i'm mcfreaking™ losing it

stiles + isaac

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    «sei tipo» umettò le labbra, battè le palpebre facendo rimbalzare lo sguardo dal proprio telefono (dove non solo aveva internet, ma aveva il wi-fi! e dava eccellente come velocità di connessione!) al ragazzo chinato in un angolo della stanza. «un angelo o qualcosa del genere?» non provò neanche a frenare la propria voce dal suonare ammirata e venerante, né cambiò la propria espressione di pura idolatria quando l’altro, corti capelli carminio («sei daltonico? È cORALLO») alzò gli occhi nella sua direzione. Percy non ricambiò la sua occhiata, ma sollevò gli angoli delle labbra in un sorriso compiaciuto ed orgoglioso. «qualcosa del genere» decise di essere troppo felice per dar peso al tono ironico ed arrogante di un diciottenne proveniente da una dimensione alternativa, emozionato dalla rapidità con cui si aggiornava il feed di Tumblr.
    Quello era il sogno di una vita. «questa è magia» lo disse con la solita superficiale naturalezza, Andrew Stilinski. Aver scoperto l’esistenza del mondo magico dieci anni prima, non significava che avesse smesso di stupirsene – e poi quello era un altro livello di magia: andiamo, avere internet, il wi-fi!, nella sala ristoro del san mungo? Troppo bello per essere vero. «letteralmente» solo in quel momento il BMW sollevò lo sguardo dalla piccola scatola fra le mani, arcuando cinico un sopracciglio. Non che Stiles avesse bisogno di quelle drammatiche occhiate per comprendere di essere reputato stupido – cristo, Percy aveva solo da mettersi in fila. «ed evoluzione, amico» Eau la Madonna, solo perché arrivava da cinque anni nel futuro, doveva trattarli come fossero stati uomini di Neanderthal? (sì, la risposta era sì). «spoiler alert, questi incantesimi fra tre anni saranno alla portata di tutti» Tre anni! Stiles si sentiva come quelli che facevano ore di fila fuori dall’apple store per aggiudicarsi il telefono all’esatta data di rilascio – anche quelli dopo tre anni sarebbero stati, all’incirca, alla portata di tutti, ma essere fra i primi ad averlo faceva sentire importanti. Speciali. Sorrise a Sin, obbligandosi – per amor proprio – a non tirargli la manica della maglia con eccessivo entusiasmo infantile. ABBIAMO INTERNET!!&& Significava che potevano osservare in diretta tutti gli sviluppi dei loro (sì, ormai erano loro) cantieri, senza più gelarsi il culo e farsi insultare dai muratori! «quasi, tutti» Considerò il fratello di au-Penn, portando l’indice alla tempia con un allusivo sorriso sghembo. Che piccolo infido bastardino. Malgrado in un primo momento avesse cercato di darsi un contegno, di fare quello maturo, non potè contenere il dito medio sollevato in direzione di Percival: quando ci voleva, ci voleva. Per nulla offeso, l’altro sorrise sia a lui che a Sin, ruotando poi gli occhi chiari sul gigantesco (davvero….quanto era….alto…..?) amico che si era portato appresso, un certo Carter. Malgrado le dimensioni ingannassero, Stiles non aveva dubbi su quale dei due fosse quello malvagio, e da cui tenere gli occhi aperti.
    Ed ovviamente si trattava della stessa anima che viveva con lui ed Isaac da mesi. Massì, perché non convivere con un adolescente genio del male dai chiari problemi a relazionarsi, lunatico quanto una donna con il ciclo mestruale? Tutte esperienze da fare nella vita. «non darà problemi» Accennò alla magica scatola incantata (…davvero, non sapeva cosa fosse, ma era abbastanza certo non fosse un semplice modem) liquidando la possibilità di malfunzionamenti con un presuntuoso cenno della mano. L’ex Tassorosso inarcò entrambe le sopracciglia trattenendosi dal commentare, ma in cuor suo decretò che upside down o meno, i Corvonero (eccetto rare eccezioni, vedi Isaac e Sharyn) fossero tutti uguali: megalomani, e troppo intelligenti per il resto della popolazione umana.
