[oblinder] The Night We Met

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    I server di random.soulmate sono stati violati e tutte le informazioni personali condivise online sono state fatte convergere nei database di quest'app d'incontri, dando vita all'algoritmo di matching perfetto. O almeno così credono i due programmatori, Kinder Ottantuno e Puff MeSixNine.

    [prompt #1] La mattina del 14 febbraio, sugli schermi dei vostri dispositivi elettronici compare un messaggio, accompagnato da un countdown, che non potete ignorare:
    "La tua anima gemella è a portata di click!"
    Terminato il conto alla rovescia, si aprirà una mappa che vi indicherà la vostra posizione e il luogo in cui vi dovete recare.

    Potete:
    - essere già membri della community;
    - essere stati iscritti da qualcuno;
    - essere stati hackerati.

    Stay tuned!
    louvre
     
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    Batté le palpebre, lo sguardo fisso sullo schermo lampeggiante del telefono tenuto stretto nel palmo della mancina. Passò nuovamente il pollice sul vetro; corrugò la fronte, e premette insistentemente su più punti, nella vana speranza di vedere apparire qualcosa di diverso – qualunque cosa.
    Niente.
    Gli occhi vagarono furtivamente da un lato all’altro della stanza, soffermandosi per qualche attimo sull’arco elegante che lo separava dall’entrata; a ricambiare lo sguardo, però, vi erano turisti in piumini colorati e niente più. Alzò il cappuccio della felpa nera così da poter calare un sipario tra lui e il resto del mondo, del tutto a disagio in una situazione come quella in cui era privo di ogni tipo di controllo; infine riprese ad addentrarsi nel museo.
    Aveva considerato l’idea di non presentarsi, ovviamente. Probabilmente la paranoia aveva avuto la meglio su di lui e si era immaginato una situazione di gran lunga peggiore di quella che, a fin dei conti, si sarebbe poi ritrovato ad affrontare. Poteva benissimo essersi trattato di uno scherzo; il solo fatto che il luogo dell’incontro fosse un posto affollato come il Louvre il giorno di San Valentino e non un parcheggio abbandonato nel bel mezzo della notte dimostrava, dopotutto, che non c’era motivo di preoccuparsi in modo eccessivo. Ma perché prendersi il disturbo di hackerare il cellulare di una persona per uno scherzo di cattivo gusto? Una semplice email avrebbe sicuramente funzionato lo stesso, e con meno della metà della fatica. Il che lo aveva portato ad altri due possibili scenari: a) tutta quella storia era in realtà un modo come un altro per distrarlo mentre un sedicenne annoiato gli risucchiava tutti i suoi dati personali e il numero della carta di credito in un cyber attacco coi fiocchi, e b) qualche cuore infranto aveva deciso di intrappolare e far saltare in aria un po’ di gente per dar sfogo alla sua rabbia repressa. Ciò lo aveva posto di fronte a una conclusione piuttosto scomoda: indipendentemente dalla mossa scelta, la sua incolumità era in chiaro rischio. Dunque, che altro avrebbe potuto fare se non quantomeno tentare di seguire le indicazioni dei piccoli terroristi in erba? Alle brutte si sarebbe trasformato in coriandoli di pelle umana; poco male. Meglio la morte di un conto in banca svuotato.
