[oblinder] Just The Way You Love

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    Siete pronti per un appuntamento FA-VO-LO-SO-H?
    Certo che sì! Altrimenti non sareste stati così disperati da rivolgervi a noi! Se non lo avete fatto, potete comunque star certi di essere dei casi quasi persi o, più plausibile, che non siate al corrente di quanto la vostra situazione sia effettivamente TRAGICA!
    Tranquilli, la nostra agenzia per cuori solitari è quello che fa al caso vostro, armata delle peggiori migliori intenzioni e delle ultime tecnologie per far tornare a battere il vostro ancora per poco cuore!
    [prompt #1] Il giorno di San Valentino, un esercito di Eros Piumati (ibridi magici potenziati) viene liberato nel mondo magico per far scoppiare l’amore in ogni angolo del Regno Unito e far trovare a ognuno la propria anima gemella! I simpatici volatili si illuminano ed emettono un suono particolarmente insistente quanto più questa è vicino. Troverete una pergamena attaccata alla loro zampa, sulla quale verrà indicato il luogo dell’appuntamento non appena anche l’altro uccello avrà compiuto la sua magia MLMLMLML
    Potete:
    - Esservi recati di vostra spontanea volontà da Mara Myoncki e Christian Maljoeyo e aver ricevuto in anticipo la pergamena con il luogo dell’incontro non appena avvenuto il match;
    - Essere stati iscritti da qualcun altro in agenzia;
    - Essere stati colpiti in pieno dall’Eros Piumato.
    E ALOOORA! Datevi una mossa che con questa ricerca dell’amore ci avete rotto i maroni!
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    A Penn Hilton, le feste piacevano praticamente tutte, principalmente perché si passavano in famiglia. L'inventore del "natale con i tuoi, pasqua con chi vuoi" era chiaramente un cretino: per legge, anche pasqua era da passare senza potersi muovere un attimo dal tavolo da pranzo incastrati tra discorsi imbarazzanti con zii e nonni così come il natale. Tra i cugini Hilton, Philadelphia era senza dubbio quella che, durante i periodi di feste, diventava l'incubo peggiore di tutti: iniziava a riempire la famiglia di messaggi, a ricordare loro che la presenza al pranzo non era qualcosa su cui si poteva decidere se partecipare o meno ma un semplice obbligo ed a preparare a tutti biglietti e regali impacchettandoli uno per uno e scegliendoli nei negozi lei stessa, non scaricando il lavoro su qualche povero maggiordomo (come, lo sapeva, qualcuno in famiglia faceva sempre) Insomma, le festività erano i giorni preferiti di Penn Hilton. Tutte, tranne uno: San Valentino. Davvero non...ne vedeva il senso? Era così inutile. Era abbastanza intelligente ed autocritica per rendersi conto che, la causa della sua avversione, era il semplice fatto di non aver mai avuto una relazione seria e di conseguenza una persona con cui condividere quella giornata, ma allo stesso tempo ciò non la tratteneva dal dire al mondo intero quanto fosse inutile e eticamente scorretta: a cena con il proprio fidanzato uno ci può andare quando vuole, no?
    E forse era per quello che, il giorno di San Valentino, aveva accettato l'invito di Christian Maljoeyo: del resto non aveva nulla di meglio da fare. E con lui, ne era certa, avrebbe passato un quattordici febbraio sicuramente migliore di quello dell'anno precedente, chiusa in un monastero in Thailandia. Del resto erano amici, e i suoi consigli di guru le facevano sempre comodi: ingenuamente, Penn aveva immaginato che Christian l'avesse invitata quel giorno proprio nella speranza di rallegrarla, sapendo quanto lo odiasse e, di conseguenza, immaginando che non avesse altri piani per quel pomeriggio. Quando sul messaggio aveva letto "Testa di Porco", non si era fatta poi troppe domande: aveva immaginato che, essendo tutti i ristoranti più carini occupati da prenotazioni prese mesi prima da coppiette innamorate, un tavolo lì era l'unica opzione last minute rimasta.
    Dopo aver lasciato Bang a suo nonno - l'unico disposto a tenerselo per qualche ora quel giorno - aveva fatto il suo ingresso nel locale cercando di non farsi notare da nessuno: non a caso si era vestita davvero da barbona, secondo i suoi standard (insomma, indossava una felpa di gucci, capite? una f-e-l-p-a!!), e durante il tragitto dalla macchina aveva tenuto un enorme ombrello aperto sopra sé per coprirsi un po' meglio la faccia: l'ennesimo articolo di cronaca rosa se lo voleva proprio risparmiare. E, seduta al tavolo intenta, nell'attesa, a leggere una ff che le aveva inviato qualche giorno prima Yale, la sua attenzione venne catturata da una persona che si stava avvicinando a lei. Quando le arrivò davanti, l'unica cosa che Penn riuscì a fare fu costatare l'ovvio «non sei christian maljoeyo»
    Era stata appena fregata?
