i forget to breathe sometimes

mac + darden

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    continua dalla biografia sono pigra e non ho voglia di riscrivere tutto ihih
    Distaccarsi dalla realtà era qualcosa cui Mac era abituato - a cui l’avevano abituato - e che accoglieva con la calma di un martire al rogo. Tagliava ogni filo che lo intrecciava alla concretezza del mondo racchiudendosi in una bolla dove a malapena esisteva lui stesso, dove i respiri non avevano alcun peso e nessuno li contava. Era un mondo più vero rispetto a quello che lo circondava; non era un estraneo a se stesso, malgrado lo fosse agli occhi degli altri e di Dio: percepiva ogni bozzo del terreno a lasciare una morbida impronta sugli abiti e la schiena, l’odore di terra smossa e polvere a tappargli le narici, il pallido sole di dicembre a tentare di scaldare quel poco di pelle esposta alla luce; sentiva il peso del braccio poggiato sugli occhi, i peli a solleticargli le palpebre abbassate, i fiati lontani come quand’era sott’acqua, la bocca a pulsare di un dolore a cui aveva smesso d’essere avvezzo. Con lentezza fece scivolare la lingua sul labbro inferiore, cogliendo sulla punta gocce cremisi del suo stesso sangue – e con altrettanta lentezza lasciò che il mondo tornasse nella sua orbita, soffrendo come un cane ad ogni filo che lo ancorava a terra: le voci presero lucentezza, divenendo assordanti. Sentiva i passi concitati ed il tono alterato di Margareth. Qualcuno era accovacciato al suo fianco - gli stava parlando? - ma nessuno era stato così menefreghista, perché di quello si sarebbe trattato, da toccarlo e strapparlo a quello stato allucinato di quiete.
    O forse l’avevano fatto, ma l’Hale non aveva percepito alcuna mano su di sé.
    L’Hale. Se non fosse stato troppo impegnato a sforzarsi di respirare, avrebbe riso a quel pensiero – a quel nome che, malgrado tutto, continuava a riaffiorare in superficie. Era stato un Hale per sedici anni e mezzo, e non sapeva cosa - chi - essere, se non lo era. Ed il motivo per il quale testardo, infantile, Mac non tolse il braccio dalla sua visuale, era per non mostrare agli altri quel che sapeva i suoi occhi avrebbero espresso meglio di cento parole, perché se ne vergognava. Si sentiva sporco, colpevole di tutto quel che Daniel l’aveva accusato d’essere: un ingrato.
    Perché quel che provava, era sollievo. Perché se non era un Hale, poteva essere chiunque. Poteva fingere che nel mondo ci fosse qualcuno per lui; anche ammettendo, com’era probabile, che Daniel avesse avuto ragione ed i suoi genitori biologici l’avessero abbandonato, magari – magari qualche zio, o qualche lontano parente ch’era stato informato della gravidanza, ma si era dolentemente trovato senza pargolo da accudire. Sapeva che le probabilità erano infinitesimali, ma non era impossibile.
    Daniel Hale gli aveva detto di farsi due calcoli, e Mac li aveva fatti.
    Non che, in realtà, l’utopica possibilità che tutto quello potesse aver senso lo facesse sentire meglio. Deglutì, inspirò dalle narici sentendo le spalle tremare. Sentì le guance umide di pianto, ma non si preoccupò di asciugarle – o di nasconderle. Sinceramente, non gli interessava potessero vederlo piangere, e credere di conseguenza, come tante volte gli aveva ripetuto Matthias Hale, che fosse debole: lo era. Lo era sempre stato. Non prendeva decisioni, non sosteneva le sue ipotesi, non domandava permessi per timore di ricevere dinieghi. Era, di base, uno spreco d’umanità, perché al suo posto avrebbe potuto esserci qualunque altro sedicenne a giocarsi al meglio le proprie carte in quel mondo.
    Un tempo saresti stato tu, quel ragazzo - ma quel tempo era andato, dimenticato, perso in lacrime e sangue e non sei abbastanza. «bella partita» commentò infine, dal nulla, sollevando il braccio per posarlo al suolo. Battè le palpebre per abituare le retini all’improvvisa luminosità, ed evitò accuratamente il contatto visivo diretto con i volti chini verso di lui.
