Dark Alleys

amy + julien [challenge #01]

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    I'm great!
    Amy L. Whittaker
    La Dark Street era esattamente come Amy se l'era immaginata: buia, infima e piena di tipi loschi. Nonostante la giovane indossasse un cappuccio, quasi a coprirle il naso, questi tizi non le staccavano comunque gli occhi di dosso ed Amy si sentiva davvero molto a disagio, proprio perché non riusciva a fare un passo senza che questi la seguissero. Sapeva bene di avere di certo l'aspetto di una persona che non avrebbe mai dovuto essere lì, specialmente per i suoi capelli biondissimi ed il suo fisico da ragazzina, eppure Amy faceva ormai parte di quel mondo da diverso tempo ed aveva altrettanto diritto di camminare su quelle strade senza che si voltassero tutti a guardarla. Gli affari ne avrebbero di certo risentito di questo passo! Chi avrebbe mai scelto una ladra che non passava inosservata? Nessuno, però per fortuna il cliente venuto appositamente ad Hogsmeade per incontrarla voleva richiedere i suoi servigi proprio perché la conosceva di fama, quindi almeno per quel giorno non si sarebbe dovuta preoccupare di quel problema. Era certo, però, che quegli sguardi la infastidissero parecchio ma la giovane tentò comunque di dissimulare questo suo disagio e di continuare a camminare per la sua strada, proprio come se nulla fosse. "Mai mostrarsi deboli." pensò la giovane, sorpassando tutti a testa alta. Un tempo non avrebbe mai fatto una cosa del genere ma per fortuna il suo carattere era cambiato e di conseguenza anche il suo approccio al mondo. Non era più una ragazzina spaventata dalla sua stessa ombra, ma soprattutto era LIBERA. Aveva sperimentato due tipi di prigionia: una a causa del padre ed una nei laboratori. Però, a voler essere sinceri, non era poi così dispiaciuta di essere finita nei lab. Anche perché ne era uscita fuori con un potere fighissimo in più. Prima era solo una stupida babbana, mentre ora era qualcosa di speciale... di unico. Adorava usare il proprio potere, anche se c'era voluto un po' di tempo per padroneggiarlo. Il suo potere consisteva nell'emettere onde sonore, quindi bastava un suo urlo per far volare via i nemici, eppure non era così facile come sembrava. Amy era stata privata della sua voce per lungo tempo, nel senso che tutte le brutte cose che gli erano accadute le avevano praticamente tolto la voglia di parlare. Era come muta. Non diceva nulla se non quello che il padre voleva sentirsi dire, quindi ritrovare la propria voce non era stato facile (per niente). Urlare poi... chi aveva mai urlato? Non lei. Magari suo padre quando la picchiava, ma lei di certo no. Ma ora era totalmente diverso. Ora la sua voce era potente e non aveva paura di farla sentire. Era proprio una bella sensazione, no? Decisamente soddisfacente. "Spero di avere l'occasione di usare il mio potere in questa missione." pensò la giovane, sistemandosi in un angolino del luogo concordato.

    [...]

    Il suo nuovo cliente si chiamava Andrew Chalabi ed era un uomo di mezza età con una barba prominente e tanta pelle flaccida sulle braccia e sulla pancia. Il lungo mantello purtroppo non riusciva a nascondere tutto quell'orrore ed Amy dovette davvero faticare per non mostrare alcun segno di disgusto sulla faccia, però alla fine ci riuscì. Un cliente era pur sempre un cliente. Il signor Chalabi evidentemente aveva un conto in sospeso con la sorella che, a detta sua, aveva preso un oggetto magico (una lampada tipo quella di Aladino) appartenente alla loro bisnonna senza che le spettasse di diritto. Il compito di Amy sarebbe stato quello di prendere quella lampada e rubare anche altro in casa, così da non far cadere direttamente i sospetti su Chalabi che, ovviamente, aveva manifestato già più volte il suo disappunto sul fatto che la sorella avesse quell'oggetto in casa. « Affare fatto, Mr Chalabi. Può già ritenerla sua. » disse la giovane donna, sperando che questo bastasse a far andare via l'uomo. In realtà però il signor Chalabi non era contento così e pensò bene di stringerle la mano che risultò essere alquanto sporca e sudaticcia. "Vomito!" pensò Amy, cercando di stamparsi un bel sorriso in faccia. Dopodiché si allontanò subito, svoltando l'angolo il più velocemente possibile per andare a pulirsi la mano sul primo muro a disposizione. « CHE SCHIFO. » disse lei, quasi urlando, continuando a strofinare la mano sul muro.
     
