all the doodah day

role aperta!!&& a caso. in tutti i sensi

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    C’erano giorni in cui essere un Barnaby Jagger, in quel di Bodie, era una tortura: incompreso, attorniato da individui che volevano esorcizzarlo (i bodiotti) o staccargli un braccio per giocare a staffetta (freaks), ignorato o creduto tardo nello sviluppo a causa delle balbuzie, vittima di bulli a cui, se solo ne avesse avuto voglia, avrebbe potuto tritare tutte le dita della mano canticchiando l’hallelujah, ma che grazie alla rinomata pigrizia del Jagger potevano ancora vantare pollici da infilare nelle bretelle xk faceva fiko, e indici con i quali sistemare la coppola.
    Ma c’erano anche giorni in cui:
    «everybody sing this song» che coro angelico, Banana e Shaw Junior.
    Strimpellando sulla chitarra, indicò con un cenno del capo ad un deadpan Pepito di proseguire: «doodah, doodah» Volse gli occhi scuri in direzione di Kentucky, la quale pareva ad un passo da saltare dal palchetto posto in piazza per mangiarsi la faccia del Jagger più bello, e le sorrise invitandola a continuare: «well everybody sing this song» gli occhi ora posati sull’altro reietto di Bodie, ghettizzato a causa della chioma ramata che l’additava come figlio del demonio spoiler: era vero. « all the DooDah day»
    Ecco. Quello era quel che Barnaby Jagger avrebbe definito karma, bitch, perché la vendetta era un piatto che andava servito freddo: costringere il freak show a partecipare all’evento ricreativo dell’oratorio era solo l’inizio di quel che Barbie progettava per loro; avrebbe avuto la sua rivincita su tutti gli arti che, in quei mesi, aveva dovuto farsi ricrescere come una lucertola.
    Era l’8 Dicembre, meglio conosciuto come il Festival del Broccolo, e l’intera (triste. patetica) cittadina era in festa. Gli uomini indossavano copricapi verdi a richiamare l’ortaggio, le donne dei fantastici copri capezzoli piumati (no okay, quello nei suoi sogni, ma sarebbe stato bello.) i bambini giravano per le stradine sterrate della California con dei bastoncini di broccolo filato – tutto bellissimo, se non fosse stato per…beh, Bodie. Era più di un anno ch’era stato esiliato in quel buco di culo americano, ma ancora non riusciva ad abituarsi alla depressione (e non solo economica) che brulicava in città: perfino i colori che avrebbero dovuto essere allegri avevano una nota di morte e decomposizione, quasi neanche a loro fosse permesso essere felici. Se vivevi, o eri anche solo di passaggio, a Bodie, dovevi per forza essere triste – era una legge inalienabile, dettata dal Signore o chi per esso. Come un grande (ma neanche troppo) Dissennatore, succhiava tutta la (già poca) voglia di vivere dei suoi abitanti, per tramutarla in fertilizzante nei campi di barbabietole da zucchero. Faceva freddo, fottutamente freddo, malgrado il sole brillasse pavido (sì, pure lui aveva il terrore di quella landa californiana) nel cielo quasi azzurro (più un…grigio perla sporco, a voler essere onesti) sopra di loro, eppure la gente pareva non farci caso; Floyd doveva davvero smetterla di sbriciolare cocaina nelle baguette che vendeva al popolo.
    «d-d-di n-nuovo» ordinò secco al suo corpo di ballo, sistemando la sedia alla base del palco. Ovviamente si era offerto come assistente della Perpetua per l’oratorio della chiesa: non solo poteva palpare la Simmons (e beccarsi conseguenti gomitate nello stomaco) ad intervalli di mezz’ora, ma aveva anche l’onore di coordinare le voci bianche del catechismo.
    Per puro, fortunatissimo caso aveva scelto i Freaks per mettere in scena (in anticipo di ottant’anni, ma ehi, aveva un mangianastri portentoso ed avanti con i tempi; lunga storia) una specialissima versione di Doodah, accompagnando il loro canto con il dolce suono della propria chitarra. Ah, ma cosa non si faceva per allietare il proprio pubblico! «k-k-kentucky, attacca» quando Sersha fece scivolare una mano sotto la gonna, Barbie sollevò il palmo nella sua direzione: com’erano letterali, i gen Z. «l-l-la c-c-canzone» ci mancava solo che afferrasse il coltellino nascosto nella giarrettiera e si lanciasse in pieno stile tuffatrice della nazionale a tagliare la gola della gente riunita in piazza per festeggiare.
    Non che Barbie avrebbe pianto la loro dipartita, ma insomma.
    «everybody sing this song» ed era il turno di BJ: «DooDah, DooDah» Una veloce occhiata a Banana ed il compare (il primo gli dava molte più soddisfazioni del secondo, per inciso; avrebbe scritto una nota di rimprovero a padre Shaw, magari era la volta buona che gli attaccava un guinzaglio al collo e lo chiudeva in qualche scantinato) (kon affetto xoxo) «well everybody sing this song»
    Ed il suo pezzo preferito, per il suo nanetto preferito: Pepito, scelgo te!
    «all the DooDah day – ueppa»
    Abbandonò la chitarra al petto per applaudire commosso. Lanciò un’occhiata a qualcuno (chi? Vuoi essere tu?) al proprio fianco, sorridendo al palchetto posto al centro della piazza sulla quale, sotto la fascia bianca con su scritto “VENTICINQUESIMO FESTIVAL DEL BROCCOLO”, i Freaks facevano la loro (terribile) porca figura.
    «f-f-fanno d-davvero s-schifo» commentò, sospirando soddisfatto.
    Gli voleva (quasi. quasi) bene così: quand’erano umiliati e infelici.

    Hey you with the broken nose singing DooDah Diggi DooDah No way, my nose ain't broke Just do it anyway
    08.12.1918 | 24 y.o. | healer
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
    barbie jagger

