welcome to the space jam

party bllximo aperto a tutti!!&&

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    kieran sargent
    Looking for treasure in the things that you threw
    Like a magpie, I live for glitter not you

    Kieran sentiva già una certa pressure sulle proprie spalle, e non era certa che potesse reggerla tutta. Era alta un metro e un kinder, come avrebbe potuto? Più osservava l’atrio di Villa Lampedusa Barrow e più le veniva la tentazione di cambiare di nuovo la disposizione degli addobbi, doveva essere tutto perfetto o la gente non si sarebbe divertita abbastanza. Lei, poi, che ne sapeva di feste nel futuro, non poteva neanche chiedere alla sua otp del Louvre – e coloro che le rimanevano non le sembravano tanto promettenti, un po’ come Leo. Chissà da quanto non andava a un party, tipo trent’anni? Di Laurent e Melvin aveva paura, magari andavano in posti strani da giovani, che ne sapeva lei?? Si sentiva come una Sin qualsiasi: completamente persa su cosa le succedesse intorno. Aveva persino provato ad aggiornarsi sui cento anni che si era persa, ma erano cambiate così tante cose che se ne ricordava forse un paio – c’erano ancora gli unicorni, pensate!! Sfortunatamente non avevano ancora abolito educazione fisica nelle scuole, il vero passo verso un futuro migliore.
    Nei giorni precedenti alla festa aveva appeso dei volantini speciali per la città e li aveva lasciati nei locali più frequentati dai parigini
    Abbassò lo sguardo sul volantino che continuava a stropicciare, chiedendosi se qualcuno sarebbe davvero venuto, esclusi i suoi amici che erano obbligati. Era un volantino sobrio per i suoi standard: uno sfondo rosa fluorescente con delle piccole bandiere arcobaleno ai lati del foglio, mentre al centro si trovava la scritta re-pride con tutte le informazioni sull’evento. E se le sua capacità con photoshop (indesign?) erano limitate, era sicura di aver dato il meglio di sé nel molestare tutti i parigini distribuendo in giro i fogli. Li aveva persino…….messi nei display dei locali più frequentati – non chiedetele come funzionassero gli annunci pubblicitari, ne era rimasta particolarmente confusa.
    Ci fu un movimento alla sua destra, e come un falco shipper non ci volle molto prima che intercettasse la preda «uh, eccovi qui!» esclamò, avvicinandosi alla coppia di biondi che era spuntata da una porta a caso. Dovette cercare di darsi un contegno davanti ad Amalie e Barry, ma vederli insieme la faceva sentire male ogni volta – del tipo che doveva trattenersi per non lasciarsi uscire qualche urletto eccitato. La sua otp era canon??????? Non ci poteva ancora credere, le sembrava così surreale che quei due cazzoni si fossero svegliati che le sembrava di sognare. Era troppo per lei, come si faceva a ??? processare una cosa del genere SI STAVA SENTENDO MALE OK??? Prese un respiro profondo, ricordandosi che poteva sfogare la sua emozione nella bacheca che aveva creato per loro anni prima. «ci stavi aspettando?» Barry, povera anima bionda, era confuso. La Sargent non faceva mai nulla a caso, e se quel giorno li aveva casualmente incrociati ci doveva essere una ragione: voleva osservarli da vicino e fangirlare come una shipper. Forse non se ne rendevano conto, ma la loro relazione era la sua creepy per quanto l’aveva sudata. «nope, ma tanto che ci siamo vi faccio fare il giro delle stanze» batté le mani mente volteggiava per la sala, entusiasta di mostrare loro quello che aveva progettato per giorni. «questo è l’atrio, ma lo sapete già, e salendo una delle due scalinate potete accedere al secondo piano» l’intera entrata era addobbata per l’occasione, con tanto di stelle appese alla gradinata e uno striscione fluo recante la scritta arcobaleno RE-PRIDE fissato alla balaustra. Avrebbe voluto mettere anche delle caramelle giganti gonfiabili ma glielo avevano impedito – pensavano che qualcuno avrebbe provato ad addentarle, e con qualcuno intendevano una Kieran ubriaca. «amery fatemi un favore, non andate di sopra a fare cose, ci sarà gente ok???» e con cose intendeva giocare al Monopoly, malpensanti. Fece loro segno di seguirla mentre imboccava un corridoio fino a raggiungere il salotto aka una stanza che era il doppio di casa sua. E dire che Will II sosteneva fosse piccole, si vedeva che non era un povero. «qua ci sono le bevande e il cibo. Niente droga Barruly, capito? Se vuoi c’è l’alcool però» aveva provato a impedire ad Al di comprarlo, ma le aveva detto molto rude che nessuno si sarebbe divertito senza alcolici. Beh, lei non condivideva, si poteva benissimo passare una bella serata senza. «il pezzo forte sono i cupcakes a forma di unicorno! Spero che nessuno faccia crollare le piramidi» lanciò un’occhiata preoccupata alle costruzione di muffin nel mezzo della stanza, pregando tutti i suoi personaggi preferiti di mantenerla intatta. Era sempre stato uno dei suoi sogni averne una, non potevano distruggerglielo così – un po’ come il nuotare nel cioccolato. Peccato che le avevano vietato di riempire la piscina in giardino di cioccolato fuso. La osservò con occhi sognanti dalla finestra, sapendo che un giorno sarebbe riuscita a realizzare il suo progetto malvagio. «se volete qui potete trovare le bottiglie con le lacrime di Chiara Ferragni» alzò il braccio verso un estremo della sala, dove erano sistemati i tavoli con le vivande. Lo sapeva che i tavoli col cibo facevano molto festa di compleanno, ma in fondo quello era un evento sciallo, non come il gala killer di pasqua.
    «e dato che questa serata è dedicata al conseguimento degli uguali dritti per tutta la comunità LGBT+, non poteva mancare – amery, rullo di tamburi per favore – una piattaforma per il karaoke E QUELLA DI JUST DANCE» in caps, in caso qualcuno ken non l’avesse notato. Nella testa della Sargent il karaoke in qualche modo era collegato alla musica sparata al massimo durante il pride, ma non credeva che la coppia fosse abbastanza mora da cogliere. «vi voglio sfidare entrambi quindi state pronti» un po’ come pianificava di battere mezza casa, compreso il suo arci rivale Ken. Spostò lo sguardo sull’orologio attaccato alla parete, la mano a sbattere sulla fronte e un’espressione terrorizzata sul volto della mimetica «MA SIAMO IN RITARDO» ne avesse avuto il tempo, avrebbe continuato a elogiare ogni minimo dettagli della festa, ma non ne aveva. «mh, non ce la faccio a farvi vedere anche il secondo piano» il suo cuore soffriva un po’, voleva essere una brava chaperon per gli Amery ma aveva chiaramente fallito. Ci sarebbe sempre stata una un’altra volta, non dubitava della sua capacità di incastrare coppie dopotutto. «vabbè vi faccio un riassunto!! Allora, sappiate che di sopra c’è una sala speciale per………….dei film» o forse erano quei porno gay dei memes , non lo sapeva con certezza, aveva lasciato scegliere a Will e Ken. «uh poi ci sono le mele da prendere con la bocca, teoricamente sono immerse nell'acqua ma penso che qualcuno ci abbia messo la vodka» lo aveva scoperto a sue spese, quando aveva provato ad addentare una mela e si era ritrovata con la bocca a bruciare – una bllxima esperienza, davvero. «mentre ciò che c’è nell’ultima stanza è una sorpresa, e no non è il petting estremo con le perline» meglio specificare, nel caso i due questa è per pochi avessero frainteso. Batté le mani fra loro con un sorriso da piccola cocainomane in viso, prendendoli entrambi a braccetto come la persona molesta che era: cos'erano gli spazi personali, dopotutto. «andiamo a dare inizio alla festa, che ne dite?» non che avessero scelta, li aveva praticamente incatenati (amorevolmente) a sé. E nel frattempo si spera sia arrivata gente non lasciatemi da sola dai.




    2000 - muggle
    rebel - mimesis
    05.10 - 21:30


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    made in china — I'm here at the beginning of the end
     
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    Francamente non aveva idea di cosa fosse il RE-PRIDE e quando aveva provato a chiederlo alla Sargent, questi l’aveva fissata per qualche secondo negli occhi per poi azzardare un panic moonwalk in un’altra stanza. Non capiva che problemi avesse con lei la bambina, ma non era abbastanza interessata da informarsi. Aveva provato a chiederlo a Barry, e l’unica risposta che aveva ricevuto era stato il suono di uno slinguazzamento selvaggio con la Winston. Che problemi avevano i giorni nel 2118? Cristo, stava diventando come un Al qualsiasi: alcolizzata e ignorata da tutti. «au moins ci sei te, billie» posò un bacio sulla testa del cane, dandogli poi una grattata dietro le orecchie. Aveva adottato il border collie solo pochi mesi prima, quando si era (finalmente) trasferita da Villa Barrow al suo appartamento. Aveva persino cercato tra le proprietà dei Beaumont, ma non aveva trovato niente su quegli infami. «ne me regarde pas comme ça» asserì decisa, lo sguardo fisso in quello del cane: non l’avrebbe avuta vinta. La Beaumont raramente cambiava idea su un qualcosa, e quando aveva deciso di andare da sola a quella specie di festa intendeva sul serio. Si rendeva conto che l’espressione del cane non poteva davvero essere triste, ma una strafatta Akelei avrebbe ceduto a tutto «neanche io voglio lasciarti solo, ma devi capir-» «vedo la gente morta» la Beaumont annuì solenne, come se capisse perfettamente quello che voleva dire il cane – era un qualcosa che le capitava ogni giorno, solo che al posto delle persone lei vedeva i polaretti. «tu n'as pas chaud?» quando era fatta tendeva a cambiare lingua ancora più del normale, tanto che una volta aveva cercato di intrattenere una conversazione in mandarino con un commerciante – inutile dire che non le aveva venduto il suo parrucchino per cinque sterline. «questo vestito mi sta uccidendo» ]«o forse è la società» o forse era la società. Billy aveva un ottima argomentazione, nulla le vietava di svestirsi e andare in costume; forse solo i pochi gradi che c’erano fuori e un William ancora sobrio. «tanz mit mir» scivolò giù dal divano dove era stata stesa finora, porgendo poi una mano a Billie (Jean) in attesa che gliela stringesse. Spoiler alert: non lo fece, quindi dovette prenderlo in braccio. «BILLIE JEAN» «IS NOT MY LOVER» fun fact: Jean era il nome del suo altro cane. Akelei era davvero simpatica quando si drogava. «SHE’S JUST A GIRL» la bionda incominciò a volteggiare per la stanza al ritmo (immaginario) della musica, muovendo con la mano le zampe del cane come se stesse suonando la batteria «WHO CLAIMS THAT I AM THE ONE» «BUT THE KID IS NOT MY SON» che era un po’ la storia della vita della Beaumont, la quale si era ritrovata all’improvviso con tre figli adolescenti che non sapeva di aver concepito. Si bloccò a mezza piroetta quando sentì il suono del campanello, rovinandole l’intera canzone – ora le toccava ripiegare sul triangolo, complimenti. Si diresse verso la porta con ancora un Billie confuso euforico in braccio, quasi non pesasse davvero venti chili «mhh hola, ¿qué tal?» ammiccò all’uomo alla sua porta, facendosi poi da parte per farlo entrare nella sua umile dimora. Chissà se aveva lasciato qualche cosa di compromettente in giro – come il suo set di pistole – non era così lucida per ricordarselo. «devo farti vedere una cosa, stai lì!» alzò all’improvviso il palmo per fermarlo dal muoversi, liberando poi Billie dalla sua presa killer posandolo per terra. Afferrò il triangolo dal tavolo – che ci faceva un triangolo in casa sua? Non ne aveva idea neanche lei – e si posizionò solenne davanti al biondo, bacchetta in mano e schiena dritta «Billie un, deux, trois» incominciò a battere il tempo con il piede, mentre il cane avrebbe dovuto teoricamente ballare su due zampe attorno a lei, l’avrebbe anche chiesto a William ma non l’aveva addestrato abbastanza. Skste non ho tempo per tutta la canzone, passiamo direttamente al clou «now that I know what I'm without, you can't just leave me» iniziò a scuotere la testa più veloce, i capelli che frustavano violenti l’aria «breathe into me and make me real, b r i n g m e t o l i f e» la bacchetta di metallo incominciò a battere sempre più omicida lo strumento, il ritmo incalzante a precedere il ritornello – sperava che almeno il Barrow si fosse messo a ballare in cerchio al posto di Billie «WAKE ME UP INSIDE WAKE ME UP INSIDE» tutti insieme, rimini 2010!!!! «CALL MY NAME AND SAVE ME FROM THE DARK» E dopo aver suonato Bring me to life, Akelei poteva dire di aver toccato il fondo del baratro.

