Doppelgängers

Gideon & JJ | SET: corridoio antistante alla scalinata che porta alla Sala Comune.

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    Finnegan McPherson
    JJ Odair [x]

    21.10.2018, ore 6:45,
    Tenuta della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.


    Osservo il sole farsi sempre più alto nel cielo e segnare l'inizio di un nuovo giorno, mentre corro parallelamente alla linea di alberi che delimita il confine della Foresta Proibita. Normalmente, quel nome sarebbe più che sufficiente a suscitare in me il desiderio irrefrenabile di esplorarla, ma questa mattina non sono decisamente dell'umore per mettermi nei guai e farmi torturare. Lo sto già facendo a sufficienza da solo, mentre ripenso all'ennesimo incubo che mi ha svegliato nel cuore della notte. Ero nella casa in cui vivevo da piccolo con i miei genitori e Voce Roca e Voce Stridente stavano facendo a Thomas esattamente quello che avevano fatto a me. Io ero fuori dalla vecchia stanza dei miei, ma una barriera invisibile mi impediva di attraversare la soglia e di salvare l'unico amico che avessi mai avuto. Lo vedevo implorare pietà, urlare, contorcersi in preda a spasmi di dolore insopportabili, ma non potevo fare assolutamente niente per aiutarlo. Avevo preso a pugni quel velo invisibile che mi teneva bloccato nel corridoio buio, avevo tirato calci, mi ci ero gettato contro con tutta la forza che avevo, ma era come cercare di sfondare una parete d'acciaio.
    E poi mi sono svegliato in lacrime, nel cuore della notte, consapevole che non sarei mai e poi mai riuscito a riaddormentarmi, visto che stavo letteralmente tremando. Incapace di rimanere a letto, ho approfittato del fatto che fossi già completamente madido di sudore e mi sono infilato i pantaloni della tuta e una maglietta, con lo scopo di scacciare la paura correndo. Lo faccio da almeno due ore, ormai, e anche se ho perso il conto dei giri che ho fatto intorno al castello, credo di aver percorso almeno una decina di chilometri, forse persino una dozzina. Speravo che l'aria fredda e pungente della notte scozzese fosse sufficiente a calmarmi e a schiarimi le idee, ma non è stato così. Quell'incubo è stato incredibilmente realistico, talmente tanto che lo rivivo ogni volta che chiudo le palpebre. Scuoto la testa per allontanare una ciocca di capelli sudati che continua a finirmi nell'occhio sinistro e sterzo improvvisamente verso il castello, allontanandomi dalla Foresta per percorrere il tratto in salita che mi separa dall'ingresso della scuola. Nonostante la discreta pendenza del sentiero e i numerosi ostacoli su cui rischio di inciampare, porto il ritmo della mia corsa al massimo, aumentando l'ampiezza e la velocità delle mie falcate. Il mio cuore intensifica le sue contrazioni, il mio respiro si fa più affannoso e i miei muscoli bruciano, protestando per lo sforzo a cui li sto sottoponendo, ma accolgo quel dolore quasi con gioia, come si farebbe col più caro degli amici. La sofferenza fisica sembra essere l'unica cosa capace di distrarmi dai miei pensieri ed è esattamente di questo che ho bisogno, prima di affrontare il mio primo giorno di scuola ad Hogwarts. Schivo sassi e radici senza il minimo sforzo, appoggiando i piedi a terra solo per quella minima frazione di secondo necessaria per darmi una nuova spinta, fino a raggiungere lo spiazzo antistante al massiccio portone in legno della scuola, rallentando giusto in tempo per non spiaccicarmi a tutta velocità contro un muro. Mi piego in avanti poggiando le mani sulle ginocchia, cercando di riprendere fiato dopo quell'intensa sessione di esecizio mattutino. « Gideon, ma... Sei tu? Sei uscito a... Correre? » Mi rialzo velocemente sentendo quelle parole, guardandomi intorno per capire cosa stesse succedendo. Non c'è assolutamente nessuno oltre a me, se si eccettua la ragazza bionda e bassa ferma davanti all'ingresso. Mi fissa con le labbra dischiuse, come se si trovasse di fronte uno spettacolo bizzarro. Ma sta parlando con me? « Non so se mi hai confuso con qualcun altro, trésor, ma se volevi sapere il mio nome, bastava chiederlo! Ti pare che io abbia la faccia di uno che si chiama Gideon? » le chiedo, arcuando un sopracciglio e sorridendole, mentre cerco di fare del mio meglio per comportarmi normalmente e zittire quella parte del mio cervello che continua a pensare a Thomas e ai miei genitori. La bionda rimane ancora più sbigottita alle mie parole, cominciando ad aprire e chiudere la bocca come un pesce fuor d'acqua. « Uhm, io... Devo andare! Scusami tanto, ciao! » annuncia, prima di darsela a gambe più velocemente di uno Snaso che cerca di mettere al sicuro un bottino particolarmente prezioso. Sento una smorfia sconcertata dipingersi sul mio volto, perché questo è sicuramente stato uno dei primi incontri più strani della mia vita. « Bah, ma chi li capisce gli inglesi! » dico tra me e me, prima di dirigermi verso i Sotterranei velocemente. Non ho tempo di pensare alle biondine carine, in questo momento, perché devo ancora fare la doccia e vestirmi e che Merlino sia dannato, se oggi non sarò assolutamente perfetto.
    ... Uh, cosa? Sento un'obiezione provenire dal pubblico? "Ma JJ, tu sei sempre perfetto!"
    Avete ragione, cari lettori, grazie per averlo notato, ma oggi devo esserlo ancora più del solito. Avete idea di quanto si rimorchi, in qualità di nuovi studenti affascinanti e misteriosi? Ho una reputazione da costruirmi, cosa credete!

    21.10.2018, ore 13:37,
    Aula di Pozioni.


    « Dunque, tre misurini di Pietra di Luna in polvere, venti gocce di sciroppo di Elleboro e poi... Essenza di Biancospino o infuso di Tiglio? » chiedo, rivolto a nessuno in particolare, mentre esamino attentamente gli scaffali inchiodati ad una delle pareti dell'Aula di Pozioni, alla ricerca degli ingredienti che mi servono. Senza distogliere lo sguardo dalla grande quantità di provette e contenitori in vetro, punto la bacchetta verso il manuale sospeso dietro di me. Questo si muove velocemente, svolazzando agevolmente nell'aria fino a posizionarsi ad una ventina di centimetri dalla mia faccia. Ah, l'Incantesimo di Levitazione, così semplice, ma sempre così utile! Cerco con lo sguardo la lista degli ingredienti necessari, maledicendo tutti i dannatissimi pozionisti della storia. Ma chi ve l'ha fatto fare di passare la vita a gettare ogni genere di schifezza dentro un calderone per vedere cosa succedeva? Ma trovarvi qualcuno con cui uscire ad un appuntamento, invece? « Merde, ci sono sia il Biancospino che il Tiglio. Che schifo di materia, non riuscirò mai a memorizzarla! » esclamo, mentre scaglio il libro verso la prima fila di banchi e lo lascio cadere sul ripiano in legno non troppo delicatamente. Sconsolato, afferro la mela che avevo preso poco prima in Sala Grande dalla tasca del mantello, addentandola con forza mentre mi preparo mentalmente alla sfida che mi aspetta: preparare il Distillato della Pace. La Professoressa di Pozioni aveva deciso di sondare la mia preparazione nella materia chiedendomi di preparare quel dannatissimo intruglio entro due giorni e, mannaggia a Morgana, non avete idea di quanto avrei voluto mettermi a urlare. Trovo incredibilmente ironico che, ogni volta che sono stato costretto a preparare questa specifica Pozione - che, per chi fosse ancora più ignorante di me in Pozioni, serve per calmare i nervi e controllare l'ansia -, io sia stato sul punto di rischiare un esaurimento nervoso. Che poi scusate, ma a cosa serve il Distillato della Pace, ormai? Salve, Maghi e Streghe, siamo nel ventunesimo secolo, non nel Medioevo, i Babbani hanno inventato delle fantastiche pillole chiamate "benzodiazepine", che funzionano a meraviglia contro l'ansia. Provate quelle e lasciatemi in pace!
    Ma a quanto pare, il mondo sembra sempre deciso a torturarmi nei peggiori modi possibili, quindi devo restare qui a parlare da solo in un'aula deserta mentre tutti gli altri si godono la pausa pranzo in Sala Grande. « Grazie a Merlino, Gideon, sei qui! » esclama improvvisamente una voce alle mie spalle, facendomi sobbalzare dallo spavento così bruscamente da farmi cadere di mano le bottigliette contenenti la polvere di Pietra di Luna e l'Elleboro, che si frantumano al suolo all'istante. "Okay, chiunque tu sia, spero per te che tu sia veloce, perché se ti prendo, ti uccido!" Penso esattamente questo, mentre mi volto verso la persona che, senza che me ne accorgessi, è sgattaiolata alle mie spalle e mi ha quasi fatto venire un colpo. « Gideon, sul serio, devi aiutarmi, domani c'è il compito di Trasfigurazione e non so assolutamente niente e... » « Ma cos'è, vi siete messi d'accordo? » lo interrompo, cercando di mascherare almeno una parte del nervosismo che provo. « Chi è questo Gideon? È una specie di contorta tattica di rimorchio? » gli chiedo, poggiando lo sguardo sul fisico minuto del Grifondoro. « Non fraintendermi, non sto dicendo di non essere almeno un po' interessato. Insomma, non sei proprio il mio tipo ma tutto sommato sei carino. Certo, prima dovresti toglierti le tre tonnellate di gel che ti sei messo nei capelli e... Non per essere scortese, ma sai che un po' di essenza di Bubotubero funziona alla grande, contro l'acne? Et mon dieu, mettiti quella camicia dentro i pantaloni, ti dà un'aria così trasandata! »
    Il Grifondoro distoglie velocemente lo sguardo, evidentemente imbarazzato e si allontana velocemente. « Scusami, credo di aver sbagliato persona, non volevo disturbarti! » farfuglia infine, prima di inciampare su uno dei banchi e arrancare sgraziatamente fuori dall'aula. Ancora una volta, vengo lasciato da solo a chiedermi cosa diamine sia appena successo. Ci metto addirittura due secondi a decidere che non mi interessa: probabilmente, si tratta solo di un bizzarro scherzo al nuovo studente straniero. Se ci si diverte così ad Hogwarts, buon per loro, ma non ho tempo da sprecare adesso, perché tra nemmeno due ore dovrò essere sul campo da Quidditch per il provino da Battitore e, quando avrò ottenuto il posto in Squadra che mi spetta di diritto, solo Morgana sa se non sarò io l'ultimo a ridere.