    FATELO PER GLI STAR POINT! OGNI FITTIZIO SI BECCA UN BACIO IN FRONTE DA SARA, VI ASPETTO XOXO
     
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    «non è un po'..troppo?» Oh, sweet child o'mine. Gwendolyn lanciò un'occhiata eloquente a Gemes, seduto di fronte a lei nel cerchio: non era per niente il momento di fermarsi. Sfortunatamente, Rory dopo mesi con loro ad aiutarla al catechismo sembrava non essersi ancora abituata ai loro particolari metodi educativi «se ne son sentiti male solo in tre» Quattro, in realtà, ma Gertrude sveniva anche solo se vedeva un ragno - eh, vedi a crescer in case troppo pulite - quindi non contava. «ricorda il motto: se non sono almeno cinque, non è educativo» E soprattutto non era divertente, ma forse era meglio tenerselo per sè. E poi, non era mica colpa sua se le donne di Bodie si fidavano così ciecamente di lei da lasciarle i figli per praticamente tutta la giornata: non si erano mai assicurate di valutare l'effettiva affidabilità della ragazza, accontentandosi di sapere che i loro bambini si trovavano al sicuro in chiesa piuttosto che a rotolarsi nel fango per le campagne. Cosa che, tra parentesi, la Simmons gli consentiva sempre di fare quando aveva altro di cui occuparsi o semplicemente non aveva voglia di sopportarli per più di dieci minuti. E poi erano i bambini a chieder sempre di raccontare storie dell'orrore, dando la possibilità a gemes e gwen di sbizzarrirsi: all'inizio la Markley aveva imbrogliato chiedendo aiuto a Rory e facendosi raccontare il come fossero morti i fantasmi nelle vicinanze, ma era rimasta delusa nello scoprire che i morti a Bodie erano noiosi quanto i vivi, e nessuno di loro era morto in maniera così eclatante da diventare una storia degna di esser raccontata a lume di candela nei sotterranei della chiesa. Così, la ragazza aveva semplicemente iniziato a inventarsi le storie da sé, prendendo liberamente spunto dalle leggende popolari e romanzate che spesso le vecchie del coro le raccontavano tra una prova e l'altra. «a te, simmons, anche se dubito che riuscirai a battermi questa volta» Afferrò il lume dalla mano di gemes, guardandolo in cagnesco - e per fortuna non c'era la luna piena quella notte, altrimenti dio satana solo poteva sapere che fine avrebbero fatto i presenti in quella stanza. «grazie al ca..» bambini, gwen. Quando voleva, sapeva avere un certo contegno «..vallo di Miles, ti sei preso tutti i più suscettibili» Se facevano veramente a gara a chi riusciva a terrorizzare più bambini? Sì. Fate pure loro causa, non c'erano molti altri divertimenti lì nel far west, e ognuno di loro si era adattato secondo le sue capacità: c'era chi spacciava barbabietole, chi segava a metà barbie persone, chi rimetteva a posto macchine d'epoca e chi aveva scoperto un inaspettata passione per gli equini. Lei e padre shaw avevano la chiesa, e pur rendendola ogni giorno il posto meno accogliente del mondo, la gente continuava ad andarci come se nulla fosse. Assurdo. Riaccese la candela e se la posizionò sotto il mento, così da attirare l'attenzione di tutti i presenti «allora...tutti voi siete emozionati per la festa del broccolo di domani, vero?» gwendolyn la conosceva solamente perché barbie si era offerto di guidare il coro dei freaks davanti a tutta la piazza, e la ragazza gli aveva a malincuore ceduto l'onore. I bambini iniziarono ad annuire tutti insieme, l'emozione evidente nei loro occhi, e fu lì che la Markley capì di avere la vittoria in pugno: sarebbe riuscita a batter Gemes rovinando una delle feste che avevano più a cuore. «male, perché non dovreste esserlo» E vide chiaramente la confusione nei loro occhi: a volte si sentiva quasi in colpa, ma poi si ricordava che, in caso avesse causato loro traumi gravi, avrebbe sempre potuto cancellargli la memoria e farli tornare normali. «la conoscete la storia della signora Mousey? » No? Beh, nemmeno lei. Ma improvvisare era una delle sue doti migliori #cos E così iniziò a raccontar loro di come i signori Mousey, una delle famiglie più ricche di Bodie, vivevano felici e senza problemi con i loro sei figli nella grande dimora che adesso apparteneva alla signora Monteiro. Di come, dopo la morte del signor Mousey in guerra, la famiglia era caduta in disgrazia e la vedova non era riuscita a provvedere al sostentamento dei bambini, essendo costretta a vederli morire tra le sue braccia uno dopo l'altro. Di come, presa dalla disperazione, aveva iniziato ad intrufolarsi di notte nelle case e rapire altri neonati, nella delirante speranza di poter sostituire i propri figli. E di come, dopo averne raccolti ben ventiquattro, i cittadini del paese si erano resi conto che fosse lei la responsabile e in massa si erano recati davanti alle porte della sua dimora, con tanto di forconi e torce. Di come infine, consapevole di esser condannata, pur di non darla vinta ai bodiotti, in preda alla pazzia la signora aveva ucciso tutti i bambini e li aveva seppelliti nel suo giardino, per poi consegnarsi al popolo. «sapete cosa nacque mesi dopo, in quel giardino? Broccoli. Quindi domani divertitevi, ma ricordatevi sempre che state festeggiando la morte di ventiquattro bambini persino più piccoli di voi» Soddisfatta si guardò intorno, compiaciuta di veder il risultato della sua storia. «non ha alcun senso» Poco importava: ne aveva fatti fuori ben cinque: due erano scappati ancor prima di darle la possibilità di finire, uno era svenuto ed un altra era andata in un angolo a vomitare quindi..«ho vinto io, padre»
    La festa del broccolo era appena diventata la sua nuova festività preferita.

    Fu più forte di lei: per fortuna gli abiti d'epoca sembravano tutti esser dotati di fazzolettino in stoffa abbinato, con tanto di iniziali, e così la ragazza estrasse il proprio dalla tasca e si tamponò gli occhi. Erano così belli, e la Markley se ne stava lì come la proud mama che era ad osservarli: se la sera prima non avesse preferito passar tutto il suo tempo a traumatizzare bambini, probabilmente avrebbe potuto impiegare il suo tempo a preparare dei cartelloni con su scritto cose come "GO FREAKS!!!" da alzare in aria durante la loro esibizione. Ricambiò il sorriso di Barbie, contenta di avergli lasciato l'onore di guidarli in quella giornata così importante: aveva fatto del suo peggio, ed i ragazzi «f-f-fanno d-davvero s-schifo» Nulla da controbattere, in alcuni punti erano stati quasi più stonati di lei. Era così fiera di loro, Gwendolyn «gli voglio così tanto bene» Un giorno, quando avrebbero avuto la loro grande occasione esibendosi su un palco decisamente più grande di quello di Bodie, magari in una fiera di città (!!!), Gwen avrebbe potuto piangere tra il pubblico ed urlare «IO C'ERO FIN DALL'INIZIO!! DA QUANDO SI ESIBIVANO A BODIE!!!!» mostrando al mondo intero il suo amore per i suoi mini psicopatici preferiti al mondo (-1, CIAO BARRY)
    My drug of choice is
    the love I get from Jesus.
    Just kidding,
    it's weed
    21.11.1918 | church’s girl | 19 y/o
    daughter of satan
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    mariel simmons
    gwendolyn markley


    07. raccontare una storia dell'orrore tenendo una candela ad illuminare il viso dal basso.
    (post davvero inutile, ma tutto fa star point -cit
     
