezia dei dinosauri??? Sarebbero arrivati dal cielo ad estinguere tutti gli umani, così come questi ultimi avevano fatto anni ed anni prima in capsule iper-tecnologiche definite meteoriti. Era scritto nelle stelle, possibile che non lo sapesse nessuno????? Per una vita - aka da quando aveva letto uno strano articolo su tumblr, circa un anno prima - aveva sperato di esser tra i prescelti, ed aveva fatto tutto il necessario per una vita degna di nota in modo da esser selezionata. Ed ora che finalmente succedeva, gli altri mandavano la missione a rotoli???? NON SI RENDEVANO CONTO DEL LORO PRIVILEGIO????
    Certo, anche lei ci era rimasta parecchio male del fatto che i suoi fratelli non fossero lì con lei, ma nel suo cuore era stata certa che li avessero chiusi in qualche altro bunker e avrebbero visto quella nuova era tutti insieme, una volta usciti di lì. E INVECE NO, ERANO DI NUOVO ALL'ARIA APERTA E NESSUN DINOSAURO IN VISTA. Scoppiò a piangere, Calliope Jackson, perchè uno dei più grandi sogni della sua vita era stato spazzato via: Abbadon evidentemente aveva captato l'ostilità degli altri nei suoi confronti ed aveva deciso di eliminarli dal programma, riportandoli in superficie.
    «...callie?» riaprì gli occhi, la ragazzina, e quando alzò la testa fino a quel momento abbandonata sulle ginocchia si ritrovò davanti quegli occhi così familiari, che non vedeva da troppo tempo e diamine se le erano mancati «yoann??» se era anche lui lì, allora non era stato scelto per il programma aka entrambi sarebbero morti a breve a causa dell'arrivo degli invasori. Da una parte era tremendamente triste per lui, ma egoisticamente era felice di non esser rimasta sola: dubitava che ce l'avrebbe mai fatta ad andar avanti - anche solo fino all'arrivo dei meteoriti - senza i suoi fratelli. Buttò le braccia al collo del maggiore, iniziando a singhiozzare e bagnarli tutta la giacca «non vedremo mai i dinosauri»
    Funzionava in un modo tutto speciale, la mente di Callie Jackson, ma le si voleva bene così
    callie + tokyo
    16 y.o. - 19 y.o.
    idk shit
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco


    questo è davvero a caso, saltatelo pure smack
     
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    - imagine dragons
    Ma dai, che sorpresa!
    Gemes Hamilton arcuò entrambe le sopracciglia, avvicinando pacatamente il flûte di champagne alle labbra. Non emise un fiato, lesinando qualsiasi commento che potesse in qualche modo apparire fuori luogo, ma era evidente quanto quella situazione poco lo sorprendesse – e, sinceramente, poco lo toccasse.
    Se reputò necessario non dire nulla, quando tanto teatralmente quello psicopatico di un Seth fece aprire la scatola magica, lasciando che da questa uscissero come un fiume in piena tutti quei cadaveri che avevano dato a lui ed agli altri Viaggiatori il bentornato a casa, fu soltanto perché aveva vissuto passivamente il lutto di Jay, ed aveva una vaga idea di quanto facesse male perdere un fratello – ricordava perfettamente, cosa avesse provato quando Raine aveva avuto l’ottima idea di dirgli che Frederick fosse morto – ; era perché aveva provato, un telecineta poco avvezzo al tatto ed alla consolazione tra esseri umani, a stargli vicino quanto più possibile, e capiva quanto bisogno avesse di quel momento. Se aveva deciso di rimanere in silenzio, era perché condivideva con Run la maggior parte delle proprie giornate, ed aveva visto quanto impegno aveva messo giorno dopo giorno per occultare la propria malinconia e trasformarla in forza per andare avanti – e se non per sé, per chi aveva intorno. Se quel assuuuuurdo!!, nessuno si aspettava una cosa del genere!!! magnifico!! preferì tenerlo per sé, era perché si era abituato (fin troppo facilmente, ma ehi!, che ci poteva fare? L’esistenza delle persone andava in funzione della morte stessa, limite massimo la cui consapevolezza dava senso ad ogni giorno già vissuto, gusto a quelli ancora da vivere – alcuni la raggiungevano prima, altri dopo, altri la fregavano con una bella carta imprevisto e tornavano ad una base più o meno sicura: sostanzialmente, tutti morivano e bisognava farsene una ragione #amen) all’idea che non avrebbe mai più rivisto i contadini che aveva trovato riversi al suolo, il primo di giugno, e in fin dei conti saperli vivi gli faceva piacere. Non che gli fossero particolarmente mancati – tranne James: eh, quei sei vippini decerebrati avevano lasciato il segno (della croce!) nell’arido cuore dello Shaw; strano non fossero morti tutti, tra parentesi – , avrebbe continuato a dormire sonni sereni anche sapendo che il suo gregge era stato brutalmente massacrato, ma gli risultava impossibile negare non si fosse affezionato alla loro esistenza, dopo due anni trascorsi negli anni venti.
    Ma comunque, che inutile sceneggiata. Insomma, poteva capire che non tutti tra i presenti avessero preso parte a mistici riti voodoo per riportare in vita i morti, ma la stragrande maggioranza sapeva che tra di loro ci fossero già tre cadaveri erranti – anche di più, ma che ne poteva sapere lui dei sacrifici a Satana di Jeanine Lafayette in quel di Stonehenge?
    Molti, avrebbero dovuto esserci abituati a quella roba.
    Invece pianti, e grida, e botte – la sua parte preferita! – e «uau padre, il suo potere è fortissimo». Alzò gli occhi celesti su Rea, un mezzo sorriso a premere l’angolo destro della bocca. «sto ascendendo» sollevò il calice al cielo, un brindisi con il boss del tutto necessario: gli erano mancati così tanto, che nemmeno aveva da ridire sull’andazzo clericale che aveva preso Villa Hamilton. «diventerò il papa più giovane della storia, di questo passo.» che poi, ridendo e scherzando, non era una cosa da escludere a priori: immaginate il potere.
    Ad ogni modo, si stava parlando un po’ troppo dei morti e un po’ troppo poco delle cose realmente importanti. Abbassò lo sguardo su Heidrun Crane, tendendo un braccio per stringerla in vita e tirarla al suo fianco. Avevano atteso a lungo, soprattutto perché la mimetica aveva ritenuto giusto fargli notare quanto fosse poco consono fare quell’annuncio in un momento così delicato nella vita di molti loro amici e familiari, ma a quel punto immaginava non ci fosse più alcun pretesto per tenersi per sé la Notizia™. C’era ancora qualcuno che si disperava e si prendeva a cazzotti, ma non poteva certo stare a considerare tutti quanti – aveva delle priorità, Gemes Hamilton. Si schiarì la voce; batté l’anello un paio di volte contro il vetro del bicchiere per reclamare l’attenzione del pubblico. «già che siete tutti presenti,» ed ancora alzò il bicchiere, ma stavolta verso Abbadon: grazie bruh per avere radunato la plebe. «io e run abbiamo un annuncio da fare.» sorrise alla ragazza, morbido come solo con lei poteva e sapeva essere.
    Pausa. Per far crescere l’aspettativa? Per godersi i bisbigli confusi di sottofondo? Quello sempre, certo – ma anche perché, sinceramente, il ventottenne non aveva davvero ben chiaro come si facessero certe proclamazioni. Nel dubbio: «ci sposiamo.» secco e conciso, senza troppi giri di parole.
    Udì un gridolino nervoso provenire poco lontano, e non ebbe bisogno di voltarsi per sapere che si trattasse di suo suocero: esilarante. Lasciò a Run l’onore di rispondere alle domande, riservandosi solo il «ma sei incinta?» di Rea.
    Perché… perché… «no no haha!»


    Insomma… «non sei incinta, no?»
    GEMES HAMILTON
    29 y.o. • telekinesis
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    - barbie @ floyd
    «non pensi sia stupido?» Barnaby Jagger lo pensava di tante cose, di tante persone, e più spesso di quanto l’etichetta avrebbe permesso, l’aveva sentito dire di se stesso – quindi sì, probabilmente sì. Ma «cosa?» Alzò gli occhi scuri su Cassandra Lawrence, Ben Jagger, masticando pigro il panino offerto gentilmente dal buffet del funerale della giornata. A quanto pareva, il secondo lavoro di Cass era piangere in chiesa: cioè, davvero, c’era gente che la pagava per struggersi su bare di perfetti sconosciuti.
    Esilarante.
    La accompagnava volentieri, un po’ perché non si stancava mai di sfotterla, ed un po’ perché cibo gratis; non apprezzava particolarmente i cimiteri, ad esempio quello in cui si trovavano in quel momento era decisamente triste e patetico, ma se lo faceva andar bene, se significava passare un altro po’ di tempo con lei. «i fiori» Gli indicò con un ampio movimento del braccio i bouquet lasciati sulla tomba del defunto, sospirando drammatica nel portare la mano alla fronte. Al Jagger piaceva sempre guardarla nei dettagli, soffermarsi su come la luce paresse accarezzare la pelle lattea, o il vento far scivolare sulla fronte sempre lo stesso ciuffo ramato. «mi stai ascoltando?» Eh, «no.» Sorrise morbido stringendosi nelle spalle, consapevole ch’ella sapesse perfettamente quanto la sua soglia d’attenzione fosse bassa. «ho detto che penso sia stupido, portare fiori al cimitero» si chinò, le dita a stringersi attorno («no cass nO») ad uno dei bouquet, strappato poi d’ogni fiore sotto l’impotente sguardo del Jagger. Non che fosse particolarmente interessato al morto in questione, né si trattava di rispetto, ma non gli sembrava un gesto…apprezzabile. Si guardò attorno circospetto, temendo da un momento all’altro l’assalto del Signore o di qualche entità, e non potè fare a meno di trasalire alla fredda mano di lei sulla spalla. «sei buffo» Avrebbe voluto dirle che solamente lei, lo riteneva buffo; che altri, avrebbero ed avevano usato termini meno lusinghieri. Ed invece si limitò a sorridere con quell’impaccio che pareva far emergere solamente lei, sopracciglia arcuate sopra gli occhi scuri. «non hanno nulla di personale, i fiori. sono…vuoti» Si volse nella sua direzione, un pugno sui fianchi e l’altro puntato accusatorio contro di lui. «quando morirò, vorrò un disegno» «un…disegno» «un disegno.» annuì, il cappuccio della mantella a scivolarle sulle spalle. S’inginocchiò al suolo, l’indice a tracciare linee sulla terra appena smossa dalla sepoltura; quando si rialzò, un sorriso a brillare allegro sulle labbra, dal basso una faccina storta ghignava al Jagger. «uau, un vero capolavoro degno della signorina law-uh» massaggiò il braccio dove Cass l’aveva colpito, replicando con un sorriso sghembo alle ingiurie che non avrebbero mai dovuto lasciare la bocca di una sì giovane fanciulla. «il disegno non rimane» «almeno non muore come i fiori» che in effetti, c’era già abbastanza odore d’addio, nei cimiteri. Rimasero in silenzio una manciata di secondi, in contemplazione di solo Dio avrebbe saputo dire cosa, prima che Ben prendesse l’iniziativa avviandosi verso l’uscita. «ok, lo terrò a mente» «ma terrai a mente cosa? sappiamo entrambi che morirai prima di me» Scosse i capelli da una parte, ammiccando con ferini occhi azzurri fra le ciocche bronzee. «sarò io a disegnare sulla tua tomba, barnaby jagger» allungò il passo per superarlo, fermandosi poi pochi metri dopo.
    Dio
    Era così
    Bella.
    «comportati bene, altrimenti disegnerò solo p-»
    «cASSANDRA»
    <i>«-ulcini, ben. pulcini»


