Impassibile, Barnaby Jagger. Non un emozione sul volto tirato e sporco, negli occhi scuri e socchiusi. Guardava un punto ben preciso senza vederlo davvero, labbra strette fra loro e polmoni che non avevano bisogno di funzionare, per tenerlo in vita. I Jagger del mondo avevano quella fottuta maledizione di sopravvivere sempre, la virgola ironica di un universo che qualche passatempo, doveva pur trovarselo. Ed uno credeva di esserci abituato, che nulla potesse più scalfire un'armatura già spaccata ed aperta in più punti, sbeccata di sorrisi ipocriti e strette nelle spalle che avrebbero potuto dire tutto o niente. Uno ci credeva davvero, che non potesse andare peggio. Aveva bisogno di crederlo, perché tutti - perfino Barbie - avevano necessità di pensare che prima o poi, prima o poi, quel genere di merda sarebbe finita. E sapete, ma lo sapete, cosa c'era di peggio all'essersi già arresi all'amarezza del destino? Non essere riusciti a farlo mai. Sotto la scorza burbera e le nocche sempre lorde di polvere e graffi che faticavano a rimarginarsi, Barbie era un cazzo di ottimista, ancora scheggiato da un'esistenza in cui la speranza era stata l'unica cosa a spingerlo, ancora ed ancora, ad aprire gli occhi un altro giorno: ma era stanco, Barnaby. Era stanco, incompleto di tutto quel che aveva reso tollerante a Sander Bitchinskarden schiaffeggiarsi le guance ogni cazzo di mattina, scendere a fare colazione con il sorriso sulle labbra, e tirare un affettuoso coppino sulla nuca di Raymond. L'aveva fatto per loro, Sand; per Juno e Ray, per Levi e Jackie e Leslie, per i suoi genitori. L'aveva fatto per Dani e Jess, per James e Cliff. L'aveva fatto per la sua famiglia, Sander. E loro l'avevano fatto per lui senza neanche rendersene conto, con una pacca sulle spalle o un'alzata d'occhi al cielo; erano stati tutto quel di cui aveva avuto bisogno per crederci un po' di più - per essere un po' più coraggioso. Di motivi, come ben comprenderete, se ne aveva bisogno sempre, che altrimenti il groppo in gola diventava erba e radici e fottuti rami a trapassarti da parte a parte. Ben Jagger non aveva mai creduto in quel genere di speranza, cinico sin dal primo battito fra le mura dell'istituto londinese, fino a quando non aveva conosciuto Cassandra Lawrence. Gli aveva dato la speranza di poter essere un uomo migliore, qualcuno per cui valesse la pena; l'aveva guardato sul serio, senza scivolare su di lui con l'usuale sbuffo e l'ironico, ma neanche troppo, "sempre quel bastardo di un Jagger" con cui l'avevano liquidato per diciassette anni. Fino a Cass, non aveva saputo realmente cosa significasse esistere, a malapena conscio che vivere fosse già meglio di niente. Non si era reso conto, un ben più giovane ed innocente Barnaby, di quanto - di quanto - avesse avuto bisogno di qualcuno che gli sorridesse senza secondi fini, considerandolo come essere umano e non come errore di un sistema imperfetto. Era stata la prima, Cass, a fargli conoscere il significato di casa, di famiglia; la prima a privarlo della patina opaca con la quale aveva osservato il mondo fingendosi intoccabile. Un eguale. Un essere umano. Solo chi non aveva mai conosciuto la solitudine, poteva credere che fosse scontato essere considerato tale da qualcuno: perché quando non avevi un cazzo di nessuno, era un po' come non esserci affatto. Neanche comparsa nelle vite altrui, Barnaby - neanche sfondo. Come poteva, dico, come poteva considerarsi ragazzo, e poi uomo, senza qualcuno che lo riconoscesse come tale? E lei l'aveva fatto, a discapito delle voci e dicerie del sobborgo; non le era interessato cosa potessero pensarne gli altri, quando gli aveva stretto la mano nella propria nella locanda dove lavorava. Vivo, un cuore pulsante e giovane a ticchettare giorni infiniti nello sterno. Se l'era