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    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
    Si era introdotto all’interno dell’unico locale di Bodie entrando dalla porta sul retro (che il proprietario dimenticava sempre di chiudere a chiave) approfittando del fatto che, essendo il giorno antecedente al Grande Evento dell’anno, fosse vuoto. Malgrado non fosse il suo lavoro, Mckenzie si era prodigato per ripulire quel letamaio, incapace di accettare il disordine e la sporcizia; il proprietario credeva fosse Dio ad occuparsi della manutenzione del suo bar, e Mac era troppo Mac per distruggere i suoi sogni ammettendo d’esserne l’artefice. Non gli interessava, in ogni caso, ricevere ringraziamenti o elogi: non lo faceva per quello. Con il viso sporco di polvere ed i bruni capelli scompigliati, ascoltò il proprio battito echeggiare da una parete all’altra della stanza, chiudendo dolentemente gli occhi a quel rito compiuto oramai ogni notte. Le altre volte, però, non poteva permettersi di fare quel che realmente agognava di fare, timoroso di svegliare qualche contadino con il sonno leggero – ma di giorno? Nessuno avrebbe potuto udirlo. Sentì il cuore tachicardico nello sterno, mentre gli occhi chiari si posavano sull’oggetto di tale pena e bisogno. Pochi passi, lenti e misurati, lo trascinarono verso lo strumento - la schiena dritta e le orecchie ben aperte pronte a cogliere qualunque segnale che la cittadella non fosse poi così occupata con i preparativi per la festa del Broccolo oramai imminente. Non voleva essere scoperto, Mac.
    Era il suo segreto. Sedette sulla desolata panca adiacente al pianoforte, le dita ad indugiare sopra i tasti. Non suonava da più di un anno; si domandò, distratto e metodico, se ne fosse ancora in grado, ed esitando premette il pollice sulla tastiera. La nota parve rimbalzargli in ogni osso ed ogni muscolo, le palpebre a serrarsi e la gola a stringersi mentre il Sol si dissipava nell’aria. Non si era reso conto di quanto gli mancasse suonare, fino a quel momento. Suonare, per Mckenzie, non aveva mai riguardato un passatempo, o una passione, né un modo per dimostrare a se stesso e gli altri di poter essere effettivamente bravo in qualcosa: si trattava di esprimersi, di abbandonare parole e gesti che venivano troppo spesso fraintesi e distorti lasciando che fosse la musica ad agire per lui; si trattava di perdersi e, per una volta, non voler essere trovato. Si trattava di non essere, di escludersi da un mondo che l’aveva sempre escluso a sua volta. Si trattava di ricordi di una vita diversa, che l’Hale voleva ancora credere fosse possibile malgrado tutto, di quel periodo, fosse stato sporcato da sangue e male lingue: perché ricordava come avesse sentito di appartenere a qualcosa, di poter essere se stesso, quando le dita di Joseph, premendo sulle note, avevano sfiorato delicatamente le sue, scaldando una pelle che non s’era accorto fosse gelida fino a quando non l’aveva sentita scaldarsi. Ingoiò ancora saliva e bile facendo scorrere i polpastrelli sui tasti, lasciando che il gesto dolorosamente familiare calmasse il respiro ed il battito. Non sapeva per quanto tempo fosse rimasto lì, lasciando che le mani tornassero alla loro armonica familiarità con lo strumento, prima che un rumore di passi lo facesse sobbalzare sulla panca. Sentì le guance avvampare, colpevole - anche se, invero, non avesse nulla di cui vergognarsi. «non sapevo sapessi suonare» Avrebbe potuto mentire, Mac; avrebbe potuto abbassare lo sguardo evitando quello altrui, scuotersi nelle spalle e dire che non lo sapesse fare, ma non voleva mentire su qualcosa che per lui significava così tanto. Si risolse nello scuotere mesto le spalle, spalmando sulle labbra un sorriso gentile. «suono da quand’ero piccolo» ammise, cercando di vincere la timidezza ma non propriamente in grado d’incontrare gli occhi verdi del ragazzo. Da quando Logan…Darden, gli aveva detto che tutti loro provenissero da un altro tempo, un’altra vita, Mackenzie Hale aveva perso la confidenza ch’era riuscito ad instaurare nei mesi di convivenza fianco a fianco con loro: perché erano troppo diversi, perché erano troppo distanti.
    E perché se ne sarebbero andati, senza più tornare.
    «ma non…non lo faccio da molto tempo» Costringendo i muscoli del viso a collaborare, Mac sollevò lo sguardo su CJ, il quale – per suo sollievo – non stava guardando lui, ma il pianoforte. «perché?» Di nuovo, avrebbe potuto mentire. Avrebbe potuto, ed in quel momento – sentendo la gola stringersi - desiderava farlo.
    Ma non l’avrebbe fatto. Lo sapeva, non l’avrebbe fatto. Non riusciva a guardare quelle iridi verde smeraldo senza sentirsi in soggezione; non riusciva a ricambiare l’onestà di quel crudo, e mai troppo piacevole, sguardo, con menzogne. «non mi sento a mio agio» se fece caso alla voce soffocata dell’Hale, CJ non lo diede a vedere. «perché?» C’era qualcosa di inquietantemente familiare in quel continuo incalzare del diciottenne, ma Mckenzie era troppo terrorizzato per capire cosa fosse; non capiva neanche, il sedicenne, perché volesse – volesse! – rispondere. Forse perché l’altro gli stava dando la possibilità di farlo; forse perché essere invisibile, dopo anni, diventava stancante. «è complicato» non riuscì ad interpretare il mezzo sorriso dell’altro, o il modo in cui le palpebre, seppur lievemente, si assottigliarono. CJ inarcò un sopracciglio nella sua direzione, le braccia incrociate sul petto. «se non lo fosse, non sarebbe divertente» Mac ricambiò l’occhiata piegando lievemente gli angoli delle labbra verso il basso: avrebbe voluto contraddirlo, ma non aveva abbastanza coraggio per farlo.
    Non l’aveva mai avuto.
    «che ne dici se facciamo un patto?»

    Da /dietro le quinte/, ossia sotto al palco, osservò Barnaby Jagger e Mariel Sim-…Gwendolyn battere furiosamente le mani verso il coro composto dai suoi compagni. Sinceramente, seppur con tutto l’affetto possibile, non l’aveva trovato proprio uno spettacolo da standing ovation, ma rivolse comunque un gentile sorriso a tutti. Strinse le labbra fra i denti, agitato all’idea di essere il prossimo – ma perché, perché l’aveva fatto? Rimpiangeva tutto. CJ saltò giù dal palco con un brillante, e decisamente non amichevole, ghigno stampato sulla bocca. «sei pronto?» gli indicò di prendere posto sulla panca del pianoforte.
    Mckenzie Hale decise che una domanda simile, meritasse la verità: «no.»

    I just can't understand it is anyone from my planet? -----------
    mckenzie
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    Non capiva perché Barnabeo ancora credesse che una performance del genere minasse la dignità del Knowles: quanti arti doveva ancora lasciarsi alle spalle, letteralmente, prima di far comprendere al buon Jagger di non averne? Se ne fotteva di quel che i Bodiotti potevano, o meno, pensare di lui. Prima d’imbarazzarsi, avrebbe dovuto sbattersene un cazzo di qualcosa – cosa che, per inciso, ovviamente non faceva. Ad essere del tutto onesti, l’unica cosa che rimpiangeva di quello spettacolo era che non vi fossero videocamere a riprendere Joey e Sersha, e che Houdini non fosse stata ammessa sul palco perché avrebbe potuto intimidire gli spettatori: non conoscevano l’arte, in quel di Bodie.
    Rivolse un inquietante, e mellifluo, sorriso al Jagger, chinandosi per accogliere le acclamazioni sue e di Gwen. Il fatto che cantare all the doodah day, classico tormentone da ritardati, non l’avesse messo in imbarazzo, non significava che Barbie non avrebbe pagato il suo pegno in carne e sangue, per quell’affronto: significava solo che, segandogli le braccia per usarle come appendi abiti, avrebbe avuto una fantastica musichetta da fischiettare fra i denti. Lasciò che quell’immagine, cristallina dietro le palpebre abbassate, emergesse dalla smorfia della bocca, prima di puntare il minaccioso peso delle iridi verdi sul falegname. Pensava di essere l’unico ad avere una fantasmagorika sorpresa per i Bodiotti? Oh, boi, quanto l’aveva sottovalutato.
    Saltò giù dal palco volgendo un ampio, e non troppo rassicurante, sorriso a Mckenzie Hale. Se il ragazzino non avesse avuto di suo un’espressione perennemente terrorizzata, il Knowles l’avrebbe spaventato almeno un po’ cingendogli amichevole le spalle con un braccio – ma se l’avesse fatto in quel momento, era piuttosto certo che il suo pianista di fiducia sarebbe svenuto, annullando così la loro studiata esibizione. Studiata, meh; non era certo quanto l’Hale avesse potuto imparare, in meno di ventiquattro ore, a suonare lo spartito che il Knowles aveva redatto per lui, ma decise di dargli un - rarissimo - bonus fiducia. «sei pronto?» Mac parve sul ciglio di un infarto, cosa che spinse gli angoli delle labbra di CJ a sollevarsi maggiormente verso l’alto: «no». Malgrado la risposta, il ragazzino prese posto sulla panca di fronte al pianoforte.
    Il prefetto dei Tassorosso si concesse trenta secondi di ammirazione nei confronti dell’Hale: sapeva quanto fosse terrorizzato; sapeva che, se aveva infine deciso di suonare alla mitika festa del Broccolo, era solo per non deluderlo, e perché avevano fatto un patto. Quando CJ gliel’aveva proposto, sedendosi leggero sulla panca al suo fianco, Mac avrebbe potuto dirgli di no.
    Ma non l’aveva fatto.
    «bravo ragazzo» gli rivolse un sorriso sghembo e più sincero, dandogli una pacca sulla spalla – non troppo gentile - che strappò a Mckenzie un involontario verso di gola. Beh, non poteva mostrarsi troppo carino, non voleva dargli un’impressione sbagliata: non erano amici, e dubitava lo sarebbero mai stati.
    Il fatto che il Knowles avesse avanzato quella proposta solo per far uscire il ragazzino dal suo guscio di timidezza, non significava nulla – anche perché sarebbe morto, CJ, prima di ammetterlo. Era stato tentato, nell’immacolato locale di Bodie, di offrirgli sostegno emotivo; di fargli un discorso sincero ed onesto riguardo a quanto poco avrebbe dovuto fottersene di quello che pensavano gli altri, che se amava fare qualcosa, aveva tutto il fottuto diritto di farla, ma sapendo quanto poco le proprie parole venissero prese in considerazione da quegli ingrati figli di mignotta che si trovava sempre fra le palle, aveva preferito passare ai fatti.
    Un accordo.
    E tutti, come narrava la favola, vissero tutti felici e contenti.
    Si schiarì la voce alzando un braccio per attirare l’attenzione generale, le guance di Mac arrossate dall’afflusso improvviso di sangue. Gli indicò d’iniziare a suonare con un solenne cenno del capo.
    Pareva quasi melodica, quasi poetica, la canzone suonata dalle dita dell’Hale. Sarebbe rimasta una musica dolce ed armoniosa, del tutto piacevole ed innocente!, se CJ non avesse iniziato a cantare.
    «coglimi,» iniziò, portando una mano al petto. «frutto fresco tuo sarò» ignorò l’occhiata di Mac, al quale non aveva mostrato il testo di Malgioglio, avanzando invece verso il suo pubblico (quale). «mangiami…» continuò melodico, reprimendo il sorriso sulle labbra in favore di un’espressione austera e formale. «fino a che ti sazierò. SCIOGLIMIII è un veleno dooolce il mio.» Umettò le labbra ed alzò lo sguardo verso la Kavinsky, offrendole l’occhiolino che quella canzone meritava, ma non quello di cui aveva bisogno (semi cit.) «E SE TI BASTA UN'ORA» si, aveva fatto degli arrangiamenti – non era mica lì per fare tutta la macedonia. Puntò l’indice verso Sandy, consapevole che lui fra tutti, lui fra tutti!, l’avrebbe seguito: «SBUCCIAMIIII» si chinò per raccogliere un broccolo lanciato dai fan, strappandolo a metà come un vero stripper avrebbe fatto con i propri abiti. «e la tua bocca addolciròòòòòòòòòòò» lanciò i coriandoli di broccolo agli ammiratori, concludendo l’esibizione con un bacio soffiato alle groupie (sandy).
    «mic drop».