    «q-q-questi n-non m-mi sembrano p-p-pulcini, c-cass» appena un bisbiglio attorno al filtro della sigaretta, soffocato dalla risata della Lawrence che riusciva quasi, quasi, a sentire sulla lingua come quella troppo lontana prima volta in cui un Barnaby Jagger ancora integro, aveva premuto le labbra sulle sue ripetendo ancora, ed ancora, pulcini, ben. Sfiorò con l’indice il disegno sul monumento ai caduti in guerra, scalfito nella roccia alla base della lapide.
    Forse era stato a quel punto, che Barnaby Jagger aveva iniziato a piangere.
    Prima ancora di trovare la lapide di Cassandra Lawrence, e fissare assente la data di morte per ore ed ore ed altre ore; quando non era più riuscito a vedere, quegli inamovibili numeri di pietra li aveva sentiti in ogni osso ed ogni cellula, marchiati a fuoco direttamente sui tessuti: 1967. E al suo fianco, in una tomba dall’aria più moderna e asciutta -
    Timothy Barnaby Howl
    10.06.1917 – 05.12.2006
    Era rimasto in quel cimitero ben oltre l’orario di chiusura, incapace di muovere un solo muscolo. Non cercò neanche di trovarvi un senso, Barbie; non voleva capire perché, Dio perché, Perkins gli avesse mentito – voleva solo smettere d’esistere per un po’, giusto un fottuto po’, il tempo necessario a fingere che fosse solo altra merda per la quale non potesse fare un cazzo.
    Continuava a vedere
    E rivedere
    Una Cassandra china sul monumento ai caduti con il viso sporco di lacrime e fango, un coltellino stretto nel pugno mentre vandalizzava l’opera; riusciva a sentire, Barnaby Jagger, la voce del figlio che non aveva mai potuto incontrare, i è un cuore per papà, mamma? e le repliche della madre: qualcosa del genere, tim.
    Si sentiva
    Così
    Vuoto. Non aveva più la forza di arrabbiarsi, Barnaby Jagger. Approdato in un secolo a cui avrebbe potuto appartenere, ma aveva scelto di non farlo, non sapeva neanche più chi essere. Si sentiva… leggero. Non propriamente perso, ma privo di direzioni - lui ch’era sempre stato il più concreto, sorriso affabile e mani sempre impegnate ad intagliare stronzate nel legno.
    La sua
    intera vita
    Era una cazzata.
    E quel di cui più, di cui più, non riusciva a capacitarsi, era sapere che anche quel ch’era stato prima, era stata una cazzata; che quando due anni prima Barbie aveva visto Gwen, ed aveva pensato mi ricorda Cass, in realtà era stata tutta una cazzo di presa per il culo: perché era stata Cass, a ricordargli Dani. Lo sapeva, Barbie, che amava prendere per il culo tutto, ma mai se stesso. Non aveva mai avuto niente di suo, il Jagger, solo –

    «s-s-stronzate» non si scompose dalla posizione privilegiata sul fondo del salone, sedia poggiata alla parete e strategicamente accostata alla boccia del punch. Corretto, gli aveva ammiccato un ragazzino, dandogli una pacca sulla spalla. Uau, peccato che con la guarigione, non subisse un cazzo: un mainagioia di livello insostenibile. Nel dubbio, provarci non faceva mai male, e con la sua divisa da marinaretto, s’era messo a gambe larghe ad immergere il cucchiaio da gelataio nella bevanda, e portarlo alla bocca.
    Sì, ormai era suo, quel punch. Scartava la frutta, perchè era sempre stato un bad-guy.mp3 che non mangiava sano, ed aveva trovato il suo cestino personale in quel nano dell’Hale, apparentemente ai primi approcci con l’alcool.
    Quanto lo invidiava.
    «s-s-stronzate.» ripetè secco, abbassando lo sguardo sulla targhetta nella divisa: lil dick. Come fosse giunto a lavorare in un posto del genere, subendo bullismo psicologico quotidiano da quel gran dick di un Moonarie, era riassumibile in pigrizia, e mancanza di dignità: la storia della sua vita, insomma.
    Tornò a guardare il palco, a guardare Mads, e quando incrociò brevemente lo sguardo di Floyd Juan Villalobos, Barbie decise di averne abbastanza. «c-cià» si alzò per andarsene, non pensando manco per un fottuto secondo di fermarsi a guardare quel che stesse accadendo: non voleva saperlo, Barnaby Jagger.
    Non voleva saperne proprio un cazzo.
    Aveva già un piede fuori dal salone, quando si bloccò.
    Non poteva
    Non poteva
    Andarsene così.
    Ed allora deglutì, strinse i pugni. Rientrò nella sala della festa, Barnaby Jagger, avendo occhi solo per lui.
    Come poteva andarsene senza «m-mio» salutò con un cenno del capo eddie, prese il suo punch, e chi s’era visto s’era visto: Barbie era so fuckin out.
    barnaby jagger
    25 y.o. - healer
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    Are you sick of feeling so left out?
    Are you desperate to find something more
    Before your life is over?"

    - welcome to my life
    C’erano tre tipi di confusione al mondo.
    Il primo, ed il più comprensibile, era quello di Lydia Hadaway. D’altronde non tutti nascevano così privilegiati da far parte di uno, ma perché no, anche due riti in grado di far tornare in vita i morti; non tutti sapevano dell’esistenza di quel genere di magia, né l’avevano mai vista all’opera: scioccante, se ne rendevano conto anche lei, ma Jay non era (ancora!) mai morto, il che l’aveva esclusa dalla casta guess who’s back. La Hadaway, emozione affatto nuova a vibrare nel costato, non capiva; ancora stava cercando di comprendere chi fosse Abbadon, mai – mai! – menzionato in alcuno dei libri di storia che aveva letto, abituarsi anche all’idea che i morti potessero tornare in vita, era un po’…estremo. Fu probabilmente una delle poche a trovare del tutto legittimo il gesto di Mitchell Winston, tentata anch’ella di nascondersi dietro una bacchetta piuttosto di affrontare…qualunque cosa fosse. Non cercò lo sguardo di Jay, malgrado stringere la presa sulla sua mano fu istintivo (un po’ perché poteva immaginare cosa provasse, un po’ perché se è una trappola e finisci scaraventato nel medioevo, giuro che ti seguo solo per ammazzarti), sapendo che ben poco di quanto dipinto sul viso del telecineta, potesse esserle d’aiuto; guardò Nathaniel, Lydia. Guardò Arci, confidando che il far west, oltre ad un adolescente in piena crisi mistica ed un altro nel cuore della pubertà, gli avesse dato la Conoscenza: nope, e nope.
    Certamente non poteva cercar risposta nell’impassibile viso di Chariton Deadman: tieniti i tuoi segreti acquisiva un nuovo significato, quando nell’equazione era incluso Shot. Fu a quell’apice di non capisco, che cercò lo sguardo dell’unico essere umano che sapeva avrebbe compreso quel senso di smarrimento: «chissà se abbadon può riportare in vita anche vine» un sussurro ad Amos Hamilton.
    Chiameremo questa confusione, shock.
    Il secondo genere, e decisamente più fuori dalle righe, era quello di una Melvin Diesel che da quando era arrivata, non aveva smesso un attimo di pattinare da una parte all’altra della stanza con indosso solamente cellophane ed alluminio: lei s’era semplicemente distratta, e da un momento all’altro, era cambiato tutto. Non capiva proprio cosa stesse succedendo, occhi verdi a scivolare sulla platea, anziché sul palcoscenico.
    Bacchette?
    Urla? Pianti?
    «questa voi la chiamate fest-AH!» infine, cogliendo l’[HINT], s’era girata verso il palco, e…niente, non aveva capito comunque. C’erano Tokyo e…quella era Callie? Jason? Oddio. Schiaffò una mano sulla bocca cercando lo sguardo di Laurent Miller, attorno al quale aveva volteggiato tutta la sera come il bellissimo girasole ch’era, un «CLONI?» del tutto legittimo a scivolare dalle labbra. Insomma, arrivava da un secolo diverso, cerchiamo di capirla – non era così strano dalle loro parti creare androidi dalle sembianze umane. Anzi, soprattutto in oriente, era una pratica piuttosto diffusa nelle terapie per affrontare il lutto. «VIN???? LOLLO???????»«, ma gli androidi parlan-oOoOoOOO» ma che faceva, non allargava le braccia per prendere al volo un robot dalle fattezze di Tokyo? Era pur sempre una Tokyo. «come sei calda e morbida??»
    Chiameremo questa confusione, non ero attenta.
    L’ultimo genere di confusione che vogliamo prendere in esame, decisamente il più comune in quel di oblivion, era quello di una Sara che non aveva davvero la più pallida idea di come commentare il ritorno dal mondo dei morti, e che ha finito le emozioni il mese precedente. L’unica domanda alla quale ancora non riusciva a trovare risposta, e che si sentiva in dovere di fare, era «ma quindi abby li ha visti tutti nudi?» quello, il vero potere del Quinto Fondatore.
    E concludiamo con la confusione che definiremo: legittima.
    lydia + vin
    22 y.o. - 16 y.o.
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    zombie-ie-ie"

