I know this whole damn city thinks it needs you

vin + jason

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    Bussò alla porta dell’appartamento di Leonard Hamilton con entrambi i pugni, spingendola fisicamente come se avesse potuto, dal basso del suo neanche metro e sessanta, spostarla. «dakota?» gracchiò in uno strillo, picchiando ancora sul legno. Si attaccò nervosamente al citofono, senza preoccuparsi di poter turbare il sonno delle bambine. «DAKOTA» continuò, dondolando nervosamente sui talloni e continuando a lanciare rapide occhiate alle proprie spalle. «DAKOTA????????» andiamo - andiamo! «L E O N A R D» provò, appiattendosi contro l’uscio. Passarono solo pochi secondi, ma che le parvero un’infinità di tempo, prima che qualcuno aprisse – si lanciò all’interno della casa sbattendosi il portone alle spalle, le guance arrossate dal freddo e lo sforzo.
    Quando sollevò i grandi occhi verdi di fronte a sé, però, non trovò né Dakota né Leonard. Deglutì e si morse l’interno della guancia, impassibile all’occhiata irritata di Jason Maddox. Era importante «abbiamo un problema».

    Lo sapeva che non sarebbe dovuta uscire. Dannazione, perfino l’oroscopo le aveva suggerito di rimanere sotto le coperte – anche se, parlando d’imprevisti, la Diesel non aveva propriamente pensato a quello. Cosa non andava in lei? Le stelle gliel’avevano detto, ed ecco cosa succedeva ad ignorarle.
    Inizialmente, aveva pensato ad una semplice seccatura. Non era la prima volta che qualche Buon Uomo, come a Vin piaceva definire gli sbirri, la raccattasse dalla strada per portarla in centrale così da farle qualche domanda; dubitava che perfino quel giorno, seduta su una sedia in freddo metallo dietro ad una bianca scrivania, sarebbe stata l’ultima, nella sua lunga, lunghissima, vita, in cui avrebbe visto l’interno di una centrale di polizia. Ma.
    Ma: troppe cose, in quel primo pomeriggio di sabato venti novembre, non le tornavano. Fece guizzare la lingua fra le labbra, il capo reclinato sulla spalla mentre osservava il profilo irsuto dell’agente Faure. In primo luogo, Melvin non lo conosceva. Non lo conosceva!, e lei lì dentro conosceva tutti, più familiare che a casa propria (modo di dire, considerando che una casa non l’aveva, ma insomma contava il pensiero). In secondo luogo, le avevano messo le manette. Le manette!, e tutti sapevano che alla Diesel non servivano: non solo non era un soggetto pericoloso, ma era una giovane, e più affascinante, Houdini – sostanzialmente, avrebbero potuto fasciarle i polsi con uno dei sacchetti biodegradabili dei supermercati, ed avrebbero ottenuto lo stesso, nullo, risultato.
    E poi. Il motivo principale che fino a quel momento l’aveva tenuta , malgrado volendo avrebbe potuto fuggire diverse ore prima. Il vero affronto, ciò che proprio non riusciva a digerire o dimenticare.
    Melvin Diesel era un’eccentrica, adorabile, ed allegra, giovane criminale. Tutti avrebbero potuto affermarlo: si occupava di prostituzione, di contrabbando, di traffico di droghe, di corse clandestine; negli anni era stata – giustamente, vorrei sottolineare – accusata di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, usura, riciclaggio di denaro, contraffazione. Ma aveva un Codice d’Onore, e non l’aveva mai infranto. La pula che bazzicava bassifondi aveva sentito parlare di almeno una delle tante identità di Vin Diesel, e sapevano - perché lo sapevano! - che aveva una sola regola.
    Ecco perché l’accusa di quel giorno la fece incazzare: «non sono una ladra» ribattè allo sguardo implacabile dell’uomo, offesa e tradita dalla società. Come potevano anche solo insinuare una cosa del genere? Se l’avessero trattenuta in manette per un altro dei reati sopra citati, Vin sarebbe già stata fuori di lì con coscienza, e fedina, pulita, pur consapevole che nessuno le avrebbe creduto – ma quello? Inaccettabile. Ne andava della sua reputazione. «io sono la guardia del sito storico, io faccio le accuse» La bionda inarcò entrambe le sopracciglia e scosse indispettita l’indice nella sua direzione. «mhh no, io sono la guardia» Cosa? Cosa. L’agente Faure piegò la testa sulla spalla, ma la Diesel non perse terreno. «quindi tu sei il lupo» continuò, l’illice della mano ancora testardamente puntato contro il petto dell’uomo.
    Una strategia povera, ma pur sempre una strategia: cit nico, probabilmente.
    Ma aveva bisogno di tempo, perché c’era…c’era qualcosa, nell’uomo, che non le piaceva – ed a Vin solitamente piacevano tutti, quindi doveva trattarsi davvero di una…boh, speciale razza aliena; nel dubbio la Diesel si fidava sempre del proprio istinto, e l’istinto le diceva di continuare ad indagare.