    Chissà chi avrebbe dovuto uccidere alla fine di quella giornata.
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    Ha un figlio con leo di caprio quindi insomma, dalla vita ha aspettative piuttosto alte. Cos'altro le piace oltre che fare la sgualdrina in giro? Allora, esser super intelligente, stupire tutti con la sua intelligenza, andare a ballare, ubriacarsi prima, dopo e mentre sta a ballare, stupire tutti con la sua intelligenza (di nuovo), stare con gli animali di nonno Hilton e...stare con suo figlio forse? dai scherzo, ovviamente no
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    Odia le sfilate pure se fa la modella, odia stare sulle copertine delle riviste di gossip anche se ci finisce praticamente una settimana sì ed un'altra pure, odia le relazioni complicate anche se ne ha avute solo di questo genere in tutta la sua vita. Ed il mcdonald le fa venire la nausea
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    Sospirò, distogliendo la propria attenzione dall’iPhone per puntare brevemente le iridi blu elettriche, accuratamente nascoste dietro un paio di volutamente anonime lenti scure, sull’incessante via vai di Hogsmeade. Trasse un profondo tiro dal sigaretto, degustandone l’acre sapore sul palato prima di soffiarlo qualche centimetro sopra la faccia del fratello in videochiamata. «dimmi che almeno stanno bene.» commentò, roco e secco – e preoccupato. Si fidava ciecamente di Yale, ed era forse l’unica persona a cui avrebbe affidato la propria vita senza pensarci due volte; ma quella dei suoi cani? Oh, la loro valeva molto più della sua. E questo, il minore degli Hilton IV, lo sapeva perfettamente. «non… posso assicurartelo?» se avesse potuto fulminarlo con un solo sguardo, lo avrebbe fatto anche da dietro gli occhiali da sole e nonostante lo schermo a dividerli. «yale «oh, andiamo!, sono con davide» fece una pausa, e Cambridge Darryl Leyton Nicholas William Brad Hilton IV, comunemente noto come Harvard o Hardvard dietro la cinepresa, dovette ripetere tutti i nomi con cui La Madre aveva deciso di chiamarlo per calmarsi (c’era chi contava fino a dieci, e poi c’erano i ricchi con tanti nomi: darwinismo, baby) ed evitare di Smaterializzarsi per raggiungere immediatamente l’altro, così da picchiarlo. «puoi stare… tranquillo» no, non poteva. «cosa vuoi che succeda?» «per il vostro bene,» sorrise amabile, gettando un veloce sguardo all’orologio al polso. «spero nulla di grave. devo andare» sospirò di nuovo, questa volta molto più melodrammaticamente rassegnato che in precedenza. Aveva tanta voglia di entrare alla Testa di Porco quanto di andare a fare un safari con sua cugina Paris: per inciso, avrebbe preferito cavarsi gli occhi e farsi strappare le viscere da un grizzly. «mandami una foto quando torna il tuo babysitter» «sua? oh, harv-» «dei cani, deficiente.» «OK DIVERTITI BRO» «no.»
    Divertirsi era letteralmente l’ultima cosa che aveva intenzione di fare quel quattordici di febbraio. Si sistemò il cappello da baseball sui capelli, aspirò un ultimo tiro di sigaretto prima di spegnerlo nell’apposito posacenere (cazziando in più un giovane screanzato che aveva ben pensato di gettare la propria sigaretta a terra davanti ai suoi occhi.), pensando già a tutti i favori che Mara avrebbe dovuto fargli per farsi ripagare. Perché se Harvard Hilton aveva deciso di partecipare a quella stronzata di San Valentino, era soltanto per beneficenza, e per non lasciare sul lastrico un paio di buoni amici: in fin dei conti, non gli costava nulla far venire un infarto a qualche fan per l’emozione di ritrovarsi un colosso del cinema come proprio appuntamento al buio, e sarebbe stato persino divertente; non aveva nemmeno un cazzo da fare per quel giorno, per cui non aveva potuto declinare la supplica della Myonki.
    Per quanto fosse una buona causa, Harvard voleva comunque morire. Odiava (qualsiasi festa, tranne quelle a tema country nel ranch del nonno: amava il Texas, che poteva farci) San Valentino, ed odiava la gente che lo idolatrava; la sua unica utilità, erano spunti per i film a luci rosse e l’incredibile guadagno che entrava nelle sue finanze nella prima metà di febbraio.