    21.10.2018, ore 18:23,
    Atrio del castello.


    Supero l'ingresso della scuola camminando praticamente a venti centimetri da terra, dopo il provino per la Squadra di Quidditch. Sì, lo so bene che era ovvio che avrei ottenuto il posto da titolare, ma a volte anche le creature perfette come me sono lievemente in ansia, quando devono essere giudicate da uno sconosciuto con il compito di decidere se concedergli o meno qualcosa che vogliono con tutte le proprie forze. Riconosco di essere stato nervoso, quando il capitano della Squadra di Serpeverde ha liberato il Bolide in aria per vedere di cosa fossi capace, ma non per essere immodesto... Oh, ma chi voglio prendere in giro? Chissenefrega della modestia, ve lo dico chiaro e tondo: ho spaccato di brutto! Mi è quasi parso di sentire la massiccia palla urlare: "Ti prego, JJ, non colpirmi così forte, mi fai male!" Credo di non aver mai volato così bene in vita mia, sul serio! Rivolgo uno sguardo veloce e carico d'affetto alla mia fidatissima Firebolt, a cui tengo in maniera forse esagerata, nonostante abbia quasi trent'anni. Apparteneva a mio padre e, nonostante i numerosi tentativi del mio tutore di convincermi a comprare un nuovo modello, non ho mai avuto il coraggio di rimpiazzarla. È come se, quando volo con la sua Firebolt, lo spirito di mio padre sia sempre con me, dandomi il potere di colpire i Bolidi con molta più forza di quanto non farei su qualsiasi altra scopa. "Grazie, papà, anche questa volta ho giocato alla grande grazie a te!" penso, mentre svolto in direzione della scalinata che conduce al Dormitorio Serpeverde. Sono talmente euforico che ho quasi dimenticato i due incidenti di qualche ora prima, quando qualcuno ha osato chiamarmi con un nome antiquato persino per un nonno. Qualunque cosa fosse successa, adesso nessuno oserà più sbagl... « Non ci credo, Gideon McPherson con una divisa da Quidditch Serpeverde! » sghignazza una ragazza alla mia sinistra, facendomi fermare di botto. Ma mi state prendendo in giro? « Cos'è, Perses è entrato in Squadra e tu gli hai fregato la divisa? Halloween è tra dieci giorni, ma ti sta bene, devo dirlo! » "E certo che mi sta bene. A me sta bene tutto, ma il verde in particolare. E poi che cavolo di nome è Perses? Ma chi chiamerebbe così un bambino?" Giuro che, in qualsiasi altra circostanza, sarebbe stata questa la mia risposta. Ma qua la situazione sta decisamente sfuggendo di mano e non è con l'acidità che riuscirò a risolvere il problema. « Eh, sì, brava, mi hai proprio beccato! » ridacchio affabile, rivolto verso la ragazza. Devo giocare bene le mie carte, a questo punto, per riuscire a capire che sta succedendo. Sto già pensando a come risalire all'origine di questa specie di complotto ma, fortunatamente, è proprio la mia interlocutrice a venirmi in aiuto. « Ma... Come fai ad esserti già cambiato e ad essere al piano terra? Ti ho visto solo cinque minuti fa, stavi entrando nel dormitorio mentre io uscivo! » mi dice, portandosi una mano sul mento, meditabonda. Bingo. « Sai come sono, il vecchio Gideon McPherson, sempre di corsa! » esclamo, apparentemente gioviale, mentre fisso la cravatta blu e bronzo della ragazza. Quindi questo Gideon è un Corvonero? Mi state dicendo non solo che c'è un tizio che si sta spacciando per me, ma che questo tizio è un nerd? « A proposito, devo tornare in dormitorio, ho dimenticato di fare una cosa. » concludo, mentre do le spalle alla ragazza e mi dirigo verso i gradini che conducono ai piani superiori velocemente. « Cosa? » mi chiede lei, alzando di un'ottava il tono di voce per farsi udire da me, a discapito del fatto che mi stavo allontanado. « Schiacciare uno scarafaggio! » urlo, mentre comincio a salire le scale che mi separano dal mio impostore.

    21.10.2018, ore 18:31,
    Corridoio del quinto piano, vicino alla gradinata che porta alla Sala Comune Corvonero.


    Brutto. Maledetto. Impostore. Nerd. Io. Ti. Faccio. Fuori.
    Scandisco queste parole nella mia mente, mentre mi dirigo a passi veloci verso la Sala Comune dei Corvi. Già vi sento, miei cari lettori, mentre vi chiedete: "Ma perché devi sempre essere così duro, JJ?" E fidatevi, sarebbe facile rispondervi: "È la stessa domanda che mi ha fatto ieri sera vostra madre. E pure vostro padre." Ma non lo farò, perché questa è una questione di principio. Qualcuno si sta spacciando per me e okay, non posso biasimarlo, anche io vorrei essere me se fossi un povero sfigato, ma questa non è una giustificazione. Se quello che ha detto la Corvonero è vero, è molto probabile che questo Gideon sia ancora nella sua Sala Comune. E quando scenderà per la cena, tutto tronfio e contento dei suoi capelli fantastici e dei suoi zigomi da paura, io sarò qui ad aspettarlo, pronto a cambiargli i connotati con la mazza da Quidditch. Perché ovviamente non ho perso tempo per andare cambiarmi, quindi indosso ancora la divisa verde da Quidditch mentre impugno la Firebolt con la mano destra e la mazza con la sinistra. Poco male, sembrerò anche vagamente ridicolo, ma una delle due cose mi tornerà decisamente utile.
    Per una volta, il destino decide di essere clemente con me, risparmiandomi lo strazio di dover aspettare per due ore l'arrivo della mia copia. Non appena giro l'angolo che porta all'ingresso della Sala Comune, lo vedo: un tizio assolutamente identico a me, che cammina insieme a qualche suo compagno di casata sorridendo come un ebete. Dio, non credo di aver mai odiato tanto qualcuno di così bello. « E così tu devi essere il famoso Gideon McPherson! Enchanté, è tutto il giorno che sento parlare di te! » esclamo, con un tono palesemente sarcastico, mentre muovo con agilità e sicurezza il polso e le dita della mano sinistra, facendo roteare un paio di volte la mazza in aria. L'ho visto fare in un film babbano sul baseball, non è un'entrata in scena incredibilmente fica?
    Mi avvicino a lui gonfiando il petto e squadrandolo, notando che il ragazzo non è esattamente uguale a me: è leggermente più basso e decisamente più gracile di me. Perfetto, adesso sappiamo come sarei se fossi rachitico: comunque fantastico, ma molto meno di adesso. Quando a separarci non ci sono che un paio di passi di distanza, mi fermo, rivolgendomi per un secondo ai suoi amici. « Piacere di conoscervi, io sono Julien, adesso smammate, se non vi dispiace. Io e il mio nuovo amico abbiamo una chiacchierata da farci! » sibilo, con un sorriso angelico, rivolto al gruppetto di Corvonero che accompagnano Gideon. Non ci vogliono che pochi secondi di silenzio imbarazzante e sguardi confusi, prima di ritrovarmi a quattr'occhi con il me-meno-bello.
    Continuo a sogghignare, cercando di mantenere la calma e la lucidità, mentre sollevo il braccio che impugna la scopa e muovo avanti e indietro l'indice, indicando prima il suo volto e poi il mio ripetutamente. « Noti qualcosa di strano, mon ami? È da questa mattina che tutti sembrano essere convinti che io sia te, quindi mi farebbe piacere sapere chi diavolo sei e perché mi hai rubato la faccia. Sai, è mia, ce l'ho da quando sono nato e ci tengo molto quindi, se non ti dispiace, mi piacerebbe tornare ad esserne l'unico proprietario! » gli dico, con tono amabile, non distogliendo per un secondo il mio sguardo dal suo. Merlino, che occhi fantastici che ha!
    Ma se pensa che siano sufficienti a distrarmi, il povero nerd si sbaglia di grosso, perché ha scelto la persona sbagliata a cui propinare i suoi scherzetti da maniaco inquietante. Niente e nessuno potrà fermarmi dall'andare in fondo a questa storia, e se questo tizio vuole la guerra, alors c'est la guerre, mon frère!
    16 y.o. | 6th year
    slytheriffic
    neutral
    stressed, obsessed and very pissed off
    RUN AWAY, LIKE IT WAS YESTERDAY
    AND WE COULD RUN AWAY FROM HERE!


