well, there go my christmas plans of sitting in a dark room and drinking

yale + shiloh

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    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
    Sedeva con le gambe divaricate e le mani abbandonate pigre in grembo, la schiena affondata nel sedile della limousine e lo sguardo opaco rivolto al – triste – spettacolo fuori dal finestrino. Umettò le labbra, sistemò metodico la manica della camicia nera, e sbuffò quella che avrebbe potuto fallacemente apparire come una risata, ma che ne possedeva solamente l’ovattato suono. La bocca rimase curvata in un sorriso piacevole quanto freddo, gli occhi di un improbabile blu reso ancor più fosco dagli avvilenti colori che i Parker costringevano tutti i loro ospiti ad indossare. Sembrava finto, Yale Hilton, con quella posa plastica più adatta alla copertina di un magazine che all’interno della Lincoln dove, come consueto, consumava il tempo che avrebbe dovuto impiegare altrove.
    Tipo al pranzo di Natale tenuto tradizionalmente dalla sua cosiddetta famiglia. Tipo. Gli bastava osservare il profilo della villa da lontano, per sentirsi fisicamente malato all’idea di doverci mettere piede, di essere costretto a respirare la loro stessa, decomposta, aria, per ore che gli sarebbero parse esistenze intere. Puzzavano di sangue e vecchio, i Parker – non esattamente l’amortentia del giovane Hilton IV – ed avevano sotto le dita la consistenza vischiosa e quasi affascinante di miele e polvere. Una bellezza antica, ma non senza tempo: l’era d’oro dei Parker s’era sciolta una decade prima, mostrando che sotto la placca dorata non vi fosse altro che ossa e sporcizia. Il fatto che i suoi nonni, zii, cugini, si rifiutassero di crederlo, non lo rendeva meno reale – lo rendeva solo più patetico.
    Erano di un’altra epoca, i Parker. Incastrati in un utopico mondo dove possedere prestigio significava ancora avere denaro, e dove il potere portava automaticamente con sé ricchezza e privilegi: arroganti, presuntuosi, manipolatori. Erano un covo di serpi, ed avere l’antidoto al loro veleno non significava necessariamente essere salvi – o che iniziassero a piacere i morsi. Mettere piede dentro il loro regno, significava accettare di balzare quattrocento anni di evoluzione e piombare nuovamente nel Seicento, se non che agli usi ed i costumi della società barocca, si aggiungeva la nota di macabro sadismo che ai maghi di un certo calibro piaceva sempre sfoggiare con vanità e orgoglio. Sostanzialmente, era una corte di machiavellici figli di puttana.
    Un sogno.
    Non voglio andare. Aveva pensato spesso, aveva pensato sempre, di dirlo – semplicemente dirlo.
    Non voleva andare. Non voleva respirare l’odore tossico di un mondo di cui non avrebbe mai fatto parte. Non voleva le portate troppo abbondanti o le intense occhiate pregne di giudizio di zii e cugini. E dire che fosse abituato ad essere giudicato dal pubblico, trattato più come un pezzo di filetto dal macellaio piuttosto che come essere umano – e fingere, d’altronde, riassumeva gran parte della sua esistenza. Non era certo del perché fosse diverso, ma lo era.
    Lo fottutamente ora.
    Ed anche in quel momento, l’espressione illeggibile ed il respiro quieto nei polmoni, avrebbe voluto dire al suo autista di fare dietro front. Dai, Andres, portami a conoscere le tue figlie e tua moglie; rimango in un angolo, non disturbo nessuno.
    Ma non l’avrebbe fatto. Non lo faceva mai. C’era evidentemente qualche ingranaggio mal oliato in Yale Hilton che lo costringeva a prendere forzate decisioni del cazzo : non poteva essere solo masochismo. La facciata di Yale era troppo studiata perché a chiunque fosse possibile leggere quanto disperato fosse il bisogno di andarsene da lì; Shiloh e Harvard, l’uno seduto di fronte a sé e l’altra al proprio fianco, conoscendolo quanto Yale voleva lo conoscessero, potevano immaginarlo – ma non per deduzione diretta. Che l’Hilton perdesse una propria espressività, non era un fenomeno così raro: per quanto ne sapevano, il distacco di Yale poteva essere dovuto alla vicinanza fredda e marcia dei Parker, quanto alle specie in pericolo d’estinzione a causa della produzione di olio di palma – o alla lumaca che aveva accidentalmente calpestato una settimana prima, o al fatto che il suo take away di fiducia fosse chiuso per dieci giorni, o che Babbo Natale un tempo fosse verde e non rosso. Sembrava così semplice, Newhaven, visto dall’esterno: trasparente, ingenuo, banale. Superficiale.