    Non li voleva, quelli sguardi. Non li meritava, e non li desiderava. Quel che più odiava di quella situazione, era che tutti avessero assistito alla vera natura di Mac, e che quel dramma fosse finito sotto gli occhi di tutti. Si rendeva conto che a buona parte di loro, non poteva importare di meno - ma era una questione privata, che Mac avrebbe preferito affrontare avvolto in un bozzolo di coperte con il naso appiattito sul vetro della finestra. Da solo.
    Daniel gli aveva tolto anche quella possibilità, lasciandolo nudo e vulnerabile alla mercé di persone che, a conti fatti, non conosceva. Non importava quanto, chino e silenzioso sul banco, lanciasse occhiate a BJ Monteiro o Kentucky Jagger; non importava quanto, sedendo con le gambe incrociate su uno dei cuscini dell’oratorio, ascoltasse ammirato ed affascinato le vicende di Danihel Simmons, o di quante volte si fosse proposto per aiutare padre Shaw e la Perpetua nelle mansioni della chiesa. Non aveva alcuna maledetta importanza quante volte, coricato sul divano di villa Fay, avesse finto di dormire per ascoltare Adam sproloquiare nella sua lingua durante le faccende di casa, o quante volte avesse seguito Martha e Logan con la lealtà immortale di un devoto ai propri santi. Non aveva neanche importanza che per lui fossero famiglia, considerati i precedenti poco lusinghieri con i quali metterli a confronto.
    Perché non aveva idea di chi realmente fossero.
    Erano spariti - spariti - per mesi. Erano tornati ammaccati, e con qualcosa - qualcosa nello sguardo che sapeva di ciao e addio nello stesso mesto battito di ciglia. Estranei dall’aria familiare. Scontato che Mac si aggrappasse alla loro gentilezza con la disperazione di un naufrago, e che nei loro sorrisi scorgesse tutto quello che nella sua vita aveva sempre cercato: accettazione, affetto.
    Ma non cambiava le carte in tavola. Sapeva - sentiva - che sarebbero spariti di nuovo, ed era certo che non avrebbero più fatto alcun ritorno. Non sapeva come, né perché, ma ogni qual volta scorgeva Logan affilare i coltelli nella cabina degli attrezzi con lo sguardo perso nel nulla, o Martha ad asciugarsi le guance sulle spalle, lo sapeva: erano alieni come lui, ma non erano come lui.
    Un altro pianeta. Mckenzie continuava ad essere il satellite solitario.
    «siamo stati bravi» si alzò a sedere con un sorriso plastico ma sincero, gli occhi stanchi ed arrossati. Sperò che la breve occhiata che gli rivolse, fosse abbastanza per mettere a tacere le domande e le imprecazioni: non voleva sentirli. Non poteva. Un altro giorno, magari.
    Un’altra vita, possibilmente. Non voleva pensare a Daniel, o ad Harper, o agli Hale ed il fatto di non essere uno di loro. Non voleva fermarsi a riflettere su cosa tutto quello - tutto quello potesse significare. Voleva solo - «vorrei andare a casa» si schiarì la voce, un colpo di tosse per cercare d’eliminare il nodo in gola. «posso?» sollevò implorante gli occhi grigi su Logan Fay, tacendo il resto delle preghiere che sentiva pungere nel petto. Non avrebbe mai - mai - chiesto apertamente se potessero evitare l’argomento Daniel, ma sperava che lo facessero comunque. Quel che Mckenzie ancora del mondo non aveva capito, né aveva voluto comprendere, era che le persone sapessero leggerlo perfettamente, e nulla di quel che pensava fosse un segreto: avevano semplicemente sempre scelto d’ignorarlo. «devo -» Non sapeva con esattezza cosa dovesse, o volesse, fare: dormire per tre giorni? Fingere di non esistere per una settimana? Appiattirsi contro il muro e domandare al cuscino dove avesse sbagliato?