    Scusate se ho postato qui, ma ho scritto il post pensando che ci fosse una sezione "Corridoi" eeeeeee invece no. Non sapevo dove metterlo, se non va bene ditemelo che sistemo fwjnfejkfqn GRAZIE SCUSATE VVB.


    Edited by [mocking]-jj - 28/10/2018, 21:57
     
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    Gideon Saul McPherson
    "save yourself, my darling"


    19/10/18, ore 20.00, Sala Torture

    La sua prima volta in sala torture era stata...veloce, era durata circa un quarto d’ora, come se la torturatrice avesse di meglio da fare e volesse finirla in fretta, come se non avesse tempo da perdere e quella fosse solo una prassi, come se lui fosse solo uno dei tanti, un nome scritto in una lunga lista ancora da depennare. Era stato veloce ma non certo indolore. All’inizio le frustate avevano bruciato la sua pelle come il fuoco, ma il dolore non si era insidiato in profondità come avrebbe dovuto, era rimasto lì, a sfiorare la sua pelle come un guanto ricoperto di spine. Non aveva attecchito, non lo aveva scosso più del dovuto, e si era stupito di sé stesso, Gideon, perché aveva scoperto di avere una soglia del dolore più alta di ciò che credeva, avrebbe superato in fretta quella triste esperienza, ne era sicuro. Aveva tenuto le braccia strette intorno al petto per tutto il tempo, preferendo che i colpi di frusta lo colpissero sulla schiena, si era difeso dai colpi frontali portando dinnanzi al volto gli avambracci, gemendo per il dolore provocato, ma resistendo tutto sommato. E poi, dopo cinque minuti era già finita. Aveva persino tirato un sospiro di sollievo, trattenendo le lacrime e pregando di uscire da quella sala il prima possibile. Ci aveva sperato davvero, prima di sapere che non era finita davvero ma che lo aspettava qualcos’altro. Qualcosa di peggiore.
    La seconda tortura non l’avrebbe dimenticata con facilità. Non era fisica, era mentale. L’espressione di Anjelika Queen era severa ed impassibile, aveva capito subito che era il genere di studente su cui le torture fisiche non funzionavano come lei sperava, per cui aveva altro in mente.
    « Incubo. » Il fascio di luce porpureo lo avvolse come un bozzolo e la maledizione della notte imprigionò la sua mente in un vero e proprio incubo:
    si trovava dentro una piscina colma d’acqua e, pur rimanendo sulle punte ed in bilico, con il rischio di affondare da un momento all’altro, l’acqua gli lasciava giusto lo spazio per respirare e resistere. Era consapevole di non saper nuotare, tanto che il pensiero di scivolare all’improvviso e venire sommerso lo faceva rimanere fermo, terrorizzato, pietrificato dalla paura e con il battito del cuore talmente agitato da fargli credere che si sarebbe fermato all’improvviso, prima o poi. Il livello dell’acqua si faceva sempre più alto, lasciando poco spazio all’immaginazione di come sarebbe andata a finire.
    Quando si rendeva conto che sarebbe morto là sotto, era troppo tardi, ne era immerso fin sopra la testa.
    E gridava, gridava affinchè qualcuno lo salvasse. Gridava, persino sott'acqua, quando più nessuno avrebbe potuto sentire la sua voce.
    Gridava. Beveva. Annegava.

    Si era risvegliato qualche ora più tardi in infermeria, o forse era il San Mungo? Non era mai stato nell’infermeria di Hogwarts, ed a dirla tutta non era nemmeno sicuro di essere del tutto sveglio o se stesse ancora sognando. A pochi passi da lui, riuscì ad intravedere Hunter Oakes, che manovrava qualcosa sopra un carrello pieno di garze e pozioni. La vista vorticava distorcendo l’immagine di tutta la stanza e rendendola poco chiara, la testa pulsava come se lo avessero preso a colpi di spranga.
    « Sei stato colpito dalla Maledizione della notte. » Udì in lontananza, stupendosi di quanto la voce del Corvonero appariva lontana rispetto alla vicinanza del suo corpo. « E la frusta della torturatrice era avvelenata, quindi le ferite ci metteranno un po’ a guarire, il dittamo in questo caso non funziona. » Analitico, sintetico, freddo.
    « S-scusa...Hunter. Scusa. » Non riusciva a controllare la lingua, e le parole uscivano dalla sua bocca senza che lui potesse rendersene conto. Si stava scusando con lui per come si era comportato circa una settimana prima al centro commerciale, probabilmente l’intento era questo, nonostante tutto era palese che non ci fosse con la testa e che fosse il suo inconscio a parlare.
    « Non preoccuparti adesso, riposa. » Gli puntò contro la bacchetta. «Somnium. »
    L’ultima cosa che vide, fu il viso di Hunter ed un fascio di luce argenteo che lo portò a sonni tranquilli.

    21/10/18, ore 6.30, Dormitorio Corvonero


    Le notti successive i polmoni avevano bruciato come se avesse inspirato il fuoco, ma erano solo i postumi dell’acqua che gli aveva inondato i bronchi. Incredibile come questi due elementi, acqua e fuoco, così diversi, potessero avere lo stesso risultato di bruciare il respiro. Non aveva mai provato in prima persona l’esperienza dell’annegamento se non nel sogno, ma aveva fatto varie ricerche su google perché voleva sapere. Aveva bisogno di sapere che Guinevre non aveva sofferto mentre annegava, mentre lui stava li a guardarla morire. Ma qualsiasi ricerca facesse, portava alla conclusione che si trattasse di una morte atroce e che portasse una sofferenza indescrivibile. Adesso Gideon lo sapeva, la maledizione che lo aveva torturato gli aveva dato un chiaro prospetto della fine che era toccata a sua sorella. Ma a lui, che era più bravo con i numeri che a metabolizzare un’emozione, era sempre bastato sapere che i suoi tempi di reazione, quel pomeriggio di dieci anni prima, non erano stati abbastanza veloci, e si colpevolizzava per questo. E se fosse stato in grado di odiare qualcun altro, oltre sé stesso, avrebbe odiato Anjelika Queen. Ma non lo faceva, non la odiava, la perdonava anche se con quelle torture lo aveva buttato in un girone dell’inferno. #SantoGideon.

    La sveglia sul suo comodino segnava le 6:30 e lui aveva gli occhi ben aperti e, purtroppo, non riusciva a dormire. Il respiro difficoltoso lo costrinse a sollevarsi e mettersi in una posizione semi seduta per agevolare la respirazione. Emise un lamento, mentre continuava ad avere difficoltà respiratorie e forti dolori in tutto il torace. Credendo che si trattasse dell’anticamera di un attacco di panico, si concentrò solo sul proprio respiro, riuscendo a scacciarlo in poco più di mezzo minuto, in realtà era probabile che fossero i postumi della maledizione, dato che l’esperienza provata era stata reale tanto da avere ripercussioni sul suo fisico. E comunque ci voleva molto più di un’Anjelika Queen per farlo affondare, lui era forte.
    Rendendosi conto che non sarebbe riuscito a riaddormentarsi, però, si alzò dal letto e nel farlo, fu istintivo lanciare uno sguardo al letto di Hunter poco distante. Era ancora dispiaciuto per come erano andate le cose al centro commerciale qualche giorno prima, ma non provava risentimento nei suoi confronti, al contrario, gli avrebbe fatto piacere vederlo sveglio, parlarci un po’ e magari ringraziarlo per averlo aiutato la notte precedente.

