let me change your mind

will + ake

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    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
    Sorrise lento, sollevando appena un angolo delle labbra ed un sopracciglio. Dire che non avesse mai immaginato quel momento l’avrebbe reso bugiardo, e quando poteva scegliere, cresciuto nella costrizione di una società che soffocava il libero arbitrio, preferiva non esserlo; forse non negli ultimi mesi, o anni, ma un più giovane e più ottimista Barrow non si era lasciato sfuggire alcun genere di scenario riguardo il suo (all’epoca inesistente) rapporto con Akelei – ma era diverso, era sempre diverso. Perché era reale, e William Barrow poteva sentire il sapore dolce e delicato delle sue labbra sulle proprie, le dita di lei premute sul petto a scaldare una pelle che non aveva mai creduto potesse sciogliersi, finchè non aveva conosciuto il piacevole e corrosivo veleno del tocco della Beaumont. «sono curiosa. come pensi di conquistarmi?» Ma che domanda era?
    Avrebbe improvvisato. Si scosse nelle spalle avanzando fino a che le mani di lei non rimasero l’unica cosa a dividere i loro corpi. Chinandosi, le sfiorò appena la bocca con la propria, premendo invece le labbra sulla linea della mandibola. «iniziamo con un appuntamento» sorrise sulla sua pelle, trovandolo ironico e ridicolo: erano non troppo amici con benefici da tempo, si conoscevano da quasi una decade, ed avevano tre figli adolescenti, eppure non avevano mai avuto un vero appuntamento. Non nelle corde del Barrow, non negli interessi della Beaumont. Continuò una lieve striscia di baci percorrendo il collo con la bocca, bisbigliando un «ti passo a prendere venerdì» come i veri clichè, William – poco importava che abitassero nella stessa dimora: in grande, o nulla affatto. «alle otto» e concluse le chiacchiere quotidiane, cinse la vita della bionda sciogliendo il nodo della vestaglia, i denti a stringere il tessuto per farlo scivolare dalle spalle. Non avevano mai avuto bisogno di parole, William ed Akelei; parlavano una lingua d’istinti e pelle nuda, di saliva e adrenalina, di lenzuola e docce calde.
    Non vedeva perché avrebbero dovuto cominciare in quel momento.

    venerdì.
    «ken, piccolo bastardino!» con la sigaretta stretta fra i denti ed un ringhio gutturale, William Barrow sgusciò nell’atrio di villa Hemera chiamando a gran voce la (sua) piccola bestia di satana coreana. Midwest aveva fatto notare al ribelle che non fosse carino chiamarlo piccolo bastardo, ma William non ci aveva dato alcun peso: non solo Ken non capiva (ancora.) una sega di inglese, ma poi doveva sapere, nel profondo del suo cuore, che si trattava di un nomignolo affettuoso. Un po’ come Elle, il suo dalmata (Elle era il diminutivo di Mitchell, caso mai aveste avuto dubbi in proposito), che scattava sull’attenti ogni volta che William strillava pirla - non significava certo che la amasse meno. Lo trovò con lo sguardo (credeva: i capelli davanti al volto non aiutavano, e di suo aveva occhi piccoli) rivolto al nulla, seduto sugli scalini che portavano al giardino della casa. Per una frazione di secondo si domandò se stesse riflettendo sul senso della vita, o sul modo più veloce di sterminarli tutti e tornare a poter guardare into the distance senza che nessuno gli rompesse più la minchia – non lo conosceva abbastanza bene da poterci scommettere, ma era abbastanza convinto che un’ipotesi non escludesse l’altra. «ken,» con la lentezza degna di un paguro sulle sponde del Pacifico, Ritter volse gli occhi scuri nella sua direzione. «wilhelm» volle leggere profondo amore, in quel tono ruvido ed annoiato.
    Profondissimo.
    «basta cucire scarpe di tela, è il momento di entrare nel mondo degli adulti» il ragazzo lo osservò senza battere ciglio. William Barrow avrebbe potuto cercare di imparare il coreano, o perlomeno di insegnare a Ken l’inglese, ma perché quando loro avevano un modo del tutto personale per comprendersi? Non facendolo. «Non più» scosse il dito indice nell’aria, ed agitò le mani. «palle della nike» disegnò un cerchio, e mimò di dare un calcio al pallone.
    Bene. «ti confondi bene con la folla» [sembrano tanti perché sono cinesi intensifes] «e just eat va ancora una bomba» Non Justin, suo…più o meno cugino. Cristo, poteva accettare di avere quattro figli dal futuro ed uno da un universo alternativo, ma pensare che i figli di suo cugino Phobos Campbell fossero sopravvissuti così a lungo da dar vita ad un lignaggio, era semplicemente troppo. «sarai il nostro corriere» mimò di sniffare, e poi di andare in bicicletta. Suo nipote (giovane…innocente….Belair) gli aveva lasciato villa Hemera mentre girava il mondo come Ash Ketchum, e con l’arrivo nel futuro del suo drug buddy preferito, aka Jason Maddox, William aveva deciso di istituire un nuovo, fantastico, impero della droga! marketing: un laboratorio di metanfetamina. Lui e Jaz si occupavano della parte pratica, Baywatch era incaricato di fare il bullo caso mai qualche Narcotrafficante facesse il simpatiko, ma chi si occupava di portare la droga da un capo all’altro di Parigi? Kieran! Sì, esatto, Kieran – la amava, ma ammetteva di averle mentito quando aveva parlato di zollette di zucchero – ma la ragazzina non incuteva abbastanza timore, e con il sole e gli arcobaleni tascabili con i quali sembrava sempre girare, attirava l’attenzione come un monaco in un night club.
