“What is the difference between monkshood and wolfsbane?"

Aaron x Mabel

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +2    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    292
    Spolliciometro
    +538

    Status
    Offline
    «No. Mabel, prima di aggiungere la radice in polvere di asfodelo, devi mescolare la pozione dieci volte in senso antiorario.»

    Era forse la… decima volta che ripeteva lo stesso passaggio, indicando al più giovane le pagine ingiallite del libro di pozioni. Per ovvie ragioni, non avevano avuto il permesso di esercitarsi nei sotterranei, causa primini intenti a far esplodere calderoni, ma giacché il compito assegnato al ragazzo fosse quello di ricreare alla perfezione il Distillato della Morte Vivente, ripassare gli ingredienti non era di certo del tempo sprecato. Era una pozione tremendamente ostica, con passaggi criptici, tanto da aver creato innumerevoli problemi persino a maghi esperti; ricordava ancora vividamente il color melanzana della sua prima prova e il rossore sulle sue guance. Non potevano esserci errori nella preparazione, perché una delle possibilità era quella di avvelenarsi e morire sul colpo, a meno che non si avesse un Bezoar a portata di mano per pura fortuna. Dubitava, comunque, che qualcuno girasse con un antidoto nelle tasche dei pantaloni.

    Quindi, viste le sue doti da pozionista e lo sguardo supplicante del più giovane (aveva scoperto che gli occhi azzurri di Mabel avevano un qualche tipo di potere sulla sua volontà), aveva accettato di aiutarlo; insomma, erano giorni che, per un motivo o per un altro, si ritrovavano insieme e quindi perché non impiegare quel tempo rendendolo utile? Entrambi necessitavano di studiare; lui per poter passare l’anno senza stupidi intoppi, Mabel per—beh, per far entrare in quella testa di zucca delle nozioni utili.
    E dire che gli sembrava abbastanza sveglio, nonostante l’impressione che fosse sempre con la testa tra le nuvole.
    Il prossimo step sarebbe stato quello di insegnarli a gestire gli incantesimi di guarigione; erano passate settimane dalla partita di Quidditch, eppure il suo naso era ancora un tantino ammaccato, coperto da una garza per nascondere il livido violaceo esteso fin sulle occhiaie. Sì, si intravedeva lo stesso, ma non c’era poi molto che potesse fare a riguardo se non attendere speranzoso che tornasse alla normalità.
    Probabilmente, l’intervento del Tassorosso non aveva fatto altro che prolungare quell’inutile sofferenza, ma andava bene così.

    «La pozione in classe ha preso fuoco perché ti sei dimenticato di aggiungere il settimo pezzo della radice di valeriana. Devi metterla a quadrati della stessa misura, devi essere preciso al millimetro. Vedi?»

    Si sposta appena, seduto sull’erbetta rada, sporgendosi per picchiettare il dito sull’immagine dell’ingrediente. Alza appena lo sguardo, fissando il ragazzo di sottecchi, sospirando piano dalle labbra.
    Doveva avere pazienza, lo sapeva.
    L’arte delle pozioni non era qualcosa di facile e se presa nel modo sbagliato, rischiava di diventare un incubo. Fortunatamente, nella sua carriera scolastica, non aveva mai avuto intoppi nell’apprendere velocemente sia incantesimi che intrugli magici; era chiaramente un ottimo studente, nonostante l’indole aggressiva. Ma, eccezionalmente, era anche un buon mentore, nonostante nessuno sapesse quanto gli piacesse poter aiutare gli altri a studiare; era piacevole sentire le rotelle delle altre persone attivarsi, renderle partecipi del sapere e far sì che le abitudini sedentarie lasciassero il posto ad un vivido interesse.
    Forse Mabel era stato il primo in assoluto ad avergli chiesto esplicitamente un aiuto e ad aver avuto una risposta positiva. Non che nessuno si fosse mai avvicinato così tanto da chiedergli ripetizioni, data l'aura di terrore che emanava, nemmeno i suoi compagni di Casa si erano mai azzardati a fargli certe proposte.
    Sarebbero rimasti sorpresi, in realtà, da quanto paziente fosse in quel contesto.

    La ritrosia iniziale, a dispetto di tutto, si era tramutata in un tacito apprezzamento; Mabel era, come gli aveva già fatto presente, abbastanza silenzioso. La sua compagnia era piacevole ed aveva scoperto che avessero più cose in comune di quanto pensasse: il Quidditch, più di tutto, era sicuramente in prima posizione. Era palese che si divertissero, chi più espressamente dell’altro, a discutere delle varie strategie di gioco o delle squadre migliori degli ultimi anni.
    Erano stati entrambi bocciati più di una volta, ma non gli aveva mai domandato il motivo; gli sembrava ancora troppo presto per poter azzardare una domanda tanto personale, ma capiva bene cosa dovesse significare per il Tasso rimanere indietro.
    Entrambi possedevano un gatto. Il suo, Nox, era nero come la pece, con dei bellissimi occhi dorati, mentre quello di Mabel, Accio, bianco. In realtà, la spiegazione riguardo al nome del gatto altrui, ovvero che lo facesse sbellicare il fatto di poterlo appellare chiamandolo, aveva fatto sì che una risata gli sfuggisse dalle labbra senza poterla controllare. Sì, l’aveva divertito, era qualcosa a cui non avrebbe mai pensato.
    Che cretino, quel Mabel.

    «Lo capisco, è una pozione difficile» anche lui aveva dovuto escogitare delle semplificazioni, vista la quantità spropositata di passaggi «sarebbe più utile farla in classe, ma anche ripassare ti dovrebbe servire. Negli appunti che ti ho passato—se non sbaglio, ho scritto qualche promemoria» senza troppi problemi, lasciando il quaderno nelle mani di Mabel, sfoglia le pagine fino ad arrivare alla fine.
    Evidenziati con attenzione e ordine, per ogni passaggio della pozione, vi erano indicati dei trick da poter utilizzare per semplificarsi la vita.
    Guardandoli, si poteva chiaramente intuire quanto fosse—troppo preciso, ai limiti dell’ossessivo.

    «Hai domande? Vuoi aspettare la fine delle lezioni per andare nei Sotterranei e provare? Possiamo ripassare altro nel frattempo» ovviamente l’avrebbe accompagnato, altrimenti quel pomeriggio di studio non sarebbe valso proprio a nulla. Magari, se Mabel avesse deciso di impegnarsi, avrebbe potuto prendere un ottimo voto e, perché no, anche un Oltre ogni Previsione.