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    Before the tears
    that tore us
    when our history was
    before us.
    «Ci deve essere qualcuno. Lo troveremo, e allora troveremo anche gli altri.» Annuì ripetutamente, un gesto destinato a rassicurare più se stessa che Meara, e chiuse per un paio di secondi gli occhi con un profondo respiro. Quando sentì che il lieve tremore alle mani si era attenuato abbastanza da permetterle di ragionare di nuovo lucidamente, abbozzò un sorriso in direzione della ragazza. Hazel era troppo intelligente, troppo determinata a trovare una soluzione a quella storia che durava da settimane per lasciarsi travolgere dalla tensione che non la abbandonava da giorni. Non le piaceva vivere nell’incertezza, nell’attesa di un esito positivo dai tanti che lei e l’amica interpellavano e che puntualmente non arrivavano. Ma a chi sarebbe piaciuto, del resto, vivere in un universo che non era il proprio?
    Si sistemò meglio il cappuccio per nascondere buona porzione del volto, poggiata con la schiena al muro della nicchia in cui si erano fermate per un breve riposo. Haz non poteva essere che grata alla presenza di Meara: non perdeva spesso la pazienza, ma da sola in quel mondo, senza di lei, con tutte le probabilità le sue buone intenzioni non sarebbero bastate a evitarle una crisi di nervi in piena regola. E anche se i nervi li aveva a fior di pelle, almeno erano in due e con accanto qualcuno con cui parlare si riusciva sempre a sopportare meglio qualsiasi situazione. Prima di immettersi per le strade poco affidabili di Dark Street, Hazel trattenne Meara stringendole amichevolmente il braccio. «Aspetta, ti sta scivolando il cappuccio.» Allungò una mano per aiutarla a riposizionare il mantello al proprio posto con fare quasi materno. «Andiamo.» Aspettò un suo cenno per uscire dal loro angolino appartato e riprendere a percorrere il vicolo con passi decisi e il capo chino.
    Dark Street non era un posto raccomandabile, e nemmeno sicuro, ma era il luogo perfetto dove condurre le loro ricerche senza dare troppo nell’occhio; non potevano permettersi diversamente e sarebbe stato da incoscienti esporsi esageratamente o andare dove vi erano molte persone. Lì era pullulante di individui che era meglio evitare e che si facevano gli affari propri: non avrebbero perso tempo a indagare su due ragazzine incappucciate, poiché avevano altro di cui occuparsi. Haz e Meara non volevano entrare a far parte di questo altro e avevano cura di essere il più discrete possibili.
    Voleva soltanto ritrovare tutti gli altri. Se solo avesse avuto la certezza che stessero bene e che nessuno avesse fatto loro del male! Vivere nell’incertezza la uccideva e l’ansia le stringeva lo stomaco ogni volta che la sua mente volava a loro e lei doveva appellarsi alla propria risolutezza per non indulgervi più di quanto convenisse. I suoi fratelli e gli amici che avrebbe voluto riabbracciare più di ogni altra cosa, Kal… al pensiero del biondo Hazel scosse la testa, quasi a negare al suo cuore di tremare e far emergere quel sentimento che la riempiva di emozione e palpitazioni, di farla voltare alla ricerca di quegli occhi ben noti e trattenere una risata un po’ agitata, e adesso aveva il solo effetto di farle rammentare quella discussione tra loro lasciata in sospeso che la tormentava.
    Lei e Meara avevano ragionato insieme, ed erano arrivate a una semplice conclusione: si riconoscevano facilmente le facce poco affidabili di chi frequentava spesso Dark Street. Si erano trovate d’accordo sul fatto che quegli individui non avrebbero portato loro nulla di buono e non avrebbero mai dovuto avvicinarsi. Dovevano concentrarsi su altre categorie, come i ragazzini che si avventuravano per Dark Street per fare qualcosa di trasgressivo o in cerca di avventura, o quei passanti che parevano distinguersi dai frequentatori assidui. In alcune occasioni Hazel si era ritrovata a fare appello ai suoi nervi di acciaio e utilizzare il potere che aveva ottenuto solo grazie all’intervento di suo nonno, che nel loro mondo aveva voluto utilizzare i propri soldi per permettere ai nipoti di divenire special e non essere dei reietti della società. Avere la capacità di immobilizzare le persone era un bel vantaggio a loro disposizione, ed era più facile cancellare loro la memoria.
    «Guarda, sono nuovi. E tanti,» bisbigliò a Meara, muovendo appena la testa a destra, a indicare un gruppetto in fondo alla strada che si incrociava alla loro. Se vedevano un maggiore movimento in una zona di Dark Street decidevano di evitare quest’ultima, dedicandosi ad anfratti più tranquilli. Ultimamente Haz era arrivata a pensare che, se avessero continuato a non ottenere risultati, avrebbero dovuto avventurarsi ovunque. Non l’aveva detto a Meara, speranzosa di non dover arrivare a quel punto; nonostante pensasse parecchio ed esprimesse solo parte delle proprie riflessioni, non di rado si ritrovava a esprimerli inconsciamente con un’espressione preoccupata o un abbraccio che reclamava dall’amica, contenta vi fosse lei a sostenerla e che potesse sostenerla a propria volta.
    «CHE SCHIFO.»
    Hazel rivolse un’occhiata corrucciata a Meara, alzando poi le iridi blu, schermate dagli occhiali da vista dalla montatura leggera, verso la fonte di quella voce femminile. La ragazza, o la donna che aveva parlato non era che a una quindicina di metri da loro. Avrebbero chiesto a lei: rallentò il passo e diede una lieve gomitata all’amica a farle intendere le sue intenzioni. Fece un sorriso rassicurante, anche se non vi era reale bisogno, perché credeva fermamente che la compassione e il sostegno aiutasse in ogni occasione, e indugiò solo per una frazione di secondo prima che la determinazione prendesse il sopravvento. «Ciao,» esordì, alzando il tono quanto bastava per farsi udire chiaramente. Fa che sia la persona giusta. «Hai sentito parlare del "sottosopra"?» Se lei fosse stata al corrente di loro, sarebbe bastato.