    Akelei doveva ammettere che le era mancata quella villa, una reggia in confronto al suo appartamento. Guardandosi intorno stentava a riconoscere i soliti ambienti, decorati in mille colori per l’occasione - sembrava quasi che un unicorno ci avesse vomitato sopra. Quando Akelei e William fecero la loro entrata trionfale la casa era già riempita da diverse persone, rendendo la bionda meno sola nel suo stato alternato. E direi che rispetto a prima si sentiva già più normale, anche se alle volte continuava a parlare con Billie. Perché sì, alla fine aveva ceduto e l’aveva portato con loro, le faceva troppo pena per lasciarlo a casa da solo «william, will» strinse la mano sul suo braccio, avvicinando le labbra all’orecchio del biondo per farti sentire «dovresti davvero fare quella cosa» fece scivolare gli occhi dall’altra parte della stanza, dove stava la piattaforma per JustDance. Incredibile quante cose rendeva affascianti la droga, di solito non avrebbe neanche calcolato quel congegno attira-plebe. Continuò a girare con il Barrow attaccato al braccio da una parte e Billie al guinzaglio dall’altra, la sua attenzione costantemente rivolta alla piramide di cupcakes in mezzo al salotto «scusa, secondo te quanti sono?» si sporse verso una Melvin selvatica, indicandole affascinata tutti i piccoli dolci impilati l’uno sull’altro «sento uno strano impulso di buttarli giù» era sicura che la bionda concordasse con lei, ma prima di poterlo scoprire venne trascinata via dal Barrow. «will, voulez vous patè avec moi?» quella volta aveva la sua piena attenzione, le mani poggiate sul suo petto e un sorriso malizioso a curvare le labbra scarlatte - neanche lei aveva idea di che cosa avesse detto, menomale che lì c’era Billie a tradurre per loro.
    05.10 - 21:30
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    1992 - former SLYTHERIN - DEATHEATER - hitwoman

    akelei
    beaumont
    Looks sweet, but the devil's in the details The flow switch pace when the beat builds



    lucky: akelei beaumont - dovrà suonare bring me to life con il triangolo anche perché da sobria non l'avrebbe mai fatto


    Edited by cocaine/doll - 6/4/2019, 14:12
     
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    «Sicura non sia un problema?» Si sentiva un po' in colpa, a far fare tutta quella strada in più a Leonard Hamilton, e per questo aveva la premura di assicurarsi di non esser un peso «MA CERTO CHE NO! Tanto la città ce la giriamo tutti i giorni in macchina comunque» La ragazza non credeva davvero che Callie fosse una fonte affidabile, e sapeva che per fare le cose davvero per bene avrebbe dovuto chiedere direttamente a Leo ma... che avrebbe fatto, in caso di un no? Certo, poteva mettere un annuncio sulle sue storie di instagram - sull'account accessibile solamente ai maghi, obv - ma non sapeva mai a cosa sarebbe potuta andare incontro. E poi, in primo luogo, era stata Callie ad offrirle il passaggio: se era solita far così spesso ( e conoscendola, molto probabilmente lo era ) allora l'Hamilton era probabilmente abituato ad avere ospiti inaspettati da scorrazzare in giro. E poi...un video nella volante della polizia? Tokyo era certa che ai suoi followerz sarebbe piaciuta un sacco, come introduzione al vlog sulla festa.
    Quando Laurent l'aveva informata sull'evento, con tanto di foto del volantino, Tokyo aveva acquistato il primo volo di ritorno dall'oktoberfest - non era lì per piacere personale, malpensanti: la Lovecraft era lì unicamente per l - a - v - o - r - o, anche perché la Germania era l'unico posto nel mondo in cui accadeva qualcosa degno di nota ad inizio Ottobre. Nemmeno piaceva, a lei, la birra - per esser presente a quello che, ne era certa, sarebbe stato l'evento più cool dell'anno.
    Insomma dai, l'aveva organizzato Kieran Sargent! Era da mesi e mesi che la Lovecraft aspettava un'occasione simile per conoscere meglio i viaggiatori. Non importava il fatto che ormai non erano considerati più una "novità" e si erano inseriti (più o meno) nella loro epoca: a Tokyo sembrava sempre un sogno vederli, ed ogni volta cercava di reperire più informazioni possibili sui suoi nonni e bisnonni da giovani.
    «Ah, tokyo?» «Mh?» Aveva sempre un po' paura, quando qualcuno le si rivolgeva iniziando una frase in questo modo. Soprattutto suo padre.

    «Ah, tokyo?»
    «mh?»
    «si è rotta la lavatrice»

    «Ah, tokyo?»
    «mh?»
    «è morto il gatto»

    «Ah, tokyo?»
    «mh?»
    «domani ci trasferiamo a Oslo»


    «Posso partecipare al vlog??» Ahhh, le aveva messo ansia per..quello?? «CERTO, è scontato!!» Se lo sentiva nel kuore: quello sarebbe stato uno dei video migliori di sempre.

    / STACCHETTO !! /

    «Perché ho accettato??? PERCHÈ????» La doveva decisamente smettere, di far decidere la sua vita ai suoi followerz: li amava tutti quanti, sia chiaro, ma a volte dava loro un po' troppa libertà. Aveva iniziato una diretta su instagram e, facendo veder loro tutto ciò che c'era alla festa - vogliamo parlare delle bottiglie con le lacrime della Ferragni?? Ovviamente se ne sarebbe portata una a casa a fine serata - aveva fatto il gravissimo errore di chiedergli cosa avrebbe dovuto far prima. Indovinate un po'? Avevano detto Just Dance, quei traditori: il mondo intero sapeva quanto la ragazza fosse scoordinata. Ma del resto, per i suoi fanz aveva fatto cose più pericolose, come ad esempio attraversare uno specchio spazio-temporale (??? almeno, così aveva capito) per ritrovarsi a combattere una battaglia di cui non ne conosceva nemmeno il motivo. A volte aveva ancora gli incubi, certo, ma allo stesso tempo il video caricato sul suo canale era entrato tra i trend nel giro di qualche ora. «Non ridete troppo, va bene??» La ragazza poteva solo sperare che fossero tutti troppo ubriachi per accorgersi di lei, e dell'inevitabile caduta di faccia a cui probabilmente sarebbe andata incontro dopo aver iniziato a giocare.
    #adventuresoftokyo
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    2100's - youtuber - atmokinesis - cooler than u

    Tokyo
    Lovecraft
    Sleepin' in late 'cause
    they just celebrating life

     
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    «non sei tipo....super felice??» Diede una gomitata a Leo, ripetendogli la stessa domanda per la settima?ottava? volta quella sera. Era più forte di lei, non ce la faceva proprio a trattenere l'entusiasmo: conosceva Tokyo Lovecraft da una vita, ma ciò non toglieva il fatto che fosse un influencer! C'erano milioni di ragazzine che avrebbero pagato oro pur di stare al posto della bionda: quante persone avevano iniziato a vedere i video che caricava sul suo profilo solamente perché la Lovecraft l'aveva taggata in qualche storia? Che poi smettessero subito di seguirla era un altro conto: nessuno sembrava apprezzare i suoi video-tutorial in cui spiegava le tattiche per esser un criminale (sempre cose easy, eh: rubare un giornale in edicola o un croissant in panetteria) Forse perché era nonufficialmente una poliziotta, forse perché le sue idee non erano poi così buone, o forse perché dopo poco le persone capivano che i suoi video erano solamente un tentativo di incrementare la criminalità a Parigi e donare alla centrale più casi semplici da risolvere. «parteciperemo ad un suo video!!» Come risposta, si beccò solo un occhiataccia. Un po' più d'entusiasmo? No?? Vabbè, lei ci provava sempre a coinvolgerlo. Che poi non ci riuscisse, era un altro conto. E poi okay, effettivamente l'aveva costretto a fare una deviazione parecchio grande per andare a prendere la ragazza «...ma sei arrabbiato? Dovresti esser tipo....super felice!»
    Non era per niente semplice dover sopportare una Calliope Blue Beech Jackson.

    «Kieeeeer!» si abbandonò a peso morto sulla Sargent, buttandole le braccia al collo, molesta come solo una Callie sapeva essere. Chiariamoci: non aveva nemmeno bevuto. Alla ragazza gli alcolici non piacevano, ed a dirla tutta non ne aveva nemmeno molta esperienza. Per questo, quando si era buttata sugli orsetti gommosi, non aveva riconosciuto il sapore della vodka e di conseguenza aveva continuato a mangiarli senza problemi, finendo per svuotare la ciotola ed esser brilla. Ma lo slancio d'affetto per Kieran non derivava solo dall'alcol: le voleva così bene per aver organizzato quella festa «è tutto...fantastichissimo!» Callie sapeva di esser una ragazza fortunata, così come sapeva che, non troppo tempo prima, la sessualità era ancora un tabù e l'omosessualità era vista di cattivo occhio, se non addirittura proibita. Sciokkante, vero?? Quando l'aveva scoperto, era rimasta sinceramente sconvolta: per una nata nel nuovo secolo come lei, pensare ad un mondo in cui ci fosse il bisogno di dichiararsi era così...strano. Insomma, a Callie piacevano le ragazze ma..non era mai stato un'qualcosa di eclatante?? Cioè, era naturale, così come le piacevano i conigli e odiava mangiare i pomodori.
    E temeva che, in un mondo come quello da cui venivano i viaggiatori, ed in cui i suoi nonni avevano vissuto, lei non avrebbe avuto vita facile: gay, special e scema, non le mancava nulla per complicare il tutto ancora di più.
    «chissà se verrà anche Jess» conosceva bene la nonna di Laurent, e sperava che il ragazzo la portasse quella sera (sì, dimenticava sempre quanto fosse vecchia) per vederla accanto a Kieran per la prima volta: quanti racconti aveva sentito dall'amico su quelle due?? C'era sempre il bisogno di nuovo materiale sulle proprie otp «scommetto che sarebbe comunque capace di stracciarci a Just Dance» #spoiler: no. L'artrosi le aveva impedito di compiere determinati movimenti anni ed anni prima #wat
    «ah, ma gli orsetti gommosi dove li hai comprati?? Non mi sembravano quelli della haribo» cosa stranissima, quelli erano sempre stati i suoi preferiti «erano persino più buoni!»
    super duper
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    2102's - siren - lumokinesis - smol cinnamon roll

