Push it to the limits 'cause I just don't care

charlene + iden | lilium

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    Spolliciometro
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    you can call me
    charlene
    «Bevi?»
    Iniziava sempre così: un paio di drinks, qualche complimento, sorrisi ammiccanti e, ecco, l'attesa del desiderio finiva presto per diventare desiderio reale, palpabile.
    Non si trattava di semplice appagamento sessuale e andava ben al di là dell'ovvia attrattiva suscitata dall'idea di trovarsi nel corpo di una donna impegnata nell'arte della seduzione, di provare e procurare piacere in una prospettiva del tutto diversa da quella a cui qualsiasi uomo è per natura abituato. No, per Charles era di più. Era nutrimento per il suo desiderio di sentirsi al comando di sé stesso, libero di poter sperimentare, di poter essere tutto e niente insieme, uomo e donna, entrambi e nessuno. Era staccare la spina dal ragazzo a cui avevano distrutto la famiglia, il Serpeverde con la mania della perfezione, per accendere i riflettori su Charlene, la femme fatale a cui piaceva sentirsi desiderata come solo una donna riusciva ad esserlo.
    Era il desiderio che Charles cercava, più del rapporto carnale che spesso finiva per esserne diretta conseguenza. Per quello non aveva bisogno di una Pozione Polisucco corretta, gli bastava mettere da parte il suo solito sorriso sardonico in favore di un atteggiamento un po' più affabile e scegliere un partner adeguato. Semplice. Talmente semplice da lasciarlo sempre con l'amaro in bocca, mai completamente soddisfatto.
    «cioè, già che ti riesci a guadagnare dei drink sorridendo, io ne approfitterei»
    Ecco, tornando a quella particolare notte al Lilium, Charlene non aveva idea di come quel tipo le fosse finito di fronte. Aveva bevuto un paio di shots, sì, ma non credeva di essere tanto andata da aver potuto scambiare la bionda che fino a pochi istanti prima le sedeva vicina con l'uomo, altrettanto chiaro però, che ora le stava offrendo da bere. Probabilmente doveva solo essersi persa il repentino cambio di posti che, per altro, non si era neppure premurata di contestare malgrado l'accordo stretto con la donna che aveva provato ad approcciare in precedenza.
    Poco male, pensò; complimento discutibile a parte, non c'era niente nel fisico del giovane che potesse scoraggiarla dall'idea di approfondire quella conversazione. Non credeva di avere propriamente un tipo, ma era abbastanza certa che, se ce l'avesse avuto, allora sarebbe stato molto simile al suo nuovo compagno di bevute. Invero, l'immagine di un altro tipo le balenò in mente per un istante, ma fu abbastanza veloce da impedire a quel solito corvonero di rovinargli ancora un'altra notte.
    «allora mi sa che accetterò il suggerimento.» piegò le labbra in un leggero sorriso, alzando una mano per richiamare l'attenzione del barman affinché riempisse i loro bicchieri. «ah, e per inciso» s'interruppe giusto per bere un sorso del proprio drink, facendo ben attenzione a mantenere lo sguardo piantato sul suo interlocutore. «se anche fossi minorenne - e non sto dicendo che io lo sia -, non sarebbero certo delle stupide restrizioni sull'età a farmi desistere dal fare qualcosa.» passò la lingua sul bordo del bicchiere, come a voler solo innocentemente cancellare la traccia di rossetto rimastavi impressa.
    «per esempio.» riprese, spostandosi una ciocca di capelli dal viso «vedi la statua là in fondo? quella col vassoio di limoni in mano non farti domande gli indicò la scultura dall'altro lato del locale con un cenno del mento, negli occhi la luce di chi ha tutt'altro che buone intenzioni. «ho sentito dire che è una passaporta per un privé e che aprirà fra...» spostò lo sguardo sull'elegante orologio da polso che aveva trovato tra la vecchia roba di sua madre. «...otto minuti, al massimo.» sorrise, stavolta con molta più genuinità. «è quasi sicuramente roba esclusiva per qualche raccomandato qui intorno, gente che di sicuro non saprebbe sfruttare a pieno l'opportunità.» si strinse nelle spalle con una certa superiorità. Insomma, era pur sempre Charles: era già tanto che stesse evitando il francese.