    Che adorabili esseri umani. «beh, gr-» Piegò il capo sulla spalla quando Percy lo mise a tacere con una mano sollevata fra loro, gli occhi ruotati al soffitto. Non si chiese se il ragazzino si rendesse conto di quanto rude fosse: sapeva che fosse così. A suo favore, era davvero…difficile, odiarlo. Non era davvero cattivo, era solo incredibilmente vanesio e falsamente superficiale. Era un tipo a posto, quando non si intestardiva a fare la testa di minchia. «non l’ho fatto per voi» Che frase inutile e sciocca da dire a qualcuno, Stiles non l’aveva mai – mai – compresa: cioè, amico, voglio dire, ma che ti costa farlo credere? Mica ci perdi niente, no? Sembri solo gentile. Incredibile. «in primo luogo, tutti hanno diritto di vedere porno sul luogo di lavoro» Stiles quasi soffocò con la sua stessa saliva, il sangue ad affluire alle guance rendendole rosse e bollenti. «non è per -» Percy si strinse nelle spalle troncando la spiegazione sul nascere, disinteressato a udire l’opinione dello Stilinski – ed al Tassorosso non sfuggì il sorriso, bieco e divertito. Oh, ma era l’unico ventenne che non smaniava per guardarsi porno ???????????? NON C’ERA Più RISPETTO. «e, non fraintendere, sono molto grato che tu ed isaac abbiate permesso a me e mia sorella di vivere con voi» anche se il tono lo smentiva, sapeva che Percy lo pensasse davvero. Perché dovesse sempre comportarsi da spocchioso stronzetto irriconoscente, gli sfuggiva. «ma…sarebbe carino se, non so, smetteste di fissarla ventiquattro ore al giorno come se rihanna avesse d’improvviso fatto la sua apparizione nel vostro salotto» Allora, innanzitutto, per i Lovinski era una Rihanna; secondariamente…no, niente, aveva ragione: si comportavano in modo strano ed inquietante, ma non era colpa né di Stiles né di Isaac se avevano l’ansia da celebrità!!&& Sentì nuovamente le guance avvampare, ed abboccò alla ricerca di una risposta fino a che Percy, provando più pena che empatia, non gli diede una pacca sulla spalla ridendo piano. «prendila come una gentile richiesta di tregua, ed un pagamento per…il resto» Annuì, le dita a grattare nervosamente la nuca, abbozzando un sorriso imbarazzato verso i due ragazzi. Quando fecero per andarsene, trovò infine il coraggio per gridar loro dietro «E COMUNQUE MI SERVE PER RICERCHE!!!!» a cui seguì una nuova risata, e due pollici alzati con accondiscendenza.
    I giovani.
    Era vero che gli serviva per le ricerche: di meme, di vines, di qualunque cosa stupida che gli permettesse di staccare la testa, e non maledettamente pensare. Odiava i turni al San Mungo quando, nell’attesa fra un paziente e l’altro, si ritrovava ad osservare il vuoto sentendo il cuore appesantirsi ad ogni battito. C’erano troppe cose che non andavano, nella vita di Andrew Stilinski; troppe a spingerlo a ricercare il conforto di una bottiglia, dell’alcool a bruciare in gola, della mente annebbiata. Suo padre era sparito; il suo nuovo fratello era un ricercato, mentre i suoi storici fremelli erano dati per morti. Murphy e Dakota erano spariti, Isaac era in depressione post-Sharyn, Niamh affogava i dolori nell’alcool e nell’adozione di nuovi cani …e poi c’era Jeremy (semi cit) nel suo periodo ossessivo compulsivo di scalata delle montagne. Se Stiles l’aveva mai seguito nelle sue folli avventure da tossico con poco amore per se stesso? Ebbene, <ì>sì, e l’aveva rimpianto per settimane, osservando gli opachi lividi a fiorire su tutto il corpo. Per quanto…strano fosse il loro rapporto (o perlomeno, per quanto Stiles lo trovasse strano, anche se razionalmente sapeva che non aveva alcun motivo per sentirsi a disagio), erano pur sempre…amici, credeva? Forse? O più probabilmente erano solo un passatempo passeggero fino a che non sarebbero tornati gli altri, ed allora sarebbero ricaduti nei vaghi saluti da una parte all’altra della strada. Preferiva, come tutto nella sua vita, non pensarci - rimandare fino a che non sarebbe stato più possibile farlo. Come aveva già fatto, d’altronde. Era un cinico ottimista, Andrew Stilinski: sapeva che tutto nasceva per finire, ma ignorava l’ineluttabile fino a che qualcuno non glielo sbatteva in faccia. L’aveva fatto Karma, l’aveva fatto Xav; Jeremy Milkobitch sarebbe stato solo un altro nome nella lista. Non erano neanche mai stati così amici, dopotutto – non sarebbe stata una reale perdita.
    Giusto? Era più facile reputarlo vero quando l’ex Tassorosso si trovava dalla parte opposta della città, o quando il suo profumo non permeava l’interno della Jeep. Era più difficile crederlo quando, invece, l’aveva di fronte a sé, ed allora non riusciva a togliersi dalla fottuta testa il sapore dolce che sapeva avrebbe avuto se si fosse sporto ancora per posare le labbra sulle sue, né riusciva ad ignorare come le dita fremessero sempre per i contatti più stupidi, pur di toccarlo e sentirlo concreto e familiare sotto le mani.
    Il tutto, come potrete immaginare, era piuttosto stupido e patetico, e rendeva vagamente – vagamente …. – imbarazzante la loro amicizia. Era semplicemente…difficile. Continuava a dirsi di aver bisogno di spazio per capire, e quando il Milkobitch era più che felice di concederglielo (leggasi: non gli cambiava un cazzo), Stiles quello spazio non lo voleva più, e capire non gli sembrava così importante. Ed ogni volta che cedeva, proponendo cazzate come McDrive o inutili giri in macchina, lo rimpiangeva per giorni, perché sapeva fosse l’ultima cosa di cui avesse bisogno – irrazionalmente, almeno; razionalmente, era pur sempre uno dei pochi amici che gli fosse rimasto, quindi il proprio comportamento gli pareva giustificabile.