    I’ve seen the devil, I’ve shaken his hand I’ve seen the evil that dwells in a man For all of my wisdom, I can’t understand -------
    hufflepuff | 18 y.o. | anarchist
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    Sapete cosa era capace di stimolare la creatività di Kentucky? La morte e il fetore della decomposizione, ragione per cui il cimitero era diventato il suo rifugio quando aveva bisogno di stare sola. Nessuno era into passare il proprio tempo libero con i morti, il che le lasciava la pace necessaria per sventrare qualche bodiotto, borbottare quanto odiasse tutto come fenomenale coping mechanism e scrivere canzoni.
    Sì, come una ragazzina qualunque in un film Disney.
    C’era una sostanziale differenza tra lei e una white kid dei poveri, a differenza sua la bionda non scriveva canzoni sull’amicizia e di quanto l’amore la rendesse felice: il solo pensiero le faceva accapponare la pelle, quasi poteva sentire un conato di vomito salire in gola. No, Sersha puntava più sul malessere interiore e di quanto la società fosse fucked up, e non avendo più Twitter era l’unico posto dove potesse rompere i coglioni. Neanche i Freaks sapevano di quell’hobby, probabilmente perché non era una grande fan dell’oversharing, ma neanche dello sharing in generale. «cosa ne pensi dell’ultimo verso, jerry?» si voltò verso la tomba al suo fianco, indicando con l’indice la parte a cui si stava riferendo. Se sperava in un intervento del cadavere? Abbastanza, avrebbe accettato idee persino dagli spiriti attorno a lei. Certo che credeva che vi fossero degli spiriti, del tipo che non si potevano vedere ma solo percepire, aveva vista troppa merda strana per non crederci. Fun fact: qualche volta partecipava anche alle sedute spiritiche di zio Arci. «troppo superficiale? Vaffanculo, davvero» non le interessava, era convinta che non fosse il massimo ma non accettava critiche da quel principiante11!!!11! Only God could judge her (cosa?) (cosa). Si vedeva che era stata a Bodie per troppo tempo, non frequentava neanche più le sue solite sette sataniche.
    Alzò per un breve momento lo sguardo verso il cielo, accorgendosi che fosse già troppo tardi per la Festa del Broccolo. E sì, non avendo un orologio aveva imparato a leggere le grandi lancette del sole. Cacciò alla meglio le cose nella sacca, iniziando a correre in direzione del paese, fanculo Barbie e il suo coro del Broccolo.