    Non esisteva che la POLIZIA DI PARIGI ACCUSASSE LEI DI FURTO. Non mettevano dentro neanche i veri ladri, pur sapendo perfettamente le loro identità (ciao Eat), e volevano arrestare lei? Per un reato che non aveva commesso? OBIEZIONE, VOSTRO ONORE. Non aveva neanche chiesto un avvocato, pur sapendo (per esperienza) di averne il diritto: aveva più conoscenze lei di giurisprudenza di tutti gli adorabili sfigatelli in cardigan laureati al Panthéon-Assas, e (…sperava?) sapeva di poter gestire quel fraintendimento. Perlomeno, in una situazione normale l’avrebbe fatto.
    «dov’è leonard?» domandò cauta, spostando gli occhi chiari sull’uomo. All’occhiata di lui, si corresse con un morbido sorriso: «l’agente Hamilton» skste, ma per lei sarebbe sempre stato sugar daddy! Leonard. «voglio parlare con lui» se ne avesse avuta la possibilità, avrebbe incrociato le braccia sul petto – ahimè, aveva le mani legate. In tutti i sensi. L’altro si scosse nelle spalle azzardando un sorriso che le fece correre brividi lungo la spina dorsale, attivando con una sola smorfia tutti i diesel!campanelli d’allarme. Si irrigidì ma mantenne l’espressione cordiale, lo sguardo a farsi più affilato sul distintivo di Faure.
    Già detto che qualcosa non le quadrava? Magari m’era sfuggito. «non mi sembra il caso di disturbarlo per una minuzia del genere» minuzia? MINUZIA? L’avevano ingiustamente accusata di aver rubato una maledetta coppa d’epoca in sticazzi d’oro o quel che era?? SCUSA? Okay, Melvin soffriva di cleptomania (…beh, si, okay, qualcuno di troppo zelante avrebbe potuto dire che fosse, seppur involontariamente, una ladra, ma lei preferiva definirsi clinicamente curiosa) ma i suoi furtarelli si limitavano a penne, occhiali, timbri, bottoni – NON STRAMALEDETTE COPPE Più GRANDI DI LEI. Per chi l’avevano presa? Bruce FuckingHulk Banner? E poi dove l’avrebbe nascosta, di grazia, nel reggiseno? Oh, boi. «allora l’agente moulin» Dalia le offriva sempre il caffè, a Vin piaceva. L’uomo scosse il capo. «oggi non c’è» Pure. «chaput?» «mhmh» «fonTAINE?» Le sarebbe andato bene anche lui, malgrado allungasse un po’ troppo le mani.
    Faure, sospirando, si alzò. La superò, e Vin approfittò di quell’istante per recuperare la forcina che, for science, teneva sempre incastrata nella suola delle scarpe (si, ogni paio di scarpe). Sentì il rumore delle tendine plasticate ad oscurare la sala interrogatori dal resto della centrale, ma non si volse, continuando silentemente ad armeggiare con la serratura. Quel che più odiava delle manette, era che inibivano i suoi poteri. Cioè, andiamo! Dov’era il divertimento se non poteva sollecitare la libido di uomini e donne in uniforme? Ingiurioso. «devo solo farle qualche domanda, signorina wayne» Wayne. Le faceva ancora uno strano effetto, nonostante nella sua vita avesse cambiato più nomi che vestiti – era strano avere un nome che la legasse effettivamente a qualcuno, ed a dire il vero, quando si era una Melvin, non troppo piacevole: aveva temuto quel momento (la Centrale) per mesi, non voleva che a rimettere per le sue colpe fosse Dakota. Ed era stata brava, non l’avevano mai portata dentro neanche per una friendly talk. Dove aveva sbagliato? Fece scivolare le mani in grembo, chinandosi non curante in avanti per coprire la vista all’agente mentre lui tornava a sedersi dall’altra parte della scrivania.
    «da quanto dakota wayne è il suo tutore?» morse l’interno della guancia, una rapida occhiata al suo fianco. Non c’era nulla di male in quella domanda, e la risposta sarebbe stata del tutto onesta ed innocente, ma… «cosa c’entra?» «è solo per il verbale» Sventolò un foglio sotto al suo naso.
    Mmmh. «non può scrivere il verbale, non ho ancora un avvocato» marcò, appoggiando la schiena al sedile. «e le ho già detto che non ha prove per il reato del quale mi sta accusando, o mi è sfuggito fra un non sono una ladra - che, per inciso, è VERO – e l’altro?» accennò un sorriso statico, ma a quel punto della conversazione sarebbe stato superfluo dire che la bionda non fosse agitata.
    Lui la ignorò. «ho bisogno di sapere qualcosa sul suo tutore, signorina wayne»
    Perché? «vuole un autografo?» scherzò – ma neanche troppo: la gente era davvero strana.