    Alzò la testa annusando l’aria come un segugio, temporaneamente strappato dal varco dimensionale in cui, talvolta, affondava come il Titanic, grato dell’interruzione per due motivi: in primo luogo, non voleva pensare a un cazzo <s>letteralmente! #ihih<s>, e, secondo ma non meno importante…«PIZZA» perché l’avrebbe riconosciuto ovunque, quel dolce profumo di casa. La sua unica consolazione in un grigio mondo triste. Non si era neanche reso conto che fosse già l’ora della pausa (?????? Aveva solo scorso per un po’ instagram, com’era successo???) e, leale alla propria natura svampita, aveva ovviamente rimosso che sarebbe passato Isaac per fare la pausa insieme. «il mio unico vero amore» portò una mano al cuore, e soffiò un bacio a…no, non alla pizza (pensate sempre male, non sono tutti come Murphy!!&&) Isaac. Era certo esistesse un universo in cui, stanchi delle delusioni amorose, avessero deciso di sposarsi ed adottare trenta animali esotici. Isaac Lovecraft era l’unico essere umano che non l’avesse mai (mai) deluso, che con lui aveva condiviso gioie (la nascita di un nuovo criceto) e dolori (la morte di un criceto), trionfi (a brawler) e sconfitte («corri ISAAC scAPPA NEI CESPUGLI!!&&») e se Stiles avesse potuto decidere di essere qualunque cosa nella sua vita, sarebbe stato un marsupio del Lovecraft.
    No, non è vero, sarebbe stato un drago o un dinosauro. Amava i draghi e i dinosauri. «ABBIAMO INTERNET ORA, GUARDA!» e questa era la breve storia di come Andrew Stilinski e Isaac Lovecraft si ritrovarono a mangiare nella triste saletta ristoro del San Mungo, ove passarono le tre (3) ore successive malgrado Stiles non dovesse rientrare fino alle sei.
    It be like that sometimes.
    Scrollò distratto la homepage di ig, le gambe distese sullo schienale del divanetto e la testa a penzoloni. «ah, sono uscite le estrazioni» deadpannò, senza cambiare espressione facciale. Giocavano gli stessi sei numeri di merda da cent’anni, ed ormai avevano perso le speranze – probabilmente, non le avevano mai avute: era solo una tradizione nata quand’erano troppo piccoli per giocare, ed allora chiedevano ai più grandi di farlo per loro. Un po’ come il cibo messicano ogni giovedì, ed il rito d’iniziazione con tanto di coroncina floreale ad ogni nuovo hamster!Lovinski. – di vincere. Già che l’aveva a portata di mano, aprì il sito sbuffando l’aria fra i denti, le labbra lievemente piegate verso il basso.
    Inspirò.
    Espirò.
    Chiuse gli occhi.
    Li riaprì.
    Riaggiornò la pagina, sentendo il cuore addensarsi in gola ed i muscoli tendersi. Battè le ciglia, allungò un braccio verso il Lovecraft. «isaac» lo tirò. «isaac» lo tirò ancora, e cercando di rialzarsi, finì rovinosamente a terra. «iSAAC!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!» boccheggiò, la stanza a girare attorno a lui.
    Perché
    Non era possibile.
    «!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!» chissà come rende a voce, ma noi lo sappiamo che I Lovinski comunicano così. Agitò le braccia nell’aria come Rachel McAdaMS ne Le Pagine Della Nostra Vita. «!!!!!&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&» gli lanciò il telefono e posò un braccio sugli occhi, distendendosi infine per terra. Era troppo bello per essere vero – e sapete cosa significava? Che sicuramente non lo era.
    Sospirò. «che ridere.» fine.