    Callie
    Blue
    think like a proton,
    always positive



    post davvero a caso, potete tranquillamente non considerarli ♥︎
     
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    Poggiò la schiena alla testata del letto, le gambe piegate contro il petto ed il giornale steso sulle ginocchia. «Luna, Nettuno, Mercurio e Giove, tutti favorevoli, sfatano il mito del lupo solitario (che sareste voi, induriti da Plutone nel segno).» Schioccò la lingua sul palato ed aspirò l’aria fra i denti, sorridendo alla foto di Pablo Zorro, il rinomato astrologo spagnolo, posta a fianco dell’articolo. «oggi, invece, con gli altri vi sentite perfettamente a vostro agio, l’ambiente è simpatico e la compagnia divertente.» Sollevò gli allegri occhi verdi sull’uomo, ancora in coma post sbronza, riverso al suo fianco. Melvin Diesel non si era posta alcuna domanda quando, quella mattina, si era svegliata in una stanza che non conosceva – sarebbe stato più surreale il contrario – seguendo invece la solita routine: una doccia, una tazza di cereali quando il suo coinquilino di turno ne possedeva, il giornale raccolto dallo zerbino fuori casa, ed un succo da sorseggiare mentre leggeva il suo oroscopo; doveva aver fatto il colpo grosso la sera prima, perché in frigo aveva trovato anche Lacrime di Yoda (un succo all’avocado, meraviglioso per la pelle), malgrado solitamente riuscisse a racimolarne solo durante la sua festa preferita (l’avocaday, ma era oramai passato da un pezzo). Non ricordava assolutamente il nome dell’uomo, o come fosse giunta lì, ma aveva forse importanza? A giudicare dal vestiario abbandonato su cassetti e (…sul lampadario?) dovevano essersi divertiti, sempre che di divertimento si potesse parlare considerando il tasso alcolemico nel sangue; non che la Diesel, recentemente Wayne, subisse effetti dall’hangover: aveva superato quella fase della sua vita da un pezzo. Saltellò sul materasso per sedersi più comoda, infilando una mano sotto le gambe per togliere qual…cosa che le stava pungendo una coscia; si ritrovò ad osservare un oggetto che non avrebbe mai dovuto vedere la luce del sole, e flebili ricordi di fruste e bavagli tornarono a galla come cadaveri in decomposizione dalla palude di Alec Holland (meglio conosciuto, per gli ignoranti in materia, come swamp thing). Sbuffò una risata, soffocandola nel palmo della mano per non disturbare Coma-Man. Non avrebbe mai dimenticato quando, appena arrivata in Francia, Madame Bovary le aveva insegnato la delicata arte del sadomaso: ci aveva messo settimane per smettere di ridere ogni volta che infilava la tutina in lattice, ed altre settimane per piantarla di chiedere scusa all’uomo legato sul letto.
    A suo discapito, all’epoca aveva dodici anni.
    Madame Bovary aveva dedotto che l’ambiente non fosse quello adatto a Melvin, affidandola invece al campo delle baby doll: in parole semplici, nella sua carriera da prostituta aveva preso un master in Studentessa Modella e Moglie Bambina, giocandosi i clienti sull’aspetto dolce e giovane del viso tondo e infantile. Era cresciuta, aveva ampliato i propri orizzonti e lavori, diventando lentamente ed inesorabilmente distaccata, prigioniera di un mondo dorato fatto di costellazioni e rari sorrisi gentili di imperfetti sconosciuti. Non si dava tempo di pensare; viveva nel momento esatto in cui esisteva, senza pensare a passato o futuro – a conseguenze, a quel che aveva perso. Melvin Diesel era una ragazza finta - una vita, finta. Così falsa da non essere più in grado di riconoscere l’illusione da quel che non lo era, scivolando dall’uno all’altro con l’eleganza fluida dell’acqua o la vodka. «chi sei?» Alzò un sopracciglio biondo, piegando il giornale in modo da poter guardare l’uomo, decisamente ancora non presentabile, ora poggiato su un gomito a ricambiare la sua occhiata. Che domanda filosofica, così primo di mattino: non ne era certa. Si era presentata come Scottex la spacciatrice? Sally la spogliarellista? Sam la Medium? Robyn l’autista? Fortuna che aveva una risposta apposta per casi del genere. «outis» sorrise gioviale, come se i due si fossero appena incontrati al super mercato dallo scaffale dei sughi. «tu?» Nessuno poteva dire che Vin non fosse educata. «che cazzo ci fai qui?» ah- rude? Arricciò il naso ed incrociò le braccia sul petto. «potrei farti la stessa domanda» Ovviamente non poteva, ed infatti stropicciandosi gli occhi mr. Simpatia le fece notare l’ovvio: «ci vivo.» Ah, stupida logica, sempre a togliere il divertimento! Sospirò affranta accettando la sconfitta, tornando al trafiletto del Capricorno sul Daily – Star mentre si stringeva pigramente nelle spalle. «che giorno è oggi?» borbottò lui, piegando la testa sul cuscino. Doveva avere minimo, minimo, il doppio della sua età, ma a giudicare da quel che poteva vedere del fisico asciutto e tonico dell’uomo, poteva confermare anche ad occhio sobrio che valesse almeno una decina (contati: ciao squadra di badminton!) dei più pimpanti giovani che calpestavano il cemento parigino in quel periodo. «mh,» i giorni non erano una priorità nella vita della Diesel, la quale perdeva interi mesi dentro bolle di sapone; piegò ancora il giornale per poter leggere la data. «cinque ottobre?» Calò un silenzio denso e poco piacevole, tanto che Vin dovette cercare con lo sguardo l’uomo per assicurarsi fosse ancora vivo. «merda» Merda? «MERDA» Scattò in piedi ed iniziò a rastrellare la stanza, lanciandole tutti i vestiti femminili abbandonati su pavimento e mobilio. La Diesel, che a quel punto cominciava a stupirsi della mancanza dell’usuale domanda di rito ”ma almeno sei maggiorenne?” a cui la costringevano ogni maledetto mattino, si drizzò a sedere raccogliendo in grembo i vestiti. «beh?» non l’antenato degli Eat. Aveva davvero creduto che i genitori di Just-in e Prayluv fossero simpatici, prima di scoprire di Behan e Mehan: i Campbell del 2118 avevano ufficialmente perso il badger originalità della loro linea di sangue. «cristo. Merda. CRISTO» Eau la. Di primo mattino, poi. Incrociò le gambe sul materasso osservando la follia dell’uomo, sorseggiando dalla cannuccia le Lacrime di Yoda. «cosa ci fai ancora qui?» Ahm, colazione? Che domanda era? Arcuò le sopracciglia e si strinse nelle spalle, mentre quello chiudeva ed apriva i pugni abbandonati lungo i fianchi. «lo sai che giorno è oggi, ragazzina? Cristo non ci poss- ma sei almeno maggiorenne?» Ah, ecco! Sorrise, soddisfatta dell’essere tornata allo status quo, e come sempre non rispose. «ahm…stasera c’è il repride?» tentò, arricciando il naso. «mi SPOSO.»
    Cosa
    In che… in che senso. Spalancò la bocca e la richiuse, palpebre assottigliate a fissare un punto imprecisato oltre le spalle dell’uomo. Vorrei tirar acqua al mulino della Diesel, dire che avesse un minimo di morale che le impedisse di dormire con uomini sposati, ma…il suo lavoro consisteva principalmente in quello – erano più rari, anche se decisamente divertenti, i teen che la ingaggiavano per esercitarsi. «congratulazioni, credo? è un giorno importante» non comprendeva l’agitazione dell’uomo, ma non significava che dovesse mostrarsi meno delicata o gentile. «grazie» Resosi conto di quanto appena detto, l’altro aggrottò le sopracciglia e la osservò fra il confuso ed il nauseato: effetto Diesel dopo l’alba, quando i peccati non si potevano più nascondere sotto il tappeto. «puoi…» Lo vide a disagio, occhi chiusi e schiena dritta. «andartene, per favore?» L’uomo deglutì, e Melvin si lasciò sfuggire un sorriso malizioso e divertito: sapeva quale sarebbe stata la seconda domanda – inoltre, apprezzava la gentilezza nel cacciarla di casa. «devo…chiamare…» I tuoi genitori? Dillo, dai! Era quasi sempre una delle sue parti preferite. «…un taxi?» Meh. E di nuovo, non il medioevo!Eat. Melvin sospirò, occhi verdi al soffitto. Una parte di lei si sentiva sempre sporca, quando il sole faceva capolino dalle finestre; usata, piatta. Sapeva di essere un segreto nelle vite dei suoi amanti, ed era abituata, ma… non cancellava l’opaca sensazione di doversi lavare la pelle con candeggina e sale. Fece per scuotere il capo, quando –
    «amoOoOoOoOreee SONO TORNATA!»
    «ma cucciolina di papà, non dovevi parlare! Era una sorpresa!»
    Che…strane…voci…familiari. Rimase immobile, e con lei anche l’uomo. Deglutì, Melvin Diesel. «per curiosità….» ed il mero parlare parve riattivare la circolazione di entrambi, facendo calciare all’uomo i rimasugli della serata sotto al letto, ed alla bionda indossare i vestiti della notte precedente l’uno sopra l’altro. Cristo, ma era stato proprio necessario vestirsi da infermier- ah. Ah! Era stato un addio al celibato! Ora aveva tutto senso. «come si chiama la tua, mh, fidanzata?» Spintonata dall’uomo e frettolosa di proprio, Melvin pose la domanda nel momento esatto in cui si aprì la porta, le gambe già a cavalcioni della finestra e la borsa stretta al petto. Non ebbe più bisogno di una risposta, nell’incontrare le iridi cristalline della donna – o i tatuaggi sparsi sul corpo del padre di lei.
    Mmmmmm watcha say. «i Mikhailov» alzò la mano salutandoli, un occhiolino e la lingua a schioccare sul palato. Quante probabilità c’erano che finisse a letto con il promesso sposo della figlia di uno dei boss della mafia bielorussa?
    Tante, lo so. «condoglianze.» Perlomeno aveva già l’abito da cerimonia per il suo funerale, non tutti potevano vantare simili fortune. Un rapido e solenne cenno con il capo nella sua direzione, ed in mezzo battito di ciglia Melvin Diesel, recentemente Wayne, si era lanciata fuori dalla finestra.
    Dal terzo piano.
    Come avrebbero detto nel not-so-far e not-so-west citando un grande vine, uau.
    La bionda era convinta di non poter morire. Di essere invulnerabile, come i supereroi o Mariah Carey – che qualcuno, o qualcosa, alla fine le avrebbero sempre parato il culo. Aveva quella certezza da tutta una vita, ed il motivo che l’avevano sempre spinta ad esagerare: non aveva paura di morire, Melvin Diesel. Sapeva non sarebbe successo. Portò il bracciale alla bocca e soffiò, richiamando così l’attrezzo magico che i Martins si passavano di generazione in generazione – cent’anni, ed ancora possedeva la stessa password di sicurezza.
    «HIMCHANLEE» God bless Canada, perché mancava davvero poco ad un urto poco piacevole contro il cemento del vialetto, quando i rollerblade volanti apparvero attorno ai suoi piedi: che vi aveva detto? Schizzò come un razzo lungo la via, cercando di prendere velocità ed allontanarsi il prima possibile dal luogo del crimine. Non era così ottimista da credere che non l’avrebbero seguita, ma era abbastanza ingenua da convincersi che non si fosse voltata a guardare, loro non l’avrebbero vista.
    Baaang.
    Damn, boi. Scartò di lato evitando una pallottola, un rapido segno della croce al contrario verso il suo amico Satana (la leggenda narrava che nella sua famiglia non esistesse Dio, ma solo il suo opposto: lungi da Vin combattere il mito) ed una scivolata di classe in avanti. Dov’era? Mistero della fede. Quanto distava il suo Garage? Sperava poco. Perché dannazione nessuno faceva niente?
    Ah, giusto, era nel quartiere della mafia: era lei l’intrusa. Che bella, la vita.
    Bang! Ma dai! Per una scopata! Anzi; si girò, continuando nel mentre a spostarsi per inerzia, allargando esasperata le braccia lungo i fianchi: «PER UNA SCOPATA!» baang. I bielorussi erano più kattivi dei russi, forse perché loro non avevano la vodka.
    Scivolava sul cemento ad una velocità che un mezzo normale non le avrebbe permesso, ma che himchanlee poteva tollerare con classe – lei, un po’ meno. La discesa….la discesa le fece temere, seppur flebilmente, per la propria vita, ma non abbastanza da fermarla. Gridò al cielo stemperando adrenalina e paura, ridendo di nulla e ridendo di tutto. Superò l’incrocio, e… «SALVA!»