    Aaron Felix Icesprite
    Are you sure on that one?
    I thought the base for a love
    potion was supposed to be champagne.
    Study
    Potion
    Draught of Living Death
     
    .
  2.     +3    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Inferius
    Posts
    354
    Spolliciometro
    +366

    Status
    Offline
    Do they know I was grown with you?
    Mabel Withpotatoes
    Quand'è che aveva cominciato ad essere tanto insofferente? Forse qualche anno prima, quando la sua famiglia era stata scossa dalla colpa di sua sorella Aidan, o forse ancora prima, in un evento più banale come uno sciocco commento canzonatorio da parte di un qualche coetaneo che però era riuscito a ferire il suo animo particolarmente sensibile; oppure era parte di sé, da sempre, come un virus che lentamente continuava a corroderlo dall'interno, dandogli la nausea al punto tale da dover inserire il pilota automatico e smettere di pensare per non impazzire. Era un malessere di cui non riusciva mai a liberarsi, che non condizionava soltanto il suo umore o il suo atteggiamento, ma che permeava la sua persona al punto tale da cambiarlo. La scuola ne era un esempio lampante: non è che fosse stupido o irrecuperabile, è che non riusciva a trovare la motivazione sufficiente per impegnarsi in qualcosa, non ne vedeva il senso. Non era una cosa che dipendeva da lui, davvero, aveva abbastanza orgoglio da riuscir poco a sopportare l'umiliazione dell'ennesimo fallimento, dell'ennesima bocciatura, eppure non riusciva a far niente perché le cose andassero diversamente. Spesso si sentiva come paralizzato, incapace di ricordare ciò che aveva poco prima studiato o distratto al punto da sbagliare il compito più basilare, tanto da arrivare a chiedere a sé stesso se non fosse effettivamente un po' tonto.
    Anche Aaron aveva perso diversi anni di scuola, forse più di lui, ma si trattava di una situazione totalmente diversa: lui era intelligente, straordinariamente capace, ci sapeva fare eccome. A dirla tutta, Mabel non riusciva proprio ad immaginare come avessero fatto a bocciarlo visto che gran parte delle cose che sapeva per lui erano invece totalmente sconosciute. C'erano dei momenti in cui, osservandolo, aveva l'impressione di avere davanti qualche mistica figura ultra senziente e dotata di capacità illimitate a lui inaccessibili, ed in quelle volte si ritrovava a dover immediatamente distogliere lo sguardo dall'altro per non dargli chissà quale impressione.
    Ad un certo punto gli aveva chiesto aiuto, aveva iniziato a pensare che forse il Serpeverde potesse essere quella speranza di cui aveva bisogno e, sebbene avesse buttato la proposta come fosse stata una cosa da niente, in verità era stata una grossa rivoluzione per uno come lui. Aveva ammesso di avere un problema e stava provando a migliorarsi, non si trattava forse di questo? In parte, avrebbe detto Mabel. In parte, perché se da un lato si trovava piacevolmente sorpreso da quel suo improvviso slancio al cambiamento, dall'altro non faceva che rendere più netto il confronto fra sé stesso e l'altro, e gli altri, lo faceva sentire un po' più solo. Ed era in questi pensieri che spesso si perdeva, nonostante le spiegazioni di Aaron fossero talmente impeccabili da non poter certo dire che non fosse un bravo insegnante, eppure lui finiva ugualmente per perdere il filo, come sempre. Gli succedeva di frequente, di perdere il senso e di tornare poi alla realtà senza avere idea di come recuperare quanto aveva mancato, e gli dispiaceva, lo portava a chiedersi come diavolo facessero i suoi amici o Aaron stesso a non averlo ancora mollato. E dunque, la sua ammirazione ed il suo affetto per loro non poteva che crescere.
    «Mh-mh.» mormorò in risposta all'ennesimo tentativo del Serpeverde di spiegargli in cosa sbagliasse nella preparazione del Distillato di Morte Vivente tanto da fargli letteralmente esplodere il calderone fra le mani. La verità? Non aveva ascoltato una sola parola, troppo impegnato a seguire con lo sguardo le dita dell'altro che, lievemente, sfioravano il libro di Pozioni per mostrargli ora questo passaggio, ora quell'altro ingrediente. Come risultato, avrebbe saputo dire con estrema precisione quante pieghe ci fossero tra il pollice e l'indice di Aaron e come queste aumentassero al piegare della mano per voltare pagina e, chiudendo gli occhi, aveva anche l'impressione di poter visualizzare in maniera piuttosto accurata le piccole, impercettibili, macchie di melanina sulle sue nocche, ma no, del Distillato non aveva ancora appreso niente in più di quanto già non sapesse -molto poco, in realtà-.
    «Lo capisco, è una pozione difficile» grazie al cielo, quel commento riuscì a riportarlo coi piedi per terra e, inevitabilmente, a ricordargli quanto sciocco fosse perdere la testa quando era stato lui stesso a chiedere al Serpeverde di dargli una mano. Avrebbe voluto darsi il libro sulla fronte, più e più volte.
    «Sì, mi pare di sì.» stava andando alla cieca? Stava andando alla cieca. Non aveva mai aperto quel quaderno e, sì, se ne rammaricava, ma—shit happens? Posò dunque lo sguardo su quegli appunti del tutto nuovi per lui, e non riuscì a trattenersi dallo sgranare gli occhi davanti all'incredibile ordine al millimetro che regnava tra le annotazioni di Aaron. Per quanto lo riguardava, non sarebbe riuscito a scrivere in maniera tanto precisa neppure se si fosse esercitato per tutta la vita. E non si trattava solo di scrittura: bastava guardarli per capire chi dei due fosse il trasandato. Mabel, con il suo maglioncino sgualcito ed i capelli che parevano non aver mai visto un pettine, ed Aaron, la barba tagliava in maniera impeccabile ed i vestiti perfettamente stirati addosso.
    «Hai domande?» innumerevoli, infinite. «Solo una.» affermò, fissando lo sguardo dinanzi a sé verso le acque scure del Lago. «Realisticamente parlando, quante possibilità pensi che abbia di superare quest'anno?» perché, per quanto gli riguardava, lui riusciva a contarne molto poche. «Io ci provo, non è che ti abbia chiesto di darmi una mano tanto per fare, e vorrei veramente, ma...» ma, cosa? Ma non sono capace? Ma non ci arrivo? Ma qualcosa non va in me? «Bho, niente, lascia stare. Si vedrà.» scosse le spalle, lasciando che quel gesto cancellasse ogni traccia della sua incertezza. Non aveva voglia di parlarne e sicuramente non aveva voglia di parlarne con Aaron: avevano già fin troppe cose per cui essere in competizione senza che si mettessero in mezzo anche le sue difficoltà scolastiche. Si era spinto già fin troppo oltre. «E direi che per oggi va bene così. Non voglio approfittare così tanto del tuo tempo solo per una stupida scommessa.» ew, forse gli era uscita un po' male. «Voglio dire, non sei obbligato a fare quello che stai facendo o a fingere che t'importi.» sulla difensiva, come ogni volta in cui la sua fragilità minacciava di essere messa a nudo. Era decisamente un caso disperato. «Non abbiamo fatto nessun patto di sangue, per tua fortuna.»
    18 Y.O. | Hufflepuff
    Chaser | time-traveller
    If they're here to smoke,
    know I'll go with you.
    Just keep it outside.
    Stay with me, my blood, you don't need to run.
     
