exist sanely under conditions of absolute reality

cillian + dominique | ch#6

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    Fece scorrere la suola della scarpa sulla terra bagnata, lo scricchiolio dei granelli a riempire quel silenzio quasi assordante; poi gli occhi percorsero minuziosi il perimetro del parco, così familiare e al contempo così tremendamente diverso.
    Un lungo sospiro fuoriuscì dalle sue labbra, spezzando la staticità del paesaggio che si ritrovava di fronte: osservò la nuvola nascere e morire nell’arco di pochi attimi di secondi e poi svuotò nuovamente l’aria dai polmoni, come incantato dalla danza che momentaneamente si andava a creare attorno alle sue labbra, solleticando la pelle in modo impercettibile. La verità era che non sapeva manco lui cosa lo avesse spinto in quel parco – forse la necessità di fuggire da un mare di facce sconosciute e, soprattutto, dalla consapevolezza che queste abitassero il mondo in vite e realtà diverse; il terrore che tra di esse potessero nascondersi i visi che da cinque anni a quella parte si erano impossessati delle sue notti, apparendogli insanguinati e ammaccati in sogno, perseguitandolo e instillando il seme di un soffocante senso di colpa nel suo sistema. Ma scappare non l’avrebbe aiutato, e questo lo sapeva bene; non in un universo a lui perlopiù sconosciuto e quindi potenzialmente pericoloso in ogni suo più remoto angolo. Premette dunque l’indice della mancina contro la tempia, stringendo le palpebre e i denti: un tentativo di obbligare la sua mente a schiarirsi così da recuperare la concentrazione persa, e possibilmente di calmare il battito frenetico del suo cuore.
    Infilò nuovamente le mani arrossate dal gelo nelle tasche del cappotto in montone, poi scrollò le spalle in un misero tentativo di scaldarsi – un’impresa titanica nel freddo inverno inglese, ma il bisogno impellente di fare qualcosa, qualsiasi cosa che lo facesse sentire meno come un blocco di ferro vecchio in un macchinario d’alta tecnologia, lo aveva reso terribilmente irrequieto. E dannazione, se quella mancanza di controllo non lo stava facendo impazzire minuto dopo minuto; estraneo nella sua stessa psiche, il Lestrange, mentre imparava a conoscere e combattere una faccia della paura che fino a quel momento non s’era manco mai preoccupato di mettere in conto. Supponeva dunque che la sua situazione corrente fosse la giusta punizione per la sua stessa sbadataggine.
    E dunque, tale situazione era: Cillian si ritrovava in un pezzo del Multiverso in cui davvero non si sarebbe dovuto ritrovare in quel momento perché, di fatto, apparteneva a qualcun altro – qualcuno con il suo stesso sorriso e le stesse onde cioccolato e lo stesso baritono strascicato. Non sapeva dove fossero gli altri – se ci fossero gli altri. Non sapeva come raggiungerli, in ogni caso, quindi poco importava. Non sapeva neanche dove cominciare a cercare, o se si fossero tutti rintanati in un posto preciso; poteva solo tenere lo sguardo basso e camminare, camminare, camminare finché le gambe non arrivavano a cedergli – e sperare, sperare, sperare che almeno qualcuno fosse sopravvissuto allo strappo temporale.
    Erano passate settimane, e la fortuna era stata scarsa se non del tutto assente.
    Non c’era Andy, tra le strade abbandonate dell’Inferius. Non c’era Freddie, tra le teste anonime che sovraffollavano i vicoli di Quo Vadis. Nessuna traccia di Frankie, nei dintorni di Hogsmeade. Né tantomeno CJ a varcare la soglia del Fiendfyre.
    C’erano Cillian Lestrange e la sua solitudine, amica fidata che non sembrava avesse alcuna voglia di abbandonarlo. Fece per afferrare il pacchetto di Marlboro custodito nella tasca, ma lasciò la presa all’istante – non voleva attirare l’attenzione di passanti casuali, e l’odore di tabacco bruciato, nonché il colore acceso della fiamma mentre divorava la cartina, lo avrebbe fatto risaltare troppo nell’oscurità che circondava l’Avis a quell’ora della notte.