    Ed in parte lo era, ed in parte l’avrebbe preferito. La sua vita sarebbe stata più semplice se fosse stato davvero stupido quanto sembrava. Fece scattare la portiera, uscendo dall’automobile con l’usuale, piccata, eleganza, uno dei suoi tratti distintivi più notevoli – ad aiutarlo nell’impresa, vestiti che odiava ma che non facevano che renderlo più idilliaco, più sogno che uomo nel tessuto che pareva dipinto sulla sua pelle come un raffinato tatuaggio. Avrebbe potuto biasimare tale qualità agli antenati nobili vantati dai Parker, se solo avesse creduto alla leggenda secondo cui possedevano sangue blu: la teoria di Yale era che, ai tempi dove la ricchezza era rappresentata da pelle pallida e viso panciuto, i Parker fossero scudieri.
    Così. Se lo sentiva nel cuore. «sai qual è la parte migliore di un pranzo dai parker?» domandò distratto a Shiloh, tenendo galantemente la portiera aperta sia per lei che per Harvard. Inutile sprecare parole su quanto sollevato - e terrorizzato - fosse della presenza della mora quel giorno, vi basti sapere che il primo sentimento nasceva dall’impossibilità di tollerare il parentame, ed il secondo dal lato di Yale che riuscivano sempre a tirar fuori: quello più meschino e subdolo, più calcolatore. Non era come loro; avrebbe potuto esserlo, che l’indole del manipolatore di certo non gli mancava, ma credeva nel libero arbitrio: modellava la finzione rendendola realtà, l’onestà in menzogne e viceversa, ma non si sarebbe mai permesso di usare qualcuno per raggiungere un proprio secondo fine. Era stato tentato, centinaia di volte, di adattarsi ai giochi di potere della sua famiglia, ma non aveva ancora ceduto: si mostrava diplomatico, perfettamente disponibile ed educato, lasciando che si scannassero fra loro mentre sorseggiava vino dalla sua coppa in attesa della fine della partita – ma rimanendo fuori dalla scacchiera. Non era la sua battaglia. «no?» Yale allungò un braccio verso di lei per scortarla verso la porta – e sì, lo richiedeva l’etichetta dei Parker: l’Hilton lo trovava esilarante – sistemando nel mentre la pochette verde fluorescente nel taschino della giacca nera.
    L’avrebbero odiato per quel tocco di colore, ma non sarebbe stato abbastanza da scatenare una guerra civile: a Yale piaceva tastare i confini di quel che poteva fare, e poi prendervi dimora fissa, spingendosi più da una parte che dall’altra a seconda dei giorni e dell’umore. Harvard li superò sistemandosi la giacca, spolverando le spalle come se quel gesto bastasse ad alleggerirle dalla polvere che i Parker, a furia di nascondere sotto i tappeti, ormai emanavano come un costoso profumo. «non lo sai perché non c’è» rispose secco, senza voltarsi a guardarli, con il tono asciutto e delicato che riservava alle transazioni d’affari. Yale sorrise, un eco di quelle parole a galleggiare nella sincera curva della bocca, ruotando i divertiti occhi blu verso la Abbott. «benvenuta in famiglia» bisbigliò sibillino, posandole un bacio gentile sul dorso della mano.

    «vivo di piccole gioie,» ore dopo, poggiandosi sulla porta di un Amortentia aperta solo per loro, Yale Hilton sorrise sollevando entrambe le sopracciglia facendo cenno a Shiloh di entrare per prima. «e la sua faccia? capolavoro» Diplomatico, Yale; adorabile, ma si divertiva anche con poco – e tormentare La Madre, risaputo, era il suo passatempo preferito. Da osservatore attento qual era, non gli era stato difficile trovare i regali perfetti per i vari parenti: una stilografica d’epoca, qualche libro ammuffito sull’importanza della magia nera, abiti costosi che i Parker non potevano permettersi – e bla, bla, bla, nulla di spettacolare o degno di nota, né nei doni né nelle prevedibili reazioni dei suoi consaguinei.