    Si rese conto di aver accelerato il passo solo quando, a testa alzata, notò di essere praticamente solo; udiva in lontananza il chiacchiericcio delle persone senza riuscire a vederle veramente, queste ultime ridotte ormai a punti sfocati in movimento. Infilò quindi le mani nelle tasche della giacca e, per la prima volta da quando aveva messo piede nel posto d’incontro, prese atto di ciò che lo circondava: le colonne imponenti, i delicati ghirigori affrescati sulle pareti, i quadri dipinti da mani esperte appartenenti a un’era passata; l’opulenza dei ricami dorati che rinchiudevano i loro spettatori in una maestosa e soffocante bolla di fantasie irrealizzabili. Nulla di particolarmente accattivante per il francese, insomma, che di fronte alla ricchezza ostentata provava solo un velo d’amarezza. Studiò per qualche attimo la coppia posta di fronte al Delacroix, indifferenti a ciò che li circondava o più semplicemente ignari della sua presenza; quindi fece per voltarsi, così da poter prendere posto su una delle panchine vellutate che adornavano la sala – l’idea era quella di limitarsi a fare people watching in assenza di ulteriori indicazioni, ma per disattenzione, o sfortuna, o un mix di entrambe le cose, finì invece per infilare il gomito nelle costole di chiunque fosse alle sue spalle. Le mani alzate preventivamente in segno di resa e le palpebre strette per non dover affrontare la triste realtà, mormorò quindi un «cazzononl’hofattoappostanonvolevogiuroscusa?» prima di aprire lentamente gli occhi, privo di una via di scampo. Sperava giusto che la cosa non attirasse troppo l’attenzione dei presenti; l’ansia sociale e gli sguardi non richiesti erano proprio il genere di accoppiata vincente che portava all’harakiri.
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    Esilarante, davvero, lei che veniva hackerata come un idiota qualunque. Avesse avuto un po’ più di vita in corpo ne avrebbe persino riso, invece per il momento si limitava a fissare lo schermo crucciata e scocciata, chiedendosi che altro le fosse stato rubato. Sì, perché si considerava derubata del suo prezioso tempo – non che avesse particolari piani, ma il trauma emotivo (quale) era stato abbastanza per destabilizzarla per un’oretta buona. Aveva deciso di buttarsi a capofitto nel lavoro per evitare di doversi preoccupare del countdown sul cellulare, impiegando le sue due ultime brain cells a far funzionare il programma su cui stava lavorando, almeno quella era una cosa che poteva controllare. Più o meno, a forza di starci attaccata per ore stava impazzendo. Poteva affermare di aver resistito per centoventi minuti prima di ripescare il telefono dal letto per sbirciare la mappa che era apparsa e, sebbene non approvasse di quei siti mistici per incontrare l’anima gemella, alla fine aveva ceduto alla tentazione. E poi, suvvia, si trattava sempre del Louvre non avrebbe perso l’occasione di farsi un giro – non c’era neanche il rischio che la rapissero, viste le orde di turisti che intasavano le sale. Se all’inizio aveva optato per un approccio calmo e rilassato, un po’ la caffeina che aveva ingurgitato e un po’ l’orario dell’/appuntamento/ l’avevano man mano tesa più nervosa. Ma nervosa di cosa, poi? Se lo stava chiedendo anche lei, ed era giunta alla conclusione che si trattasse della solita ansia di vivere - persino andare al supermercato a fare l’adulto le metteva ansia quindi insomma. Sperava intensamente di potersi parare gli occhi da tutte le coppie intente a limonare duro al muro, se di solito non poteva reggerle in un giorno come quello la sua tolleranza era calata a picco; non era che odiava