    «ugh,» inspirò dalle narici cercando di non iperventilare, i denti serrati ed il whiskey a bruciare fra i denti. Deglutì la bile, premette ancora lo strofinaccio umido contro il fianco. Come…Cristo aveva fatto a non accorgersi di essersi beccata una stra maledetta pallottola? Adrenalina, supponeva – ma che palle. Il naso umido di Hachiko la riscosse dal torpore, strappandole parte dei brividi e delle vertigini. Conosceva, per forze di causa maggiore, il primo soccorso, ma non significava che ne fosse una sostenitrice. Avrebbe potuto andare in ospedale, certamente, ma da quando esisteva ufficialmente come Melvin Wayne, preferiva evitare ogni genere di autorità: che figura ci avrebbe fatto con Dakota? Aveva perfino (perfino!) smesso di farsi arrestare, temendo che il ragazzo potesse andarci di mezzo. Normalmente, sarebbe andata a piagnucolare da Jamie, consapevole che l’Hamilton non l’avrebbe lasciata dissanguare sul suo zerbino – voleva credere fosse amore, ma una più realistica parte della Diesel le diceva che si trattasse di mera igiene - ma quell’infame, subdolo, maledetto di un cronocineta era sparito da tutti i radar.
    Ecco perché gli aveva rubato il cane.
    Pochi giorno dopo il suo risveglio in Ospedale, quand’era finalmente riuscita a fuggire, il primo posto in cui era andata era stato, come prevedibile, l’appartamento del ragazzo. Ovviamente aveva una chiave di scorta, ed aveva sempre voluto fingere che Jamie lo sapesse e gliela lasciasse usare.
    Probabilmente era davvero così, perché aveva trovato la Lettera destinata a lei.
    Breve, coincisa, ed anaffettiva: era decisamente di Jamie. Ti lascio i miei giri, non mandare tutto a puttane.
    Fine. Fi - fine. Aveva scritto, sì, un numero per le emergenze, ma indovinate chi non le rispondeva? Jameson Black Barrel Hamilton. Le ci erano volute solo un paio d’ore per rintracciare Hachiko, panciuta e felice a casa degli Eat. Era impossibile che Jamie partisse senza Hachiko, il che significava che sarebbe tornato a riprenderla: not on my watch. Dopo un paio di adorabili convenevoli («buongiornissimo eat, kaffè??» «??» «sono la portavoce di jamie hamilton, vengo a prendere il cane.» «meh» «CHE COINCIDENZA! L’HO CONOSCIUTO! È morto, rip. Beh è vivo, però. Carino, non il mio tip-» Le avevano lanciato Hachiko e chiuso la porta in faccia, salutandola con un rapido cenno della mano. Ah, quanto li amava!) era riuscita ad appropriarsi del cane.
    Ed ormai, era suo. Fuck yOU jaMIE non te la meriti!!&
    «è solo un graffietto» tranquillizzò la cagnolona carezzandole il muso grigio, sorridendo quando lei posò la testa sul suo palmo. Appallottolata al fianco di Hachiko, e con assolutamente nessuna forza rimasta per tornare all’appartamento, Melvin passò l’intera giornata in un allucinato sonno – veglia. Era bionda, , ma non così tanto da non riconoscere gli effetti di un veleno. Che le Lacrime di Yoda fossero state contaminate? Che i Mikhailov volessero liberarsi dell’uomo prima del matrimonio? O le pallottole - forse erano d’argento, ed il suo sangue non reagiva bene al metallo prezioso. Cosa? No, certo che non era un licantropo! Era solo in parte demoniaca, un po’ come tutti gli esseri umani. Perché giudicare?
    […]
    Non ricordava mezza (mezza) volta in cui avesse chiesto aiuto a qualcuno. Non si trattava di orgoglio (quando m a i) quanto più di timore di disturbarli: perché avrebbero dovuto sprecare il loro tempo con lei? Di solito aspettava che gli altri si accorgessero di quanto stesse male, o che la Provvidenza si occupasse di lei come solo il Fato sapeva fare spoiler: male. Non sapeva neanche come porre una formale richiesta d’aiuto: da quando non bastavano i brillanti, tristi, occhi smeraldo? Avevano funzionato per quasi diciassette anni, aveva forse perso il proprio magnetismo? Umettò le labbra muovendosi di un quarto di centimetro dalla sudata posizione seduta ch’era riuscita ad occupare contro il muro di Villa Hemera, arricciando il naso per la filettata al fianco. Hachiko le leccò il sudore dalla fronte, e Vin rispose con un temperato sorriso. Non credeva che il suo oroscopo avesse sbagliato, quindi il meglio doveva ancora venire; inoltre, amava le feste, anche se preferiva quelle in cui…come dire…non stava morendo, ecco, così da poter affascinare gli ospiti con il suo brillante animo effervescente. Accostò alla bocca una canna, osservando gli invitati senza che loro facessero cenno di vedere lei: non le capitava spesso di passare inosservata, ed onestamente, non le piaceva affatto. Pregò che la droga entrasse in circolo rapidamente, così da alleviare il dolore e permetterle di fare il culo a Just Dance a Pucca (Kieran) e Garu (Ken). Poggiò la testa alla parete, e volse un braccio attorno al busto di Hachiko. «scusa, secondo te quanti sono?» Alzò il capo incrociando gli opachi, ma sempre bellissimi, occhi di Akelei Beaumont. Le sorrise senza neanche voltarsi a guardare cosa avesse indicato, occhi pigramente socchiusi e denso fumo grigio a scivolare dalle narici. Si indicò il volto con la mano con cui teneva la canna. «sono giapponese canadese.»
    Severo ma giusto.
    when
    ancestor
    melvin wayne
    (vin diesel)
    Oh baby baby
    Have you seen Amy tonight?
    Is she in the bathroom
    Is she smokin' up outside
    more
    05.10.2118
    erin chipmunks
    blood
    power
    special
    empathy
    b-day
    job
    02.01.2102
    whatever
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
     
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    Nello specchio c'era un Helianta nuova, diversa da quella che più di un anno prima era stata sbalzata cento anni nel futuro. I Capelli più lunghi del solito, un trucco più chiaro e leggero ed un sobrio abito color panna a fasciarle aderente le poche curve che poteva mettere in mostra. Sempre sullo specchio nella sua stanza campeggiava un volantino rosa incastrato nella cornice argentata: il RE-PRIDE era arrivato e, sebbene Heli fingesse di aspettare quel giorno solo per smettere di vedere la frenetica e indaffarata Kieran correre da un lato all'altro della villa per addobbarla (avete idea di quanto fosse grande in larghezza quella casa? un campo da football sarebbe misurato di meno), era segretamente felice di prendere parte ad un'ennesima festa. Il suo soggiorno in Francia l'aveva portata ad attraversare diverse fasi e in quel dì di ottobre, la cronocineta aveva ormai smesso di contarle o dare loro un nome: si limitava a viverle finchè non fosse passata alla successiva. In quelle settimana aveva riscoperto l'animo festaiolo e goliardico che pensava di aver lasciato tra le mura del college anni prima. Invece si era ritrovata ad intrufolarsi in punta di piedi a notte inoltrata, tacchi nella mano e un sorriso beota stampato in faccia per i troppi drink e, quando capitava, anche qualche compagn* di avventure notturne che il mattino dopo avrebbe prontamente fatto sgattaiolare furtivamente dalla finestra. Quello che la muggle non sapeva era che in realtà tutti erano a conoscenza delle sue ragazzate, vuoi perchè non era davvero silenziosa come credeva, vuoi perchè sotto la sua finestra c'era la piscina dove tutti i suoi amici e amiche finivano con un sonoro splash.
    La cosa migliore della fama che circondava lei e gli altri viaggiatori era il poter fare qualsiasi cosa. Avevano salvato il mondo, cazzo, chi se ne frega se la cronocineta tanto posata e intelligente fosse diventata la più improbabile delle festaiole? Dovevano ringraziare anche lei se potevano respirare l'aria di libertà che circolava tra i borghi parigini dove non trapelava nemmeno l'ombra di una società alquanto malsana. Lo sapeva Helianta, lo aveva visto coi suoi occhi nelle ombre di mezzanotte, maghi, special e babbani con armi scintillanti e pacchetti sospetti che si guardavano furtivi attorno. Inizialmente non aveva creduto di dover rimanere a Parigi così a lungo da doverla scoprire anche nei suoi difetti più marci, aveva in fondo sperato che si trovasse un modo di farli tornare a casa, anche un semplice cambio di location per fingere che la situazione stesse volgendo al termine, e spesso si era ritrovata ad osservare valigie e borsoni nelle vetrine dei negozi, assalita dalla tentazione di riempirle di vestiti e spostarsi autonomamente. Non voleva sparire, non di nuovo almeno, desiderava solo cambiare aria, godersi un po' quel futuro che in fondo in fondo non le sembrava ancora una sistemazione definitiva, per quanto volesse che lo fosse.
    Il problema della ragazza stava proprio nel desiderare una via di ritorno per poi rifiutarla, perchè sarebbe stato molto più semplice scegliere di rimanere sapendo però che un modo per tornare a casa ci sarebbe sempre stato. Voleva le cose facili, Helianta Moonarie, almeno una volta nella vita.
    Poggiò il bicchiere ormai vuoto sul suo comodino (era acqua, tranquilli) e si fece l'occhiolino allo specchio: non era in perfetto orario pur essendo la festa a casa "sua", non aveva un aspetto impeccabile e se avesse incontrato la sè del passato non si sarebbe riconosciuta (x) in quella giovane donna che scendeva le scale evitando gli sguardi di passati appuntamenti invitati alla festa.
    «Kieran dovevi proprio dirlo a tutta Parigi?» piagnucolò fermando la mimetica durante l'ennesimo tour della vilal che faceva agli ennesimi invitati «aspetta coprimi!» disse brusca nascondendosi da Julie dietro l'esile figura della ragazza (l'amava così tanto per essere bassa come lei, era grazie anche ai prestiti fatti all'armadio della Sargent se ogni sera sfoggiava un abito diverso -sì anche quelli fluo, ve l'ho detto che era una ragazza nuova). Se vi steste chiedendo chi è questa Julie, sappiate che anche la stessa Moonarie era assalita da quella domanda: non era certa che quella fosse Julie, la ragazza incontrata al bar in un mercoledì sera particolarmente confuso e annebbiato, ma meglio prevenire che curare, no? Lo aveva imparato a sue spese scoprendo di aver paccato la commessa di un negozio di scarpe della quale il giorno dopo non aveva alcuna memoria.
    Insomma ogni festa era un'avventura con tanto di nemici da evitare e alleati da accalappiare, difatti aspettava con ansia Maeve e Al per il primo brindisi della serata (brindisi, non bicchiere EH!)
    survivor
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    26yo - chronokinesis - 2000's - bisexual

    Helianta
    Moonarie
    Kiss me 'til you're drunk and
    I'll show you all the moves like Jagger