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    «niamh?» strinse le labbra tra loro, i pugni sui fianchi e le iridi nocciola piantate sul bancone del locale; alzò lo sguardo unicamente per cercare quello della socia in affari, comodamente seduta su uno dei numerosi tavoli vuoti dall’altra parte della sala. Numerosi tavoli vuoti, per non dire che quella mattina non ci fosse anima viva al Captain Platinium se non i due proprietari: avevano persino evitato di scomodare Drake – per quanto lo divertisse sempre pensare al wizard come un suo dipendente, e rompergli scherzosamente ed a sproposito le palle in quanto tale -, tanto esigua era la clientela; capiva che la gente potesse non voler ordinare birra o cocktail di prima mattina, ma almeno una colazione potevano farsela, ecco. Invece no, nemmeno quella. La cosa peggiore era che, visti sotto una prospettiva più statistica, gli affari tutto sommato non andavano così male – la loro clientela fissa la avevano, e la cassa a fine giornata poteva fargli sperare di arrivare alla serata successiva. Erano le persone a non aver molta voglia di uscire di casa: bastava affacciarsi un attimo fuori dalla porta del bar, per rendersi tristemente conto di quanto Diagon Alley sembrasse essere stata inglobata totalmente dall’Inferius. Fortunatamente, quella ventata di malcontento generale, odio razziale e dittatura, con sé aveva portato un alcolismo galoppante a colpire la popolazione magica inglese: avrebbe voluto sentirsi più in colpa per vedere la situazione del loro mondo in quest’ottica, ma non ce la faceva. In ogni crisi storica c’era stato chi soffriva, e chi in fin dei conti cavalcava l’onda della sofferenza comunitaria: fino a quando non li avessero uccisi, o (peggio!) non li avessero fatti chiudere, era contento di avere degli ubriaconi ad affacciarsi alla loro porta e pagare per alcol e discreto ascolto, così da poter rientrare nella seconda categoria. Voleva soltanto sopravvivere, Isaac Lovecraft. E se per farlo doveva pensare da meschino imprenditore, almeno fino a quando le acque non fossero tornate calme ed una parvenza di pace avesse surclassato la merda che era stato quell’anno appena trascorso – non pretendeva la pace del mondo come una qualsiasi Miss Hogwarts, sia chiaro; gli bastava tornare a quello che c’era prima, e tant’era -, beh: non si sarebbe guardato indietro.
    «che c’è?» e poi, Niamh gli aveva bocciato l’idea di trasferire l’attività nel mondo babbano; lì avrebbero dovuto preoccuparsi della concorrenza, non del doversi alleare con altri locali per promuovere qualche serata e guadagnare più del minimo indispensabile. Non che gli dispiacesse pubblicizzarsi in giro per il mondo: anzi, si potrebbe quasi dire fosse diventata la sua priorità assoluta. Quel “quasi” sussisteva soltanto perché, dalla vetta delle necessità dell’ex corvonero, era impossibile togliere Sharyn Winston, per quanto qualsiasi nuovo modo di impiegare il proprio tempo ci provasse. Erano passati molti mesi, e tuttavia il ventenne ancora sperava in una svolta nella loro non-relazione; nemmeno gli faceva più così tanta paura Marcus, dopo aver passato con lui molto tempo nell’ultimo periodo (no, non è vero: ne era ancora e terribilmente terrorizzato a morte, ma gli voleva bene ed era abbastanza certo il sentimento fosse ricambiato dall’Howl, ragion per cui non lo avrebbe ucciso… forse) - era pronto a fare pace, carico come i guerrieri di Sparta prima di una guerra con Atene: il fatto che attendeva fosse lei a fare il primo passo, era tutto pragmatismo.
    Ed era infatti nella guerra alla cura del profilo maginstagram del Captain Platinium, che l’americano si era gettato a capofitto: voleva renderlo più esteticamente appetibile, maggiormente funzionale, e non una raccolta di video stupidi di lui e Niamh (e Drake, e Stiles, e… chiunque) che tutto facevano, men che lavorare seriamente. Anche quella mattina, aveva perso una battaglia. Poteva quasi sentire la macchinetta fotografica, appesa al collo, supplicare di essere utilizzata, ma - «mi sono allontanato due, due!, minuti;» non c’era più nulla da fotografare. «come hai fatto?»
    Ci aveva messo mezz’ora, e senza esagerare di troppo, per creare un capolavoro, mettendo in pratica tutte le conoscenze apprese durante le lezioni cui costringeva la ragazza a partecipare – e lei cosa? «avevo sete!» aveva sete!, ragion per cui vanificare tutti i suoi sforzi bevendosi il suo cocktail bellissimo e favoloso nella manciata di pochi istanti non poteva che passare come un bisogno primario. Se non consideriamo, tra l’altro, che «non è nemmeno mezzogiorno??» «da qualche parte nel mondo, è già notte» voleva un mondo di bene a Niamh, davvero, ed era uno dei suoi migliori amici in assoluto, ma a volte l’avrebbe strozzata. Con infinito affetto, ovvio.
    Invece chiuse gli occhi, cercando di pensare a quello che il suo terapista gli diceva sempre: («isAAC COSA FAI hai tutte le gemme sCAPPA» - sì, il suo terapista era Stiles) respira, Isaac. Conta fino a dieci, e fai finta non sia successo nulla.
    Se funzionasse? Certo che sì: la voce del suo bro, per quanto sentirla tanto chiaramente potesse suggerire un principio di epilessia, in un modo o nell’altro, lo aiutava sempre. «beh, io ora devo andare» comunicò, con quanto più calma avesse in corpo. «rimandiamo» ancora «lo spam social.» iniziava quasi a credere lo stesse boicottando, per una specie di sadica terapia inversa: continuava a ripetergli che il metodo migliore per tenere occupata la mente e, in un colpo solo, togliere da questa il ricordo di un’ex, era l’omicidio, e mentirei se non dicessi che iniziava a credere che tutto fosse in qualche modo collegato. «salutami il tuo ragazzo!» «ochei» acconsentì, chiudendosi la porta del locale alle spalle, percorrendo a memoria il solito tragitto.