    .
  3.     +2    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    292
    Spolliciometro
    +538

    Status
    Offline
    C’era qualcosa che non andava. Lo sentiva nell’aria intorno a loro, nello sguardo assente del compagno e nel modo in cui Mabel annuisse senza vederlo davvero.
    Non era di certo arrabbiato, nonostante fosse palese che non avesse ascoltato una singola parola della spiegazione; in un certo senso, poteva definirsi curioso, forse un tantino preoccupato. Perché era in apprensione, poi? C’era qualcosa che gli sussurrava di doverlo essere, senza alcuna ragione apparente.
    Era come se il Tassorosso, in ogni caso, si fosse perso in qualche pensiero infelice. Conosceva quella sensazione, così bene da sentirsi quasi connesso a quelle stesse elucubrazioni mentali. Cosa frullava in quella testa riccia?

    I “non sono abbastanza” e “non ce la farò mai” erano sicuramente un ottimo punto di partenza. Date le continue bocciature, sentirsi in quel modo sarebbe stato del tutto normale; persino lui, grande e grosso e fintamente forte d’animo, risentiva della pressione. Magnus sembrava sempre sul punto di dire qualcosa, ma non lo faceva mai; era però palese la delusione nei suoi occhi. E anche lui stesso, quando si guardava allo specchio, scontrandosi con la realtà, vedeva un estraneo che non lo rappresentava, ma che ne faceva le veci. Un idiota che stava sprecando la sua vita dietro stupide risse, parole astiose e scarsa considerazione degli altri. Sentiva come se tutto quello, tutto il pacchetto d’odio, fosse rivolto esclusivamente a ciò che era diventato.
    Alle volte si domandava cos’avesse scatenato un tale risentimento nei confronti degli altri, perché disprezzarli e far credere loro di poter essere migliore non aveva mai avuto un gusto dolce, ma amaro. Era per questo che, puntualmente, stava da solo; la solitudine lo aiutava a rimanere impassibile, la lontananza a non farsi troppe domande, perché scomode: dove ho sbagliato? Perché sono così? E tante altre a cui non sapeva (voleva) dare una risposta.

    Nonostante questo, le persone intelligenti lo intrigavano. Era certo che nel Castello vi fossero delle menti geniali pronte a discutere intellettualmente di qualsivoglia argomento, ma al solito… non era quello il punto. Sentiva che, se fosse stato un’altra persona, in un’altra vita, avrebbe potuto ricreare una cerchia per far sì di condividere interessi e passioni, ma che come Aaron non ne fosse assolutamente capace.
    Guardando Mabel, comunque, gli sembrava di aver trovato l’eccezione alla regola che si era imposto, ovvero di non dare più del dovuto a nessuno. Okay, studiare insieme era qualcosa che faceva volentieri e come aveva già pensato prima, sarebbe stato più che entusiasta di aiutare chiunque con le lezioni, ma con il Tasso era diverso.
    Diverso in un modo che non aveva idea di cosa significasse, ma che l’aveva colpito alla loro prima partita di Quidditch, fino ad arrivare a dov’erano adesso. Parlargli era semplice, capirlo ancora di più.

    Sono le parole di quest’ultimo che lo riportano al presente, perso a domandarsi cosa avesse trovato in Mabel rispetto al resto degli altri studenti.
    La domanda che gli rivolge lo lascia per un attimo interdetto, incapace di rispondere in maniera veloce. Certo che pensava che ce l’avrebbe fatta, che cosa si era messo in testa? Eppure, il resto gli fa stirare le labbra in una linea dritta, con un pizzico di amarezza. Ecco, lo sapeva.
    La convinzione per cui fosse lì solo per quella scommessa che, detta francamente, aveva messo da parte nel momento in cui Mabel era riuscito a farlo ridere. Sì, era vero, il loro "rapporto d'amicizia" era iniziato con un battibecco, ma pensava che il fatto di trovarsi bene fosse qualcosa di reciproco.
    Era a conoscenza della sua reputazione, del suo essere indisponente e di rispondere male il più delle volte, ma erano abitudini dure a morire e stava cercando di fare il meglio possibile per sotterrare le innumerevoli asce di guerra.

    Si sistema meglio sull’erba, nervosamente, e osserva il lago cristallino, dove il mostro stava sguazzando liberamente sollevando qualche schizzo d’acqua.
    «Sarò sincero» premette, poggiando entrambe le mani dietro di sé, per tenersi ed avere comunque una buona visuale del ragazzo «non capisco perché non credi in te stesso» esordisce, dopo qualche istante di pausa. Ed era la verità, non riusciva proprio a figurarsi il motivo di tutta quella insicurezza «l’ho notato dalla rivincita e non ho mai capito il perché ti sottovaluti, qualsiasi cosa tu faccia. Perché diamine non dovresti passare l’anno? O entrare in Nazionale?» detto questo, sospira dalle labbra «Non mi sembri né ritardato, né incapace. Distratto? Sì, probabilmente contavi le pecore durante la spiegazione, ma non è questo il punto. Il punto è che—lo so. Qualsiasi cosa ti frulli in quella testa, qualsiasi vocina ti dica “non sei abbastanza» volta il capo per guardarlo, ignorando i commenti aspri dell’altro. Non era facile parlare così tanto, non era abituato a quel tipo di confronti. Ma il fervore, il nervosismo, le domande erano stati tutti fattori scatenanti di quel discorso «sono come una malattia che non ci permette di andare avanti. Non sarei qui ad aiutarti se non credessi fermamente che sei intelligente. La scommessa è, francamente, qualcosa a cui non penso nemmeno più» fa spallucce, distogliendo lo sguardo e puntandolo, nuovamente, verso l’orizzonte «dovresti aver capito che certe stupidaggini come gli obblighi non mi interessano. Ma se la cosa ti fa sentire meglio, possiamo anche chiudere qui e salutarci, ognuno andrà per la sua strada»

    Detto questo, si zittisce, con le sopracciglia aggrottate e lo sguardo contrito.
    Parlare così tanto—dio, che stanchezza.