    Un altro sospiro; fece aderire la schiena contro la superficie legnosa del tronco d’albero, poi umettò le labbra in sovrappensiero. Avrebbe dovuto rinunciarci – crearsi un’identità e cambiare vita, dimenticare una volta per tutte ciò che era stato e ricominciare daccapo altrove. Non che avesse troppa scelta: l’unica altra opzione era quella di cercare ancora e negare ciò che, da quel che aveva capito negli ultimi giorni, era ormai un dato di fatto – non c’era più nulla da fare. Chiuse gli occhi, il Lestrange, e alzò la testa al cielo: «scusami», un sussurro, rivolto a tutti e a nessuno. E meglio di niente, si disse. Meglio di niente. Gli addii, quelli veri, con gli abbracci e i sorrisi e le lacrime e il contatto umano puro erano un lusso, e questo l’aveva imparato a sue spese. La sua mente viaggiò ad aprile, al duemiladiciotto, ai mucchi di cadaveri che circondavano il Lago Nero come statue di martiri – solo meno poetiche, e più rancide. «scusami» ripeté, e stavolta stava parlando con Ophelia. Con Jaden. Con Eugene. Con Jeremy. Con Gwendolyn. Ma erano parole vuote che servivano solo a offrirgli una mera consolazione; nessuno di loro poteva sentirlo. Aprì nuovamente gli occhi, lento, lo sguardo rivolto alla luna: avrebbe potuto fare di meglio – tutti loro avrebbero potuto fare di meglio, e non c’erano riusciti. Deglutì, un addio sulla punta della lingua, quando il rumore di foglie calpestate catturò improvvisamente la sua attenzione. Voltò la testa in direzione del movimento, allarmato da quanto risultasse vicino; un ubriaco qualunque, probabilmente, ma rimase comunque in guardia – tirò fuori il pugnale dalla tasca interna del cappotto, attento a non far strusciare il tessuto, il respiro controllato e il corpo saldamente fermo. Rimase fermo e in silenzio per qualche secondo; poi, con estrema cautela, si sporse così da avere una migliore visuale dello sconosciuto. Non sembrava essersi ancora accorto della sua presenza, il che andava a suo vantaggio: osò sporsi ulteriormente, quindi, così da poter studiare la sagoma. Aggrottò le sopracciglia, Cillian, sorpreso dalla familiarità di quelle spalle larghe, e da quel poco di pelle olivastra che spuntava da sotto i ciuffi corvini. La luce del lampione in vicinanza creava giochi d’ombre sul suo viso, rendendolo impossibile da decifrare, eppure Cillian non sembrava in grado di scrollarsi di dosso quella sensazione, il che poteva essere un bene tanto quanto un male; e così, con il pugno destro stretto ancora attorno al pugnale, tirò fuori il pacchetto di sigarette per lanciarlo in sua direzione – abbastanza vicino da farlo voltare, abbastanza lontano da non colpirlo veramente. Trattenne il respiro, occhi fermi sull’uomo – e non poté trattenere un leggero sussulto quando, una volta girato, riconobbe finalmente lo sguardo confuso di Dominique.
    Ora. In un altro universo, forse, Cillian sarebbe corso tra le sue braccia, pronunciando tutte quelle parole che in quegli anni aveva faticato anche solamente a pensare: mi sei mancato e non voglio lasciarti più e non sono mai stato così felice di vederti.
    Un bene, dunque, che questo Cillian non fosse uno stupido.