    Beh, che senso aveva dire il contrario? Ci mancava soltanto un patto, tra lui e lo Stilinski, per decidere che se arrivati a trentacinque anni non si fossero in qualche modo accasati, si sarebbero sposati; Stiles non lo aveva mai giudicato, non lo aveva mai tagliato fuori da nulla, e c’era sempre stato per qualsiasi problema potesse insorgere nella sua vita, ed il tutto viceversa. Si fidava ciecamente del tassorosso, ed è inutile dire che avrebbe fatto di tutto per lui: non era il suo migliore amico tanto per. Insomma, non dimentichiamoci che avevano anche un figlio insieme.
    Tutto sommato, avevano una relazione più stabile di quanto non l’avessero mai avuta con le proprie avventure amorose. Se poi, con la pizza calda tra le mani, veniva accolto con un bacio volante ed un «il mio unico vero amore», non poteva che sciogliersi; mettiamoci anche quel «ABBIAMO INTERNET ORA, GUARDA!», e la sua vita era completa.
    Cioè, ma ci pensate? Poteva stalkerare Sharyn meglio di quanto non avesse mai fatto in vita sua!
    Cosa che, praticamente, fece durante tutte le ore che trascorse sdraiato sul divanetto della sala ristoro, le gambe allungate sulla pancia del migliore amico. Era davvero raro avessero una connessione funzionante, e per quanto amasse chiacchierare dovevano approfittarne: e poi, che altro poteva fare su internet? Cercare gli articoli on-line delle testate giornalistiche magiche, e sentirsi ogni volta morire nel leggere delle solite sparizioni, di altri maltrattamenti – per non pensare a tutte le notizie che venivano omesse, e che da comune, piccolo proprietario d’attività, era costretto a vedere tutti i giorni oltre la vetrata del locale? Preferiva restare ignorante ed agire meglio che poteva nel proprio piccolo, onestamente.
    Scrollò il feed di Twitter l’ennesima volta, un «yay» privo di alcun tipo d’entusiasmo quando Andrew lo avvertì dell’uscita dei numeri della lotteria. Chissà perché ancora ci buttavano soldi sopra: in dieci anni, più o meno, ci avevano speso lo stipendio di tre stagioni lavorative intere. «stavo pensando…» con la stessa automatica metodicità dell’esultanza appena scemata, quasi fosse una constatazione ovvia, decise di occupare il tempo nel mentre che Stiles controllava i numeri. «se tra quindici anni siamo ancora single, dovremmo sposarci noi.» confidava – per quanto amasse lo Stilinski – di non dover mai ricorrere a quella promessa, confidando che un giorno sarebbe riuscito a riappropriarsi della bionda, ma era meglio mettere le cose in chiaro. Fosse mai. «isaac» «sì lo so, anche io spero di sistemarmi, ma-» «isaac» ma perché lo tirava? «ma perché mi tiri?» appunto. «iSAAC!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!» ??? «STILES!?!?!?!?!?!?!?!?!?!?!» (somewhere in the background, Rocky Balboa: «ADRIANAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA»). Non capiva perché stesse urlando, ma decise di unirsi alle grida dal momento che aveva praticamente rischiato di rompersi l’osso del collo: non si ruppe nulla, ma probabilmente aveva un trauma cranico. Gesticolava come un forsennato, e nel profondo Isaac sapeva stesse cercando di comunicare con lui, ma c’era un qualcosa che gli sfuggiva: di solito capiva perfettamente il non detto dello psicomago, ma quella volta… ??? Stava per avere un infarto??? Fortuna che erano già in ospedale. «STILES STAI BENE????» (spoiler: no) la risposta del ragazzo, fu il lancio del proprio telefono, ed un «che ridere.» così piatto da fargli temere il peggio.
    Lo stava perdendo? Scattato in piedi già dai primi spasmi dell’amico, Isaac distolse lo sguardo bruno da questo soltanto un istante, cercando nel suo cellulare la risposta a tutti i dubbi.
    E si sa, la scatola più magica di tutte aveva tutte le soluzioni.
    Che ridere. «aaaah.» che. ridere. «aAaAaAaAaAH!» esilarante. «AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA[…]» sgranò gli occhi, senza riuscire a smettere di gridare. In che sensoh. «AAAAAAAAAAAALMHFDSJFALHAAAAAAAAAA[…]» cioè, suvvia! Non poteva essere vero. «AAAAAAAAAAAAAAAAAA» «VA TUTTO BENE QUI???» si voltò di scatto, mordendosi le labbra con tanta celerità da poter sentire il sangue sulle gengive. Alzò una mano gioviale all’infermiere, trafelato per la corsa. «sì sì, tutto sotto controllo!» si piegò addirittura in un mezzo inchino, vedendolo sconvolto e seguendolo fino a che non se ne fosse andato, per poi «AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA» ricominciare.