    «dove posso trovarlo in questo momento?» Ancora, seppur la richiesta fosse del tutto lecita, uno sfarfallio nella voce e negli occhi le suggerì di tacere, ingoiando menzogne e risposte poco amichevoli. «se collabora, signorina wayne, sono certo che giudici e giuria saranno tutti ben disposti nei suoi confronti» Ma dai, stava davvero parlando di processo? Non aveva mai visto un’aula di tribunale neanche in televisione, riteneva improbabile che per un’accusa, se permettete il francesismo, del cazzo come quella, sarebbe stata costretta ad attraversare /la navata della vergogna/.
    «collaborare?» Ma quando mai? Mica erano colleghi, cos’era quella confidenza. «vorrei davvero parlare con leonard» «siamo solo io e te, ragazzina» replicò ruvido l’agente.
    «in…tutta la centrale?» «in tutta la centrale»
    Ecco. Se prima non avesse avuto alcun sospetto, in quel momento avrebbero cominciato a sorgere – ma dato che già prima fiutava inganni, alla risposta dell’uomo non potè che ingoiare altra saliva, e chiudere la dannata bocca.
    Pensa, Melvin.
    Non hanno mai dato il bianco al soffitto – è muffa, quella?
    Melvin.
    Fa un certo freddino, potevano darmela una felpa.
    Melvin.
    Ed a guardarlo bene, com’è stranamente familiare, questo poliziotto…avrà fatto qualche sit-com?
    MELVIN DIESEL.
    Ah, ecco! [sticker] «quel distintivo è falso!» eh, mannaggia la miseria! Come aveva fatto a metterci così tanto a capire cosa non le tornasse di quel rettangolino scuro? L’aveva detto che era lei la Guardia – IMPOSTORE! Sorrise trionfante, soddisfatta dall’aver compreso cosa l’avesse turbata.
    Aspetta- «quel distintivo è falso?» sollevò gli occhi verdi su Faure, a cui sfuggì un seccato sibilo a denti stretti. «non sei un poliziotto?» «odio i lavori sotto copertura» Era forse finita in una sitcom russa trash? Su skerzoni a parte? Era la vendetta di Tokyo per non averla portata all’aeroporto in elicottero? Il nuovo passatempo di un Leonard annoiato? Ebbe meno di un secondo per decidere il da farsi: avrebbe potuto sfuggire all’assalto di Faure e correre in cerca d’aiuto, ma avrebbe significato rimanere ignorante riguardo la questione per la quale in primis era stata trascinata lì; ecco perché scelse l’opzione kamikaze, incastrando le mani fra le ginocchia così che l’uomo non potesse vedere quanto oramai fosse vicina a liberarsi. L’impatto fu più morbido di quanto non si fosse aspettata, quasi elegante: un istante prima Faure era dietro la scrivania, e quello dopo le copriva metà del viso con una mano, e stringeva l’altra attorno al suo collo. «non ho tempo per le cazzate» LUI? Non dirlo a me, amico. «o mi dai informazione utili sui Salvatori, o esci di qui in un fottuto sacco nero. Sono stato chiaro?» Cercando di liberarsi almeno le vie respiratorie, gli offrì l’unica risposta che quell’ultimatum meritava: «no?» In che senso, scusa. Fu un cambiamento così repentino, e così random, da confonderla più delle dita dell’uomo sulla trachea.
    Cioè.
    Ma quant’era babbo? Non aveva ancora capito quale fosse la sua…copertura, ma:
    - Davvero si era presentato in una centrale con un distintivo falso? Slow clap, nonché quasi impossibile da fare se non con degli amici dall’interno (si, lo sapeva per esperienza) quindi mmmhh watcha say
    - Aveva appena fatto saltare il piano solo perché melvin era bionda fuori e dentro? La pazienza non era certo una sua virtù
    - ?????? L’AVEVA ACCUSATA DI FURTO? MA INFORMATI MEGLIO, CAZZO! e dire che un qualunque altro crimine non l’avrebbe mai messa sull’attenti, tsk. Principiante
    - E non poteva chiederle tutto gentilmente? Jeeeez, non c’erano più i delinquenti gentili di una volta; le mancava Jamie
    «non fare la finta tonta, ragazzina»
    Ma magari avesse finto. Non stava davvero capendo un cazzo, ma non l’avrebbe ammesso al suo nuovo amiko. «giuuusto, i “salvatori”» wink wink. «mettono il latte prima dei cereali – millenials» valeva?
    Dal ringhio di Faure dedusse di no. oh, ma che voleva da lei? «sei o non sei la ragazzina adottata da dakota wayne?» lei? nooooooooooooooooooooo doveva averla scambiata per qualcun altro. «no?» replicò esitante, spostando impercettibilmente le braccia per premere sul meccanismo delle manette. «immagino siano scuole di pensiero. Mi piace pensare di essere stata io ad adottare l- ahia???????????????» no, scusa??????????? Le stava puntando un coltello sul petto?????????? A LEI, CHE ERA CoSì CARINA E DISPONIBILE? Rozzo e maleducato. «lo sapevo che non avresti portato a un cazzo. prima mi occupo di te, e poi degli altri» ma gli altri chi.
    Cosa stava succedendo.