    Avvolto nella vestaglia in ciniglia blu zaffiro, si affacciò alla ringhiera della torre di Corvonero per guardare l’alba, beandosi della brezza mattutina che gli scompigliava appena i capelli castani, ridestando ogni senso e, soprattutto, scacciando i brutti pensieri. Chiuse gli occhi e prese un profondo respiro, godendo di quella sensazione: i polmoni non bruciavano più, al contrario, adesso stava bene. Quando riapri gli occhi, lo sguardo scrutò il paesaggio, così chiaro in quella mattinata priva di nuvole, vi era persino uno studente che...correva? « Ma chi è quel pazzo? ahah » cazzo ridi Domandò, a nessuno. Era solo su quella torre, a sconvolgersi per ciò che stava vedendo.
    Trovandosi al suo posto, Gideon si sarebbe affrettato per tornare al castello, una bella doccia calda, un sonnellino e ciambelle doppie a colazione. Chi glielo faceva fare di mettersi a correre così la mattina presto? Certo, chi era lui per dare consigli ad altri? Non era sicuramente il primo dei salutisti, alternando abbuffate – spesso di dolci – a giornate di totale digiuno. Portò una mano sul proprio stomaco che, a quel pensiero, brontolò. Doveva affrettarsi per la colazione.

    La doccia fu più dolorosa del previsto: l’acqua che scivolava sulle ferite bruciava come se gli stessero buttando sopra il sale. Non riusciva nemmeno a toccarle. Con una smorfia di dolore sul volto, si affrettò a lavarsi ed uscire da lì per avvolgersi nell’accappatoio. Anche solo poggiarlo sulla schiena era un dolore insopportabile. Per cui, tornato nel dormitorio, ancora buio per l’ora, raccolse la propria bacchetta dal comodino e pensò di coprire solo le ferite più grosse con un incantesimo. « Ferula ». Delle bende comparvero per avvolgere, in quest’ordine, la coscia sinistra, entrambi gli avambracci che aveva usato per proteggersi dal colpi, e tutta la schiena. Persino vestirsi si rivelò complicato, tanto che dovette chiedere aiuto ai compagni per aiutarlo ad infilarsi la giacca.

    21/10/18, ore 8.30, Sala Grande


    « Ti ho visto correre, stamattina! »
    La ciambella al cioccolato gli andò quasi di traverso. Queste notizie di prima mattina erano più sconvolgenti della politica del giorno. Poggiò il giornale sul tavolo e si voltò verso la compagna di bancata. « È impossibile. Sono piuttosto sicuro di non aver corso questa mattina. E...in generale. » La guardò, interrogativo. Ma non si pose più domande del solito, forse lo avevano scambiato per quel pazzo delle sei del mattino? Comunque gli venne da ridere e lo fece, perché l’idea di lui che correva, per giunta di mattina, era talmente assurda da sembrare una barzelletta. Ingurgitò l’ultimo pezzo di ciambella ed allungo la mano per prendere la seconda – o la terza? -.
    « Impossibile. » Ripetè alla compagna seduta al proprio fianco. « Non ero io ».

    21/10/18, ore 14.00, Biblioteca


    Non si sarebbe fatto altre domande se non fosse stato disturbato persino in biblioteca, mentre studiava trasfigurazione per il compito del giorno dopo.
    Un ragazzino Grifondoro se ne uscì con un altrettanto strana affermazione.
    « Non eri a pozioni? Come fai ad essere anche qui? »
    « Sono qui, non a pozioni...oggi non avevo pozioni. » Gli dispiacque vedere il suo sguardo così tanto confuso, ma era certo che persino la sua espressione non fosse particolarmente sveglia in quel momento.
    L’idea di essere sonnambulo, a quel punto, non gli parve più nemmeno tanto strana. Se proprio gli piaceva correre mentre dormiva e seguire il doppio delle lezioni, sperò di vedere i risultati di quegli allenamenti sul suo fisico nei giorni a venire – per la pagella non ci sarebbero stati comunque cambiamenti, sarebbe rimasto uno studente eccellente.

    Si lasciò scivolare addosso quelle strane domande, dimenticandosene e perdendosi nello studio del libro di trasfigurazione e nelle prove degli incantesimi fino a tardo pomeriggio, finché non decise di racimolare i libri e riporli nella sua borsa con incantesimo estendibile per fare ritorno in dormitorio e poggiarli lì, per poi recarsi a cena. O meglio, quelle erano le intenzioni.

    21/10/18, ore 18.31, Corridoio davanti alla Sala comune di Corvonero


    Arrivato dinnanzi alla Sala comune di Corvonero, rise alla battuta di un compagno che citava le imprese dei Gides ad un altro. « E lui gli mette la mano là sopra e fa "Uao, è così soffice che potrei usarlo come antistress." Ma ci pensi? ahaha. »
    Smise di ridere. Quella frase gli suonava terribilmente familiare.
    Peccato che venne interrotto prima che potesse chiedere di più. « E così tu devi essere il famoso Gideon McPherson! Enchanté, è tutto il giorno che sento parlare di te! »
    Si voltò verso quella voce, rimanendoci di sasso. Troppo stupito per poter formulare una risposta di senso compiuto. I suoi compagni shipper lo abbandonarono al proprio destino senza fare obiezioni e lo lasciarono con quel ragazzo, ad un primo sguardo identico a lui. All’inizio, ciò che lo fece sospettare, più di ogni altra cosa, che si trattasse di uno scherzo di pessimo gusto, era il fatto che il ragazzo avesse addosso la divisa di quidditch. Di quidditch! Al solo pensiero gli veniva da sbellicarsi, e lo avrebbe anche fatto se non fosse stato troppo preso da quell’inquietante situazione. Il ragazzo gli aveva mostrato la mazza non quella, per quella c’è tempo ihih con aria minacciosa. Cosa voleva fare? Voleva picchiarlo? Si limitò a prendersi ancora qualche attimo di tempo per osservarlo, veramente scioccato. Non erano davvero identici:
    l'altro sembrava essere più alto di lui di poco – forse uno o due centimetri? - era fisicamente più in forma, la divisa che indossava gli fasciava alla perfezione ogni parte del corpo, mettendo in risalto cose che non avrebbero dovuto risaltare, tanto che a Gideon venne quasi istintivo intimargli di coprirsi. Era come vedere sè stesso in divisa, e lui era un tipo decisamente riservato, talmente tanto che non si denudava mai nemmeno in piscina, preferendo rimanere in t-shirt con la scusa di non voler rischiare un insolazione. Era un po’ bislacco, Gideon, mai negato.
    Date le movenze ed il modo in cui parlava, a Gideon sembrò leggermente effemminato, quindi concluse che, per forza di cose, non poteva trattarsi di sua sorella Hazel sotto polisucco, dato che lei era la reincarnazione dell’australopithecus: tutto fuorchè raffinata. Non ci mise molto ad accantonare l’idea della polisucco, quel ragazzo non era identico a lui, era la sua versione migliorata e ben tenuta, con una storia dietro. Era una persona autentica. E la cosa lo disturbava non poco.

    Avrebbe potuto affidarsi ai ricordi di quindici anni prima, se non fosse stato troppo piccolo per immagazzinarli. Avrebbe dovuto ricordare quella fredda notte in cui il piccolo Finnegan era stato strappato alle sue braccia, lasciandolo in un lettino freddo e troppo grande per un solo bambino. Avevano il brutto vizio di dormire insieme, i piccoli, perché separati piangevano come se gli mancasse un pezzo fondamentale di loro stessi. Avrebbe dovuto ricordare che la sua prima parola non era stata “Mamma”, ma “Finn”. Eppure, quei ricordi sembravano svaniti, dissolti in quel lasso di tempo in cui erano rimasti separati.
    Quella notte, era stato il pianto soffocato di un Gideon malato a destare l’attenzione di Victoria ed Ambrose, era diventato cianotico per la mancanza d’aria, allarmato per quell’intrusione nella sua stanza, e data la sua disperazione sembrava che già sapesse che un pezzo di se gli era stato portato via e che non lo avrebbe rivisto per molto tempo.
    Ma non ricordava niente di tutto questo, Gideon. Nella sua mente regnava il vuoto assoluto su quel periodo di vita.

