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barry ft. swing / sept. 2017

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    «hai deciso di farmi fare brutta figura, barrow?» barry, all'uomo che lo sovrastava, avrebbe anche voluto rispondere sì, non vedevo l'ora pezzo di merda, ma il dolore esploso in testa quando quest'ultima si era scontrata con il muro alle sue spalle aveva reso complicata la comunicazione tra cervello e lingua. Riusciva ancora a pensare, tra una fitta e l'altra, ma dalla gola non gli usciva alcun suono. «compri droga qui, sotto gli occhi di tutti? credi che farti espellere sia una buona idea?» non aveva mai nemmeno valutato quell'ipotesi. Hogwarts era l'unico posto in cui si sentiva ancora vivo, dove lui non poteva arrivare. Dove aveva i freaks, e poteva importunare amalie finché alla ragazza non fumavano le orecchie dalla voglia di tirargli un pugno in faccia. Dove le torture gli toccava subirle da qualcuno che non si era declamato suo padre per sedici fottutissimi anni, utilizzando quel sangue a scorrere nelle vene come la più becera delle scuse. «no» non avrebbe potuto pronunciare una sola parola in più, anche volendo. difficile farlo quando l'ossigeno non è libero di scorrere: christoff cooper voleva delle risposte, e solo per questo motivo allentò la presa sulla gola del figlio fino a che il ragazzino fu di nuovo libero di muoversi, la schiena poggiata contro il muro e l'aria ancora tiepida di fine estate a bruciargli finalmente giù per la trachea. «non ti ho sentito, barrow, parla più forte.» avrebbe dovuto ucciderlo. Al diavolo il divieto di utilizzare la magia, fanculo al probabile ergastolo da scontare ad Azkaban; quella soddisfazione gli sarebbe bastata per tutta la vita, pur passata dietro le sbarre. Per dio, barry sarebbe stato disposto anche a morire nel tentativo, se fosse servito a vedere la vita scivolare fuori da quegli occhi da maniaco bastardo, un moto di sorpresa nelle pupille ormai spente per essere stato fregato dal piccolo orfano drogato. Ma sarebbe stato tutto troppo rapido, e barry non ci avrebbe guadagnato nulla all'infuori di un breve attimo di pace.
    «ho detto no. non voglio farmi espellere.» si rimise dritto sulle gambe, resistendo all'impulso di voltare la testa verso l'ingresso del vicolo. Non voleva dargli la soddisfazione di vederlo cercare una via di fuga, perché a questo christoff avrebbe pensato; invece barry pensava ai freaks, lasciati davanti a madama piediburro ormai da un quarto d'ora, pregando non spuntassero mai da dietro l'angolo. In cuor suo lo sapeva, il corvonero, che trovandosi di fronte a quella scena nessuno di loro sarebbe stato in grado di indietreggiare e farsi i cazzi propri. Persino Bj, sempre pronto con un sorriso sulle labbra, avrebbe finito per sbroccare alla vista del sangue sul viso pallido dell'amico, dei lividi lì dove l'uomo aveva stretto troppo forte. Sapevano tutti cosa succedeva a casa Cooper ogni volta che Barry era costretto a tornarci, e avrebbero finito per mettersi nei guai. «e non volevo farti fare.. brutta figura. ho sbagliato.» sollevò lo sguardo cristallino, mentre sputava parole alle quali non credeva, e christoff in quel gesto lesse per la prima volta una crepa nella sua posizione di pptere assoluto. Il dubbio che barrow sapesse lo aveva già avuto, ma negli ultimi tempi era diventato un tarlo, così simile alla certezza da mancargli solo una conferma. Che il sedicenne non gli avrebbe mai dato. «proprio cosi, hai sbagliato. ed è stata l'ultima volta. la prossima non sarò così gentile.» sticazzi.
    Dovette mordersi la lingua per non rispondergli che forse lui non sarebbe stato così gentile da rimanere immobile senza reagire, le iridi grigio azzurre sempre comunque inchiodate al volto austero del mangiamorte. Chissà se si rendeva conto, christoff cooper, che non era il dolore a velarne l'azzurro intenso, ma il rancore: al primo barry si era assuefatto da tempo, divenuto quasi un compagno di vita. Era stata la vergogna a fregarlo, e sempre quella lo fotteva tutt'ora. «farò in modo che non ce ne siano altre.» conversazione finita. Non gli chiese nemmeno cosa ci faceva ad hogsmade invece di tenere il culo schiaffato nel suo ufficio al ministero, perché fosse lì a torturare lui invece che qualche povero cristo sotto interrogatorio; barry sapeva solo che con tutte le persone che poteva incontrare durante quella gitarella di fine settembre aveva avuto la sfiga di beccare proprio il Cooper e proprio mentre comprava pasticche in merdosissimo vicolo, e tanto gli bastava.