    Aaron Felix Icesprite
    Are you sure on that one?
    I thought the base for a love
    potion was supposed to be champagne.
    Study
    Potion
    Draught of Living Death
     
    .
  4.     +2    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Inferius
    Posts
    354
    Spolliciometro
    +366

    Status
    Offline
    Do they know I was grown with you?
    Mabel Withpotatoes
    L'atteggiamento indisponente che tirava fuori ogni qual volta fiutava un discorso ch'era meglio evitare, il modo in cui allontanava le persone quando queste cercavano di scavare più a fondo, di andare oltre le sue difese — quello, insieme al suo innato talento per scappare via di fronte all'incertezza, avevano fatto sì che ben pochi gli si rivolgessero così come Aaron aveva appena fatto. A dir la verità, forse soltanto Idem, ma era sua sorella e le sue parole, per quanto pronunciate con sincerità, non avevano sortito l'effetto da lei sperato. Poi c'erano Maple, o Erin, ma con nessuno di loro era mai riuscito ad aprirsi del tutto e, a dir la verità, non ci aveva neppure provato. Non che con Aaron si fosse invece lasciato andare, tutt'altro, eppure lui aveva capito senza bisogno di dire niente. Forse era perché, come lui, anche il Serpeverde aveva saggiato il sapore della sconfitta, il sentimento d'impotenza dinanzi all'ennesimo fallimento o forse, semplicemente, aveva più occhio di chiunque altro avesse mai conosciuto prima. In ogni caso, doveva ammetterlo, ci sapeva fare: e dire che prima di allora, ben prima del loro patto, aveva immaginato che l'altro fosse tutt'altro che incline a parlare in quel modo. Era convinto che fosse un tipo ben più pratico, come la maggior parte dei Serpeverde che aveva avuto il dispiacere d'incontrare, barbaro più che burbero. Ma aveva dovuto ricredersi. Aaron si era dimostrato il contrario di superficiale, silenzioso sì ma non perché non avesse niente da dire e neanche perché, come lui, tendesse a perdersi nel proprio mondo. No, Aaron sembrava invece uno coi piedi per terra, uno con le idee chiare; uno all'opposto di Mabel, che proprio non riusciva a capacitarsi di come il compagno non avesse ancora fatto carriera, intelligente com'era. «Sì, probabilmente contavi le pecore durante la spiegazione, ma non è questo il punto.» sebbene non fosse quello il punto, il Tassorosso non poté che chinare il capo lievemente in imbarazzo, perché si aspettava che l'altro si fosse accorto della sua distrazione, ma sentirselo dire tanto a brucia pelo... meh. Era proprio una persona orribile. «Non sarei qui ad aiutarti se non credessi fermamente che sei intelligente.» però. Non c'era niente che potesse dire per ribattere ad un'affermazione del genere perché niente avrebbe espresso adeguatamente il misto di gratitudine, ed affetto, ed ancora imbarazzo che ora sentiva; nemmeno nelle sue più remote fantasie avrebbe potuto immaginare che qualcuno, uno che lo conosceva a malapena per di più, potesse ritenerlo degno di parole del genere. Rimase in silenzio perciò, le dita intente a torturare un ciuffo d'erba dinanzi a sé, lo sguardo ancora perso altrove, non certo verso il proprio interlocutore. «La scommessa è, francamente, qualcosa a cui non penso nemmeno più» certo, neanche lui aveva più dato importanza alla cosa, ma fino ad allora era stato convinto che l'altro gli stesse dietro per senso dell'onore, per mantenere la parola data. Neppure per un istante aveva creduto alla possibilità che gli stesse accanto per propria volontà, non avrebbe avuto senso, non per uno come lui. Che poi, a pensarci: come lui, come? Dal momento che, oramai era evidente, si era fatto un'idea completamente sbagliata del Serpeverde, gli restavano poche certezze su cosa potersi aspettare. «Ma se la cosa ti fa sentire meglio, possiamo anche chiudere qui e salutarci, ognuno andrà per la sua strada» fu questo a risvegliarlo dal mutismo, la possibilità di averlo in qualche modo 'ferito' o di non essersi fatto comprendere a dovere, insieme a quella di perdere qualunque legame si fosse instaurato fra loro per uno sciocco fraintendimento. «No» rispose dunque dapprima, con tono quasi allarmato, d'impulso. «ovvio che no.» strappò via un altro povero filo d'erba prima di arrendersi e voltare leggermente il capo verso Aaron, i capelli sulla fronte a coprirgli leggermente gli occhi. «A me fa piacere, sai, anche gli sbruffi e le occhiatacce e tutto il resto.» era decisamente troppo da dire senza sdrammatizzare, senza sorridere per dare minor peso a ciò che invece intendeva davvero comunicare. «L'ho detto per te, perché capisco che possa essere una seccatura star dietro a qualcuno che sembra non aver voglia di ascoltare. Ma ti assicuro che non è così, che non c'era niente che non andasse nella tua spiegazione né tanto meno che io non fossi motivato a starti a sentire. E' solo» fece spallucce, minimizzando ancora «qualcosa che non va nella mia testa.» si picchiettò un paio di volte la tempia con un dito, alzando gli occhi al cielo con rassegnazione. «Non sto cercando di fare la vittima o di sminuirmi. So di avere delle capacità, però io proprio non riesco. E' una cosa che va oltre il mio controllo, è sempre stato così.» ed era vero, lo sapeva da che ne avesse memoria. Sapeva di avere talento con il Quidditch e di essere abbastanza perspicace da poter apprendere qualsiasi nozione, anche la più difficile, con una certa facilità... Eppure c'era un blocco, lì da qualche parte nella sua testa, che gli impediva di farcela davvero. «Ma se tu hai davvero voglia di star dietro a questo cervello bacato, allora non sarò certo io a fermarti.» e finalmente sollevò davvero il capo, scostandosi poi i ricci dal viso. «In realtà un po' speravo che lo dicessi, volevo solo esserne sicuro.» ecco, l'aveva ammesso.
    18 Y.O. | Hufflepuff
    Chaser | time-traveller
    If they're here to smoke,
    know I'll go with you.
    Just keep it outside.
    Stay with me, my blood, you don't need to run.
     
    .
  5.     +2    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    292
    Spolliciometro
    +538

    Status
    Offline
    Non era un maestro di vita, né credeva di poterlo essere per nessuno. Non lo era nemmeno per sé stesso e, anzi, era il primo che si sabotava senza pietà. I “sei inutile” o “guardati, ti odiano tutti” erano come un veleno sottopelle, una coltellata al petto. L’aveva voluto lui? Mhm, no. Non proprio. Ma l’adolescenza non era stata clemente e nemmeno gli altri ragazzini, quindi andava bene così. Adesso era più alto e più spaventoso di chiunque si fosse mai permesso di prenderlo in giro per le sue passioni, per i suoi giochi da persona “anziana”, come tendevano spesso a ricordargli, e non aveva più paura. Anzi, erano gli altri a doverne avere di lui. Da una parte, era estremamente compiaciuto di poter facilmente stendere un suo coetaneo con un pugno, senza l’utilizzo della bacchetta; dall’altro non era propriamente fiero di quei pensieri.