    Alzò appena le mani, e senza rendersene conto mise in bella vista le bende che ricoprivano i suoi avambracci. Non voleva essere picchiato ancora, ed il tipo simile a lui con la mazza in mano sembrava avere tutta l’intenzione di concludere quella conversazione con la violenza. Così fece ciò che gli venne istintivo, gli lanciò contro la propria scheda anagrafica. « M-mi chiamo Gideon Saul McPherson, sono nato il 22 luglio 2002 a Boston, Massachusetts, Stati uniti. » Segno zodiacale Cancro, ascendente Vergine! Ma questo non era importante. « H-ho una sorella! Hazel! Lei può confermare che anche io sono nato con questa faccia, lo giuro. » Deglutì, anche se il nodo che aveva in gola rendeva tutto molto difficile. « Ah! Aspetta. » Andrò a frugare dentro la propria borsa, per tirare fuori un quadernino dal quale, aprendolo con troppo nervosismo, caddero una decina di polaroid che racchiudevano momenti importanti del suo trascorso ad Hogwarts. Avvampò per la vergogna e si chinò a raccogliere tutte le fotografie, per trovare quella che stava cercando. « Eccola. ». Si risollevò mostrandogliela, con dita tremanti. Rappresentava sua madre Victoria, sua nonna Bana, sua sorella Hazel e Gideon durante una vacanza in montagna. La sua espressione ebete nella fotografia rendeva chiaro un concetto: non si sentiva a proprio agio con un obbiettivo fotografico puntato in faccia. « Questi siamo io, mia sorella Hazel, mia madre Victoria e mia nonna Estebana. » Suo padre mancava nella foto per ovvi motivi, non poteva mostrarsi con la sua famiglia.
    « Vogliamo parlarne come persone civili o hai intenzione di…..colpirmi come un bolide? » Domandò, giusto per essere messo al corrente dei suoi pensieri, eh.






    16 y.o.
    in the wrong place
    at the wrong time


    tumblr_m7w2o3N94I1r6o8v2
    made in china — I'm here at the beginning of the end


    Edited by s t i t c h e s - 26/11/2018, 21:37
     
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  3. [mocking]-jj
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    16 | Slytherin | Neutral |
    Julien J. Odair
    My power's turned on, starting right now I'll be strong. I'll play my fight song! And I don't really care if nobody else believes 'cause I've still got a lot of fight left in me.
    Can you hear my voice this time?
    It was many and many a year ago,
    In a kingdom by the sea,
    That two twins there lived whom you may know
    By the name of Gideon and Finn;
    And these brothers lived with no other thought
    Than to love and be loved by the other twin.

    I was a child and he was a child,
    In this kingdom by the sea,
    But we loved with a love that was more than love—
    I and my my beautiful twin
    With a love that the wingèd seraphs of Heaven
    Coveted him and me. […]

    But our love it was stronger by far than the love
    Of those who were older than we—
    Of many far wiser than we—
    And neither the angels in Heaven above
    Nor the demons down under the sea
    Can ever dissever my soul from the soul
    Of my beautiful, beutiful twin.

    —Annabel Lee (remix vrs.)
    Edgar Allan Poe feat. Simon
    (#wat #crediteladimeno)

    Fu tanti, tanti anni fa,
    In un regno vicino al mare,
    Che vissero due gemelli, che forse conosci
    Col nome di Gideon e Finn;
    E questi fratelli vissero senza alcun altro pensiero
    Che amare ed essere amati dall’altro gemello.

    Io ero un bambino e lui era un bambino,
    In questo regno vicino al mare,
    Ma ci amammo di un amore che era più che amore—
    Io e il mio bellissimo gemello
    Con un amore tale che gli alati serafini del Cielo
    Odiarono lui e me. […]

    Ma il nostro amore era di gran lunga più forte,
    Di quelli che erano di noi più grandi—
    Di molti di quelli che erano di noi più saggi—
    E né gli angeli del Cielo sopra di noi,
    Né i demoni dalle profondità del mare
    Potranno mai separare la mia anima dall’anima
    Del mio bellissimo, bellissimo gemello.

    (∂ + m) ψ = 0


    Questa è l'equazione di Dirac e, come qualsiasi ragazzino adolescente che passa troppo tempo su Tumblr saprà dirvi, è divenuta famosa per essere "la più bella equazione della fisica". Con questa formula, Dirac ha cercato di riassumere l'entanglement quantistico, un concetto incredibilmente complesso su cui sono stati scritti abbastanza libri, saggi e tesi da poter riempire un'intera libreria. Il 99% delle persone che ne parlano, però, la elevano a principio universale, come se dietro a quei simboli dal significato ignoto si nascondesse il senso più puro della vita e dell'amore. "Se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo e poi vengono separati, non possono più essere definiti come distinti, perché in qualche modo si comportano come se fossero un sistema unico. Ciò che accade ad uno influenza l'altro, anche se sono distanti anni luce".
    Se doveste scegliere di provare a far colpo su JJ Odair con queste belle parole, sappiate solo una cosa: lui vi riderà in faccia, brutalmente. Nemmeno il suo costante sforzo di sembrare dolce e gentile vi salverà, a quel punto, perché è una tattica di rimorchio così ridicola e melensa da essere totalmente priva di giustificazione. Che poi, come ci tiene sempre a dire JJ ogni volta che salta fuori il tema, Dirac si è pure sbagliato e la sua equazione non funziona se non in un singolo caso: quello di un elettrone e di un positrone che si muovono nel vuoto cosmico nella stessa direzione, ma in senso opposto. È... un discorso complicato, sicuramente, ma JJ, nella fragile sicurezza della sua gioventù, crede di avere la risposta a tutto. Eppure, ironia della sorte, il Serpeverde non è minimamente a conoscenza del fatto che lui stesso potrebbe essere usato per rivalutare la correttezza del lavoro di Dirac. Proprio lui, che si ritiene un'isola completamente staccata dal resto del mondo, è unito a qualcun altro da un vincolo invisibile, eppure indissolubile. Forse questo legame si è stretto quando, dall'unica scintilla di vita accesasi nel grembo di Victoria McPherson, ne sono nate due, gemelle. Forse, invece, le origini di questa unione sono da ricercare nell'incantesimo oscuro che si è abbattuto sulla famiglia Rosier, maledicendo ognuno dei bambini dal sangue impuro.
    Non importa come chiamiate l'origine di questa connessione. Il suo nome potrebbe essere magia, destino, assoluto, persino Dio, forse. Ciò che è certo, però, è che i gemelli McPherson sono uniti da qualcosa di più profondo di un semplice legame di sangue, anche se loro non lo sanno.
    Nessuno dei due sa che, più di dieci anni fa, il piccolo cuore malato di Gideon è stato estratto dal suo petto nell'esatto istante in cui, dall'altra parte del mondo, quello di JJ veniva frantumato dalla bieca perversione degli orchi che lo hanno rovinato. È quasi poetico come le loro maledizioni siano così simili, nel loro essere praticamente opposte, esattamente come coloro che le portano. Apparentemente, infatti, JJ Odair e Gideon McPherson sono come il giorno e la notte, il bianco e il nero, il ghiaccio e il fuoco, ma nella loro diversità quasi inconciliabile, combattono contro gli stessi demoni: la paura, il lutto e il senso di colpa per essere sopravvissuti a qualcuno che, nelle loro menti fortemente fragili, era infinitamente più meritevole di una vita lunga e felice. E anche se ora si guardano senza realmente vedersi, c'è stato un tempo in cui si sono veramente amati di un amore puro, istintivo e semplice. E questo lo sa bene Victoria McPherson che, dopo qualche mese dal parto, ha provato a far dormire i due piccoli, fino ad allora mai divisi, in culle separate. Pessima idea, visto che JJ - o Finnegan, come veniva chiamato allora - fece esplodere tutte le lampadine della casa col suo pianto dirotto, nel suo primo scoppio di magia accidentale. Ma l'oscurità che in quell'occasione avvolse la casa dei Rosier non è nulla, se paragonata alle tenebre che hanno avviluppato l'esistenza del futuro Duca di Montmorency, la notte in cui fu rapito e portato dall'altra parte del mondo. Da quelle ombre JJ non è ancora riemerso e, ne è sicuro, non riuscirà mai a farlo. Non è un caso se, nelle sue letture filosofiche adolescenziali iniziate un po' per mostrarsi alternativo e diverso, in una casa eclettica come quella dei Paounmort, si sia ritrovato ad amare gli scritti malinconici e pessimisti di Arthur Schopenhauer.
    In particolare, JJ ha sempre amato la critica del filosofo a Leibniz e alla sua stupidissima convinzione che quello in cui viviamo sia il migliore dei mondi possibili. Come dargli torto, del resto?
    Nel migliore dei mondi possibili, né lui né nessuno dei suoi fratelli sarebbe mai stato maledetto. Sarebbero cresciuti insieme, liberi da ogni preoccupazione, azzuffandosi amorevolmente e addormentandosi abbracciati nel lettone dei genitori.
    Guinevre non sarebbe mai morta, Gideon sarebbe cresciuto sano, felice e forte e Hazel non sarebbe stata condannata ad essere sempre diversa, incompresa e incomprensibile per il resto del mondo. Ma soprattutto, JJ Odair non sarebbe mai esistito, rimpiazzato da un giovane uomo meno ricco, meno raffinato e meno astuto, ma infinitamente più felice.
    Si tratta solo di una sciocca utopia, però, partorita dalla mente di uno sciocco sognatore destinato ad essere crudelmente deluso dalla realtà.
    Guinevre è morta.
    Gideon è malato.
    Hazel è folle.
    JJ è solo e spaventato.
    Ora, però, almeno l’ultima cosa sta per cambiare, perché il francese ha appena ritrovato l’altra metà della sua anima, l’unico che può veramente capirlo. L’unico che può veramente salvarlo, anche se lui non crede di volerlo. Perché dovrebbe, visto che l’oscurità che lo macchia non aspetta altro che altre vite innocenti da divorare? Probabilmente, è un bene che Finnegan Noah McPherson sia stato separato dal resto della sua famiglia, altrimenti sarebbe stato incapace di impedire alla sua famiglia di ferirli. Ora però le cose sono diverse: il Serpeverde è più grande, più consapevole e più forte. Ha imparato a vivere nella gabbia di spine che lo imprigiona, senza permettere più a nessuno di avvicinarsi abbastanza a lui da diventare nuova legna per il fuoco di dolore e rimorso che gli divora l’anima.
    Magari, però, questo è il momento in cui tutto cambierà, in cui conoscerà l’eroe che entrerà nel suo cuore e lo aiuterà a spezzare l’anatema, prima che questo si ritorca contro di lui. Perché no, in fondo? Non sono più degli inermi lattanti come l’ultima volta che si sono visti, vittime di una realtà che non riescono a comprendere. Ora sono dei giovani uomini intelligenti, brillanti e determinati, segnati dalle cicatrici di mille battaglie da cui, nonostante le perdite, sono usciti vivi e vittoriosi.
    E allora forse Leibniz aveva ragione e questo è davvero il migliore dei mondi possibili, che ha scelto di separarli al fine di tenerli al sicuro, per poi riunirli al momento opportuno.
    Ora non devono far altro che tornare uniti come una cosa sola, quasi fossero due frammenti di un magnete spezzato che tendono a tornare un’unità, spinti da una forza inarrestabile che li spinge uno contro l’altro. E se saranno abbastanza bravi da resistere all’impatto iniziale, chi potrà più fermarli?