l’amore, più che altro essere single per diciannove anni l’aveva prosciugata di qualsiasi romanticismo possedesse a otto anni. Ecco perché non si preoccupò neanche di nascondere il suo solito aspetto da cocainomane, non avrebbe sprecato il suo tempo per una festa capitalista e stomachevole. E perché in caso di un potenziale rapitore sperava di farlo fuggire con il suo volto da malato terminale. «ueppa ma che bel cantiere» la Colby, facilmente distratta da qualsiasi cosa, si imbatté nei lavori di ristrutturazione della facciata del museo, la curiosità di più forte di lei mentre si avvicinava a mani giunte dietro la schiena alle impalcature. «non vorrei dire, ma io lo saprei fare meglio» dichiarò perplessa nell’osservare il lavoro degli operai, se non avesse avuto da fare si sarebbe fermata a dispensare opinioni non richieste ma con somma gioia da parte degli operai quel giorno non aveva tempo. Si fece strada tra le sale del museo, non prima di essersi fatta palpare da una guardia (della quale si era innamorata) (li assumevano tutti gnocchi?), per vivere da un anno a Parigi doveva ammettere che era quasi imbarazzante non aver mai messo piede al Louvre - era forse colpa della troppa concentrazione di francesi? Probabile, anche se bastava semplicemente uscire di casa per ricevere le loro occhiate altezzose e sentire l’omicidio ribollire nelle vene. Però non odiava i francesi eh, figuriamoci. Era così intenta col non odiare i mangia-baguette che finì con l’infilarsi in una stanza a caso, lo sguardo perso sulle spettacolari pareti costellate da quadri e nessuna percezione dello spazio attorno a sé: fu così che finì per beccarsi una gomitata coi fiocchi nelle costole. «¡La puta que te parió!» non sentì neanche la mezza scusa del ragazzo, troppo impegnata a piegarsi in due dal dolore, come se una mano premuta sul costato potesse diminuire quell’agonia. L’aveva detto lei che era tutta colpa dei francesi. Ebbe appena il tempo di ricomporsi che il suo sguardo andò a incrociare quello di Gamal «TU» gli puntò un dito contro, ancora troppo dolorante per essere presa come minacciosa; Snipes pregava che qualsiasi algoritmo avesse accoppiato la gente non l’avesse piazzata con lui, ancora non aveva superato quando mesi prima aveva hackerato un sistema che aveva aiutato a montare «non dirmi che sei qui per quella roba di random.soulmate» sarebbe stato il colmo della sua giornata, davvero «preferirei un’altra gomitata» o forse no, si stava ancora riprendendo dalla prima.
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    Edited by cocaine/doll - 21/2/2019, 21:31
     
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    «TU» e boccheggiò per qualche attimo, Gamal, gli occhi ora puntati ovunque tranne che in quelli della ragazza. Grattò nervoso un sopracciglio, tentando al contempo di escogitare un piano rapido e indolore per sgattaiolare via prima che le cose potessero peggiorare ulteriormente. Sentiva il peso di sguardi sconosciuti a bucargli la schiena come pallottole, e – non per la prima volta da quando era uscito di casa quel pomeriggio, inutile dirlo – si pentì anche solamente di aver fatto lo sforzo di presentarsi. Non solo sarebbe diventato la vittima di un probabile attacco terroristico, ma ora doveva persino trovare un modo socialmente accettabile di spiegare alla ragazza fortunata che il cocktail di benzodiazepina e morfina che ingurgitava prima di uscire di casa gli fotteva i neuroni fino a renderli poltiglia – ergo se si conoscevano lui non la ricordava, ergo non aveva una soluzione concreta a… qualunque fosse il problema che aveva con lui. Ma, sorpresa delle