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    Bellissimo, davvero fantastico, non dover più essere costretti alla fuga perenne.
    Aveva potuto far cadere tutte le accuse che pendevano sulla propria testa, Brandon Keith Lowell – anche se, pensate un po’!, alla fine la mamma la avevano uccisa davvero; dettagli irrilevanti, e che alla Corte magica interessava meno di niente – , si era potuto dichiarare come soggetto agli esperimenti al Ministero e rientrare in tutti i canoni della legalità. Aveva l’opportunità di girare liberamente per le strade del Regno Unito senza dover essere sempre Newton – anche se spesso e volentieri preferiva non essere se stesso: poteva non essere più un ricercato, ma per l’opinione pubblica era ancora sotto processo: non c’era stato un giorno in cui, da un mese a quella parte, la sua faccia non era stata presa di mira da occhiate di disprezzo e terrore, come se da un momento all’altro potesse ammazzare qualcuno; dopo tutti quegli anni ci aveva fatto l’abitudine ed aveva anche smesso di importargliene, ma a volte gli sarebbe davvero piaciuto non essere guardato e basta. Aveva addirittura una casa! Una casa vera!!! IN CUI VIVEVA CON SUA SORELLA!!! Un sogno; non che lei ne fosse particolarmente entusiasta – sentimento che, negli ultimi giorni, aveva portato il maggiore a sviluppare un assurdo spirito di sopravvivenza e dei riflessi estremamente avanzati – , ma bastava la sua esuberanza a compensare la mancata capacità di esprimere emozioni di Jericho.
    Ma immaginava, e forse sperava, che se fosse rimasto ippopotamo ancora per un po’ di tempo, la lettera d’invito a quella festa non gli sarebbe mai giunto. Perché un leaver’s ball, Brandon lo aveva sempre sognato ed idealizzato. Però, quando era un adolescente.
    Diciassette anni prima; buon Dio, aveva il doppio dell’età ideale per partecipare a quell’evento. Non che ci fossero proprio solo giovani, anzi, tuttavia si sentiva… particolarmente vecchio.
    Ed a disagio.
    E non sapeva cosa fare.
    Per questo, taccuino alla mano e sorriso sulle labbra: «salve, posso farle qualche domanda?» era disperato. Cercava di scrivere qualcosa oramai da mesi, di mettere su un articolo e farsi prendere come giornalista da qualche studio stampa – ma niente, non andava. L’ispirazione non c’era, la voglia era altalenante, la cronaca troppo triste e ridondante; non sapeva dove mettere le mani. «no.» la gente, certo, non aiutava.
    «dai, solo un paio…»
    Buio.
    Country? Country.
    Cosa stava succedendo? Chi lo sa.
    Non il Lowell, che nel momento in cui riaccesero le luci si trovò una pistola puntata a bruciapelo contro la fronte. «tu domandi, io sparo.»
    Non Daveth Gallagher, che se ne sbatteva tre quarti di minchia del teatrino in atto sul palcoscenico. «levati dalle palle.» Non era lì per il cibo gratis o i litri d’alcol ad illuminare gli occhi dei presenti – abitava con gli Hilton, e poter usufruire della cucina di Rosario era uno dei non troppi lati positivi di quel lavoro: era indubbio che fosse un approfittatore, ma mica era un poraccio. E di certo, non era lì per la festa o per la commemorazione – men che meno, per l’orda di zombie appena sbucata dal nulla (alla quale, per inciso, aveva provato a sparare: deformazione professionale, il Ministero della Difesa aveva anche dei protocolli su un’invasione di morti viventi; ridicolo per l’ombrocineta, ma fino ad un certo punto) (se non fosse stato per lo sgrilletto acuto di Yale, probabilmente avrebbe premuto il grilletto). «vai.» sicuramente, non era lì per delle cazzo di interviste. Gli bastava una Shiloh nella sua vita, che rompesse le palle ventiquattro ore al giorno. «vado» (a rompere le palle ai morti ed ai disperati per sapere se volevano rilasciare qualche dichiarazione: sciacallaggio).
    Era lì, solo perché un dittatore emerso dalle viscere della terra aveva pensato di organizzare un party ed invitare mezzo mondo – ed aveva cara la pelle, Thanatos. «era il mio maledetto giorno libero» sbuffò calmo, riponendo la semiautomatica nella fodera ed accendendosi una sigaretta – mentre, tutt’attorno, si scatenava il panico: uau, un matrimonio, bll («OMMIODDIO VI SPOSATE??? RACCONTATEMI T U T T O !»). Sollevò lo sguardo ceruleo, diligentemente nascosto da un paio di lenti scure, su Newhaven. «oh, accidenti, il tipo del gelato si è rubato il punch. devo proprio intervenire e recuperare la refurtiva.» no, non era vero. Però, doveva fuggire da quella roba – qualsiasi drama adolescenziale fosse, non voleva rimanere. «torno subito»
    E invece, non lo avrebbe fatto. Giorno di riposo, fanculo.
    brandon + daveth
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    se vi interessa, bran vi molesta con domande sulla vita (e sulla morte) (letteralmente) (#interviste)
     
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    Amos era molto confuso, mettiamola così. Tra l’improvviso trasloco, il cosplay del vescovo di Brindisi, la morte e il ritorno dei suoi amici si era perso a sopravvivere a quel mese senza porsi troppe domande. Gemes come al solito era una tomba, il ragazzino che si erano portati dietro era decisamente terrorizzante e aveva paura di chiedere a Run – troppi dettagli, troppe memorie di un anno che avrebbe preferito dimenticare. Si era fatto trascinare a quella festa solo perché sia lui che Cash avevano bisogno di vedere facce nuove, ma soprattutto: Cash doveva smettere di citare i versi della Bibbia. Qualsiasi cosa Padre Gemes stesse raccontando al piccolo non gli piaceva, non lo sapeva che gli Hamilton erano strictly satanisti? Cioè, non lui, ma era abbastanza sicuro che Rea lo fosse. E avete visto Shia? Sicuro aveva fatto un patto con Lucifero per avere una barba del genere, non quando Amos riusciva a malapena a tenersi due peli in faccia. «vuoi andare a giocare con uran?» il biondo si chinò fino a raggiungere la stessa del bambino, un sorriso incoraggiante nell’indicare il bambino a pochi passi da loro. Non fraintendetelo, amava Cash, ma nessuno lo voleva sulla sua coscienza quando Amos l’avrebbe fatto cadere dopo la bomba heimes - meglio prevenire che uccidere. «e non mangiare troppe patatine!» lo avvertì greve mentre lo guardava avvicinarsi al figlio Eubeech, al momento in compagnia dei genitori. Avrebbe volentieri seguito Cash, ma non sapeva quanto sarebbe stato opportuno interrompere il momento tra i due, specie quando le coppie e le loro interazioni lo mettevano a disagio. Non ebbe nemmeno finito di sbarazzarsi del bambino che altre cose mistiche lo confusero ancora di più, come l’arrivo di Abbadon sulle note di old town road o dei morti viventi. Dovette poggiare una mano sul braccio di Lydia per assicurarsi di non star sognando, perché non era possibile - da quando Dio resuscitava gente a caso? A meno che non fosse stato Abby, ma non aveva senso? Non che ultimamente qualcosa lo avesse, quindi si limitò a ridacchiare isterico desiderando intensamente che nessuno incominciasse a cercare di mangiarli «chissà se abbadon può riportare in vita anche vine» ochei, quello era un ottimo punto. Potevano chiedergli quel favore? Sembrava abbastanza benevolo da abbracciare una causa nobile come la loro, e poi scommetteva che avrebbe amato fare i vine himself! «se non inizia a uccidere qualcuno possiamo chiederglielo!» non si sapeva mai con i tempi che correvano e i vari tiranni, persino Vasilov gli era sembrato carino all’inizio.
    E poi, successe la cosa più shock basita del secolo
    LA notizia
    LA N O T I Z I A
    «io e run abbiamo un annuncio da fare» Amos distolse l’attenzione da Lydia per portarla sulla coppia vicino a lui, le sopracciglia alzate alla migliore amica in una muta domanda: cosa succede? «ci sposiamo»
    Mhhh whatcha say
    Molto divertente davvero
    Aspetta- cosa?
    «AAAAAAAAHHHHHH AAAAAHHHHH» non riusciva a fare altro se non lanciare gridolini a caso, o saltellare sul posto come un bambino che aveva avuto troppi zuccheri «OH MEO DEO MA COSA MI DITE!!!!!!!!!!!!» non importava nemmeno che Gemes fosse terrorizzante, o che Run non gliel’avesse detto per tutto quel tempo, in quel momento non poté trattenersi dal correre verso la ragazza per stritolarla. E anche Padre Hamilton, dai.