     
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    Ma, c'era cascato di nuovo? Seriously? Com'era fottutamente possibile. Credeva di aver imparato la lezione, barrow skylinski, e invece eccolo lì: ad accettare l'ennesimo invito di kieran sargent, dopo essere stato fregato una volta di troppo. Prima il falso rave trasformato in GUARDA COME TI ROVINO LA VITA!, adesso quello. Non riusciva nemmeno ad immaginare quanto male potesse finire, a quel punto. «ma dai row, smettila di fare il melodrammatico» che bello avere una ragazza, parte I. Barry si affrettó a scoccare in direzione di Amalie un'occhiata che già da sola diceva tutto, iridi cerulee prontamente rivolte al soffitto. Anima candida la Shaperd, non vedeva mai il lato negativo delle cose. Il che la rendeva una compagna perfetta, così da bilanciare la caratteristica visione da uccellaccio del malaugurio tipica del diciassettenne corvonero. Evitó comunque di risponderle, anche perché una vera risposta non ce l'aveva, stringendosi nelle spalle prima di fare la stessa cosa con le dita della bionda; lo faceva sempre sentire meglio, anche quando quel contatto durava un soffio, quasi le energie vitali di amalie avessero trovato un modo per scorrere tra le sue vene fino alla pelle, penetrando attraverso la sua. Faceva l'affetto di una droga, Amalie Shaperd, e purtroppo per barry creava ugual dipendenza. «spero solo che questa volta non abbia mentito sull'alcol.» priorità: non aveva ancora digerito la promessa infranta di rum e droghe pesanti. Voleva bene a quella pazza furiosa, ma su certe cose non si doveva mai scherzare, soprattutto se si parlava con un freak; e a barry, unico membro del club rimasto a godersi le specialità del futuro, toccava l'ingrato compito di ricordare costantemente a kieran quanto sr la fossero tutti legata al dito. Tutti tranne Joey e Sersha, fortunelli.
    «uh, eccovi qui!» neanche il tempo di prepararsi psicologicamente, oh. O di far richiudere la porta della propria stanza alle loro spalle, se è per questo. La sargent piombó loro addosso come un falco sulla preda, le iridi scure che riflettevano le luci degli addobbi a festa, ma non solo: si vedeva lontano un miglio, che non stava piu nella pelle; o forse ci aveva solo dato dentro con i brownies corretti alla maria e faticava a gestire quel tumulto di sensazioni tutto in una volta. Basically, anche murphy reagiva in quel modo, e non sempre era un bello spettacolo. «ci stavi aspettando?» non fece nulla per celare la solita vena di sarcasmo, il corvonero, con tanto di alzatina d'occhi al soffitto di villa hemera che non faceva mai male, senza che questa andasse a segno; al contrario, kieran lesse nella sua voce reale sorpresa, chiaro sintomo che qualche caramellina speciale doveva essersela già sparata durante i preparativi per la festa. Portati a termine in modo egregio, questo poteva concederglielo. Quando la sargent si applicava - e lo faceva quasi sempre - riusciva a sorprendere anche il più scettico dei malpensanti. «nope, ma tanto che ci siamo vi faccio fare il giro delle stanze. questo è l’atrio, ma lo sapete già, e salendo una delle due scalinate potete accedere al secondo piano» eh, la droga. Barry fece per aprire bocca, probabilmente allo scopo di ricordare a kieran che anche lui viveva sotto quel tetto da mesi (e lui e amalie erano appena scesi proprio dal piano superiore), ma una gomitata nello sterno lo convinse a richiuderla, premendo le labbra nella versione stiracchiata di un sorriso. Sapeva dove colpire, la Shaperd, dritto dritto tra le costole. «quanti umpa lumpa hai sfruttato per preparare tutto in un pomeriggio?» domanda lecita, eh! quand'era tornato a /casa/ quella mattina, dopo l'ennesima lezione con papà, degli addobbi arcobaleno non c'era nemmeno l'ombra.
    Seguì la ragazzina allentando il nodo alla cravatta, sorvolando agilmente e con estrema elegabza sulla successiva frecciatina da psycho!shipper: frequentando murphy e kieran per un certo periodo, si poteva quasi diventare immuni agli sguardi indiscreti, alle domande pressanti, alle bacheche su pinterest e alle fan fictions. Che comunque Barry si esimeva volentieri dal leggere, pur conscio della loro esistenza. Lui e Amalie stavano insieme da pochi mesi e la sargent ne aveva già pubblicate almeno una quindicina, delle quali alcune cosi spinte che l'admin del sito l'aveva obbligata a mettere l'avviso per i minori di diciotto anni. Ovviamente questo barrow lo sapeva solo per sentito dire. «qua ci sono le bevande e il cibo. Niente droga Barruly, capito? Se vuoi c’è l’alcool però» una gioia era pur sempre una gioia, anche se rovinata per metà. «you know me so well» un sospiro appesantito dalla forma più estrema di rassegnazione: quella che una persona poco avvezza ad affezionarsi può provare nei confronti di un amico particolarmente pressante. Cosa che la sargent di certo era, ma per la quale barry aveva fatto voto di non lamentarsi troppo. Non si sentiva completo, senza le sue merdine disperse nel far west, e da quando quelle cinque teste di pannocchia bollita erano entrate nea sua vita il diciassettenne non sembrava più in grado di stare da solo. Come ai bei vecchi tempi, quando gli bastava se stesso e qualche pasticca per essere felice.
    Visto cosa gli avevano fatto? Non si era mai riputato dipendente, barrow cooper, finché una forza più grande di tutti loro (la patata) non glieli aveva strappati dalle mani. «Kieeeeer!» neanche il tempo di voltarsi, che un trattore aromatizzato alla vodka gli tagliò letteralmente la strada, piazzandosi tra lui e la sargent, completamente ignara della sua presenza. Non conosceva abbastanza bene Callie per giudicarla, ma da quel poco che aveva capito di lei sembrava rientrare tutto nella norma. Almeno si spiegava chi avesse fatto razzia degli orsetti gommosi corretti. «chissà se verrà anche Jess.. scommetto che sarebbe comunque capace di stracciarci a Just Dance» Barrow strizzó violentemente gli occhi, una fitta alla base della nuca che non aveva niente di reale eppure tutto. Non ce la faceva, nemmeno dopo quasi un anno di obbligatoria villeggiatura nel duemilacentodiciotto, a sentir nominare coloro che aveva perso nel presente senza provare quel dolore. Profondo, continuato, martellante. E con Jessalyn la situazione era persino peggiore: non le aveva mai chiesto scusa, tanto per cominciare. Per essersi comportato come un cretino con il ciclo invece di starle vicino quando ne avrebbe avuto più bisogno, spinto dal proprio ego più che dall'affetto provato per la ragazza prima che cancellassero barry dalla sua memoria. «vi sfido io. tutte e tre.» serio, imperturbabile, sfilò il braccio destro dal fianco di amalie per indicare prima lei, poi kieran e infine Callie. Quelle stesse duta finirono a sfiorare le labbra sottili, un bacio soffiato al soffitto: questo è per te, rose. smettila di vestirti da panterona e fai pace con il cervello tvttb.


    paris, 05.10 // 21:30
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    2000 - ravenclaw - freak - drug dealer - time traveler // lynch beaumont-barrow

    barrow skylinski
    Gotta gotta be down, because I want it all. It started out with a kiss, how did it end up like this?

     
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    darling, didn’t you know?
    souls like yours were meant to fall