    Odiava dargli le spalle ma lo fece comunque, forzandosi di mantenere un'andatura che non comunicasse fuga!!! ad ogni passo, poi di nuovo sulle strade illuminate dal sole Aveva ancora sangue fresco che gli imbrattava la bocca gocciolando sul bavero della camicia, ma barry non se ne preoccupò: voleva solo tornare ad hogwarts, chiudersi in un cazzo di bagno e gettare via i vestiti per ficcare la testa ancora dolorante sotto il getto bollente della doccia; non aveva nemmeno intenzione di fermarsi a cercare i freaks, perché sapeva che le loro reazioni avrebbero solo peggiorato lo stato d'animo in cui si trovava. Li amava, per quanto faticasse a dimostrarlo, ma non poteva permettersi di guardare negli occhi nessuno finché non si fosse tolto l'odore del padre di dosso, il sapore metallico dalla lingua. Anche se con una persona gli toccava comunicare per forza.
    Si passò distrattamente una mano sotto il naso, peggiorando la situazione, prima di entrare al red velvet, dalla cui vetrina aveva scorto il professor campbell fare il filo ad un paio di cupcake al cioccolato e mirtilli, incapace di staccarsi dai dolcetti e allo stesso tempo abbastanza forte da non mangiarseli. Che uomo. «cOOoopER!» La faccia di barry doveva essere finalmente entrata nel suo campo visivo, perché improvvisamente i muffin avevano perso il loro effetto sensuale e magnetico. «cosa ti è successo???!?? sembra tu sia andato a schiantarti contro un muro!» incredibilmente vicino alla verità. Scosse piano la testa quando il professore gli si avvicinò per controllare i danni effettivi, cercando di mantenere lo sguardo chiaro all'altezza del suo. Se cedeva davanti a phobos campbell era davvero la fine. «niente di grave, sono caduto.. ma non mi sento bene, volevo solo chiederle di poter tornare indietro.» E quella fu la prima bugia. La seconda dovette spararla quando il professore gli chiese se aveva qualcuno con cui tornare a hogwarts, domanda alla quale il corvonero annuì con tutta la convinzione che poteva permettersi in quel momento. «d'accordo, ma appena arrivi vai a farti dare un'occhiata in infermeria, intesi?» ancora un cenno con il capo, al quale phobos rispose posandogli una mano grande quanto un badile sulla spalla destra.
    Un ottimo momento per tagliare la corda.
    Ci mise meno di un quarto d'ora, Barrow ormai Skylinski, a raggiungere il castello e chiudersi in uno dei bagni, la fronte poggiata contro il vetro freddo dello specchio e gocce di sangue scuro a gocciolare sulla ceramica del lavandino. Il cuore che ancora non accennava a rallentare la sua corsa frenetica, nonostante l'attimo fosse ormai passato e perso, un martello pneumatico costante fin nel cervello; persino i capelli biondo platino alla base della nuca si erano tinti di cremesi, lì dove la testa aveva impattato ferocemente contro i mattoni nel vicolo, ma si trattava solo dell'ennesimo dettaglio al quale il corvonero non voleva pensare. Teneva gli occhi ben chiusi, il sedicenne, nell'attesa che il cerchio alla fronte si dissolvesse e l'odio con lui, così immerso in se stesso e nella propria rabbia da non rendersi nemmeno conto della presenza di un altro studente a pochi passi da lui. Vide Swing solo quando il ragazzo aprì bocca pronunciando parole incomprensibili, che tutto potevano sembrare tranne inglese, e la sorpresa di non essere più solo lo colpì con tale violenza da portarlo quasi ad ingozzarsi con quel suo stesso sangue che ancora gli usciva dal naso e dal labbro spaccato. «ma porca puttana!» la voce arrochita dalla presa con cui il patrigno aveva stretto la gola bloccandogli un vaffanculo nei polmoni lo fece, se possibile, arrabbiare ancora di più; e il fatto che swing continuasse a fissarlo come fosse un alieno appena sceso dal classico disco volante non aiutava certo barry a ritrovare il suo solito aplombe. «si può sapere che cazzo hai da guardare?» guarda il rottame che sei, skylinski. «vuoi anche una fottuta foto visto che ci sei?» Non ricordava di aver mai visto il ragazzo in questione, e certo nella confusione che stava provando l'idea che swing non capisse una sola parola non gli passó neppure dall'anticamera del cervello. In quel momento si rammaricó davvero tanto di non aver fatto in tempo a comprare la droga prima che paparino arrivasse a ricordargli il suo posto nel mondo, perché un paio di pasticche e un viaggetto nell'etere sembravano davvero l'unica soluzione per tirare a campare un giorno di più.
