[oblinder] Only Love

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    Siete pronti per un appuntamento FA-VO-LO-SO-H?
    Certo che sì! Altrimenti non sareste stati così disperati da rivolgervi a noi! Se non lo avete fatto, potete comunque star certi di essere dei casi quasi persi o, più plausibile, che non siate al corrente di quanto la vostra situazione sia effettivamente TRAGICA!
    Tranquilli, la nostra agenzia per cuori solitari è quello che fa al caso vostro, armata delle peggiori migliori intenzioni e delle ultime tecnologie per far tornare a battere il vostro ancora per poco cuore!
    [prompt #1] Il giorno di San Valentino, un esercito di Eros Piumati (ibridi magici potenziati) viene liberato nel mondo magico per far scoppiare l’amore in ogni angolo del Regno Unito e far trovare a ognuno la propria anima gemella! I simpatici volatili si illuminano ed emettono un suono particolarmente insistente quanto più questa è vicino. Troverete una pergamena attaccata alla loro zampa, sulla quale verrà indicato il luogo dell’appuntamento non appena anche l’altro uccello avrà compiuto la sua magia MLMLMLML
    Potete:
    - Esservi recati di vostra spontanea volontà da Mara Myoncki e Christian Maljoeyo e aver ricevuto in anticipo la pergamena con il luogo dell’incontro non appena avvenuto il match;
    - Essere stati iscritti da qualcun altro in agenzia;
    - Essere stati colpiti in pieno dall’Eros Piumato.
    E ALOOORA! Datevi una mossa che con questa ricerca dell’amore ci avete rotto i maroni!
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    Avrebbe dovuto smetterla di fare scelte di vita mentre era ubriaca o triste o in pre ciclo o tutte e tre le cose insieme - come in quello specifico caso -, ma si rendeva conto che eliminando quei tre mood avrebbe finito per non fare più nulla e basta nella propria vita. Santo cielo, odiava essere (viva) un'adolescente.
    Le scarpe alte (minacciosamente alte, scelte apposta per l'occasione) picchiettavano sull'acciottolato con eleganza, come se la loro proprietaria non si fosse svegliata poco più di un'ora prima da un sonno post sbronza; era ormai brava, Heather, a prendere le pozioni giuste per sembrare sempre una favola anche se dentro la sua testa si giocava la coppa del mondo di quidditch. L'audio nel cellulare autoinviatosi che aveva udito appena sveglia era stato chiaro nelle direttive, e quando la sobria-heather aveva trovato la pergamena con sopra il luogo dell'incontro, qualche flash della sua entrata nell'agenzia per cuori solitari si era fatto (tremendamente) vivido nella sua memoria. «voglio solo che qualcuno mi amii/iii/i» si era messa a gridare la Morrison come una bambina capricciosa (bambina che sobria-heather - ma anche sbronza-heather in una forma leggermente migliore - avrebbe schiaffeggiato fino alla noia) e a quanto pare si era iscritta a quello speciale evento di san valentino.
    Perchè a lei. Non poteva ovviamente non andare, avevano i suoi fottuti dati... e a dir a verità, doveva ammettere che per la giornata non aveva programmi migliori - pomiciare con un giocatore di quidditch negli spogliatoi non è esattamente un impegno, e non le piaceva in generale avere appuntamenti quel nefasto giorno: i ragazzi tendevano a prendersi troppa libertà e a credersi speciali (quando, ovviamente, non lo erano).
    "Potrebbe essere divertente", si disse. Magari avrebbe trovato qualche vecchio da chiamare daddy che le avrebbe regalato collane sberluccicanti fino alla morte per infarto ancora sopra di lei, o magari di fronte a lei sarebbe apparso un maniaco sessuale pronto ad aprirle il mondo su strani kink che lei non aveva mai avuto cuore di googlarsi; chissà che non finisse strozzata durante una sessione bdsm !!! Insomma, poteva non essere del tutto un giorno perso, e allo stesso tempo era piuttosto certa (non al cento per cento, di più) che non le sarebbe mai stato abbinato un partner sano di mente o che si sarebbe dispiaciuto troppo alla volontà di heather di una botta e via. Andiamo, chi oltre a una diciottenne in stato mentale alterato o un pervertito alla ricerca di una scopata si sarebbe mai iscritto ad una cosa del genere? A San Valentino, poi. C'era un motivo se il romanticismo e le coincidenze che portavano al vero amore erano così feticizzati nei romanzi e nel cinema: nella vita reale non esistevano. Sia chiaro, Heather adorava una buona fanfiction colma di clichè, ma non si illudeva che potesse funzionare sul serio nel mondo in cui viveva lei.