    Stava in silenzio perché i compagni tendevano ad evitarlo e non c’era da stupirsi se fosse considerato come una persona solitaria e aggressiva, perché gli anni passati non avevano mai dimostrato il contrario. Lo era, non poteva negarlo: essere dispotico faceva parte del suo caratteraccio e, sebbene stesse cercando di limitarsi, non poteva fare a meno di lanciare occhiate omicide a chiunque osasse solo toccarlo con la punta delle dita. Era un riflesso, un’abitudine. E come tutte le cattive abitudini, era dura a morire.

    Dopo la bocciatura, l’ennesima, si era reso conto che finire in Sala Torture, ingaggiare lotte con gli altri studenti e saltare le lezioni non fosse un modo sano di vivere o di andare avanti. Era stato suo nonno a chiedergli, con la sua solita delicatezza, se ci fosse qualcosa a turbarlo, se potesse fare qualcosa per aiutarlo. Sì, c’erano tante cose che gli frullavano per la testa, che non riusciva a capire, ma non pensava che né Magnus, né nessun altro potessero dargli la soluzione. La colpa di quei fallimenti era sua e non poteva incolpare il fato per il suo essere totalmente incapace di rapportarsi in modo normale, di avere degli amici come tutti i suoi compagni, di essere meno scorbutico come se gli avessero morso la coda.

    Eppure, eccolo lì, arrivato dal nulla come una piccola speranza.
    Mabel era particolare, nonostante non fosse in grado di capirlo. Era intelligente, spigliato, dai modi abbastanza infantili, ma non quelli fastidiosi che gli facevano venire voglia di strangolarlo. Una persona normale non si sarebbe mai azzardata a raggiungerlo per chiedergli scusa, né avrebbe insistito così tanto per farsi perdonare una scorrettezza; non ricordava un singolo episodio che lo riguardasse e che avesse come soggetto lui che riceveva delle scuse. Era stato insolito? Sì, decisamente. Nella rabbia non si era assolutamente reso conto di quanto quel gesto fosse stato assurdamente stupido, ma altrettanto inaspettato. Doveva ammettere che sì, il suo senso dell’onore gli impediva di lasciare il ragazzo al proprio destino, ma era anche consapevole che andando avanti, aveva scoperto che parlare con Mabel non gli dispiacesse così tanto. Che sembrava realmente interessato a ciò che diceva, a parte durante quella sessione di studio.
    Avrebbe capito, comunque, se il Tasso non avesse più voluto vederlo o, comunque, continuare quella che per lui era evidentemente solo una scommessa. Andava bene, era così abituato a non avere nessuno intorno che non avrebbe notato il cambiamento. (non troppo almeno)

    Con le sopracciglia corrucciate, quindi, rimane a fissare il Lago, senza vederlo davvero, finché il “no” allarmato dell’altro non lo fa sobbalzare, colto alla sprovvista. Si volta, con le palpebre appena più sgranate, chiaro segno che sì, l’avesse spaventato, ma anche abbastanza sorpreso. La veemenza con cui aveva risposto era stata del tutto inaspettata.

    «Mhm» riprende la compostezza, lanciandogli, per l’appunto, un’occhiataccia. Doveva lavorare sulle battute, perché facevano pena. E quando mai sbuffava? Non era così palese! (nel frattempo, sbuffa dal naso, senza nemmeno rendersene conto)
    Nonostante quel piccolo siparietto, ammorbidisce lo sguardo, ascoltandolo senza interromperlo.
    Riconosceva in Mabel ciò che spesso era sicuro di vedere in sé stesso: un potenziale immenso, ma sotterrato da una valanga di insicurezze. Avrebbe voluto dirgli “ehi, non devi giustificarti. La tua testa va bene così, devi solo avere pazienza”, ma rimane in silenzio a fissarlo.
    Poi sospira, passandosi una mano dietro al collo e chiudendo gli occhi. C’erano così tante cose da poter dire, ma gli sembrava come se tutto fosse troppo scontato, troppo cliché per essere utile.
    Ti capisco, quando dici che non riesci… non ci riesco nemmeno io”, ma quando si sta in silenzio per troppo tempo, in che modo si può pensare che lasciarsi andare sia giusto?

    «Non presumere, in primo luogo» che intanto era un inizio, perché pensare che fosse lì per qualche sorta di beneficienza non lo entusiasmava affatto «Oh, lo so che la mia spiegazione andava bene» su quello non aveva il minimo dubbio, dato che aveva ripassato il Distillato per poterlo spiegare a Mabel nel migliore dei modi «e troveremo una soluzione» la mano dietro la nuca passa al mento, strofinandosi la barba «non ho intenzione di sminuire quello che senti—e non sono un Medimago, non posso fare dignosi» il Whitpotatoes aveva tutto il diritto di avere dei dubbi «quello che posso fare è provare a farti prendere il controllo» si volta, fissandolo con gli occhi azzurri indagatori «niente va oltre il nostro controllo. Siamo dei maghi, troverò una soluzione, giacché mi va di stare dietro al tuo cervello bacato» aveva doti abbastanza sviluppate come pozionista, non aveva di certo paura di affrontare una sfida. Se Mabel aveva problemi a concentrarsi, avrebbe fatto il possibile per alleviarli, nel limite delle sue capacità.

    Socchiude le palpebre, pensieroso, già pensando ad alcuni ingredienti, finché le parole dell’altro non lo lasciano per un attimo interdetto. Alla fine, alza gli occhi al cielo, sbuffando. Di nuovo.

    «Quando vuoi qualcosa, dillo. Non sperare» le speranze non portavano proprio da nessuna parte.