    Che poi barry era un gen z, mica voleva vivere davvero! EH!

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    Prima ancora della consapevolezza di essere sveglio in una mattina come quella, c’era sempre la pesantezza di un corpo che premeva con fatica contro il materasso. C’era sempre quell’attimo in cui c’erano ossa che scricchiolavano quando i muscoli erano così tesi e pesanti, come se ci fosse stato un pericolo imminente, una fatica tanto grande che aveva ridotto un corpo solitamente allenato in un ammasso di vetri rotti, sparpagliati su quel letto alla mercé del freddo che entrava nella stanza dalla finestra spalancata
    «몇시입니까?» che ore sono? Il senso del mondo circostante tornò a farsi strada nella sua testa con una sensazione che, ancor prima di aprire gli occhi, seppe fargli curvare le labbra in una smorfia: lo sapeva da dove venisse quel senso di insoddisfazione che gli corrodeva la gola, parole mai pronunciate, azioni che portarono a conseguenze di cui nemmeno aveva memoria. Ma alla fine li aprì gli occhi, inspirando appena dal naso in un mormorio che trascinò ancora la stanchezza in ogni suono. Ci fu il suo braccio che premette contro il materasso per issarsi in una posizione composta, seduto sul bordo del letto così che la mano libera potesse andare ad intrufolarsi tra le ciocche scomposte dei capelli - in quel momento – di un colorito dalla sfumatura tra il grigio e l’azzurro.
    “Sehyung-ah, sempre a sprecare il tuo tempo. Quante volte ti devo ripetere che un vero uomo si sveglia all’alba? Patetico, come al solito” e sembrò di udirle per davvero quelle parole nella sua lingua madre, il coreano, come una fitta che premette contro le tempie mentre resistette all’impulso di portare a strizzare gli occhi. Schiuse le labbra, terribilmente secche e screpolate, la voce rauca che cercò di uscire per attirare l’attenzione dei suoi compagni di casata intenti a prepararsi per l’uscita di quel giorno: «Su…cate? Scu…sate? Scusate - mi» era comunque un passo avanti, frastornato com’era, nel suo pigiama con le paperelle rosa «avete - - pelato…parlato! Parlato qualcosa?» si strinse nelle spalle per accentuare il tono interrogativo nella voce. Un ragazzo dall’aria familiare (erano occidentali, si assomigliavano tutti, come poteva distinguere Tom da Alfred, e Martin da Jeremy? duh) annuì lentamente, alzando il pollice e mostrando l’autorizzazione che avrebbe dovuto far firmare da un genitore o tutore; ironico, per Park Sehyung che, con un sorriso malinconico, alzò le braccia per formare una “X”.
    Come avrebbe potuto spiegare in una lingua che non era la sua che suo padre fosse dall’altra parte dell’oceano? E, se un gufo fosse stato abbastanza veloce da raggiungere la Corea del Sud, chi avrebbe fermato Namseok dal banchettare con quel povero animaletto? “Un vero uomo compie esclusivamente il suo dovere, il lavoro è più importante di una volgare gita. Sei lì per studiare, non per – e tieni la schiena dritta, Sehyung-ah”, carino avere quella voce nella testa che ti martellava dal momento in cui spalancavi gli occhi. «Ti porterò qualcosa,» pronunciò Martin, avvinandosi all’asiatico ancora seduto sul letto per dargli una pacca (mlml) amichevole sulla spalla «ti piacciono le api frizzole?» in tutta risposta, non capendogli sostanzialmente nulla, Sehyung portò le mani sul proprio ventre e drizzò la schiena per potergli rivolgere un cordiale inchino: «Ogay, grazie!» lo mormorò nel sentire ancora la bocca tanto impastata da essere quasi difficile aprire le labbra per far uscire le parole una dopo l’altra.

    Bene, ed ora?
    Girovagare per il castello mezzo deserto non gli sembrava poi un’idea così cattiva; almeno sarebbe stata una passeggiata comunque interessante. Dopotutto se ne era fatti di amici da quando era arrivato in quella scuola, circa un mesetto prima. Oltretutto la barriera linguistica non era stato un problema!
    «안녕하세요 먼지!!» ciao polvere! Disse rivolgendosi all’angolo più polveroso della torre di corvonero, quello di fianco alla porta della loro sala comune, dove la testa d’aquila era sempre vigile e pronta a porgere indovinelli a chiunque volesse entrare – immaginate dunque un Swing, che di inglese non sapeva niente, tranne gli animali, ad aspettare seduto vicino a quell’ammasso di polvere un suo compagno di casata che rispondesse al posto suo; avevano avuto tutto il tempo per rimanere intimi.