    Arrivata alla testa di Porco tentennò di fronte alla porta, lo sguardo alzato sul suino morto sopra di lei. Perchè
    lì.
    Di tutti i posti, perchè in un buco di culo che puzzava di bagni chimici? Sospirò. Sperava almeno che il suo manico-daddy non fosse un fan del sesso in bagno come chi scriveva su wat?pad (per esperienza, poteva confermare che farlo in un cesso non era romantico o sexy come gli scrittori lo facevano sembrare).
    Sospirando entrò, fingendo di ignorare le occhiate degli sporadici visitatori del locale ma prendendosele tutte (eh, il look da motociclista sexy funzionava sempre - bellissima ma non troppo fuori luogo in quel letamaio). Si sedette su uno sgabello del bancone, le gambe - rese lunghe dalla gonna corta - accavallate morbide (i tacchi accuratamente lontani dal pavimento sporco). La voglia di iniziare ad ordinare era matta, ma avrebbe lasciato che fosse il proprio (la propria?) valentino a scegliere cosa prendere per entrambi; alla fine, le bastava bere gratis (o al costo di darla che dir si voglia), magari essere portata in un luogo più carino e pulito, ed era felice.
    heather + ???
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    darth vader [7.21pm]: comunque ricordati che io tvtttttttttttb

    darth vader [7.22pm]: e che se tutto va male con il tuo appuntamento devi prendertela con prince haha non sono stato io haha

    darth vader [7.25pm]: ti prego non uccidermi sto chiamando l'avvocato per dirgli di cercarmi se tra 24 ore non gli mando un messaggio in codice per confermare che sono vivo

    darth vader [7.26pm]: l'ho fatto con amore pennsylvania hilton!!! ok!!!!!!!! divertiti smack :*



    Incredibilmente soddisfatto nonostante la sentenza di morte praticamente tatuata sulla fronte, Dartmouth ripose il suo costosissimo iPhone – perché chiaramente non era facile essere un marchio di fabbrica: in qualità di Hilton aveva una reputazione e uno status da mantenere, mica cazzi – nella tracolla. Era sicuro che la cara Penn sarebbe stata comprensiva, ormai troppo abituata al disastro umano che si ritrovava per fratello da poter fare qualcosa di drastico. Certo, nel dubbio aveva mandato per email una copia del testamento al suo team, ma preferiva non pensarci troppo.
    Scivolò quindi sul sedile anteriore della macchina, comunicando nel mentre – non senza un pizzico d’incertezza – all’autista il luogo in cui, secondo la misteriosa pergamena consegnatagli poche ore prima, si sarebbe dovuto incontrare con la sua anima gemella.
    Ora, è necessario sapere a questo punto che Dartmouth Hilton, uomo di scienza nonché ventenne entusiasta del metodo botta-e-via, non credeva minimamente nel concetto di anima gemella. I motivi che l’avevano portato in quella situazione (tra l’altro coinvolgendo la povera neo mamma, a sua insaputa) erano molteplici e facilmente riassumibili con il termine noia. Per citarne uno: l’eau de disperazione che si spargeva nel mondo il quattordici febbraio finiva sempre per recluderlo in casa nella misera compagnia di Netflix e un minimo di cinque panini di McDonald’s pur di evitare le iene che gli si buttavano tra le braccia e gli vomitavano sulle scarpe firmate. In assenza di metodi alternativi per uscire a bersi una birra senza venir assalito da cacciatori di teste (ricche, è sottinteso), aveva deciso di rendere il tutto più interessante con un buon vecchio esperimento sociale. Fortuna sfacciata, la sua; neanche s’era dovuto impegnare a tirare su un reality show per scapoli come ogni altro ereditiere sulla faccia della terra – al lavoro sporco ci avevano già pensato Mara Myoncki e Christian Maljoeyo.
    E così tutto quello che s’era ritrovato a dover fare era stato iscriversi, iscrivere Pennsylvania perché why not così va la vita buttercup, infilarsi un cappotto d’Hermès, e pagare qualcuno affinché lo portasse alla Testa di Porco. Facile.it!

    («hey, Tim?» Arricciò le labbra per qualche secondo, poi voltò la testa in direzione dell’autista. «secondo te è uno strip club?»