    «fare una doccia» sorrise ed arcuò un sopracciglio, abbassando lo sguardo sui propri piedi e deglutendo amarezza e sensi di colpa. Si avviò verso la strada che l’avrebbe portato alla villa delle Fay, e quasi sussultò quando qualcuno gli afferrò il braccio dalla manica del maglione - senza quasi. Alzò impauriti occhi azzurri sul ragazzo al proprio fianco, e Barnaby Jagger lasciò la presa quasi la stretta l’avesse ustionato. Lo vide aprire la bocca, ma non disse nulla. Sbuffò solamente agitando vago una mano nell’aria, balbettando un «p-p-persone» mentre si allontanava. Non lo guardò andarsene, né si rese conto che la bocca avesse smesso di pulsare: sentiva un dolore troppo diverso, e troppo interno perché il taglio al labbro potesse assumere rilievo fra i suoi pensieri. Solo dopo un paio di metri si rese conto di non essere solo. Lanciò un’occhiata di sottecchi a Logan, cercando di abbozzare un sorriso verso la ragazza che, pur non conoscendolo, l’aveva preso sotto la propria ala e gli aveva dato una casa. Avrebbe voluto ringraziarla, Mac; non ricordava se l’avesse mai fatto.
    Ma quando dischiuse le labbra, non fu a quello che si appellò. «non è sempre così» deglutì, distolse lo sguardo colpevole. Si odiò per quel suo costante bisogno di giustificare gli altri - non ne hai motivo - ma non poteva…non poteva impedirselo. Poteva non essere un Hale, ma non significava che avesse scordato di esserlo stato: si sentiva in dovere di difendere il fratello. «daniel. non è sempre così» calciò un sassolino dal selciato, affondando il mento nello spesso maglione di lana, senza azzardarsi ad incrociare gli occhi azzurri della Fay. «non lo pensa davvero» mentì.
    Perché aveva bisogno di crederlo.
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    Odiava gli adolescenti, li aveva odiati ad Hogwarts tra i banchi di scuola e continuava a farlo ora che si trovava dietro a una cattedra. Si pentiva di aver accettato quel lavoro ogni giorno, da quando sgusciava fuori dal letto a quando la notte si ammazzava di liquore alla barbabietola.
    Non avrebbe mai acconsentito se non fosse stato che non aveva davvero niente da fare tutto il giorno, e la minaccia di essere scomunicata da Padre Shaw che grava su di lei. Non era stata la migliore delle idee quella di istituire una scuola per quei quattro bambocci che si trovavano tra i viaggiatori, specie se si considerava la gente disposta a insegnare: Gwen, Arci, Ellis e Run? Li aveva visti ballare sulle note di Candyman, ma insomma.
    Per non parlare degli studenti, se una parte era abbastanza a posto, c’era chi a diciotto anni non era riuscito a superare il quinto anno di Hogwarts. Non solo era assurdo, ma rendeva il suo lavoro dieci volte più arduo «cosa stavate facendo l’anno scorso, cocaina?» la Larson stava incominciando a perdere la pazienza, presto avrebbe incominciato a usarli tutti come bersagli per i suoi coltelli «anche quella, tra le altre cose» Sunday si strinse tra le spalle, un sorriso divertito a sfiorare le labbra. Santo Padre, se a Darden non stava per salire l’Adolf Hitler, un qualcosa di malvagio che possedeva solo le professoresse di tedesco durante le interrogazioni in lingua. Si voltò dall’altra parte della classe, evitando altogether il gruppo Freaks «fai vedere loro come si fa, Kingsley» sperava che almeno lui fosse più capace, pregava lo fosse. Intanto afferrò la fiaschetta che teneva nella tasca della giacca, tenendo lo sguardo sulla classe mentre buttava giù il whiskey. Era il suo unico means of survival quei giorni, come ogni insegnante sapeva bene. «ecco, grazie, osservate tutti il movimento che compie la bacchetta. Soprattutto te, Jagger» che merda di materia, Trasfigurazione. Che merda di adolescenti, la gen z. Giurava che alla prossima menzione di suicidio li avrebbe lasciati dissanguare in piazza, e poi come poteva fare lezione mentre le chiedevano di passare la propria fiasca? Bestie che non erano altro, alla loro età avrebbero dovuto pensare a come mantenere la famiglia e non a come romperle le palle.
    Abbassò lo sguardo sull’orologio da taschino, ringraziando il Santo Padre Dio Divino Magnifico Essere che un’ora fosse passata «per oggi abbiamo finito, andate in pace merde» e sperava che prima del giorno successivo cadessero in un fossato.