    Almeno non finchè La Madre non aveva aperto il suo, di regalo.
    Yale, pur non amando applicarsi in alcun campo della magia, era un maestro negli incantesimi di disillusione: quante volte aveva dovuto nascondere tagli – graffi, lividi? Senza contare che, tutti i giorni, fosse costretto a celare la cicatrice causata dal Licantropo quand’era ragazzo. L’avevano obbligato, ad essere bravo in quel ramo degli incanti. Se solo l’avessero tenuto maggiormente in considerazione, avrebbero saputo che prima o poi l’avrebbe usato contro di loro.
    «c’è mancato poco le venisse un infarto» sorrise gentile alla ragazza alla reception lasciandole la propria giacca, proseguendo nel corridoio dove si affacciavano le stanze adibite ai massaggi. «quasi ci ho sperato.» un altro sorriso genuino e brillante, mentre i polmoni si riempivano dell’inebriante profumo d’incenso della stanza.
    Ah, quella tradizione era – insieme alla posta dei fan ed il vestirsi da Babbo Natale per i bambini negli ospedali – l’unica cosa che amava del Natale: ottima compagnia, magnifici massaggi, musica pompata direttamente dal deep spotify (il regno di jbalvin & co) e più vino di Robert Baratheon.
    Bellissimo.
    «come se potessi realmente regalarle un dildo» ebbene sì: Yale aveva donato a sua madre quello che a tutti i presenti era apparso come un delicato e squisito calice, ma che ai suoi occhi s’era mostrato come un non troppo elegante vibratore natalizio – con anche il naso rosso! Aveva visto il viso della donna sbiancare, pudica come una qualunque provincialotta della California, la posizione farsi rigida ed imbarazzata. Dall’occhiata che aveva sollevato verso di lui, il quale sorridendole aveva infilato innocentemente in bocca una fragola ricoperta di cioccolato bianco, sapeva avrebbe pagato quel suo scherzetto.
    Non gliene poteva fottere di meno. «nessun materiale resisterebbe alle acide secrezioni vaginali di quella fabbrica satanica» si strinse nelle spalle con sincera ovvietà – e se una tal affermazione rendeva lui ed Harvard malvagi dalla nascita, così fosse: significava solo che avessero più probabilità di evocare un demone.
    Skill sempre utile. Svuotò (il contenuto del flute, diligentemente preparato per il loro arrivo, in gola) la scatola che s’era trascinato fin lì sul lettino vuoto fra quello che avrebbe occupato lui, e quello che spettava alla Abbot: era il momento di leggere la posta dei fan per Natale. Yale era esattamente quel genere di VIP che fotografava ogni dimostrazione d’affetto dei suoi ammiratori, e caricava le foto su instagram con sentiti ringraziamenti. «mi spogli?» domandò, sporgendo il labbro inferiore all’infuori. Era davvero troppo pigro per esistere, Yale Hilton: dannazione, lo sapeva che avrebbe dovuto comprare («yale, non puoi…non puoi comprare le persone» «forse tu non puoi, penn: watch me») Davide anche sotto le feste!!&& Mannaggia le ferie. Vorrei dire che un tempo l’Hilton non fosse così, ma sarebbe una menzogna: uno dei suoi ricordi migliori dell’adolescenza riguardava una Fergie intenta ad imboccarlo, ed una Shiloh impegnata a fargli i grattini - insieme, certo.
    Avrebbero dovuto conoscerlo meglio da osare scommettere contro di lui: raramente si metteva in gioco, ma quando lo faceva era per vincere. «per favore.» aggiunse accorato, battendo languido le fitte ciglia scure. «e intanto, come ricompensa -» con un sospiro più da novantenne che da giovane nel fior degli anni, si chinò in avanti afferrando una lettera indirizzata a lui dal cumulo sparso (ed erano solo una parte!!) di fronte a sé, strappando la busta con i denti per farsi scivolare sul palmo la pergamena.