    Ken, invece, era perfetto.
    «eddai, ken. Cos’hai di meglio da fare?» La risposta era niente, ma quella piccola merdina filippina-but-cooler continuò (inquietante) a non battere le palpebre. Ken sollevò una mano e fece scivolare il pollice sulle dita: cash. «ti pago in involtini primavera» No? «e nuvole di drago, uau» Ritter Scully poteva non capire l’inglese, ma quando si parlava di menù attivava il kinese-interiore che tutti abbiamo, quella parte istintiva che non aveva bisogno di una lingua per comunicare, e rispondeva sempre allo stesso modo: alzando un dito medio. «grazie tvb» gli baciò il dito ritraendosi prima ch’egli decidesse di cavargli gli occhi , tornando all’interno della casa per segnare sulla sua bacheca personale (sì, aveva una bacheca come i vecchi, altrimenti non ricordava un cazzo) di aver chiesto e confermato Ken come corriere. Cos’altro recitava la sua agenda, quel giorno?
    Ah, sì. Non che William Barrow avesse mai potuto dimenticare l’appuntamento con Akelei Beaumont, certo. Dopo essersi assicurato che Jason se la cavasse anche da solo (ed avergli affibbiato Barry come tirocinante: era il momento che suo figlio conoscesse l’arte del creare la droga, oltre che consumarla. Non erano scimmie, erano scemi uomini – ed anzi, di più: erano Corvo-fucking-nero.), si dedicò ad un rilassante bagno con tante bolle, e Toto in sottofondo a cullarlo verso la zona zen di cui sapeva, nella serata, avrebbe avuto bisogno. E si vestì elegante, William; malgrado l’estate pungesse pelle e muscoli, approfittando del (benedetto, sempre benedetto) tramonto a rinfrescare le temperature, indossò un raffinato completo blu scuro, con tanto di farfallino del medesimo colore della giacca. Odiava mettere cravatte e farfallini, ma era disposto a sopportarli se significava che, a fine serata, Akelei gliel’avrebbe tolto: priorità, e peculiari fetish. Cinque minuti prima dell’orario previsto per l’appuntamento, Will uscì da Villa Hemera. Si sistemò sullo zerbino, accese (l’ennesima.) sigaretta, ed osservò le lente, ma inesorabili, lancette dell’orologio che stringevano il tempo a sua disposizione prima dell’appuntamento; era nervoso? Nah. Era stato il leader della Resistenza, buon Dio. C’era ben poco in grado di innervosire il Barrow ed Akelei era fra quello. Guardò scattare le otto, ed ancora non mosse un dito; attese un intero minuto successivo, come i veri ribelli, prima di suonare il campanello.
    E che iniziassero i giochi.
    But if you ask me two's a whole lot lonelier than one
    william
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    17.06.2118


    Edited by - as fuck - 27/12/2018, 01:45
     
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    tre settimane prima
    Premette le mani sull’addome del Barrow per supportarsi, mentre il bacino si muoveva sinuoso nell’incontrare quello del biondo. Sentì un sapore ferroso sulla lingua, quando si morse il labbro per cercare di trattenere l’ennesimo gemito. Sapeva di essere al suo limite, con ogni spinta a diventare sempre più bisognosa e disperata di un rilascio – fu quando sentì le dita dell’uomo a stringersi sui capezzoli ormai turgidi che riuscì a raggiungere l’orgasmo.
    Ignorò il liquido a scivolare tra le cosce, lasciandosi cadere affianco a William nel cercare di recuperare fiato. Voltò la testa verso il lato del biondo, lo sguardo affamato a cercare un pacchetto di sigarette sul legno: non ce n’era nessuno. Imprecò tra i denti, seccata dal fatto di non ricordarsi dove fosse il pacchetto. Forse nella giacca, o nella borsa.
    Fu in quel momento che la sua attenzione si spostò sul cielo scuro. Non si era neanche accorta della tempesta che stava arrivando, la pioggia a battere improvvisa contro i vetri e i fulmini a squarciare il cielo. Akelei sobbalzò nel sentire un boato, le mani a coprire le faccia per cercare di darsi un contegno – sperava che Barrow non se ne fosse accorso, sarebbe stato umiliante. Si azzardò a lanciare un’occhiata al suo fianco, trovandolo impegnato a cercare di uscire dal letto. Un secondo boato fece tremare la casa, Akelei deglutì nervosa. Sapeva che era una pessima idea, eppure lo fece comunque «aspetta» la mano scattò verso il braccio del biondo, tenendolo fermo sul materasso «resta» pareva più un ordine, che un invito. Sollevò il busto fino ad arrivare allo stesso livello di Will, ignorando il sopracciglio alzato in una muta domanda. Cosa doveva dirgli, che era terrorizzata dai temporali? Per favore, non aveva più cinque anni. Eppure. Eppure non voleva rimanere da sola quella notte. «non voglio che barry ti veda» come se gliene fregasse qualcosa, non era un problema suo quello di evitare di rovinare la crescita del biondo. «non penso che gli interessi» il Barrow si strinse nelle spalle, facendo per scrollarsi la coperta di dosso. Era proprio una testa di cazzo. Eppure, poteva biasimarlo? Era sempre stata lei a dirgli di non volerlo nel suo letto, che non erano amanti. Poteva dirgli che le cose erano cambiate, che per lei ormai non era più sesso – l’unica cosa a tenerle la bocca chiusa era il sapere che per lui si trattava solo di quello. Chi l’avrebbe detto, che alla fine quella a rimanere fottuta sarebbe stata lei. «a me sì» asserì decisa, mentre un altro fulmine illuminava la stanza. Tentò di rimanere immobile, cercando di ricordarsi come immagazzinare aria. Non seppe mai perché accettò, ma in quel momento non le interessava. «come vuoi» «grazie» sputò fuori, parole che raramente si udivano dalla Beaumont – si sapeva, William era la sua eccezione un po’ a tutto. Si girò dall’altra parte del letto, decisa a fissare il muro fino a che il biondo non si sarebbe addormentato.