    Aaron Felix Icesprite
    Are you sure on that one?
    I thought the base for a love
    potion was supposed to be champagne.
    Study
    Potion
    Draught of Living Death
     
    .
  6.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Inferius
    Posts
    354
    Spolliciometro
    +366

    Status
    Offline
    Do they know I was grown with you?
    Mabel Withpotatoes
    In quel poco tempo che avevano passato assieme, la figura di Aaron Icesprite aveva assunto innumerevoli forme diverse nell'immaginario di Mabel. All'inizio aveva guardato con un certo timore quelle sue spalle larghe, il corpo asciutto che trasudava sicurezza da ogni poro, gli occhi taglienti, in grado di attraversarti da parte a parte come niente. Poi, abbandonato il pregiudizio del Serpeverde incline all'ira, aveva iniziato a pensarlo come fosse una roccia, incapace d'essere scalfito da alcunché. Vedeva l'indifferenza nelle sue espressioni, la naturale superiorità di chi sa quel che vuole e come ottenerlo, tutto il contrario di quello che invece era lui. Lo sentiva distante, non riusciva neppure a considerare l'idea di avere qualcosa in comune che andasse oltre la passione per il Quidditch e la lealtà verso la parola data. Poi, in quei pomeriggi passati tra lo studio e le chiacchiere superficiali, aveva cambiato ancora una volta idea: si era aggiunta l'ammirazione per quei suoi modi eleganti, per quell'intelligenza che risultava evidente in ogni suo gesto e parola. Ed infine eccolo, ad ascoltarlo parlare e a chiedersi se ancora una volta non avesse sbagliato qualcosa in quell'immagine che nella sua testa continuava a montare e rimontare ma che non rendeva mai giustizia all'originale. Una cosa lo sorprese più di ogni altra, ovvero che quel petto, che era stato prima paura, poi pietra e poi maturità, adesso si stava trasformando solo in sicurezza. Aveva l'impressione che quelle spalle lo avrebbero protetto, anche se non sapeva ancora da cosa, ma ne aveva fiducia, voleva averne. Era insolito per Mabel, perché mettere la propria debolezza nelle mani -sulle spalle- di qualcuno era un gesto che richiedeva un certo coraggio, e lui di coraggio non ne aveva mai avuto. Ma quell'Aaron, che conosceva appena e non abbastanza per poterlo ritenere del tutto onesto, per poter credere che le sue parole fossero concrete e non sputate al vento prive d'importanza, quell'Aaron riusciva a far sparire la sua angoscia dicendo soltanto «troveremo una soluzione», perché somigliava tanto a «non sei solo». E Mabel l'avrebbe abbracciato, sì, probabilmente l'avrebbe fatto se non fosse stato troppo occupato a restare inerme, con lo sguardo sulle acque scure del lago e i denti stretti fino a farsi male. Si sarebbe lasciato andare, avrebbe pianto persino, avrebbe poggiato la testa su quel petto -tra quelle spalle- e non avrebbe pensato più a niente.
    Ma Mabel era un uomo, non più un ragazzino, e conosceva la vergogna, la ragione, ancora la paura, e non l'avrebbe fatto. Sarebbe rimasto immobile, avrebbe pensato alla cosa giusta da fare, non avrebbe lasciato che il proprio impulso rovinasse quello che quei giorni avevano costruito. Perché, ne era certo, era così che avrebbe rovinato tutto: esponendosi ancora, completamente, illudendosi di poter avere di più che una vana, eppur non scontata, felicità.
    E poi quello, quel «Quando vuoi qualcosa, dillo. Non sperare», che pareva quasi un invito, come se in qualche modo fosse riuscito a leggere i suoi pensieri e gli stesse chiedendo di farla finita con quel terrore da bambino maltrattato. Ma non poteva esserne sicuro, non poteva rischiare di mandare tutto a puttane. «E' una bella filosofia.» mormorò dunque, lasciandosi cadere sulla schiena fino a restare disteso sull'erba umida. «Poter dire qualunque cosa ti passi per la testa senza pensare alle conseguenze.» incrociò le braccia dietro alla testa per sollevarla appena, riuscendo così ad intravedere l'altro. «Ma dimmi una cosa, e voglio che tu sia completamente onesto» cominciò, esitando qualche istante prima di parlare ancora «a te andrebbe davvero bene se io lo facessi? Per esempio, poniamo il caso che ora io avessi voglia di prenderti a pugni, e te lo dicessi con tutta sincerità: non pensi che questo complicherebbe le cose? O peggio, non lo so, se volessi baciarti» non aveva dato troppa importanza a quelle ultime parole nel pronunciarle, ma una volta tirate fuori riuscirono immediatamente a farlo arrossire, seppure lievemente. «Era giusto per farmi capire, eh» si affrettò a spiegare, spostando lo sguardo immediatamente altrove.
    18 Y.O. | Hufflepuff
    Chaser | time-traveller
    If they're here to smoke,
    know I'll go with you.
    Just keep it outside.
    Stay with me, my blood, you don't need to run.
     
    .
  7.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    292
    Spolliciometro
    +538

    Status
    Offline
    La schiettezza e l’onestà erano delle qualità che, senza ombra di dubbio, facevano parte della sua persona. Non molti riuscivano ad apprezzarle, perché sentirsi dire in faccia che facessero schifo non era propriamente qualcosa di delicato, né educato. Ma essere onesti non era soltanto un qualcosa di negativo e, per come la vedeva lui, andava al di là delle semplici definizioni becere: essere sincero equivaleva anche ad essere un essere umano decente e a far presente anche i pregi delle persone.
    Mabel non lo conosceva abbastanza per poter sapere che non aveva la minima intenzione di mentirgli, nonostante fosse un Serpeverde e, soprattutto, nonostante la sua nomina da piantagrane.
    Le bugie non avevano mai fatto parte di lui, né da ragazzino, né da adulto, quindi il Tasso non aveva di che preoccuparsi, non gli avrebbe mai mentito.

    «È la seconda volta che mi chiedi di essere onesto, Mabel» constata, osservandolo mentre si distende sull’erba, come se avesse appena deciso che per quel giorno avessero finito di studiare. Non che sperava diversamente, ma gli sarebbe piaciuto poter approfondire ancora un po’ la parte dei Distillato meno complicata, così da finire il paragrafo. Ma, era evidente, il ragazzo non aveva la minima intenzione di fare altro che non fosse parlare ed andava bene. Gli piaceva starlo a sentire «non mi faccio problemi a dirti le cose, pensi che mi interessi mentirti o darti false speranze? No, rispondo io per te.»

    Era meglio mettere subito le cose in chiaro, per evitare fraintendimenti. Se Mabel si aspettava di ricevere falsità o, ancora, pacche di commiserazione sulle spalle, beh—aveva sbagliato persona. Era disposto ad aiutarlo, a fare uscire il potenziale da quella testolina riccia, ma era anche lì per poterlo capire meglio e affrontare quelli che per lui sembravano problemi insormontabili. Avrebbe ascoltato ogni suo dubbio, probabilmente come un amico era normale che facesse, e si sarebbe messo in gioco per potergli essere quanto più di aiuto possibile. Insomma, non aveva intenzione di sprecare quello che il destino sembrava pronto ad offrirgli, ovvero una possibilità per essere una persona decente.
    Mabel gli sembrava fragile come un bicchiere di cristallo, aveva persino paura di romperlo; ma sapeva ponderare le parole, all’occorrenza. Non era un barbaro dalle maniere rudi (non sempre) e capiva i sentimenti che rendevano la vita del minore difficile.