    Prima ancora che il Baudelaire potesse reagire, Cillian percorse quei pochi passi che lo separavano da lui con l’arma sguainata. Movimenti calmi, quelli dell’inglese, nonostante il cuore minacciasse di uscirgli dalla cassa toracica: «dimmi chi sei.» Chi gli garantiva, dopotutto, che quello fosse veramente Dominique? Poco più di un mormorio, il suo. Un lungo respiro, e fece un cenno con la testa. «sei ferito?»
    cillian kenneth lestrange
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    And I wanna come home to you But home is just a
    room full of my safest sounds, 'Cause you know that
    I can't trust myself with my 3 A.M. shadow
    I'd rather fuel a fantasy than deal with this alone


    Edited by homini lupus - 3/5/2019, 20:02
     
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    «Dovremmo andarcene. Quando usciremo – se – se ne usciremo vivi, potremmo, hm, sparire per un po’. A Madrid, o magari a Verona... A Monaco. Potrei persino cambiare identità, sai? Divenire uno di famiglia. Potremmo sposarci in una di quelle chiese di Las Vegas e sperperare tutti i nostri soldi col gioco d’azzardo... Che ne dici?»
    «Gli amanti non si sposano, Cyl»

    «Hai comprato un anello.»
    «Mh»
    «Da quanto state insieme?»
    «Ufficialmente? Tre settimane»
    «Dominique.»
    «Cosa?»
    «Tre settimane!»
    «Non glielo darò mica adesso; è solo un anello»
    «Lo sai che non è solo un anello»
    «Allora diciamo che è un investimento per il futuro»


    Aprì gli occhi svegliandosi di soprassalto al tonfo, la mano già a recuperare la spada nascosta nel posto a dormire accanto a sè stringendo l'elsa fredda, il ricordo del viso morbido di Cyl velocemente scacciato via dalla testa in favore di riflessi pronti èer affrontare il nemico. Alla stessa altezza dei propri, gli occhi verdi lo fissarono di rimando dall'oscurità, una nota maliziosa nello sguardo mentre il suo proprietario piegava leggermente la testa.
    «Meow
    Dominique sospirò profondamente, allentando la stretta sull'arma veloce così come l'aveva presa. Passò gli occhi sull'ombra scura a forma di lampada ora a terra, e nuovamente in quelli del gatto. «Siamo ospiti» sgridò a bassa voce il cucciolo tigrato che lo osservava colpevole, conscio di aver fatto qualcosa di male - ma non abbastanza pentito di ciò. «fai attenzione, Sis» Francis Ford Coppola inclinò la testolina di lato, buttandosi poi giù dal tavolino per raggiungere il francese con un altro miagolio soddisfatto; sorridendo leggermente, Dominique si preparò ad accogliere il gattino.
    Sarebbe sbagliato dire che era stato Dominique a trovare Francis, quanto vero il contrario: dopo giorni passati a girare da solo alla ricerca di un posto dove stare, il gattino si era fatto seguire fino a quella che il Baudelaire aveva classificato come casa sua, un monolocale abbandonato in una zona poco trafficata dove, qualche tempo dopo, Dom aveva alla fine portato anche Jason Harris. Quando il francese aveva finalmente trovato qualcuno a conoscenza del proprio mondo e aveva seguito Cole nella casa di Nathaniel Lowell (Handerson, in quel posto), si era portato dietro Francis, offrendogli un rifugio ben più caldo e accogliente per l'inverno. A differenza dei propri gatti nel canon Cain e Abel, più sedentari e altezzosi, Francis usciva quasi tutto il giorno per la città a farsi chissà quali giri e aiutare chissà quanti passanti... tuttavia, tornava quasi ogni notte nel loft, affezionato a Dom quasi quanto il ragazzo lo era a lui. Aveva passato tante ore a chiedersi se Cain e Abel in quel mondo se la cavassero bene, avessero un buon padrone, e visto che non poteva andare in Francia a recuperare loro, era felice di aver almeno trovato un nuovo compagno di viaggio. «ora non mi riaddormenterò più, lo sai?» allungò la mano su Francis, già acciambellato sul cuscino lasciato vuoto lì di fianco, e iniziò a coccolarlo lentamente ricevendo in cambio ben presto delle fusa. «ma tanto a te che importa? Dormi come un sasso» e infatti poco dopo il cucciolo girovago si era già addormentato, improvvisamente muto e col respiro profondo dopo una giornata stancante a correre di qua e di là. Avrebbe voluto anche Dominique avere quell'abilità innata di appisolarsi appena toccato il cuscino, invece non riusciva a farsi una sana dormita duratura da mesi. Non era mai stato bravo ad addormentarsi in posti diversi dal proprio letto, e le notti passate nell'universo alternativo non erano diventate magicamente più facili da sopportare con le settimane che scorrevano; al massimo, diventava di giorno in giorno Dom più stanco e più propenso ad addormentarsi per qualche minuto durante il giorno se abbassava troppo la guardia - cosa che era capitata spesso negli ultimi giorni, da quando viveva in una casa decente con Cole (un compagno ben più affidabile dell'Harris, al quale non avrebbe affidato un cactus, figuriamoci la propria vita addormentandosi).
