[mini q] taking back the crown

self

«Dovresti amare le vibrazioni positive che il modo emana, Away» Ecco, aveva appena fatto in tempo a sussurrare ad Away parole sul relazionarsi con le vibrazioni positive, che messo piede nella Sala Grande, prestarono ascolto alle parole di Erin sul fatto di prendere posizione e in pratica scatenare la ribellione. Il suo tempismo era sempre troppo perfetto nell'imperfetto, poi era ovvio che Away non gli desse retta. «Dovremmo dare il nostro contributo,» Ringraziava ogni volta che fosse affettuoso di natura così che nessuno si facesse troppe domande quando - come in quel momento - teneva stretto Away contro il proprio fianco, poggiando il braccio sulla spalla più minuta del grifondoro. Nessuno avrebbe sospettato che il codino che aveva ai capelli - che non aveva avuto intenzione di togliere (click! click! click!) - fosse opera di Away. Nessuno avrebbe mai sospettato che ci fosse qualcosa fra i due, soprattutto se il Take stesso non se n'era accorto. «se tu fossi disperso farei di tutto per farti tornare a casa, quindi…» È tuo cugino. Le loro mani si cercarono. È tuo cugino. Si sfiorarono. È tuo cugino. Le loro dita si intrecciarono. Ci aveva provato più e più volte a sottolineare il loro grado di parentela, ad imprimerlo nella mente per non dimenticarlo, nella speranza che così facendo, si disgustasse da solo per i sentimenti che provava per il grifondoro. Era arrivato alla conclusione che era del tutto inutile, come vivere una vita senza aesthetic. Non era umanamente possibile, non per lui almeno. «ed immagino che non ci sia molto da pregarti, ah? Sembra quasi che tu già lo sapessi» Sorrise osservandolo inforcare gli occhiali finti ma totalmente aesthetic e che gli stavano dannatamente bene. «Non dire sciocchezze, non avrei mai lasciato che ci dividessero.» Se avesse capito in che situazione sui trovassero? Ovviamente sì, ma attualmente era in preda agli ormoni, chiedergli di concentrarsi troppo era veramente troppo. «E poi dai, magari è la volta buone che ci finisco secco, l’ultima volta che c’ho provato sono rimasto attaccato alla corda ma con i piedi a terra, non ho preso bene le misure.» Away molto spesso non si rendeva conto di quanto lo ferissero quelle parole, sentirlo parlare in quel modo della sua vita, gli procurava ogni volta una morsa al cuore. Ogni volta che Away segnalava il minimo picco di depressione in più del solito, in lui scattavano mille allarmi e aveva paura a lasciarlo da solo. Self aveva spesso paura di lasciarlo da solo, era anche per quello che aveva portato avanti la tradizione dei bigliettini nascosti nelle tasche, nello zaino o nel cappuccio. Doveva esserci sempre qualcosa che in caso lo facesse destare dal commettere certi errori. Away non riusciva ad apprezzare i doni della vita ed era per questo che gli si era affiancato sin da quando aveva memoria: il suo compito era quello di mostrargli tutti quei lati del mondo per i quali valeva la pena di vivere, ma forse non si era ancora accorto che anche Self era uno di quei motivi perché Self non lo voleva vivo per il semplice fatto che fosse suo cugino e sentisse un certo senso di protezione nei suoi confronti. Ormai quella non era più l'unica motivazione, forse non lo era mai stata l'unica e sola motivazione. D'altro canto Away era suo cugino, tutto ciò in cui avrebbe potuto sperare da parte sua era un semplice affetto fraterno - che poi Self continuasse a nutrire speranze riguardo ai sentimenti e ai comportamenti del biondo, era tutt'altra cosa. Aveva già rischiato di vederlo morire sotto i propri occhi, di immaginare una vita senza Away, non voleva vivere quell'esperienza, ma Self per primo avrebbe accettato di prendere parte a quella missione per aiutare gli altri. «Non puoi morire oggi. L'oroscopo dice che non è proprio la giornata giusta per morire.» Lo aveva protetto fino a quel momento, ci sarebbe riuscito anche quel giorno. «Quindi non provare a lasciarti morire che farò di tutto per salvarti.» E possa la fortuna essere sempre a vostro favore. A M E N.

KIM