come ride with me through the veins of history

iden + charles

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  1. /breaking law at a young age/
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    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
    cinque /fuckin/ mesi prima

    «fantastico.» what the fuck am i doing now?????
    Non c'era bisogno di guardarlo in viso per capire quanto /diavolo/ sarcastico fosse stato il kaufman – il suo tono rendeva alla perfezione ciò che al dumont era nascosto, ma che il corvonero (o doveva considerarsi ex, ormai?, life is confused at this point.) volle evidenziare ulteriormente roteando gli occhi al cielo, come se la risposta alla sua inutile domanda dovesse arrivare da dio cielo. Inutile dire che dio per lui non c'era, come ebreo faceva veramente cagare (…) «chissà dove diavolo siamo, ora» nello spazio, nella vita, nel cosmo – le domande erano tante, ma lui preferì fingere che gli interessasse solo sapere dove li stessero portando i piedi.
    Sapeva solo che non gli piaceva, ovunque fosse quel dove, e che era freddo come pensava dovesse essere la cima dell'everest – melodrammatico, forse, ma estremamente incazzato e con un potere inutile. Certo, avrebbe potuto folgorare il dumont e renderlo una torcia portabile, ma era davvero così voglioso di sbarazzarsi dell'unica persona che lì, in quel momento, sapesse dove andare?
    Nope.
    Fissò la schiena del suo compagno di... cosa, per l'esattezza?, fuga?, mini ribellione?, forse – ad iden non fregava veramente nulla di quello che stessero facendo, a livello di legalità. Sapeva solo che non si sentiva così “libero” da tempo; persino pensare a quanto accaduto giusto poco prima, non cancellava quel sentimento di pura liberazione. Aveva patito ogni passo all'interno di quella maledetta galleria così in apparenza eterna e claustrofobica – ma, forse perché animato da una strana eccitazione, nonostante il doversi muovere come un ratto nell'oscurità, in silenzio e a testa bassa, non si era mai sentito così /vivo/.
    E nemmeno sapeva cosa stesse facendo, dio.
    Inutile dire che tutta quella situazione gli avesse messo addosso una strana adrenalina: fino a qualche ora prima era seduto nella sala delle torture – luogo che conosceva a memoria – ad agitare bandiere di libertà e fraternità (??? non lui, ma vbb, capito il senso.), e a sfidare i professori... e adesso stava letteralmente strisciando lontano da lì, da tutto quello che era stato e aveva fatto.
    Era un cazzo di infame, e la cosa – stranamente – gli creava dei brividi piacevoli lungo la schiena.
    Non avrebbe mai pensato di poter diventare un bastardo simile, voltare le spalle ad amici e compagni per salvare la pellaccia... ma /ehi/, poteva iniziare seriamente ad abituarcisi. Fissò charles di fronte a sé, e poi alle proprie spalle – diede giusto un'occhiata veloce, così per scaramanzia: chissà quanto ci avrebbero messo ad accorgersi della loro assenza (per non parlare di fuga) – poco, molto poco, dovevano metterlo in conto i due giovani.
    A tal proposito «caro francese, qualunque siano state le tue intenzioni a riguardo (parlo della fuga!!!, non fingere di non capire la mia lingua.)... siamo davvero, come dite voi?, ne la mérde – for reference, dove ci stai portando a morire se avesse voluto combattere?
    Oh oh oh.
    Non vedeva l'ora: prendere a pugni il francese non gli aveva dato modo di sperimentare per /davvero/ le sue nuove abilità. Che cazzo, aveva dei fottuti poteri... si guardò una mano, fermandosi un attimo, e per qualche istante – quasi a percepire il suo desiderio – lungo le dita corse un filo di quella che doveva essere elettricità. Assurdo, /fottutamente assurdo/: non solo il kaufman toccava l'elettricità. Ma lo era. Cazzo, era elettricità in forma umana.
    Sorrise, riprendendo a camminare: il dumont al contrario non parlava molto ma proseguiva dritto e spedito, come un militare – una cosa senza ombra di dubbio sensata, ma che tradiva una debolezza. Charles dumont non stava vivendo quella fuga con lo stesso spirito di avventura e la medesima libertà di iden: ne stava a suo modo patendo, per qualche strana ragione tradiva il dolore di aver... forse, che ne poteva sapere uno privo di scopo come lui?, fallito?
    A differenza di tutti loro, il dumont ci aveva veramente creduto a quella notte. Nessuno lo aveva sostenuto nel modo in cui forse avrebbe voluto... iden poi, meno di tutti, si era presentato con le sue medesime aspettative: lui aveva sperato di appiccare qualche incendio – metaforicamente parlando e non – far scattare qualcosa che gli permettesse di vivere. Era un terrorista psicologico, iden kaufman, niente di pari ai nobili e puri ideali di charles dumont. Eppure eccoli lì, mai stati tanto simili nell'essere due opposti – di fronte ad un bivio nella loro vita.
    che cazzo avrebbero fatto?

    you must fight for your rights
    i must fight to survive
    IDEN
    KAUFMAN
    2001's
    ex ravenclaw
    fugitive
    special
     