    Aspettò quindici minuti per essere sicura, prima di girarsi verso di lui. Esitò per un momento, trattenendo il fiato quasi come se si sarebbe svegliato da un momento all’altro. Non accadde. Si fece più vicina a lui cauta nei movimenti, fino a che non si trovò a pochi centimetri da lui; voleva sapere cosa si provasse, solo per quella volta. Poggiò il capo sulla sua spalla mentre faceva scivolare le braccia ai lati del petto per stringerlo. Si permise di chiudere gli occhi, iniziando finalmente a scivolare nel sonno.
    Nessuno aveva mai visto quel lato debole di Akelei Beaumont. E nessuno mai avrebbe saputo della sua esistenza: aveva una reputazione da mantenere.

    Era facile mantenere un certo livello di sicurezza quando si era consapevoli di avere in mano la situazione, solo che nel suo caso le posizioni per una volta si erano ribaltate. Non succedeva spesso, e di solito odiava non essere messa a conoscenza di ogni singolo dettaglio.
    L’unica cosa che William le aveva detto era che l’avrebbe passata a prendere alle 20, e prima che potesse chiedergli altro le sue labbra sulla pelle le avevano fatto scivolare dalla mente ogni pensiero coerente.
    I tacchi battevano veloci sul pavimento del corridoio, mentre un’Akelei procedeva spedita per il corridoio e poi nella sua stanza, consapevole di essere in maledetto ritardo. Aveva scelto di occuparsi la giornata con il lavoro, preferendo imbrattarsi le mani di sangue piuttosto che struggersi tutto il tempo su un appuntamento. Era un’appuntamento come un altro, con la sola differenza che a fine serata non avrebbe cercato di assassinare nessuno forse.
    Si fermò davanti allo specchio, premendo il pollice sulla guancia per togliere il liquido cremisi residuo, un peccato visto che stava così bene con il suo rossetto. Premette sullo schermo del cellulare per controllare l’ora, imprecando profusely quando vide che le rimanevano dieci minuti prima delle otto. Cristo, quella fottuta bestia era stata dura a morire, togliendole tempo prezioso. «merde» sibilò davanti all’armdio, pizzicando irritata il lobo dell’orecchio. Non aveva idea di dove la stava portando, come avrebbe fatto a vestirsi in cinque minuti? Fosse stato chiunque altro non si sarebbe fatta problema a farli aspettare anche mezz’ora, ma con il Barrow voleva almeno provarci. Tolse dall’appendino uno dei vestiti che aveva comprato recentemente, elegante il giusto per quello che pensava che avrebbero fatto (kebab al parco magari) e leggero, non voleva sciogliersi nell’afa di luglio. Aveva appena finito di tirare su la cerniera dell’abito che sentì il campanello in lontananza: un minuto in ritardo, per essere precisi.
    Non come lei, che era sempre in orario.
    Afferrò un paio di scarpe da terra e con tutta la calma del mondo percorse il corridoio di entrata, non si sarebbe mai abbassata a correre per aprire la porta. «sei scalza» quelle, le prime parole che le rivolse il biondo «possiedi davvero uno spiccato spirito d’osservazione, barrow» asserì seria, un sopracciglio arcuato mentre lo squadrava poco velatamente. Non ci voleva molto a capire che il vestito di Akelei fosse in qualche modo fuori luogo, non che le importasse davvero, riusciva a pull off qualsiasi cosa senza sforzarsi. Poggiò una mano sulla sua spalla del Barrow, reggendosi su di lui mentre con l’altra si infilava le décolleté «bien, ora possiamo andare» sentiva il suo sguardo divertito sulla pelle, quasi volesse chiederle se per caso fosse in ritardo. O era tutto nella sua testa come ale, certo. «non mi dirai dove stiamo andando, vero?» non l’avrebbe fatto, ma almeno gliel’aveva chiesto. Continuò ad osservare William, forse nella speranza di cogliere un dettaglio che tradisse il suo nervosismo. Qualsiasi cosa per farla sentire in controllo in una situazione dove, di fatto, non lo era.
    17.06.2118 - paris (hilton)
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    1992 - former slytherin - hitwoman - deatheater

    akelei
    beaumont
    TAKE THESE WALLS AND RIP 'EM DOWN
    YOU CAN TELL THEM YOU ARE MINE
    I'M SICK OF, SICK OF GAMES



    Edited by cocaine/doll - 27/12/2018, 21:59
     
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    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
    «non mi dirai dove stiamo andando, vero?» Ah, donne. William Barrow sollevò un sopracciglio, lo sguardo a scivolare paziente sulla morbida curva dei fianchi di Akelei, deliziosamente accentuati dal vestito, prima di tornare a ricambiare la sua occhiata, lasciando che le labbra si piegassero appena nell’accenno di un sorriso. «possiedi davvero uno spiccato spirito d’osservazione, beaumont» rimbeccò, usando la precedente risposta della bionda contro di lei, spostandosi lateralmente per permetterle di uscire: certo che non gliel’avrebbe detto, altrimenti dove sarebbe stato il divertimento? Temeva davvero che quello che aveva in programma, non le sarebbe piaciuto – più che temerlo, ne aveva una ironica certezza – ma non che quello sarebbe stato il primo, e l’ultimo, appuntamento nella loro vita.