    «안녕 벽!» ciao muro! Si rivolse al muro del corridoi che lo avrebbe condotto nel suo bagno preferito (ossia quello più vicino alla già nominata sala comune, non amava camminare troppo al mattino – il jet lag ancora si faceva sentire), un beauty case che conteneva i suoi prodotti preferiti per il viso e capelli, ed una fascetta che gli teneva alzate le ciocche più scomposte. I polpastrelli seguirono la pietra di quel muro che lo guidarono fino alla porta del bagno che, con le falangi che tirarono già la maniglia, salutò con un allegro: «안녕 화장실! » ciao bagno, anche in quel caso, breve ma coinciso.
    E solamente dopo aver cercato di assimilare tutte le energie positive che un bagno poteva dargli (zero) che le iridi scure del coreano andarono incontro a Barrow che – nella più totale babbitudine di Sehyung – sembrava essere nel suo periodo del mese. «괜찮아? Uhm…sei ogay?» cercò di chiedergli se stesse bene, Swing, arricciando la punta del naso e contraendo il volto in un’espressione totalmente persa; non che il sangue lo mettese in soggezione, alla fine il naso rotto un paio di volte e la schiena per la maggior parte delle volta era adornata dai segni di violenza lo avevano fatto crescere, quanto per le parole che gli vennero pronunciate. Gli stava…chiedendo un assorbente? «Se…tintill - - se tocchi, è…brutto!» mimò con un cenno del capo di alzarlo, premendo poi il setto nasale tra il pollice e l’indice così da cercare almeno di fermare lo scorrere del liquido cremisi. «Foto? Kawaii» aw, che carino, in cambio del suo aiuto avrebbero perfino scattato un foto insieme! Ma non aveva tempo per quello, no, l’istinto da crocerossina di Swing lo portò a togliersi la fascia dalla testa, porgendogliela così da fargliela premere con la mano libera contro il punto sanguinante della testa, «Io sono Swing, tu..?». No, il ragazzo che forse aveva visto qualche volta seduto nel tavolo dei corvonero durante il pranzo o la cena era agli occhi del coreano come uno sconosciuto, e forse dal tono di voce che gli venne rivolto, nemmeno cercava il suo aiuto. Ma poteva davvero lasciarlo lì da solo? Recuperò della carta così a poterla poggiare sul lavabo, così che potesse estrarre dalla tasta posteriore dei pantaloni la propria bacchetta: «Io…bello! Io – poof, tu ogay! Capito? Che hai…fumato? No, no! Fatto? Che hai fatto?» e se in quel frattempo Barry non gli tirò qualche pugno in faccia, o almeno qualche altra imprecazione, Sehyung poteva ritenersi fortunato.

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    ravenclaw | 18 yo | 25.09.2017
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    «괜찮아? Uhm…sei ogay?» bene, ma non benissimo.
    si era aspettato che almeno swing intuisse dal tono della sua voce di dover girare a largo, se non dallo sguardo che tutto sembrava essere tranne una richiesta d'aiuto, ma aveva fatto male i suoi calcoli. non che Barry in quel momento riuscisse davvero a pensare a qualcosa di concreto, con il fischio persistente nelle orecchie ed un dolore sordo a martellare nella testa come un suonatore di bonghi ubriaco. voleva solo rimanere per conto suo, lasciar scorrere via il sangue insieme alla vergogna, ascoltando il battito del proprio cuore finché si fosse deciso a rallentare permettendogli nuovamente di respirare.
    cosa che in quel momento stava facendo, ma nel modo sbagliato - non era ossigeno, quello a scendere nei polmoni, ma gas tossico e pregno di rancore, graffiava la gola ogni volta che inghiottiva.
    «Se…tintill - - se tocchi, è…brutto!» non credeva fosse possibile, tanto ne era pieno, ma nell'ascoltare le parole senza senso del concasato Barry avvertì la rabbia defluire piano lungo le braccia e le gambe, lasciando i muscoli prima rigidi e tesi ora privi di qualunque resistenza; si sarebbe afflosciato, stremato dai suoi stessi pensieri, se il lavandino non fosse stato al suo fianco a sorreggerlo. ecco quello che era alla fine, Barrow Skylinski: un ragazzino troppo stanco «ma cosa cazzo stai dicendo?» onesto, il corvonero - semplicemente non stava capendo una minchia. anche se il movimento di swing, dita a premere la radice del naso e testa reclinata all'indietro, di per sé era facile da intuire; scosse comunque il capo, la mancina sollevata a mezz'aria «non me ne frega niente del sangue, 'fanculo» non era nemmeno rivolto al ragazzo, quel l'insulto, ma a chi il sangue in questione lo aveva versato per primo.
    a chi glielo aveva resa familiare, la sensazione di umido sulla pelle, le macchie indelebili sui vestiti. così abituato a vederselo addosso, barry, da non avere piu nemmeno la forza o la voglia di lavarselo via.