    E perché, come tutti i cattivi dei film, continuava a sbocconcellare pezzi del piano alla sua vittima? Non comprendeva, lei al loro posto non l’avrebbe mai fatto – neanche se avesse avuto la certezza di poter effettivamente uccidere la /prescelta/. - ma vabbè, nessuno aveva chiesto la sua (saggia) opinione in merito. «mi sento lusingata, eh, davvero, grazie» cioè, dai, aveva scelto lei per l’interrogatorio! Uauuuuu. «ma, sai com’è -» liberò le mani e sospirò. «non me la sento.» rapida, strinse le dita attorno al polso di “Faure”: «dormi» sentiva l’empatia pulsarle nuovamente sotto pelle, e non le ci volle più di un battito di cuore per spingerla verso Faure, assorbendo il suo stato d’animo e costringendolo poi a fare quello ch’ella voleva.
    In un secondo momento, si sarebbe resa conto che avrebbe fatto prima ad ucciderlo – ma ehi, era abituata a lasciar fare quel genere di lavoro a jamie altri: lei era una brava ragazza. Quando cadde a peso morto ai suoi piedi, Vin prese il suo aspetto ed i suoi vestiti, trascinandolo poi sotto la scrivania così che i suoi colleghi non potessero trovarlo.
    Okay. Piano di fuga.
    Piano di fuga? Mmmmmmmmm odiava scappare. Sistemò il cappellino sui corti capelli brizzolati, e con la classe data dell’esperienza – sempre detto, nella sua vita avrebbe dovuto recitare!!&&- uscì dalla stanza degli interrogatori. La (lo?) fermò un poliziotto che non conosceva, un certo Felicia.
    «cosa non aveva maurizio costanzo?»
    Tricky. «un polso della testa?»
    Mmmmmmm nel momento in cui pronunciò quelle parole e le spalle dell’altro si contrassero, dedusse di aver fallito un qualche tipo di test. Non rimase abbastanza a lungo da accertarsene, partendo di corsa verso l’uscita e stringendo nel palmo la beretta di servizio (…presa in prestito) dalla cintura dell’agente. «BYE FELICIA»

    Balzò fuori dalla macchina (che….aveva….preso in prestito L’AVREBBE RIPORTATA INDIETRO, DAVVERO!) (la beretta no, ma non lo riteneva un furto, al massimo un’azione estrema dettata dalla legittima difesa) (vabbè balliamo) quasi ancora in movimento, e si lanciò nel vialetto di Leonard. Indossava ancora la divisa, malgrado avesse nuovamente assunto il proprio aspetto; correndo, dovette tenere i pantaloni con la mano sinistra: sì che aveva poco pudore, ma non era ancora abbastanza in confidenza da presentarsi a casa di Leonard Hamilton, alla ricerca di Dakota Wayne, in mutande e con la camicia azzurra della polizia francese.
    Insomma. Avrebbe chiaramente mandato segnali fraintendibili.
    Bussò alla porta con entrambi i pugni, spingendola fisicamente come se avesse potuto, dal basso del suo neanche metro e sessanta, spostarla. «dakota?» gracchiò in uno strillo, picchiando ancora sul legno. Si attaccò nervosamente al citofono, senza preoccuparsi di poter turbare il sonno delle bambine. «DAKOTA» continuò, dondolando nervosamente sui talloni e continuando a lanciare rapide occhiate alle proprie spalle. «DAKOTA????????» andiamo - andiamo! «L E O N A R D» provò, appiattendosi contro l’uscio. Passarono solo pochi secondi, ma che le parvero un’infinità di tempo, prima che qualcuno aprisse – si lanciò all’interno della casa sbattendosi il portone alle spalle, le guance arrossate dal freddo e lo sforzo.
    Quando sollevò i grandi occhi verdi di fronte a sé, però, non trovò né Dakota né Leonard. Deglutì e si morse l’interno della guancia, impassibile all’occhiata irritata di Jason Maddox. Era importante - o almeno…credeva?
    Forse aveva esagerato. Magari essere una celebrità portava con sé anche vili minacce di sicari da quattro soldi.
    Eh vabbè, oramai era lì, prevenire era meglio che curare! «abbiamo un problema». Anzi, a voler essere del tutto onesti: «avete, un problema»
    Aveva sempre sognato di dirlo!

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    Jason Maddox
    «YOU'RE MY BITCH
    I RULE THIS FUCKING KINGDOM.»




    Le abitudini erano difficili da cambiare, specialmente se queste erano dei veri e propri vizi; perché di questo si trattava e Jason faceva davvero fatica a rinunciare a qualcosa che gli piaceva. Era una persona debole, cresciuto nel mondo dello spaccio e non poteva fare diversamente, ci aveva provato nel 2018, ma ora erano avanti di cento anni, quindi la regola del rimanere pulito non valeva, nella sua testa. Se Dakota provava a rendersi utile come medico,lui mandava avanti l'economia con la droga; insieme a Will avevano messo su un bel giro, erano davvero un bel team, anche se nessuno l'avrebbe mai detto o forse si; comunque grazie a questo nuovo lavoro poteva permettersi di vivere nel modo giusto in quel mondo e si rendeva utile. Purtroppo o per fortuna con loro c'era Melvin. Già, Jason lavorava con la figlia di Dakota,ed era per quello che era contrario a quell'adozione, la bionda era una delinquente. Non che la giudicasse, anzi sì lo faceva perché in famiglia bastava lui come caso umano, e il rosso doveva fare la crocerossina solo con lui. Egoista? Si. Gliene importava qualcosa? Ovviamente no. Dakota era suo.