    Si stropicciò gli occhi, afferrando il cellulare sul comodino al proprio fianco - un gentile prestito da parte di (un ignaro) Archibald Leroy, osservando l'ora a caratteri cubitali sullo schermo. Un nuovo giorno appena passato - evviva. «make a wish», borbottò, decidendo di alzarsi e dirigersi in cucina alla ricerca di qualcosa da mangiare o del caffè da preparare. Nel corridoio si affacciò nella camera usata da Cole, trovandola per niente stranamente vuota; come volevasi dimostrare, sul frigo era presente un bigliettino che Dom - sprovvisto di occhiali in quel mondo e troppo pigro per andare a recuperare le lenti che si era fatto comprare da Lydia - interpretò come un "ciauz sono a caccia ci vediamo a colazione". Cole sapeva dei problemi di sonno del fratello, ma aveva smesso di consigliargli sonniferi o erbe medicinali, conscio che Dominique avrebbe risposto che non voleva essere colto impreparato o intontito in caso di bisogno. «E se sei stanco non è anche peggio?» «io non sono mai stanco» o almeno, gli piaceva (far) credere di essere sempre vigile e attento, anche quando dormiva massimo tre ore a notte per cinque mesi consecutivi.
    Le occhiaie scure e l'aria malaticcia e malconcia raccontavano un'altra storia.
    Senza accendere la luce (sapeva che c'era un incantesimo che faceva sembrare le luci sempre spente, ma perchè rischiare se non ce n'era bisogno?), si destreggiò in cucina alla ricerca del necessario per prepararsi un'insalata chissà cosa mangiano le persone quando non hanno la pasta perchè non sono italiane. Dominique aveva passato i primi diciannove anni della propria vita senza avere idea di come si accendesse un fornello o tagliasse una verdura - troppo indaffarato a cercare di essere il migliore per provvedere al proprio bisogno primario di procurarsi del cibo - ma da quando era andato a vivere da solo si era scoperto (ok, *aveva faticato come un matto per diventare) un discreto cuoco, tanto che aveva finito per offrirsi di preparare sempre i pasti a sè e Cyl. Cucinare un piatto sano, appetibile e insieme guardabile richiedeva attenzione, pazienza, regole; si stupiva di non essercisi mai messo prima, semmai.
    Inevitabilmente, stando ai fornelli, il pensiero andò a Cillian. Dannazione.
    Trovava assurdo che in tutti quei giorni, ancora non fosse riuscito a trovare modo per contattarlo - altri lo avevano visto, sapevano che stava bene da settimane, e ancora invece Dominique non aveva notizie di lui. Aveva chiesto al Lowell, in una sua veloce visita («Guardo solo non mi distruggiate la casa...............» «vuoi sapere altro della politica del nostro mondo?» «sì ti prego»), se il Lestrange si fosse più fatto vivo alla Safe House, ne aveva parlato con Billie sperando lei ne sapesse di più e poi con Andy, ma nessuno aveva saputo dargli risposte soddisfacenti. Neanche lasciare un messaggio per lui nel sottovaso era servito - e la cosa lo faceva impazzire. Aveva già passato gli ultimi cinque mesi da solo, senza i propri (già pochi) amici e familiari, già doveva sopportare l'idea che Annie ancora fosse in giro chissà dove, chissà con chi, chissà se viva - già aveva controllato più e più volte i luoghi dove pensava sarebbe andata, senza risultati - e dopo l'iniziale illusione che avrebbe finalmente rivisto Cyl ecco la delusione altrettanto scottante in risposta. Cillian stava bene, mangiava, aveva un buon posto dove stare? Aveva trovato suo fratello, aveva cercato l'Ophelia e le Beech di quel mondo, aveva cercato lui?