    Sostanzialmente, William Yolo Barrow stava giocando con il fuoco, confortato dal fatto che Akelei Beaumont avesse ammesso di non trovarlo indifferente (-cit) e di mostrarsi con lui in pubblico: avrebbe potuto portarla in qualche locale elegante e piatto, consapevole che ad una cena vuota avrebbe seguito un dopo cena bollente che poco avesse a che fare con la piacevolezza della serata e tutto con lo champagne ingollato a fiumi; probabilmente avrebbe dovuto, elevandosi al certo standard che una Beaumont, cresciuta nel lusso, chiedeva.
    Ma non sarebbe stato Will, se l’avesse fatto. «andiamo a piedi, non è lontano» trattenne il sorriso infilando fra i denti una sigaretta, un cenno con il capo per indicarle di proseguire lungo il marciapiede. Non le porse galante il braccio, perché – malgrado non sembrasse – ci teneva a mantenere intatte tutte le bellissimi parti del suo corpo, ma camminò al suo fianco senza proferire altra parola. Troppo clichè farle notare quanto fosse bella; gliel’aveva ripetuto centinaia di volte, in spazi piccoli e caldi che condividevano solo loro, e dove non avevano mai avuto bisogno di altri – non c’era nulla di più onesto delle parole sussurrate direttamente sulla pelle marchiate poco prima da un morso od un bacio. Il silenzio, in ogni caso, non era pesante o fastidioso: era carico di fastidio, quello sì, ma non si era aspettato altro da una maniaca del controllo come la Beaumont. Poteva fare la seccata quanto voleva, ma sapeva che in fondo non voleva sapere dove stessero andando.
    Will non le disse che se gliel’avesse detto, probabilmente non sarebbe andata. «siamo arrivati» si fermò d’improvviso, gli angoli della bocca a curvarsi lenti e sornioni mentre gli occhi azzurri guizzavano sulle linee dell’insegna del fast food. Spostò lo sguardo sulla Beaumont mantenendo pacifico il sorriso, aprendole perfino la porta per farla entrare all’interno del McDonald’s. Prima di seguirla, si aggiustò la cravatta e sistemò una giacca di suo impeccabile, consapevole di non essere affatto vestito per quel luogo.
    Non che se ne fottesse qualcosa. William Barrow non era interessato ad impressionare gli altri; gli abiti eleganti non avevano nulla a che fare con il luogo dell’appuntamento: in parte l’aveva fatto per Ake, dimostrandole così di non essere solo un (secsi) straccione con camice hawaiane (che lei amava più di quanto amasse lui), ed in parte semplicemente perché poteva. Non era mai stato un grande ammiratore delle regole o delle convenzioni sociali. «ordina quello che vuoi,» si strinse nelle spalle evitando accuratamente il suo sguardo, come se quella fosse una situazione del tutto nella norma (per lui, la era) in modo da non darle alcun indizio su dove volesse andare a parare. Pur con un’espressione impassibile, mantenne la nota divertita nella linea delle labbra. «offre -» Dato che William Barrow non capiva le donne (non comprendeva le ritrosie nel farsi offrire la cena: lui era abituato a fare lo scroccone e farsi offrire tutto da Mitchell, malgrado Will avesse più sghei) aveva deciso di evitare accuratamente, come un vero campione di parkour, di doversi porre il problema denaro: prese dalla tasca della giacca un portafoglio – non suo – e sventolò le banconote di fronte alla bionda. «quella buon’anima di mio nipote. ciauz nipotino, rip» rest in polonia, ovviamente. Confidava non fosse morto? Era certo che nel suo cuore l’avrebbe sentito, se fosse passato a miglior vita. Super poteri da antenato, sapete.
    Vabbè, comunque. «portiamo via» qualcosa dovette andare storto nella comunicazione fra Will e la cassiera, perché gli occhi di lei s’illuminarono. La vide frugare nel «mmm?» reggiseno, e si limitò a sollevare le sopracciglia.
    Cosa stava succedendo.
    Fu ancora più scioccato quando ne estrasse una fotografia. E dire che dopo aver visto Niamh tirare fuori l’occorrente (tutto l’occorrente) dalla coppa del reggiseno, pensava di aver visto tutto – oh, ma nel 2118 non avevano le fottute tasche? Evoluzione un cazzo. William Barrow si chinò sulla fotografia aggrottando le sopracciglia. «minkia» un’imprecazione, ma anche una domanda.
    Minkia? Indovina il kinese – perché sì, era chiaramente un ragazzo orientale quello in copertina - 2118 edition. Piegò le labbra verso il basso, azzardandosi ad un confuso sguardo ad Ake: quello, per inciso, non l’aveva progettato. «portiamo via!!!!&&&» ripetè la cameriera, con uno spiccato accento francese.