    Perché «STILES??? abbiamo… ???» cercò la conferma negli occhi scuri, trovando altrettanto sconcerto. «siamo????» scemi? sì. «ABBIAMO VINTO ALLA LOTTERIA??? SIAMO RICCHI???»
    Controllò più volte la pagina del post con l’estrazione, velocemente fece ricerche incrociate sul web per verificare – perché era troppo assurdo, ed avevano esultato fin troppo per una cosa che sicuramente non era vera.
    «okay, ho controllato:»
    Si sedette a terra, sospirò melodrammatico. Inspirò profondamente, per poi espirare in un «STILES SIAMO RICCHI ABBIAMO VINTO.»
    Avevano vinto.
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    C’era solo una cosa, in un momento così delicato ed epico, che fosse in grado di strappare Andrew Stilinski dallo stato di shock indotto da quanto appena letto sullo schermo dello smartphone: il kwore spezzato. Battè le ciglia, internet explorer fino all’ultimo (che ci arrivava tardi, Stiles, tardi, ma alla fine ci arrivava sempre), sopracciglia corrugate nel volgere un’offesa occhiata di sbieco ad Isaac Lovecraft. «cioè,» le dita a scivolare oltraggiate sul petto, bocca dischiusa in segno di sorpresa. «sono la tua ULTIMA scelta, Lovecraft? l’ultima le priorità erano chiare: quindici anni di nubilato. Non che l’ex Tassorosso avesse mai avuto mire romantiche su Isaac, che il signore li scampasse, ma?? Era il principio? L’avrebbe sposato solamente se fossero rimasti single? Cioè: NEANCHE IL SUO MIGLIORE AMICO LO SCEGLIEVA, come poteva aspettarsi che potesse farlo…chiunque altro. Puntò un accusatorio indice contro il suo petto, un «siete tutti uguali.» indignato mentre si arrampicava nuovamente sul divano, un cenno di saluto all’infermiere che, eh, oramai lo sapeva che con uno Stiles, la vita al San Mungo andava così: ogni tanto strillava a caso.
    Terapeutico.
    «e per inciso, non sei neanche il mio tipo» un giorno si sarebbe fatto crescere i capelli abbastanza da poter fare il cos play dei queen scagliare la chioma alle proprie spalle con stizza e superiorità, ma fino a quel momento doveva accontentarsi di schioccare permaloso la lingua sul palato. «non che abbia un tipo in particolare, cioè nel senso, un tipo era detto gENERICOH» grattò distratto la tempia, un vago cenno nell’aria con la mano opposta. «sai no, come si dice» come si dice. «ma sì, dai, come si dice» come si dice cosa. «cosa, cosa» che sta succedendo. «in che senso sto parlando da solo» amazing. «BEH NON TRYHARD COMUNQUE SIAMO RIKKI, BRO!!!!!!! MILIONARI!!!!» e uno direbbe: uau, fikissimo – il mondo intero avrebbe d’improvviso dovuto cambiare, giusto? Assumere, boh, le sfumature della ….riccanza? Non sapeva bene cosa si fosse aspettato, ma non – quello.
    Cioè. Nel senso. «e ora kome funziona» dopo impassibili minuti di pausa ch’erano parsi infiniti, l’entusiasmo a scemare nella più confortante confusione, Stiles spostò le iridi caramello sull’ex Corvonero. Erano sempre stati poveri, loro due, ma in realtà Stiles non…suonava cheesy, lo sapeva, ma non aveva bisogno di nulla che i soldi potessero dargli. Cioè, proprio davvero: con il lavoro da psicomago riusciva a pagare appartamento e cazzi vari (metaforici, STATE BBONI), non aveva più rinunciato a qualcosa per denaro. Giocare alla lotteria era tradizione, più che necessità.
    «dovremmo…inaugurare il…nostro nuovo…status? Magari comprare qualcosa di speciale» uno yacht? Una yacuzzi in cui fare il bagno nello champagne? Una ferrari?