    E Tim, che per sua sfortuna era bloccato da un semaforo rosso, spostò lentamente gli occhi sullo specchietto così da poter incontrare quelli del ragazzo; poi, con l’autocontrollo di chi davvero non voleva avere a che fare con un Dartmouth in vena di chiacchiere, reiterò: «no.»
    Beh. «hm.» Tim, parlo-di-te-con-il-mio-psicologo Tim, grugnì a sua volta. «agree to disagree.»
    E quella fu la fine della conversazione per il resto del tragitto.)

    L’arrivo al locale era stato, come previsto, terribilmente emozionante. Una volta sceso dalla macchina con la verve di Cenerentola al ballo del principe trotterellò estasiato fino alla porta, lo sguardo puntato sull’insegna sporca di grasso (e come, esattamente, ci era arrivato del grasso sull’insegna del locale? Non ne aveva idea, e per questo era già tutto bellissimo). Si era infine gettato nella folla, iridi splendenti come diamanti (feels!) nascoste dietro agli occhiali dalla montatura sottile e metà viso reso anonimo dalla sciarpa, così da poter evitare che qualcuno gli puntasse un dito contro e finisse per morire sotterrato prima ancora di riuscire a trovare la sua dama o, perché no, il suo cavaliere. E, lo and behold, una volta superati gli innumerevoli cinquantenni, scovò finalmente una testa bionda dalle gambe chilometriche e l’entusiasmo di un cadavere. Match.
    Eliminò dunque la distanza, poi le picchiettò delicatamente sulla spalla: «sei… uh,» e diede una sbirciata alla pergamena, cercando di sembrare disinvolto mentre rileggeva le stesse frasi che ormai aveva imparato a memoria. «jigglypuff? 01?» E rimosse occhiali e sciarpa, sorriso gentile stampato sulle labbra che, ora vicino alla ragazza, si affievolì drasticamente. «se sei minorenne non mi hai mai visto.» Cease and desist.
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    Edited by homini lupus - 11/3/2019, 19:39
     
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    quando il giovane uomo entrato nel locale la puntò - fuori luogo lui e il suo completo semplice ma elegante almeno quanto doveva sembrarlo lei -, Heather si chiese sinceramente se fosse il caso mandare a monte il piano con geidiprimes per passare invece una piacevole giornata col nuovo arrivato; bello, ragionevolmente giovane, vagamente deadpan. Se non era un tipo strano alla ricerca di una relazione duratura, poteva anche uscirne una giornata niente male... ma non poteva tradire così l'agenzia. E se per vendicarsi della sua fuga all'ultimo avessero raccontato in giro che andata da loro quasi in lacrima alla ricerca del (ew) vero amore??? e poi no, non poteva deludere così il suo ottantenne insoddisfatto. Già stava tornando con la fantasia al proprio grandaddy con la faccia da roger taylor, che ecco che il ragazzo - chiaramente rivolto a le - disse le parole magiche (no, non saldi al 50% anche sulla nuova collezione): «Sei, uhm, Jigglipuff? o1?» sorrise togliendosi sciarpa e occhiali, e heather ricambiò per istintò, felice di poter notare che non sembrava solo bello, lo era davvero. Da copertina o da giornale porno, per dire. «se sei minorenne non mi hai mai visto.»
    Uno: Jigglipuff01. Il nome le suonava familiare. Troppo familiare. quanto cazzo era ubriaca per aver scelto come nick il nome di un pokemon unito al proprio anno di nascita?? Non si diceva mai la propria età - era sempre bene spacciarsi per qualche anno più vecchie (a meno che non si beccasse un qualche maniaco del daddy felice di avere fra le mani una mezza bambina; meh, persino heather lo trovava di cattivo gusto).
    due: «ti sembro minorenne?» allargò il sorriso divertita. Jigglipuff zero uno. duemila e uno. "Non siamo dei geni in matematica o deduzione, vedo". «lo prendo come un complimento» con un gesto della mano, gli indicò il posto accanto a sè. Le faceva tenerezza che un tipo che poteva avere massimo massimo trent'anni si preoccupasse dell'età del proprio valentino; aveva visto padri di famiglia farsi meno problemi. «puoi chiamarmi Bunny» Alzò il braccio per richimare il cameriere, ma prima che questi potesse avvicinarsi, Heather si era di nuovo persa a osservare il viso e il corpo del ragazzo.