bruciata tutta quella vita, il fu Ben; se l'era vissuta a cento all'ora, quella felicità dell'esserci - dell'esserci per qualcuno. Era cresciuto solo, ma non aveva mai conosciuto la solitudine. E quando Cass, in grembo un figlio che non avrebbe mai visto la luce, era morta in uno dei bombardamenti sulla città, Barnaby aveva scoperto di cosa, poesie ed anziane con gli occhi tristi e le rughe agli angoli delle labbra, parlassero: perché solo da quel giorno, Barnaby Jagger, aveva saputo il significato di solitudine. Vuoto, senza più nulla da perdere o trovare. Arreso, Barnaby. Giorno dopo fottuto giorno, mese dopo fottuto mese, soldato dopo soldato con il petto squarciato e l'intestino all'aria, s'era arreso al fatto che a quel vuoto, avrebbe dovuto farci il callo; che da quel genere di solitudine, non se ne usciva mai. Ti consumava di giorno, e di notte ti masticava ricordandoti che l'indomani non sarebbe stato differente, e che fino a che quell'indolente muscolo cardiaco avesse avuta voglia di battere, la tua vita sarebbe andata così - in un sospiro sempre di troppo, in un respiro che neanche avevi intenzione di fare. Una morte lenta e inesorabile, una tortura che straziava mente e petto senza discriminare. Che peggiorava sempre, perché a Cass si aggiungevano Howard e Toby, a Toby si accodavano Jones e Doyle, ed altre migliaia di nomi che Barnaby, Dio!, avrebbe voluto dimenticare, e che fottutamente non poteva: i suoi commilitoni, la sua squadra. Barnaby Jagger era sempre quello che sopravviveva, quello che non era riuscito a salvarli. Diventava quasi divertente, quando non ti svegliava nel cuore della notte con la tachicardia e le lacrime a pungere la gola senza riuscire a uscire. Non aveva mai pianto, Barbie. Se l'era domandato spesso, il perché, ma non era mai riuscito a trovare risposta: forse non t'importava abbastanza, Jagger. O forse gli importava così, oh così, tanto, da non avere la forza neanche di piangerli; andava avanti, per loro. Andava avanti perché c'era tutto un mondo che Cass e Howard e Toby e Jones e Doyle non avevano mai potuto vedere; andava avanti perché non si meritava il sollievo della morte, Barnaby Jagger. Doveva espiare le proprie colpe. Doveva svegliarsi, e sapere, sapere, che anche quel giorno non sarebbe morto; che sarebbe sceso sul campo di battaglia, ed avrebbe ucciso, ed avrebbe assistito impotente alla morte dei suoi compagni, e sarebbe guarito da ferite che sarebbero state letali a chiunque altro - ogni giorno, ogni cazzo di giorno. Miracolo, aveva bisbigliato qualcuno nel vedere il Jagger uscire incolume da una pioggia di piombo. E come glielo spiegava, Barnaby, che di modi per morire ce n'erano un milione e lui li aveva sperimentati tutti; che un cuore a battere, non significava nulla. Bodie non aveva cambiato un cazzo, nella già grigia esistenza di Barbie. Si svegliava; si dava una pacca sulla spalle balbettando che beh, bastardo, ci rivediamo un altro giorno; lasciava che i contadini vedessero in lui il capro espiatorio per ogni male del mondo, che tanto, di biasimarli, davvero non se la sentiva; permetteva che bruciassero metodici ogni tetto che riusciva a calarsi sopra la testa; sospirava; pregava Dio che per una volta, una fottuta volta, l'alcool potesse entrare in circolo abbastanza da rendere tollerabile quel cazzo d'inferno in carne e sangue. Non aveva speranza. Non aveva un quarto di motivo per cui vivere, Barbie, e non si sforzava per trovarne. A che scopo, se finiva sempre per essere l'unico a lasciare la stanza, tornando in un letto vuoto fra quattro mura vuote? Aveva smesso di esistere, ed il mondo gliel'aveva permesso. E sapete, ma lo sapete, cosa c'era di peggio del non riuscire ad arrendersi all'amarezza del destino, ma non riuscire a trovare un fottuto motivo del cazzo per