    «oh my gold» il ragazzo non poté fermarsi dal portare una mano sul petto, la bocca spalancata ad ammirare la ragazza che stava a pochi passi da loro. Gaylord non poteva credere a quello che stava vedendo, ma chi se li inculava i morti quando Philadelphia Hilton era nella sua stessa stanza. Cioè era troppo fan del suo reality e del lavoro che aveva fatto con le comunità in Africa, aveva sempre sognato di incontrarla ma a nessuno degli eventi scrausi a cui era stato invitato era stata presente anche lei – insomma non frequentavano proprio gli stessi ambienti. «mi stai dicendo che in questa stanza ci sono gli hilton?» Penn, Yale e Prince erano lì e quella era Shiloh Abbot? Non poteva farcela, il suo cuore da fan non era abituato a tutte quelle emozioni at once. «dici che dovremmo andare a presentarci? Ho sempre voluto una collab» parlava più alla sorella che al resto della GAY squad (la sua squad personale), dato che Roan e Bjorn erano più impegnati a gawk ai morti nella stanza piuttosto che ai super vip vicino a loro. Non li avrebbe mai capiti, era chiaro che nella vita ci fossero cose più importanti che gli zombie. «si hai ragione, dobbiamo andare» non diede tempo alla sorella di protestare che subito la prese sottobraccio, stampandosi un sorriso a trentadue denti in faccia nella speranza di sembrare felice per entrambi. Sapeva che Willow non era stata blessata con il dono di esprimere troppe emozioni felici, quindi si sarebbe sacrificato anche per lei. «scusate, spero di non interrompere?» si intromise tra l’Hilton e un ragazzo dal volto familiare ma che non riusciva quite a place (qualcuno mi ri-insegni l’italiano), offrendo una stretta di mano ad entrambi – ma poi perché??? era così adulto e imbarazzante ma cosa stava facendo «io sono gay» niente, era sempre imbarazzante, specie davanti al suo idolo «e lei è mia sorella willow beckham» lasciò scivolare il cognome per puro caso, tanto per vedere se riusciva a farci amicizia facendole credere che fosse imparentato ai Beckham famosi. «mi scusi se è stupido quello che sto per chiedere» certo che sarebbe stato stupido, ma non si diede il tempo per tirarsi indietro, non ora che era così vicino alla collab della sua vita «ma a lei piace il make-up?» oh meo deo, perché era così scemo, e ora l’avrebbe saputo anche la sua idola!1 Voleva morire. Pls Willow salvami da questa situa.
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    - XYLØ
    «è finita»
    Come aveva potuto tradirlo così? La persona di cui più si fidava al mondo (scusa bro, sei al terzo posto; al secondo c’è siri – da qualche parte fra quindicesimo e ventesimo, shiloh e fergie)! Inaccettabile. Sentiva il cuore a pezzi, il giovane Hilton. Forse era colpa sua, che talvolta tendeva a dimenticare che ci fosse un intero mondo al di fuori della sua, magnifica, persona; un mondo che Yale ignorava così tanto da arrivare a stupirsi, quando s’intersecava con il suo.
    Assurdo.
    «ho detto che è finita»
    Ma poi per cosa? Era o non era (non era) lui a pagare gli stipendi? Non doveva esserci più controllo su chi entrava a casa sua? Aveva una black list apposita per quei momento, Newhaven Cedric Edward George Stephen Hilton IV; il fatto che venisse reputata inattendibile dato che la modificava un giorno e si e l’altro pure seguendo il flow di un umore mai abbastanza stabile, non significava che non dovesse essere legge, per la plebe.
    «GEORGE»
    E La Madre TM, mai aveva abbandonato la vetta di quella lista: tu quoque, rosario, baby sitter me.
    Snap. Fu il bruciore a riportarlo alla realtà, rapido e affilato come un ago in vena. Emerse dalla propria bolla d’isolamento con studiata lentezza, recalcitrante a tornare ad una realtà che sapeva non gli sarebbe piaciuta. Lo so, avrebbe potuto risponderle secco; se La Madre fosse stata più genitrice che aguzzina, avrebbe saputo che quello era uno dei bad habit di suo figlio. Lasciò cadere la sigaretta ormai finita nel posacenere, immergendo le dita doloranti nel ghiaccio del bicchiere di fronte a lui. «che distratto» portò indice e medio alla bocca, ruotando gli occhi blu sulla schiera di parenti ordinatamente seduti dall’altra parte del tavolo mentre succhiava allusivo i polpastrelli. Si beò del senso di disagio, Yale, delle guance arrossate delle cugine che fingevano di non sapere che i rispettivi mariti preferissero lui a loro, ma le cui occhiate lasciavano ben poco margine di dubbio. Eppure avrebbero dovuto sapere, che non vi fosse proprio alcun rischio: l’unico uccello dei Parker ed affini che Yale avesse mai voluto cavalcare, era quello di Alister Black, ma il cugino non gli permetteva di avvicinarsi a Carlo neanche per un selfie. Allie era davvero un mostro senza cuore, ma Yale gli voleva bene così. «dicevate?» battè con innocenza le ciglia, un sorriso smagliante verso il patrono dei Parker. Non gli era piaciuto affatto come La Madre si fosse materializzata nel suo appartamento; il fatto poi, poi!, che l’avesse prelevato in vece dei nonni, aveva fatto scattare gli allarmi di Yale a livello area 51 sotto assedio – ahimè, non aveva avuto una scusa diplomatica per defilarsi da quell’incontro.
    Erano sempre così kitsch, i Parker. Li trovava di cattivo gusto, con la sadica passione per l’umiliazione e la violenza, il melodramma a rendere ogni visita a casa loro, una puntata della famiglia Addams ma più splatter. Che Harvard non fosse stato preso in causa, l’aveva mandato leggermente in paranoia: non aveva paura di morire, Yale Hilton, ma non significava che vivesse con meno ansia esistenziale. Avrebbe potuto coprire il viso con una mano e, abbassando il tono d’un ottava, dire che ci sono cose peggiori della morte - ma insomma, stava cercando di essere realista. Si fece ripetere quel che aveva sentito benissimo, perché Yale Hilton faceva parte di quella piccola percentuale di persone che la propria intelligenza, la usava per sembrare stupido: quasi paradossale, se non fosse stato alla base della sua sopravvivenza.
    Che gli facessero capire bene: per anni, anni, avevano criticato il suo modo di essere ed esistere, le sue campagne promozionali per eguali diritti a special, licantropi, e sti cazzi – ma ora che entrava in scena un nuovo Capo TM, era – citando testualmente - il suo momento per dimostrare di essere un Parker?
    Uno: ma chi vi vuole.
    Due: «non è più semplice un matrimonio combinato? Ed Harvard è in età da moglie, pensateci» o marito, che si prendesse quel che voleva, decisamente non sarebbe stato Yale a giudicare; sperava non ci pensassero davvero, ma non sarebbe stato Yale Hilton se non avesse cercato di smorzare la tensione.
    Tre: ma chi vi vuole parte due.
    Ma arriviamo al clue di quell’assurda conversazione a senso unico dopo la quale l’avevano congedato: «devi diventare più attivo nell’ambito sociale del mondo magico; un mezzosangue come te, dovrebbe farcela»
    E questa è la breve storia di come Newhaven, lasciata la magione Parker alle spalle, aveva fatto tappa a Quo Vadis per offrirsi come sponsor della nuova gelateria: non solo poteva fare tutti i dirty jokes sui gelati che voleva, ma il locale stesso si chiamava big dick energy; era davvero la situazione perfetta per attuare, e traviare, i piani dei nonni. Non avrebbero potuto accusarlo di nulla, se non di aver adempito ai suoi Doveri TM.
    Ad assicurarsene, c’era l’inquietante dodicenne che da lì a quel momento, sarebbe diventato la sua ombra.
    Perché a quanto pareva, il piano B dei Parker se Yale non riusciva nel loro progetto di raggiungere uno stato di nirvana al fianco di Abby, era sacrificarlo per la causa, ovverosia sbatterlo nei Laboratori e dimenticarsi della sua esistenza. GuUuUrl. Era un ragazzo sensibile, Yale – non sapevano cosa succedeva IN CARCERE ai ragazzi come lui? Davvero senza rispetto. Avrebbe potuto offendersi, o che Dio non volesse, preoccuparsi, ma perché quando non gliene poteva sbattere un quarto di penny di meno? Che minaccia era. L’unica cosa che avrebbe potuto piegare davvero l’Hilton, era minacciarlo di tagliare i suoi fondi – quella, era roba da dilettanti. La magia era così? Sopravvalutata? Fastidiosa? Non che morisse dalla voglia di perdere la propria routine skin care venendo sbattuto dai Dexter della situazione, ma l’idea non lo terrorizzava quanto loro credevano avrebbe fatto.
    Chissà se prima o poi avrebbero compreso, che vedevano il mondo in modo diverso. Nel dubbio, Yale aveva comunque accettato (beh, non era che avesse avuto molta scelta) perché, malgrado potesse sembrare un riBeLLe, amava avere delle regole. Senza regole come avrebbe fatto ad aggirarle e piegarle a suo favore? Aveva dei passatempi, per la barba di Merlino.
    E poi si annoiava. Tenersi una spia dodicenne sotto il suo stesso tetto, gli sembrava un ottimo passatempo - marsupi lami, il suo canguro, non era ancora morto, quindi era certo che sarebbe stato un padre slash zio slash giuro che non ho mai visto questo bambino prima d’ora (dipendeva dalle circostanze), perfetto!
    Fu molto felice di tutte le proprie decisioni, quando Kendrick Leon Parker (un bimbetto che gli zii dovevano aver rapito in qualche zona di guerra della Cambogia, o qualcosa del genere; non era in grado di parlare perché, sorpresa!, non aveva più una lingua, ma era abbastanza non-espressivo da non aver bisogno di parole per esprimere il proprio disappunto nei confronti della vita. In poche parole: «aw davide, ha già preso tutto da te»), uscì dalla sua camera vestito da marinaretto della BDE – ah, come si abbinava bene alla sua divisa! Cosa? Se Yale sarebbe andato al prom vestito da capitano della nave? Certo che sì. In versione rivisitata e griffata, ovviamente, e non imbarazzante quanto i suoi colleghi, ma il cappello lasciava poco spazio a qualsivoglia dubbio.
    CIURMA, SI PARTE!!

    «salve, posso farle qualche domanda?»
    Portò una mano al cuore, cap Hilton, sguardo blu a saettare sul giornalista della serata che aveva avuto l’ardire di approcciarsi al Gallagher: cioè, aveva fermato davide – DAVIDE! – per qualche domanda, e non yale? COSA STAVA SUCCEDENDO NEL!!! MONDO!!! inverosimile. Oltraggioso. «penn, conosci questo plebeo?» penn, al contrario di Yale che si limitava a fingere, di solito conosceva davvero i giornalisti.
    /stacchetto!/
    Letterale, haha! «abbie piacerebbe così tanto, a nonno will» applaudì sul serio e di cuore, Yale, con un braccio poggiato sulle spalle della cugina ed un thumb up al nuovo oscuro dittatore del mondo magico: erano evidentemente fatti della stessa pasta, loro due.
    Primedonne country. Il fatto che tutti si fossero stupiti del regalo sul palco, non faceva che dimostrare – ancora una volta – di quanto quei poveri fossero abituati a feste che si addicevano al loro misero status sociale: era basic, agli eventi che frequentava l’Hilton, ricevere un dono. Come gli faceva tristezza, la gente bisognosa. Mentre schizzavano male per il regalo, evidentemente non le saponette che volevano, Yale si prodigò ad aprire il portafoglio, ed offrire centoni a gente a caso: QUELLA ERA LA VERA CARITà CRISTIANA! @padre gemes senpai notice me
    Spoiler? «sono saponette? Pensavo avessero smesso di farne di questo tipo, dopo i campi di concentramento» scosse il capo con il disdegno che tale dono meritava. Ah! Erano proprio retrogradi, da quelle parti.
    C’era perfino qualcuno contento: valli a capire, quelli in fascia terzo mondo.
    Poi: «uh, mi piacciono i matrimoni, mi invitate?»
    Ma soprattutto: «ochei davide, ma le chiavi della macchina- dAVIDE» niente, se n’era già andato. Sistemò il cappello sulla testa, un’occhiata al nano marinaretto che lo fissava killer da pochi metri di distanza: «gliel’avevi già presa, vero?» la replica gli arrivò istantanea, direttamente trasmessa alla sua mente ”si, perché dopo voglio guidare”
    mmm…un dodicenne alla guida…. probabilmente non sarebbe arrivato neanche ai pedali….ed abitavano piuttosto distante da dove l’avevano lasciata….«mi sembra un buon compromesso» PADRE DELL’ANNO.