    «Foto? Kawaii» ma perché proprio a lui. «no, non foto in quel senso, cristo- che fai» un po' meno vicino swing, un po' meno vicino: era bastato che Barry si distraesse un attimo raggiungendo la propria immagine riflessa nello specchio, due occhi azzurri resi troppo grandi dalle macchie scure impresse sulla pelle lentigginosa, sangue e occhiaie; e quell'attimo era bastato al maggiore per fermarsi al suo fianco, una mano tesa dalla quale Barry si scansò per istinto prima ancora di vedere cosa le dita stessero stringendo. una bandana? gli stava forse indicando la base della nuca? non ci aveva nemmeno pensato, preso com'era dal naso rotto e il labbro spaccato, convinto che il lento pulsare nelle tempie fosse dovuto solo a quel dolore, a quella rabbia. premette con delicatezza indice e medio dietro la testa, poco sopra la congiunzione con la colonna vertebrale, ritrovandosi i polpastrelli sporchi di sangue fresco «merda» e anche se era vero che non gliene fregava nulla di sporcarsi i vestiti, Barrow afferrò comunque la fascia offerta dal corvonero, senza ringraziarlo; sarebbe stato fin troppo ooc, anche dopo un colpo alla testa.
    «Io sono Swing, tu..?» ma tu guarda se, porca troia, il suo meritato momento di solitudine a leccarsi le ferite doveva trasformarsi in un fottuto salotto. con uno che viveva e mangiava insieme a lui ogni santissimo giorno, per giunta: non che Barry fosse sorpreso, della loro scarsa conoscenza. al punto da non ricordare nemmeno uno il nome dell'altro? si - non dava confidenza quasi a nessuno, il biondo, e quelle poche persone in grado di attirare il suo interesse si potevano contare sulla punta delle dita. niente di personale. «barrow» e non barry, per ovvie ragioni. solo i Freaks e Kieran lo chiamavano così, e solo Amalie riusciva a non fargli digrignare i denti quando usava Cooper come fosse un nomignolo, anche se per redarguirlo; contro ogni previsione, Amalie poteva fare un sacco di cose che ad altri non erano concesse.
    «e a meno che tu non debba cagare priorio qui e proprio adesso» si trovavano in un bagno, dopotutto «ti sarei grato se ti levassi-» dal cazzo «Io…bello! Io – poof, tu ogay! Capito? Che hai…fumato? No, no! Fatto? Che hai fatto?» niente, non se usciva. aveva pure tirato fuori la bacchetta, swing, niente di meno! e si, glielo avrebbe tirato volentieri un pugno in faccia, anche solo come valvola di sfogo, ma non lo conosceva abbastanza da sapere se sarebbe rimasto zitto, o nel giro di due secondi lo avrebbe saputo l'intero corpo docenti. ok che era vagamente masochista, il cooper, ma l'ultima cosa a cui aspirava in quel momento era un giro turistico nella sala delle torture. «magari fossi fatto.. hai della droga per caso?» lo fissò dritto negli occhi scuri, come se quel contatto visivo fosse sufficiente a far capire al maggiore il significato delle sue parole, mentre con la mano libera spingeva via la bacchetta di swing (mlmlml) facendogliela puntare verso il pavimento «non ho bisogno che aggiusti niente, avessi voluto lo avrei fatto da solo» curare le ferite superficiali, pulire la camicia li dove si era macchiata di sangue, stronzate di quel genere. ma a che pro?
    «sono inciampato e ho sbattuto contro un muro. un muro davvero bastardo» tornò a fissare il proprio riflesso, Barry, facendo scorrere l'acqua del lavandino per portarne un po' alla bocca martoriata «non ci stai capendo un cazzo, vero?» scusa swing, domande lecite.

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    Erano dischiuse le labbra del Park, nel cercare di percepire nel suo interlocutore (se così si poteva definire data l’immensa barriera linguistica che li stava separando, sebbene Swing si sentisse particolarmente portato per fare conversazione con gli inglesi, popolo giocherellone!!!) una qualsiasi forma di malore; non che volesse essere invadente o in qualche modo fastidioso, sebbene un po’ fosse mosso da quell’istinto egoistico di fare amicizia, o di cercare qualcuno con cui sedersi a pranzo, che risultava essere un fine per quel soccorso così affettato. E poi diciamocelo, tenendo bene a mente la cultura della Corea del Sud, fortemente restrittiva e tradizionale, specialmente per la classe medio-alta di cui il Park faceva parte, le abitudini Inglesi risultavano ai suoi occhi come un grande punto interrogativo, e quel ragazzo che gli stava davanti, inoltre, gli sembrava anche un ottimo modo per conoscere le loro abitudini! Andiamo, Sehyung una volta arrivato in territorio inglese si aspettava la Union Jack al posto della carta da parati, che ogni cane fosse un Corgi appartenente alla famiglia reale, che al posto dei sassi ci fossero delle zollette di zucchero, che Lady D fosse il nome di una famosa drag queen e che dal cielo piovesse tè freddo; quindi immaginate il suo stupore nel scoprire le falsità di queste leggende, ed in quanto corvonero era nella sua natura essere curioso.
