Finnegan McPhersonJJ Odair [ x] | Oggi non è per niente una buona giornata, per me. Ieri sera mi sono addormentato relativamente presto, ma mi sono svegliato di soprassalto nel cuore della notte, dopo l’ennesimo incubo su Voce Stridente e Voce Roca. I loro Diffindo che mi squarciano il pigiama, seguiti da un Impedimenta per immobilizzarmi e dal legno freddo delle loro bacchette che si muove sulla mia gola. Nel mio sogno, tutto era esattamente come quella notte e non so come abbia fatto a non urlare nel sonno, prima di destarmi. Mi sono guardato intorno per cinque minuti buoni, insicuro su cosa stesse succedendo, su dove fossi, su cosa fosse reale e su cosa fosse frutto della mia immaginazione. Mi sono ritrovato a mordermi il labbro inferiore con forza, nel tentativo di soffocare i singhiozzi e di piangere in silenzio, portandomi le ginocchia al petto e abbracciandole nel tentativo di chiudere il mondo fuori, di isolarmi in un luogo immaginario in cui ero grande, potente, intoccabile, in cui i miei genitori sono ancora vivi e Voce Roca e Voce Stridente non erano mai entrati nella mia vita. Sono rimasto in quella posizione per un tempo che mi è sembrato infinito, concentrandomi unicamente sul respiro lento e tranquillo di Perses, che dormiva tranquillamente ignaro del fatto che, a pochi passi da lui, io stessi avendo l’ennesimo attacco di panico. Con gli occhi chiusi, ho immaginato il torace del biondo sollevarsi e abbassarsi ritmicamente, con un ritmo calmo e pacifico che, con uno sforzo sovrumano, ho cercato di riprodurre. Alla fine sono riuscito a smettere di piangere, a convincermi di essere stato semplicemente vittima di una ricaduta del Disturbo Post-Traumatico da Stress e che qualche seduta da un qualsiasi Magi-Psicologo avrebbe risolto ogni mio problema. In ogni caso, però, l’alba è arrivata più velocemente del mio sonno e, quando mi sono alzato dal letto, ero nervoso, stremato e sull’attenti, pronto a scattare e a difendermi al primo segno di pericolo. Ho passato tutta la giornata di lezioni in uno stato praticamente catatonico, fisicamente presente in aula, ma incapace di concentrarmi su quelle attività che, solitamente, sono sempre riuscite a distrarmi, a darmi qualcosa di diverso su cui focalizzarmi e a farmi sentire centrato, come se la mia vita fosse normale e la mia esistenza avesse uno scopo. Ma la mia mente, nonostante i disperati tentativi che facevo per controllarla, continuava a tornare su ricordi cupi e tristi. Ho continuato a pensare a tutto quello che ho perso, a tutto quello che non potrò mai avere, al desiderio che ho provato di svegliare Perses e supplicarlo di abbracciarmi, quella notte. So perfettamente che il biondo mi odia e che, probabilmente, pensa che io sia la creatura più repellente sulla faccia della Terra - e come dargli torto, del resto? -, ma ve lo giuro, non stavo minimamente cercando di infilarmi nel suo letto. Quello di cui avevo bisogno… Quello di cui ho bisogno è che un altro essere umano mi capisca, mi veda sul serio e mi dica che ce la posso fare e che, un giorno, riuscirò a non mentire, quando dirò al mio riflesso di stare bene. Non è un orgasmo che mi serve, ora come ora. Ciò che vorrei è qualcosa di infinitamente più importante ed intimo: un calore umano che non potrò mai più sentire. A meno di non voler uccidere un altro innocente con la mia maledizione, si intende. Attendo la fine delle lezioni con ansia, quindi, per poi catapultarmi fuori dal castello senza nemmeno pranzare e dirigermi verso Hogsmeade, nella piena consapevolezza che, se anche provassi a studiare, non riuscirei a cavare un ragno da un buco, oggi. So già che stasera me ne pentirò e che, nonostante sia piuttosto avanti col tema di Pozioni da consegnare tra due giorni, i sensi di colpa mi porteranno a pensare di essere un fallito incapace, indegno di indossare sul petto la stessa effigie che ha indossato Merlino, il Mago Serpeverde più potente della storia, probabilmente. Sorrido amaramente, realizzando di essere ormai in grado di prevedere con esattezza quasi scientifica le mie reazioni emotive, ma di essere comunque incapace di controllarle. E quindi sapete che vi dico? Fanculo. Una volta raggiunto il borgo magico più famoso della Scozia, mi metto a vagare senza meta tra le sue strade per quelle che mi sembrano ore, pervaso da un senso di rabbioso odio verso me stesso che, come al solito, mi rende infinitamente pericoloso. Non per gli altri, ovviamente. Comincio di proposito a vagare per i vicoli bui che non conosco, nell’insensato e autodistruttivo desiderio di perdermi per sempre nelle tenebre, di venire inghiottito da qualcosa che mi scagli nell’oblio per l'eternità. Dopotutto, chi sentirà la mia mancanza? È proprio mentre sono in preda a questi pensieri che sento un urlo provenire da dietro l’angolo. « CHE SCHIFO. » esclama una voce femminile, riscuotendomi dal mio torpore e spronandomi ad accelerare il passo. Anche nei momenti peggiori, resto pur sempre una scimmia curiosa, come mi chiamava sempre mia madre, e se c’è qualcosa di schifoso nelle vicinanze, voglio vedere di cosa si tratta, indipendentemente da quanto sto male. Non appena svolto a sinistra, vedo tre figure davanti a me. La prima è quella di una ragazza bionda che sta strofinando una mano sul muro con forza. È quella che ha urlato, probabilmente. Le altre due devono essersi appena avvicinate a lei, perché sento un saluto, seguito da una domanda che mi lascia totalmente spiazzato. «Hai sentito parlare del "sottosopra"?» Non è possibile. Che si tratti… « LUMOS! » esclamo velocemente, dopo aver afferrato la bacchetta. Un fioco raggio di luce illumina il vicolo buio, rischiarando lievemente i volti delle tre ragazze. « È tutto okay? Ti serve aiuto? » domando alla ragazza bionda, perquesendola con lo sgardo per assicurarmi che stia bene, prima di rivolgermi alle altre due figure. « Io ho sentito parlare del sottosopra. Vi prego, giuro di non essere un nemico, voglio aiutarvi! Chi siete? » chiedo sinceramente, con la voce vagamente tremante. Sono troppo stanco di sentirmi sempre così solo, di non avere mai nessuno su cui fare affidamento e spero che, magari, quelle ragazze possano diventare mie amiche, almeno per un po’, prima di tornare al sicuro nel proprio mondo e di fuggire lontano dall’anatema che rovina la vita di tutte le persone che amo. Senza contare che chi meglio di loro può capire cosa significa sentirsi smarriti, invisibili, impotenti in un mondo che, probabilmente, non potrai mai chiamare veramente "casa"? ... Sono veramente un idiota sentimentale, vero? |