    finì di prepararsi le verdure da mettere nel piatto, uno sbadiglio sonoro ad accompagnare il tutto. Quando ebbe finito, fece per portare il tutto al tavolo, stringendo gli occhi per cercare di vedere nella semioscurita - dove l'unica luce proveniva dalla tv accesa in silenzioso (era decisamente divertente lasciar girare Netflix quando non lo usavano lui e Cole su cartoni e film per bambini, in modo che ne uscissero di altrettanti nelle proposte di Nathaniel; erano nascosti da settimane e si divertivano con poco, sì). Lanciò uno sguardo distratto allo schermo per vedere cosa stava facendo la ragazza vestita da coccinella-
    «Meow!»
    «Merde spostandosi velocemente per non pestare il gatto, Dominique posò male il piede, sbilanciandosi. Allungò un braccio per afferrare il tavolo mentre il piatto cadeva a terra rompendosi non senza mandare ovunque verdure, ma nella fretta del momento e nel buio invece che riuscire ad aggrapparsi a qualcosa Dom riuscì soltanto a sbattere la testa contro uno spigolo con un gemito di dolore, aggiungendo il danno alla beffa quando riuscì a posare la mano su un pezzo rotto del piatto a terra. Sbottò rialzandosi (battendo, nuovamente, la testa - la nuca questa volta) rendendosi conto che la stanza intorno a sè ondeggiava in modo nauseante. Almeno riuscì, finalmente, a posarsi a qualcosa con la mano intatta per non cadere di nuovo. Era in piedi? Era in piedi. Era vivo?
    Relatable.
    «Meow»
    Cercando di non cadere si affrettò in bagno (questa volta accendendo la luce), e per prima cosa si piegò per vomitare; visto che non uscì niente nonostante la nausea, si rialzò titubando, ammirando il rivolo rosso che partiva dalla tempia pulsante di dolore, e poi la mano; neanche troppo sporca di sangue, considerando che un fottuto pezzo di ceramica c'era incastrato dentro. Doveva toglierlo? Lasciarlo perchè bloccava il flusso? Faceva male, ma era sopportabile dopotutto (insomma, aveva vissuto per diciannove anni in una dittatura, aveva visto di peggio). Forse se avesse trovato le garze, avrebbe potuto fare da solo; aprì i cassetti e l'armadietto sopra il lavandino, la mano che tremava leggermente e il battito cardiaco che aumentava per il sangue in più pompato. Guardò nuovamente il proprio riflesso; aveva fatto tanta attenzione alla mano, che non si era reso conto immediatamente conto della brutta botta alla testa, più di un semplice graffietto. Pensò che fosse normale che in quel punto un taglio sanguinasse tanto - d'altro lato gli continuava a girare la testa «putain de merde...» sbattendo gli occhi più volte, andò in camera afferrando il cellulare, cercando fra i numeri quelli di Lydia o di Bells o di chiunque altro. Strinse le palpebre, cercando di leggere i nomi sullo schermo... tutti decisamente troppo piccoli e sfocati. "Oh, andiamo!" Allontanò lo schermo, lo riavvicinò cercando di mettere a fuoco- eeeee il telefono si spense.
    Eh già, anche il cellulare spesso e volentieri lo usavano per lo streaming ai danni di Nathaniel. «Non è. Possibile» Quello era decisamente karma.
    Ok, strategia.
    jay (26)-> shia + sandy
    darden (3)-> gwen + joey
    julian (4)-> julian + joey
    gemes(6)-> bj + julian
    sandy (14)-> sandy + shia
    cj(7)-> cj + sersha
    run(17)-> cj + sersha
    bj (1) -> bj + gwen
    Il Captain Oats non distanziava molto da lì (non quanto casa di Lydia o Arabells, almeno), poteva raggiungerlo a piedi, tagliando per il parco, in... 20 minuti massimo? Sicuramente lì avrebbe trovato qualche mago o guaritore disposto ad aiutarlo.