    «Sei... diverso, da come mi aspettavo» aggrottando le sopracciglia, Heather si voltò meglio sulla sedia per osservare il ragazzo dalla propria postazione, lo sguardo che saliva dal petto fino al viso poco lontano dal perfetto. Era davvero lui il suo appuntamento? Quel tizio dal volto familiare (ex studente di hogwarts? attore porno? dove lo poteva aver visto?) e bello come un dio del sesso? «giovane, e- carino. Un sacco carino» non era neanche riuscita a nascondere il tono sorpreso, e quando si accorse che poteva essere un commento strano, aggiunse: «Non sembri il tipico uomo che cerca "l'anima gemella"» virgolettò in aria roteando gli occhi «con un'agenzia matrimoniale. Sei forse un serial killer che adesca giovani e innocenti fanciulle?» oh, non si sa mai. Forse il fato gli avrebbe dato due (2) gioie in una. E poi, aveva un viso già visto: magari era un ricercato #wat
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    Darth Hilton è stato avvistato alla Testa di Porco e la notizia è diventata quasi virale. Una delle sue fan, nonché la tipa che lo ha riconosciuto, mossa dal desiderio di limonarselo duro attirare la sua attenzione tira i capelli e rovescia il drink sulla nostra jigglypuff01, ingaggiando una lotta per conquistare il cuore di panna di geidiprimes.
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    Dunque, plot twist non da poco: il suo criceto da laboratorio era sospettosamente attraente. Sospettosamente perché per essersi presentata a un evento per appuntamenti al buio chiaramente c’era qualche fregatura nascosta tra le ciocche dorate, ecco, ma di certo lui non si lamentava – era pronto ad accogliere tra le sue braccia una Ugly Betty qualunque con la faccia di uno dei suoi cugini come lockscreen, quindi forse poteva persino ritenersi fortunato. Di certo c’era di positivo il fatto che, a giudicare dall’espressione della sconosciuta, non era stato fregato malamente dall’algoritmo – umano o virtuale che fosse –, e non stava per avere un appuntamento con una ragazzina. Consideriamolo traguardo. «ti sembro minorenne?» arricciò il naso, poi inclinò la testa; infine si prese qualche secondo per osservarla meglio. La risposta corretta sarebbe stata no. Quella che uscì in automatico sotto forma di biascichio, invece, fu «potenzialmente,» seguito da un più chiaro «giusto per essere sicuri» e lo scrollare delle spalle. Beh, lo si poteva forse biasimare? Diamine, era un Hilton; non sarebbe stata la prima volta che tentavano di confonderlo con un documento falso e un po’ di rossetto sulle labbra, e davvero non voleva finire sulle testate di giornali scandalistici con l’accusa di avere una passione per i bambini. Di nuovo. «lo prendo come un complimento» e menomale. Rispose con un ulteriore sorriso, stavolta più rilassato agli angoli, e scivolò sullo sgabello indicatogli dalla ragazza. Uno sguardo al… tutto del locale avrebbe dovuto fermarlo dal lasciare i suoi costosissimi averi in balia del lerciume (presente su ogni superficie, davvero affascinante! chissà quanti anni di trascuratezza erano stati necessari affinché si potesse raggiungere un livello simile di disgusto generale; si appuntò mentalmente di chiederlo al proprietario) e della compagnia discutibile, ma perché preoccuparsi del futuro del suo cappotto firmato quando poteva tranquillamente mandare il suo assistente in una qualsiasi boutique Saint Laurent a riprenderlo stat? Piegò quindi gli occhiali così da poterli agganciare alla camicia e sistemò il resto sullo schienale, lo sguardo a vagare sulla bionda di tanto in tanto così da non farla sentire ignorata. Infine le rivolse nuovamente la sua piena attenzione: «è un piacere, Bunny.» E seguì con lo sguardo il gesto della mano, fino ad incontrare gli occhi del barista a cui era stato rivolto; strinse le labbra in una linea retta, cercando di comunicargli telepaticamente che quello non era il momento giusto per chiedergli di fare una foto da appendere sul muro del locale – no, non sembrava minimamente interessato, ma Darth conosceva i suoi polli: la domanda arrivava sempre quando meno se lo aspettava. Gli toccava prevenire. «io– beh.» Ed eccolo, il dubbio che lo assaliva ogni volta che incontrava una persona nuova: si sarebbe dovuto