giustificarlo? Trovarlo: perché nella vita di Barnaby Jagger, nulla era destinato a rimanere. Ricordava di aver trovato buffo, l'accento di Floyd Villalobos. Ricordava di aver trovato assurdo come il cipiglio severo del ragazzo cozzasse con il sorriso cordiale; come la farina a sporcare le dita, poco avesse a che fare con la postura elegante. «hola» Così. Così, a caso, tanto che Barbie aveva dovuto guardarsi attorno, sopracciglia corrugate nel cercare a chi il panettiere si stesse rivolgendo. Perché lo sapete, ma lo sapete, quanti mesi erano passati da che qualcuno avesse parlato con Barnaby Jagger? Salutarlo, poi - perché avrebbero dovuto? Non era nessuno, se non il balbuziente a cui bruciare casa per un Dio che aveva smesso di guardarli da un pezzo. E non aveva capito, Barbie. Anni dopo, ancora non riusciva a comprendere il perché di quel sorriso gentile, dell'occhiata curiosa con la quale Floyd aveva risposto al suo «m-ma c-c-ce l-l’hai c-c-con m-me?». Non aveva mai, mai fatto un cazzo per meritarsi quel sorriso, Barbie; perfino il giorno in cui si erano incontrati la prima volta, quando il Villalobos aveva fatto notare ci fosse solo lui e non potesse rivolgersi ad altri, Barbie se n'era andato senza replicare, mugugnando fra sé che non avrebbe comunque comprato le sue baguette. Perché era fatto così, Barbie; perché l'avevano fatto diventare così, ruvido e incapace di accettare che il mondo, sotto sotto, meritasse sempre seconde e terze possibilità. Ed in maniera del tutto irrazionale e primitiva, era stato naturale per Barbie ritrovarsi sempre a cercarlo nella folla; ad allungare la strada per passare di fronte alla panetteria, a resistere un po' di più alle torve occhiate dei Bodiotti che avrebbero voluto vederlo al rogo. Attratto come una falena alla fiamma, la disperazione irragionevole di essere guardato ancora, solo per un secondo; di esistere un altro momento, perché Dio se si sentiva solo, Barnaby Jagger. E l'aveva odiato, e l'aveva preso in giro, e gli aveva stretto un braccio attorno alle spalle fingendo di saperne più di lui, di quel mondo - e mai, Barbie, aveva detto a Floyd Villalobos che gli avesse salvato la vita. E che non gli ci era voluto niente, e che quel suo niente per il Jagger era stato un tutto del quale non credeva di avere più bisogno. Non era mai stato bravo con le parole, e da quando sputarle era diventato così, così difficile da lasciarlo privo di fiato, aveva smesso di provare a farlo: ma avrebbe dovuto, perché Floyd meritava di saperlo. Meritava di sapere che la sua seconda, terza occasione, aveva permesso ad un Barnaby Jagger di tornare a sorridere. Che il suo essere così Floydito, aveva fatto ricordare a Barbie che respirare, in fondo, non fosse così male come aveva creduto. Era bastato così poco, così fottutamente poco; Barbie ne aveva avuto così bisogno, di quella gentilezza non intenzionale. Nulla di personale, nella cordialità di Floyd; ma come lo si diceva, a qualcuno, che la vita con loro pesava un po' di meno. Che erano anni che cercava d'esistere, e solo lui gliel'aveva permesso. Non era fatto per certe questioni, Barbie, eredità di una vita in cui tutto l'aveva sempre detto tardi: una lettera lasciata alle madri, una canzone suonata alla tomba di papà Jeremy, un racconto dettagliato di come Levi, alla fine, fosse davvero un tipo forte a Andrew. A Ray e Juno neanche l'aveva mai detto, quanto li amasse. A Dani, di certo, non l'aveva fatto. Non ce la faceva a rientrare nei tempi. Non ce l'aveva mai fatta, a non arrivare tardi. E guardava il punto dove fino ad un attimo prima giaceva Floyd, il suo amico, domandandosi perché cazzo - perché cazzo - non gliel'avesse mai detto. Perché cazzo non fosse rimasto a casa, anziché andare a morire in un tempo che neanche gli apparteneva. Voleva solo andare