    Profumava di vestiti beje. Si schiarì la voce:
    « oh yale, ti guardo e penso a una stella marina
    mimicchio lucente come i tuoi stivali
    dolce e un po’ salato, il cacciavite
    le banane, lo stesso materiale di cui sono fatti i tuoi sogni
    la potenza metaforica del tuo uovo mi fa sobbalzare,
    womo, bello come te,
    compiaci i miei ventilatori animaleschi
    supercalifragilistichespiralidoso, fatti per te con il kwore!»

    che pathos.


    I'ma drink so much that I can't make it home
    yale
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    25.12.2018


    un grz speciale a lele per il collab poesia. tvb fan
     
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    Un paio di giorni prima Shiloh aveva visto un film sulla danza e come le capitava dopo ogni film, si era sentita così ispirata da iscriversi a un corso di yoga. Avrebbe finalmente cambiato la sua vita, incominciando dalla sua pessima forma fisica: non faceva sport da almeno diciannove anni, e sì yoga contava come uno. Inoltre le serviva un hobby che le permettesse di non pensare ai giorni che sarebbero venuti, dalle cene imbarazzanti con Brad e Angelina al fantastiko pranzo dei Parker al quale si era offerta volontaria. Ancora doveva capire cosa fosse peggio, se degli psicopatici o il Pitt che mostrava ai figli le sue nuove creazioni di argilla, plastica e gomma – si vedeva che il divorzio gli aveva fatto male. «senti pa’, hai per caso sentito George?» stava molestando da almeno dieci minuti il padre per sapere il menù del 24, ma dato che per una volta gli aveva telefonato voleva approfittarne per spingere la ship. Così, lei ci provava sempre, li aveva persino inseriti nel suo nuovo libro. Si fermò al semaforo e ne approfittò per darsi un’occhiata nello specchietto, non poteva permettere che quelle suburban moms di yoga la giudicassero: solo Dio poteva « non ancora, come mai?» «mhh niente, volevo sapere se sarebbe venuto a cena» o forse stava cercando di aiutare la ship ad uscire dal porto, il fatto che ci fosse Amal ad ostacolarla non aveva importanza. Conosceva o no un sicario? Skerzu. Ripartì allo scatto del verde, girando a destra come il Saggio Navigatore indicava QUANDO SPUNTò UN’AMBULANZA #paniko «penso di sì? Senti hai mica trov-» «cavolo scusa devo andare, penso di aver investito un bambino» il non era vero (quella volta), ma voleva evitare che il padre le chiedesse della punta dell’albero che aveva /rubato/ l’anno prima. Eh, l’aveva scambiata per la sex tape di Kanye e Taylor fatele causa. Lasciò che furono gli ultimi ad accompagnare i rimanenti minuti del tragitto, e una volta che riuscì a parcheggiare nei pressi della palestra spense la radio. Se fosse in ansia? Ma quando mai, dopo aver presentati i People’s Choice Awards alla tenera età di tre mesi non temeva più niente.
    «BUONGIORNO BITCHES» spalancò le porte della sala come se fosse casa sua, aspettandosi cori di “wow” e “chi è quella gnocca” risuonare affascinati nella stanza. Inutile dirvi che fu accolta da un silenzio tombale. I suoi fans non avrebbero mai reagito in quella maniera, ecco perché era sempre più prona all’idea di fondare una cittadina popolata solamente da loro e dove potesse essere idolatrata.
    Comunque. Quello che si trovò aveva del deprimente: una ragazza dalla parrucca rossa, uno che sembrava avere dai venti ai cinquant’anni e Davide. «DAVIDE???????» lanciò un gridolino (cosa) entusiasta, l’idea di avere un amico al suo fianco durante quella nuova avventura più rassicurante. «pensavo fossi più un tipo da kickboxing» eh vbb, magari era un monaco tibetano in incognito e nessuno se n’era ancora reso conto. «vuoi vedere la mia mossa del delfino?? Sì dai» l’aveva vista su Pinterest, stesso sito dove aveva preso una cintura nera di karate. Ormai era una professionista.