presentare? Insomma, non era proprio un rapper di Soundcloud con cento followers su Instagram; l’account del suo cane ne aveva più di Barack Obama. «Hanover.» Fece un cenno col capo, poi incrociò le braccia sul bancone. «ma nessuno mi chiama così; va bene Darth.» Quello, solitamente, veniva interpretato come un segnale di via libera alle domande da superfan; si sistemò meglio sullo sgabello, pronto a ricevere i venti minuti di sola trivia che era solito sopportare, e «Sei... diverso, da come mi aspettavo» mh. Era un modo alternativo per dirgli che si aspettava di trovare uno sfigato qualunque e non un Hilton? Onesto. Fece per rispondere, ma rimase sorpreso dal modo in cui Bunny lo stava guardando – o, meglio ancora, studiando; okay. Forse aveva interpretato male e la tipa veniva da qualche parte dell’universo in cui non esistevano televisioni e cellulari. Chi era lui per giudicare le società primitive. «giovane, e- carino. Un sacco carino» e rise, sempre più confuso dalla ragazza al suo fianco. Si prese un attimo per mormorare l’ordine al barista, dunque strinse appena i denti sul labbro inferiore – e, imitando il tono usato da Bunny pochi minuti prima, replicò: «lo prendo come un complimento.» O forse no: «Sei forse un serial killer che adesca giovani e innocenti fanciulle?» Chiaramente aveva parlato troppo presto. «non è ancora nella mia lista di cose da fare, no.» Gesticolò vago in aria, poi mormorò un grazie al ragazzo dietro al bancone, cercando di nascondere la perplessità di fronte al vesper in un bicchiere da whiskey – pieno di calcare, tra l’altro. E vabbè. «tu vuoi qualco–»
    In quel momento successero… cose.
    In ordine di rilevanza:
    1. Un urlo acuto degno dei migliori film horror giapponesi gli spaccò un timpano da qualche parte del locale;
    2. Dalla radio (era una radio o solo la sua mente che cercava conforto psicologico? Freud explain) partirono le prime note di Fernando;
    3. Qualcosa si gettò su Bunny con la delicatezza di un coyote impazzito che non mangia da due giorni;
    4. Can you hear the drums, Fernannnnndooooooo?
    5. Bunny, da quel poco che riusciva a vedere, era zuppa di cosmopolitan;
    6. In the firelight FERNANNNDOOOOOOOOOOO
    7. «Siete Harvard e Penn???» erano Harvard e Penn;
    8. They were closer now FERNANDOOO
    9. Due esseri non del tutto identificati si spararono all’interno del locale (con il logo in mano??????) (interessante);
    10. I WAS SO AFRAID FERNANDOOOOOOOO
    11. «È UNO STRUZZO????????????» era uno struzzo.
    E come altro avrebbe potuto reagire, lui, se non prendendo un disperato sorso dal suo cocktail e allontanandosi tatticamente dalla scena? «scusami– scusami» e si azzardò ad avvicinare una mano nella … generale direzione della nuova arrivata. «mi spieghi?» cosa? Tutto, nel dubbio. Terminò il vesper in un ultimo, agonizzante sorso; infine strinse i denti e, non prima di essersi fatto un segno della croce, urlò «Bunny resisti VALHALLAAAAAAA» e, a palmi stretti in posizione da tuffo, si lanciò nel sandwich Bunny/fan impazzita nel tentativo di separarle. RIP Rest in Peaches.
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    Edited by homini lupus - 11/3/2019, 19:40
     
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    «potenzialmente, giusto per essere sicuri»
    Istintivamente, il sorriso di Heather si fece più intenerito. Che cucciolo d'uomo. In un locale di merda dove probabilmente si sarebbe fatta gente il triplo dei suoi anni e dove erano avvenuti più omicidi che pulizie, ecco l'unico essere umano che si preoccupava di non starsi facendo una ragazza anche solo leggermente minorenne. Si morse la lingua per evitarsi di chiedergli se se ne sarebbe andato, se lei avesse risposto che aveva sedici anni; not cool.
    Lo guardò sistemarsi quasi affascinata, lo sguardo a cadere sui suoi vestiti dall'aspetto costoso. «è un piacere, Bunny.»
    Di sottecchi, per non apparire troppo sfacciata (non sembrava il tipo a cui piaceva quel genere di ragazza, ed era pronta ad adattarsi), gli studiò il volto, i tratti delicati che tanto l'avevano sorpresa appena notato. Abiti alla moda, bel viso - poteva averlo visto su un giornale come modello? Aveva la faccia un po' da copertina.