sorprese, non l’aveva approcciato per discutere del loro possibile passato: «non dirmi che sei qui per quella roba di random.soulmate» …ma pensa. «preferirei un’altra gomitata» ma PENSA. Tirò nuovamente fuori il telefono, schermo ancora illuminato dall’interfaccia (ripugnante. un lavoro da principiante. chiunque si fosse occupato del design necessitava d’essere licenziato asap) di poco prima, e lo studiò attentamente per qualche secondo; poi guardò la ragazza. E di nuovo lo schermo. E la ragazza. «zan… 7… 77» inspirò dal naso, denti stretti mentre la realizzazione lo colpiva in piena faccia. Niente kamikaze. Niente omicidio en masse. «vuoi forse dirmi–» una pausa, e di nuovo forzò l’entrata di ossigeno nei polmoni per poi rilasciarlo in un lungo, tremante respiro. Il suo peggiore incubo che diventava realtà. «…che questo è un appuntamento?» un appuntamento a cui lui non aveva aderito volontariamente, specifichiamo. «che questa roba» e picchiettò con l’indice sul display in modo frenetico, con una forza tale da creare cerchi temporanei di cristalli liquidi laddove il polpastrello aveva toccato il vetro, «è seria?» oh, no. Spostò il peso da una gamba all’altra, passò il palmo tra i capelli – infine lasciò cadere le braccia ai fianchi, arreso. «porca puttana.» Rigirò il telefono tra le dita, contemplando l’idea di mandarlo in frantumi contro una delle costosissime cornici del museo; il momento opportuno per ricordarsi che la parvenza di normalità era la chiave per essere lasciato in pace. Si limitò a stringere i denti sul labbro inferiore, quindi, per poi affrettarsi ad aggiungere: «non– uh, non tu, ovvio, la–» e gesticolò vago, lo sguardo perso nel vuoto. «la situazione in generale.» Scrollò le spalle con quanta più leggerezza possibile, Gamal, prima di rubare uno sguardo in direzione della (quasi) sconosciuta. Si era iscritta di sua spontanea volontà all’app? Le stava rubando tempo dall’appuntamento vero che sperava di ottenere? Inclinò la testa, sentendo pesante il disagio sulla bocca dello stomaco; non che potesse farci molto, ormai. «sono stato hackerato.» La offrì come spiegazione, il mi dispiace sottinteso reso nullo dalla risata che non riuscì a trattenere: supponeva che questo dicesse molto sulle sue abilità, infondo. «qualche stronzo» et tu, yoann? «mi ha incastrato e ora– beh, eccoci.» Braccia al cielo, mezzo sorriso ironico stampato sul viso. Non esattamente uno smooth talker, il Jarvis; tutto quello che poteva offrirle era una buona dose d’onestà. «quindi, ecco.» Traduzione: non so cosa ci faccio qui e spero che tu riesca a captare il messaggio. Voleva un po’ morire. Già si era capito? Vabbè. Per enfasi. «a…ddio?» Salvatelo.
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    [prompt #2] La sentite la tensione nell’aria? No? Peccato. È bastato veramente poco per far scattare gli allarmi di tutto il museo. Siete, letteralmente, in gabbia. Siete pronti a giocarvi la vostra carta uscite di prigione, o finirete arrestati come i peggiori criminali? Avete 120 secondi. Tic. Tac. Tic. Tac. Tic. Tac.
    louvre
     
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    Inutile, più osservava Gamal e più non capiva. L’intero punto di quella cosa non era trovare la propria anima gemella? Capite, era sfigata anche in quello oltre che nella vita ma come era possibile – lei e Gamal poi? Avrebbe detto più lei e Andrea Cerioli III ma ok. Riconosceva che all’inizio non aveva accolto la notizia nel migliore dei modi, ma il ragazzo sembrava più impanicato che mai: aveva la sua stessa espressione all’uscita del nuovo Iphone. Si stava davvero sentendo una merda e la