    Entrò nel locale a testa bassa, alzandola quel tanto che bastava per controllare la strada che l’avrebbe condotto al tavolo segnato sul biglietto; quando arrivò al sopracitato, capì perché l’azienda di Mara e Christian stesse fallendo: erano degli inetti.
    «non sei christian maljoeyo» corrugò la fronte e, sedendosi di fronte a sua cugina, si tolse gli occhiali. «grazie a dio, no» strinse le labbra tra loro, chiamando un cameriere con un lesto cenno di mano. «e sono molto offeso da questo paragone, philadelphia.» terribile usare i loro primi nomi, ma certi affronti lo meritavano. «sei stata incastrata, sei qui di tua spontanea volontà o ti pagano?» dritti al sodo: si vedeva che voleva morire quasi quanto lui. «per me un’acqua tonica, ma corretta con un po’ di gin» «quindi un… gin tonic?» «so cosa ho detto, ragazzo: acqua tonica, con un po’ di gin.» serviva a mantenere le parvenze di sobrietà: skills. «oh… ok…» «già. allora penn, come va la vita? oh, ma guarda, c'è anche tuo fratello!»
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    i cani + il cinema + i cani + alcol e droghe varie + i cani + fingere di essere sobri da anni, è esilarante + i cani + la beneficenza + i cani + l'ambiente
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    paris hilton, la trova davvero troppo insensata come essere umano + i fan che lo acclamano solo per i suoi porno + fingere di essere sobri da anni, a volte sa essere stressante
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    Edited by insomniac; - 21/2/2019, 03:09
     
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    Era stata fregata. Lei, Philadephia Sutton Maribel Soledad Hilton, si era appena resa conto di esser stata fregata. Non le capitava spesso, sapete? Di solito era abbastanza intelligente da non permetterlo a nessuno. L'ultima volta che le era successo era stato quando aveva detto a Leo di esser incinta e lui, esattamente cinque minuti dopo, era scappato dal divano di casa di Penn con la scusa di una chiamata urgente da parte di sua cugina. Cinque minuti, aveva detto. In realtà si erano trasformati in due mesi, e quando l'aveva rivisto era stato ognuno in compagnia del proprio avvocato. Anche lì, di esser stata fregata se n'era resa conto troppo tardi. Tuttavia, quella volta si trattava più di una trappola: mai, di sua spontanea volontà, avrebbe lasciato suo figlio un'intera serata in compagnia del nonno (e dei suoi amici di briscola, ne era certa) per un appuntamento al buio. «e sono molto offeso da questo paragone, philadelphia.» Perchè Harvard era lì?? Chiariamoci, era sempre felice di vedere suo cugino, ma non capiva proprio il perchè «effettivamente tu non saresti in grado di portare il ciuffo platino come lui » Le venne da ridere anche solo a pensarci «sei stata incastrata, sei qui di tua spontanea volontà o ti pagano?» Non capiva. Perchè l'avrebbero dovuta pagare?? E soprattutto, chi??? Il suo agente non le aveva detto nulla. Eppure...«..dartmouth» Cristo santo, l'avrebbe ammazzato. Quando aveva visto la sfilza di messaggi da parte sua, qualche minuto prima di arrivare al locale, l'aveva bellamente ignorato: insomma, era normale per lei far passare ore prima di filarsi suo fratello, anche perchè di solito quando non la chiamava ma le scriveva messaggi era o per cazzate o perchè doveva farsi perdonare qualcosa. E infatti..«scusa un attimo» Ignorò il cameriere arrivato a prendere le ordinazioni, congedandolo con un allusivo (#cos) gesto della mano che dava piena libertà d'interpretazione. Sperò solo che l'avesse interpretato come un "prendo quello che prende lui" anche se, a dir la verità, non aveva idea di cosa avesse chiesto suo cugino. Nel dubbio andava bene tutto.