    «io– beh.» attese, e per un attimo si aspettò il ragazzo avrebbe semplicemente ammiccato o qualcosa del genere, come a dire "mi conosci". Per fortuna non lo fece; sarebbe stato imbarazzante googlare "uomo di circa 30 anni, carino, castano" di nascosto. «Hanover, ma nessuno mi chiama così; va bene Darth» sapeva, sapeva che quel nick avrebbe dovuto risvegliare qualcosa in lei - ma a parte il campanello a suonarle in testa ("DINDINDIN!!! NOME GIA' SENTITO!!! FORSE E' DAVVERO FAMOSO!!!! FORSE SIETE ANDATI A SCUOLA INSIEME A SALEM E TE LO SEI PURE FATTA E VUOLE VENDICARSI!!!!11") c'era il vuoto - o meglio, immagini confuse che si confondevano, forse delle foto dove indossava un cappotto simile. Niente di utile.
    «come darth vader?»
    Ok, a molti ragazzi piacevano le tipe bellissime che UAU avevano un minimo di cultura nerd, quindi non si preoccupò che potesse prenderla per una sfigata. Se anche avesse detto no, o fosse stato per qualche motivo uno che odiava star wars (un fan di star trek o un idiota), poteva sempre dire che era l'unica cosa che sapeva di quel fandom, oltre al fatto che usavano le spade laser.
    «lo prendo come un complimento.»
    Passando casualemente una mano fra i capelli, ridacchiò.
    ah ah ah uau k simpatiko aveva citato la frase di lei, konkuistata . le sfuggiva il romanticismo di tale teatralità, ma alle persone normali parevano piacere questi clichè da libri romantici - e chi era lei per spezzare il sogno?
    «tu vuoi qualco–»
    Un grido, una musica d'atmosfera, un tipo su uno struzzo, qualcosa che le tirava i capelli, un tipo su uno struzzo?, e infine qualcosa di freddo e appiccicoso addosso.
    A bocca spalancata e allibita, Heather abbassò lo sguardo sui propri vestiti, riconoscendo l'odore di un cosmopolitan. Si voltò verso la tipa che si era permessa non solo di toccarla, ma di
    rovesciarle
    dell'alcol
    addosso.
    sapeva quanto cazzo costavano i suoi abiti? Quando venivano le sue scarpe? No, certo che no, lei era una stracciona - neanche la sua assicurazione sulla vita valeva quando una forcina della Morrison.
    «Credo che ti ucciderò» dichiarò con flemma e un sorriso sulle labbra. Fece scrocciare le dita, sebbene la tipella non la stesse quasi filando, continuando a lanciare occhiate all'accompagnare di Heather- aspetta, scusa, cosa?? Non le stava neanche dedicando tutta l'attenzione che meritava? «vuoi scopartelo? se non è un necrofilo, la vedo tesa per voi» allungò una mano per ricambiare la tirata di capelli, e guarra fu.
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    Probabilmente Heather non avrebbe vinto quello scontro illesa - ma vero come che le pannocchie sono un cibo afrodisiaco, non avrebbe neanche perso. Era una brava studentessa di corpo a corpo (era una brava studentessa in ogni materia, troppo ambiziosa per non puntare all'eccellenza), si allenava tre volte a settimana fisicamente con la squadra delle cheerleader, la sua versione alternative universe era un qualche tipo di robot da combattimento, e in generale col cazzo se le sarebbe fatte dare da una tipa random a cui (presumibilmente? che ricordasse?) non aveva fatto nulla. Non avrebbe perso, e non avrebbe gridato per richiedere l'intervento del suo principe in eleganti abiti firmati, nonostante fosse chiaramente la causa dell'inizio della rissa. Non perchè non le piacesse approfittare dei benefici di essere carina e far combattere altri per sè, figuriamoci, ma perchè la regola di Heather era non chiedere mai esplicitamente: erano gli altri a pregare lei, ed erano gli altri a farle piaceri senza bisogno che lei usasse "per favore". Molto più difficile, a quel modo, rinfacciarle che non sapeva fare qualcosa da sola (niente; non c'era niente che non riuscisse a fare), o andassero da lei per riscattare benevolenze.