    «Maddox?»
    «eh?»
    « prima che ti diventi duro. Ricordati che domani dobbiamo incontrare nuovi "fornitori"» disse Will, dandogli la parte della settimana,avevano davvero ingranato bene; si vedeva che lavoravano bene insieme, in fondo tra drogati se la intendevano bene. Jason alzò il pollice in segno di approvazione, per poi spegnere la sigaretta e alzarsi« Bene. Vado da Dakota»
    «troppo tardi eh?»
    «per cosa?»
    «Ti è già diventato duro»
    «Fottiti Barrow.» disse alzando pure il dito medio o come direbbe Arianna il trillice della mano per poi andarsene verso casa di Leonard, dove avrebbe trovato anche il suo ragazzo. Non vivevano ancora insieme, perché ovviamente non era il momento giusto dato che erano a spasso nel tempo, ma probabilmente non lo sarebbe stato in nessun caso, erano giovani per convivere. Jason non era pronto anche se gli piaceva la compagnia di Wayne e molto spesso a Londra se non fosse stato proprio per quest'ultimo non sarebbe sopravvissuto molto da solo; spesso faceva la spesa grazie ai post-it che gli lasciava il compagno sul frigo. Ma era meglio non pensarci al momento, in fondo erano lontani da casa e non avrebbero vissuto assieme ancora per molto tempo; forse prima avrebbero adottato dei figli, come giusto che sia, ma comunque la coppia era più salda in quel modo. Litigavano e lo avevano fatto di recente per via di Melvin, ma non ti dirò com'è andata a finire perché non lo so; quindi fingendo che non siano troppo in rottura, l'ex serpe arrivò alla "villa" di Leonard, dove ad aspettarlo ci fu Maeve. (viva i pg di Sara <3).
    «Dakota non c'è» disse la bionda dopo aver aperto, come accoglienza era fin troppo dolce; lei era un dei motivi della sua presenza in quella casa, la sua compagnia era davvero favolosa, come uno spillo sotto al sedere insomma.
    «Ciao anche a te. Tutto bene?»
    «Si e puzzi »
    «grazie» e chi diceva che tra i due non c'era amore eh? Era così palese che i due si sopportavano solo per Dakota. Dopo tutto questo tempo? Sempre. Il loro rapporto era così difficile da capire, non si odiavano davvero ma non era neanche amore il loro. Diciamo che Maeve era il male minore tra tutte le persone che frequentava Dakota; e questi ci porta al motivo per il quale Jason fosse da solo in quella vita, non aveva degli amici o comunque si potevano contare sulle dita di una mano.
    «Aspetterò Dakota qui se non ti dispiace» disse entrando, forse non era davvero ben accetto, ma alla fine non faceva niente di male, aveva il veto su molte cose e per il quiete vivere aveva deciso di rispettare le regole della casa, era uno spacciatore non un indisciplinato #wat.
    Non aspettò davvero il consenso della bionda, non lo faceva mai, ecco perché il loro rapporto era speciale, non si ascoltavano e si evitano se possibile. E si, erano andati a comprare il regalo per Dakota, ma non doveva diventare un'abitudine, assolutamente no.
    Si mise comodo sul divano, ignorando tutti, forse c'era un Leonard che voleva guardare uno di quei programmi strani che andavano tanto di moda in quel periodo, ma non gli importava davvero e se non poteva andare in camera di Dakota e aspettarlo come sapeva fare era meglio giocare a qualche video gioco, sembravano andare ancora di moda quei giochi che per i ragazzi dell'epoca eravo vintage.
    Era sul pezzo, stava correndo sull'auto come un vero delinquente e metteva sotto le persone come se niente fosse, aveva sempre adorato mafia 4 (chissà se funziona davvero così) ma non se l'era mai potuto permettere nel 2018, perché povero e ora doveva sfruttare l'occasione. Se mai fosse tornato indietro avrebbe provato a portarselo dietro, costavano così poco o forse era diventato ricco lui.
    «DAKOTA!!» chi cazzo urlava in quel modo? E poi perché nessuno stava andando ad aprire? Ma quella casa era deserta? «LEONARD!» e niente da fare continuava a far casino e lui era stato arrestato. Maledetta. Mise in pausa la console e andò ad aprire la porta contrariato.