    darth vader [7.21pm]: comunque ricordati che io tvtttttttttttb

    darth vader [7.22pm]: e che se tutto va male con il tuo appuntamento devi prendertela con prince haha non sono stato io haha

    darth vader [7.25pm]: ti prego non uccidermi sto chiamando l'avvocato per dirgli di cercarmi se tra 24 ore non gli mando un messaggio in codice per confermare che sono vivo

    darth vader [7.26pm]: l'ho fatto con amore pennsylvania hilton!!! ok!!!!!!!! divertiti smack :*


    «cristo, io lo ammazzo» Insomma, alla fine fece due più due: sapeva dell'evento organizzato da christian e la myoncki, così come sapeva che mai nella vita avrebbe dato la sua disponibilità. Suo fratello l'aveva davvero iscritta senza dirle nulla?? Iniziò a pentirsi di tutte le volte in cui, nel periodo tra i quindici anni e i diciotto anni del ragazzo, Penn gentilmente accoglieva e calmava la serie di ragazzine che rimanevano col cuore spezzato per colpa sua e si recavano a casa loro per dirgli in faccia quello che provavano nei suoi confronti: a pensarci ora, un bel po' di quegli insulti se li sarebbe meritati. « allora penn, come va la vita? oh, ma guarda, c'è anche tuo fratello!» «DOVE» iniziò a scrutare il locale, finchè non lo vide al bancone insieme ad una biondina. Si era pure permesso di presentarsi ad un appuntamento nello stesso posto dove aveva mandato lei??? «mi ha iscritto lui senza dirmelo a questa...» come definirla?? Sinceramente non aveva ancora ben capito cosa fosse «..cosa» E soprattutto c'era un'altra cosa che non riusciva a capire «ma tu che ci fai qui??» Era stato incastrato anche lui?? Altrimenti non capiva per quale altro motivo si sarebbe prestato ad un evento del genere. A meno che.. «speravi in un appuntamento bollente da cui prender spunto per un altro film??» Effettivamente, se gli fosse capitata un'altra persona, avrebbe potuto sperare di raccogliere materiale «peccato che la ragazza con darth sia troppo giovane» insomma, non la vedeva benissimo ma ad una prima occhiata sembrava non superare i diciotto anni «altrimenti l'avresti potuta intrattenere mentre io riempivo di botte mio fratello» Erano spiriti affini, lei ed harvard: entrambi condannati ad un eternità con un fratello minore idiota. (scusa yale, tvttttb)
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    Era estremamente difficile che Harvard Hilton riuscisse a mettersi nei panni altrui, a provare empatia e calarsi nelle vite degli altri per poter loro dire “come ti capisco!” o altre, inverosimili, stronzate del genere, se non quando si trovava sotto contratto e con le luci di un nuovo set cinematografico puntate contro: sebbene capisse perfettamente le persone ed i loro insulsi drammi – altrimenti il suo lavoro non sarebbe soltanto stato difficile da portare a termine, ma impossibile -, aveva una sottospecie di blocco emotivo nei confronti dell’altro nel momento in cui si ritrovava in situazioni di vita mondana. Preferiva, in quei casi, restare in disparte ed osservare attentamente come la vicenda decideva di svolgersi, prendendo appunti ed intervenendo, se proprio richiesto, donando soldi – dicevano che il denaro non comprasse la felicità, ma di certo diverse centinaia di dollari casuali date ad un operaio medio americano potevano aiutarlo nella ricerca. Estremamente difficile, ma non infattibile; invero, bastava anche una singola parola per far sì che in Cambridge scattasse qualcosa, un sentimento che appena manifestatosi non attendeva poi troppo prima di immergersi nuovamente nelle profondità più recondite della sua anima dannata.
    Quel «dartmouth», sibilato tra i denti in un misto di rassegnazione e frustrazione, oltre a fargli passare di mente l’insinuazione per la quale non avrebbe saputo portare il ciuffo di Maljoeyo come quest’ultimo – a) perché mai avrebbe dovuto voler fare una cosa del genere ai propri capelli, non era un deficiente; b) l’avrebbe portato con molta più classe, non scherziamo -, lo comprendeva perfettamente. In ventiquattro anni, si era trovato più volte a pronunciare il nome di suo fratello con la stessa, triste cadenza, che non a… fare qualsiasi altra cosa - per prima, vivere la propria vita. Le labbra carnose non riuscirono, e nemmeno troppo ci si impegnarono, a trattenere un sospiro melanconico, mentre la cugina prendeva il telefono e controllava, certamente, le prove di cui aveva bisogno – ed infatti, poco dopo: «cristo, io lo ammazzo». L’Hilton alzò un sopracciglio, scoccò la lingua sul palato e guardò Penn, ancora sull’orlo di una crisi di nervi. «non potresti nemmeno se volessi,» constatò semplice, sapendo perfettamente che non voleva - o almeno, lo diede per scontato: Harvard avrebbe preferito uccidere, o uccidersi, piuttosto che vedere Yale soffrire (fosse per mano sua o meno); era abbastanza sicuro che lo stesso principio valesse per la ragazza ed il fratello. «i fratelli minori sono dei demoni mandati in superficie da satana in persona per tormentare le nostre povere anime,» dove per nostre, intendeva tutti i fratelli maggiori di quel mondo: solidarietà, fratelli. «dubito che le nostre più potenti magie possano anche solo scalfire l’armatura forgiata dalle fiamme dell’inferno» ma li amavano anche così, non ci potevano fare nulla.