    Bello sport il baseball, per carità, ma preferiva colpire un bersaglio piuttosto che correre in tondo. Stava seduta a recuperare fiato su una delle basi costruite alla bell’e meglio, lo sguardo distratto posato sulla scena davanti a lei. Non era una di quelle persone che amava farsi gli affari degli altri, motivo per cui aveva preferito tenersi in disparte quando un tale Daniel aveva deciso di fare la sua comparsa nel campo. No, la Fay nelle ultime settimane era più incline a ritirarsi nelle ombre con la fidata fiaschetta e maledire il giorno in cui era arrivata a Bodie. Un anno della sua vita sprecato a raccogliere barbabietole e a sorbirsi fottute messe domenicali, scaraventata in una guerra non sua in un universo alternativo per poi finire nuovamente in quella cittadina del cazzo, senza che Lancaster si facesse vivo.
    Quindi sì, non se la sentiva particolarmente di stare in mezzo ad altri esseri umani. «sono venuto per riportarti a casa» «do y’all hear sumn?» non credeva proprio, non dopo quello che le aveva detto Mac. Resistette all’impulso di storm nella discussione solo perché era convinta che il ragazzo se la potesse cavare da solo, sebbene si decise finalmente a prestare attenzione ai due: non si fidava delle persone.
    Quando vide Mckenzie tirare un pugno al fratello per poco non balzò in piedi ad applaudire, il suo bambino stava incominciando a seguire gli insegnamenti delle Fay. Poi la situazione si fece ugly, come aveva temuto fin da subito nel vedere Daniel. Da quello che era un semplice cazzotto si precipitata in fretta, arrivando a throw around menzioni di adozioni – in che sensoh? Fosse stata Mac, sarebbe stata più felice di sapere di non aver nessun legame di sangue con quella famiglia, but again lei aveva un rapporto particolare con le famiglie. «vorrei andare a casa, posso?» la ragazza alzò lo sguardo sull’Hale, mordendosi la lingua per dirgli che non aveva bisogno di chiedere il permesso a nessuno: non le sembrava il momento. Sciokkante, persino lei sapeva quando non interferire oltre. «ma sì, figurati. Piuttosto mi daresti una mano?» allungò il braccio per farsi tirare su, troppo pesaculo per alzarsi da sola – era così che i giovani di Bodie si facevano i muscoli. Una volta in piedi rimase lì, ferma in mezzo al campo, a fissarlo mentre si allontanava, in a debate se seguirlo o meno.
    L’instinto di corrergli dietro ebbe la meglio, non si fidava dei gen z (cosa) quando erano chiaramente upset, quando una realization came upon her: stava diventando come la sua famiglia. Si affiancò a Mckenzie matching his pace (ce la farà elisa a scrivere una role in italiano? Nein), mani cacciate in tasca e il freddo a pungerle la punta del naso. Odiava Bodie, ancora di più senza il suo parka. «daniel. non è sempre così» la Larson annuì piano, non credendo in pieno alle sue parole. Non conosceva Daniel, anche se era familiare con quel tipo di persona. «non lo pensa davvero» «mh-mh certo» avrebbe potuto dirgli che il fratello fosse uno stronzo, ma per una volta nella sua vita preferì seguire un path più educativo «sai, anche io conoscevo una persona così, il suo nome era Darden. Era una piccola stronza e aveva sempre dato la sua famiglia per scontata, non riusciva a sopportarli e ogni occasione era buona per sgattaiolare fuori casa» sentì la gola stringersi, tutti i ricordi che aveva relegato per quei mesi a riemergere «finché un giorno suo fratello e sua sorella sono morti, così all’improvviso, solo perché si trovavano nel luogo sbagliato al momento sbagliato» proseguiva nel suo racconto come se non facesse dannatamente male continuare a parlare, come se non sentisse la voce mancarle a ogni sillaba «e poi è scomparsa, abbandonando quel poco di famiglia che le era rimasta. Sai qual è la parte peggiore? Vivere con la consapevolezza di essere stati una merda, e non poter tornare da loro a riparare le cose» posò gli occhi sul ragazzino, posandogli una mano sulla spalla, una pacca che voleva avere del confortante «spero che tuo fratello cresca due palle e realizzi di essere stato un coglione. Nel frattempo, penso che tu debba sapere una cosa» così, siccome Darden aveva deciso di rendere quel giorno uno pieno di rivelazioni, almeno Mac avrebbe avuto due traumi in uno. «non voglio continuare a mentirti, non quando sei diventato una parte della nostra famiglia. Penso sia il caso di presentarmi davvero questa volta, mi chiamo Darden Larson» lasciò passare qualche attimo, il tempo necessario perché tutto si collegasse nella testa dell’Hale «e vengo dal 2018, cento anni nel futuro rispetto a ora» tenne lo sguardo fisso nel suo, cercando di cogliere una qualsiasi reazione, da un mental breakdown a una corsa folle verso Sacramento.