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    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
    «fantastico.»
    Alzò gli occhi al cielo il Dumont, indeciso fra l'essere terribilmente irritato dal pessimismo del Kaufman o in un certo qual modo divertito.
    Nel dubbio scosse il capo, mormorando fra sé e sé un impercettibile «che drama queen» che sì, detto da lui poteva anche suonare un po' paradossale, ma certo non si poteva dire che Iden si stesse comportando come il più temerario dei boy scout. A sua discolpa, non c'era effettivamente niente di studiato in quella fuga improvvisata, niente che suggerisse loro di facendo la cosa giusta, ma a quel punto che importava? Le speranze che aveva riposto nell'occupazione si erano dissolte sotto gli sguardi di disapprovazione dei suoi compagni, e tutto ciò che gli era rimasto erano la rabbia ed il desiderio di allontanarsi dal castello quanto più possibile.
    Non era una questione di orgoglio, non solo almeno, perché quella notte avrebbe significato per lui un mucchio di altre cose che avrebbero senza alcun dubbio potuto cambiare la sua vita per sempre. Charles Dumont, che per sei anni aveva cercato di mantenere un'impeccabile reputazione scolastica, nell'ultimo anno si era ritrovato invischiato in una rissa, era persino finito in sala torture e, ciliegina sulla torta, si era fatto promotore di una vera e propria ribellione con tanto di uscita di scena ad effetto che, con tutta probabilità l'avrebbe portato all'espulsione da Hogwarts ed al definitivo accantonamento dei suoi sogni di gloria e di carriera.
    La cosa più assurda non era tanto il fatto in sé, perché certo non si poteva dire che il serpeverde fosse mai stato un santo, ma che fosse stato disposto a rischiare tutto quanto in maniera tanto palese e non subdola come suo solito solo per - cosa? Fuggire alle sue responsabilità? No, certo che no. Non gli sarebbe importato delle conseguenze del suo gesto perché le aveva messe in conto sin dal principio. La verità era che, per quanto detestasse ammetterlo, l'aveva fatto e stava continuando a farlo unicamente per il corvonero che camminava al suo fianco.
    Aveva perso la testa, ecco tutto, e questo aveva fatto sì che quel briciolo di responsabilità rimastogli fosse andato direttamente a farsi benedire, spingendolo a voltare le spalle a Viktor, ad Amélie, a Perses ed a chiunque altro fosse rimasto in quel dannato castello. Tutto, per Iden Kaufman. Se ne sarebbe valsa la pena? Charles era sicuro di no. Eppure, perché farlo lo stesso? Perché non avrebbe potuto fare altrimenti. Non era lui a decidere quando si trattava del minore, non la sua scaltrezza o il suo barlume di lucidità: era puro e semplice istinto, che superava persino quello di sopravvivenza - o non si sarebbe certo fatto menare a sangue per ben due volte, invero.
    «chissà dove diavolo siamo, ora» si lasciò sfuggire una risata a quel punto, mordendosi una guancia per non sembrare eccessivamente entusiasta di quell'allegra gita fuori porta.
    «dicono che io parli troppo, ma ti rendi conto di quanto cazzo ti lamenti tu?» sì, era ancora parecchio incazzato, ma nella sua voce nel rivolgersi al Kaufman c'era solo una punta di scherno. «e vedi di abbassare la testa» gli suggerì, facendolo a sua volta per passare oltre l'uscita della galleria. Si ficcò le mani in tasca, rabbrividendo al repentino cambio di temperatura rispetto all'esterno. «alla stamberga, comunque. non penso ci sia posto più sicuro da queste parti - e nope, il tuo francese fa schifo.» argomento scottante quello per un più che patriottico Dumont. Non faceva ritorno in Francia da quasi sei anni, non aveva la minima voglia di rimettervi piedi e serbava per lo più ricordi dolorosi del tempo che aveva passato lì - eppure si ostinava ad usare il francese sebbene conoscesse perfettamente l'inglese, a proteggere quel che gli restava della terra in cui era cresciuto come se gli avesse mai dato davvero una qualche gioia nella vita: Charles Dumont, un eterno contro senso.
    Avanzò di qualche passo nella neve, voltando l'angolo per scorgere finalmente il vecchio edificio abbandonato. Fece cenno al corvonero di avvicinarsi, ringraziandosi mentalmente per tutte le uscite clandestine che in quegli anni gli avevano per lo meno assicurato una certa conoscenza dei passaggi segreti per poter uscire da Hogwarts. Nonostante conoscesse la strada più veloce per giungere dal castello alla stamberga, tuttavia, era entrato nel casolare soltanto una volta e talmente ubriaco da avere solo un vago ricordo di come fosse strutturata. Era abbastanza sicuro che non avesse l'aspetto di un hotel a cinque stelle ma, malgrado i suoi standard piuttosto elevati, era intenzionato a farselo bastare. In ogni caso, fare stronzate a quel punto non avrebbe compromesso solo sé stesso e, voltandosi verso Iden, si rese conto di quanto fosse il caso di cominciare ad usare un po' di più il cervello: non troppo, ma abbastanza da permettere ad entrambi di uscirne incolumi. Non che avesse progetti su cosa avrebbero dovuto fare dopo - al contrario, non ci aveva ancora pensato e non voleva neppure farlo, preferendo piuttosto godersi qualunque cosa stessero finalmente condividendo, ma prima o poi avrebbero dovuto fare i conti con l'evidenza dei fatti, ne era certo.
    Giunto all'ingresso della stamberga tirò fuori la bacchetta e pronunciò sottovoce l'incantesimo per far scattare la serratura, poi poggiò una mano sul legno e si voltò verso il Kaufman: «mon cher, questa è nostra nuova casa, sei contento?»
    Well, I'm still
    here like a
    cheap threat.
    charles
    dumont
    18 yo
    ex slytherin
    rebel
    no care
     
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