    Hazel
    (Haz)
    Rosier

    20 y.o. ✖ Special ✖ the thinker
    upside
    down
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco


    Edited by .hazard. - 14/11/2018, 19:24
     
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  3. [mocking]-jj
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    User deleted


    Finnegan McPherson
    JJ Odair [x]
    Oggi non è per niente una buona giornata, per me.
    Ieri sera mi sono addormentato relativamente presto, ma mi sono svegliato di soprassalto nel cuore della notte, dopo l’ennesimo incubo su Voce Stridente e Voce Roca. I loro Diffindo che mi squarciano il pigiama, seguiti da un Impedimenta per immobilizzarmi e dal legno freddo delle loro bacchette che si muove sulla mia gola. Nel mio sogno, tutto era esattamente come quella notte e non so come abbia fatto a non urlare nel sonno, prima di destarmi. Mi sono guardato intorno per cinque minuti buoni, insicuro su cosa stesse succedendo, su dove fossi, su cosa fosse reale e su cosa fosse frutto della mia immaginazione. Mi sono ritrovato a mordermi il labbro inferiore con forza, nel tentativo di soffocare i singhiozzi e di piangere in silenzio, portandomi le ginocchia al petto e abbracciandole nel tentativo di chiudere il mondo fuori, di isolarmi in un luogo immaginario in cui ero grande, potente, intoccabile, in cui i miei genitori sono ancora vivi e Voce Roca e Voce Stridente non erano mai entrati nella mia vita.
    Sono rimasto in quella posizione per un tempo che mi è sembrato infinito, concentrandomi unicamente sul respiro lento e tranquillo di Perses, che dormiva tranquillamente ignaro del fatto che, a pochi passi da lui, io stessi avendo l’ennesimo attacco di panico. Con gli occhi chiusi, ho immaginato il torace del biondo sollevarsi e abbassarsi ritmicamente, con un ritmo calmo e pacifico che, con uno sforzo sovrumano, ho cercato di riprodurre.
    Alla fine sono riuscito a smettere di piangere, a convincermi di essere stato semplicemente vittima di una ricaduta del Disturbo Post-Traumatico da Stress e che qualche seduta da un qualsiasi Magi-Psicologo avrebbe risolto ogni mio problema. In ogni caso, però, l’alba è arrivata più velocemente del mio sonno e, quando mi sono alzato dal letto, ero nervoso, stremato e sull’attenti, pronto a scattare e a difendermi al primo segno di pericolo.
    Ho passato tutta la giornata di lezioni in uno stato praticamente catatonico, fisicamente presente in aula, ma incapace di concentrarmi su quelle attività che, solitamente, sono sempre riuscite a distrarmi, a darmi qualcosa di diverso su cui focalizzarmi e a farmi sentire centrato, come se la mia vita fosse normale e la mia esistenza avesse uno scopo. Ma la mia mente, nonostante i disperati tentativi che facevo per controllarla, continuava a tornare su ricordi cupi e tristi. Ho continuato a pensare a tutto quello che ho perso, a tutto quello che non potrò mai avere, al desiderio che ho provato di svegliare Perses e supplicarlo di abbracciarmi, quella notte. So perfettamente che il biondo mi odia e che, probabilmente, pensa che io sia la creatura più repellente sulla faccia della Terra - e come dargli torto, del resto? -, ma ve lo giuro, non stavo minimamente cercando di infilarmi nel suo letto. Quello di cui avevo bisogno… Quello di cui ho bisogno è che un altro essere umano mi capisca, mi veda sul serio e mi dica che ce la posso fare e che, un giorno, riuscirò a non mentire, quando dirò al mio riflesso di stare bene.
    Non è un orgasmo che mi serve, ora come ora. Ciò che vorrei è qualcosa di infinitamente più importante ed intimo: un calore umano che non potrò mai più sentire. A meno di non voler uccidere un altro innocente con la mia maledizione, si intende.