    «ma» continuò con una certa enfasi, avvicinandosi adesso al biondo -dio, quanto era carino però-. «io conosco qualcuno che potrebbe usarlo meglio. e tu, chérie» ops. «secondo me potresti essere un partner in crime potenzialmente valido.»
    Cosa aveva in mente? Difficile a dirsi tra l'alcol misto alla Pozione Polisucco, l'atmosfera della serata e l'improvvisa euforia destatale da quella sua nuova compagnia, ma sembrava ben determinata ad andare fino in fondo a quel suo piano - qualunque esso fosse - dell'ultimo minuto.
    Dall'esterno, per altro, quella conversazione sarebbe anche potuta passare per un banale tentativo d'abbordaggio da parte della ragazza, ma trattandosi di Charlene la situazione era del tutto inusuale. A voler essere più chiari, lei non era affatto il tipo da proposte indecenti, tutt'altro: diciamo che preferiva farsi rincorrere piuttosto che inseguire.
    Perché quella proposta, allora? Indubbiamente l'aspetto del ragazzo aveva contribuito non poco a risvegliare in lei l'urgenza di un'intimità che non era solita ricercare ma la cui voglia, ecco, minacciava ora di bruciarle ogni angolo di pelle sul suo corpo. Di più, c'era qualcosa in lui che prescindeva la sua prestanza: era negli occhi, occhi che Charlene sapeva di avere già visto perché nient'altro avrebbe altrimenti spiegato quel qualcosa di familiare che aveva riconosciuto in essi dalla prima volta in cui aveva incrociato il suo sguardo.
    Avvicinò le labbra all'orecchio dell'altro, sfiorandolo appena, prima di abbassare la voce abbastanza da farsi sentire da lui e lui soltanto «bisognerebbe arrivare per primi alla passaporta, assicurarsi che nessuno tocchi la statua e... aspettare l'ultimo secondo prima di entrare, così da non poter più essere seguiti.» pratica e concisa, come ogni buona strategia che si rispetti. «easy peasy.» sussurrò, abbassando lo sguardo sulle proprie mani poggiate in grembo. Le sue dita sottili scivolarono fino a toccare la gamba dell'altro, solleticandone il ginocchio con il chiaro intento di provocarlo. Con l'indice e il medio risalì lentamente l'interno coscia, indugiando appena prima del cavallo dei pantaloni per poter incrociare lo sguardo a quello altrui. «allora, vieni?» un sorriso malizioso le si dipinse sulle labbra, un attimo prima di scostare la mano dall'altro ed alzarsi in piedi, in attesa d'essere seguita.
    I don't wanna be nowhere but here,
    I've got a burning desire for you, baby.


    Ho sonno. Non so cosa ho scritto. Addio. :kiss:


    Edited by wait‚ wat? - 5/10/2018, 22:42
     
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  2. big eyes‚
         
     
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    bring me heaven
    iden victor
    Onestamente?, non aveva la più pallida idea di quello che stava andando a fare.
    Cioè, , ce l'aveva – ma ecco, sarebbe stato inutile fingere di non sentire il nodo alla gola, o di avere i piedi pesanti come macigni di fronte a quella ragazza; quasi soffrisse l'idea di doversi muovere. Eppure. Ancora più inutile sarebbe stato fingere come una parte di sé avesse premeditato questo momento, come tutto il suo essere ora desiderasse protendersi verso quel frutto sconosciuto e seducente – sperando di addentarne un morso, sentirne il sapore scivolare lungo la gola e placare gli appetiti adolescenziali. Del resto, di cos'altro si era trattato? Cos'altro era sempre stato per lui?, ai concetti di amore e fedeltà non era mai stato troppo avvezzo – il solo episodio di heather ne era un chiarissimo esempio, che ne sapeva lui del lato più tenero quando la sua unica “cotta” sembrava essersi basata su un'irraggiungibile bellezza?
    Ma dei piaceri fisici, iden, ne aveva decisamente una meno pallida idea: per non dire una vaga dipendenza – come un qualunque adolescente, per di più cresciuto come lui in una strada che non lesinava commenti sessuali, già da diverso tempo aveva iniziato ad esplorare quelle pulsioni. A volte per caso gli era successo, nell'osservare senza interesse una mano appoggiarsi strategicamente sopra una coscia o poco sopra un fianco; poi erano seguite le scene di sesso, più o meno spinte, alla televisione – le imbarazzanti reazioni del corpo quando una scena fin troppo realistica appariva sullo schermo della loro televisione durante un qualunque programma, o una qualunque occasione.