    Possibilmente prima di svenire per la botta, per il sangue o per il sonno, ecco.
    on credeva davvero di essersi fatto niente di troppo grave, a dir la verità, ma preferiva non rischiare di dover aspettare fino alla mattina l'arrivo di Cole, in giro alla ricerca di Annie. Si infilò una felpa trovata nell'armadio, solo da una manica, afferrò il cappotto posandolo sulle spalle. Prima di uscire, prese dal cassetto una pistola lasciata loro da Nathaniel, certamente più discreta del proprio fioretto. Quando si ritrovò in strada, rabbrividì immediatamente all'aria invernale, accelerando il passo incerto perchè il viaggio durasse meno.
    Come previsto tagliò per il parco, le scarpe a scricchiolare sul sottile strato di neve, il fiato caldo e veloce e generare aloni simili a fumo e le palpebre ancora a stringersi per cercare di stare sveglio e vigile; avrebbe potuto usare il proprio potere se avesse incontrato qualcuno, ma era abbastanza onesto per ammettere di non essere in ottima forma per intraprendere un combattimento se necessario - anche senza botta in testo e mano ferita.
    E poi si ritrovò ai piedi un pacchetto di sigarette. Alzò di scatto il viso (con giramento di testa annesso), le dita all'elastico dei pantaloni, a impugnare la pistola. Una sagoma ritto poco distante sembrava starlo osservando, e per un attimo gli parve Cillian. Niente di strano, a dir la verità; da mesi Dominique lo vedeva ovunque ma mai per davvero. Più strano fu piuttosto che anche quando il ragazzo si avvicinò, Dominique continuasse a vederci il Lestrange. Si umettò le labbra, il cuore ad accelerare; erano iniziate anche le visioni? Non bastava la testa che esplodeva, la mano che bruciava come l'inferno? Strinse la pistola, sperando il cappotto coprisse la propria mano.
    «dimmi chi sei.»
    Non poteva essere. L'intonazione, la voce... Da sempre più stupido dell'altro ragazzo quando si parlava di Cillian, Dominique mollò la presa sull'arma, gli occhi scuri a saettare dal coltello al viso segnato del Lestrange, ai capelli più lunghi dell'ultima volta in cui l'aveva visto, cercando di trovare dettagli che gli dicessero che sì, era il suo, e che sì, stava bene. Anche al buio, era bellissimo. «Cillian?»
    «sei ferito?» Sì, ma non era importante in quel preciso istante.
    «Ça fait cinq mois que je te cherche partout» mormorò, una nota di divertimento nell'averlo trovato in un parco a caso di notte dopo tutte quelle settimane, e solo perchè Francis aveva deciso di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato... quel gatto continuava a salvarlo. «Devo davvero dirti chi sono, o userai la fantasia?» il leggero sorriso, comparso spontaneamente, si congelò nel dubbio. «...ti ricordi di me, vero?» ci aveva messo letteralmente anni per arrivare al punto in cui era con Cillian prima delle missione, aveva sofferto da ragazzino i suoi sguardi lascivi e i suoi giochetti, e sebbene ogni minuti passato con Cyl valesse quella sofferenza, non era nello stato psico fisico per affrontarla adesso. «Ti abbraccerei, ma» ho un coltello puntato alla gola (mlmlml proprio come nell'estate del 2017 #cos) «credo di star per svenire» non aveva fatto cena, aveva ricevuto una botta in testa, aveva dormito un'ora in due giorni... well, diciamo che Dominique Baudelaire aveva visto giorni migliori.
    O forse no, visto che aveva appena ritrovato Cillian - finalmente.
    If you were church
    I'd get on my knees
    Confess my love
    I'd know where to be
    My sanctuary
    you're holy to me
    dominique
    (archibald leroy)
    24 y.o.
    rich & french
    clairvoyant
    director
     
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