non se l'aspettava. tutto, avrebbe giurato, ma non quello. l'ultima volta che mitchell winston aveva messo piede in casa sua, ubriaco da far schifo e pronto a vomitargli sul parquet, marcus howl si era ripromesso di non ripetere mai l'esperienza. non tanto perché avere a che fare con un winston lercio significava giocarsi aspirine e vestiti puliti, rinunciare al proprio letto e subire le frecciatine di sharyn per due mesi, quanto più per il fatto che da quella notte in sua presenza non riusciva più ad essere del tutto obiettivo. Odiarlo, quello al corvonero riusciva sempre con una certa facilità, ma guardarlo era diventato un problema. E a marcus i problemi non piacevano affatto. «cristo, winston.. vuoi tirarmi giù la porta?» l'aveva aperta da un istante, e solo perche mitchell dopo aver premuto una volta il campanello era passato direttamente ai pugni contro la superficie, con una foga tale da giustificare il dubbio espresso dal padrone di casa. «MAAAARK, È MITCH?» ruotó il capo all'indietro senza voltarsi, urlando un sentito «no, è un testimone di geova» nel vano tentativo di evitare che sharyn volasse dalla sua camera giù dalle scale, pronta a fargli fare una figura di merda. Era ormai incontrollabile, sua sorella, ammesso lo fosse mai stata. «testimone di geova?» sembrava persino un po' offeso, mitchell, ma marcus finse comunque di non essersene accorto; anche se l'aveva fatto, e questo secondo il suo punto di vista peggiorava la gravità della situazione. Da quando gli fregava un qualche cazzo di quello che pensava, o provava mitchell winston?«accontentati, potete sempre abbracciarvi e spettegolare in un altro momento.» anche se l'espressione sul volto del ribelle indicava tutt'altro desiderio: la tensione era riuscita nel tentativo improbabile di distorcerne i lineamenti, irrigidendo la mascella al punto che marcus poté vedere guizzare il muscolo sottile nonostante la barba rada sulle guance. Lo aveva sempre considerato un po' una corda di violino, ma mai così vicina a spezzarsi. «cosa vuoi?» meno spigoloso, il tono di voce dell'howl tradiva comunque un'impazienza che raramente traspariva dal suo linguaggio corporale, ma che in presenza di mitchell non poteva fare altro se non emergere; poteva solo sperare il cugino non vi facesse caso, o fosse semplicemente troppo cieco per accorgersene. «senti, è lunga da spiegare. i pavor stanno arrivando a hogwarts. e non si fermeranno solo perché davanti si troveranno dei ragazzini.» avrebbe voluto afferrarlo per la maglia e scuoterlo come un panno nella centrifuga della lavatrice già al suo tentativo di balzare subito alla conclusione senza raccontargli come stavano le cose dal principio, ma quando mitchell pronunciò la parola ragazzini gli istinti omicidi di marcus si misero istantaneamente da parte. Sì perché ne conosceva qualcuno, di quei ragazzini, e non riusciva a concepire l'idea che potessero trovarsi nel bel mezzo di uno scontro con maghi adulti nel pieno di un lavaggio del cervello con tutti i crismi. «cosa cazzo ci fanno i pavo-» le dita del ribelle gli si strinsero sull'avambraccio, inchiodando quel che rimaneva della domanda in fondo alla gola. Più che il tocco in sé furono gli occhi di mitch a costringere l'empatico al silenzio, mare in tempesta e rabbia e paura. «te l'ho detto, è una storia lunga. ma alla scuola hanno bisogno di tutto l'aiuto possibile ed è per questo che sono qui. so che te la cavi bene con le armi e non credo ti schiferá usarle contro certa gente.» non sbagliava, mitchell winston; e marcus non sentì il bisogno di sottilineare che per salvare la vita a nicky e a quei disagiati dei suoi amici sarebbe passato su ben altri cadaveri. Fece un passo indietro, liberando l'uscio cosi che mitchell potesse entrare in casa, precedendo il ribelle nel corridoio; si fermò quasi subito, il corvonero, osservando una delle teche alla sua sinistra. «ce l'hai un'arma, vero winston?» chiese, sentendosi addosso lo sguardo dell'altro, attento a non incrociarlo. non gli era facile ammetterlo, ma da quella famosa volta della sbronza molesta temeva di continuo che mitch potesse leggere nelle iridi grigio azzurre anche il più lieve cambiamento, e renderlo così reale per entrambi. «sì, però le tue sono migliori.» eh ma cristo gesú. si lasciò sfuggire un «paraculo» soffiato tra i denti, mentre apriva una delle teche toccandi l'arma che aveva scelto per sé: la lama scura dal profilo seghettato del machete vibró nell'aria quando marcus lo sfilò dall'apposito supporto su cui era incastrato, e un po' dovette resistere all'impulso di provarne il grado di affilatezza sul ribelle quando glielo passò. «tieni qui, vado a prenderti una pistola. vedi di non fartelo cadere su un piede.» non si era mai troppo sicuri, con un winston.