    Take Away. Un barlume di comprensione – era stato un suo studente, non sapeva avesse fatto successo; o forse era stato il fotografo, di cui leggeva appena le iniziali nell’angolo della fotografia, a diventar famoso? Avrebbe chiesto a barrow e amalie – illuminò gli occhi del Barrow. «ah ecco»
    Okay. Concluso il siparietto incomprensione, Will prese i sacchetti porsi dalla donna (maledizione, non poteva neanche andare in giro a sputtanare i soldi di will ii perché quelle merde di negozianti francesi continuavano a far offrire alla casa: ma dai, lasciatemi sta gioia, cazzo!) ed uscì dal fast food con lo stesso passo fluido con il quale v’era entrato.
    Ed una volta fuori, porse il braccio alla bionda: «non lasciarmi freme» un liquido movimento della bacchetta, e puff.

    Non era esattamente il suo luogo, ma se lo sarebbe fatto andar bene. William Barrow non aveva ancora trovato il coraggio di trascinarsi a Londra, sapendo di poterci trovare segni di chi ci aveva vissuto: poteva accettare e tollerare Callie, o Will, perché – pur ricordandogli di Eugene e Jade, di Niamh - si trovavano in un luogo che mai aveva associato ai loro antenati. Ma Londra? Hogsmeade? Non era pronto a quello.
    Li smaterializzò su una collina all’interno di uno zoo poco fuori da Parigi. In uno scenario peculiarmente biblico, lì sopra v’erano solo un albero – giuro, uno solo -ed un gazebo, il quale era stato piazzato lì dal Barrow. Non per fare atmosfera: era pragmatico, e per quanto la pioggia avesse un certo fascino, l’unica cosa che intendesse inzuppare quella sera, era il biscotto (if u know what i mean). Spostò lo sguardo dal profilo dello zoo sotto di sé, abbastanza lontano da tenere per sé l’olezzo di giungla, alla bionda al proprio fianco, verso cui arcuò un sopracciglio indicandole l’albero poco distante.
    «mai provato le patatine nello champagne?» domandò, con un certo distaccato candore, sedendosi per terra e stappando la bottiglia che – ovviamente – si era portato dietro: ricordava più spesso l’alcool che non la bacchetta, William Yolo Barrow.
    Ed aveva lasciato il resto degli alcolici nel casotto della guardia, just in case.
    Sospirò, rimase in silenzio ancora una manciata di minuti. Ci credeva davvero, Will, nella possibilità che lui ed Ake potessero diventare qualcosa - e sapeva che, per farlo, dovevano iniziare a togliersi qualcosa di più che non i soli vestiti. Incredibile da credere, ma al Barrow non piaceva particolarmente parlare di sé.
    Ma per lei l’avrebbe fatto. «il carrow’s è sempre stato il mio posto preferito» iniziò, lento, prendendo fra le dita un filo d’erba – non allegra, per ora. «gli animali sono una compagnia migliore delle persone» sorrise sghembo, voltando appena gli occhi in direzione di Akelei, prima di riportarlo sulle proprie mani. «non giudicano. non si aspettano niente. era l’unico posto dove potessi fingere di non avere responsabilità» azzardò uno sguardo alla bionda, sollevando enigmatico un sopracciglio. Non avevano mai affrontato il discorso ribellione, ed in parte – malgrado fossero lì da mesi – Will aveva voluto illudersi che la Beaumont non ne sapesse nulla. Non si vergognava di essere un ribelle, non l’avrebbe mai fatto, ma la situazione era di suo abbastanza delicata senza inserire ulteriori elementi di disturbo. «è il primo posto dove sono andato dopo aver ucciso mio padre» booOOOm, ma neanche troppo. Era stato il primo sospettato della morte di Simon, Will; le accuse erano cadute solamente perché più facile incolpare la Resistenza, indicando con orrore come i Traditori avessero tolto la vita ad un altro, onorabile!, membro del Ministero. «chissà dove andranno i criminali dopo aver seguito la tradizione di famiglia» scherzava? Probabilmente. Quasi sicuramente.
    Okay, non troppo. Aveva avuto un padre di merda, e dalle indagini di mercato era un problema alquanto diffuso fra l’intera popolazione mondiale: dubitava di poter fuggire da quella maledizione, il Barrow. «probabilmente a giocare a bocce» si strinse nelle spalle alleggerendo ironico l’atmosfera, aprendo il sacchetto di carta per prendersi il suo meritato big mac. Non aveva alcuna intenzione di mostrare alla bionda quanto gli fosse costato cederle quella parte di sé. Prima di mordere il panino, passò il testimone ad Akelei Beaumont: poteva accettare, poteva non accettare.
    Era ttutto un atto di fede, da quelle parti. Di provarci. «tocca a te.»