    01.12.1918 - bodie
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    1898 - child of god - beet lover - teacher - cowgirl reverse

    fay
    logan
    My future is bleak
    Lost in the moment
    With no words to speak

     
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    Non alzò lo sguardo verso Logan, quando sentì le guance avvampare. Si vergognava di aver difeso suo fratello? No, ma non significava che non si sentisse vagamente umiliato da se stesso per averci provato. Era un meccanismo del quale non riusciva a fare a meno, quello di giustificare azioni altrimenti imperdonabili – lo faceva per loro, certo, ma soprattutto per sé: era difficile accettare di amare qualcuno anche quando quel qualcuno mostrava di non curarsene; preferiva dare il beneficio del dubbio che credere di essere così patetico. Masticò l’interno della guancia, inspirando dalle narici fino a sentire i polmoni dolere per la troppa pressione. «sai, anche io conoscevo una persona così, il suo nome era Darden. Era una piccola stronza e aveva sempre dato la sua famiglia per scontata, non riusciva a sopportarli e ogni occasione era buona per sgattaiolare fuori casa» Ogni volta che Logan, Martha, Mariel o Danihel, condividevano dettagli della loro vita con Mac, il sedicenne non riusciva ad evitarsi di pendere dalle loro labbra, assorbendo ogni parola come una spugna tenuta per troppo tempo distante dai liquidi. Le loro storie avevano quel briciolo di mondo che a Mckenzie Hale, cresciuto praticamente in casa, mancava: ampliavano l’universo del mago dandogli colori e sfumature, completando un disegno sempre solo abbozzato. Inoltre si sentiva lusingato dal fatto che fra tutti, decidessero di rivolgere la parola a lui: triste, ma vero. Non aveva mai detto loro quanto anche solo l’accenno di un sorriso nella sua direzione lo facessero sentire importante, ma ce l’aveva stampato nei trasparenti occhi grigi quanto, per lui, ogni minima smorfia che lo riconoscesse facesse la differenza. «finché un giorno suo fratello e sua sorella sono morti, così all’improvviso, solo perché si trovavano nel luogo sbagliato al momento sbagliato» Corrugò lievemente le sopracciglia, un’occhiata di sottecchi verso la Fay, ma non la interruppe. Non gli sfuggì come le spalle di lei si fossero d’improvviso irrigidite, gli occhi a farsi distanti e aridi; Darden doveva essere stata una sua amica, o qualcosa del genere. «e poi è scomparsa, abbandonando quel poco di famiglia che le era rimasta. Sai qual è la parte peggiore? Vivere con la consapevolezza di essere stati una merda, e non poter tornare da loro a riparare le cose» Anziché seguirla nella strada verso casa, si fermò, senza azzardarsi a sollevare il capo. La parte mai divertente? Non riusciva a comprendere se lui fosse Darden, o il resto della famiglia. Avrebbe dovuto essere una deduzione semplice, logica come piaceva a lui, ma c’era ben poco dell’usuale raziocinio di Mac, nel ferito sguardo chiaro di quel pomeriggio: perché l’Hale, per essersene andato, si sentiva in colpa ogni giorno. Per non essersi trascinato dietro almeno Harper - se l’era lasciata alle spalle, iniziando a chiamare casa e famiglia una città a chilometri di distanza da Sacramento. Ma non fu solo il senso di colpa a fermare il passo di Mac; c’era qualcosa nel tono, e nella scelta delle parole, che lo costrinsero ad aggrapparsi alla ragione, togliendo dal gomitolo un filo per volta. Perché come faceva a sapere quale fosse la parte peggiore? Probabilmente intendeva secondo lei; in un contesto simile, anche Mac poteva immaginare che quella potesse essere la parte peggiore, insieme – ovviamente – all’aver deluso i suoi fratelli.