    Com’era prevedibile che fosse, Sersha stava rimpiangendo di essere nata. L’aveva desiderato così tante volte negli ultimi diciotto anni che magari si sarebbe avverato un giorno, mettendo fine a tutte le sue sofferenze. Anche se per il momento si concentrava sul porre fine a quelle degli altri, primi fra tutti il Jagger e la Simmons. Nell’osservarli dall’alto del palco di legno riusciva a immaginare il sangue scorrere dai tagli sulla pelle, o magari avrebbe potuto cavare i loro occhi fuori. Si era persino costruita una coppola con i rasoi apposta, e sì era una fan dei Peaky Blinders fatele causa – da quando Barbie gliene aveva parlato, si era innamorata (ciao John) (fan numero 1). «k-k-kentucky, attacca» la mano della bionda scattò sotto la gonna, le dita a stringersi sul coltello come quelle di un soldato. Spostò gli occhi sulla folla in cerca della vacca sacrificale quando «l-l-la c-c-canzone» «che palle» borbottò delusa, e lei che sperava di potersi divertire. Attaccò con quella maledetta canzone, percependo l’istinto omicida crescere a ogni nota: gliel’avrebbe fatta pagare, il Jagger aveva da guardarsi le spalle.
    Sapete quale fu il vero pezzo forte? Il classico di Natale Sbucciami by Malgioglio. Poteva vedere in CJ e nel cantante qualche somiglianza, come il ciuffo sbarazzino in testa e le perle di saggezza che avevano dispensato al GF. Persino nell’Hale aveva notato delle similarità, chissà quali11!!1!1 «mi è venuta voglia di banana» si scambiò uno sguardo con Joey, lui si che poteva capirla, anche se non era lontanamente ninfomane come la bionda. Peccato, si perdeva la parte più divertente. «non possiamo cantare like a virgin, vero?» si rivolse al resto dei Freaks, ovviamente riferendosi alla versione di Sister Cristina.
    Everybody thinks that I'm crazy
    I don't care, I'm not listenin'
    I'm a freak, it's fucking amazing
    So come be free, be a freak like me
    slytherin | 2000 | freak show
    08.12.1918
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
    kentucky jagger
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    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
    «gli voglio così tanto bene» Fra le tante cose che Barbie pensava dei Freaks, in quel giorno come in ogni altro della sua vita, quella era presumibilmente una delle meno probabili, ma in quel momento era così fiero dei ragazzini psicopatici piovuti a Bodie, che potè perfino trovarsi d’accordo con la Perpetua nel voler loro bene. Le sorrise arcuando entrambe le sopracciglia, ignorando le occhiatacce ricevute dai fanciulli sul palco – se avesse dato loro importanza, avrebbero creduto di averne: a Barnaby Jagger, invece, delle loro turbe mentali e gli istinti omicida, non poteva fottere una sega di meno. – continuando impassibile a battere le mani come un padre alla recita dei propri figli speciali. «p-p-poesia» balbettò, ampliando la smorfia divertita in direzione del pelato paladino della giustizia appena saltato giù dalla piattaforma rialzata, un pollice sollevato con ammirazione verso di lui. Corrugò la fronte quando lo vide avvicinarsi infausto a Mckenzie, ma mai – neanche nei suoi sogni più bagnati – avrebbe immaginato cosa sarebbe accaduto di lì a poco.
    Anche perché la sua attenzione, era stata irrimediabilmente attratta da altro. Si spostò di un passo laterale, il capo reclinato sulla spalla e gli occhi scuri intenti a seguire la figura impegnata a sgattaiolare da una delle finestre. Ovviamente non erano cazzi suoi, ma ciò non significava che non fosse interessato – anzi: per quanto fosse un vivi e lascia vivere, amava, da sempre, i drama altrui. Non giudicava, troppo sbattimento, ma essere informato sui fatti era l’unica forma d’intrattenimento permessa in quel buco di culo della California. L’espressione stupita di Barbie si trasformò in sincera, pura confusione, nel riconoscere il profilo del ragazzo che, con poca eleganza, rotolava dall’abitazione scivolando nei cespugli vicini per cercare, fallendo, di nascondersi. Lo pedinò per puro principio d’onniscienza, lanciandosi un’occhiata alle spalle per assicurarsi che nessuno stesse seguendo il suo esempio (tipo Sersha, fatti i cazzi tuoi: odiava quando sapeva già le newz di Bodie, anche perchè malgrado gli impassibili “lo so” con cui rispondeva alle sue fantastike storie sulla fauna del luogo, il Jagger si sentiva in obbligo morale di concludere comunque le narrazioni – quindi insomma, se non ne era a conoscenza, tanto meglio per entrambi.) e, trovandolo alle fronde di un albero, si affacciò oltre il tronco in maniera non poco inquietante. «wellington» esordì, poggiando una spalla alla corteccia ed incrociando le braccia sul petto, ricevendo in risposta uno degli strilli che, solitamente, gli donavano le fanciulle quando scoprivano che il fiume dove si lavavano d’estate, non era poi così solitario come avevano immaginato. «c-c-cosa…» «sHhHhHhhh» osservò critico la mano di Cameron stampata sulla propria bocca, lasciandosi spingere oltre l’albero per togliersi dalla strada. Picchiettò sul dorso perché levasse quella roba dalle sue labbra prima che decidesse di tornare dodicenne, e leccargli il palmo, corrugando le sopracciglia nel notare la sua mise.
    Ossia non mise: nulla di diverso dal solito, ecco; sempre bello sapere che certe cose non cambiavano mai. Quando lo incontrava vestito, faticava a riconoscerlo. «è r-r-rossetto?» allungò l’indice verso una macchia rossa sul collo del diciassettenne, il quale frenetico cercò di cancellarne le tracce. Barbie battè le palpebre, lo sguardo a rimbalzare dallo stropicciato ragazzotto di fronte a sé, alla casa dalla quale era appena fuggito. «ma lì n-n-non abita la s-s-signora…» «ziTTO» furono i grandi occhi supplicanti di Cameron Wellington ad impedire a Barbie di continuare la frase, giusto mentre la donna, sorridente ed appagata, usciva di casa per unirsi ai festeggiamenti. Un sorriso di scherno prese lentamente forma sulla bocca del Jagger, le sopracciglia a schizzare verso l’alto. «non è come sembra» il falegname chinò il capo verso le banconote verdi che Cameron faticava ad infilare nelle tasche dei pantaloni, senza preoccuparsi a distogliere lo sguardo malgrado l’evidente disagio dell’altro. «…forse un pochino.» ammise colpevole, divenendo di un adorabile rosa pastello.
    Non sapeva davvero cosa fosse più esilarante. «c-c-cameron wellington!» Gli diede una pacca sulle spalle al quale l’altro, delicato come un fringuello, rispose con un verso soffocato. L’altro abbozzò un sorriso che, date le circostanze (e dato il soggetto in questione) poteva significare solo una cosa: non aveva capito il tono pregno di trionfo né la pacca sulle spalle, ma apprezzava comunque a prescindere. «qualcuno ti ha visto venire qui? Insomma -» Cam indicò lo spazio fra loro con aria mortificata, gli occhi ad abbassarsi sulle proprie mani. Barbie alzò gli occhi al cielo alzando diplomatico il medio verso di lui, evitando – per il bene di entrambi – di rispondere a quella domanda. Non gli scazzava particolarmente che un adolescente si vergognasse a farsi vedere dai suoi amiki in sua compagnia (ci aveva fatto l’abitudine oramai), a fargli girare il cazzo era il fatto ch’egli si sentisse in dovere di essere in imbarazzo. Cioè, amico, fuori le palle (non letteralmente, sempre meglio specificare). Barbie conosceva il ragazzino da quando, un anno e mezzo prima, era piombato nelle desolanti terre della California. Una storia molto interessante: era un giorno come cento altri, e Barbie stava poco allegramente fischiettando Madonna fra i dorati campi di grano di Bodie; il continuo gridare di un uomo stava rovinando il ritornello di Papa don’t Preach, quindi, per farlo tacere, Barbie gli aveva dato un gentile colpo in testa con il proprio bastone da passeggio. Più volte, just in case. Solo dopo si era reso conto che l’uomo non fosse da solo.
    E questa è la breve storia di come Barnaby Jagger avesse ucciso Wellington Sr, il quale – come un po’ tutti gli uomini di quella zona rurale – usava il primogenito come punch ball. Dopo aver conosciuto Cameron, non poteva biasimarlo.
    No skè, poteva. Cameron Wellington si era rivelato essere un caso umano non da poco, e Barbie, sin da subito, gli aveva quasi voluto bene: aiutava mamma con la fattoria di famiglia lavorando venti ore al giorno, e le restante quattro le impiegava a spogliarsi ed ammiccare alle fanciulle. Aveva visto più volte ragazzine (ma chi vogliamo prendere in giro? anche ragazzini) sventolarsi e perdere i sensi incolpando il bollente sole della California. Tutto ciò, ovviamente, a dir di Barbie non gli faceva onore, e non erano i sopracitati i motivi che lo spingevano a non volerlo mutilare come invece accadeva con il resto dei gen z – no: era il fatto che fosse stupido come una scarpa a fare perno sull’umanità del Jagger, assieme al fatto che, per quanto avesse la reputazione di vippino della valle con il solo interesse a denudarsi, scrivesse poesie.
    Giuro. Poesie. Un po’ come Ornella, ennesima anima che al Jagger ispirava tenerezza quanto sdegnato fascino – creature aliene. Poemi illetterati, dei brevi sgorbi pieni di errori, ma ricchi di sentimento. Ora: una persona normale l’avrebbe trovato un tratto carino, nulla per cui percularlo, ma il Jagger lo trovava solo divertente, soprattutto considerando che davanti ai suoi amici, Cam non ammetteva neanche di saper leggere. Aveva l’animo romantico di una dodicenne che, costretta ad un matrimonio combinato, ancora s’illudeva che lo sposo potesse essere il Principe Azzurro, e non il vecchio bavoso che la attendeva all’altare. Gli sfuggivano le basilari regole grammaticali, ma ehi! – almeno ci provava. «okay, okay» Cameron passò le dita fra i capelli bruni, sollevando tristi occhi castani nella sua direzione. «è che ho una reputazione, no?» di nuovo, Barbie si rifiutò di rispondere, preferendo invece alzare lo sguardo al cielo ed inviare una muta supplica ai Grigi perché tornassero a prenderselo – dovevano averlo smollato lì in uno dei loro viaggi. «m-m-ma chi t-ti si incula» e va bene, non era riuscito a trattenersi del tutto – ma insomma, qualcuno doveva dirglielo. «in che senso? Non sono – io -» Barbie sbuffò, un palmo alzato verso di lui. «nel s-s-senso, chi ti c-c-calcola» Vide lo sguardo i Cam perdersi nell’orizzonte, e soffrì fisicamente nell’immaginare lo sforzo sovrumano degli ingranaggi dentro la testa mora, tanto da sentirsi costretto ad andargli incontro: «l-l-lascia perdere.». Era già bello e (poco) dannato, non poteva essere anche furbo. Ancora si domandava come fosse sopravvissuto fra i suoi coetanei senza prendersi botte dal mattino alla sera.
    La sua conclusione era che anche loro avessero un debole per i pettorali del Wellington – altrimenti non si spiegava. Ai suoi tempi, gente come Cam, veniva affogata quotidianamente, invece quello pareva in salute come un Broccolo a dicembre.
    Ed in tutto ciò, il fanciullo si prostituiva. Bellissimo, amava le baldracche! Con affetto, s’intendeva. «sai come funziona» In realtà no, ma dato che non gli importava, non insistette per scoprirlo. Fece spallucce, a cui l’altro rispose con un sorriso sollevato. «sei un vero amiko, barnaby» Non appena lo vide allargare le braccia, arricciò il naso cercando di indietreggiare di un passo. «n-non è n-n-necessa- eeeeeee m-mi s-stai abbracciando» Si irrigidì istintivamente, dandogli qualche pacca sulla schiena per rincuorarlo. Sperava tremasse di freddo e non di emozione – ma non sarebbe stata la prima volta: se in pubblico era tutte strette di mano da macho, in privato si mostrava per il bisognoso di attenzioni e coccole che era. Un cucciolo di cane, sostanzialmente. «okay b-b-bello, senti, d-devo p-p-proprio andare, l-la p-p-perpetua mi cerca» nominare la serva del signore diede l’effetto voluto: venne lasciato immediatamente quasi l’avesse ustionato al tocco, ed il comprensivo sguardo del Wellington andò all’anello con il Padre Nostro che legava la sua peculiare squad di amiketti.
    Brividi, lo so. «gran donna, la signorina simmons» Rise isterico al tono ossequioso del ragazzotto, dandogli un’altra poderosa – e quella volta, poco gentile – sulla schiena. Era troppo cretino per essere vero; come potesse la gente di Bodie non essersi accorta che prete & co fossero farlocchi come le borse vendute nei porti, ancora non se lo spiegava. Cioè, c’era gente (Cameron) che andava a confessarsi da Gemes Hamilton.
    Ma cosa gli diceva il cervello. «s-s-sicuro, beh, c-c-ciao» portò la mano alla fronte nell’imitazione di un saluto militare, sperando davvero che I mini Jagger (per quanto curiosi come le merde) non fossero a conoscenza della prostituzione giovanile di Cam – ah, non vedeva l’ora di partire in spedizione per scoprire le clienti! Quasi tornò indietro per sapere se avesse mai avuto incontri intimi con Ornella, ma dagli scritti della donna, ne dubitava – a meno che Cameron non nascondesse una pannocchia dentro le mutande, anziché un pene: non si sapeva mai, eh.
    Chi era lui per giudicare.
    Tornò in piazza in tempo per godersi il finale dell’esibizione di CJ e Mac, provando un moto di pena e vicinanza spirituale per la voglia di morire stampata sulla faccia del secondo. Non poteva davvero biasimarlo. Stava ancora applaudendo quando, da una strada diversa da quella che aveva appena percorso il Jagger, apparve Cameron Wellington, il quale lo ignorò con la grazia di un aristocratico dai poveri costumi.
    Adolescenti.
    Purtroppo, era ancora abbastanza vicino da udire la domanda posta dal ragazzo al pubblico, con tanto di confuse sopracciglia corrugate: «in che senso sbucciami? non ha mica la buccia: quello sì che sarebbe strano.»
    Oh boi.
    I bless the rains
    down in Africa
    barbie j.
    + cam wellington
    24 y.o. / 17 y.o.
    healer / wizzy
    dumb as fuck