    «UNA NUOVA RUOTA PER LOVINSKI»
    Eh, era un ragazzo umile. Arricciò il naso, il labbro inferiore a coprire quello superiore. «tu che vuoi farci? Dai isaac che facciamo ISAAC CHE FACCIAMO» ISAAAAAAAAAAAAAAAAAC
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    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
    Affannato da una corsa che non aveva mai fatto – in quel momento, certo, ma anche in generale nella propria vita: scoordinato come un paguro su di una ruota per criceti nemmeno riusciva a prendere con successo una O in Corpo a Corpo; dove voleva correre? -, inclinò la testa sulla spalla, osservando confuso e preoccupato il migliore amico. Troppo preso dal fatto che avessero, finalmente e senza averci mai realmente sperato, la fottutissima lotteria, ci mise più del dovuto ad elaborare le immagini che gli occhi nocciola mandavano al cervello. «sono la tua ULTIMA scelta, lovecraft? l’ultima?» cosa stava succedendo. Perché gli stava puntando contro l’indice con fare così minaccioso e definitivo? «stiles, che-» «siete tutti uguali.» corrugò la fronte, seguendo i movimenti dello Stilinski mentre cercava di scalare il sofà. «stiles – oh, no che cosa hai capITO!!!» rotolò a terra prono, scivolando come un concorrente qualunque della Sfida Implacabile di Steve Austin sotto il tritacarne – eh, si era chiuso con i programmi a premi trash della domenica mattina; cosa poteva farci. molto più semplice paragonarsi a quello, piuttosto che ad un militare in un campo d’addestramento sotto la rete spinata – fino a raggiungere lo psicomago, aggrappandosi alle gambe di quest’ultimo. «non sarai mai la mia ultima scelta!!! come puoi pensare questo!!!» no, davvero, erano insieme da metà della loro vita: non aveva senso !!! quello che stava dicendo !!! ma se ne rendeva conto? (no.) «staremo insieme per sempre, finché morte non ci separi» hahaha SPOILER! xD «anche senza doverci sposare!! e poi sai come funziona: le relazioni finiscono, le amicizie no!! più tardi ci sposiamo e meglio è!!!» chissà dove volesse arrivare, il barman. Il suo cuore seguiva le esigenze di Stiles, ma la sua mente già si proiettava al momento in cui sarebbero andati a ritirare il montepremi in tabaccheria; era difficile conciliare il tutto, quando si era in fibrillazione.
    Non che avessero davvero bisogno di sposarsi, i due, ma «BRO SEI IL PRIMO E L’UNICO!!» cosa? cosa. «cosa…» oh, ma ancora l’infermiere senza un cazzo da fare. Non lo vedeva che erano impegnati? «tutto apposto!» alzò il pollice in direzione del medimago, per poi arrampicarsi sul divano e sedersi al fianco di Stiles. «e per inciso, non sei neanche il mio tipo ed avrebbe voluto sentirsi offeso – sì va bene, un po’ lo era -, perché quando mai non era stato il suo tipo?, ma gli uscì più naturale quel «oh, lo so bene» dalle labbra incurvate. Lo sapevano bene, sia lui che Sharyn, quale che fosse il tipo del tassorosso – e la bionda glielo aveva anche più volte fatto notare, senza troppe cerimonie. «non che abbia un tipo in particolare, cioè nel senso, un tipo era detto gENERICOH» «mhmh» annuì, decisamente poco convinto dalle parole del ragazzo, e continuò a farlo ogni volta che cercava di riprendersi – fallendo miseramente, ma gli voleva bene per quello. «tranquillo, bello» gli posò una mano sulla spalla, stringendola appena, rassicurante. «non tirerò fuori l’argomento, rilassati»
    «BEH NON TRYHARD COMUNQUE SIAMO RIKKI, BRO!!!!!!! MILIONARI!!!!»
    «SIAMO RICCHI DA FARE SCHIFO!!!»


    … ok, erano ricchi. «e ora kome funziona» «ah, boh» ascoltò i grilli cantare per più tempo di quanto non fosse necessario, lo sguardo perso nel vuoto di un punto imprecisato dall’altra parte della stanza. Isaac aveva sempre voluto essere ricco a prescindere, per principio. Non aveva mai pensato a cosa farci davvero; il massimo a cui aveva ambito, era un regalo per Sharyn – ed uno soltanto perché la sua fantasia scarseggiava, e temeva che più doni le avesse comprato più sarebbe cambiato da ciò che era Isaac. Annuì alle proposte di Stiles, biascicando distratto un «lovinski si merita una ruota bellissima, ed una gabbia più grande» e già qualcosa la avevano. «facciamo una festa?» così, per ricordare un po’ i bei vecchi tempi ad Hogwarts in cui organizzava festini abusivi a caso. «non… so cosa voglio. dovremmo mandare dei soldi a stich in burundi però» avrebbe voluto dire di darli in beneficenza ai poveri, però insomma - non era un falzo, il Lovecraft: un po’ voleva goderseli, quei soldi.
    Chissà se si poteva ricomprare Sharyn – no okay, non erano nel medioevo, non poteva comprare la gente. «io voglio uno gnu» perché? così. «ma forse dovremmo stilare una lista PRENDI CARTA E PENNA – e segna subito gabbia e ruota per lovinski, ed uno gnu»
    I swear the world better prepare For when I'm a
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    «non sarai mai la mia ultima scelta!!! come puoi pensare questo!!!» ah EKKO, così si che si ragionava. Osservò con ancora il broncio il ragazzo attaccato alle sue gambe, memore delle altre centinaia di volte in cui si erano ritrovati in quella stessa situazione: quando aveva chiesto l’affido unico di stich, quando l’aveva minacciato di tenersi anche il lovinski criceto successivo, quando aveva giurato che avrebbe nascosto la playstation, quando gli aveva detto che non avrebbe mai più giocato a BS con lui perché ANDAVA NELL’AREA AVVERSARIA CON LE GEMME!, e via discorrendo. Isaac usava sei il mio BRO, ed era – come prevedibile – sempre super efficace: c’era anche da dire che il broncio di Stiles aveva sempre durata infinitesimale.