    Azzardò un cenno con la testa in direzione di Darth e la sua dolce compagnia, un sorriso sornione a premere sugli angoli della bocca nel sentire la voce di Penn alzarsi di un’ottava: non lo avrebbe ucciso (forse?), ma nulla avrebbe salvato il giovane dall’ira funesta di sua cugina, ed il trentenne viveva per il dramma - Dio, ci sarebbe stato da divertirsi. «al contrario tuo, mi sono iscritto di mia spontanea volontà» si accomodò meglio sulla scomoda sedia di legno, un braccio ciondoloni sullo schienale della medesima. «un favore per quei due cretini, stanno facendo fallire la loro stessa azienda» beh che… gettò uno sguardo intorno a sé, per poi indicare prima il proprio petto e poi la cugina. «non me ne stupisco affatto, e mi pento di aver investito dei soldi in questa attività» aveva sempre considerato entrambi dei buoni a nulla, e non facevano mai qualcosa di effettivamente utile per dimostrargli il contrario; cazzi loro, eh. «dovevo fare tipo ragazza immagine, capisci? far trovare a qualcuno un personaggio famoso, selfie vari, sponsorizzazioni – cazzate del genere» sollevò le spalle, accogliendo di buon grado il gin tonic appena portato loro e ringraziando il cameriere con una lauta mancia. «ammetto che sono sempre disponibile per spunti,» e sveltine; casomai fosse capitato qualcuno di allettante, non avrebbe di certo disdegnato della buona compagnia – ma questo non lo disse alla sua cuginetta. «ovvio»
    «peccato che la ragazza con darth sia troppo giovane, altrimenti l'avresti potuta intrattenere mentre io riempivo di botte mio fratello» cosa stava insinuando, che lui fosse troppo vecchio? Assottigliò le palpebre, le brillanti iridi cobalto a fulminare momentaneamente la ventiduenne. «possiamo sempre intrometterci nel loro appuntamento – io distraggo lei,» mostrandosi con la sua vera identità di fantastico e famoso attore barra regista barra produttore di Hollywood, non in altri modi: non era vecchio come insinuavano, ma non era nemmeno un pedofilo. «tu ti occupi di tuo fratello: ci stai?»
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    Se pensavate che la vostra serata non potesse peggiorare, beh, non potete far altro che ricredervi.
    Ad allietare il vostro appuntamento ci pensano california10, pettyboy e la loro nuovissima amica, nonché l’insegna del locale che ci tengono particolarmente a mostrare quasi fosse un trofeo di guerra. Credeteci, lo è.
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    Da soulmates a deadmates il passo poteva essere brevissimo. Non che ad Alister, effettivamente, importasse qualcosa. In quel quarto di secolo aveva vissuto una vita piuttosto intensa, non sua, ma non era certo il tipo da porre freni o limiti alla provvidenza. Se avesse avuto qualche rimpianto o qualche rimorso? Probabilmente no, forse solo il non essere diventato qualcuno, la punta di quella piramide sociale. Soggiogato a delle catene e a una maledizione che sarebbe stata il suo unico per sempre. Sfortunatamente per il roscio accanto a lui, tutto ciò che poteva offrirgli erano il suo corpo, del buon sesso – e avrebbe scoperto i vantaggi dell’imminente plenilunio – e i cristalli che aveva sul suo palmo.
    Scrollò le spalle, non manifestando alcuna preferenza in merito al nome, indifferente all’idea che neanche l’altro volesse esporsi. Perché farlo? Dopotutto, qualsiasi cosa avessero condiviso, sarebbe stata la parentesi di un giorno, un incontro fortuito destinato a finire lì, l’assaggio di un qualcosa che non avrebbe mai visto al luce. Non gli avrebbe dato un nome, non uno fisso almeno. Se lo avesse fatto, se avesse scelto come chiamarlo, quella parola automaticamente avrebbe assunto un significato più grande, quello di un legame, per quanto effimero e superficiale, che non era disposto a stringere.