    barbie non fa assolutamente niente, cam parla con qualcuno a caso - vuoi essere tu? siilo!!& #wat
     
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    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
    «hai un aspetto…» Umettò le labbra ed arricciò lievemente il naso, il capo ad abbassarsi per poter osservare la donna dalla punta delle scarpe di canapa, a quelle in paglia del capello. Diplomatica, si stampò sulla bocca un sorriso gentile, allungando un braccio per accennare, ma senza osarsi realmente, di sistemare una ciocca di untuosi capelli corvini dietro l’orecchio della signorina. «incantevole» mentì per buon cuore, riconoscendo lo sforzo di Ornella nell’averci almeno provato, a non indossare il solito sacco di patate grigio topo (e con il solito, s’intendeva che avesse solo quello, e lo lavasse solo una volta ogni due settimane). Odiava mentire; era risaputo che la Crane fosse troppo schietta per il proprio quieto vivere, ma c’erano occasioni in cui la brutale verità, non avrebbe aiutato nessuno – quella, era una di quelle: Ornella Tummy era una brava ragazza, tutto sommato. L’aveva praticamente adottata, cercando – millimetro per millimetro – d’introdurla in un nuovo mondo. Aveva aiutato il fatto che Run (sks: Martha Fay) avesse l’appoggio del parroco di paese: Ornella poteva dire quello che voleva, ma sapeva che senza Don Luca Gemes, la sua opinione non avrebbe avuto lo stesso peso sulle scelte di vita della Tummy. Ella arrossì, chinando modesta la testa per osservare umile la punta delle proprie scarpette, e Run ne approfittò per tirare una sorda, e mai troppo gentile, gomitata al costato di Jay, che per l’occasione aveva deciso di sforzarsi e provarci, a dimostrarsi un buon marito. Che figura facevano se ogni volta lui andava agli eventi con i Simmons, e lei usciva trasandata dal confessionale? Bisognava mantenere una certa reputazione.
    Anche perché oramai, Heidrun Ryder Crane credeva fermamente che ci sarebbe morta, in quel di Bodie - e non avrebbe mai più rivisto né la sua famiglia, né i suoi amici, né una bacheca di Pinterest. Tanto valeva tirare le cuoia da Signora. «diglielo anche tu, myles» sibilò fra i denti, mantenendo il sorriso sulle labbra, strizzando il polso del Matthews perché uscisse dal solito guscio di apatia migliorando la giornata della contadina – un complimento di Martha non ne avrebbe fatti dieci di alcuno degli Shaw: odiava quella gerarchia, e quel fottuto maschilismo, ma dato che, idealmente, non avrebbero dovuto cambiare niente, Heidrun teneva la testa bassa, e tante dita medie (che avrebbe rivolto a tutti) in tasca. Immerse il mento nello scialle color broccolo, domandandosi – non per la prima volta – per quale stra fottuto motivo Bodie avesse una festa riservata a quell’ortaggio. Perché? Cos’aveva il broccolo che mancasse a un cetriolo? E dire, studiando sotto banco la fauna di Bodie, cetriolo e pannocchie andavano per la maggiore – if u know what i mean. Stavano giusto per arrivare nella piazza dove si sarebbe tenuto il Grande Evento, e dove in maniera molto matura Run era pronta a lanciare chicchi di mais d’incoraggiamento ai suoi fanciulli psicopatici preferiti, quando Ornella le indicò, sottile, di potersi avvicinare. Potè giurare di vederle le guance avvampare, mentre gli occhi guizzavano dalla Fay al suo accompagnatore. Congedò un ben più che felice Myles Shaw con un cenno del capo, prendendo a braccetto (giusto perché le voleva bene, considerando che l’odore avrebbe fatto allontanare anche il più arrapato dei pastori della California – e loro erano soliti montarsi le mucche) la donna e rallentando l’andamento. «ho iniziato un nuovo romanzo» le sussurrò emozionata, divenendo rossa carminio. Oh boi. Sentì gli addominali tendersi in una risata a cui, per magnanimità, non avrebbe dato voce, esibendosi invece in un gasp di gran classe ed eleganza. «SPARA» fu istintivo; Ornella corrugò le sopracciglia confusa, e Martha ricambiò con un mite sorriso di circostanza. «cioè, racconta» si corresse, quasi sperando che la donna la prendesse sul letterale, e le sparasse allo stomaco. «te lo voglio dedicare. S’intitola il segreto di martha» gUUUUUUUUUUUUUURl. Si accigliò lievemente, le palpebre assottigliate mentre squadrava la donna. «aw, che…» bella merda? «onore, sono» terrorizzata. «LUSINGATA» deglutì, lo sguardo smeraldo a saettare in piazza alla ricerca di volti amici. «che genere di segreto?» asking for a friend, non che fosse realmente preoccupata che una Bodiotta fosse a conoscenza dei viaggi nel tempo, del suo non troppo casual affair con il prete, o che nelle praterie di Bodie praticasse riti bruciando erballegra per purificare l’ambiente dalla demenza della Razza Bianca. Ornella scosse il capo, ridacchiando sotto i baffi (baffi letterali, non metaforici). «non posso dirtelo. Ma hai…un dono» Oh my. Sapeva della magia? Era a conoscenza del fatto che la bella Martha Shaw avesse la mimesi, e si divertisse a lanciare in buchi neri quegli sfigati che incontrava all’unico bar di Bodie? «quando stringi la mano di qualcuno, puoi capire se il Giudizio sia piaciuto o meno» Erano oramai nel clou della Festa, e potè udire (con suo immenso orrore ed orgoglio) le ultime note di Malgioglio spegnersi nell’aria. «che giudizi?» «I giudizi» «sì ma, che giudizi» La signorina Tummy la guardò come se le fosse appena cresciuta una seconda testa, distanziandosi quanto bastava per lanciarle un’occhiata intensa.
    «I Giudizi»
    Ah, ochei.
    «ah, ochei».
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    TIMIDAMENTE amore


    arrivan con myles (ciao freme) e non parlano assolutamente con nessuno, sentitevi liberi!!&&
     