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    Edited by selcouth - 4/8/2019, 01:53
     
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    Quando Gemes l’attirò a sé, Run seppe che fosse giunto il momento. D’altronde, era da mesi che ne parlavano, e se il piano iniziale di fare l’annuncio non appena messo piede nel 2019 era stato boicottato da quei pezzi di merda (shot, sto guardando te) che avevano ben pensato di morire, quella era decisamente una seconda occasione perfetta: c’erano tutti i loro amici, nemici, colleghi, parenti - perfino uno struzzo! Da sogno, idealmente. Cavalcare l’onda del giubilo dei ritorni spostando l’attenzione dalla loro resurrezione ad un matrimonio? Qual gaudio. Ma… non era certa di essere pronta, Heidrun Ryder Crane. Cioè, ma quindi – quindi era tutto vero per davvero? Le pareva troppo assurdo, troppo non Run-e-Gemes, perché potesse avere senso. Irreale. Averlo taciuto e tenuto come segreto per settimane, non aveva fatto altro che aumentarne l’impressione astratta: un annuncio, l’avrebbe reso concreto.
    Cioè.
    Si sarebbe sposata? LEI? Con QUEL MINCHIONE DI GEMES HAMILTON? Erano così poco credibili, che quando Gemes picchiettò l’anello sul bicchiere attirando l’attenzione generale, Run non potè trattenersi dal ridacchiare isterica e felice come un’adolescente che ammettesse ai propri genitori di aver fumato una canna: la portata della rivelazione, era all’incirca quella. Ed era ebbra di gioia, Run – leggera, dopo giorni che l’erano parsi anni e secoli. Perché erano tornati sul serio. Al contrario delle persone che ancora volevano fingere di avere dignità e buon senso, Heidrun ci aveva creduto da subito, che quelli fossero loro. L’aveva sentito in ogni battito e respiro, in ogni ruga confusa e piatta sul viso di quella testa di cazzo di Chariton Deadman – nelle occhiate liquide di Erin e Jess, di Stiles e Floyd. Aveva scavalcato Mitchell Winston, e la sua bacchetta ancora sguainata contro gli oppressorih, per avvilupparsi attorno alla Goodwin, stringendola contro il proprio petto fino a sentire, regolare e denso, il battito di lei contro lo sterno. Mentre la shorphy limonava, era salita sulle spalle di Shot alzando le mani in segno di vittoria a Kieran; si era lasciata cadere mollemente sui gemelli a’chapelle, piroettando poi dall’uno all’altro di quei volti che aveva creduto persi per sempre.
    E dire che lei fra tutti avrebbe dovuto saperlo, che non esisteva qualcosa come la morte, quando nell’equazione entravano le autorità del mondo magico – ma per un po’, ci era cascata. Come avrebbe potuto non farlo, nell’inciampare un giorno sì e l’altro pure in un paio di gemelli Hale con lo sguardo assente e distratto a posarsi sul nulla, su suo fratello - suo fratello - più fatto del solito a borbottare con le stringhe delle scarpe, o in una Murphy dallo stomaco grande quanto il cuore, che fra un morso e l’altro di pizza, soffocando le lacrime, continuava a dirle ottantun ps, run.
    «già che siete tutti presenti, io e run abbiamo un annuncio da fare.»
    Mentre il gelo si avvicinava sentivo anche molto freddo il prom si oscuri.
    Ricambiò meccanica il sorriso, ma prima che potesse continuare, chiuse la mano a pugno sulla sua camicia tirandolo verso di sé: «hamilton, ma 6 sikuro, vero» caso mai interpretasse quella domanda come mera paranoia, strinse maggiormente la presa strizzando le parole fra i denti senza mai far tentennare il sorriso sulla bocca. «guarda che se mi pacchi ti uccido» si fidava di Gemes? Mai, ma era una scelta, quella di non fidarsi; rendeva tutto più divertente. In cuor suo sapeva che una volta fatta una promessa, il telecineta l’avrebbe mantenuta. Almeno, il Gemes originale l’avrebbe fatto: lei ed Euge non erano proprio rinomati per essere affidabili, ed anzi era risaputo che avessero un senso dell’umorismo così pessimo, da potere volgere tutto quello in uno scherzo di pessimo gusto. Per la prima volta in anni, pregò che Gemes fosse più Gemes e meno Eurun: save the date, non ricapiterà mai più. Chiariamo subito che Heidrun non aveva dubbi sul fatto che lui l’amasse – come avrebbe non potuto farlo? ERA BELLISSIMA – ma… ma.
    Ma niente – lo lasceremo così, sospeso.
    Inspirò, svuotando i polmoni di getto. Non reggeva la pressione nON REGGEVA LA PRESSIONE.
    «la conoscete la storia dell’ape -»
    «ci sposiamo.»
    «- e del -gEMES» spalancò gli occhi verdi in direzione dell’Hamilton, bocca spalancata ed incredula: NON ERA QUELLO IL PIANO. Gli diede una gomitata al costato, un tic nervoso al sopracciglio sinistro. «va bene, ma rifacciamolo. al mio tre -» Fu l’unica a contare, e fu l’unica che «CI SPOSIAMO» battè le mani, e dalle speciali taschine che Mac (lo amava, lo frickin amava) aveva cucito nella parte esterna della lunga gonna color pesca, uscirono tutti i glitter tenuti al sicuro fino a quel momento.
    Celeste browning dornette: triggered.
    «ma sei incinta?»
    «haha non sei incinta, vero?»

    …ti uccido.
    «hamilton.» e a quel giro, dato che s’era trattenuta quello precedente, un potentissimo schiaffo alla nuca non glielo toglieva nessuno. «ma lo vedi che sei una bestia -» mise poi le mani a coppa attorno alla bocca, un braccio agitato nell’aria per attirare l’attenzione di al. «pà, non sono incint- PAPI TT K?» #no
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    Era una merda di situazione, inutile girarci intorno. Per quanto solitamente la Barrow cercasse di evitare di affrontare il dolore, sia proprio che altrui, quella volta non si era potuta sottrarre all’ingrato compito. Niamh sapeva cosa volesse dire morire, ma in quel caso non credeva che la sua esperienza sarebbe stata d’aiuto al migliore amico per elaborare la morte del fidanzato. Non aveva idea di cosa e come fosse successo, un momento prima non c’era niente e quello dopo la stanza si era riempita di cadaveri – menomale che gli effetti della cocaina non erano ancora svaniti del tutto, perché fosse stata sobria non l’avrebbe presa con quella leggerezza. Sinceramente? Aveva sperato che si trattasse di un trucco della sua mente fino a che non si era ritrovata a stringere Dakota al petto. E dopo di quello era andato tutto a puttane, e nemmeno nel modo che piaceva a Niamh. Aveva pensato che il ritorno di suo fratello e del resto dell’allegra compagnia significasse riprendersi la vita che aveva perduto un anno e mezzo prima, solo per rimanere con l’amaro in bocca nello scoprire che non ci sarebbe mai più stata such thing: in tutto quel tempo potevano cambiare molte cose. Ecco perché la Barrow aveva deciso di affrontare la situazione come ogni persona adulta avrebbe fatto, ossia tramite l’arte del rompere le palle. Quale modo migliore di aggiornarsi sulle vite altrui se non chiedere di spillare tutto? La metà di quello che le aveva detto il fratello le parevano grandi puttanate, ma almeno Dakota sembrava fornirle tea più attendibile. Era ancora oltraggiata che non avessero scelto lei, la Barrow più simpatica e bella, come esperimento da spedire nel futuro, aveva sempre voluto conoscere gli alieni e loro la lasciavano lì? Inaccettabile, la prossima volta esigeva di essere scelta come tributo. Sapete perché Niamh stava sparando puttanate a più non posso nella sua mente? Per non dover affrontare quello che stava accadendo in quel momento di fronte a lei, perché una fuckin’ scatola con dentro i morti non era quello che si era aspettata. Un enorme elefante? Un branco di clown? Certamente, ma non quello. Ne sapeva abbastanza di morte e resurrezione per sperare concretamente che fossero loro, ma non osò dare fiato ai suoi pensieri, Dakota a fianco a lei non ne aveva bisogno. «Niamh... quanto ho... bevuto?» si grattò la nuca indecisa se rovinare i suoi sogni o se comportarsi come l’amica supportive che era, un’occhiata al Wayne e si decise per la seconda, if only perché in quel momento avevano bisogno di un miracolo «non abbastanza da immaginartelo» giusto perché non era certa di fidarsi dei propri occhi, si arrischiò a spostare gli occhi verso Mitchell, che sembrava intenzionato a impedire a Scott di uccidere Marcus, e a suo fratello. No, non stava sognando. Per un breve momento incrociò lo sguardo di Penn, la quale sembrava confusa anche lei, mandandole un I feel you appena mimato tra le labbra - era felice di non essere da sola, era certa che anche la ragazza che tanto assomigliava Barrow si sentiva allo stesso modo. Perché cioè uau c’era una mini lei nella stanza ed era molto affascinata dalla cosa, anche se avrebbe preferito una versione vecchia per vedere come sarebbe invecchiata. «allora....vi lascio soli» si allontanò dall’amico senza ulteriori indugi, l’aveva letto nel suo volto che non aspettava altro che correre incontro a Jason, e quando sarebbe avvenuto non avrebbe giocato al terzo incomodo. Lanciò un breve sguardo a Stiles, ad Isaac, decidendo che anche quello non fosse il suo posto; non le era mai capitato di sentirsi a disagio, sebbene in quel momento non potesse provare altrimenti, c’era qualcosa in quella reunion che non le apparteneva. Gente sconosciuta, gente che era scomparsa in un altro tempo, era troppo per il suo cervello bruciato dalla droga. Così decise di uscire fuori dal salore, pronta a inquinare l’aria di Hogarts con la sua sigaretta stretta tra le dita «sono troppo vecchia per sta merda» e dire che non si aspettava nemmeno di arrivare ai vent’anni, figurarsi sopravvivere tutto quel tempo. Non poteva fare a meno di sentire di essere stata lasciata indietro, Niamh Barrow, voltandosi indietro a osservare la Sala grande, senza rendersi conto che in quell’anno anche lei li aveva lasciati indietro. Una nuova vita, aveva promesso a se stessa.