    Poteva davvero comprenderlo perfettamente, e dolorosamente, bene. Serrò le palpebre d’istinto alla pacca sulla spalla di Logan, maledicendosi mentalmente per quel piccolo sobbalzo. A suo favore, da quand’era arrivato a Bodie, era migliorato parecchio nei confronti di simili gesti: non sussultava più, come se l’avessero morso, ogni volta che avvicinavano una mano al suo viso. Progressi! «spero che tuo fratello cresca due palle e realizzi di essere stato un coglione. Nel frattempo, penso che tu debba sapere una cosa» Piegò le labbra in un mezzo sorriso, ma non lo sentì arrivare a scaldare lo sguardo. «un’altra?» e malgrado il tono fosse scherzoso, non potè impedirsi una nota di sincero panico nel porre l’interrogativo alla strega: di qualunque cosa si trattasse, non era certo di volerlo sapere.
    Anzi, ne era piuttosto sicuro. Alzò lo sguardo verso i campi attorno a loro, cercando istintivamente – e stupidamente: sapeva che Logan non gli avrebbe fatto del male, né fisicamente né emotivamente – una via di fuga, prima di posare gli occhi sulla mora. «non voglio continuare a mentirti, non quando sei diventato una parte della nostra famiglia.» Il suo cervello ebbe pochi istanti per metabolizzare mentirti, prima che la seconda parte della frase aspirasse l’attenzione dell’Hale come una falena alla fiamma: sei diventato una parte della nostra famiglia. Detto così con leggerezza, come se fosse stato ovvio.
    e quel che più gli scaldò il cuore, era che lo fosse - semplicemente non era abituato, specialmente non da Logan, ad ammissioni così a cuore aperto. Forse per lei non c’era mai stato bisogno di specificarlo, ma Mac? Era insicuro; nel suo mondo ideale – ed utopico – le persone gli ricordavano costantemente di volergli bene, dimostrandogli che valesse qualcosa. Sapeva che persone come Logan Fay non sentivano il bisogno di dirlo, preferendo dimostrarlo, ma quelle parole sciolsero il cuore di Mckenzie in una pozza d’amore e venerazione. Non gli importava neanche quale fosse la menzogna, a quel punto. Dubitava esistesse qualcosa al mondo che non avrebbe perdonato a Logan Fay.
    …o a chiunque altro, in realtà, ma insomma.
    «penso sia il caso di presentarmi davvero questa volta, mi chiamo Darden Larson e vengo dal 2018, cento anni nel futuro rispetto a ora» Battè le palpebre, osservando la ragazza di sottecchi. Un sorriso sorse spontaneo e genuino sulle labbra di Mac, mentre prendeva coscienza di quanto detto da Logan. Scosse il capo lasciandosi sfuggire una grezza risata - pur sempre una risata, e fino a pochi minuti prima non credeva di poter ancora ridere. Ignorò il senso di disagio, preferendo credere che quello fosse stato il suo (davvero molto peculiare) modo di tirargli su il morale; non la prese sul serio, Mac.
    Perché non aveva senso, giusto? «quindi sono più grande di te di cent’anni?» ironizzò allegro, arcuando entrambe le sopracciglia. Per chi era abituato a sentirsi il bambino, cent’anni di differenza erano una roba forte. «non è realistico che qualcuno, a cent’anni da adesso, voglia venire a bodie, a meno che la situazione non sia davvero degenerata – e nel caso, preferirei non saperlo - ma apprezzo il tentativo» sorrise caldo, sincero in tutto e sempre, passando distratto il pollice sul labbro inferiore. «duemiladiciotto» assaporò sovrappensiero sulla lingua, lanciando uno sguardo di sottecchi a Logan. Suonava bene - suonava nuovo. «sarebbe forte, però, vero?» reclinò il capo all’indietro, sbuffando un alito freddo al cielo. «viaggiare nel tempo, intendo» (levi: “nO”) Dopo essersi preso un paio di secondi per elaborare quanto detto dalla Fay, collegò il nome al racconto. La sua mente elaborò rapida una teoria, e lo sguardo puntato su Logan si fece più serio. «quindi ti chiami darden? E sei» umettò le labbra, volse come di consueto gli occhi al suolo. «mh, scappata di casa, come me?» Che avesse trovato rifugio a Bodie, come lui? Aspirò l’aria dalla bocca e portò una mano al cuore. «e quindi martha non è tua sorella?» SH00K.
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