    “Fa come credi.” Il sopracciglio si levò appena, così come un angolo della sua bocca, apprezzando con quanta diffidenza l’altro si stesse approcciando a lui. Non gliene faceva una colpa, sia chiaro: lui avrebbe fatto lo stesso. “Ti è andata un po’ di merda, se devo essere onesto.” Stese le labbra in un sorriso, allargando appena le braccia, le iridi di ghiaccio puntate negli occhi chiari di quello che all’apparenza sembrava un cucciolo svitato ma che, a conti fatti, sembrava più intelligente di quanto non desse a credere. “Ammesso tu ne abbia effettivamente bisogno.” Di un anima gemella, dell’altro pezzo di puzzle che andava a completare, e compensare, perfettamente quegli spazi che, per troppo tempo, erano stati lasciati vuoti. Era un concetto troppo astratto, troppo surreale, per essere apprezzato dal pragmatismo del Black, dalla sua propensione autodistruttiva, da quei suoi modi troppo bruschi che non lasciavano mai avvicinare qualcuno. Eppure, sotto quello strato di costruita apatia, il roscio gli stava simpatico. Piacergli era un parolone, ma l’apprezzamento di un altro essere umano era ancora qualcosa in grado di stupirlo.
    Portò il cristallo alle labbra, facendolo sciogliere sulla lingua, beandosi del retrogusto acidulo lasciato nella bocca. Quanto tempo ci avrebbe messo per fare effetto? Non ne aveva assolutamente idea, sperava solo che il trip fosse abbastanza forte da stordirlo. Non stanarlo, quantomeno rendere meno impostata la sua presenza.
    “Essendo due Regine, abbiamo un’intera scacchiera da mangiare.” Non che avesse molto senso, ma nella sua testa sì. “Possiamo muoverci ovunque, essere al di sopra di tutti. L’unica regola è non avere regole.” Il che, per lui, sarebbe stata una liberazione. “Possiamo scegliere di collaborare o di saltarci addosso…” – niente in contrario alla sveltina nel bagno se avessero voluto fare una pausa dai giochi, eh – “… e non qui.” Concordò alzandosi in piedi e affiancandosi all’altro, dirigendosi poi verso l’uscita. Quello che non si aspettava di vedere, o comunque non si aspettava di vivere, lo lasciò di stucco. Il Carrow’s sembrava quasi sotto assedio: le persone correvano ovunque, c’erano grida provenienti da ogni angolo e poi… e poi accadde. È ancora incerto il come, ma uno struzzo magico stava per caricarli entrambi. Chiamateli sensi di lupo, chiamatelo istinto di sopravvivenza da Serpeverde, chiamatelo effetto della sostanza di cui era fatto, ma Alister riuscì a salvare entrambi, trascinando Jerry (?) su una panchina per poi darsi lo slancio per quella che sarebbe stata una cavalcata ai limiti dell’assurdo. Saltò su uno degli animali liberati e lasciò che questo lo trascinasse attraverso la folla, apparendo e scomparendo a piacimento ogni 5, 10, 20 metri, seguito a ruota da quello, un po’ più sbilenco del roscio. U a u. Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe stato il primo lupo a montare uno struzzo! Fantastico! Starnazzavano da una parte all’altra dello zoo, implacabili, travolgendo qualsiasi cosa o persona, resi intoccabili da quella posizione privilegiata. Senza sapere come, vittime di quel viaggio che oltre alla lucidità aveva scelto di prendersi anche la loro dignità, ingaggiarono una lotta senza esclusione di colpi, e beccate varie, contro il boss dei boss, contro l’unico essere superiore che li guardava dall’alto e con aria di sfida. Farlo cadere, sentire il tonfo sordo del legno sul ciottolato, fu quanto di più estatico potesse esserci al mondo. Sollevò l’insegna della Testa di Porco col suo prode compagno, dandogli un buffetto che sottintendeva qualsiasi cosa l’altro avesse voluto credere.
    Entrarono tronfi nel locale e, dopo aver pagato uno dei commensali del pub con un secco “Parcheggiami lo struzzo”, sbatté il suo trofeo sul primo tavolo libero, accorgendosi solo dopo di una presenza quanto mai familiare e, soprattutto, fuoriluogo per uno del suo calibro. Le iridi ghiaccio fecero un guizzo nella direzione dell’uomo, soffermandosi sulla cicca ancora accesa tra le sue labbra e l’aria di chi non doveva chiedere mai.
    “Harvard.” Lo salutò con un cenno del capo, prendendo posto accanto al maggiore e, ovviamente, anche un sorso del suo drink. “Lui è…” fece roteare la testa, la schiena abbandonata sulla sedia, alla ricerca di “… coso o, per essere più precisi, chiunque vuoi che lui sia. Non credo abbia alcun freno inibitore.” Il suo sguardo abbandonò momentaneamente quello del cugino, soffermandosi sulla figura dall’altro lato del tavolo. “Philadelphia Sutton Maribel Soledad… qualche altro nome, Hilton.” Conosciuta anche come il Frutto Proibito, ma questa è un’altra storia. “Qual buon vento! Finita la clausura?” Domando rivolgendole un sorriso ferino, sfilando una delle sigarette dal pacchetto sul tavolo grazie Harvard e offrendone un’altra al suo amico Fitz. “Credo che a qualcuno sia andata peggio. Mi sorprende vi siate dati all’incesto e sono molto triste per non essere stato neanche considerato.”