    Il mio sosia è evidentemente intimorito da me, visto che si porta le braccia davanti al volto per proteggersi. Ha veramente così tanta paura che lo prenda a mazzate in faccia? Bravissimo, Gideon McPherson, fai bene ad averne. Non che colpirei sul serio qualcuno con una mazza, sia chiaro, ma fa sempre piacere sentirsi temuti, quando la situazione lo richiede. Se non altro, mi facilità il lavoro!
    Il povero scemo, evidentemente in preda al panico, mi lancia addosso un libretto, che mi rimbalza addosso e cade a terra. Dovrebbe essere una specie di attacco? Di diversivo? Merlino, che cosa patetica!
    Poi Gideon McPherson comincia a blaterare e sul serio, vorrei solo lanciargli una fattura per farlo stare zitto. Ma si chiama veramente Saul di secondo nome? Che razza di genitori chiamerebbero un figlio Gideon Saul? Sembra il nome del protagonista di un romanzetto Harmony!
    Eppure, nel suo discorso balbettante e senza senso, il mio sosia riesce a dire un'unica cosa che mi fa gelare il sangue nelle vene. È nato il 22 luglio 2002, esattamente come me. Nessuno, nessuno conosce la data del mio compleanno e respira ancora, ad eccezione di Monsieur Richard, il mio tutore legale, e della direttrice dell'orfanatrofio in cui vivo. Come diavolo ha fatto a scoprirla?
    Rubarmi la faccia è una cosa relativamente semplice, in fondo. Potrebbe aver chiesto ad uno dei miei compagni di stanza di prendere un capello dalla mia spazzola per metterlo in una versione cinese tarocca della Pozione Polisucco, incapace di catturare a pieno lo splendore dei miei addominali scolpiti. Oppure potrebbe essere un Metamorfomagus alle prime armi, con un buon controllo sulla fisionomia del proprio volto, ma non altrettanto esperto nell’alterare il resto della propria struttura muscolo-scheletrica. Ma nessuna di queste due opzioni spiega perché lui sappia quando sono nato. Nemmeno a Beauxbatons lo avevo mai rivelato ad anima viva, preferendo inventarmi un fasullo compleanno in primavera. Così, giusto per avere la scusa di organizzare una festa e scroccare qualche regalo, mica sono scemo. In ogni caso, la mia mente vaga frenetica da un’idea all’altra, facendo gemmare abbozzi di teorie impossibili e poi recidendoli nel giro di frazioni di secondo. Non riesco veramente a trovare una spiegazione, a questo mistero. L’unica spiegazione ragionevole è che Gideon McPherson si sia intrufolato in Presidenza per leggere il mio fascicolo di ammissione, ma perché farlo? È stato lui a dirmi quando è nato, senza che io glielo chiedessi. Avrebbe potuto comodamente glissare sull’argomento, eppure ha scelto di non farlo. Perché? Non ha senso, dubito che uno scherzo di iniziazione organizzato da uno studentello qualsiasi possa essere così elaborato. Qualunque cosa ci sia sotto, pare essere più grande di quanto avessi pensato all’inizio e, istintivamente, abbandono l’atteggiamento da bulletto arrogante e sicuro di sé per scattare sulla difensiva.
    Qualunque sorrisetto avessi sul volto è sparito, ora, mentre lo fisso con attenzione rovistare nella sua borsa alla ricerca di qualcosa che, con grandissima sorpresa di esattamente nessuno, gli cade di mano. Non lo prendo in giro neanche mentalmente, però, troppo occupato a studiare i riflessi ramati dei suoi capelli e ad analizzare il tono agitato e vagamente stridulo della sua voce, così simile al mio durante un attacco di panico.
    « Eccola. » mi dice, prima di sollevare con mano tremante una semplice fotografia babbana. Ritrae una tipica famigliola felice, in mezzo alla quale torreggia un ragazzo quasi identico a me - forse leggermente più giovane -, con la tipica espressione da demente di chi non si trova a suo agio di fronte ad un obiettivo. Ah, ma allora non siamo proprio identici? Tutti sanno che le fotocamere mi adorano.
    Eppure, quel pensiero mi è di poco conforto, in questo momento, perché non riesco a staccare gli occhi da quella foto. Sembrano così... normali. Persone normali, membri di una famiglia normale, con vite normali e problemi normali. Ho passato tutta la mia esistenza a odiare la normalità, che per me è sempre stata sinonimo di mediocrità. Ho fatto tutto ciò che è stato in mio potere per eccellere ed eccedere, esattamente come ci si aspetterebbe da un buon Paounmort, ma in questo momento mi ritrovo a fissare quel rettangolo di carta stampata e a provare un senso di invidia rabbiosa, perché io quella semplice ordinarietà non l’avevo mai veramente rifiutata. Mi era stata negata, strappata via con la violenza quando ero poco più che un bambino.
    Dopotutto, il pensiero di attaccare fisicamente Gideon McPherson non è più così inconcepibile, ora come ora. Cos’ha questo allocco che io non ho? Non è giusto!
    Fortunatamente, il Corvonero ha il buon senso di parlare nuovamente, distraendomi dalla trance in cui stavo cadendo. « Vogliamo parlarne come persone civili o hai intenzione di…..colpirmi come un bolide? » Bella domanda, sfigato, bella domanda!
    Non lo so neanche io cosa voglio fare, non ero così confuso da quando ho visto il dannatissimo finale di Lost. E se fosse questa la soluzione? Magari sono morto senza rendermene conto e il mio Purgatorio consiste nell’arrovellarmi il cervello sul perché il mio sosia mi stia guardando con uno sguardo degno di uno scorfano al vapore.
    « Tu sei sicuro di non essere uno stalker maniaco che ha preso le mie sembianze per sedurmi, vero? Insomma, non per essere egocentrico, ma mi hanno detto di fottermi talmente tante volte che un pensierino… Ma è strano, vero? O forse eccitante? Non, mon dieu, è decisamente strano! » esclamo, più a me stesso che a lui. Sospiro, passandomi una mano tra i capelli per ravviarli all’indietro e poggiando nuovamente il mio sguardo sul corpo di Gideon. Se prima mi sono concentrato su ciò che ci rende praticamente identici, ora comincio a notare le nostre differenze. La sua postura è diversa dalla mia, priva del tono aristocratico e sicuro posseduto solo da chi ha davvero passato la prima infanzia tenendo dei libri in equilibrio sulla testa. Inoltre, i suoi occhi sono simili ai miei, ma non proprio uguali: anche le sue iridi di color nocciola sono striate, ma se le mie venature sono di una calda sfumatura ambrata, le sue sono di un verde brillante. Ma il dettaglio più evidente, che fino ad allora non ero riuscito a notare, è costituito dalle fasciature strette che spuntano dalle maniche della camicia del ragazzo. Il candore fresco e asettico delle bende è però rovinato da macchie rosso vermiglio e, a quella vista, devo lottare per sopprimere un conato di vomito. Non è che mi faccia schifo il sangue, intendiamoci, ma la mia mente mi riporta ai giorni terribili in cui era il mio corpo ad essere squarciato e coperto di garze che aiutassero le ferite a cicatrizzarsi. [Tu non hai più nessuna cicatrice piccolo Jules ma ti ricordi quanto facevano male vero sì certo che te lo ricordi piccolo stronzetto ti ricordi perfettamente di quando ti abbiamo riempito di tagli per vedere quanto dolore riuscissi a sopportare prima di svenire]