    «ma cosa cazzo stai dicendo?» owh, quello lo aveva capito eccome: gli stava palesemente chiedendo dove avesse imparato quelle tecniche di sopravvivenza! Beh, se fosse stato il vero Sehyung a rispondere, gli avrebbe detto che di mazzate in faccia, nella vita, ne aveva prese di belle forti, ma ahimè la memoria gli era stata modificata e di quelle torture non ne aveva più memoria. Con un grande sorriso sulle labbra, ed il cuore pieno di gioia, gli disse: «ma – uhm…ma? Ma. Mammeta. Mammema? Mamma? Sehyung mamma» e si portò il pollice contro il petto, ad indicarsi anche con una certa fierezza «lei…”waaa Swing, così!!!”, ed io “okay okay, capito”.» sarebbe stato più convincente se avesse avuto delle marionette tra le mani, ma si arrangiò imitando con un tono di voce più altro la madre, proprio a suggerire a Barrow che fosse stata lei la santa donna a renderlo così. In tutti i sensi.
    «no, non foto in quel senso, cristo- che fai» okay, giustamente non era il momento adatto di fare una foto insieme, nonostante Sehyung amasse quel senso di grunge che il sangue dava nelle fotografie. Aggrottò le sopracciglia non solo al vederlo allontanarsi quando gli porse la sua bellissima bandana, ma soprattutto quando pronunciò il nome del signore; erano davvero così arretrati nel Regno Unito da pensare che una preghiera avrebbe risolto tutto? Capillare rotto e setto nasale deviato che sia? Va bene, non avrebbe giudicato, ma era comunque parecchio strano: «ogay, god save the queen, però tu non queen!! Dio non può salvare Barrow!! Quindi… per favore? Io sono… spaventato? Preoccupato! Preoccupato te. Pochino sul naso. Premi premi, dum dum e tu stare meglio!» e un po’ sembrava esausto dalla voce, Swing, il quale neanche tentò di avvicinarsi all’altro per paura che quello con il naso rotto sarebbe stato lui.
    Per quanto il maggiore dei corvonero non stesse capendo un kimchi di niente, non era del tutto stupido: Barrow, così si era presentato, sapeva essere un osso davvero duro (mlml, e parlando anche di bacchette abbassate) e al coreano non poteva restar altro se non arrendersi. Gli ricordava qualcuno, un suo amico di vecchia data, forse. Di così vecchia data che nell’immaginario del Park balenò solamente la sua statura decisamente bassa rispetto alla propria e dei capelli color menta, nient’altro. Beh, questo nano da giardino, come il biondo, si presentava spesso agli occhi di Swing ricoperto di sangue, ginocchia ammaccate nei giorni migliori e spalle lussate quando era meno fortunato – e, beh, certe persone non avevano proprio voglia di essere salvate, aiutate. Non li riteneva un caso perso, non lo avrebbe mai fatto, c’erano altri modi per farli sentire meglio, se non fisicamente, almeno nello spirito, moralmente. Riportò la bacchetta nel taschino interno della divisa indossata con cura, mordendosi l’interno nella guancia, rimuginando sul da farsi.
    «magari fossi fatto.. hai della droga per caso?» «sì, aspetta» alzò la mano sinistra, aprendola, per fargli segno di essere paziente, mentre con la destra frugò all’interno della tracolla in pelle che aveva in spalla per cercare la droga. Intesa come LA droga. «Droga!» e quello che venne poggiato sul lavabo, avendo imparato a non porgere niente agli inglesi, o avrebbero iniziato a ringhiargli contro, fu un pacchetto di wafer coreani: erano a forma di koala, con perfino le faccette disegnate e delle frasi motivazionali, in lingua, segnate sul retro!! E la vera droga era il ripieno di cioccolato all’interno, una vera leccornia.