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    Quella giornata era passata da strana-ma-intrigante a «LA Più BELLA DELLA MIA VITA!» in meno di dieci secondi, ed il tutto era da imputare ad un uccello. Chi l’avrebbe mai detto? (Percy)
    Non dico che avesse sempre sognato di cavalcare uno struzzo, ma non lo nego neanche. Abbracciava il lungo collo dell’animale con l’affetto ed il bisogno di una Sara alla sua borsa dell’acqua calda nelle notti d’inverno, gli occhi serrati ed il più sincero dei sorrisi a tirare le labbra verso l’alto. Le piume della creatura in corsa gli facevano il solletico sulle gambe, e risate spezzate continuavano a scrollare le spalle del metamorfo. Era come viaggiare a cento all’ora su un tesmed – non che avesse mai provato, ma immaginava che la sensazione fosse simile. Era certo che una volta sceso, sarebbe stato sodo come l’uovo amico del Gatto con gli Stivali di Shrek. Sicuro AL CENTO PER CENTO che il suo nuovo migliore amico l’avrebbe preso al volo come Gwen e Spider-Man, quindi no #ahochei un Superman avrebbe colto Lois Lane, si arrampicò sulla schiena di Carlo I e tese le braccia verso l’esterno, quasi schiaffeggiando due tizi appena abbordati da una Guardia del Parco (ciao Nate, ciao Zac): «SONO IL RE DEL MONDO» minchia che botta, quel cristallo. Non si sentiva così Jack Dawson da quando a tredici anni aveva sniffato la colla dei libri universitari di Sutton, e la sorella, ore dopo, l’aveva trovato dentro la vasca ad assemblare un questo-mica-affonda-fidati-di-me Titanic con i tubetti del dentifricio. L’intera realtà si era infine mostrata per quel che era – o meglio, non era - agli occhi dell’upside down, rovesciandosi in pennellate di colore e brillantini al loro passaggio. Inspirò dalle narici aggrappandosi a Carlo come un koala, la guancia premuta contro il collo irsuto della bestia.
    For reference, Carlo I era lo struzzo, non Alister. Osservazioni che, parlando sempre di animali, era meglio fare (♥). «carlo lo struzzo del far west / Che va più forte di un jet / quando fa il pieno di percy / non si può mai sapersi » sì, Carlo aveva cercato di mangiargli i capelli: fortuna che gli struzzi non avevano i denti, altrimenti sarebbero stati cazzi – e non del genere a cui il BMW avrebbe potuto essere interessato. Sì, gli struzzi tendevano a ingoiare qualunque cosa luccicasse no, non lo sapevo neanche io, e conoscete forse qualcuno di più sfavillante di Percival Buckingham Meadows Volkswagen? « carlo lo struzzo del west / che beve solo meth / per mantenere le piume / ad un pantene-volume» CARLO I CANTAVA!! UAUUU chissà se poteva portarselo a casa!!&& Già immaginava la sella che avrebbe costruito per Lovinski.
    Vorrei specificare il criceto, ma sappiamo tutti parlasse di Stiles ed Isaac.
    «io vorrei salire su te / E con te in mezz'ora sarei / Il capo dei my little struzzi - guh» Non vorrei dire che si schiantarono contro l’insegna della Testa di Porco…ma non vorrei neanche mentirvi. Si ritrovò il cranio di Pumba stretto fra le braccia, e riconoscendosi in Timon, non potè che sentirsi colpevole nei confronti del suo bff. Cioè – scusa, bello? Mors tua vita mea? Gli dedicò una breve preghiera: «eri simpatico e salutavi sempre quando portavi fuori il cane. amen» fine, l’ho detto che era breve.
    Non pianse quando Alister glielo strappò dalle mani. It be like that sometimes. «qualcuno vuole fare un giro sul mio uccello?» No? Nessuno? Puntò l’indice contro un ragazzo orientale, soffermandosi poi più intensamente sul suo compagnero: aveva decisamente la faccia di qualcuno che avrebbe potuto godersi una bella cavalcata. «di che avete paura? mica ha i denti» Denti, scritto e diretto da Percival BMW – il sequel.
    Ah, stupida realtà alternativa.