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    Conosceva abbastanza il Barrow da sapere che per loro non c’era in programma una cena sulla Tour Eiffel né qualsiasi cosa che fosse convenzionale per i circoli frequentati dalla bionda. Il non sapere la stava uccidendo, e dopo aver sprecato la sua unica carta per cercare di cavare qualcosa a William, non le restava altro che aspettare. «andiamo a piedi, non è lontano» si limitò a lanciargli un’occhiata, lasciando trasparire una nota di scetticismo. Non aveva molti elementi a sua disposizione, ma se avesse dovuto tirare ad indovinare la sua scelta sarebbe ricaduta su un mattatoio. O un obitorio. O forse avrebbe dovuto smettere di ascoltare Al. Continuò a procedere lungo il marciapiede, lo sguardo a correre sulle insegne dei negozi ormai chiusi e la mente che si perdeva tra i ricordi delle estati passate a Parigi – neanche si era accorta di quanto le mancasse, finché non vi era ritornata. «siamo arrivati» ma vero fai? «sì?» alzò il capo ad osservare l’insegna rossa del McDonald’s, un sorriso ampio quanto quello del Barrow a comparire sulle labbra: non gli avrebbe dato nessuna soddisfazione. E poi, persino lei ogni tanto si poteva abbassare a quei posti plebei. Nel varcare l’ingresso del locale si concesse il tempo di dare un’occhiata in giro, sparsi tra i tavoli qualche adolescente troppo rumoroso e adulti intenti a fingere di non essere troppo cresciuti per un Happy Meal, e poi c’erano gli Akerrow, extra come poche cose nella vita. «finally some good fucking food» Akelei poteva anche disdegnare l’ambiente del fast food, ma quando si trattava del cibo non era schizzinosa: era cresciuta a cucina francese, non aveva mai avuto altra scelta se non ingoiare. «prenderò un mcbacon, delle patatine grandi, un tè alla pesca piccolo e un mcflurry alla vaniglia» e per inciso stava accettando che pagasse William solo perché era il nipote ad offrire, una tattica che avrebbe dovuto iniziare ad usare anche lei. A cosa serviva avere un Bello™ in famiglia se no? «portiamo via» l’ex serpeverde non nascose un’occhiata stupita, il sopracciglio a sollevarsi lievemente. Cosa poteva aspettarsi dopo il Mc? In quel momento il Barrow era imprevedibile, e riuscire a entrare nella sua mente le pareva una causa persa - principalmente perché si era perso a parlare di cinesi. Non finse neanche di capire, la Beaumont, preferendo posare lo sguardo distratto sulla macchina del gelato, finalmente dopo cento anni si erano decisi a ripararla.

    La bionda ci mise qualche secondo ad abituarsi al nuovo scenario, le dita ancora strette al braccio di William – voleva assicurarsi che non sparisse e la abbandonasse lì, non si sapeva mai nella vita. Mollò la presa qualche momento dopo, concentrandosi invece su ciò che la circondava, la prima cosa a saltarle all’occhio furono gli animali sotto di loro. Almeno non c’era puzza di merda. «e dire che mi stavo abituando al lezzo del Mc» osservò nello spostare l’attenzione sul gazebo, quel posto era decisamente più sul suo livello del fast food, ma preferì tenerselo per sé. «a billie piacerebbe» si fece una nota mentale di tornarci un pomeriggio, non c’erano molti posti dove il cane potesse dare il peggio di sé, almeno non senza distruggere il giardino di Gugi. Stava diventando così soft che aveva iniziato a parlare del suo cucciolo - letteralmente, eh - in pubblico, cosa sarebbe venuto dopo, ammettere ad alta voce che aveva un debole per i cinnamon rolls? Giammai, sarebbe rimasto nascosto nel profondo della sua gelida anima. Si sedette sulla coperta portando le gambe al petto, incurante di fleshare qualche passante, adocchiando il cibo di fronte a loro – quanto poteva fare schifo? Per citare una Murphy qualunque. Doveva ammettere di sentire una certa nostalgia per le baguette impastate nella cocaina della B&B, che neanche il McDonald’s poteva soddisfare il suo craving; sentiva che quella era la unica ragione per cui Arci le mancava. «champagne? no» scosse la testa, preferiva Champagne Papi. Non lo so, la situa sta degenerando. «dici che dovrei? Magari stai cercando di avvelenarmi» sollevò le sopracciglia allusiva, la mano a scivolare sul bicchiere per prendere un sorso del liquido – attese qualche secondo dove sarebbe dovuta stramazzare a terra, senza nessun risultato. Peccato. «peccato, e io che ci speravo» ogni occasione era buona per toccare la morte un po’ più da vicino, la vicinanza a quel morto vivente di suo figlio doveva averle passato qualcosa, o era la presenza di troppa gen z. «il carrow’s è sempre stato il mio posto preferito» Akelei, che passava la maggior parte dei /primi appuntamenti/ a scopare, si trovò momentaneamente spiazzata: come funzionava? Nonostante i consigli di Al – di Al, poi! – non aveva consultato WikiHow, non era certo un’idiota che aveva bisogno di guide online, va bene che era caduta in basso nel vivere a casa di sconosciuti ma non così tanto. «non giudicano. non si aspettano niente. era l’unico posto dove potessi fingere di non avere responsabilità» «sempre detto che sono meglio degli umani» forse era per quello che aveva più animali che familiari vivi e invece, si era assicurata di togliere di mezzo quelli troppo fastidiosi. Scherzo, probabilmente. E niente Cidi ti odio perché riesco solo a pensare ad After adesso, come si fa a prendere la vita in maniera seria. «chissà dove andranno i criminali dopo aver seguito la tradizione di famiglia» «io punto tutto sul traffico di umani, così, come hobby» quello, se avevano preso da lei, oppure c’era sempre l’opzione della bocciofila. Sorrise come un Hardin qualunque, i suoi evil dimples a fare capolino sulle guance, mentre allungava la mano a prendere le patatine. «tocca a te» quella sera si era promessa di mostrare una parte di sé della quale il Barrow aveva colto solo qualche frammento, e se avesse significato dover esporsi più di quello a cui era abituata l’avrebbe fatto. Anche se avrebbe odiato ogni momento. «sarei andata volentieri con quella del padre, ma mi sa che mi hai battuto sul tempo» era un peccato, era sempre un buon momento per discutere allegramente di omicidi, erano il suo pane quotidiano dopotutto. «facciamo così» iniziò la bionda, lo sguardo malizioso a posarsi in quello del ragazzo - se ne sarebbe pentita? Sicuro «io ti dirò tre cose su di me, e te dovrai indovinare quella reale. Se vincerai, risponderò a una tua qualsiasi domanda mentre se perderai……vedremo» ammiccò al ragazzo, il sopracciglio inarcato ad invitarlo ad accettare «ci stai?» lo sapevano entrambi, nessuno dei due si sarebbe mai tirato indietro da una sfida.