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    maeve regan winston // mmmh, watchay say
    Umettò le labbra ed inspirò dalle narici, togliendosi di un ulteriore passo dal centro della stanza, e portando più vicino a sé il doppio passeggino magico in cui, Carole e Lewis, allungavano curiose le manine cercando di afferrare gli abiti di tutti gli invitati. Lo sapeva, Maeve Winston, che non avrebbe dovuto partecipare a quella festa: di suo non era da anni una ragazza mondana, figurarsi da quando aveva la responsabilità di due fragile, delicate, vite umane.
    Eppure. Eppure, alla fine, perfino la Winston si era lasciata convincere dall’entusiasmo della giovane Sargent, incapace di dire no agli occhioni da foca della ragazzina. Con quale coraggio avrebbe rifiutato? Senza contare che era la prima volta dopo mesi che i Viaggiatori si entusiasmavano davvero per qualcosa, non sarebbe stata Maeve a rovinare loro i piani. Ciò non voleva dire le dovesse piacere per forza. Sospirò, allungò distratta una mano all’interno della culla per carezzare i capelli bruni di Lewis. Aveva sperato in un ambiente…come dire, più tranquillo, ma non rimpiangeva di aver portato con sé le bambine: non si sarebbe fidata a lasciarle con nessun altro che non fosse all’interno di quella stanza. Aveva preso, ovviamente, le dovute precauzioni, incantando il passeggino in modo che nulla potesse cadere inavvertitamente all’interno mettendo a repentaglio la sicurezza delle sue ragazze – e loro, d’altro canto, non potevano uscirne. Da anima innocente aveva davvero creduto alle dicerie secondo il quale quando i vostri figli avranno due mesi, sarà più semplice gestirli; in linea del tutto teorica, o almeno così narravano le decine di libri ancora ammucchiati sul comodino, Maeve avrebbe dovuto sentirsi più tranquilla, meno ansiogena.
    Era evidente, che non la conoscessero. O che non conoscessero Lewis Winston. Hemingway ogni volta che veniva stretta al petto, cercava – con mosse che, Maeve era sicura, doveva aver appreso da qualche ninja – di lanciarsi da una parte e dall’altra lasciandosi cadere a peso morto quando meno te lo aspettavi in direzioni del tutto casuali. Qualcuno avrebbe potuto credere non lo facesse apposta, fosse un riflesso naturale, ma quel qualcuno non aveva chiaramente sentito la risata cristallina e malvagia di sua figlia quando, puntualmente, veniva afferrata con più forza.
    Sua figlia. Inutile, ancora non riusciva a capacitarsene. Si rese conto di essere rimasta a guardarle con un sorriso leggero e felice, ignara di quanto stesse avvenendo attorno a lei, per più tempo di quanto avrebbe richiesto ad un sicario qualsiasi (perché, direte voi? ma perché no) di pugnalarla alle spalle. Male. Non doveva perdere il (minimo. Proprio il minimo necessario) suo istinto di sopravvivenza, specialmente non ad un evento simile: le anime che la circondavano forse erano troppo giovani per sapere, ma la bionda era consapevole del fatto che raramente una festa era semplicemente una festa. Voleva credere che nel futuro le cose fossero cambiate? Assolutamente sì.
    E ci credeva? Decisamente no. Cercò con lo sguardo qualcosa che non fosse alcolico, ma le risate vagamente isteriche che le giungevano da ogni lato della stanza le lasciò dedurre che non fossero disponibili. Magari avrebbe potuto cercare in frigo? Dubitava che Murphy o Kieran andassero avanti a vodka.
    Forse. A meno che non avessero passato troppo tempo con William Barrow.
    WilliamBarrow. Il suo dinkleberg, la sua maledizione. Non poteva (né voleva. Continuava a preferire l’ipotesi adozione) credere che Barrow Cooper (eh, non era aggiornata sul cambio nome!) fosse suo figlio e FREQUENTASSE SUA FIGLIA. Lungi dalla ex Corvonero dire qualcosa in proposito, dopotutto si trattava della vita di Amalie, ma…ma niente, era difficile sotto svariati punti di vista per Maeve accettare che la sua bambina a) avesse un ragazzo b) quel ragazzo fosse un Barrow. Con tutte le persone che c’erano al mondo; perché non una Kieran? Era carina ed adorabile, sarebbero state perfette! Non che…non che non la fosse con Barry, eh, e Maeve lo reputava un ragazzo d’oro….. ma certi asti erano antichi e difficili da dimenticare. Sospirò (ancora? sì) facendo rimbalzare gli occhi azzurri dalle bimbe al circondario. Si rendeva conto di quanto potesse apparire assurdo, considerando che aveva solo centoventidue anni, ma si sentiva davvero vecchia fra tutti quei ragazzini. Avrebbe potuto incolpare la maternità, ma perché mentire quando sapeva benissimo di avere i passatempi e gli hobby di una donna di mezz’età? Cercò Dakota con lo sguardo, alzandosi poi sulle punte per trovare la chioma biondo cenere di Al. No? Niente? Nessuno? Stava già per abbandonare ogni speranza, fuggendo (con classe.) in una delle stanze della casa non aperte al pubblico (statisticamente parlando, avrebbe dovuto essercene almeno una libera? Confidava?), quando con la cosa coda dell’occhio colse il profilo familiare di - «heli?» Sapeva che la Moonarie era nella fase have the time of my life, ma non poteva rinunciare alla sua unica ancora di normalità: allungò un braccio tirandola verso di sé, sorridendole felice e sollevata dall’aver recuperato un viso amico. «non lasciarmi, heli» mai, freme.
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    «vi sfido io. tutte e tre.» Uh?? Erano stati insieme tutto il tempo, da quella mattina a lezione con Will fino al loro arrivo lì, a villa Barrow, e nell'arco della giornata non aveva visto Barry prendere alcun tipo di pasticca: che si fosse drogato quando la Shapherd si era allontanata per andare in bagno? Non si spiegava altrimenti quello slancio di vita da parte del ragazzo. Anche perché non vedeva un'altra alternativa: a giudicare dall'aspetto di Callie, ancora più fuori di testa del solito, era chiaro che la responsabile della ciotola di orsetti alla vodka vuota fosse lei, e da quando avevano messo piede nella stanza decorata da Kieran per l'evento non aveva visto lo Skylinski afferrare un singolo bicchiere. Restava ancora la possibilità che la Sargent avesse escogitato un modo per diffondere nell'aria felix felicis in versione gassosa (????), e la teoria era avvalorata dal fatto che, qualche minuto prima, Amalie aveva notato Akelei Beaumont ridere : o la droga era nell'aria, o i beaumont erano entrambi stati sostituiti dagli alieni. O forse, più probabilmente, tutte le teorie apprese da Barry e Kieran, passando praticamente tutte le ore del giorno con loro, la stavano facendo diventare paranoica. «ti senti bene?» Era genuina preoccupazione, la sua: aveva praticamente dovuto trascinarlo a forza per impedirgli di chiudere la porta della sua stanza alle loro spalle e lasciare fuori la povera Kier e la dura fatica che aveva impiegato ad organizzare quella festa, ed ora voleva ballare? Era...strano. Piacevolmente strano, sia chiaro, ma comunque strano #wat Meglio esser sicuri. Si alzò leggermente sulle punte, in modo da poter parlare più vicina all'orecchio del ragazzo, anche per sovrastare il rumore di fondo della stanza, mentre Kier e Callie non avevano avuto il bisogno di farsi ripeter di nuovo la sfida, già scattate verso la postazione di just dance. «mi puoi dire qualunque cosa, lo sai vero?» Non voleva ci fossero segreti tra loro, così come non voleva che il ragazzo sentisse il bisogno di tenerglieli: forse era esagerata, e sapeva che le sue paranoie inutili erano causate dalla costante paura di non esser abbastanza, dal timore di venir abbandonata che mai, nella sua vita, l'aveva lasciata in pace. Ed in quel periodo della sua vita ne stava sentendo maggiormente il peso, ancora più ingombrante di quando fosse solitamente: paradossalmente, la ragazzina non aveva mai avuto così tante persone a cui teneva come in quel momento, e mai prima d'ora si era resa così vulnerabile, abbassando quelle difese in cui per anni si era illusa di potersi schermare dal resto del mondo: aveva rivelato a Maeve ed Al di essere loro figlia, aveva finalmente ammesso - soprattutto a sé stessa - i sentimenti che provava per Barry. Mai stata così vulnerabile, certo, ma allo stesso tempo neppure così felice: e proprio per questo motivo, non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione che quella felicità le potesse venir sottratta da un momento all'altro.
    Dunque non voleva che Barry sentisse il bisogno di tenerla all'oscuro di qualcosa: per quanto riguardava la droga, non era un segreto il fatto che non condividesse, ma allo stesso tempo neppure condannava. E di certo non esigeva alcun tipo di cambiamento da parte del ragazzo, soprattutto per il fatto che era innamorata di lui così com'era.
    E le bastò un suo sorriso, e il tocco leggero delle sue labbra sulle proprie, per spazzar via in un attimo ogni dubbio. «lo so, ams» Più di due anni come assistente psicomago ad Hogwarts le davano abbastanza sicurezza in materia, tanto da arrivare a capire che la maggior parte dei problemi che si faceva non erano altro che frutto di sue paranoie stupide ed immotivate. «andiamo?» E fu proprio mentre si dirigevano verso la postazione di just dance che notò Maeve con le due bambine nel passeggino, a pochi passi da loro, chiaramente a disagio in quell'ambiente. E subito sfilò la presa dalla mano dello Skylinski, decidendo in un attimo di cambiare destinazione: la sfida poteva aspettare. «vado un attimo da mia madre» barry e kieran erano gli unici, con cui riuscisse a chiamare Mae mamma tranquillamente. Quello era forse anche un modo per sfuggire all'inevitabile figuraccia che avrebbe fatto a ballare davanti a tutti? si Forse.
    Una volta arrivata, strinse in un abbraccio prima Maeve e poi Heli, per poi dedicare la sua attenzione alle bambine: ogni volta si perdeva ad osservarle, ancora incerta sul come dovesse considerarle. Per lei, dal primo momento in cui le aveva viste, erano diventate le sue sorelle, anche se era strano pensare che, giorno dopo giorno, Carole sarebbe stata sempre più simile a lei. «volete qualcosa da bere?? Le bottiglie in questa stanza sono tutte corrette» Se persino le caramelle erano state inzuppate nella vodka, non ci si poteva fidar di nulla lì dentro «ho nascosto delle bottiglie d'acqua dietro alla credenza all'ingresso. Teoricamente sono per chi si potrebbe sentir male..» ad ogni festa simile (ma anche ogni festa, in generale) gli ubriachi erano sempre da tener in conto, ed un kit d'emergenza era d'obbligo «..ma posso andare a prendervene una!»
    paris, 05.10 // 21:30
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    Non era mai stata un’amante delle feste, Maeve Regan Winston. Quand’era giovane (non inferite, sappiamo tutti non lo fosse più) frequentava l’ambiente perché era quello che ci si aspettava da lei, perché non esisteva evento senza che la bionda ficcasse il naso per tenere basso chi volava troppo alto, e per conversare civilmente con altri individui, ma …non erano mai state il suo forte, ecco. Era sempre stata la ragazza che ad una serata con troppa compagnia, preferiva rimanere a leggere un libro fino ad addormentarsi – un dannato clichè, ma d’altronde non aveva mai vantato di essere diversa dalla mediocrità. Anzi, fino a qualche anno prima, Maeve era la ragazza più nella norma che potesse esistere.
    Unirsi alla Resistenza, aveva cambiato tutto – anzi: scoprire di essere una Ribelle, aveva cambiato tutto.
    Tranne il suo amore per le feste, quello rimaneva pressoché nullo. Rivolse un sorriso confortato ad Helianta, tirando maggiormente a sé il passeggino magico con Lewis e Carole. Immaginava che la Moonarie avesse di meglio da fare che tenerle (metaforicamente…forse) la mano per tutta la serata, ma finchè avesse potuto approfittare della sua compagnia, l’avrebbe fatto. Volse ancora lo sguardo alla stanza alla (vana.) ricerca di Al; in parte fu grata di non trovarlo, i loro interessi in merito erano indubbiamente diversi, ma dall’altra…si sentì abbandonata, Maeve. Sapeva che l’uomo non le dovesse niente, ma era una questione di principio!!&& In un altro universo era il padre dei suoi figli, non dovevano – tipo – fare squadra? O qualcosa del genere? La Winston, perfettamente compatibile alla sua natura, aveva deciso di accettare la verità di Amalie riguardo il 2043, ma anche di ignorare, per quanto possibile, il fatto che, apparentemente, lei e il Crane avessero una famiglia. Insieme - era un po’ troppo per lei, considerando che nel suo mondo a malapena si conoscevano.
    Ed allo stesso tempo, nell’osservarlo di sottecchi mentre teneva in braccio una delle due bambine, non le sembrava neanche così assurdo - il che, come prevedibile, la portava ad un nuovo livello metafisico di riflessione sull’umana esistenza. «in realtà dato che, uhm, sono passata a salutare, magari…» se cercava una scusa per levare le tende? , certo, sempre – aveva fatto presenza, Kieran sarebbe stata comunque felice del suo tentativo, no? Umettò le labbra stringendole poi fra loro, iniziando a ritrarsi verso il muro per attivare la modalità camaleonte, e sparire senza essere notata. Rimase immobile solamente perché, pochi secondi dopo aver progettato la propria fuga, notò la biondissima chioma di Amalie dirigersi verso di loro. Era pronta a salutarla e congedarsi, ma quando ne vide il sorriso…non potè proprio, capite. Lo ricambiò per inerzia, naturalmente felice al solo vederla, domandandosi per la millesima volta come avesse fatto a non accorgersene prima: a suo favore, era umanamente giustificata a non pensare di avere figlie adolescenti in giro per il mondo – eppure, nel notare come sempre le somiglianze e la fitta al petto, non riusciva a giustificarsi.
    Avrebbe dovuto esserci sempre, per lei. Da molto prima. Avrebbe dovuto, sfidando ogni legge della fisica, comprenderlo a prima vista, rubarsela e farla crescere con lei anziché con gli Shapherd. Era un pensiero stupido? .
    Eppure.
    Ricambiò l’abbraccio stringendola, come ogni giorno, più del dovuto, immergendo il naso nei suoi capelli per rimediare al tempo che non avevano potuto passare insieme. Non era mai stata tipa di abbracci, ma Amalie Shapherd l’avrebbe stretta al petto tutto il giorno, se avesse potuto. «volete qualcosa da bere?? Le bottiglie in questa stanza sono tutte corrette» Ed ecco perché odiava le feste. Arricciò il naso sbuffando piano, gli occhi a posarsi sulle bevande in giro per la stanza: laugh with many trust no one 2118 edition. «giovani inaffidabili» borbottò, felice che – almeno in quel contesto – nessuno potesse correggerla: aveva o non aveva cent’anni più di quasi tutti loro? Eh. «non…non vorrei rubarti per troppo tempo ai tuoi amici» mentì (certo che voleva!!&), alzando lo sguardo per cercare la testa platinata di Barrow, e quella corvina di Kieran, volgendo poi un sorriso alla ragazza. «anzi, uhm, stavo giusto pensando di…tornare a casa» arricciò il naso stringendosi imbarazzata nelle spalle, sentendosi umiliata dall’essere così socialmente inetta. Beh? Non faceva amicizia facilmente, ed era angosciata il triplo dalla presenza delle bimbe. NON SI FIDAVA DEL MONDO. Posò gli occhi cerulei su Lewis e Carole, tornando poi a guardare Amalie - Dio, che fitta all’anima. «una volta ad una festa ho visto qualcuno» nel caso specifico, il padre di tal creatura, ma non le sembrava saggio citarlo in quel frangente: non avrebbe tirato acqua al suo mulino. «dare da bere del latte a uran con un righello.» non chiedetele come: ancora non l’aveva compreso. «non mi fido particolarmente di questi hipster futuristi» ammise in un sussurro, cercando (e fallendo.) di costringere la bocca a non imbronciarsi. QUALCUNO DOVEVA DIRLO PRIMA O POI #cosa