    A ciò seguivano poi quei pomeriggi solitari dove la curiosità premeva come la carne contro la stoffa, ed era lui stesso a ricercare quelle scene, a riempirsi gli occhi di quelle immagini con una voglia quasi maniacale, ingorda. Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, aveva fatto di quella sottile voglia un bisogno dipendente, acuito solo dal fatto che gli sarebbero servite più occasioni di quanto il vivere con quattro donne o ad hogwarts potessero offrirgli.
    Adesso, quindi, non si sentiva impreparato, con quel preservativo nella tasca della giacca conservato come un segreto, un silenzioso bruciore all'altezza del petto mentre ammetteva a se stesso di aver premeditato quel momento – non ne aveva fatto parola con nessuno, così come non aveva mai in effetti parlato dell'argomento in termini personali; un conto era fare battute, alludere e quant'altro... ma da lì, a parlare del proprio rapporto con la sessualità con qualcuno, era davvero qualcosa di ineccepibile per lui.
    Ed ora, di fronte a quella ragazza, si sentiva decisamente scoperto, vergineo, mentre gli occhi di lei sembravano porte verso chissà quali piaceri: «ah, e per inciso, se anche fossi minorenne – e non sto dicendo che io lo sia – non sarebbero certo delle stupide restrizioni sull'età a farmi desistere dal fare qualcosa» ecco, più esplicito di così?, onestamente iden non pensava che, trovatosi in una situazione simile, avrebbe provato tali morsi alla bocca dello stomaco, come se questo avesse deciso di fagocitarsi all'improvviso, piuttosto che finire anch'esso intrappolato dalla spirale di quello sguardo caldo. Cercò di mantenersi, alzando un angolo delle labbra mentre disinteressato all'apparenza seguiva lo scorrere della lingua lungo il bordo del bicchiere «ehi, potrebbe quasi sembrare che tu sia in cerca di guai, stanotte» mormorato, mentre afferrando il bicchiere se lo portava alle labbra, mandandone giù senza attendere il contenuto in pochi sorsi – l'amaro andò a graffiare la gola, lì dove un lieve senso di rinfrescante andava a schiantarsi contro il palato, ad ingoiare la lingua e infine a riversarsi nel fegato. E dopo l'amaro, il bruciore, appena visibile dagli occhi ora di pochissimo più lucidi.
    «per esempio» non sbagliava, quella ragazzina voleva davvero mettersi nei guai «vedi la statua là in fondo? Quella col vassoio di limoni in meno non farti domande» seguì il movimento del mento, catturato dal modo in cui la pelle brillava appena sotto le sfavillanti luci del locale, e osservò la statua, senza notare nulla di particolare «ho sentito dire che è una passaporta per un privé e che si aprirà fra... otto minuti, al massimo» quel sorriso di genuino ai suoi occhi aveva ben poco, ma ebbe il potere di far nascere una serie di lunghi brividi sulla schiena del ragazzo, che senza nemmeno accorgersene si curvò verso di lei, curioso di saperne di più così come si sentiva sempre più bramoso di averne di più – «e?, sono abbastanza sicuro che tu non me lo stia dicendo per fare due chiacchiere» «è quasi sicuramente roba esclusiva per qualche raccomandato qui interno, gente che di sicuro non saprebbe sfruttare a pieno l'opportunità.»
    Toccò a lui indietreggiare, ma per pura comodità – neanche si era accorto di essersi sporto tanto verso le labbra che morbide sussurravano di chissà quali segreti; e con un braccio appoggiato al bancone la osservò, sinceramente incuriosito. Sarebbe stato sciocco fingere che non fosse interessato all'idea, così come di non esserlo di lei – e se anche così fosse stato, quella ragazza aveva un ché di stregato, che non gli permetteva per davvero di allontanare lo sguardo, anche quando provava a dare una tregua al proprio sguardo... questione di tempo, attimi per lo più, e tornava nuovamente a cibarsi della sua sensualità, svelando negli occhi il desiderio più carnale che dalle sue viscere ora rendeva il corpo reattivo e caldo. L'adrenalina saliva mista all'eccitazione più veloce che mai, e anche il solo vederla sporgersi verso di lui creava in iden un miscuglio di sensazioni e pensieri che andavano gridando pochi, essenziali e primitivi bisogni.