    Lascio cadere la scopa e la mazza a terra, portandomi entrambe le mani alle tempie e cominciando a respirare profondamente e lentamente, ondeggiando lievemente avanti e indietro con il busto nel tentativo di non cadere preda dell’ennesimo attacco di panico. Non qui, non ora, non davanti a lui. Serro le palpebre con forza e digrigno i denti, ignorando il battito martellante del mio cuore, apparentemente deciso a galoppare con tutta la forza e la velocità di cui è capace. « Pardonne-moi, mon ami, per il mio comportamento inadeguato, ma ho… un po’ di problemi col sangue! » mento, puntando l’indice destro nella direzione generale delle sue ferite. « Che c’è, hai cercato di imitare Hannah Baker perché non sei riuscito a sederti accanto a me a Pozioni, oggi? »
    Riesco addirittura a contrarre le labbra in una smorfia che, idealmente, sarebbe un sorriso divertito, continuando a inspirare copiose boccate d’aria. Fortunatamente, il peggio sembra passato e, probabilmente, riuscirò a resistere ancora qualche minuto prima di crollare definitivamente, ma qualcosa è cambiato, in quei pochi istanti, perché quando riapro gli occhi e guardo di nuovo Gideon, non vedo più un nemico. Davanti a me ora c’è solo un ragazzino debole, spaventato e ferito, esattamente come lo ero stato io. Una creatura sanguinante e delicata che avrei potuto distruggere agevolmente, se solo avessi voluto, ma che proprio per questo avrei voluto proteggere, nel modo in cui nessuno era riuscito a proteggere me, quella notte.
    Senza neanche pensarci, infilo la mano nella tracolla abbandonata sulla mia spalla sinistra, alla ricerca di un dono prezioso da cui non mi separo mai. Non appena le mie dita sfiorano il vetro fresco, serro la mia presa sulla bottiglietta, facendo scattare il tappo con il pollice e porgendola al Corvonero.
    « Tiens, è una soluzione di acqua, sale, acido cloridrico e veleno di Daboia russelii, una delle vipere più velenose al mondo. Versatene un po’ sulla ferita e i tuoi istinti suicidi troveranno finalmente compimento! » gli dico, non riuscendo a non suonare decisamente più acido di quanto volessi. È così strano, ma c’è qualcosa in questo ragazzo che mi scombussola totalmente. Alla sua espressione spaventata - o forse indignata - scoppio a ridere, però. « Sto scherzando. È una pozione a base di estratto Dictamnus albus, non riconosci l’odore? Dittamo, in caso non avessi fatto i compiti di Erbologia. » gli spiego con un occhiolino, facendo del mio meglio per comportarmi come farei con qualsiasi altra persona. Ci sono troppe cose che non capisco, troppe domande che vorrei fargli, ma per ora scelgo di non pensarci. Non posso interrogarlo, se muore dissanguato. Giusto?
    « Se non erro, sono stati anche aggiunti distillati di altre erbe officinali, come Arnica, Artiglio del Diavolo, Lavanda, Stevia, Tarassaco. E c’è un pizzico di veleno di vipera, ma non ti ucciderà, sta’ tranquillo, serve ad attenuare gli effetti di veleni e maledizioni. È una pozione killer, la migliore sul mercato, quando si tratta di curare ferite sanguinanti. »
    Incredibilmente, non sto mentendo: quel preparato è stato distillato dal Dottor Navien, uno dei migliori specialisti francesi di Magimedicina d’Urgenza, nonché il primario del reparto dove lavorava mio padre. L’uomo che, quando stavo per morire dissanguato, si è testardamente accanito nel non volermi lasciar morire in santa pace, lavorando giorno e notte per salvarmi la vita. Non lo vedo da secoli, ma ogni tanto mi spedisce ancora qualche breve e formale lettera in cui mi esorta a seguire le orme da Guaritore di mio padre, allegandovi pacchetti con pozioni e medicamenti utili.
    Il punto però è un altro: perché il Corvonero dovrebbe fidarsi di me, dopo che l’ho praticamente minacciato di usare la sua testa come un bolide? Che ridere #DeadpanComeBetta, per una volta in cui sto veramente cercando di aiutare qualcuno, mi trovo in una situazione in cui è praticamente impossibile fidarsi di me. Ed è in quel momento che ho l’illuminazione.
    Nemmeno io credevo ad una parola di quello che mi ha detto Gideon McPherson, prima che lui si aprisse un po’ con me. Forse, in questo momento, l’unica possibilità che ho di controllare Gideon e di manipolarlo è, paradossalmente, quella di abbandonare un po’ il controllo.
    O almeno, questo è quello che mi dico, perché forse ho troppa paura di ammettere che, in fondo, provo l’irrazionale desiderio di essere al suo fianco, nella prossima foto di famiglia. Di essere circondato da una famiglia amorevole e non da fantasmi.
    Lo guardo per qualche istante, prima di abbassare gli occhi e afferrare con una mano la catenella che porto sempre al collo, a cui è attaccato un pendente dorato. La foggia del gioiello è sicuramente femminile, ma apparteneva a mia madre e ci sono così affezionato che non potrebbe importarmi di meno delle apparenze. Lo porgo a Gideon con un gesto un po’ teatrale, prima di rivolgergli un leggerissimo inchino, come vogliono le norme dell’alta società. Ha senso, visto che poco fa volevo staccargli la testa? Assolutamente no, ma andiamo, cosa ha senso, in questa situazione?
    « Excuse-moi pour ma maladresse. Je m’appelle Julien James Odair, duca di Montmorency, piacere di conoscerti! » annuncio, cercando di sembrare educato e distaccato. Eppure, una traccia dell’improvvisa stanchezza che mi sta assalendo traspare nella mia voce, che si incrina leggermente a metà della frase. « Se vorrai aprire quel ciondolo, troverai delle mie foto. Avevo tre anni quando è stata scattata la prima e quelli insieme a me sono i miei genitori, Victor e Agnes. Nell’altra foto, invece, ne ho otto e sono con Thomas, il mio migliore amico. Loro erano… Loro sono la mia famiglia. Non potranno essere molto utili come testimoni, visto che sono lontani, ma se non altro puoi vedere che sono assolutamente uguale a te, anche in versione moccioso. »
    Fisso quel gioello con una certa malinconia, stupendomi di quanto non mi infastidisca vederlo nelle mani di quella persona che non ho mai visto prima e che, fino a cinque minuti fa, avrei voluto defenestrare dalla torre di Astronomia. « Allora, adesso che ci siamo presentati e siamo compagni di merenda, vuoi una mano a mettere la pozione sulle ferite? Quei bendaggi sono messi malissimo, di’ a chiunque te li ha fatti che la Medimagia non fa per lui e che, da ora in poi, me ne occupo io. Non che me ne freghi qualcosa di te, ma sai com’è, vorrei tenerti in vita. Almeno fino a quando non avrò capito perché diavolo sei identico a me! »
    Vai così, JJ, forte, sicuro e sincero. Perché sono sincero, vero? Non sarò stato così stupido da cadere nella trappola di McPherson, giusto? Mon dieu, ti prego, fa che abbia ragione!
    | ms.