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    Era la prima volta in un quarto di secolo di vita che William Barrow, partecipando ad una festa, decideva coscientemente di rimanere sobrio. Nessuno, men che meno lui, avrebbe creduto che sarebbe arrivato quel giorno – ma non voleva che l’alcool deturpasse il ricordo di una fattissima Akelei insolitamente adorabile. Adorabile, un aggettivo che mai avrebbe pensato di poter affibbiare alla donna; non sapeva di quale tipo di droga avesse fatto uso, ma doveva essere stata roba buona. Era così raro vederla così, senza il solito – per quanto eccitante – broncio incazzato e omicida, che voleva realmente farne tesoro; forse, ma era un grande forse, non l’avrebbe neanche presa per il culo (metaforicamente, perlomeno; letteralmente, era pronto alla contrattazione) una volta che fosse tornata in sé. Non che avesse nulla contro ti-ucciderò-e-ammazzerò-tutte-le-persone-che-ami-e-quello-in-cui-credi Beaumont, quando mai!, ma sapere che anch’ella potesse talvolta essere normale, e potesse esserlo con lui, portava la loro relazione ad un livello cui non era giunta neanche la prima volta in cui ella gli aveva domandato se potesse rimanere con lei. Non riusciva a cancellare il mezzo sorriso dalle labbra, incredulo ed affascinato da un’Akelei come nessuno (lui no di certo, e l’aveva vista parecchio wasted negli anni) l’aveva mai vista. Cercò perfino con lo sguardo Barrow, del tutto propenso a sventolare davanti al naso di suo figlio l’ennesima prova che lui e sua madre fossero chiaramente meant to be (era scettico, quell’ingrato di un Barrow Skylinski; ricordava ancora lo shock quando aveva loro confidato di venire dal futuro ed essere loro figlio, e non gli era sfuggita la lenta ed intenzionale occhiata con il quale Barry aveva guardato prima la Beaumont, e poi lui: dude, un po’ di fottuta fiducia), ma scandagliando la folla lo trovò impegnato a ballare Just Dance – attività alla quale Akelei Frickin Beaumont l’aveva appena invitato a partecipare - con quella polpetta della Sargent.
    Poteva rincorrere la patata quanto voleva, fingere di odiare tutto come sua madre, ma non poteva eliminare del tutto i geni della barrow gang, e la sfida di danza non poteva che esserne una prova. Rivolse un sorriso sghembo a Murphy Skywalker, che noi tutti vogliamo credere fosse da qualche parte all’interno della stanza, alzando nella sua direzione una rarissima bottiglia d’acqua a ‘mo di brindisi. Aveva distolto lo sguardo da Akelei due (2) secondi, e quando aveva riportato gli occhi azzurri sulla bionda, l’aveva trovata intenta a molestare una ragazzina, ed una pila di cupcakes.
    Era davvero bellissima.
    «patè con te quando vuoi, ma patate» Arcuò entrambe le sopracciglia, facendo scivolare le mani sopra quelle di Akelei ancora poggiate al suo petto. Un gesto del tutto istintivo, normale - se solo un anno prima gli avessero detto che sarebbe giunto a definire quello normale, non ci avrebbe mai creduto. In recente paternità, si sentì in dovere di abbassare lo sguardo verso la ragazzina raggomitolata a terra, ed in perfetto stile Barrow gli occhi corsero immediatamente alla canna stretta fra le dita. Si rese conto che fosse l’occasione perfetta per lui ed Ake di testare le loro doti genitoriali (meglio fallire con la neo protetta di Midwest, che con il sangue del suo sangue #sks), quindi fece guizzare gli occhi dalla fattissima donna fra le sue braccia, alla fattissima fanciulla al suolo.
    Ah, si sentiva proprio a casa. «tutto a posto, scottex?» beh? Ormai sapeva che il suo nome era Melvin, ma gli veniva ancora naturale chiamarla come la spacciatrice sotto cui nome l’aveva conosciuta. Lei arricciò il naso ed annuì, un sorriso tirato sulle labbra.
    Allora, William, fingi sia Sersha: cosa faresti? «vuoi…» interrogò con lo sguardo Akelei, inarcando un sopracciglio per invitarla ad intervenire. Se dovevano crescere una gang di criminali, tanto valeva provare il gioco di squadra. Curvò la bocca verso il basso, umettando pensoso il labbro inferiore. «delle caramelle? toh» Vorrei dire che non sapesse fossero intinte nella vodka, ma ovviamente lo sapeva: allungò un braccio per afferrarne una manciata, lanciandole a Melvin come avrebbe fatto ad una scimmietta al circo. Annuì compiaciuto, decidendo di aver brillantemente risolto la situazione. «visto? Padre dell’anno» bisbigliò all’orecchio di Ake, un abbozzo di sorriso sulle labbra, battendo debolmente il pugno sul proprio petto.

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    Con quello che credeva essere un ottimo sorriso di congedo, Maeve Regan Winston azzardò un altro passo all’indietro per sfuggire a quel piccolo inferno personale ch’era l’evento sociale nel quale era rimasta invischiata, già sollevata all’idea di poter tornare ai propri libri sul come essere una madre modello. Avrebbe perfino sospirato vittoriosa, se solo in quel momento un braccio non gli si fosse poggiato sulle spalle. Sobbalzò socchiudendo le labbra in uno stupito verso di gola, una mano a correre al petto per fermare il tumultuoso battito contro le costole: ecco, era così che sarebbe morta, infine. Un infarto ad una festa lontana cento anni e quattrocento settanta chilometri da casa, circondata da sconosciuti e con due figlie ancora neonate nel passeggino. «oh, chiedo perdono» il peso non richiesto abbandonò la schiena della Winston, mentr’ella si voltava nella direzione della voce. Non la riconobbe, eppure c’era qualcosa nel tono vellutato e morbido di quelle parole, che spinse i muscoli – suo malgrado – a sciogliersi in rilassamento. Posò le iridi azzurre sul viso di un ragazzo dalla pelle color caramello e gli occhi ebano, un sorriso mito a scaldare le labbra e lo sguardo. L’altro chiuse le palpebre e chinò il capo nell’accenno di un inchino, e Maeve ebbe la possibilità di scorgere gli abiti da lui indossati: una tonaca bianca, così sconvolgente in contrasto con i tratti scuri e caldi, da apparire astratta quanto una visione. «non era mia intenzione spaventarla» Maeve si ritrovò a scuotere il capo inebetita, le ciglia a battere frenetiche sugli occhi fiordaliso. Qualcosa, negli abiti e nel portamento, gli suggerì che lo conoscesse, ma sul momento era troppo meravigliata per comprendere dove lo avesse già visto. «ma avevo come la sensazione che si sentisse…a disagio, e non ne ha alcun motivo» Non ne aveva? Ma se neanche la conosceva? E malgrado una parte, quella razionale e logica, le suggerì di mantenere l’usuale scetticismo, un’altra non potè fare a meno di crederci, e convincersene: ma certo, non aveva alcun bisogno di sentirsi a disagio – perché avrebbe dovuto? «ci conosciamo?» riuscì infine a bofonchiare, sentendosi arrossire dall’imbarazzo. Perché? Si trattava di una domanda del tutto legittima, ma non riusciva a liberarsi dalla sensazione che, in qualche modo, fosse inappropriata, come domandare al Papa se si fossero mai visti. Un altro sorriso brillò sulla bocca morbida dell’altro, che nuovamente le rivolse un inchino. «justin case» sempre utile averne uno a portata di mano! «ma può chiamarmi key, se preferisce» Ed il nome, infine, diede alla Winston la scossa necessaria per collegare i puntini. Spalancò la bocca indicandolo con entrambe le mani, gli occhi a guizzare dai visi attorno a lei, a quello di Justin. «il più giovane noBEL PER LA PACE??» C’era chi fangirlava dietro scrittori ed artisti, e chi, come Maeve Winston, solitamente riservava la propria venerazione a compositori oramai morti, o vincitori di Nobel. Justin Case le rivolse un altro sorriso umile, le lunghe dita affusolate a sfiorare appena la tunica. «ed il miglior cuoco di gulash nei dintorni» Oh my. Avendo avuto tanto (troppo.) tempo libero, Maeve Winston si era letta qualunque libro disponibile nella biblioteca di Leonard, e certamente non aveva escluso i libri di storia: nel 2110, Justin Case aveva ricevuto il Nobel per la pace per aver riportato l’ordine sulle coste orientali dell’America, dove le gang criminali avevano preso il monopolio del paese da una ventina d’anni, approfittando delle guerre sparse nel resto del mondo. Quindici anni!!&& Aveva convertito le bande al pacifismo, e tuttora i suoi proseliti (amici, diceva lui) andavano in giro per gli USA a proclamare la pace sulla guerra. «sono le tue ragazze Ancora con la bocca spalancata, Maeve annuì quand’egli si chinò sui passeggini, sentendosi sull’orlo dello svenimento. Non dico fosse il suo idolo, ma sarebbe una menzogna dire che non rientrasse in categoria. Lo vide bisbigliare alcune parole a Lewis e Carole, sorridere, e posare il più delicato dei baci sulla testa di entrambe – il tutto mentre la Winston, ancora sotto shock, si limitava a fissarlo. Lui ricambiò l’occhiata affatto disturbato dall’espressione di Maeve – forse solo un poco preoccupato. «è un’antica benedizione cherokee per la buona sorte» juSTIN CASE AVEVA APPENA BENEDETTO LE SUE FIGLIE?????????? «grazie» ????????? cosa si diceva in quei casi. Lui rise, le mani giunte sotto al mento in un mite cenno del capo. «ne avranno bisogno» aspetta - «ne avrete bisogno tutti.» – coSA? «in che senso» ma lui si stava già allontanando, e la Winston non se la sentì di partire in missione fast and furious con i passeggini. «IN CHE SENSOH» gli gridò ancora, senza ricevere alcuna risposta.
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    «mi puoi dire qualunque cosa, lo sai vero?»
    Per saperlo, barry lo sapeva.
    E per questo annuì alla domanda giunta in un bisbiglio al proprio orecchio, chinandosi quel tanto che bastava a premere le labbra contro la fronte di amalie. Era certo di poterle raccontare tutto, aprirsi come un libro e permetterle di sfogliare ogni pagina senza alcun timore, ma quella sicurezza non cancellava il problema di fondo: non sapeva come farlo, barrow cooper. Stava ancora imparando, un minuscolo passo avanti alla volta e tre indietro, frenato inconsciamente da una vita passara a nascondere tutto ciò che si portava dentro, pensieri e sentimenti, paure e conflitti. Aveva iniziato con i freaks, continuato con kieran e quei due pazzi suonati di stiles e murphy, poi amalie si era fatta spazio tra le difese erette fin troppo tempo prima, e barry era arrivato persino ad accarezzare l'idea di provare a percorrere quel cammino affiancandosi a william e akelei. Cristo, era impossibile evitarli, impossibile evitare la realtà delle cose. Anche sul fronte genitori il corvonero non aveva avuto una gran fortuna - prima di venire illegalmente adottato su internet, ovviamente -, e forse, forse, a quei due avrebbe anche potuto dare una possibilità; meglio, dovuto. Perché gli era già impossibile non rispecchiarsi negli occhi limpidi di william barrow, impossibile non ricordare il brivido che aveva provato quando le dita di akelei gli si erano strette sulla spalla nel momento più difficile, rimanendo unica al suo fianco. Avevano condiviso quella scelta terribile e, che barry volesse ammetterlo o meno, in quella disperazione aveva infine accettato di avere una madre. «sto bene, davvero. voglio solo stracciarvi come fa uno con la stoffa del vincitore contro tre perdenti.» si strinse nelle spalle, accennando un sorrisetto mentre amalie ricambiava colpendolo al fianco con una gomitata. Ah, l'amour.
    Diede a callie la soddisfazione di vincere almeno una partita, fingendo una distorsione alla caviglia nel bel mezzo di i gotta feeling, ma quando arrivò il turno di kieran barrow skylinski si vide costretto ad entrare in modalità lotta all'ultimo sangue. «può esserci un solo gallo nel pollaio, cookie monster» usava il nome da battaglia della sargent solo in occasioni davvero speciali, e dopo una manciata di orsetti imbevuti di vodka quella cominciava a sembrargli il momento più adatto. «è giunta l'ora di insegnarti qualcosa.» mhh, solo orsetti gommosi? aveva forse una piccola scorta di pasticche in tasca, il corvonero? Non lo sapremo mai, anche se la verità è facilmente immaginabile. Soprattutto quando uno come patata_boy, l'emblema della voglia di morire generazionale, si mette a sfidare kieran sargent sulle note di una canzone tecno dance random ignota ad entrambi.
    Perdendo, per di più.
    Ma poco male, considerando che dall'altra parte della stanza sua madre stava dando spettacolo. E will tirava caramelle in faccia ad una melvin strafatta. Ora, forse il pensiero si formuló nella mente di barry perché anche lui a quel punto stava più di là che di qua e non aveva la forza do bloccarne il percorso fino alla bocca, ma tant'è: corrugó la fronte, il labbro inferiore sporto in fuori nella rappresentazione perfetta di un broncio infantile, il braccio destro a stringersi con maggior forza intorno alle spalle di amalie. «li vedi? secondo te perché a me non danno caramelle? » se la risposta non fosse stata perché con loro ti comporti come un cretino, forse la domanda avrebbe avuto anche un senso. È che senza droghe in circolo faceva ancora fatica a lasciarsi andare in presenza di will e ake, come se la consapevolezza di non essere davvero figlio loro gli gravasse addosso pendendo sulla sua testa simile ad una fottuta spada di damocle. Gli era sempre stato di impedimento il pensare troppo, porsi problemi inesistenti che non facevano altro se non complicargli la vita, e da quel giro di autocommiserazione e sabotaggio personale era difficile uscire.
    Quando in fondo la verità era che «vorrei solo che mi dessero una caramella, capisci? solo per sapere com'è.» caramella, abbraccio, same thing. Fu amalie a stringere la presa, questa volta, costringendo il biondo ad abbassare lo sguardo per incrociare quello di lei, il mondo immobile per un istante. Non era solo la bellezza oggettiva della corvonero a spiazzare barry ogni volta che aveva la fortuna di esserne testimone, ma la luce che emanava; non letteralmente come callie, ma quasi. Partiva da dentro, si rifletteva nelle iridi cristalline, espandendosi attraverso ogni poro della pelle, irradiata come calore da una stufa. Era la sua forza, quella, il motivo per cui tutti le volevano bene, per il quale a cento anni di distanza un gruppo di ragazzini aveva deciso di mettere su un esercito e sfidare il potere in suo nome. Non si poteva dire di no ad Amalie quando ti guardava in quel modo, le labbra sottili premute con forza una contro l'altra. «allora vai a fartene dare una! dagli una possibilità.. danne una anche a te, row.» già detto che l'amava? damn son. «okay» sì che era fatto come un cocco, barrow skylinski, ma la verità era che avrebbe eseguito qualunque richiesta di amalie, compresa - e forse soprattutto- quella di attraversare la strada nel traffico facendosi tirare sotto. Perché alla patata al cuore non si comandava, e il quasi diciottenne faceva bene a metterselo in testa una volta per tutte. «grazie ames» premette le labbra sulle sue, baciandola come certamente non avrebbe fatto da sobrio con sua madre e lei stessa da neonata (#memeboardguy) a soli pochi metri di distanza, l'obiettivo prefissato per un istante svanito dal radar. DOCCE FREDDE BARROW DOCCE FREDDE. PENSA AI VECCHI CHE SCATARRANO, A BJ CHE SI DEPILA, AD AL CHE BALLA LA LAMBADA!!!! «mmmh. okay vado. l'ammazzo e torno.» corrugó la fronte, allontanando il viso da quello della bionda, un passo indietro. «cioè, per modo di dire, non è che ammazzo-» «vai scemo» le bastò una spintarella per toglierselo di torno, leggero e sbilanciato com'era.
    Barry ne approfittò per trotterellare via, entrambe le mano sprofondate nelle tasche dei pantaloni ben stirati, la schiena leggermente curva in avantu mentre faceva lo slalom tra la gente e raggiungeva i genitori arrivando alle loro spalle. La sincerità alcolica lo obbligava ad ammettere che fossero bellini insieme, sebbene akelei risultasse ancora troppo gnocca per permettere al corvonero di comprendere anche solo lontanamente come suo padre fosse riuscito ad agganciarla; se solo fosse stato un po' più lucido, la sua mente razionale gli avrebbe suggerito un parallel evidente con la propria situazione sentimentale, con la sola differenza che amalie non faceva paura quanto la bionda. Perché c'era anche quel fattore da tenere in conto, oltre alla bellezza della donna. Gli doleva nel profondo doverlo ammettere, ma william barrow aveva dimostrato di avere due palle tante anche solo per tentare un primo approccio. «touchet, papa» mh, quello doveva solo pensarlo? meh «mamma è lercissima? mi ricorda tanto serscia» fjcjfk quanto le mancava sua sorella. e tutti gli altri stronzini, relegati chissà dove a divertirsi con le pannocchie senza di lui. con un sospiro si appese alla spalla di will, osservando il ragazzo con aria seria, il faccino imberbe tutto contrito. «se mi lanci abbastanza orsetti sono certo
    di poterne prendere almeno uno al volo»
    Poteva solo pregare di non ricordare nulla il giorno dopo, barrow skylinski. O che nessuno lo stesse riprendendo in quel preciso momento, cosa che con murphy e kieran nei dintorni non si poteva mai dire con certezza.