    A parte ciò, ascolta la domanda con interesse e, doveva ammetterlo, un pizzico di sorpresa. Quel Tassorosso riusciva a sorprenderlo con una tale facilità da domandarsi se non avesse qualche superpotere. Sembrava come se non avesse idea del significato o delle implicazioni di certe domande, ma non aveva la minima voglia di farlo sentire a disagio.
    Per questo, conscio del leggero rossore sulle guance di Mabel, decide di posare il libro di Pozioni nella tracolla e distendersi accanto a lui, in silenzio. Non si volta per guardarlo, soprattutto per dargli tempo di riprendersi dalla vergogna, ma di cui non aveva nulla da preoccuparsi.
    Andava bene, qualsiasi cosa gli frullasse per la testa.

    «A me andrebbe bene» risponde, dopo un po’, non specificando a cosa si stesse riferendo, con gli occhi puntati verso il cielo «ma non sono le domande giuste, secondo me. Dovresti domandare a te stesso: andrebbe bene a me? Starei meglio?» posa le mani sul petto, intrecciando le dita «ci imponiamo sempre dei limiti, fa parte della società. Pensiamo alle conseguenze un po’ troppo spesso—e non mi fraintendere, non sto dicendo che tutto sia permesso. Ci sono cose che hanno bisogno del consenso» beh, quello era più che ovvio «ma altre no. E di quelle non me ne preoccuperei. Per darmi un pugno non hai bisogno del mio permesso, perché vuoi farmi del male e non potrei mai dirti “sì, fai pure” senza che ti prenda le conseguenze. Forse per un bacio sì—ma non sempre, quello è più legato ad altri sentimenti, se rimaniamo nella sfera sana della discussione» perché poi c’erano baci rubati senza consenso, baci non voluti, quelli dati contro la volontà—e di certo non stava parlando di quello.

    Sospira, per un attimo, chiudendo gli occhi. Cos’era giusto e cosa sbagliato? Come si poteva determinare una cosa tanto soggettiva? Era giusto, ad esempio, strappare i fili d’erba dal terreno? Era sbagliato togliere la possibilità di vivere persino a delle piante? Era giusto agire secondo l’istinto o era sbagliato farlo per via della morale?

    «Da bambino ho mangiato così tanto cioccolato da sentirmi male, ma non me ne sono mica pentito. L’ho fatto perché volevo farlo, anche se mio nonno—beh, non è che ne sia rimasto propriamente entusiasta.» a questo punto, volta appena il capo, rivolgendo un piccolo sorriso d’incoraggiamento a Mabel «il punto è… se non prendi in mano la tua vita, non lo farà nessuno per te. Dovresti vivere in funzione di quello che ti fa sentire bene, non aggrapparti a ciò che ti fa soffrire» non erano di certo parole buttate al vento perché sapeva cosa volesse dire stare male, avere l’impressione di essere sempre nel torto, di sbagliare qualsiasi passo facesse. Era terrificante mettere davanti a sé l’occasione di poter essere felici, eppure era qualcosa che andava fatto «pensi che stia sbagliando? Che essere troppo sinceri sia qualcosa di cui si ci può pentire?» domanda, a quel punto, curioso di sentire cosa Mabel avesse da dire a riguardo «facciamo finta che sia stato io a farti quelle domande. Come reagiresti se ti dicessi che voglio darti un pugno? O baciarti?»

    Aveva delle aspettative per quella risposta? Forse. Ma ormai aveva capito che parlare con il minore fosse sempre qualcosa di unico, di interessante, imprevedibile; lo stimolava a lasciarsi andare. Non avrebbe mai fatto quei discorsi ad altre persone, ma sentiva come se qualcuno gli stesse sussurrando all’orecchio “andrà tutto bene, ti puoi fidare”. E forse l’avrebbe fatto sul serio.

    Aaron Felix Icesprite
    Are you sure on that one?
    I thought the base for a love
    potion was supposed to be champagne.
    Study
    Potion
    Draught of Living Death
     
    .
  8.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Inferius
    Posts
    354
    Spolliciometro
    +366

    Status
    Offline
    Do they know I was grown with you?
    Mabel Withpotatoes
    «È la seconda volta che mi chiedi di essere onesto, Mabel» deformazione professionale? Maybe. D'altra parte, se era finito in Tassorosso, qualcosa doveva pur significare, e poi aveva sempre un po' temuto le bugie. Il non conoscere la verità, la possibilità di essere tenuto all'oscuro di qualcosa di potenzialmente molto più grande, abbastanza da dover essere celato, lo poneva meno a quella necessità di controllo di cui invece aveva dannatamente bisogno. In fondo era proprio di questo che si trattava: trovare un modo, uno qualunque per aver sempre la situazione fra le mani, che provenisse dall'esterno o da sé stesso, ed ecco perché fuggiva o si isolava o sorvolava il campo di Quidditch sotto la pioggia fino a morir di freddo. Ed ecco perché non aveva mai creduto a quell'assurda lettera 'dal futuro sé', né tanto meno a quella voce che di tanto in tanto gli suggeriva 'forse non sei al tuo posto'. Perché complicare ulteriormente le cose? Ciò che sapeva era già fin troppo per lui. Aaron gli sembrava sì una persona schietta, ma era pur sempre un essere umano e, Mabel ne era certo, anche lui doveva avere dei segreti e delle paure. Non credeva possibile che qualcuno potesse essere tanto libero come il Serpeverde diceva d'essere. Tuttavia non lo contraddisse, né fece alcunché per fargli presente la sua perplessità: rimase in silenzio, ancora, ad ascoltare il suono della sua voce che, sebbene non del tutto, riusciva a non fargli perdere il filo del discorso come invece era solito accadergli.
    «A me andrebbe bene ma non sono le domande giuste, secondo me. Dovresti domandare a te stesso: andrebbe bene a me? Starei meglio?» eulà, che Aaron Icesprite stesse deliberatamente evitando di rispondere alla sua domanda? Che lo avesse in qualche modo messo in difficoltà? Non gli era dato saperlo, certo, ma non poté fare a meno di sorridere fra sé e sé per quella piccola, insignificante vittoria. Eppure il discorso del Serpeverde aveva senso, non si poteva dire che non filasse: gli stava suggerendo di pensare più a sé che agli altri, cosa che in effetti faceva ma da sempre nel modo sbagliato. «Ho serie difficoltà ad immaginarti bambino.» scherzò, piegando la testa dal suo lato per poterlo guardare meglio, la guancia premuta contro l'erba umida. «Non penso che sia sbagliato» mormorò dopo esserlo stato a sentire, improvvisamente più serio «è che non sempre è facile come dici e non sempre è la cosa giusta da fare, secondo me.» e non che lui avesse la più pallida idea di come riconoscere i momenti in cui fosse più o meno giusto, ma gli sembrava una cosa abbastanza plausibile da affermare. Tante volte avrebbe voluto che qualcuno gli dicesse cosa fare e quando farlo, ma per qualche motivo finiva sempre per fare la scelta meno azzeccata. «Come reagiresti se ti dicessi che voglio darti un pugno? O baciarti?» meh. Esitò qualche istante, cercando anche stavolta, fra le tante nella sua testa, la risposta corretta. Se avesse dovuto seguire la ragione, forse sarebbe stato giusto dire che avrebbe voluto delle spiegazioni o qualcosa del genere. Ma era davvero quello che voleva? Non preferiva forse dire ancora una volta la cosa sbagliata ma almeno tirarla fuori e liberarsi di quel fardello che sul suo stomaco pesava come un macigno? «Preferirei che lo facessi e basta.» disse a quel punto, probabilmente sperando meno in un pugno, ma insomma... Si sarebbe assunto le conseguenze di entrambe le eventualità, nel caso. «Almeno non avrei il tempo di scappare via, no?» sorrise allora, posandosi un braccio sulla fronte per coprirsi gli occhi dalla luce -e un po' per nascondersi da ciò che aveva appena detto-.
    18 Y.O. | Hufflepuff
    Chaser | time-traveller
    If they're here to smoke,
    know I'll go with you.
    Just keep it outside.
    Stay with me, my blood, you don't need to run.
     