    Perché in fondo era quello – un bisogno, e alquanto animale. Che poi quella ragazza, quel locale, quell'evento riuscissero in qualche a rendere il tutto più lascivo e lento, era un altro conto – più lei gli scivolava nelle orecchie con tono mellifluo, più iden desiderava scivolare fra le sue cosce nude come il più barbaro degli uomini, e il più delicato degli amanti.
    Non rispose, come a lasciarle l'occasione di continuare, di provare a convincerlo, sedurlo, sfruttando delle tecniche di cui pareva ormai più che esperta «ma io conosco qualcuno che potrebbe usarlo meglio. e tu, chérie» e per un breve, intenso istante, quella semplice parola seppe riportargli alla memoria quanto di più tenacemente aveva cercato di sopprimere per quasi tutta l'estate – sopprimendo con forza il ricordo di quelle giornate e la confusione che alcuni gesti avevano creato in lui. Ma sapeva come ignorarlo, come aveva fatto per tutto il tempo; era un semplice caso, dovuto essenzialmente al fatto che alle ragazze piaceva da morire utilizzare termini francesi per atteggiarsi /vedi le torinesi/... ma solo perché non avevano a che fare con veri francesi ogni giorno. Beate loro, «secondo me potresti essere un partner in crime potenzialmente valido» che dire, forse penzolare dalle sue labbra era esagerato, ma non sarebbe riuscito a staccarle gli occhi da dosso pur desiderandolo ardentemente – a modo proprio, era suo, mente e corpo, seguiva il muoversi di quelle labbra così come poteva seguire il movimento sinuoso di un serpente fra le fronde.
    Eppure all'esterno, impercettibili erano gli effetti della sottile dipendenza che iniziava a creare in lui; sorrise, incapace di stare comodo ora su quello sgabello, mentre fingeva di guardare oltre di lei come a voler seguire chissà quale pensiero – una mano a coprire a pugno la bocca come se sperasse di poter trattenere così quel sorriso, divertito «è una proposta senza ombra di dubbio sfacciata, da parte di una ragazzina» che volesse fare, all'improvviso, il responsabile? no, suvvia, si parlava sempre di iden kaufman, instabile corvonero che alle conseguenze non aveva mai pensato... E quindi allargò il sorriso, quasi sornione, giocando con la sua stessa voglia, e con quella che certamente non mancava nella giovane seduta di fronte a lui.
    Doveva immaginare che la sfacciataggine di quella giovane fosse solo agli inizi, perché non mollò l'osso e non si fermò, tornando a lambire con labbra e parole dolci come il miele il suo orecchio – sussurrandovi cose che nessun altro avrebbe potuto udire; era solo loro quella conversazione, solo per lui quel tono lascivo, lento come i movimenti sinuosi di una serpe. Inconsciamente – mentalmente non avrebbe mai pensato di poter fare una cosa simile, fu l'impulso del corpo – si trovò con le dita di una mano a giocare con le punte dei suoi capelli, il braccio appoggiato sul bancone verso di lei, il polso abbandonato in giù a pochi centimetri, soffi, dalla schiena che il vestito lasciava in parte scoperta. I ricci si intrecciarono fra i polpastrelli lisci e caldi, che di tanto in tanto, nel giocarvi, andavano a sfiorare la pelle nuda e fresca, delicata come lo stelo di un fiore. Si chiedeva, ingenuamente, se potesse -a quel punto- fare di più, se si potesse azzardare a dare una forma a quelle voglie che crescevano di attimo in attimo, portando il corpo a scaldarsi in precisi punti «bisognerebbe arrivare per primi alla passaporta, assicurarsi che nessuno tocchi la statua e... aspettare l'ultimo secondo prima di entrare, così da non poter più essere seguiti. easy peasy» continuava a sussurrargli nell'orecchio con quella malizia tipicamente femminile, e lui a farsi inghiottire da quegli occhi caldi – fino a quando non sentì la leggera presenza sulla coscia, quelle dita che sottili scivolavano lente dal ginocchio e sempre più su, provocandogli brividi lungo tutto il corpo. E capì, capì in quell'istante quanto un conto fosse vederlo, e un conto fosse viverlo: tutta quella pressione erotica, quei brividi all'apparenza incontrollabili che lo portarono a stringere di colpo le dita sul collo della giovane, sotto la nuca, i capelli catturati nella morsa che, seppur improvvisa e spinta da un moto violento, aveva del delicato e dell'inaspettato persino per il fautore – i cui occhi, ormai ridotti ad uno specchio di libidinosa attesa, sembravano reclamarne solo di più. Lentamente allentò la presa tanto da lasciare che i ricci della ragazza tornassero a scivolare lungo la schiena delicati e liberi.
