Hello It's Me

Todd x Everett

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    Spero di essere Todd

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    Ian Todd Milkobitch
    Non sono sfortunato, sono gli altri più fortunati di me.

    La vita di Todd aveva preso una piega davvero assurda, la stabilità non era certo all'ordine del giorno, e probabilmente non la sarebbe mai stata; lui stava bene grazie alla cura che stava prendendo, quindi in un certo senso di poteva dire che era tornata almeno la normalità per quanto riguardava lui, aveva persino riavuto indietro Mickey; il problema era suo fratello. Chi lo avrebbe mai detto che sarebbe stato Jeremy quello che avrebbe avuto bisogno d'aiuto? Praticamente tutti, visto che entrambi i fratelli Milkobitch erano un caso perso fin dalla nascita e senza la presenza di loro sorella Run, il loro destino era quello di fallire e cadere ancora e ancora. Era un anno, un anno di merda, periodo nel quale quello che era rimasto della famiglia era data da lui che provava a fare il magizoologico e Jeremy che si spogliava al Lilum per soldi. Aveva avuto la sua stessa crisi, peccato che dargli delle pasticche non sarebbe servito; aveva provato anche quelle in realtà quindi era era sicuro che non avessero fatto effetto. Ogni tanto andava in camera sua a controllare se respirava e provava a cambiargli le pillole, a forse era così assuefatto che manco se ne rendeva conto. Era tutto così difficile. «Perché siamo così?» sospirò Todd seduto sulla panchina del parco. Aveva deciso di staccarsi dal caos di casa sua, dai problemi di Jeremy, e si lo sapeva anche lui che non erano davvero suoi ma era pur sempre suo fratello, non lo avrebbe mai lasciato indietro, lui non era stato lasciato solo. I milkobitch non si abbandonavano mai, almeno che una non sparisse nel nulla dal giorno alla notte; vero Run?
    « Siete i Milkobitch. Ecco perché siete un caso perso»
    «Ma per la barba di merlino. Mi hai fatto paura Mickey.» mise una mano sul cuore, cercando di recuperare i battiti, il suo migliore amico si divertiva spesso ad apparirgli alle spalle solo per vederlo saltare; infatti si mise a ridere per quello che aveva appena fatto, ma Ian lo guardò male «Non sei divertente» disse offeso, ma alla fine non aveva senso prendersela, lui era fatto così.
    «bene, visto che mi hai perdonato. Ora che facciamo?»
    «Niente. Voglio solo godermi questo raggio di sole prima di rientrare a casa, dai miei problemi» chiuse gli occhi e alzò la testa per godersi il calore di quella giornata autunnale. Aveva davvero bisogno di riprendere fiato, fare il fratello responsabile era difficile, gli mancava così tanto Run, non che lei fosse l'adulto serio nella famiglia, ma era da sempre la colonna portante nei Milkobitch e come la prima volta faceva dannatamente male averla persa. Possibile che non potevano essere felici e contenti come nelle migliori fiabe? «Sai mi manca» disse riferendosi proprio alla mora, chissà come stava in quel posto. Non aveva capito bene se fosse nel far west o nel 1918, perché lui al contrario di quanto sembra aveva studiato e sapeva che non fossero esattamente la stessa cosa. Qualche volta andava in libreria per vedere se fosse stata nei libri di storia, dato che non era nel dna di Run star tranquilla, magari aveva cambiato qualcosa; Ma niente, sembrava non esistere, che fosse morta?
    «Impossibile é Run » Intervenne il suo amico immaginario; a volte dimenticava che gli leggeva il pensiero.
    « Ti ricordo che è già morta»
    «Appunto non farà il bis» Forse. Su quel punto entrambi erano dubbiosi ed era meglio non pensarci; il fatto che non fosse sui libri di storia era sicuramente dato dal fatto che si stesse comportando bene e non per qualcosa di catastrofico. Doveva essere così.
    «Ok basta. Voglio davvero godermi il momento, ora fai silenzio, Mickey» aveva bisogno di quel momento davvero e magari doveva pure smettere di pensare, ma era così difficile farlo, il silenzio e la solitudine gli mettevano in moto il cervello e lui era praticamente sempre solo, quindi pensava sempre. Che amarezza.
    «Ma quello lo conosciamo» Disse Mickey indicando un ragazzo ricciolo che camminava da solo, distraendo in quel modo ogni pensiero di Todd, che rivolse lo sguardo verso quella direzione«Non indicare»
    «Nessuno mi può vedere. è tutto nella tua testa ricordi?»
    «ah è vero» cercò di sforzarsi per capire chi fosse e in effetti era un volto familiare, sembrava di averlo visto in uno di quei convegni che teneva di solito per il suo lavoro di magizoologico. Pensò di salutarlo ma era timido e soprattutto aveva una gran paura che non fosse davvero lui, Everett; anche se era all'ordine del giorno fare figuracce per una volta voleva evitare ecco,dato che già parlava da solo in strada in quell'occasione avrebbe volentieri saltato il turno. «Quanto sei noioso, se mi sentisse, lo chiamerei io» disse mettendo il broncio ma Ian non avrebbe ceduto alle sue provocazioni «Per fortuna è tutto nella mia testa» disse dando le spalle a Everett che stava arrivando nella loro direzione. Magari non lo riconosceva e andava a diritto.