    Attendo la fine delle lezioni con ansia, quindi, per poi catapultarmi fuori dal castello senza nemmeno pranzare e dirigermi verso Hogsmeade, nella piena consapevolezza che, se anche provassi a studiare, non riuscirei a cavare un ragno da un buco, oggi. So già che stasera me ne pentirò e che, nonostante sia piuttosto avanti col tema di Pozioni da consegnare tra due giorni, i sensi di colpa mi porteranno a pensare di essere un fallito incapace, indegno di indossare sul petto la stessa effigie che ha indossato Merlino, il Mago Serpeverde più potente della storia, probabilmente. Sorrido amaramente, realizzando di essere ormai in grado di prevedere con esattezza quasi scientifica le mie reazioni emotive, ma di essere comunque incapace di controllarle. E quindi sapete che vi dico? Fanculo.
    Una volta raggiunto il borgo magico più famoso della Scozia, mi metto a vagare senza meta tra le sue strade per quelle che mi sembrano ore, pervaso da un senso di rabbioso odio verso me stesso che, come al solito, mi rende infinitamente pericoloso. Non per gli altri, ovviamente.
    Comincio di proposito a vagare per i vicoli bui che non conosco, nell’insensato e autodistruttivo desiderio di perdermi per sempre nelle tenebre, di venire inghiottito da qualcosa che mi scagli nell’oblio per l'eternità. Dopotutto, chi sentirà la mia mancanza?
    È proprio mentre sono in preda a questi pensieri che sento un urlo provenire da dietro l’angolo. « CHE SCHIFO. » esclama una voce femminile, riscuotendomi dal mio torpore e spronandomi ad accelerare il passo. Anche nei momenti peggiori, resto pur sempre una scimmia curiosa, come mi chiamava sempre mia madre, e se c’è qualcosa di schifoso nelle vicinanze, voglio vedere di cosa si tratta, indipendentemente da quanto sto male.
    Non appena svolto a sinistra, vedo tre figure davanti a me. La prima è quella di una ragazza bionda che sta strofinando una mano sul muro con forza. È quella che ha urlato, probabilmente. Le altre due devono essersi appena avvicinate a lei, perché sento un saluto, seguito da una domanda che mi lascia totalmente spiazzato. «Hai sentito parlare del "sottosopra"?»
    Non è possibile. Che si tratti… « LUMOS! » esclamo velocemente, dopo aver afferrato la bacchetta. Un fioco raggio di luce illumina il vicolo buio, rischiarando lievemente i volti delle tre ragazze. « È tutto okay? Ti serve aiuto? » domando alla ragazza bionda, perquesendola con lo sgardo per assicurarmi che stia bene, prima di rivolgermi alle altre due figure. « Io ho sentito parlare del sottosopra. Vi prego, giuro di non essere un nemico, voglio aiutarvi! Chi siete? » chiedo sinceramente, con la voce vagamente tremante. Sono troppo stanco di sentirmi sempre così solo, di non avere mai nessuno su cui fare affidamento e spero che, magari, quelle ragazze possano diventare mie amiche, almeno per un po’, prima di tornare al sicuro nel proprio mondo e di fuggire lontano dall’anatema che rovina la vita di tutte le persone che amo.
    Senza contare che chi meglio di loro può capire cosa significa sentirsi smarriti, invisibili, impotenti in un mondo che, probabilmente, non potrai mai chiamare veramente "casa"?
    ... Sono veramente un idiota sentimentale, vero?
    16 y.o.
    slytheriffic | 6th year
    neutral
    Broken, broken and broken again.
    GRAVITY DON'T MEAN TOO MUCH TO ME. RUN AWAY!
    LIKE IT WAS YESTERDAY AND WE COULD RUN AWAY!


    Edited by [mocking]-jj - 19/11/2018, 23:43
     
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2 replies since 8/11/2018, 20:26   252 views
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