    .
  9.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    292
    Spolliciometro
    +538

    Status
    Offline
    Non c’era assolutamente nulla di sbagliato nell’essere diffidenti. Insomma, non si conoscevano da così tanto tempo e sapeva quanto fosse difficile poter credere alle parole di uno pseudo sconosciuto. Capiva Mabel e la sua ritrosia, i dubbi che sicuramente avevano affollato la sua mente dopo discorsi tanto utopistici. Forse era lui che immaginava un mondo troppo schietto? O, magari, non gli era mai importato abbastanza di apparire simpatico per poter essere una persona gentile? Erano tante le risposte che avrebbe potuto darsi per risolvere quell’enigma, ma la più plausibile sembrava quella della totale mancanza di delicatezza dovuta, probabilmente, al suo essersi isolato per così tanto tempo.

    Oh, in realtà era stato un bambino adorabile, con la bocca sempre sporca di cioccolata, ma qualcosa era andato storto durante il periodo della crescita. Non in senso di bellezza o di avvenenza, quello non pensava fosse il problema principale, sebbene non fosse totalmente convinto di ispirare chissà cosa. La sua barba era troppo folta, le cicatrici troppo accentuate, gli occhi troppo stretti, le ciglia troppo lunghe, le dita troppo affusolate, la pelle troppo pallida: era tutto troppo, e lui avrebbe voluto essere un po’ meno. Da ragazzino era quello più bassino, gracile e chiuso in Biblioteca la maggior parte del tempo, ma poi era subentrata l’adolescenza e—tutto il resto.
    Insomma, era proprio vero che nessuno fosse mai contento di come appariva.
    In ogni caso, la Sala Torture era riuscita a temprare così tanto il suo carattere che persino le offese più sgradevoli sembravano, dall’esterno, rimbalzargli addosso. Era bravissimo nel fingere che fosse il ritratto dell’indifferenza.

    Comunque, le domande di Mabel non l’avevano per nulla messo a disagio. In realtà, vedendo l’atteggiamento imbarazzato dell’altro, aveva ben pensato di rispondere vagamente per evitare di peggiorare la situazione. Dargli un pugno non era affatto allettante, non c’era nessun motivo per farlo; d’altro canto, il Withpotatoes non era affatto brutto o stupido, quindi l’idea di baciarlo poteva essere persino piacevole. Non l’avrebbe mai fatto, sarebbe stato terribilmente irrispettoso prendersi qualcosa di non voluto e che non avrebbe significato nulla. Nessuno avrebbe mai immaginato che, per quel genere di robe, fosse fin troppo romantico o vecchio stampo. In realtà, come tutto quello che lo riguardava.

    «No, non è facile» concorda, poco dopo, poggiando la mano sul viso e reggendosi con il gomito, voltandosi verso Mabel per guardarlo «forse sono io che non ho il minimo tatto e mi esprimo come un buzzurro» il che era vero, senza ombra di dubbio «è tutto molto soggettivo» forse aveva ragione Mabel, dopotutto «sono abbastanza sicuro di averti dato un’impressione errata sul campo da Quidditch, per esempio. O in generale. Magari dovrei seguire ciò che dici, e pensarci un po’ di più?» lo scruta, in realtà molto sereno, con le labbra rilassate e lo sguardo cristallino. Gli sembrava, in un certo senso, che la sensazione d’essere lì a parlare fosse simile a quella che sentiva spesso con Magnus: tranquillità.
    Suo nonno sapeva come prenderlo e coinvolgerlo, ed era sorprendente come il Tasso riuscisse a fare lo stesso, a renderlo—mansueto? Wow, era un cane.

    Ogni tanto, guardandosi intorno, gli sembrava di vivere in un mondo che non gli apparteneva. Si sentiva come—abituato a prendere certe scelte, a dire certe parole piuttosto che altre, alla schiettezza fin troppo palese. C’era qualcosa che gli sapeva di déjà-vu, ma non aveva la più pallida idea di cosa potesse significare.
    Era meglio, comunque, non pensarci troppo ma, anzi, concentrarsi su ciò che poteva essere utile. Erano discorsi troppo intimi per poter essere del tutto compresi.

    Per questo, per alleggerire quell’atmosfera malinconica o più semplicemente riflessiva, accenna un piccolo ghigno rimettendosi seduto, approfittando della posizione del compagno per dargli, seppur con pochissima forza – se l’avesse fatto seriamente, probabilmente gli avrebbe lasciato il livido e non aveva alcuna intenzione di farlo – una pacca sul petto. Abbastanza convinta da sentire lo scroscio persino sopra il maglione, ma non troppo accentuata per fargli male, solo per spaventarlo.

    «Non hai avuto tempo di scappare, in effetti» risponde così, con un tono divertito «ma io ho tempo, invece, per pensare a cose più utili» come la pozione per Mabel, ad esempio. Aveva già qualche idea—doveva solamente consultare dei libri in biblioteca per essere sicuro di poter fare un buon lavoro.

    Aaron Felix Icesprite
    Are you sure on that one?
    I thought the base for a love
    potion was supposed to be champagne.
    Study
    Potion
    Draught of Living Death
     
    .
8 replies since 28/10/2018, 22:59   313 views
  Share  
.
Top