    Edited by [mocking]-jj - 30/11/2018, 00:50
     
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    "save yourself, my darling"


    Solo in quel momento parve ricollegare tutti i commenti ambigui sentiti in giornata sul suo aspetto fisico. Complimenti che non aveva mai ricevuto in maniera così eccessiva, lo avevano colpito in piena come un monsone e lui non si era accorto di nulla. Era davvero un osservatore come aveva sempre voluto pensare? O forse lo era quando le cose riguardavano gli altri, ed evitava caldamente di concentrare le proprie attenzioni su sè stesso?
    Rimase ad ascoltare le parole cattive del suo doppione, che gli dava dello stalker maniaco. E...cavolo, per un momento quasi si convinse di esserlo (?) Ma in realtà poi si rese conto che, sì, poteva definirsi un vero stalker, ma di certo non era quella la situazione. Lo osservò, ponendo silenziosamente in dubbio quanto potesse essere eccitante...insomma, fottersi da soli (?), ma non diede voce a quei pensieri, troppo imbarazzato. Gli capitava spesso di non riuscire a reagire dinnanzi a situazioni di profonda prepotenza così aggressiva e diretta, più che altro ne rimaneva atterrito, pietrificato, e gli ci voleva più di qualche secondo per metabolizzare la cosa.

    Qualcosa di più interessante sembrò attirare l'attenzione del ragazzo, che all'improvviso sembrò voler vomitare anche l'anima. Ecco, adesso vedeva più somiglianze con sè stesso di quanto avesse viste fino a quel momento. Quella chiara emozione che aveva visto più volte sul suo stesso viso, sembrò fargli capire quale fosse il problema, nemmeno fossero telepatici.
    Al che, Gideon cercò di coprire le bende il più possibile facendo scivolare il mantello sui polsi, convinto che avesse visto qualcosa che non avrebbe voluto vedere. Non tutti avevano lo stomaco forte per osservare delle ferite o anche solo delle medicazioni senza rischiare il mal di testa ed il vomito - spesso l'immaginazione riusciva a completare orridi puzzle che gli occhi non potevano cogliere. Certo era che la reazione del ragazzo fu strana, non si limitò a mal celare un conato di vomito, ma sembrò prenderla proprio male. Scopa e mazza caddero a terra e lui iniziò ad ondeggiare sul posto, tenendosi la testa tra le mani, come a voler scacciare un brutto pensiero. ...Tutto okay? Fece un passo avanti verso di lui, ben misurato e studiato per non infastidirlo troppo. Gideon non era certo che fosse tutto ok, ma aveva come la sensazione che se si fosse avvicinato troppo il ragazzo lo avrebbe letteralmente aggredito. Ah, stanno sanguinando? Non me ne ero reso conto. Alzò il polso per posizionarlo in modo che potesse osservare le bende, ed in effetti da bianche e candide che erano quella mattina, adesso erano sfatte con una chiazza rosso vermiglio che ne aveva decorato il centro. Non si chiuderanno più, mi sento Gesù Cristo. Per essere un tipo credente sapeva essere piuttosto blasfemo senza rendersene nemmeno conto. Comunque scusa, non volevo farti stare male. Tirò giù sulle mani il mantello, allungandolo quanto possibile. Non sono un aspirante suicida, sono un idiota finito in Sala torture.
    Il fatto che guardasse Netlix, però, lo rendeva ogni minuto più interessante, ma Gideon era ancora piuttosto scettico su di lui. Doveva dedurre, comunque, che fosse cresciuto nel mondo babbano. Quel tipo era quanto di più vanesio Gid avesse mai conosciuto, e certo rimanere lì a farsi maltrattare per innalzare il suo ego non era ciò a cui più aspirava, ma il fatto che volesse saperne di più era sufficiente a tenerlo inchiodato lì.

    Osservò la bottiglietta che il ragazzo gli passò, con un’espressione indecifrabile...della serie "e ora come glielo dico che non mi fido e che sono ancora convinto che voglio farmi fuori?" Sollevò lo sguardo, del tutto criptico, su di lui, convincendosi ad accettare la bottiglietta solo quando il ragazzo ne rivelò il vero contenuto, e portandolo al naso Gideon riconobbe l'inconfondibile odore aspro del dittamo, mischiato a qualcosa che gli avrebbe consentito di attenuare i veleni nella ferita, così da consentirgli di guarire più in fretta.
    Non sapeva se avesse preferito rimanere un Gesù Cristo, piuttosto che rischiare di venire avvelenato, ma ci avrebbe pensato bene in quei frangenti, prima di decidere.

    Julian James odair. Quel nome non gli diceva niente di nuovo, non accendeva nella sua testa nessuna lampadina. Addirittura un duca, quale onore? Aveva la vaga sensazione che quel tipo amasse vantarsi e sparare un sacco di cazzate su cose che non era, ma dirglielo e dubitare così apertamente di lui, probabilmente, non sarebbe stato carino, nemmeno dinnanzi alla sua ironia pungente. Ecco, in quel momento percepiva di avere un'espressione totalmente scettica e non poteva farci niente, era un libro aperto e sul suo viso si poteva leggere qualsiasi pensiero, senza alcun tipo di filtro. Era il suo più grande difetto. Ma finalmente anche Mr. Le sparo grandi iniziò a parlare con i fatti, dandogli anche lui delle prove, dato che fino a quel momento aveva semplicemente dato aria alla bocca - per di più, al novanta per cento per insultarlo.
    Raccolse il ciondolo tra le mani e lo squadrò da ogni angolazione per capire come si aprisse, alla fine dopo due o tre rimaneggiamenti riuscì a sbloccarlo e si soffermò ad osservare le foto contenute al suo interno. Una foto di lui da bambino, a tre anni, e poi altre. Dio, erano foto vere, e rappresentavano qualcuno di simile a lui in ambienti del tutto differenti da quelli che aveva vissuto nell'infanzia e nell'adolescenza, affiancato da persone che Gideon non ricordava di avere mai visto in vita sua. Forse non erano una prova, o magari invece erano la prova schiacciante che il ragazzo non stesse mentendo. Avevano la stessa faccia ed erano cresciuti con quelle stesse identiche espressioni, era...incredibile. Il suo cuore iniziò ad accelerare il proprio battito, le mani iniziarono a tremare scosse da impercettibili movimenti involontari, doveva sedersi. Gli riconsegnò il ciondolo, in silenzio, improvvisamente più pallido del normale e sul punto di svenire.
    Io non credo di stare molto bene. Come poteva essere? Chi era quel ragazzo che fino a quel momento aveva vissuto la vita con la sua stessa faccia? La scienza diceva che cose del genere fossero possibili, ma Julien non era solo molto simile a lui, era quasi identico. Erano gemelli omozigoti? Un errore di laboratorio? Aveva accantonato da un pezzo l'ipotesi di uno scherzo, ma avrebbe preferito continuare a crederci.
    Non me lo spiego... non me lo spiego.
    Continuava a ripetere, come fosse un disco rotto, la verità era che si trovava sotto una specie di shock e...non me sarebbe uscito facilmente. Andò a sedersi si una panchina, a ridosso dell'entrata della Sala comune dei Corvonero. Avrebbe voluto infilarsi lì dentro e lasciare il suo gemello lì a farsi mille domande, ma qualcosa lo spingeva a rimanere con lui, perchè doveva capire, non importava lo shock.

    Dopo qualche istante di silenzio, risollevò lo sguardo su Julien che, indovinate un po'? Continuava ad insultarlo persino per vie traverse (?). Emise un profondo respiro, al limite dell'esasperazione, e portò due dita alla radice del naso per premerla, e farsi passare quel dannato mal di testa. I suoi bendaggi erano evidentemente allentati dai movimenti che aveva compiuto nella disperata ricerca delle fotografie, ma non gliene fregava davvero niente, al momento. Doveva ammettere, però, che quell'attacco indiretto sulle sue capacità da medimago bruciò il suo orgoglio più di quanto avrebbe mai pensato. Le ho fatte io. Ammise, candidamente. Ma non erano così brutte stamattina. Gli fece cenno di prendere posto affianco a lui, sulla panchina, dato che era così bravo in medimagia. Sei certo di riuscirci senza vomitarmi addosso? Domandò, indirizzandogli una delle tante frecciatine che si era ripromesso di spedirgli un po' a rate, così, perchè la vendetta è un piatto che va servito freddo (?)

    Non pretendeva certo di stargli attaccato ai fondelli per tutto il tempo, ma anche lui non avrebbe voluto lasciarlo andare. Voleva sommergerlo di domande, chiedergli della sua vita, saperne di più.
    Si permise di osservarlo ancora, più da vicino, mentre il ragazzo gli sfilava le bende per occuparsi di medicarlo e risistemargliele. Osservò ogni dettaglio del suo volto, riconoscendoci il proprio, e riconoscendo ogni differenza. Passò ai suoi capelli, così castani ed all'apparenza morbidi, alla sua pelle pallida come la propria e quasi del tutto priva di imperfezioni come quella dei bambini, le sopracciglia della sua stessa forma, il taglio degli occhi abbassati a studiare con accuratezza le sue bende.
    Grazie, Julien... gli disse, grato sul serio per quel gesto.
    Sei cresciuto in Francia? Da quanto stai a Hogwarts?
    Non che fossero improvvisamente diventati amici o simili, eh, Gideon certo non lo pretendeva, ma voleva saperne di più, ricollegarsi alle loro origini per capire se fossero le stesse.





    16 y.o.
    in the wrong place
    at the wrong time


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    made in china — I'm here at the beginning of the end
     
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