    Era difficile affievolire lo spirito focoso della Abbot, sempre colei che cercava di strappare una risata o che si buttava a capofitto nelle cose, ma quel periodo di festa riusciva sempre a distruggerla. Odiava il Natale e non l’aveva mai nascosto, era stata una tortura da bambina e da qualche anno a quella parte era tornato ad essere il suo incubo. Odiava come i suoi genitori si sforzavano di far finta che tutto andasse bene quando era chiaro che non fossero più una famiglia, e detestava chi chiedeva poco pacatamente quando avrebbe sfornato il primo figlio.
    O peggio, quando lei e Yale si sarebbero sposati. No scusa, nonna, lui è un po’ gay e anche io. Well, bi but gay.
    Uno dei pochi rimedi al Natale era la posta dei fan, i quali o lo odiavano quanto lei o erano così intenti a raccontarle del loro amore per lei che finiva per dimenticarsene.
    «nessun materiale resisterebbe alle acide secrezioni vaginali di quella fabbrica satanica» va bene che aveva qualche volta pensato di scoparsi il genitore di qualcuno, ma pensare alla vagina della Madre™ non rientrava nei suoi holiday plans. «dopo quest’immagine voglio sciacquarmi gli occhi con l’acido» o finirsi tutto lo champagne disponibile ad Amortentia, pensò nello stringere il flute tra le dita. Si avvicinò al lettino dove l’Hilton aveva rovesciato la fanmail, sperava vivamente che non trovasse per la centesima volta un preservativo (usato) con momenti dettagliati dell’esperienza intima del mittente, piuttosto qualche disegno carino. Shiloh amava le opere d’arte che i suoi fenomenali fans le mandavano e non perdeva occasione per mostrare sulle sue stories i più carini con tanto di shoutout, adorava la sua famiglia virtuale e ci teneva a far sapere a tutti quanto fossero apprezzati. Dopotutto, senza di loro non sarebbe stata nessuno. «mi spogli?» «lo sai che non rifiuto mai uno spogliarello» grazie Yeil per spezzare il mood, stava diventando troppo sentimentale per i suoi gusti. Ora, una Shiloh, amica del ragazzo da diversi anni, sicuramente avrebbe capito quello che intendeva con lo spogliarlo – Elisa? Not quite. Vedete, Elisa ha bisogno di istruzioni precise e il concetto di spogliare è davvero ampio, specie con un personaggio come Yale. Cosa intende esattamente? Solo la camicia? I calzini? Una brasiliana????? cosa In breve questa domanda ha davvero mandato in palla la player, e per evitare uno striptease di coppia, eviteremo qualsiasi dettaglio [the show must go on.mp4]. «e intanto, come ricompensa -» la Pitt sapeva che il vero Natale era appena cominciato, con l’apertura del mistiko scrigno della fanmail di Yale, la peggiore di tutte. Mentre i suoi fans erano kinda cute, quelli dell’ereditiere sapevano essere davvero inquietanti e dei poeti mancati, come la magnifica poesia letta le stava dimostrando.
    Eh, che dire «devo dire che la parte dei ventilatori animaleschi era davvero affascinante» avrebbe dovuto ingaggiare questa persona misteriosa per il nuovo disco di sua madre, ne sarebbe uscita una hit. La ragazza si avvicinò al telefono per cambiare canzone, senza offesa per Jbalvin ma insomma, facendo scorrere il dito fino a una fantastika canzone della DPG: British «questo è il futuro, yale» non poté help it, la Abbot, incominciò a muoversi al ritmo della musica con movenze da trapper qualsiasi. Doveva dire che si ritrovava molto delle rime, anche lei flexava dentro il casinò con la gang. «comunque, passiamo al prossimo poeta» si buttò sul lettino, le mani a frugare tra il suo mucchio alla ricerca della lettera con la giusta aura «ciau Scailo, km va? Io bene, vivo la mia vita un miglio di adrenalina alla volta. O smpr soniato un treesam con te e Weil, fossi disponibile? Ed egli? Ti allego una photo x convincimento» e niente dovrei davvero tanto andarmi a preparare SONO IN RITARDO SCUSA ora ci inserirò qualcosa a caso «non so weil, dovremmo accettare? Kinda gross sks, però Kim e Paris ci hanno fatto i soldi. Guarda la foto per me, non voglio sapere» dopotutto era lui l’esperto di dick pics, lei preferiva tenersi alla larga «le massaggiatrici sono morte?» birdbox oblivion vrs.