    Seguì Lestat soffiando un bacio al duo fortuna, prendendo allegramente posto al fianco di au-sorella. Non importava fosse fatto come un cocco, avrebbe sempre riconosciuto Sutton - e quella, certamente, non la era. Premette le labbra sulla sua guancia, abbandonando poi la schiena al sedile nel volgere l’attenzione al moro, ed il suo nuovo amico. «lui è…coso o, per essere più precisi, chiunque vuoi che lui sia. Non credo abbia alcun freno inibitore.» che piccola puttanella selvatica. Il sorriso non vacillò dalle labbra di Percy, mentre poggiava il mento sul palmo della mano. «ah, lestat - il solito adulatore» commentò con un sospiro, stringendosi appena nelle spalle. «eau la, ma che geni avete da queste parti» severo ma giusto, nel cercare – fallendo: ma dove vivevano? – l’ombrellino nel cocktail di Penn. Perché non avevano gli ombrellini????COME FACEVANO A BERE?? USPIDE DOWN, EXPLAIN!!! Corrugò le sopracciglia, distratto da due cose che accaddero contemporaneamente: «vagine in lotta per la pannocchia a ore nove» l’atteso seguito di Mucche alla Riscossa, e «un maschio che tocca la coscia ad un altro maschio, poteva sembra un omosessuale a ore quattro» il prequel di Gay Ingenui TM.
    Ed alla fine: «CAMERIERE, PORTI UN ALTRO GIRO, E QUESTA VOLTA NON DIMENTICHI GLI OMBRELLINI» arriva Polly.
    L’attesissimo spin off di Teneramente Amore.
    percival + alister
    upside down
    19 y.o.
    metamorphosis
    blue blood
    tecnologia + hackerare il profilo della regina elisabetta + percival bmw + essere al centro dell'attenzione + musica + cocktail colorati + droghe leggere + rompere le palle
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    le persone che lo interrompono + quelle che parlano di primo mattino + la gente che piange + i vecchi che usano facebook + chi prende tutto troppo sul serio + le persone stupide
    See you walking ‘round like it’s a funeral
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco


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    “50 galeoni sulla bionda!”
    Esclamò ruotando appena la testa in direzione del bancone, gongolando quando si rese conto che le due tipe, al posto di pettinare le barbie, si tiravano i capelli per, o per colpa di, Dart. Come crescono in fretta! Sbarbatelli, ma in fretta. Certo, c’erano altre crescite che avrebbe preferito approfondire ma la presenza di Philadelphia smorzava un po’ gli entusiasmi, incendiando l’atmosfera che già di per sé era scoppiettante.
    Sarà stata la presenza di Carlo I a vegliare sul loro tavolo, o lo sguardo truce da regista di porno di Harvard, ma l’apocalisse sembrava fosse esplosa tutt’intorno al loro tavolo, lasciandoli quasi indenni. Non che si sarebbe sporcato le mani in caso di aggressione, non ci avrebbe pensato due volte a usare il volto imberbe di Colt come scudo protettivo. Alister era perfettamente in grado di difendersi ma dal sangue troppo blu per non lasciare che fossero altri a sacrificarsi per lui. Volenti o nolenti.
    “Quanta violenza! Siamo maghi, non bruti!” Portò una mano al petto, l’espressione risentita dall’aver assistito alla scena di un vikingo che accopava un ubriaco con un tirapugni.
    Un tirapugni.
    Non una maledizione senza perdono o un artefatto magico.
    Un tirapugni.
    “Che fai, o chi ti fai, per vivere Paco?” si sporse in avanti, mettendo a fuoco con difficoltà il volto del ramato, il mondo attorno a lui che iniziava a ballare il twist. “Harvard, pensi possa andare bene per il tuo business? A qualcuno piace caldo rachitico. Chi siamo noi per giudicare?”
    Esperti del mestiere.
    Non poteva negare di aver testato con mano gli attori più promettenti dell’industria del cugino, e di essersi personalmente preso cura dei bisogni di qualcuno di loro, ma c’era qualcosa in Eugenio che lo incuriosiva.
    “Ho voglia di rovinare la serata a qualcuno.” Disse alzandosi in piedi di scatto, barcollando appena, ingollando gli ultimi sorsi dell’intruglio che il cameriere aveva portato loro e infilando l’ombrellino dietro l’orecchio di Frank. “No Penn, sai che con me la tua avrebbe un’impennata positiva.” Sistemò la giacca, la mano ferma sulla spalla del ramato. “Prendi Carlo I, abbiamo un sacco di coppie da sfasciare fuori di qui.”
    ALISTER+ Percival & Hiltons
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    Luna + superalcolici + sesso + ambizione + primeggiare + se stesso + lavoro
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    Mediocrità + Special + Babbani + Sangue Sporco + la gente
    I felt like an animal, and animals don’t know sin, do they?
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