    Chissà come si comportava, la gente normale.
    «staremo insieme per sempre, finché morte non ci separi. anche senza doverci sposare!! e poi sai come funziona: le relazioni finiscono, le amicizie no!! più tardi ci sposiamo e meglio è!!!» Puntò gli occhi caramello [into the distance], volgendosi poi repentino verso la videocamera per un primo piano di classe: «se mi lasci ti denuncio» serissimo e solenne, nella mano offerta come simbolo di pace all’ex Corvonero - ed un po’ serio, lo era davvero: difficile per uno Stilinski ventenne immaginare di poter affrontare il resto della sua vita senza un Lovecraft; faticava a ricordare come fosse, prima ch’entrasse nella sua vita.
    E dire che aveva avuto un’esistenza intera, senza un Isaac: che due palle, i 2043.
    «BRO SEI IL PRIMO E L’UNICO!!» E Stiles, che dignità con i suoi pseudo colleghi non ne aveva da un pezzo, afferrò le mani di Isaac nelle proprie come quando cantavano il duetto di Rossana Dai Pensaci Un Po’ Tu [se guardo gli occhi tuoi…nei quali poi si specchiano i miei…puoi dirmi queeel che vuooooi….SEI MAGIKA COSì COME SEEEEEEEEEEI] «BRO TI VOGLIO BENE!!!!!» Non glielo diceva abbastanza spesso.
    Meglio approfittarne finchè poteva: l o l.
    «oh, lo so bene» Ma cosa sapeva bene. Ma quando mai Isaac Loveraft sapeva bene qualcosa - COSA INTENDEVA DIRE @AMERICA EXPLAIN. «cosa sai, ma cOSA SAI» che avrebbe potuto suonare molto badass ghetto, se solo negli occhi scuri dell’ex Tassorosso non ci fosse stata sincera curiosità confusa: davvero, che sapeva.
    Se lo diceva anche a lui, potevano saperlo insieme.
    «non tirerò fuori l’argomento, rilassati» Percepiva l’italic nel tono dell’amico, ed era abbastanza certo di (sapere) non voler sapere a cosa si riferisse: la tattica opossum era sempre la preferita di Stiles. A volte, molto meno metaforica del solito XD «io sono rilassato. Sono super rilassato» *inhale* «COTOLETTA DI POLLO CON SALSA EXTRA CHILLIN» *exhale*. Sì, non c’era da che stupirsi del fatto che le sue relazioni avessero tutte durata infima; Jeremy, come sempre, ti ricordo che sei ancora in tempo a tornare sui tuoi passi: pensaci, perché questo è art attack sara al quinto post Stiles.
    Ma torniamo alla rikkanza, ed a come sperperare il cash: «facciamo una festa?» proprio la cosa preferita di un ex alcolizzato con metà degli amici a spasso nel tempo, già immaginava il divertimento: sin a osservare la piramide di bicchieri e criticarne la costruzione, nicole a inventare una scusa per defilarsi, niv a fare shottini tequila sale limone sui capezzoli, i losers a sfidarsi ad ombrellini da cocktail, todd ad aprire la porta a chi (ma chi) sarebbe entrato, e jeremy ad approfittare dell’alcool gratis insieme alla dallaire.
    Ho scordato marcus ad affilare le lame in un angolo della stanza così, per hobby. «e chi invitiamo» poi non è che tutti fremessero dalla voglia di fare party hard, da quelle parti. «non… so cosa voglio. dovremmo mandare dei soldi a stich in burundi però» beh, quello era scontato. «gli mandiamo un nuovo frustino in acciaio inox per frustare la panna» top, genitori dell’anno.
    Drama pause.
    «montare la panna*» perché sara è scema, ma il typo mentale era così on point che correggere le pareva mainstream. «non so se abbia kink particolari, non credo – con te ne ha mai parlato?» non si sapeva mai.
    «io voglio uno gnu. ma forse dovremmo stilare una lista PRENDI CARTA E PENNA – e segna subito gabbia e ruota per lovinski, ed uno gnu» ochei:
    - gnu
    - ruota PANORAMICA!!! Per lovinski xviii
    «io una spada»
    - Excalibur
    «ed una tutina da ginnasta vita parallela per dr strange»
    - camaleonte atletico e glitterato
    «credi che dovremmo farci un tatuaggio?»
    Ma certo:
    - tatuaggio
    «forse è anche l’ora di comprare un frigo nuovo»
    - ikea
    «ma ci pensi che potremmo farci spotify non piratato?»
    Sara ci pensa sempre.
    Said, if I was richer
    I'd still be with ya
    stiles
    andrew stilinski
    21 y.o.
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    psychowizard
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