    «Che cazzo. Smettila» disse aprendo la porta e quando vide Melvin rimase ancora più contrariato. Non che l'odiasse, anzi nel suo lavoro era brava ma proprio per quel motivo che non le piaceva come figlia di Dakota. Non era affidabile e dopo quella frase «avete, un problema» ne fu più che certo. «Grandioso. Vieni entra» . Se in un primo momento le avrebbe chiuso la porta in faccia senza problemi, il fatto che avesse quell'urgenza di Dakota e che avesse appunto detto che loro avevano un problema lo fece ragionare. Se riguardava lei non gliene sarebbe fregato molto, ma se c'entrava il suo rosso beh, in quel caso doveva capire cosa stava succedendo. «Dakota non c'è. Puoi dirlo a me. Di quale problema si tratta?»





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    made in china — I'm here at the beginning of the end


    Edited by Maddox - 9/4/2019, 12:56
     
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    Osservò Jason Maddox di sottecchi, le labbra lievemente sporte all’infuori in un primo, timido, accenno di un broncio. Non dico che si fosse aspettata un benvenuto con fuochi d’artificio e caipirinha già fresco sul tavolo (#sì) ma almeno un po’ di pathos: dov’era l’entusiasmo? Dov’era la sorpresa sul viso del moro? Ed il sibilo trattenuto in bocca con tanto di mano al cuore, ed occhi strabuzzati? Perché nessuno le dava mai soddisfazioni. Sospirò, temporaneamente dimentica del motivo che l’aveva portata a bussare alla porta di Leonard, incrociando offesa le braccia al petto. Posò gli occhi verdi su un peluche a forma di ranocchio poggiato su di una mensola, e – con la sua rinomata attenzione da pesce palla morto – eliminò dalla lista delle sue priorità quanto appena accaduto, nonché lo sguardo truce del giovane tatuato, socchiudendo la bocca in un sorriso estasiato. Non …sapeva se le piacessero o meno i bambini, non aveva mai dovuto porsi la domanda, ma sicuramente le piacevano i ninnoli a loro collegati. Si fiondò verso il pupazzo stringendolo con tenerezza fra le dita, ridacchiando fra sé quando, agita dondolo, un tintinnio di campanelle riempì la stanza. ADORABILE. Lo agitò di fronte a Jason, prendendo fra le dita le zampe della rana così che anche il pupazzo lo salutasse. «come siamo eleganti oggi!» mentì al moro, ma con buon cuore, cercando (e fallendo) di farsi strada nell’arido cuore del centenario. A Melvin non interessava cosa la gente pensasse di lei, ma non significava che non volesse affetto: lo cercava sempre e da tutti, assorbendone gocce che le parevano oceani interi – e facendoseli bastare. «mi piace la tua maglia» appoggiò con delicatezza la rana sul divano, sorridendo sincera al ragazzo del suo tutore. Qualcuno avrebbe potuto pensare che la Diesel fosse una lecchina, ma esserlo avrebbe implicato una meschinità della quale Vin era priva: i suoi complimenti erano sempre sinceri, e cercava di farne quanti più possibile perché, a dir suo, non aveva senso pensarlo e nom dirlo, quando dirlo poteva migliorare la giornata di qualcuno.
    Certo, quel ragionamento non valeva con Jason Grumpy Maddox – anzi, sembrava irritarlo ancora di più – ma le vecchie abitudini erano difficili da eliminare. Perlomeno, lo era in un contesto come quello. Lo era come Melvin Diesel, la goffa biondina dal sorriso facile che rideva ai dad jokes; la sedicenne aveva identità ben definite, ciascuna con uno scopo e delle skills, e tali parti di lei non erano Melvin: erano Sam la veggente, Sally la spogliarellista, Robyn la pilota, Scottex la spacciatrice, Lolita la prostituta; Smith aveva una mira eccellente, Miyagi conosceva le arti marziali – ed idealmente, Melvin avrebbe dovuto essere in grado di fare quello che sapevano fare loro, di essere loro.
    In pratica, «mentre venivo qua ho visto un ragazzo in botta a bordo strada, e ti ho pensato» felice nel dirlo, gli occhi a brillare di gioia, convinta fosse un complimento – beh? Per lei lo era, d’altronde significava che l’aveva pensato, no?
    Fun fact: essere empatici non aiuta a migliorare il proprio tatto.
    «Dakota non c'è. Puoi dirlo a me. Di quale problema si tratta?» Ah già, il problema. Vin schioccò la lingua sul palato, il labbro superiore arricciato mentre posava lo sguardo verde sull’ambiente circostante. Si strinse nelle spalle, decidendo che il proprio telefono sarebbe andato benissimo – perché certo non erano notizie che si potevano dare senza indorare la pillola. Credeva? Non aveva certo ottimi esempi di vita nelle relazioni sane (ciao Jamie). «ci vuole atmosfera» spiegò, ruotando appena gli occhi verso Jason mentre scorreva la sua libreria musicale. Annuì fra sé, premendo play con trionfo. Quando le prime note si sparsero nell’aria, sorrise ed iniziò a ballare per la stanza, agitando le braccia al cielo e roteando su se stessa like nobody’s watching. «allora, ero in centrale, no – si, mi avevano arrestato MA NON PER COLPA MIA GIURO – beh comunque – ah, te l’ho detto che le macchinette del caffè della vostra epoca erano una bomba? Preferisco il caffè endovena ma sono dettagli – ehi, ma lo avevate l’ombrello nel medioevo??» ho già detto che aveva l’attenzione di un pesce morto, sì? «SKIII PARAPARAPOOO PARAPARAPOOOO» cantò, saltando sul posto ed agitando i capelli. Forse doveva dirglielo cantando? Ma sì, dai. «sono bionda di fatto e di fama, ma come diceva will i am /i got it from my mama/, quindi te lo dico, ma puoi anche non farci un fico. Voi centenari siete belli e siete carini, ma qualcuno vi preferisce meno vivi – davvero, penso che qualcuno voglia morti MA EHI solo komplimenti niente torti!!&& » cosa? Cosa. Già che c’era, decise di cambiare argomento: «ehi vuoi provare le nuove pastiche smail? asking for a friend» letteralmente.