    paris, 05.10 // 21:30
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    2000 - ravenclaw - freak - drug dealer - time traveler // lynch beaumont-barrow

    barrow skylinski
    Gotta gotta be down, because I want it all. It started out with a kiss, how did it end up like this?

     
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    Snipes non aveva idea del perché avesse accettato l’invito di Melvin a unirsi a quell’assurda festa, né perché la bionda si fosse esposta così tanto. Erano un gruppo di hacker, mica un gruppo di hippie tutti amiki – se stesse delirando? No, questa è solo Elisa che si sta facendo prendere dall’ansia. Più la Colby si guardava intorno e più sentiva il disagio a stringerle lo stomaco, com’era possibile che tutto fosse così brillantinato e confettoso? Sembrava più che un unicorno avesse vomitato su quella casa che una festa organizzato in maniera sana, anche se doveva ammettere che apprezzava le bottiglie con le lacrime della Ferragni. Sapete quanto valevano sul mercato nero? Un casino, ancora non credeva all’audacità di quei ricchi di metterle in mostra così, come se non fossero estremamente di valore. Le ricordava un po’ le assurde feste di Dynasty, e si chiese se in quel momento sarebbe arrivato un Liam a salvarla dagli orsetti alcolici – o anche una Fallon, mica era schizzinosa. Dovette rimangiare tutte le critiche che aveva sputato da quando era varcato la soglia alla vista di una magnifica postazione di Just Dance, alla quale rimase a bocca spalancata. Era uno dei suoi guilty pleasure, sapeva di quanto fosse tossico ma era troppo debole per resistere, e poi valeva come palestra quindi aveva la scusante di fare dello sport. Resistesse approssimatamente dieci minuti prima di precipitarsi alla console come una bambina si avventava la mattina di Natale sui regali, poté sentire il suo cuore gelido a scaldarsi un po’ alla vista del menù principale: quello era il suo territorio. «VOGLIO UNA BATTAGLIA ALL’ULTIMO SANGUE. Fatevi avanti» si sbracciò abbastanza per attirare l’attenzione di qualcuno, che poi Elisa non si ricorda se ci fosse qualcun altro a giocare ma non ha tempo di controllare. Ok, quindi chi aveva organizzato quella festa non mancava totalmente di gusto, si doveva ricordare di farle una statua. E poi? E poi niente si mise a lip sync dance for her life, dimenticando ogni dignità che ancora si teneva stretta. E dire che non era neanche ubriaca, andiamo bene.
    05.10 - 21:30
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    tech genius - nineteen - scorpio - kinda dead inside

    sniper
    colby
    WELL I GUESS I PICKED
    THE WRONG TIME TO BE A HUMAN BEING

     
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    william barrow II
    William era una di quelle persone che non riusciva a separarsi da casa sua per troppo tempo, ed ecco perché aveva deciso di prendersi una piccola vacanza dal viaggio intorno al mondo con Jamie. E, ammettiamolo, voleva controllare che non gli avessero fatto esplodere la casa nel frattempo. Quando giunse agli scalini di casa notò che c’era qualcosa di diverso, e una pessima sensazione gli andò a stringere lo stomaco in una morsa. Mise un piede in casa, il sudore a gocciolargli della fronte, RITROVANDOSI UN UNICORNO DAVANTI - per poco non ebbe un infarto. Che cosa stava succedendo? Cos’era successo da quando se n’era andata? Anche perché era stato via per mesi, e a quel punto temette davvero il peggio per la sua dimora; prese s correre per il corridoio, seguendo la musica fino a spuntare nel salotto. Rimase a bocca aperta, non avendo davvero la minima idea di cosa stesse davanti e lui - o meglio, lo sapeva ma non perché ci fossero degli unicorni in libertà «KIIII/EEER VIENI QUA» Elisa, dopo aver scritto dieci role si è completamente bruciata i neuroni, quindi non si prende responsabilità per i contenuti di questo post. Anzi, per raggiungere lo scroll vi copierò anche questa fiaba tedesca che sono stata costretta a imparare, senza che ovviamente me la chiedessero.
    Es war einmal ein kleines Mädchen, das ohne Vater und Mutter lebte. Sie waren gestorben und seitdem war das Mädchen arm. Es hatte kein zu Hause mehr. Zum Anziehen hatte es nur die Kleidung, die sie am Körper trug. Ein Fremder hatte ihr ein Stück Brot geschenkt, das war alles was sie essen konnte.
    Das Mädchen war trotzdem lieb und fromm. Es glaubte an Gott und vertraute ihm sehr. Eines Tages ging es hinaus auf ein Feld. Auf dem Feld begegnete ihr ein armer Mann. Der Mann bat sie um etwas zu essen, da er so hungrig war. Sie reichte dem Mann das ganze Stück Brot und sagte „Gott segne es dir“.
    Als sie weiter ging, begegnete ihr ein Kind. Das Kind fror sehr stark am Kopf und bat das Mädchen um etwas, womit es sich wärmen könnte. Da setzte das Mädchen ihre Mütze ab und reichte sie dem Kind.
    Das Mädchen ging weiter und traf wieder auf ein Kind. Es fror auch und es hatte kein Leibchen an. Das Mädchen zog sein Leibchen aus und gab es dem Kind. Dem nächsten Kind gab es ihren Rock.
    Das letzte Kind traf sie im Wald. Es bat um ihr Hemdchen. Weil es schon dunkel war und niemand sie mehr sehen konnte, zog sie auch noch ihr Hemdchen aus.
    Da stand das Mädchen und hatte gar nichts mehr. Plötzlich fielen die Sterne vom Himmel und wurden zu vielen Talern. Auf einmal hatte sie auch wieder ein Leibchen an. In diesem Leibchen sammelte sie die Taler und war reich für ihr ganzes Leben.
    Got Patron sippin' in my cup, hey, where's your man?
    I bet that I could make him love me
     
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