    Daisy voleva solo bere e rubare soldi ai più fortunati, perché una situazione tanto semplice si era complicata inutilmente? I suoi piani tendevano sempre a non andare come avrebbero dovuto, e ogni giorno che passava senza soldi era un giorno in più verso la fine dei saldi: lei necessitava quella camicia leopardata con tutto il suo essere, perché non volevano farla felice? Anche se, osservando la situazione più da vicino, la comparsa della compagnia dell’anello era un blessing in disguise, quale distrazione migliore se non un gregge di wannabe Gesù? Daisy provò persino a sforzarsi di riconoscere qualche volto tra la folla, ma come previsto non c’era nessuno che conoscesse, diciamo che non era il suo circolo sociale. Da quando aveva lasciato la Norvegia aveva preso una strada che molti avrebbero potuto giudicare come ambiziosa, altri self-destructive, ossia infiltrarsi nell’alta borghesia del Regno Unito – non perché volesse sposarsi uno di quei vecchi magnati, preferiva di gran lunga scappare nel cuore della notte con i loro gioielli. Era l’unica maniera per sopravvivere, per una povera contadina di Modalen. Fu proprio quando i suoi pensieri sfiorarono quello che era stata la sua vita prima di lasciare casa che un fantasma del suo passato apparve davanti a lei, suo fratello Bjorn. Imprecò sottovoce in una lingua sconosciuta, forse quella di Satana, cercando nella sala il primo scudo umano che potesse nasconderla dal Commstaj «sudo freddo, posh» non riuscì a contenere il suo tono isterico nell’aggrapparsi alle spalle (troppo alte) dell’amico, esattamente la protezione di cui aveva bisogno «dov’è beck?» lasciò per un momento la presa sul Gates, abbastanza per cercare l’amica tra tutti gli altri stronzi senza successo. Sperava per lei che non fosse a limonare qualcuno nei cessi di Hogwarts, non accettava che si mettesse la patata o la pannocchia al di sopra dell’amicizia, non erano mica tutti dei Barrow. «anzi lascia perdere devo nascondermi da mio fratello. Te l’ho mai detto che ho un fratello? No ok, almeno dieci, ma dettagli» stava incominciando a sparare minchiate mentre discendeva nella spirale dell’isteria? Assolutamente, ma non era quello il punto. «possiamo drogarlo?» quasi speranzosa, la voce di Mygg Commstaj, mentre il suo piano iniziava a prendere forma. Un pessimo piano, a dire la verità, pls Posh fai qualcosa.
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    su quell'ultimo mese non c'era poi tanto da dire.
    aveva fatto una fatica boia ad ambientarsi nuovamente tra le mura che prima della fottuta notte nei sotterranei di hogwarts jayson Matthew aveva sempre identificato come casa, ormai quattro mura tenute su dalla sola incapacità del telecineta di abbandonarle. perché la verità era che il solo pensiero di abbandonare villa fremells, con le sue fotografie e i suoi ricordi a martellargli l'anima e il cuore senza lasciargli scampo, lo faceva sentire un traditore.
    Non solo inutile e dannoso, ma anche infame.
    una merda a voler scappare dall'immagine di stiles impressa a fuoco in ogni specchio, nelle lenzuola di star wars, nell'ananas di ceramica che usava come salvadanaio, nei cereali arcobaleno che insisteva a mangiare ogni mattina nonostante jay lo avesse informato che si trattava solo di zucchero.
    così era rimasto, incapace di chiudere gli occhi la notte per più di due ore senza svegliarsi con lo sguardo vitreo di jeremy impresso nella memoria, l'odore del sangue nelle narici, la stilettata al petto che era stata la verità quando si erano decisi a dirgliela. Che della morte di suo fratello, jayson, non ne aveva avuto idea finché barbie non si era preso la briga di salvargli la vita riacciuffandolo ad un passo dall'oltretomba, è a quel punto il tempo era scaduto: non lo vedeva da un anno e mezzo, e stiles era morto ancora prima che potesse salutarlo.
    ancora prima di potergli dire addio.
    era per quello che si erano sbattuti tanto per rimediare all'errore di qualcun altro?
    ogni volta se lo chiedeva, il ventitrenne, e ogni volta si vergognava come un ladro, perché in cuor suo sapeva che era valsa la pena tornare. ne scorgeva il senso più profondo ogni volta che incrociava lo sguardo verde bosco di lydia, non più morbido come lo aveva sognato per troppi giorni e troppe notti: onesta, la madaway. nei panni della ragazza jay non si sarebbe mai perdonato, pur incapace di dare un nome ai propri peccati. Sfiga suonava riduttivo all'ennesimo rapimento, ma in mancanza di altro il telecineta aveva deciso di fare ammenda almeno per quella.
    chissà cosa cazzo aveva fatto di sbagliato Frederick Hamilton nella sua vita, per rovinare in modo cosi palese quella di entrambi. «te lo giuro» le aveva detto un giorno, intrecciando le dita alle sue mentre sullo sfondo nathaniel pareva in preda alle convulsioni, probabilmente ingannato dall'inginocchiarsi del telecineta - non una proposta di matrimonio in tempo di crisi, ma una promessa. «andrò a Lourdes, a Medjugorje, costringeró gemes a benedirmi ogni giorno per il resto della vita, farò qualunque cosa sia necessaria.» a togliere il fucking malocchio, ma questo non aveva bisogno di specificarlo, non con lei. avrebbe potuto fare una mossa più saggia, il Matthews, meno effimera di un giuramento segnato sul cuore che non era sua discrezione valutare se mantenere o meno, quell'unica decisione che il buon vecchio freddie avrebbe almeno dovuto tenere in considerazione: lasciarla stare.
    liberarla, finalmente, di quello che rischiava di diventare un peso così eccessivo da pregare che al prossimo rapimento indesiderato jayson facesse il favore a tutti di rimanerci secco, una buona volta. invece che lasciar morire altra gente al posto suo, tanto per dire. sapeva di essere un incidente stradale senza sopravvissuti sin dal primo giorno, il ventitrenne, eppure si era piazzato sulla strada di lydia hadaway coinvolgendola tra rottami e lamiere, solo perché faceva meno male. perché era un egoista figlio di puttana, il cui pensiero martellante in quel mese di agonia era stato rivolto a quante persone avrebbe sacrificato senza batter ciglio pur di riavere indietro suo fratello. tante, troppe, e senza un briciolo di rimorso.
    «sai cosa ci starebbe bene?» osservava il palco con sguardo vago, jayson, le iridi caramello offuscate da un paio di lenti scure che avevano il pregio di nascondere occhiaie scure in risalto sulla pelle troppo chiara del volto tirato. non ce poteva farcela (cit), il Matthews, che poi è quello che dice sempre ma quella volta lo sentiva proprio nelle ossa; a bodie spesso e volentieri aveva creduto di trovarsi ad un passo dall'abisso, pronto da un momento all'altro a fare il salto definitivo, ma solo in quel mese si era reso conto che quella sensazione faceva parte di una bugia ben costruita. Il fondo, quello vero, lo stava conoscendo solo ora. «non dire una bomba» «una bomb-ah non poteva nemmeno divertirsi più con la dinamite. che poi era l'unica cosa che gli mancava di bodie, tranne forse la libertà di lanciare gente a cado contro i muri delle case, nonostante la crociata intrapresa da padre gemes per fargli capire che no, non era affatto libero di sfogare le proprie frustrazioni sui bodiotti. a meno di non ucciderli subito dopo, ovviamente. piegò leggermente la testa verso nathaniel, un sospiro rassegnato soffiato tra le labbra, mentre quest'ultimo gli raccomandava di non picchiare nessuno mentre andava a cercare eugene e rea; fece anche finta di non vedere l'occhiata fugace del prof ad incrociare lo sguardo di lydia, conscio che il loro breve ma intenso scambio di pensieri in quel momento poteva riguardare solo lui e il fatto di non perderlo di vista.
    almeno per quello sembrava di essere tornati ai bei vecchi tempi.
    ed era effettivamente bastato quell' attimo senza la presenza di nate al suo fianco, perché scoppiasse il finimondo: una terribile melodia country che ormai jay associava a bodie e che quindi gli accelerò in un istante il battito cardiaco, la voce dell'uomo che aveva ucciso vasy e al quale il telecineta non era riuscito a stringere prima la mano per tale favore, essendo più di qua che di là quanto tutto il clou della faccenda si era concluso; e poi sussulti, grida, bacchette sguainate, lacrime e sguardi fissi di chi non credeva o non voleva credere. jayson matthews non rientrava in nessuna delle suddette fottute categorie.
    non un sussulto, figurarsi un grido di sorpresa.
    niente lacrime a sfuggire dagli occhi asciutti e stanchi.
    jay credeva, e voleva credere.
    perché la verità era che non gliene fregava un cazzo se quanto stava accadendo fosse stata una trappola o meno, il parto della fantasia malata di un pazzo o il miracolo divino che tutti aspettavano da troppo tempo. gli bastò riconoscere il proprio volto tra quelli delle persone in piedi sul palco, the first face this face saw, per smettere di pensare e farsi domande, per mandare a fanculo dubbi e riserve e scattare in avanti prima ancora che mitchell winston ponesse la sua domanda. una vera fortuna che avesse scelto marcus come volto contro cui puntare la bacchetta, perché se il catalizzatore fosse stato rivolto in direzione di stiles, jayson non avrebbe mostrato la stessa premura di suo figlio, quel ragazzino che tanto somigliava nei tratti a Frederick Hamilton, la sua stessa bacchetta sguainata come avvertimento; se ne sarebbe sbattuto le palle di mitchell, niente di personale sei tanto un bravo ragazzo basta gonfiarti i pettorali però, così come di chiunque altro.
    «MOVE, BITCHES.» anche se si trattava solo di una bitch, al singolare. nello specifico, jay se ne sbatté le palle di barrow skylinski, la cui unica colpa - almeno nei confronti del telecineta, perché aveva già le sue personali da espiare - fu quella di trovarsi troppo vicino a stiles nel momento in cui gli serviva campo libero per stringere il fremello tra le proprie braccia, ignorando tutti i no e non farlo, le paure e i passi indietro. stava semplicemente in mezzo al cazzo, il platinato. lo fece volare via senza troppi complimenti, afferrando contemporaneamente la camicia di stiles per impedirgli di indietreggiare oltre, dove credi di andare, le braccia poi ancorate al suo collo in una presa così forte da rischiare di stritolarlo impedendogli di dire qualche altra cazzata. «si, invece.» e avrebbe potuto dirgli un sacco di cose, jayson matthews.
    ma non ne avevano bisogno.