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    Jason Maddox
    «YOU'RE MY BITCH
    I RULE THIS FUCKING KINGDOM.»




    Jason era stufo del futuro, di essere lì e con Melvin, non fraintendetelo, lui non odiava la ragazza, anzi le piaceva come spacciatrice e per qualsiasi cosa facesse in quel posto, ma spesso era irritato dalla sua presenza, perchè troppo chiacchierona. Eppure decise di assecondarla, era sicuramente colpa del rosso se era diventato così tollerante. Dannato amore.
    «come siamo eleganti oggi!» mentì la bionda e Jason si ritrovò ad alzare gli occhi, già pentito per aver aperto la porta e di aver deciso di ascoltarla. Lo stava facendo solo per Dakota e quanto gli costava avere pazienza, davvero tanto, lui non era tollerante non lo era mai stato e sicuramente non lo sarebbe mai stato, specialmente con le bionde rompi palle, vedi Maeve. (scherzo ti amo).
    «mi piace la tua maglia»
    «Ti prego Melvin, arriva al punto. Non ti sopporto quando fai così, specialmente ora che non c'è Dakota, lo sai che non mi piaci» forse era stato rude, anche perchè non era che non le piacesse ma insomma, sapere che il suo ragazzo era diventato il tutore legale di una come lei, o comunque di qualcuno del futuro non lo faceva dormire sereno; quello non era il posto e il momento adatto per avere figli.
    «Scusa, continua» Non era così terribile come essere umano alla fine e gli sarebbe dispiaciuto se l'avesse ferita con quella frase, o forse no, non voleva semplicemente che si lamentasse con il rosso per poi doverci discutere; lo facevano già abbastanza da soli. «mentre venivo qua ho visto un ragazzo in botta a bordo strada, e ti ho pensato» E niente, non l'aveva neanche sentito, che parlava a fare. Si mise comodo, aspettando che la bionda la smettesse di divagare, era inutile farglielo presente, era un caso perso, prima o poi sarebbe tornata sul pianeta terra e gli avrebbe raccontato cosa era successo quel giorno.
    «allora, ero in centrale, no – si, mi avevano arrestato MA NON PER COLPA MIA GIURO – beh comunque – ah, te l’ho detto che le macchinette del caffè della vostra epoca erano una bomba? Preferisco il caffè endovena ma sono dettagli – ehi, ma lo avevate l’ombrello nel medioevo??»
    «Bionda, mi stai facendo venire il mal di testa» disse massaggiandosi le tempie, era davvero stanco di trovarsi lì e la ragazza continuava a perdersi nelle cazzate. Odiava perdere tempo, anche se non stava davvero facendo niente, voleva trovarsi da qualsiasi altra parte invece che nel salotto di quella villa a sentire sanguinare le proprie orecchie per le sue cazzate.
    «SKIII PARAPARAPOOO PARAPARAPOOOO» c
    «No ti prego, non farlo non iniziare a canta-» e fu praticamente inutile, era diventato invisibile agli occhi della ragazza, nonostante fosse lui la persona alla quale stava cercando di raccontare quello che le era successo. Poteva anche andarsene tanto non era intenzionata ad udirlo, era diventato parte della scenografia, poteva sembrare persino un cuscino.
    «sono bionda di fatto e di fama, ma come diceva will i am /i got it from my mama/, quindi te lo dico, ma puoi anche non farci un fico. Voi centenari siete belli e siete carini, ma qualcuno vi preferisce meno vivi – davvero, penso che qualcuno voglia morti MA EHI solo komplimenti niente torti!!&& » Non era stata così chiara in quel rap incasinato, dovette usare tutta la sua intelligenza e vi assicuro che non era stato facile, in più, la ragazza era difficile da capire di normale, in quel modo fu praticamente un miracolo captare il pericolo nelle sue parole. Ma ci era arrivato alla fine e «Dannazione Melvin!» si alzò di scatto , l'afferrò per le spalle e la scosse leggermente, le avrebbe anche dato qualche schiaffo ma si limitò a quello, aveva il terrore di veder entrare Dakota e di sentirgli urlare di non essere violento o peggio di essere carino. Le priorità. «Perchè cazzo non l'hai detto subito.» si spostò tornando a massaggiarsi le tempie, era tutto un bel casino quello, non erano al sicuro e doveva assolutamente avvertire gli altri. «Dobbiamo andarcene» fece per andarsene ma si voltò verso la bionda «grazie. credo.» li aveva avvertiti davvero o stava scherzando? No, si fidava di lei anche se non sembrava affidabile. Il suo sesto senso diceva già da tempo che non erano al sicuro lì, che quello non era il loro tempo e che presto o tardi sarebbero dovuti andare via. Dovevano tornare assolutamente a casa, dovevano trovare il modo per farlo e anche nel modo più veloce possibile.