    25.12 - amortentia
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    1994's - FORMER HUFFLEPUFF - NEUTRAL - WRITER

    shiloh
    abbot
    I know it's everybody sin
    You got to lose to know how to win

     
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    «devo dire che la parte dei ventilatori animaleschi era davvero affascinante» Yale stava ancora osservando la pergamena del Poeta, un guizzo divertito a sollevare un angolo delle labbra. Più la rileggeva, meno aveva senso, e più la amava: non vedeva l’ora di mostrarla ad Harvard – certe perle andavano presentate all’animo degli artisti, e per quanto l’Hilton minore apprezzasse l’arte in ogni sua forma, il talento non aveva certo baciato lui. Sperava che Harvey decidesse di metterla come intro in uno dei suoi porno (sì, sapeva che il fratello si occupava anche di altri film, ma chi volevamo prendere in giro? Le pellicole erotiche erano le preferite di Newhaven – e di tutti i fan del regista): fuckin masterpiece. «“le banane, lo stesso materiale di cui sono fatti i tuoi sogni”» recitò ancora, stringendo il pugno per alzarlo al cielo, prima di scuotere il capo con evidente commozione: roba da D’Annunzio, quella lì. «la proporrò a papi da scrivere sulla prossima linea di mutande» ripiegò il foglio ampliando il sorriso, gli occhi a brillare di una benevole malizia nell’incontrare quelli scuri di Shiloh. Vedete perché amava i suoi fan? Avevano problemi una marcia in più, non come le Belieber, che a Justin lasciavano solo mutande umide di secrezioni vaginali ed assorbenti usati: povero biondino, e lui che ci credeva nella sua Baby. Sospirò fra sé, scivolando più comodamente sul lettino. Quanto ci avrebbe messo ad arrivare la Signora dei Massaggi? Li avrebbe trovati già sbronzi a cantare le Spice Girls incapaci di intendere e volere? Lo scopriremo solo vivendo. Non che quella stanza fosse in qualche modo spiacevole: aveva un profumo intenso e caldo, che l’Hilton già riusciva a percepire sulla propria pelle, e l’asciugamano sotto la schiena era morbido e tiepido, dandogli la sensazione fisica di una carezza. Calciò le scarpe sul pavimento (Shiloh poteva togliergli le mutande senza battere ciglio, ma si rifiutava di privarlo delle scarpe: ah, Penn l’aveva viziato troppo, denudandolo per metterlo a letto ogni volta che lo trovava sfatto sul divano!) piegando poi le gambe – ancora fasciate nei pantaloni – sul lettino, il volto reclinato verso la pila delle lettere. Passò distrattamente le dita sullo stomaco, laddove avrebbe dovuto cominciare una cicatrice che, sapeva, non fosse visibile a causa degli incantesimi di occultamento. Un vizio, il suo – un tenersi ancorato a terra: l’affetto dei fan non doveva, né poteva, fargli dimenticare come fosse giunto a quel punto, e chi invece, per colpa sua, non l’avesse fatto. Uno sguardo più serio, nascosto alla Abbott dietro le fitte ciglia corvine, nel sentire sotto i polpastrelli la pelle rialzata e grinzosa. «comunque, passiamo al prossimo poeta» Rilassò la mano poggiandola sotto la guancia, una smorfia ad arricciare il naso nel notare la fotografia sfuggire dalla lettera appena aperta da Shiloh. Allungò la mano prendendo la pellicola dalle dita della ragazza, entusiasta come un bambino che fosse riuscito a scorgere la slitta di Babbo Natale nel grigio cielo londinese. Beh? Yale amava i nudes. Li trovava esilarati. Si divertiva a collezionarli ed a svolgere scientificamente una selezione dei Top Membri Maschili, radunando l’intera cuginanza per ricevere pareri esterni, dopodichè premiava i migliori inviando loro una copia esatta del loro pene da usare come porta penne: UAU! Non capiva perché individui simili pensassero di poter…boh, stimolare sessualmente qualcuno inviando loro la foto del proprio fallo: cioè, okay? Pur essendo (indubbiamente, e decisamente) gay, non riusciva a comprendere se dovesse trovarli belli o…eccitanti? Insomma, perché avrebbe dovuto. Sarà che Yale era vecchia scuola, preferiva il vedo-non-vedo al vedo-ah-ochei; potendo scegliere, in ogni caso, preferiva provare che guardare, quindi insomma. Trovava divertente lo scambio di foto dopo aver testato l’articolo in vetrina, prima che senso aveva? Cosa si aspettavano facesse di quelle foto, un catalogo?