    «MOVE, BITCHES.»
    barry stava volando. letteralmente, piedi sollevati da terra e tutto il resto. spinto lateralmente da una forza invisibile che nello specifico si poteva definire amore fraterno e che, se non fosse stato per il tempestivo intervento di richard quinn l'avrebbe mandato culo sul pavimento dando il via ad una lunga serie di botte e dolori dai quali già sapeva di non potersi sottrarre. sempre deadpan, così come lo aveva conosciuto e imparato ad apprezzare durante quel mese altalenante di ansia e confusione, dick afferrò al volo il ragazzino e barry si ritrovò tra le braccia dell'adulto™ a contemplare il cielo terso, le braccia mollemente abbandonate lungo i fianchi. aveva desiderato quel momento più di ogni altra cosa - tornare a casa, non ballare il tango con il professore - e ora che finalmente non doveva piu trattenere
    fiato e chiudere forte gli occhi pregando che l'esperimento sociale di Abbadon giungesse al suo cazzo di termine, barrow skylinski se la stava facendo sotto.
    per la paura che non fosse vero.
    per quella, ancora più subdola, che fosse troppo tardi per rimediare.
    «grazie prof, troppo gentile.» dick gli diede una spintarella di incoraggiamento, sebbene barry avesse tentato inizialmente di opporre resistenza, il bisogno a livello inconscio di rimanere sdraiato schiena a terra finché il panico generale non fosse passato, attendere che le grida e i pianti e gli abbracci facessero il loro corso per scemare pian piano. ma poi:
    «quel cazzone là è il nostro cazzone?» sbatté le palpebre, il corvonero, iridi grigio azzurre a cercare il proprietario della voce tra le decine che si accalcavano attorno e sul palco. si sarebbe fatto la stessa domanda, a parti invertite, perché dopo upside-down e linee temporali sfasate erano davvero troppe le possibilità che si trattasse di una fregatura, l'ennesima presa per il culo. aprì la bocca per dire qualcosa, senza nemmeno sapere cosa, ma né corde vocali né gambe parvero decise a collaborare: immobile sul posto, lo skylinski, incapace di muovere un muscolo mentre mentre attorno a lui scoppiava il finimondo.
    non fece a murphy una colpa per essere corsa prima da shot, è nel vedere il ragazzo finire a terra schiacciato fu quasi lieto di non essere scelto come principale vittima sacrificale; e non fece a william e akelei una colpa, per essere rimasti a distanza, quattro paia di occhi troppo chiari e limpidi che lo fissavano alla ricerca di una spiegazione logica dove la logica non esisteva; e non fece una colpa ad amalie, per non aver urlato il suo nome. Per dio, avrebbe capito persino i freaks se si fossero tenuti lontani, se non gli avessero creduto. Che se anche fosse stato quello vero, di barrow, rimaneva pur sempre uno che non sapeva mantenere le promesse. Uno su cui non si poteva fare affidamento, il disappunto fatto persona.
    e forse era stato quel pensiero a paralizzarlo.
    e la sorpresa nel vedere sandy finalmente salire sul palco, a raddoppiare la stretta ferrea sui muscoli indolenziti.
    potevi anche rimanere morto, barry, non faceva alcuna differenza. inspiró, sollevando lo sguardo per incrociare quello del fratello, respiro trattenuto nei polmoni preparandosi al colpo. non lo avrebbe sopportato, ma poteva almeno incassato con il briciolo di dignità che Abbadon gli aveva lasciato concedendo al ragazzo di indossare un completo meno appariscente di quello riservato a marcus howl. «sei uno stronzo» «mamma mi ha fatto così.» *finger guns ad ake, risatina isterica* a quanto pare non era quello il momento di collegare bocca e cervello, perché nel momento stesso in cui quelle cinque parole gli sfuggirono dalle labbra seguite da un gridolino strozzato, barry capì che sarebbe stato meglio rimanere in silenzio. ma l'ansia stava salendo a livelli davvero unexpected, complice anche un principio di astinenza niente male: non era abituato ad affrontare certe situazioni da sobrio.
    per fortuna che c'era Sandra, a sbloccare la situazione.
    vide il gemello caricare un pugno stringendo con forza le dita della mano destra, e in quella frazione di secondo barry ebbe il tempo per vagliare nel dettaglio tutta la sua vita, aspetti negativi - tanti - e positivi - pochi ma buoni - compresi; surprising, essere preso a pugni dai freaks rientrava nella seconda categoria, probabilmente perche sul suo sangue versato avevano suggellato un voto infrangibile. che barrow era riuscito comunque a mandare a puttane, pensate voi che guru. lo sapeva, il diciottenne (cristo, ne aveva quasi diciannove, quand'era successo) che se avesse assecondato l'istinto di conservazione e si fosse spostato per schivare il colpo, anche quell'ultima possibilità di rimettere le cose al loro posto sarebbe svanita - quindi se lo prese. In piena faccia, lì dove faceva piu male, il dolore sordo ad esplodere nel naso pronto a propagarsi su fini al cervello.
    era di nuovo a casa.
    «barry, CAZZONE DI MERDA, spero la morte ti abbia sistemato l’ordine dei cervelli» sollevó entrambi i pollici in direzione di cj, mentre il sangue gli volava dalle narici e una fitta lancinante gli offuscava la vista; poteva sempre far credere che le lacrime ad ingrassare le iridi cerulee fossero dovute solo al pugno, e non al sollievo. Il fottuto sollievo che aveva atteso per un tempo infinito, e che un mese prima gli era stato sottratto come l'ultima flebile speranza di grazia ad un condannato a morte. «sei una merda» giustamente, insomma, toccava anche a lei. la guardó dritta negli occhi, a quella piccola furia compressa che era sersha kavinsky in quel momento, chiedendosi inconsciamente se avesse pianto quando era morto. che in fondo lei era stata la prima, e quella che più gli era mancata. ma voi non dirglielo eh. «questo è per essere morto» bellissimo. «e questo è per il resto» si prese entrambi i pugni senza fiatare, barrow, il sapore metallico del sangue finalmente sulla punta della lingua.
    si meritava il caricone, ma anche la certezza dopo tanto tempo che nulla fosse davvero cambiato. «non mi dispiace questo vostro lato sentimentale.» annuí asciugando una lacrima sulle guance ormai sporche, accennando un sorriso tinto di rosso. e prima che potessero allontanarsi, dire o fare altro, lì afferró entrambi stringendogli a sé, rimanendo nel mezzo tra quei corpi che insieme a lui avevano condiviso la stessa vita prima ancora di venire al mondo, in ogni tempo. e senza smorzare la presa guardó oltre le loro spalle, incrociando finalmente quegli sguardi chiari che fino al pugno di sandy non aveva avuto il coraggio di incrociare. un mi dispiace mimato con le labbra, quando le iridi cristalline di amalie si posarono sul suo volto, una muta richiesta di perdono; un 'guess who's back, back again' rivolto ad una kieran gia al settimo cielo, un respiro più profondo quando toccó a william e akelei.
    ma si dai va ad abbracciare anche loro CIAO MAMI CIAO PÁ, MORIRE È DAVVERO DIVERTENTE, UN SAKKISSIMO, poi OMeoDeo gli HEIMES si sposano, occhiata di panico e terrore a cj che giustamente prega il padre eterno, «IT'S HAPPENING» cosa provate bimbi 2043?
    paura


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    Mai e poi mai avrebbe pensato che quel prom si sarebbe rivelato così bello. Poco carino da dire, ma riguardo a quell'evento il giovane Tryhard si era fatto aspettative davvero - davvero - basse.
    Non era sempre stato così, però: per circa tutta la seconda metà dell'anno scolastico, il ragazzo aveva fantasticato a riguardo ininterrottamente, organizzando con largo anticipo le strategie con le quali i suoi amici avrebbero dovuto invitare le rispettive soulmates (e no, meh ovviamente non doveva invitare il gemello) e creando una bacheca su pinterest - segreta, naturalmente, visto che era un sacco anti aes - in cui salvare tutti i promposal carini e gli abiti più belli. Nella sua testa aveva già visto tutto: Meh dichiararle finalmente ciò che provava ad Erin per poi invitarla a ballare, Hunter e Viktor già in pista assieme a Nicky e Chouko, poco distanti, e infine Halley e Willow impegnate in qualcosa di decisamente più divertente, secondo i loro canoni, del danzare come...correggere il punch? Spegnere la musica all'improvviso e poi farla ripartire? Qualcosa del genere. Beh sarebbe rimasto felice ad osservare la scena e raccogliere il giusto materiale di video e foto da tramandare ai posteri, intento a spettegolare con Jess o portare dolci a Phoebe ogni volta che la ragazza gli avesse fatto segno.
    Ogni tanto, quando si perdeva totalmente nella propria immaginazione, dalla porta d'ingresso vedeva far il suo ritorno una Maple Walsh radiosa e bellissima come sempre. Solo all'inizio però, quando ancora il suo trasferimento improvviso bruciava come una ferita aperta. Con il passare dei mesi, la ragazza aveva occupato sempre meno i pensieri di Behan, fino a che aveva smesso di immaginarla del tutto, in mondo da non starci ancor più male ogni volta che ritornava con la testa sul pianeta terra.
    Sarebbe stato il prom perfetto, quello.
    Ed il mese prima era stato cancellato via
    L'idea di andare in gruppo era stata bellissima, sia chiaro, ed il ragazzo era convintissimo che in realtà la sua anima gemella fossero tutti i losers, ma non era così che sarebbero dovute andare le cose.
    Perche Meh non aveva una Erin da invitare al ballo.
    Beh una Jess con cui commentare gli abiti e andare a caccia di gossip.
    E tutti loro uno Stiles a cui poi raccontar tutto ciò che era successo.
    Poi però 1) «ma quelli soNO GLI HILTON???!!! o meo deo» O MEO DEO!!!! e nemmeno il tempo di svenire e farsi portare un bicchiere d'acqua e zucchero da qualcuno per riprendersi che...
    «zombie?»
    «zombie??»
    «ZOmbIEEEEEHHhhhh»
    «ZOmbIEEEEEHHhhhh»
    COSA STAVA SUCCEDENDO. Behan Tryhard, dall'alto del suo metro e ottantotto, riusciva a vedere tutto: le facce sconvolte, quelle solo un po' confuse, quelle davvero tanto confuse e quelle che fuck, I'm out. Perchè stava perlustrando con lo sguardo tutti? Ovvio, per trovare qualcosa con la quale difendersi. Se fossero arrivati da lui a mangiarlo??? Sapeva di non poter far loro del male perchè era una patata avevano i volti di persone alle quali teneva, ma almeno voleva evitare di morire???? Prima però di aver il tempo di fuggir via o usare un tavolo qualunque come scudo si rese conto di star facendo un grave errore.
    Ed a scaraventar via tutto ciò che era su uno dei tavoli per sollevarlo ed usarlo come scudo ci avrebbe fatto solo la figura dell'idiota che era «beh sono.. sono loro!» ah
    AH