    Tagliamola corta che devo svegliarmi tra tre ore. Incominciò con quella che pareva la più Beaumont fra tutte «una volta ho organizzato un’orgia sul mio yacht» e non solo sul suo yacht, dopo un po’ aveva preso il vizio. «prima di entrare al Ministero avevo pensato di buttarmi sul pugilato» o la boxe o lavorare nell’ufficio di suo padre, non era stato difficile scegliere per un’Akelei diciannovenne, dopotutto le era sempre piaciuto colpire la gente fino a sottometterla. «ho ucciso mio marito perché stava incominciando ad annoiarmi» è perché si era convinto di avere un qualche diritto su di lei, ma quello non l’avrebbe ammesso ad alta voce, il solo pensiero le faceva venire voglia di tornare indietro di cento anni a prenderlo a calci in culo. «tocca a te» the ball was in his court now.
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    «sarei andata volentieri con quella del padre, ma mi sa che mi hai battuto sul tempo» Visto? Era dannatamente nel loro DNA, il patricidio – ed ecco perché non aveva mai preso in considerazione l’idea di formare una famiglia, di sfornare un figlio suo, consapevole di non essere in grado di affrontare il peso e le responsabilità di mettere un’altra vita al mondo; ironicamente, si ritrovava ad un quarto di secolo con due (2) figli piccoli a spasso nel mondo chissà dove, e quattro (4) adolescenti in secoli diversi, tutti sangue del suo sangue. Statisticamente parlando, almeno uno di loro prima o poi avrebbe cercato di farlo fuori: puntava tutto su Sersha Kavinsky (♥) ma chissà, anche Ellis avrebbe potuto sorprenderlo, soprattutto se nel far west non avevano bamba buona – Barrow e Sunday erano esclusi a prescindere: troppo babbi per meditare il suo omicidio. Tutti papà!!&& Sorrise distratto ai fili d’erba, le sopracciglia bionde ad arcuarsi e le palpebre ad assottigliarsi. «perché?» domandò alle proprie dita strette attorno al cilindro di tabacco, prima di ruotare gli occhi azzurri sulla Beaumont. «perché hai ucciso tuo padre, intendo» allargò il sorriso, sornione e di scherno, immergendo una patatina nello champagne, prima di masticarla lento ed intenzionale. Che merda - eppure il sapore agrodolce creava dipendenza, e ad una prima patatina non poteva che seguirne sempre una seconda. «non ti comprava la bugatti?» ironizzò, con l’amara complicità di chi era cresciuto ricco, e sapeva quali generi di problemi gli altri credevano avessero: chi non possedeva cash credeva che la loro vita fosse semplice e lineare, che fossero solamente capricciosi figli di puttana.
    E caso mai ve lo steste domandando, era vero. Ciò che non consideravano era che i soldi non levavano dal cazzo gli usuali, patetici, problemi dell’umanità: se avevi dei genitori di merda, tali rimanevano sia con il conto in bacca straripante, che a secco – e di persone così, incapaci di vedere i figli come unità a se stanti, ne era fottutamente pieno il mondo. Ecco perché non aveva mai desiderato dei figli: non voleva essere un Simon.
    Ma aveva il terrore di non avere una cazzo d scelta.
    «facciamo così. io ti dirò tre cose su di me, e te dovrai indovinare quella reale. Se vincerai, risponderò a una tua qualsiasi domanda mentre se perderai……vedremo. Ci stai?» ah, ochei – immaginava fosse un modo come un altro per risparmiarsi il quesito appena posto da Will, il che implicava che la soluzione all’indovinello sarebbe stata improbabile ed assurda. Arricciò il naso ma annuì, l’accenno di una smorfia divertita a curvare gli angoli delle labbra mentre, indolente, bagnava la gola con un sorso di frizzante champagne. «una volta ho organizzato un’orgia sul mio yacht; prima di entrare al Ministero avevo pensato di buttarmi sul pugilato; ho ucciso mio marito perché stava incominciando ad annoiarmi»
    Mmm watcha say.mp3. Corrugò le sopracciglia posando lo sguardo sull’orizzonte, ticchettando con l’indice, metodico, sulla sigaretta. Onestamente, gli sembravano tutte attività da Akelei: l’orgia sullo yacht era topos tipico dei milionari che potevano permettersene uno (e dei cantanti sudamericani); il pugilato gli pareva un’altra alternativa molto Beaumont, con la possibilità di spaccare culi e riportare il potere alle vagino dotate, permettendosi nel mentre di terrorizzare fisicamente e psicologicamente tutti gli sfortunati individui sul ring con lei; l’ultima, parlando fra noi, gli sembrava più una velata minaccia che un dato di fatto – così, giusto per ricordargli che la noia la portava ad ammazzare a sangue freddo i suoi partner – ma sembrava probabile quanto le altre. Alzò gli occhi al cielo piegando la bocca verso il basso, buttando la cenere al suolo prima di portare la sigaretta fra i denti. «solo una reale? mh» soffiò il fumo dischiudendo le labbra, scosse piano il capo poggiando un gomito sul ginocchio piegato. Avrebbe sentito meno pressure se gli avesse domandato se fosse ingrassata (-cit) ma darlo a vedere non avrebbe aiutato la sua causa: fake it till you make it. «mi sembrano tutte probabili, anzi» battè le ciglia, le rivolse una densa occhiata di sottecchi. «mi pare assurdo che tu non abbia mai organizzato un’orgia sullo yacht – chi non l’ha mai fatto?» sì, sostanzialmente William Yolo Barrow credeva che quella fosse una domanda trabocchetto, e tutte e tre le affermazioni contenessero un fondo di verità. Ciò non significava che non avesse una sua..personale preferenza, più dettata dalla logica della situazione che dalla logica cosa-non-ha-fatto-Akelei; a suo dire non era neanche l’opzione più probabile, eppure tentò comunque: «ma confermo la terza, ossia l’omicidio del sig. akelei beaumont causa tedio» si strinse nelle spalle, aspirò ancora catrame sbuffandolo poi dalle narici. «giusto perché stavamo parlando di omicidi, e perché mi sentirei vagamente offeso se alla mia ammissione di colpe sull’ammazzare il babbo, controbattessi aggiornandomi sul tuo sport preferito» un mezzo sorriso pigro, prese un’altra patatina e la lanciò nell’aria afferrandola al volo fra i denti. «se ho ragione, ripeto la domanda di prima: perché hai ucciso tuo padre? E se ho torto…» chinò rispettosamente il capo portandosi una mano al cuore. «sono pronto ad affrontare le conseguenze» per inciso: sperava davvero che le punizioni fossero di natura sessuale, perché era troppo vecchio per fare push-up o, come penitenza, cantarle Africa di Toto.