    …joke on you, lo aveva. Un fantastico album di figurine, ed il suo obiettivo era collezionarli tutti. Aveva anche un –necessario – reparto per il seno: se si guardava quella parte con occhi socchiusi, come non smetteva mai di ricordare, sembrava il registro di un fruttivendolo. «ciau Scailo, km va? Io bene, vivo la mia vita un miglio di adrenalina alla volta. O smpr soniato un treesam con te e Weil, fossi disponibile? Ed egli? Ti allego una photo x convincimento» Classic. Sorrise lusingato agitando una mano nell’aria, osservando infine la fotografia x convincimento - e corrugò le sopracciglia. «ma era un uomo o una donna?» domandò, premendo con i gomiti sul letto per tirarsi leggermente a sedere. Sventolò la foto davanti agli occhi della Abbott, ben attento a spalmargliela direttamente sulla faccia. «perché io vedo solo peli pubici» piegò gli angoli della bocca verso il basso, spostando la pellicola per poter guardare la ragazza. «forse è tipo il gioco “trova waldo”» Massì, il giochino dove nel disegno di una folla bisognava trovare l’omino con la maglia a strisce rosse e bianche! «vuoi giocare?» domandò, soffiando sulla foto così che finisse nuovamente fra le braccia di Shiloh. «mmm non voglio diventare come kim e paris» si lamentò, fiondandosi sulla posta per afferrare una nuova lettera. «ed i threesome non sono divertenti come sembra» commentò distrattamente, passando un dito sul bordo della lettera per aprirla. I menage a trois erano tutta una questione di equilibrio, bisognava trovare i partner giusti – un po’ come a brawl stars, solamente che di rado, nell’ambito sessuale, avere tutte le gemme significava vincere. Ma qui sfondiamo nella fascia protetta, quindi mi limiterò a nel dubbio, se volete una cosa a tre, cercate lele!. «non c’è nessuna proposta per un’orgia? non sono male» si strinse ancora nelle spalle, sospirando melanconico dei bei tempi in cui gli Illuminati organizzavano il Baccanale. Quelli sì che erano anni d’oro. «i dunno, forse non arriveranno mai» rispose, mordendosi il labbro inferiore mentre cercava di trovare un senso al disegno contenuto nella busta. Era una fanart, okay, ma….in che sensoh. Come doveva guardarla? Chi era e cosa stava succedendo.
    Decise di non volerlo sapere, liquidando quel genere di arte alla Abbott – a lei piacevano le fanart, no? «avrei dovuto chiamare fergie» inarcò un sopracciglio, afferrò un’altra lettera. «per farci i massaggi, intendo. almeno lei non ci avrebbe dato buca» blows a kiss in the air per la Salazar, invitata solo per fare la sguattera: ti amo, Fergie, ma è quel che capita quando nasci povera. «aw, una fan fictio- ah, ew, mh» ma perché la gente era così fissata con l’incesto?? C’erano cose che Yale NON VOLEVA LEGGERE: poteva ancora accettare i cugini senza sentirsi male, ma quando si fissavano su Harvard x Yale, si sentiva morire. Amava i suoi fan, sul serio, ma che cAZZO. Non potevano trovarsi dei passatempi sani? Tipo il fortunello della terza lettera: «“friendly reminder che il mondo sta finendo, scopa finchè puoi! – il tuo amico giacobbo”» GOMBLODDO!!! Aspirò fra i denti e coprì la bocca con una mano, sventolando la lettera per farsi aria. «problematic fave. Ogni anno gli chiedo anche l’oroscopo – è più affidabile di paolo volpe, xk lui si basa sulla SCIENZA – ma porcozio mi manda sempre quello dell’anno prima» #gneek. Si abbandonò sul lettino, un braccio sugli occhi e la lettera posata sul ventre. «è un ottimo consiglio, in ogni caso. dovresti seguirlo anche tu» abbassò di pochi centimetri il braccio per poterle lanciare un’occhiata languida, le labbra a curvarsi nell’usuale sorriso ammaliante yale-hilton-tm. «tipo con fergie» tipo. Buttata lì. Battè le ciglia amabile, tornando poi a chiudere gli occhi. «un orgasmo o due farebbe bene ad entrambe» vvb xoxo.