    Stava cercando di sbattere (mlml) a terra la stronzetta con la rabbia canina (phobos campbell sarebbe stato fiero del braccio che le stava tenendo premuto sulla schiena, in una mossa da lui imparata) quando Darth - al quale non aveva più rivolto un pensiero lucido in quegli intensi secondi di unghie sulla pelle e vestiti strattonati (il tutto condito da un dolcissimo e terribilmente forte odore di vodka) - pensò bene di posare i popcorn e intervenire, sedando la rissa. O, almeno, dividendo le due buttandosi letteralmente in mezzo («MI HA TOCCATAH» urló l'altra, appena un'ottava più bassa del «VALHALLAAAAAAA» di Darth, e svenendo subito dopo dall'emozione), rendendo così inutili gli sforzi di heather di immobilizzare la pazza e ribaltarla a terra.
    Che poi, Heather non avrebbe reagito all'intervento se non con un sorriso e un suave movimento di capelli (magari un falzo "mio eroe!" a condire l'espressione da damigella sperduta) se non si fosse resa conto, nello scontro, che la ragazza le aveva tolto il bracciale, lasciando in bella vista la propria lettera scarlatta: una L che valeva un po' come una C di credulona, o S di Stupida, o una V di Vedi a fidarti? Una L che le ricordava che per fare le cose male, meglio non farle; che fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio, perchè nel momento in cui le cose si fanno difficili i Charles Dumont del mondo se la danna a gambe buttandoti nella merda. Non aveva bisogno di altri Charles a fingersi paladini della giustizia che poi se ne sarebbero andati. «era tutto sotto controllo!» ringhió offesa, le dita rapide a stringersi per nascondere il polso, i capelli appiccicosi in faccia e la guancia a bruciare per un possibile graffio. Quando si accorse della risposta affrettata e rude, corresse in fretta il tiro (sempre stata brava, a recitare; il drama club avrebbe dovuto implorarla di fare la protagonista ad ogni spettacolo; avrebbe potuto interpretare persino la timida ragazzina cristiana che non sa cosa voglia dire sbucciare la barbabietola): «Scusa» sorrise facendo vagare rapido lo sguardo a terra alla ricerca del braccialetto. Intorno a loro a quanto pareva era scoppiato il finimondo, ma riuscì comunque a individuare la fascetta di metallo ai piedi di Darth. L'afferrò rapida per rimettersela, già più tranquilla. Alzò le mani ridacchiando. «Non sono fatta per tutta quest'azione, mi dà alla testa! Grazie, di essere intervenuto» oh, dai, era pur sempre stato carino, se ci pensava a mente lucida e non annebbiata dalla voglia di uccidere una tipa random. Si sistemò i vestiti, nascondendo lembi di pelle che si erano scoperti perchè non fossero visibili i segni delle torture di qualche mese prima. Non che a Londra nel 2019 qualcuno si stupisse per un paio di segni bianchi, ma non le pareva il caso sbandierarli al quattro venti. «Qui la situazione si è fatta un po'» osservò alle spalle di Darth un ragazzo che coccolava uno struzzo con sguardo omicida. ... ... ma quel tipo era-...? No. Non poteva essere il Black; per forza. Non poteva essere lo stesso uomo che conosceva - forse il suo gemello malvagio (neanche l'AU - aveva conosciuto anche lui e aveva poco a fare con quel tipo) «...strana. Ti dispiace se...?» indicò la porta, sollevando le sopracciglia. «Dovrei cambiarmi»
    Che poi Darth capisse quello che voleva, oh.
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    Gemette, la testa troppo dolorante per il brusco contatto con il pavimento anche solo per pensare di nascondere quanto, effettivamente, stesse a) soffrendo e b) in piena fase di pentimento per le sue scelte di vita e circa ogni sua azione che l’aveva portato a fracassarsi il cranio pochi attimi prima. Ovviamente lo slam down non poteva mancare; e lui che s’era convinto di poter sopravvivere almeno un’ora in quel posto pieno di vecchi e Uomini Duri™, aka: di certo non il genere di pubblico che credeva potesse interessarsi alla star di un reality show, prima di venire assalito da fan impazziti. Rotolò su se stesso così da potersi districare dagli arti della ragazza, poi si tirò su di un gomito. Spalancò gli occhi, battendo le palpebre come per schiarire la vista, infine li ridusse a fessure: guardando la situazione da un punto di vista positivo, si era misticamente risparmiato un trauma cranico. Victoire! Finalmente le sue attenzioni ricaddero sulla povera anima priva di sensi stesa al suo fianco; esitò qualche attimo, incerto su come muoversi in una situazione simile, e alla fine optò per puntare l’indice contro la sua spalla e spingere una, due volte – niente segni di vita. Ora, era pur vero che il campo scientifico prediletto dall’Hilton non fosse la medicina, ma era comunque abbastanza certo che quello non fosse un buon segnale. Strinse le labbra in una linea retta, e provò un’altra volta, fronte aggrottata in un misto di concentrazione e disperazione crescente; e ancora silenzio. In…te…ressante. Neanche fece caso alle sostanze (varie e indescrivibili: avrebbe dovuto bruciare quella maglietta una volta tornato a casa) appiccicose che gl’infestavano i vestiti, troppo occupato a pensare a come uscire illeso da un’accusa di omicidio con così tanti testimoni. Si guardò attorno spaesato; infine, debole come una foglia in autunno, mormorò: «sei… sei viva?» alla sconosciuta che, in un cambio d’eventi affatto scontato, lo colpì in piena faccia con un braccio, gli occhi rigorosamente chiusi. Eh, beh; forse, dai.