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    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
    Arci si rigirò il mazzo di carte fra le mani una, due volte; osservava i ghirigori stampati del retro, i disegni eleganti delle figure rappresentate sul davanti; era tutto tanto familiare da essere impossibile. «È uno scherzo?» Osservava i disegni senza sapere come reagire a ciò che si trovava davanti agli occhi. Passò gentilmente il pollice sulla prima carta, cercando di sentire qualcosa, un brivido o una piccola scossa che fosse, e poi la sfilò via, alla ricerca della numero tre. L'Imperatrice ricambiava il suo sguardo con sfida, ma il ragazzo questa volta era alla ricerca di altro che non il bel viso della donna: uno sbuffo di pittura nell'angolo destro, che aveva sempre preferito interpretare come una firma dell'artista, che non come un errore dello stesso nel rappresentare il vestito. Quando lo trovò, per poco non si mise a ridere istericamente.
    «non vanno bene?»
    Arci alzò gli occhi su Mads e il suo sguardo corrucciato. Qualche giorno prima le aveva chiesto se poteva recarsi nella città più vicina per cercare un mazzo di tarocchi; voleva fare una sorpresa a Toothless, ma non si sarebbe mai aspetto che le nuove carte avrebbero sorpreso lui. Credeva Mads avrebbe trovato al massimo un mazzo prestampato e bruttino, neutro, poco adatto ad un cartomante ma perfetto da regalare ad un ragazzino che non aveva mai avuto niente - ragazzino che magari l'avrebbe perdonato per avergli gridato addosso la sera prima senza un vero motivo.
    «mi piacevano i disegni. se non va bene posso-»
    «sono le mie» la interruppe. Scosse la testa divertito, senza sapere esattamente come fosse possibile. Alzò la carta dell'Imperatrice, mostrandola alla Wesley. Mads non sembrava impressionata, solo confusa. Arci picchiettò sulla macchia di colore, cercando poi imprecisioni dei dettagli nelle altre raffigurazioni; un occhio un po' storto, una sbavatura imperfetta. «sono letteralmente le mie» le sfogliò ancora, guardando i visi e i ghirigori già visti, solo più brillanti a cento anni di distanza. «Nuove, immacolate, ma sono sicuro sia lo stesso mazzo» Quante probabilità potevano esserci? Parecchie, considerando che Arci collezionava tarocchi - ma davvero, quante probabilità, alla fine? Non era neanche nello stesso continente dove aveva rubato comprato lo stesso mazzo a dodici anni. Doveva essere un segno... creepy, ma un segno. Chi diceva che le coincidenze esistono e non sono l'universo che cerca di comunicare qualcosa, chiaramente non aveva mai visto il mondo con gli occhi di Archibald Leroy. «Sono perfette sotto ogni punto di vista. Grazie, Mads. Toothy le adorerà»
    La musica di sottofondo cambiò, e con essa l'espressione di Arci. Era quasi riuscito a distrarsi abbastanza a lungo - fra il chiacchiericcio della festa, i Freaks che stonavano a colpi di doodah-doodah, i bambini che correvano gridando, le nuove/vecchie carte che avrebbero fatto andare in brodo di giuggiole Toothless... ma al suono del pianoforte, il ricordo del giorno prima colpì di nuovo Arci come un cavallo in corsa (cavallo? Damn, passava davvero troppo tempo con Jay), e alzò di scatto la testa verso il palco, aspettandosi capelli lunghi e mossi, sorriso spento sulle labbra asciutte del pianista dalle dita lunghe e sottili, ma a suonare la melodia (stranamente... familiare?) era il sarto che viveva con Run e Darden, non certo Aidan. Arci si diede dell'idiota per aver pensato a lui; in fondo, perchè avrebbe dovuto esserlo? Il diciassettenne era stato piuttosto chiaro nel far capire che non si sarebbe presentato alla festa di paese. Era stato piuttosto chiaro nel far capire che non si sarebbe più presentato da nessuna parte e basta.
    Una mano sulla spalla. «Archibald?» «Mh tornò a osservare Mads fingendo indifferenza e rilassando i pugni che, a quanto pareva, aveva stretto. «Tutto bene?»
    Certo, era bloccato in una città fantasma lontano dai propri cari senza sapere se e quando li avrebbe mai rivisti - nonostante la promessa fatta a Lydia che sarebbe tornato -, letteralmente bloccato perchè non aveva il coraggio di allontanarsi da Bodie, per paura di perdersi altre chiacchierate mistiche come quella di aprile, e un membro della famiglia che si era creato in quel buco di merda aveva deciso di non farsi vedere per motivi che superavano la sua comprensione. Era stato inutile andare alla porta di Aidan e parlargli col cuore in mano senza sarcasmo o denti stretti nel trattenersi dal prenderlo per il collo, era stato inutile ammettere che loro... che Arci, aveva bisogno di lui. Se Arci chiudeva gli occhi, poteva rivivere la scena, la speranza che una semplice frase detta lontana dalla luna piena potesse rimettere a posto tutto, l'illusione che dalle labbra di Aidan sarebbe uscito altro, e infine il «non sono problemi miei» al quale Arci aveva solo annuito, senza più parole dopo averle finite con quell'unica ammissione sincera. Oh, e ovviamente vogliamo parlare di come, tornato a casa, Arci si fosse premurato di buttare all'aria la camera da letto? Toothless si era limitato a chiamarlo nel tentativo di calmarlo e il panettiere non era riuscito a trattenersi oltre: «archibald, sono archibald. Non danihel, non mr Simmons... archibald. Non è difficile. Ti mancano anche le orecchie, oltre ai denti?». Danihel era il bravo ragazzo che andava a dire alle persone i propri sentimenti, ma era Arci quello che poi ci restava di merda quindi a che pro fingersi il primo se non di nome?
    Ma sì, andava proprio «tutto bene.» Infilò il mazzo di carte nella borsa. Poco più di un anno fa, ad un "come stai?" avrebbe iniziato a parlare dell'inevitabilità della morte e l'inutilità del tutto, come gli astri gli fossero avversi e fossero sempre i più carini (lui) a soffrire di più, per qualche malvagia legge cosmica... ma insomma, Mads era parecchio religiosa (non Arci's style) e non voleva gli trovasse un esorcista o qualcosa del genere. Gli piaceva la propria relazione con Satana.
    Cambiò in fretta argomento: «Come ti pare la canzone? E' dei nostri tempi»
    Mads arricciò il naso. «Non sono certa di averla capita» Dal suo sguardo, Arci dedusse che aveva capito, ma avrebbe preferito non farlo.
    «in che senso sbucciami? non ha mica la buccia: quello sì che sarebbe strano.» Origliando una conversazione lì di fianco, Arci si portò la mano davanti alla bocca. Oh boi, i bodiotti erano così divertenti.
    «che cos'è che ha la buccia, coglioncello?» un ragazzo (apparso... dal nulla? Ma era sempre stato lì?? arci tendeva a non notare/a dimenticare i suoi concittadini più anonimi) allungò un braccio sulle spalle del primo bodiotto. O almeno ci provò, visto che era molto più basso di lui. Tipo, molto più basso; neanche col cappello da cowboy portato un po' storto e gli stivali con un chiaro tacco raggiungeva l'altro.
    «parla della Mela. La Mela, no? La Meeela» il nanetto (nanetto per arci: probabilmente per i freaks biondi era comunque una montagna) lanciò uno sguardo allusivo all'amico dalla faccia stupida (non che lui fosse da meno, sia chiaro). Ammiccò, e Arci si aspettò sinceramente che avesse frainteso il messaggio della canzone, ma non troppo, e mela fosse il suo modo per dire patata.
    Si sbagliava.
    «La mela, amico. Quella della Genesi. Cè, come se stesse cantando, tipo, lei» Soddisfatto con se stesso, Asher Ketchum sorrise tronfio, ma prima che l'amico potesse ribattere su come le mele non cantassero, aggiunse: «E' come, tipo, una parabola di Gesù, dove le formiche e le cicale parlano un botto. E' un canto di chiesa; sono quasi sicuro di averlo sentito una volta a messa a Sacramento» insomma, non che Ash ci fosse mai andato, a Sacramento, ma questo Cameron non poteva e doveva saperlo - diciamo che ad Ash dava un tono, cè, tipo, un profilo migliore dire di essere andato in una città così lontana dove, come diceva a tutti, viveva suo padre per lavoro da quando la guerra era finita... cosa ovviamente non vera, ma ehi, non contava come un vero e proprio peccato quella bugia, perchè per quanto ne sapessero i suoi figli o sua moglie, Geremia Kethum poteva essere davvero a Sacramento. Non è che avesse lasciato un indirizzo della sua nuova casa, quando se n'era andato da Bodie.
    E poi, Sacramento era l'unica città della California che Asher conosceva. «Forse finalmente la faremo anche qui, grazie alla ragazzina lì» Hale, ovviamente (quanto era una cosa da femmine suonare il piano? bah), non il figlio del prete. «Pare vada di moda»
    Asher non si intendeva affatto di cosa andasse o meno di moda: indossava gli stessi stivali che avevano usato i suoi fratelli Abel e Adam, aveva sempre vissuto a Bodie, mangiando lo stesso cibo e facendo le stesse cose dei suoi genitori prima di lui, non era un fan delle novità, e non si era mai fatto troppe domande sul mondo... ma per quanto pensasse che seguire la moda fosse una cosa da checche - come era solito ripetere - era anche certo che fosse necessario fare quello che piaceva alla gente, per... beh, piacere alla gente, e restare sulla cresta dell'onda. Andare a messa, non lavarsi, tenere i capelli nè troppo lunghi nè troppo corti, spaccarsi di lavoro nei campi, andare a bere con gli amici il venerdì sera e uscirne alticcio come una barbabietola, raccontare aneddoti su questa o quella puttanella con cui si era stati... La sua vita - per la quale non aveva mai avuto grandi pretese - gli piaceva così, quindi nessun problema. Se doveva invecchiare e morire in quel posto, tanto valeva andarsene restando in cima alla piramide. Se nessuno scopriva del suo problema con la luna piena e del fatto che suo padre se n'era andato mesi prima di casa portandosi tutti i gioielli della madre, magari dalla fottuta piramide sarebbe riuscito a non scivolare.
    «Signorina Tummy!» esclamò ad un certo punto, vedendo la ragazza poco distante. Si allargò in un enorme sorriso, togliendosi il cappello «Vestito nuovo? Le dona! Signora Shaw, incantevole come sempre»
    ridacchiando, avvicinò le labbra all'orecchio di Cameron, alzandosi in punta dei piedi. «MILC» Madame I Like to vedere le Caviglie - oh, siamo pur sempre a Bodie, 1918. Il Fuck lasciamolo a quei peccatori poco di buono.
    i never know what's going on and i believe it's very sexy of me to be like that
    archibald
    + asher ketchum
    19 y.o. / 17 y.o.
    baker / cowboy
    100% stupid