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    Shiloh amava profondamente tutti i suoi fan, le sue creature disagiate e devote, esattamente come Denis Dosio amava le sue piccoline. Lei e il ragazzo avevano così tante cose in comune che era incredibile, anche lei viziava la sua family con i tik tok dove si sfondava di cibo, e li viziava con foto creative del suo ombelico - certo, e poi si andava anche a chiedere perché attirasse un certo tipo di pubblico. «ma era un uomo o una donna?» socchiuse gli occhi per poter studiare meglio la magnifica foto x convincimento che le aveva mandato, anche se più tempo passava a fissarla e più la sua confusione cresceva «sai che non ne ho idea? è una giungla là sotto» ma non lo sapeva la gente che tutti quei peli erano anti aes? Doveva dare loro lezioni su come depilarsi? L’avrebbe fatto, se avesse significato la salvezza dell’umanità da gente del genere - la Abott dopotutto credeva nelle seconde possibilità, anche per le scimmie. «forse è tipo il gioco “trova waldo”, vuoi giocare?» «aaAAHh YALE» saltellò lontano da quell’immagine immonda, più veloce che poteva a pararsi con le mani. Che ne sapeva Weil che non fosse ricoperta di secrezioni vaginali o di altro? Shiloh non ci teneva a prendere la peste, neanche per i suoi amati e perversi fan. Fece per accomodarsi sull’altro lettino, svaccandosi sopra come meglio poteva senza schiacciare troppe lettere, insomma non poteva certo rischiare di tagliarsi. «ed i threesome non sono divertenti come sembra» c’era un motivo se l’Hilton era il suo migliore amico, si trovavano chiaramente sulla stessa lunghezza d’onda. Secondo la ragazza c’erano troppi genitali tra cui scegliere, e conoscendosi sarebbe stata gelosa sé qualcuno non le avesse prestato le giuste attenzioni - non come le orgie, loro portavano sempre gioia con le loro mille manine. «kavolo, sai che mi mancano? a me arrivano gli inviti, se qualche volta vuoi ti porto con me» ma quanto era magnanima? Si meritava davvero tanto il premio come migliore amica dell’anno, rifletté, mentre le dita scivolavano all’orlo del suo maglione per sfilarselo. Rabbrividì quando la pelle venne a contatto con l’aria fredda, domandandosi se le massaggiatrici avrebbero mai fat- oh, non fece in tempo a pensarlo che due donne varcarono la soglia della stanza «scusate, ma avete fatto una sveltina durante tutto questo tempo? fate bene a prendere a cuore le predizioni di giacobbo» la ragazza nel dubbio finì di togliersi gli indumenti senza alcun pudore, tanto Yale l’aveva vista più volte nuda che sua madre. Si sdraiò nuovamente sul lettino, aspettando che la donna incominciasse a lavorare, quando la saliva per poco non le andò di traverso «è un ottimo consiglio, in ogni caso. dovresti seguirlo anche tu, tipo con fergie. un orgasmo o due farebbe bene ad entrambe» «tra tutte le persone al mondo proprio fergie? e poi cosa ti dice che le piaccia la patata? quella vive solo per infilzarci tutti con i tuoi tacchi» where’s the lie tho? Dai Yale fai da psicologo a una Shiloh molto confusa, anche se non lo dà a vedere a bisogno di consigli esperti.
    25.12 - amortentia
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    1994's - FORMER HUFFLEPUFF - NEUTRAL - WRITER

    shiloh
    abbot
    I know it's everybody sin
    You got to lose to know how to win

     
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3 replies since 16/12/2018, 01:38   301 views
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