    Felice quantomeno di aver evitato il carcere, si alzò da terra, barcollante e con il palmo della mancina fisso sul punto in cui, ne era certo, di lì a poche ore sarebbe spuntato un bernoccolo davvero poco attraente. Alzò la mano libera in aria, sorriso debole a dimostrare che non fosse accaduto qualcosa di grave – eeee nessuno se lo stava filando. Apposto così. Fece per chiedere a Bunny se stesse bene, ma la domanda venne troncata sul nascere: la stessa Bunny, di fatti, strillò un «era tutto sotto controllo!» che lo fece dapprima sussultare, preso alla sprovvista da tanta rabbia, poi indietreggiare. Rimase fermo ad osservarla per più tempo del necessario, Darth, braccia abbandonate ai fianchi e sguardo vacuo. Spostò nuovamente gli occhi sulla super fan che aveva cercato di staccarle la testa, e: «nulla, assolutamente nulla era sotto controllo.» Scandì parola per parola, sopracciglia arcuate mentre, inutilmente, cercava di comprendere se fosse stupida o solo eccessivamente ottimista. Volle convincersi della seconda opzione. «Scusa. Non sono fatta per tutta quest'azione, mi dà alla testa!» e ridacchiò anche Darth, divertitissimo!, prima di replicare con un «non l’avrei mai detto» a bassa voce, senza vera acidità nel tono; infondo ai casi umani voleva sempre bene. Passò una mano sui pantaloni, stirandoli con le dita per darsi un minimo di contegno e, soprattutto, nascondere il disagio che stava provando in quel momento: gli sembrava terribilmente scortese buttare una banconota sul bancone e andarsene per primo, ma era al contempo conscio del fatto che più tempo passava, più la voce si spargeva. Tempo venti minuti e il locale si sarebbe riempito di adolescenti iPhone muniti con altri bellissimi cocktail da buttare sulla testa della bella Bunny; grazie, non ci teneva troppo. Un bene, dunque, che la ragazza sembrasse della sua stessa opinione: «qui la situazione si è fatta un po’… strana. Ti dispiace se…?» Annuì vivacemente, mai stato felice di tornarsene a casa quanto quella sera. «uh–» «dovrei cambiarmi.» «certo, certo. Lascia che– aspetta un attimo.» E si avvicinò al cappotto, ancora illeso per volere divino, probabilmente, e tirò fuori dalle tasche portafoglio e cellulare; quindi mandò rapido un messaggio all’autista che, fedele come un cane (leggi: pagato), lo attendeva all’angolo della strada così da poterlo recuperare rapidamente qualora le cose si fossero messe male. Infine lasciò una somma generosa sul bancone, lo sguardo ad alzarsi di tanto in tanto per poter incontrare quello imbarazzato del barista. «lo so che sei stato tu.» Si riferiva alla soffiata, ovvio; stronzetto. «ma farò finta di nulla: chiama un ospedale per la tipa–» e inclinò la testa di lato per indicare la ragazza stesa a terra, del tutto ignorata dalla clientela: praticamente un oggetto di scena. «…e accertati che stia bene.» E prese le sue cose, andando poi a sfiorare la spalla di Bunny per attirare la sua attenzione e guidarla verso la porta, ma non prima essersi premurato di spiegare: «ti accompagno a casa.» E sorrise cordiale, salvo disguidi; di certo non si sarebbe lanciato su di lei in un momento simile. Aveva una reputazione, insomma. E un codice morale, ma dettagli.
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    Together we'll sail across the sea reminiscing every night
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    cinque bicchieri di vino dopo
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