    spia ribelle
    ex-slytherin
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    made in china — I'm here at the beginning of the end


    Edited by Maddox - 9/4/2019, 12:57
     
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    Cristo Santo, ma nel Medioevo non scopavano? Qualcuno dei suoi bravi concittadini s’era premurato di aggiornare le vecchie generazioni sulle moderne pratiche sessuali? Perché non sembrava affatto. Dall’esperienza di Melvin Diesel, reazioni del genere denotavano lacune di orgasmi semi frequenti, solitamente conditi dal pizzico di sadismo con safe word del bdsm. Capite perché non potè offendersi per la rudezza mostrata da Jason Maddox? Era una patologia clinica, roba seria. Vin era un’esperta nel campo frustrati sessualmente: era o non era amica di Jamie Hamilton da quasi cinque anni? Non la era Eh! Il cronocineta l’aveva temprata alle vette più alte (letteralmente), oramai era intoccabile agli sgradevoli atteggiamenti altrui. Con delicatezza, posò le mani su quelle del ragazzo, abbastanza serrate sulle sue spalle da non farle escludere la possibilità di ricavarne un paio di bei lividi (aveva una pelle delicata, fatele causa: nel suo paese natìo, il Canada, non aveva bisogno di pelle resistente alle percosse), offrendo amichevoli pacche d’incoraggiamento. Che altro avrebbe dovuto fare? Usare il tuo potere, Melvin - ma quello sarebbe stato come barare, ed alla Diesel piaceva giocare pulito. «Perchè cazzo non l'hai detto subito.» Era una…domanda? Doveva rispondere? Strinse le labbra fra loro, le sopracciglia lievemente corrugate. «meglio tardi che mai?» tentò; nella loro epoca i proverbi erano usati per colmare i tempi vuoti fra una battuta e l’altra, no? Tipo quello sulle mezze stagioni, o io l’ho data tre volte, e ancora non ho capito. Prese come un segno positivo che il Maddox avesse mollato la presa, sorridendo trionfante a se stessa.
    E poi: «Dobbiamo andarcene» Ma voi dove andate? Guardò di sottecchi il gigante tatuato junior, gli angoli della bocca curvati verso il basso. Se ne sarebbero andati? Sul serio? Melvin non vedeva Dakota come un genitore, ma non significava che non fosse affezionata al ragazzo; le piacevano Kieran, Murphy e Shot – le piaceva Akelei, un modello di vita al quale la Diesel poteva solo aspirare. Che significava andarsene? Non l’aveva messo in conto, quando s’era fiondata a bussare alla porta di Leonard. Melvin era stata addestrata a non pensare a se stessa, prima da abnegante e poi con mera mentalità da vittima il cui pensiero non contava un cazzo per nessuno, motivo per cui ingoiò le ritrosie riguardo l’idea che potessero, come tutti gli altri, andarsene. Uno credeva d’essersi abituato, e poi – ZAC! – sempre prime volte a mordere il culo. Stampò sulle labbra un sorriso leggero, un po’ sbieco ma genuino, trotterellando ancora al fianco di Jason. «posso aiutarvi, sono brava a creare nuove identità con cui ricominciare da un’altra parte» l’aveva fatto per se stessa, così brava nel proprio lavoro d’aver dimenticato chi fosse stata prima di cambiare nome e vita. Era il suo modo per fuggire dalla realtà, immaginare esistenze completamente diverse ch’ella mai avrebbe potuto vivere; anziché scrivere storie, Melvin applicava la propria creatività in maniera dannatamente pragmatica, aiutando nel mentre chiunque si fosse trovato nella necessità di fuggire: insomma, dall’antenata Erin Chipmunks c’era stato un notevole upgrade. «e ho un elicottero!!!» Strinse entusiasta le mani fra loro, già sognando il nome che avrebbe potuto dare a Dakota – aveva la faccia da Charles; Charles Great, un imprenditore nel campo librario? AH, quanta scelta!!&& «insomma, se -» allargò le mani in segno di resa. «se vi posso essere utile, intendo» Ma preferirei comunque non ve ne andaste.
    Non che qualcuno avesse mai chiesto il parere di Melvin Diesel, eppure un poco ci sperava sempre.
    So they pull back, make other plans I understand, I'm a liability Get you wild, make you leave I'm a little much for everyone --------
    20.11.2118 | empathy | 16 y.o.
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
    melvin wayne
    (vin diesel)
     
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4 replies since 20/11/2018, 02:38   290 views
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