a casa, Floyd - e Dio, buon Dio, Barbie voleva solo portarcelo. Guardava ancora quell'angolo di stanza, Barbie, sordo e cieco a qualunque cosa che non fosse la chiazza di sangue laddove s'era trovato il corpo di Floyd, incapace di staccare lo sguardo: se avesse smesso di guardare, anche solo per un istante, se ne sarebbe andato davvero. E non poteva permetterselo, Barbie; non quando gli aveva detto che ancora un p-p-paio di s-stronzi e t-t-torniamo a c-casa, f-floydito: perché quello gliel'aveva detto, Barbie. Quel che non gli aveva detto era che casa non l'aveva avuta, prima di lui. E prima di Mads. Madeleine Wesley era stata la seconda persona in quel di Bodie, California, a vedere in Barbie qualcosa che valesse la pena d'essere guardato. Qualcosa di buono, non l'ennesimo scarto partorito da corruzione e marcio. Credeva in lui, Mads; malgrado Barbie non le avesse mai dato motivo per farlo, credeva in lui. E lui aveva lasciato uccidessero Floyd. Era stato li, capite; li, a pochi passi, impegnato ad agitare la mazza per liberarsi dell'ultimo paio di stronzi così che potessero tornare tutti a casa - insieme. Non l'aveva salvato. Floyd l'aveva fatto, con Barbie; Mads l'aveva fatto, con il Jagger E lui aveva permesso che il Villalobos morisse. Come poteva, come poteva, guardare ancora in faccia Madeleine; come poteva, come poteva, guardare ancora in faccia se stesso. Come poteva dirlo a Pepito, quel ragazzino strambo di cui il Villalobos gli parlava sempre con, se permettete eccessivo, entusiasmo: quella passione per i casi umani, il Jagger, faticava a comprenderla.Ma non aveva mai avuto bisogno di farlo, perché fino a che a Floyd fosse andato bene un Barbie, Barbie non sarebbe andato ad indagare i come ed i perché: non voleva cambiasse idea. Ed era morto. Era morto così, solo, in un battito di cuore rubato e strappato. Non gli avevano neanche dato la possibilità di chinarsi al suo fianco, e ricordargli ancora quanto fosse un p-p-peruviano d-del c-c-cazzo mentre gli stringeva una spalla fra le dita. Solo. L'aveva lasciato solo, e per cosa? Per una guerra che non era neanche la loro. L'aveva lasciato solo per Gwen, per Arci e Aidan, per Darden e Jay, perché voleva essere un po' più come Floyd ed un po' meno come se stesso: fare la cosa giusta, sapete. Occhi asciutti, quelli di Barnaby Jagger. Riusciva ancora a vederlo, con quel viso t-t-troppo b-b-bello, b-basta m-mi r-r-rovini l-la p-piazza, b-b-bestia e le spalle ancora dritte, sotto vestiti sporchi di oh, così tanto sangue. C'era stato, per Barbie; buon Dio, c'era stato perfino per Frankie, e per una - una! - volta in cui avrebbe dovuto esserci lui, per Floyd, non c'era fottutamente stato. Perché Perché Perché. E li odiò tutti, Barbie. Odiò fottutamente tutti per aver portato solo morte nella tranquilla vita di Bodie, e per essere così fottutamente Darden e Gwen e Aidan e Arci e Jay e Run e Gemes e Freaks piccoli bastardi da convincerli a quella follia, per loro. Ed avevano i loro morti da piangere, e cosa gliene fotteva, oramai, di un Villalobos; quanto potevano sbattersene di essere riusciti, ancora una volta, ad aver distrutto un Barnaby qualunque: erano a casa, loro. E la cosa Peggiore Era che Non ce la faceva, ad odiarli. Odiava se stesso. Odiava Sander per quella trovata del cazzo del 1894; odiava aver quasi sperato di rimanerci, in quel mondo, così da rubare un po' della vita che non aveva potuto avere; odiava aver visto morire le persone che, un giorno, avrebbero cresciuto un altro Barbie, o Sander, o il nome di merda che gli sarebbe capitato in una prossima vita. Odiava che quella merda ingrata di Barrow fosse morto prima che Sersha e Sunday potessero insultarlo a dovere; odiava i suoni che sgusciavano dalle labbra di Dakota Wayne; odiava Tupperware per avere sempre