    «non ci stai capendo un cazzo, vero?» «mmmh, poco.» si stava davvero sforzando di comprendere cosa il minore stesse dicendo, specialmente per la storia del muro… babbano? Non aveva detto babbano? Come poteva un muro essere babbano? «però…io e te nuovi amici, capito?» non era un invito e, sebbene Swing si aspettasse un certo rifiuto da parte sua, gli fece comunque un occhiolino, alzando poi entrambi i pollici.


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    «ma – uhm…ma? Ma. Mammeta. Mammema? Mamma? Sehyung mamma lei…”waaa Swing, così!!!”, ed io “okay okay, capito”.» avevano chiaramente degli ostacoli da superare, Barry e Swing.
    l'era dei Linguini non era ancora giunta, e niente aveva preparato il corvonero per quello — anche se 'mammeta' non gli suonava del tutto nuovo (canon che i Beaumont abbiano antiche origini pugliesi #cos) «sicuro» si strinse nelle spalle distogliendo lo sguardo da quel sorriso, da quegli occhi troppo pieni di allegra ingenuità per poterli sopportare; quelli di Barry erano troppo spenti, la pelle al di sotto troppo livida «ogay, god save the queen, però tu non queen!! Dio non può salvare Barrow!! Quindi… per favore? Io sono… spaventato? Preoccupato! Preoccupato te. Pochino sul naso. Premi premi, dum dum e tu stare meglio!» se non si fosse trovato in quella situazione - picchiato a da suo padre, il sangue a sgocciolare lungo la ceramica del lavandino - la cosa sarebbe potuta essere divertente «no, Dio non può salvare Barrow. Barrow è una causa persa»
    gli bastava guardare la propria immagine riflessa nello specchio per capirlo.
    «non dovresti preoccuparti, neanche mi conosci» aggiunse, premendo le dita a cavallo del naso, la testa bionda leggermente rivolta in avanti: si era quasi fermato, il sangue, ma in compenso la pulsazione nella testa era aumentata esponenzialmente negli ultimi cinque minuti. forse perché non aveva mai parlato tanto in così poco tempo; o perché non era ancora abbastanza fatto. se non fosse stato davvero stanco — di essere un Cooper, di sentire quel peso insopportabile sul petto, non avrebbe mai chiesto della droga ad uno sconosciuto. di solito era lui, Barrow, quello più cercato tra le mura di Hogwarts e fuori: aveva sempre qualcosa con sé, roba buona che richiedeva un sacco di soldi per essere comprata e che il corvonero rivendeva alla metà del prezzo perché quelli erano i soldi che rubava al suo vecchio e niente poteva renderlo più felice che gettarli nel cesso. aveva anche imparato, in quei pochi ma intensi anni di attività, che essere troppo generosi poteva causare... incomprensioni; qualcuno a fregarlo ci aveva anche provato, ma i casi erano stati rari e le conseguenze ben note. girare con quelle merdine dei Freaks aveva senza dubbio i suoi vantaggi ❤
    eppure eccolo li, Barry lo spacciatore minorenne, a chiedere ad uno che manco parlava la sua lingua se avesse una pasticca con sé: per far tacere il dolore, ma soprattutto la vergogna.
    «Droga!» per un attimo ci aveva creduto eh. poi il coreano aveva tirato fuori dalla borsa un pacchetto di biscotti «???» Barry guardò Swing e Swing guardò Barry; una ruga profonda si scolpì nella fronte del sedicenne, proprio al centro, concentrato in parte a superare la fitta provocata da tagli e contusioni e in parte a trattenersi per non afferrare il concasato e ridurlo come lui «ma almeno c'è dentro un po di marijuana?» [Bruno Barbieri meme]: «chiedo» cioè dai almeno una gioia. tentò comunque di spiegare (mentendo) a swing cosa gli fosse successo, paragonando christoff Cooper ad un muro bastardo senza preoccuparsi troppo di controllare se l'altro avesse capito o meno — tanto la risposta era ovvia, mentre apriva con circospezione la confezione di wafer. sperava davvero fossero magici come i brownies al cioccolato che kieran lo aveva /obbligato/ a mangiare per il suo ultimo compleanno (ultimo in ordine temporale, ma a ben vedere poteva tranquillamente essere l'ultimo in senso più generale).
    anche perché: «però…io e te nuovi amici, capito?» dopo questa ne aveva assoluto bisogno. dalle labbra spaccate Barry si fece sfuggire una risata amara, soffocata sul nascere da un koala di wafer ripieno al cioccolato che effettivamente era buono da far schifo «ce li ho già degli amici» cinque (5), e gli ci erano voluti quasi altrettanti anni per accettare di non poter piu rimanere da solo; amalie, in quel conteggio, non c'era: chiaramente lo odiava troppo (uhuh!) «e comunque non ti converrebbe» chiedere ai Freaks per conferma.
    perché Barrow Cooper era un amico di merda, e in un'altra vita persino peggiore — bravo Lynch, complimenti, hai vinto un record.