parte peggiore era che non aveva idea di come rimediare. Si grattò nervosa la nuca mentre cercava da qualche parte un negozio di cibo, perché il cibo? Non ne aveva idea??? Il cibo portava la stessa gioia del dormire, magari avrebbe potuto offrirgli un gelato e scomparire subito dopo? Stava già contemplando i top 10 modi per suicidarsi in maniera aes in un museo, chissà se ce l’avrebbe fatta prima di fare l’ennesima figura di merda. «vuoi forse dirmi…che questo è un appuntamento?» cos셅.sembrava, se no in alternativa c’era il traffico umano e prostituzione ma non era sicura quanto le piacesse quest’ultima. «mh, così pare» lanciò una breve occhiata allo schermo del telefono, così, magari sarebbe apparsa una scritta dove la informavano che sckerzone era tutta una presa per il qulo. Nope, ancora niente. Cacciò le mani in tasca in un tentativo di tenersi occupata, a quel punto non aveva idea di cosa le toccasse fare: andarsene? Rimanere e prendere spunto per la stanza del suo Sim? «porca puttana. non– uh, non tu, ovvio, la situazione in generale» ah ecco, ci mancava solo che si facesse insultare dal Jarvis, l’unica persona che poteva farlo era la sua Alexa. «pensa, sarebbe potuta andare peggio» iniziò, sforzandosi di trovare un esempio che non fosse tropo esplicito. Doveva ammettere che non era così facile con la coppia che stava paccando duro davanti a lei, specie quando il suo sguardo aveva seguito la mano del tipo sul culo dell’altro ragazzo «tipo un settantenne che cerca carne fresca» incredibile ma vero, certi fetish non passavano mai di moda – sempre meglio di usare il latte materno nella lasagna, doveva dire. Distolse lo sguardo dai due perché a quel punto stava incominciando a sentirsi a disagio, riportandolo su un Gamal disagiato dalla vita quanto lei. «sono stato hackerato. qualche stronzo mi ha incastrato e ora– beh, eccoci» se avesse avuto un’anima funzionante si sarebbe persino messa a ridacchiare, peccato che non fosse il suo stile: preferiva sorridere dentro. Nel cuore. «anche te? trovo divertente (umiliante) che 2 kome noi» per non dire hacker in pubblico!! «siano stati hackerati» no scusate riesco solo a pensare a silas che dice full homo e rido. Dov’eravamo arrivati? «a…ddio?» mhhh whatcha say, la Colby si sarebbe trovata a disagio nell’essere scaricata (doveva scaricarlo lei oh) se non avesse notato quanto l’altro volesse morire. Dai, glielo poteva concedere «beh, stavo pens-» la voce di Snipes venne brutalmente interrotta dal suono di un allarme, mentre una gabbia andò ad imprigionarli in quei pochi metri che li separavano. No, no,no cos’era quella roba? PERCHE’ A LEI?????? Lo sapeva che non sarebbe dovuta uscire dal suo letto, lì non succedeva mai niente di spiacevole. Notò un conto alla rovescia solo qualche secondo dopo, il che non fece altro che aumentare il panico - benissimo. «STRATEGIA» lo stava urlando al Jarvis? Probabilmente. Voleva solo morire. «prendi il telefono, mi sa che dobbiamo hackerarlo. Non ne sono sicura ma non so??????» cercò una risposta nel volto del ragazzo, tanto perché a quel punto avrebbe accettato qualsiasi risposta, mettendosi poi a smanettare sul cellulare per sbloccare il sistema.
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    Edited by cocaine/doll - 5/3/2019, 23:56
     
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    [prompt #3] GAME OVER.
    In questa gara per la sopravvivenza (e per chi ha la mano lo smartphone più veloce) avete fallito terribilmente! I 120 secondi a disposizione per fuggire sono scaduti e voi siete rimasti in trappola. Ammanettati l’un l’altro.
    Siete entrambi in arresto.