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    ‘Ciao mamma, sono ancora vivo, nonno Charles sta bene? Ringrazia nonna per la ricetta che mi ha mandato, spero di riuscire a venire a New York presto. Dimmi quando passi per Londra che ci prendiamo un the insieme. Salutami ancora i nonni e tienimi aggiornato. Ti voglio bene, Everett.’ il ragazzo rilesse la lettera per la probabilmente decima volta, forse era un po’ troppo fredda? Avrebbe dovuto dire a sua mamma di salutare pure Louis? (sì il padre lui lo chiamava per nome più spesso di quanto se ne rendesse conto) O chiedere di Cooper? Probabilmente nemmeno sua madre sapeva bene che fine avesse fatto Cooper, poteva anche essere morto che i Thompson l’avrebbero scoperto anni dopo, o almeno Everett lo avrebbe scoperto dopo anni. Il riccio scosse la testa per mandare via quei pensieri, mise la lettera nella busta e leccò la colla lentamente prima di chiuderla e finalmente toccare con la bacchetta alcune pietre del muro di fronte a lui facendo così apparire l’entrata del Paiolo Magico. Il riccio entrò camminando frettolosamente per evitare che le persone lo fermassero per offrirgli un cicchetto di whisky incendiario e raggiunse l’entrata di Diagon Alley.
    Non era passato molto dall’ultima volta a Diagon Alley, gli piaceva andare lì, gli ricordava il giorno dei suoi primi acquisti scolastici, il profumo di pergamena nuova, il fascio luminoso che uscì dalla sua bacchetta dopo averla provata, la calca di ragazzini davanti al negozio di scope, le piume sul pavimento del Serraglio Stregato, tutti ricordi di quella giornata, probabilmente una delle più belle della sua vita.
    Il riccio non ci mise molto a raggiungere il grande parco, lì si sarebbe dovuto incontrare con un collega il quale era solito prestargli il suo gufo quando doveva scrivere alla madre. “Grazie del favore.” sorrise all’uomo consegnandogli la lettera. “Ci vediamo in giro” aggiunse prima di allontanarsi dall’uomo e incamminarsi nel parco.
    Everett amava camminare in mezzo alla natura che fosse essa controllata in un parco o allo stato brado come per esempio un bosco, c’era qualcosa in essa che lo affascinava, camminava scrutando gli alberi ai quali iniziavano a cadere le foglie segno dello scorrere del tempo e ogni tanto davo un’occhiata alle persone che camminavano per i viali o si riposavano su una panchina. Quel giorno era totalmente solo, nessun animale nascosto in tasca o in borsa grazie ad un incantesimo di Estensione Irriconoscibile e ne era contento, amava i suoi animali ma il prendersene cura a volte toglieva tempo a lui per prendersi cura di se stesso o semplicemente per fermarsi e pensare, capire se era soddisfatto della sua vita e come poter raggiungere obiettivi ancora più alti. Si mise a guardare attentamente le panchine in cera di una libera camminando lentamente. Il riccio si fermò un secondo quando gli parve di vedere un viso conosciuto, un ragazzo coi capelli rossicci seduto da solo su una panchina che sembrava quasi conversare da solo, sapeva di averlo già visto e forse averci già parlato da qualche parte ma l’unica cosa che gli veniva in mente in quel momento era la parola rospo (n.d.a. in inglese rospo si dice toad che suona un po’ come Todd ed essendo in Inghilterra la lingua madre è l’inglese). Il moro riprese a camminare notando che il ragazzo si era mosso dandogli le spalle, forse non si conoscevano come pensava Everett, il riccio lo passò continuando per la sua strada ma c’era quel pallino fisso sui rospi che sapeva non l’avrebbe fatto dormire la notte quindi decise di fare un dietro front non troppo eclatante e raggiunse il giovane. “Hei, senti non voglio sembrarti troppo strano ma è da quando ti ho visto da lontano che ho un pallino in testa, te per caso sai perché possa pensare ai rospi quando ti guardo?” gli chiese mordendosi nervosamente il labbro inferiore preparandosi a segnare quella nel suo libro delle figure di merda più epiche nella sua vita (perché contarle proprio tutte vien lunga).
    JACOB EVERETT THOMPSON
    But believe me I'm not hostile. I just want to hear you laugh. When I'm sarcastic like that and that just makes me a dumb human like you.
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