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    ravenclaw | 16 yo | 25.09.2017
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    Ne aveva di difetti, Park Sehyung. Era stato egoista diverse volte nella sua vita, consapevolmente e inconsapevolmente, aveva creduto troppo nelle sue capacità, così come era stato costretto (o almeno così avrebbe continuato a ripetersi prima di andare a letto) a mentire alle persone a cui voleva bene per poterli preservare. Li riconosceva, tutti gli errori fatti. Ma uno lo avrebbe sempre accompagnato, che fosse uno Swing in Inghilterra o un Sehyung in Corea del Sud: voleva piacere a tutti. Ecco perché l’unico problema per il maggiore dei corvonero non era tanto l’abbattere quella barriera linguistica che non era mai stato un grande problema (la lingua dell’amore sarebbe stato il loro mezzo di comunicazione!!) quanto cercare di entrare nelle simpatie di quel ragazzo. «no, Dio non può salvare Barrow. Barrow è una causa persa» beh, se c’era qualcosa che aveva capito da quella conversazione, era proprio quello. Gli dispiaceva? Non come avrebbe dovuto, nel senso, il coreano sembrava una calamita per i ragazzi problematici, decisamente più bassi di lui, e che sembravano dei piccoli chihuahua tremolanti quando arrabbiati. «Persa? Persa…Trovare!» si prese un momento di riflessione, portandosi teatralmente l’indice al mento per poterlo picchiettare, con tanto di sopracciglio sinistro innalzato; trovare le parole era difficile, specialmente in una situazione così delicata, «Nulla è…persa. Per sempre. Si trova! No?».
    Assottigliando lo sguardo, quasi fino a far scomparire le iridi dietro le ciglia (come se ci volesse molto, insomma, era un kinesino) continuò a tenere lo sguardo sulle ferite di Barrow; non sembravano così tanto messe male, insomma, non ci sarebbe morto ma gli avrebbe comunque consigliato di fare un salto in infermeria – magari c’era bisogno di qualche punto di sutura e, nonostante i capelli corti del biondo, non riuscì bene a capirlo. «non dovresti preoccuparti, neanche mi conosci» «lo so» wow, forse era il primo botta e risposta sensato da quando avevano iniziato a conversare, visto che stavano facendo progressi? Si lasciò sfuggire un altro sospiro pesante, questa volta facendo scivolare via quella faccia da fesso che aveva perennemente stampata in volto per sembrare almeno un po’ più serio «Suca» no, mancavano due lettere «Scusa» molto meglio, «lo non…affare di Swing? Però…tu cool! Io cool! Noi cool! Corvonero, no?» iniziò col mimare le ali di un corvo, non voleva che il suo discorso non fosse chiaro «Poi, io volere aiutare tutti!».
    E WOW, stavano davvero facendo dei progressi, anche a livello personale!!! Aveva accettato i suoi wafer!!! Il suo segno di pace!!! Il suo dono più prezioso!!! Per Swing quello era il sigillo di una perfetta amicizia. Già immaginava le passeggiate per le spiagge barlettane inglesi, i pic nic fatti sotto qualche salice piangente, le partite a dama e tutto il pacchetto che un vero amico di Swing poteva ricevere (come se ne avesse, stiamo parlando di uno Swing che al mattino salutava i muri e la polvere pur di parlare con qualcun- qualcosa)! «ma almeno c'è dentro un po di marijuana?» «eh?» okay, non si poteva pretendere troppo, aveva capito troppe parole di fila per poter arrivare a marijuana senza chiedersi se magari fosse un ballo tipico, «No no, niente macarena»??? Però Barrow, se vuoi approfittarne per insegnargli ma macarena, a lui farebbe molto piacere.
    «ce li ho già degli amici» ed un po’ si rattristò nel sentire quelle parole, ma cercò comunque di alzare entrambe i pollici per fargli un segno di accondiscendenza. Non poteva saperlo, Swing, ma in Corea ne era passato di tempo prima che Ken lo riconoscesse almeno come conoscente – questo per far capire quanto il diciottenne potesse essere stato paziente nella vita. «Okay okay, però…tu cambi idea?» forse non era il momento adatto per chiederglielo, o meglio, di insistere così tanto – se lo sentiva un pugno sulla mandibola arrivare più velocemente di uno schiocco di dita, quindi ecco, cambiamo argomento: «Ho altri koala! Letto. Sotto letto. Sssh segreto!» ormai si sentiva un Linguini vero, con tutto quel gesticolare, «Tu infermeria. In cambio, Koala! Tanti koala! Gratis!».


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    ravenclaw | 18 yo | 25.09.2017
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