«signor howl i dont feel so good ? professor winston? SIGNOR HOWL??!!!??» we won. beh, più o meno #no. ci stava capendo poco, mehan tryhard, il cui cervello era entrato in modalità risparmio energetico nel momento in cui tizio era morto con la schiena spezzata da un singolo colpo di mazza tirato con precisione. E pensare che non aveva nemmeno quello scopo in mente, il grifondoro: voleva solo metterlo a nanna, renderlo inoffensivo, non mandarlo a dormire per sempre con i pesci. A pensarci bene la seconda pavor caduta per mano dwl tryhard non era perita in modo altrettanto random, ma ancora non poteva dire a se stesso che uccidere un essere umano gli andava bene punto e basta; forse diventava più facile man mano che andava avanti, o forse era semplicemente il trauma ad anestetizzare un cuore così giovane e ingenuo, attenuando lo stesso dolore che sarebbe poi esploso in seguito. Posto ci fosse, un seguito. All'apparenza strafatto di cocaina caffeina, mehan era schizzato verso i due uomini nel momento in cui marcus aveva sfilato la maschera di scream dal volto per osservare meglio un pavor steso a terra; lo aveva appena ucciso con un colpo di machete attraverso lo stomaco? probabile. «immagino che la maschera non sia più necessaria, cugino» un sussurro rassegnato, quello dell'howl rivolto a mitchell, un istante prima che il diciassettenne gli piombasse davanti sventolando una mazza da baseball sporca di sangue. «qui è un casino, UN CASINO!1! ne arrivano sempre di più e hunter è ferito poi io e nicky abbiamo ucciso della gente no? non so è stato strano e poi io e beh abbiamo provato a difendere p..phobos e niente è andata male ma erin mi ha dato un bacio sulla guancia? e un tizio ha provato a esorcizzare uno dei pavor poi gid si faceva la pipì addosso e-» complice il fatto di avere ancora la maschera di jake the dog poggiata sul capo, lasciando così il volto imberbe scoperto, mehan non poté fare niente quando la mano di marcus gli si premette sulla bocca, sigillandogli le labbra. Gli sfuggirono comunque un altro paio di borbottii sommessi, ma niente di decifrabile. «okay. ssh, basta adesso, pausa.» dovette chinarsi in avanti, il ventottenne, per osservare meh negli occhi scuri cercando di capire fino a che punto lo shock avesse preso il sopravvento; non gli piacque affatto ciò che vide, occhiaie troppo profonde e pupille dilatate, ma si lasciò comunque convincere dalla luce carica di risolutezza che pareva brillarvi dentro. Una sorta di volontà residua, per così dire. Per esperienza marcus sapeva fosse più facile riscontrarla nei ragazzini, piuttosto che negli adulti, quasi i primi faticassero a rendersi davvero conto di dover morire, prima o poi. «siete tutti interi? nicky sta bene?» l'altro annuì, proprio mentre una freccia passava loro accanto mancandoli di un metro scarso, finendo poi per conficcarsi nel petto di un pavor. Sempre più rudi, questi bambinetti #ciaoscott «si siamo.. siamo vivi?» ottima domanda, meh. «hunter è ferito, ma sembra superficiale, si regge in piedi e-» si bloccò di nuovo, il tryhard, questa volta non per cercare le parole giuste, ma solo perchè marcus e mitchell gli avevano dato improvvisamente le spalle, le armi di entrambi puntate contro due galoppini di van lidova che evidentemente non avevano alcuna intenzione di rispettare la loro chiamata di time-out. «dicevi?» Sì, ecco, cosa stava dicendo? Cercò di non guardare il sangue del nemico gocciolare sul pavimento dalla lama del machete, inghiottendo aria a vuoto. Se ce la stava facendo con la propria mazza da baseball tinta di rosso cupo lì dove aveva impattato contro la nuca del pavor squarciando la pelle, poteva benissimo fingere indifferenza anche con quel coltellaccio da film horror, sebbene fosse parecchio più difficile. Ed era la scioltezza di marcus howl nell'utilizzare quell'arma inusuale a fargli aumentare i battiti a livello esponenziale, piuttosto che l'avversario riverso sul pavimento. «dicevo... che dobbiamo andare. andy.. l'altro stiles.. ha detto che dobbiamo andare.» lo stava dichiarando come un dato di fatto, il giovane tryhard, senza volutamente includere marcus e mitchell in quel noi sottointeso; non chiedeva il permesso, nè una benedizione, forse solo il tempo di dirlo ad alta voce per realizzare lui stesso quanto si stava preparando a fare. Abbandonare il campo di battaglia per portare avanti la missione. «quindi noi andiamo.» e fece un passo indietro, inconsciamente convinto marcus avrebbe spinto avanti la propria mano per afferrarlo ed impedirgli di muoversi. Cosa che l'howl avrebbe anche fatto, se avesse capito anche solo vagamente a cosa mehan si stesse riferendo. O a chi. nicky, mehan, behan, halley. erin e scott. Un mucchio di bambini. Beh, almeno c'era jericho. «merda.» e non che ci fosse altro da aggiungere, a quel punto.
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mehan tryhard 17 gryffindor loser |