    non so scrivere ciao ma volevo postare prima di cancellare tutto per l'orrore

    arci chiacchiera con mads (che non capisce la canzone sbucciami com'è giusto che sia).
    Ash arriva dal nulla (cos) e si appiccica a Cam (ma no homo bro!!!) per spiegargli il verso senso della canzone, poi saluta ornella e martha!!!11
     
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    Feeling the rhythm inside of my chest
    kent
    ucky

    In quell momento Brooklyn stava sudando freddo come non aveva mai fatto, neanche poteva dare la colpa all’emozione per i canti altissimi perché insomma non erano il massimo. No, il ragazzo aveva avvistato un branco di vippini – erano solo in due, ma bastavano a renderlo nervoso - venire verso il palco, e per un momento aveva stretto a sé il libro di Joshua Brown nella speranza che le parole dell’uomo gli dessero forza. Era ancora nuovo in quella grande città, ma c’era voluto ben poco perché la sua strada si incrociasse con quella dei vips, e non gli era piaciuto per niente: troppo rumorosi, troppo rozzi, troppo tonti per il cuore debole di un misantropo. Aveva insistito per rimanere a casa a finire il suo libro, cambiando presto idea quando Kentucky si era voltata molto lentamente, capelli a coprirle la faccia e sguardo vacuo diretto verso di lui e invece vieni gli aveva detto, a quel punto Brook non aveva fatto più storie. Questo perché alle volte la ragazza gli metteva i brividi come nessun altro, tanto che sospettava che il Demonio l’avesse posseduta, non voleva scoprire cosa succedesse a contraddirla. «scusa ma cosa deve sbucciare il tuo amico?» eh, perché Cameron non era l’unico a non aver capito. Il Jagger si voltò verso sua cugina, sopracciglia corrugate e sguardo pensoso mentre cercava di risolvere quel bizzarro quesito – che fosse una reference biblica? Tipo alla mela di Eva, non sapeva?? «devo…» la testa bionda di Sersha si mosse per cercare l’aiuto da parte del pubblico (joey) (chiunque) per non dover pensare a una risposta. Dopo un anno aveva imparato a relazionarsi con i bodiotti, ma i giovani? La mettevano a disagio con il loro quotare la bibbia e i loro rosari bondage, il fatto che erano convinti che abitasse con Satana non aiutava. Brooklyn invece era diverso, con abbastanza cervello e odio per il prossimo che lo rendeva un ottimo Barry II (ciao bro smack) e un pericolo ogni volta che apriva bocca – non era mica scemo come la merda, vedi: vippini «a cj piace sbucciare tante cose, tipo le barbabietole e le pannocchie» imitò persino il gesto dello sbucciare, così da fargli capire quanto fosse letterale. Non voleva che Brooklyn si facesse idee sbagliate, chissà che mente perversa che doveva avere in quanto adolescente! «il loro è chiaramente un canto propiziatorio per avere un prosperoso raccolto» e più tardi avrebbero anche fatto la danza della pioggia, ma quanto erano devoti. Conoscendo i bodiotti sarebbero stati capaci di tenere una messa straordinaria solo per benedire i campi, uno dei modi più efficaci per uccidere lentamente la Kavinsky. «che togo! Dopo potrebbero farmi vedere?» la bionda per poco non soffocò nel tentativo di non ridere, chissà se anche il Jagger era scemo o era sinceramente interessato all’agricoltura «c’è un passo nel libro dove si descrive uno sbucciamento ma non ho capito» che……….libri leggeva, e lei che pensava fosse un’anima innocente. Prese nota di rubargli quel libro per dopo, se c’era dello smut doveva farsi una cultura, a Bodie c’era così poco da fare che era riuscita ad abbassarsi a quei livelli. Chissà, magari avrebbe anche imparato qualcosa di nuovo (come mungere le mucche) «cj è impegnato» insomma non prendiamoci troppa confidenza «ma mi dicono che l’hale sia esperto?» figurarsi se ciatella!sandy non le riportava tutto, tra una puntata live di u&d e l’altra aveva bisogno di intrattenimento.
    08.12.1918 - broccolo day
    SLYTHERIN - 2000 - nightmare
    orphan - 1901 - kinda nerdy
    tumblr_m7w2n46Pdl1r6o8v2 the score - born for this

    broo
    klyn
    We are the warriors who learned to love the pain
    We come from different places, but have the same name
    'Cause we were born for this



    COMBO DIFESA PER SIN (sin + nicole): lo rimprovera con la sua saggezza
    COMBO DIFESA PER STILES (sin + stiles): acchiappa stiles col bastone
    ATTACCO (su KUMAR): lo picchia col bastone
     
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8 replies since 7/12/2018, 00:35   484 views
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