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    Akelei, purtroppo, era perfettamente conscia del fatto di trovarsi davanti a un corvonero e che per quanto potesse provarci alla fine avrebbe risolto anche quel tranello. Cristo, a volte le mancavano i suoi amanti privi di un cervello. Lo osservò pesare ognuna delle risposte, mettendo in moto quell'ingegno che tanto la affascinava, e dovette trattenersi un paio di volte dall’allungare le mani su di lui – per quanto odiasse doversi tenere a bada, le interessava davvero la risposta del Barrow. Perché, per quanto le costasse ammetterlo, ormai lo vedeva più di un corpo con il quale soddisfare i propri bisogni, ai suoi occhi era un partner. «mi sembrano tutte probabili, anzi mi pare assurdo che tu non abbia mai organizzato un’orgia sullo yacht – chi non l’ha mai fatto?» la Beaumont si limitò a stringersi tra le spalle, perfettamente consapevole del fatto che non potesse davvero dirgli niente senza svelare qualcosa. E no, non aveva mai organizzato un’orgia sul suo yacht perché non ne aveva avuto l’occasione; così, perché venire rapita l’aveva costretta a cambiare i suoi piani «perché, te sì?» affondò una patatina nella maionese, sorpresa da se stessa per quell’interesse verso un essere umano che non fosse se stessa; era raro per la Beaumont, ma a quanto sembrava, non del tutto impossibile. «confermo la terza, ossia l’omicidio del sig. akelei beaumont causa tedio» un amaro sorriso sporcò per qualche attimo i lineamenti neutrali della bionda, tedio, l’aveva chiamato. Preferiva far credere a William di essere una dannata sociopatica, cosa che era e che non aveva mai nascosto, piuttosto che spiegargli le ragioni che l’avevano condotta a tale gesto. Quando si trattava della sua persona, preferiva che fossero gli altri a trarre le fila di quello che era, piuttosto di sprecare tempo che non aveva voglia di impiegare - con William? Supponeva che quella volta fosse diverso, perché ormai era diventato impossibile per lei definire il ribelle come qualsiasi altra persona. «ho detto una cazzata, sai? non l’ho ucciso per noia» non che le piacesse passare come la Yuno di turno, ma avrebbe avuto senso per il tipo di personaggio che era «l’ho uccido perché voleva prendersi nostro figlio, e non potevo permetterlo» e, Dio!, quanto le costò quell’ammissione, un segreto che aveva tenuto per sé per tutto quel tempo. Neanche lei sapeva cosa stesse cercando nelle iridi cerulee del Barrow, o cosa in quel momento stesse leggendo l’altro nel suo viso; non le importava, perché mostrarsi più umana al ragazzo le ricordava che non era una macchina fatta di sangue e violenza, ma che ogni tanto anche lei aveva un cuore pulsante. «non sono in molti a sapere che ho un figlio, penso che tu sia il primo a cui lo dico in anni, che culo eh?» caustica, la sua voce, nel fare quella confessione a William. Che culo, essere il custode anche dei suoi segreti, non lo invidiava particolarmente. «perché hai ucciso tuo padre?» non fu sorpresa quando glielo chiese, l’aveva visto arrivare sin da prima, e ormai quello non era un argomento da cui era toccata. Si strinse tra le spalle, le dita a tracciare il profilo della bottiglia di champagne nel rispondere al biondo «perché gli è sempre interessato più dei suoi soldi che della sua famiglia, e pur di continuare ad accumularne non ci sarebbe stato nulla che non avrebbe venduto» lei stessa compresa, ma quello preferì tralasciarlo. C’erano aspetti della sua vita che non lei piaceva condividere, e non era ancora pronta a mostrare l’ennesimo layer che l’avrebbe resa debole davanti a William - era l’ultima cosa che voleva. «cosa mi dici di te, qualche segreto scottante?» sperava quasi che le discese di essersi sposato con una scimmia a Las Vegas, quello sì che le avrebbe tolto quella fottuta malinconia di dosso.
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