    «AAAAAAAAAAAHHHHHHHHH» In un attimo, il ragazzo si lanciò verso il palco ad abbracciare tutti i suoi amiki nonmorti perchè OMG MI SIETE MANCATI DA MORIRE CHE SCHERZI FATE???????
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    «gay nO» troppo tardi: sprovvista di alcun tipo di forza fisica e della voglia di vivere di opporsi, la ragazza si fece trascinare dal fratello e esattamente mezzo secondo dopo si ritrovarono in mezzo agli Hilton.
    Inutile specificarlo: bastava guardarla in faccia, per capire quanto la sedicenne volesse morire. Voi direte: a crescere con un fratello come il suo, prima o poi doveva pur essersi abituata a situazioni simili. E invece no, la Beckham non aveva ancora capito come fare per scacciare via quella sensazione di imbarazzo totale che provava ogni volta e quel desiderio di afferrare una pala, scavarcisi una fossa e poi usarla per colpirsi il cranio. Si stava tanto divertendo a...non far nulla??? Cioè, starsene in piedi deadpan ad osservare i morti sul palco era un validissimo modo per passare quella serata, non capiva proprio perchè dovesse far..cose?? Tipo...parlare con le persone. La trovava un'attività difficilissima, soprattutto quando erano FAMOSE MA CHE SIAMO MATTI???? Lanciò un'occhiata disperata a Shiloh per invocare il suo aiuto e tirarla fuori da quella situazione: poteva restar lei insieme a gay e fargli fare amicizia con tutti quei vipz, no??? Così lei avrebbe potuto riprender il suo posto vicino ai combeech e continuare ad ammirare jericho da lontano senza destar sospetti - già detto che il mese prima si erano baciate? Sapeva che era stato un gesto totalmente professional ma SI ERANO BACIATE COMUNQUE, WILLOW NON PERDEVA OCCASIONE PER RIPETERLO AL FRATELLO ERA TIPO IL PIÙ GRANDE LIFE GOAL RAGGIUNTO IN VITA SUA.
    «e lei è mia sorella willow beckham» perchè doveva specificare sempre il cognome??? Ogni volta sperava di ottener qualcosa facendo pensar alle persone che fossero parenti di quelli famosi, e la maggior parte delle volte ce la faceva pure «anche lui fa beckham di cognome, eh» mai che pensassero avessero padri diversi?? così andava sul sicuro a sottolineare la parentela: chi era lei, del resto, per tagliare le ali al fratello?? Non l'avrebbe mai e poi mai fatto: per quanto imbarazzante starsene lì tra quelle persone, pur di vedere il bro felice avrebbe sopportato un po' tutto. Ovviamente facendoglielo pesare, ma quello era scontato. «mi scusi se è stupido quello che sto per chiedere» oh no, non imparava mai che così spaventava le persone???? Lei mica andava a chiedere alle persone se amavano i cimiteri!! O almeno, non al primo incontro!! «ma a lei piace il make-up?» l'unica fortuna era che le passioni del fratello erano più normali di quelle di willow. E un collab con Penn Hilton in uno dei suoi video avrebbe sicuramente fatto fare un pazze$ko glow up al fratello nel mondo dei makeup artist. «fa dei trucchi davvero belliximi» gesù, cosa le toccava fare. Senza aggiunger altro, la ragazzina fece una bella giravolta sul posto per far veder quanto fossero belli i giochi di luce che si andavano a creare sul suo ombretto e sul suo illuminante messo in modo impeccabile dal fratello quel pomeriggio: ci aveva messo anni prima di arrendersi finalmente e acconsentire al farsi truccare, ed era contenta che alla fine quella tortura avrebbe potuto rivelarsi utile a qualcosa. «è un po' modesto..diglielo gay» gomitata ben assestata al costato «ha truccato un sacco di personalità importanti tipo..SHILOH VIENI UN ATTIMINO???» chissà se aveva incasinato ancor di più il fratello, o lo stava aiutando in qualche modo: sperò che la Abbot riuscisse a sistemare le cose, in caso avessero spaventato la Hilton.
    Però dai, Penn stava sorridendo e sembrava sinceramente interessata, stavano andando bene????? O forse era solo cortese con tutti: riflettendoci, non ricordava di averla mai vista scocciata dai suoi fanz. Per questo era quella che trovava meno interessante del clan Hilton, le persone troppo solari non tanto le sopportava (tranne gay e i suoi amiki, ovviamente) «penn, conosci questo plebeo?» grz zio. Ecco perchè Yale le era molto più simpatico: non era sua madre non era troppo sdolcinato, lui, e si comportava da persona normale con i fan. Aka non sembrava amarli tutti, al contrario della cugina.
    Ma, giusto per difender l'onore e la carriera del fratello.. «siamo beckham»
    Erano Beckham.
    E anche Hilton, ma questo ancora non lo sapeva nessuno.
    willow beckham
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    Era passato un mese da quando Shia aveva finalmente ripreso il pieno controllo della propria vita, aveva speso più denaro in quel breve periodo che in tutta la sua esistenza; non era mai stato tirchio al dire il vero, ma dopo un anno vissuto come un contadino, dipendendo dal lavoro e dalla fatica degli altri aveva capito quanto fosse importante per lui il santo denaro. Finalmente era tornato un Hamilton e non passava giorno che non lo ricordasse al mondo intero, aveva pure pensato ad un altro tatuaggio, ora che era tornato nell'epoca giusta e poteva anche permetterselo.
    «Sai che sono davvero felice di essere tornato?!» disse il barbuto seduto sul letto dell'amico. «Si, me lo hai detto almeno dieci volte. Solo oggi» rispose Al esausto ma neanche troppo, il ragazzo non era cambiato per fortuna di Shia, infatti era ancora un uomo paziente che nonostante l'estenuante Hamilton continuava ad ascoltarlo e magari lo amava pure, come non farlo poi, anche perchè era pur sempre Shia, l'unico e inimitabile Shia. «Scusa» si alzò dal letto e strinse il biondo, aveva più bisogno di contatto da quando erano tornati e spesso stava proprio con il Crane perchè non voleva stare da solo. Era diventato peggio della sua ombra. Probabilmente se non fossero entrambi stati in villa Hamilton, il barbuto sarebbe stato fisso da lui e da Maeve. «Mi sei così mancato Crane, come l'aria.» sciolse l'abbraccio per poi mettersi alla finestra per godersi il panorama di villa Hamilton,anche quello gli era mancato e mai più avrebbe dato per scontato. «E so che è così anche per te, in fondo stavamo morendo separati. Non senti quello che sento io?» disse toccandosi il cuore, con fare quasi poetico se non fosse che era Shia e non aveva niente di romantico in quello che faceva o diceva «e non dico la voglia di bere e di sesso.»
    «dobbiamo andare» disse interrompendo quel loro momento magico, che avveniva praticamente ogni giorno visto che Shia era sempre con Al e non passava un attimo a tormentarlo, raccontandogli della sua disavventura nel far west, di come non aveva fatto sesso per un anno e di come era brutto sentirsi povero, come tutte le altre menate che aveva dovuto affrontare.
    Aveva deciso di superare così il lutto per le persone che aveva perso quando erano tornati nel presente, lamentandosi di tutto e spendendo il denaro che aveva ritrovato, questo era il suo modo per vedere le giornate nel modo migliore perchè non voleva ammetterlo ma gli mancava Swing e quei capelli morbidi, come aveva nostalgia di qualcun altro che la player al momento non ricorda, ma alla fine lui era tornato e riguardo agli altri... Beh,amen.

    «per tutte le barbabietole ammuffite» Shia era rimasto senza parole nel vedere tutti quelli che dovevano essere morti, lì vivi con loro, ma qualcosa fu ancora più sconvolgente, Gemes fece un annuncio «Ci sposiamo Shia guardò prima l'ex prete per poi posare lo sguardo verso la sua sgualdrina. Come era riuscito il moro ad incastrare la ragazza? «l'hai messo incinto?» chiede proprio alla ragazza, in fondo ci stava che lo avesse ingravidato dato che era Run Crane. Avrebbe voluto persino farle i complimenti ma venne fermato da un certo problemino al cuore. Guardò Al. «No. Cazzo. Non ci provare a morire. Andiamo a bere» disse Shia prendendo il suo migliore amico per andare a bere, non voleva che gli venisse un infarto proprio in quel momento, non ora che erano tornati a casa e che doveva spendere tutti i proprio soldi per ostentare la propria ricchezza.


    «non siamo morti?!» era la frase che più volte lo aveva tormentato nell'ultimo mese, cercando di capire quanto fosse reale tutto quello. L'ultima cosa che ricordava era stato il volto di Dakota, l'amore della sua vita che fino a quel momento aveva creduto di non poter rivedere mai più, il resto era molto confuso e a stento riusciva a capire cosa fosse vero e cosa al contrario era frutto della sua mente. Era stato convinto fino a quel momento di essere stato riportato in vita per qualche altro scopo, che non sarebbe mai stato riportato dalla sua famiglia.
    «è reale?» Lo era? Jason non ci credeva ancora che tutto quello fosse reale ed invece eccolo lì,in piedi con l'amore della sua vita tra le braccia, che piangeva e che lo stringeva a sua volta come per non farlo andare via. Era morto, ne era sicuro eppure ora era lì con lui e con gli altri che come lui erano tornati praticamente in vita. Non lo avrebbe lasciato mai più. Mai più.«io sono reale» cioè forse, aveva ancora dei dubbi al riguardo, poteva ancora essere chiuso in quella stanza (?) quindi doveva ancora realizzare che era davvero lì; insomma lo sperava davvero. Asciugò le lacrime del ragazzo e lo ammirò «e tu lo sei?» aveva sognato in quelle notti di vederlo al proprio fianco e altre aveva persino rivissuto quando i loro occhi si erano incrociati per l'ultima volta in quel campo di battaglia (non specifico dove perché alla player al momento sfugge). Ma era anche vero che lo aveva appena abbracciato, gli aveva bagnato la camicia e «quanto cazzo sei bello» lo era davvero, meglio di come se lo ricordava. Il suo rosso. Gli sorrise ancora una volta e prese il volto del ragazzo per posare le proprie labbra alle sue,doveva sentire ancora una volta il loro sapore e quanto fossero morbide dopo tutto quel tempo «ti amo» disse poggiando la fronte contro la sua. Gli era mancato più dell'aria.
    Shia + Jason
    29/22 y.o
    Poisoned and Cool
    <span style="color:#A36E8E;text-transform:uppercase;">prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco


    fa schifo ma volevo dire di aver partecipato almeno con loro
     
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61 replies since 4/7/2019, 21:00   2523 views
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