quel fottuto sorriso nelle foto, e non avergli dato il tempo di vederlo. Odiava l'idea di dover guardare Mads, e dirle - dirle che in fondo, avevano sempre avuto tutti ragione, e che non era buono. Il sangue di Floyd Villalobos, era anche sulle sue mani. Non ho fatto in tempo, Mads. Cristo, non so come sia successo. Porca troia, ero qui - giuro, ero qui - mi dispiace, Santiddio Mads, era già morto, non ho potuto fare un cazzo, Mads, e adesso?. Le spalle incurvate, il sangue a gocciolare dal mento al collo. Se n'è andato, Barbie. Puoi battere le palpebre. Puoi - No. Onestamente, vaffanculo: si rifiutava di crederci. Non poteva sempre andare tutto così a puttane, no? Doveva essere una specie di scherzo di quel secolo, un - un rito di passaggio. Ed allora perché tutti piangono, Barbie. Ed allora perché si respira morte, Barbie - e l'hai sentito. L'hai sentito, che non c'era più. Non vedeva nulla se non quel triangolo di pietre, Barbie; non vedeva se ci fosse Mads, impegnata a cercare di fermare l'inevitabile, o se qualcun altro fosse passato a volgere un falso, ipocrita, ultimo saluto. Non sentiva niente, Barbie. Sai cosa devi fare. Non c'è più niente che puoi fare per lui, se non - Come poteva. Non era buono, non era coraggioso, e - cazzo!- voleva rimanere nella sua bolla e continuare ad odiarli tutti, il Jagger. Ma stanno morendo, Barbie. Lo sapeva. Li sentiva. E se ne sarebbe anche sbattuto il cazzo, se solo la sua coscienza non avesse avuto la voce del Villalobos: perché Floyd, non avrebbe esitato un attimo. Il Jagger, quel coraggio li, non ce l'aveva mai avuto. Ma poteva provarci, per lui. Almeno quello. Ed inspirò, ed espirò, e si costrinse infine a battere le ciglia e tenere gli occhi chiusi solo un secondo più del dovuto. Avrebbe potuto dire tante cose, a Floyd. Avrebbe dovuto. Ma che gli rimaneva da fare, nel volgere le spalle allo spazio lasciato vuoto dal ragazzo per andare a curare quelle merde ingrate che, Dio, non voleva vedere mai più nella vita, se non «a-adios, p-p-peruviano d-del c-c-cazzo» con una voce difficilmente riconoscibile, crepata in più punti di quanto non fosse rotta: perché un po' se l'era aspettato, ed un po' c'era abituato, ed un po' era semplicemente stanco di essere lo stronzo che rimaneva a raccogliere i cocci e chiedersi dove cazzo avesse fallito. Non li guardò. Non volle dare nomi ai pezzi di carne su cui fece scivolare il proprio potere, perché non voleva sapere, Barbie, e non voleva cercare, e non voleva dire a Lila che suo fratello fosse una delle persone migliori che avesse mai fottutamente conosciuto e che non sono riuscito a salvarlo, delilah. Tanto cosa gliene poteva sbattere, a quella gente, di un Barnaby Jagger qualsiasi che di sbagliato non aveva solo l'epoca d'appartenenza. Ed avrebbe voluto gridare. Avrebbe voluto picchiare qualcuno, e sbraitare che fosse colpa loro, ed aggrapparsi alla rabbia perché era maledettamente meglio degli occhi a bruciare ed i polmoni a fuoco: ma voleva essere migliore, Barbie. Per Floyd. Non l'aveva reso fiero in vita; almeno li, ed almeno così, poteva provarci: che a dire a Dio che avrebbe dovuto morire lui, e non il Villalobos, dubitava di poter ottenere qualcosa; un bel dito medio funzionava meglio di cento preghiere. Infilò una mano nella tasca dei pantaloni, raccogliendo un pacchetto di lucky strike sporco di sangue e stropicciato. Finse di non accorgersi delle mani a tremare; finse che il «q-qualcuno ha d-da accendere?» non fosse un vaffanculo, Floyd, questa non dovevi farmela. E sapete, ma lo sapete, cosa c'era di peggio del non riuscire ad arrendersi all'amarezza del destino, e trovare poi un fottuto motivo del cazzo per giustificarlo? Perderlo: perché nella vita di Barnaby Jagger nulla era destinato a rimanere, ma faceva sempre un male fottuto. | |