    louvre
     
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    Ebbe giusto il tempo di fare un passo indietro e voltarsi, sopracciglia inarcate in attesa di sentire qualunque cosa Sniper stesse per riferirgli (che avrebbe educatamente rifiutato: non era mai stato abbastanza brutal da poter uscire di scena con un later, sluts, ma la sua dose settimanale di socialità l’aveva sprecata tutta in quei venti? trenta? minuti con la Colby – era giunta l’ora di tornarsene a casa e guardare venti documentari sulle creature marine sotto effetti di acidi e possibilmente dimenticare che tutto ciò fosse accaduto), prima che l’allarme la zittisse una volta per tutte. Saltò appena, Gamal, le mani a saettare in automatico alle orecchie così da poterle proteggere dal frastuono; attorno a loro non vi era più nulla, fatta eccezione per i quadri e i sedili vellutati – ogni persona presente sembrava essersi dileguata in quei pochi attimi di distrazione. Cercò di mimare un che succede? a Sniper ma l’attenzione della ragazza sembrava posta altrove, anche lei visibilmente confusa da ciò che stava accadendo. Si avvicinò ulteriormente con l’intenzione di farla concentrare su di lui, il braccio teso così da poterle picchiettare sulla spalla e proporle di svignarsela, ma non fece in tempo: qualcosa di duro lo colpì sulla schiena, facendolo inciampare e finire con la faccia a terra. «STRATEGIA» #che. Imprecò a bassa voce, tirandosi in piedi a fatica, la testa a pulsare per il delirio degli allarmi e la botta appena ricevuta – e strabuzzò gli occhi, la bocca a spalancarsi in un sussulto una volta resosi conto della situazione in cui era finito. Perché giustamente la voglia di morire non era mai troppa, quando eri un Gamal Jarvis: qualche simpaticone nel Louvre doveva essersene conto e così aveva ben deciso di offrirgli un ulteriore stimolo rinchiudendolo in una gabbia a… tempo, per qualche motivo a lui del tutto sconosciuto. BELLISSIMO NON VEDEVA L’ORA. Si lanciò contro le spalle come un animale da zoo, cercando inutilmente di liberarsi prima che il countdown potesse terminare e lasciarlo a soffrire là sotto per!!!! nessun!!!! motivo!!!! al mondo!!!!!!! Ma per che cazzo di motivo volevano arrestarlo? Per essere eccessivamente impacciato? Guilty as charged ma non meritava un trattamento simile, insomma. Al massimo una pacca sulla spalla, uno sguardo di compassione e un “son, devi davvero cercare aiuto”. Addirittura il carcere gli sembrava eccessivo. O forse avevano scoperto la sua scorta di ossicodone e l’avevano pedinato fino a lì per poterlo beccare impreparato e non dargli possibilità di scampo? Aveva senso ma non aveva senso. Perché al Louvre? Avrebbe potuto benissimo nascondersi per sempre come ogni giocatore di Brawl Stars durante il Solo Showdown e scappare. E poi, insomma, era comunque un approccio surreale a un problema minimo. Diamine. OPPURE cazzo l’avevano rintracciato in qualche modo per IP? Col telefono hackerato chiunque avrebbe potuto accedere ai suoi dati personali, e praticamente ogni volta che visitava una caffetteria nuova fregava qualcuno con un finto sito di benchmarking per poter usufruire del WiFi locale senza doversi iscrivere alla fottuta membership di sta minchia per ricconi stupidi che offrivano in posti simili. Che se ne fosse accorto qualche figlio di papà e l’avesse segnalato alla polizia? Cristo santo non meritava tutto ciò. Era una brava persona. Una brava persona!!!!!!!!! Cazzo!!!!!!!!!!!!!!!!!! «prendi il telefono, mi sa che dobbiamo hackerarlo. Non ne sono sicura ma non so??????» aprì e chiuse la bocca nel giro di pochi secondi, la mano già infilata nella tasca per poter tirare fuori l’aggeggio – e si accasciò contro il metallo, sfinito nonostante il minimo esercizio fisico. «è troppo tardi, la bomba ormai è stata disinnescata.» Troppo complesso e pericoloso, in un momento simile. Senza contare che un rapido sguardo in direzione del suo schermo gli confermò che ancora buona parte delle funzioni erano inaccessibili. Era stato fregato Big Time. «possiamo solo stare qui e attendere il nostro amaro destino.» Quindi scivolò a terra, ignorando qualsiasi tentativo di smuoverlo dal suo stato di depressione post-trauma da parte di Sniper, optando piuttosto per unire i palmi a preghiera e appoggiarci il viso pateticamente, una sostituzione temporanea al cuscino. Se fosse rude mettersi da un lato e fingersi morto come un opossum? Probabile. E vabb, sicuramente in carcere avrebbero avuto tutto il bonding time del mondo! ♡♡♡♡
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