    «allora, vieni?»
    Ringraziò il cielo che la giovane si fosse fermata, tutta quella carica erotica aveva senza dubbio avuto i suoi effetti più fisici, e per quanto si sforzasse di non darlo a vedere, un tocco curioso al cavallo del pantalone avrebbe rivelato come -alla fine- fosse tutto quel gioco di tocchi e sguardi a renderlo suo schiavo. Ora, l'avrebbe seguita ovunque. Rapido, appena lei si alzò, afferrò la sua mano incriminata e se la avvicinò al viso, fissando al contempo la giovane negli occhi con un interesse quasi animale, violento – inspirò il suo profumo, quello della pelle pallida «non mi dici neanche un nome?» asserì fingendo un tono offeso e risentito, mentre veloci le dita si intrecciavano a quelle di lei, per poi riabbassare il braccio. I suoi piedi si mossero in automatico seguendo quelli di lei, verso la statua ghiacciata – e lì di fronte vi si fermarono, come nei più blandi degli appostamenti. Guardò verso il grande orologio che sormontava quell'ala del locale, quando un uomo gli si mise davanti, evidentemente interessato non al buffet o ai due ragazzini – del resto, aveva un'aria abbastanza composta, se solo non fosse stato per le due ballerine a cui cingeva per lato i fianchi; e in effetti, fece subito il tentativo di superarli, ma per primo iden gli si frappose, portando le mani avanti con fare cordiale «mi dispiace, ma questo servizio è stato... posticipato di qualche minuto» l'uomo, palesemente perplesso e sospettoso, fissò lui e la ragazzina al suo fianco con sguardo indagatore «e voi chi sareste?» «lavoriamo per la proprietaria, mrs svetlana, la quale si scusa profondamente per il disagio...» non poteva essere diversamente, dubitava che la svetlana non fosse a conoscenza di una passaporta nel suo locale; allargò quindi il sorriso, cavalcando quella parlantina spiccata ed essenzialmente da paraculo che aveva sempre utilizzato per uscire dai guai «ma del resto, non è l'attesa del piacere essa stessa il piacere? immagino che posticiparla di qualche minuto non farà che renderla più... intensa. godetevi lo spettacolo, la notte è giovane» l'uomo non parve troppo convinto, ma le due giovani si lasciarono persuadere dal sorriso sincero del ragazzo e insistettero con l'uomo per approfittarne di un altro giro che, del resto, sicuramente avrebbe offerto lui.
    Si allontanarono così, e iden sentì di poter tirare un sospiro di sollievo – tornò con lo sguardo all'orologio, stringendo gli occhi per leggerne l'ora il più chiaramente possibile così da non confondere i minuti, «ci siamo quasi ormai» e cingendo con un braccio i fianchi della giovane, allungò l'altra mano verso il ghiaccio, cercando di non dare troppo nell'ochio. Il gelo mantenuto dalla magia gli graffiò i polpastrelli, ma mai intenso come la sensazione delle sue dita che accarezzavano la pelle di lei con distrazione. La guardò e allargò il sorriso, «paura?»

     
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    charlene
    Sfacciata? Senza ombra di dubbio sì, lo era. Non si trattava della semplice spavalderia di chi cerca di nascondere una più remota insicurezza, ma la concreta consapevolezza di un ragazzo che, ormai sempre più vicino all'età adulta, non aveva paura della propria sessualità né di mettere in campo la propria fisicità. A metterlo in difficoltà sarebbero state le domande sulla sua famiglia londinese, sulla sua vita a Le Havre o su come avesse affrontato l'abbandono di suo padre e la 'malattia' di sua madre, ma finché si trattava di usare il corpo... beh, quello non era mai stato un problema per lui. Considerava quell'aspetto femminile una parte di sé a pieno diritto. Sorrise alle attenzioni del giovane, sorrise perché sapeva già di averlo in pugno: riusciva a vedere il desiderio nei suoi occhi, nel calore della sua pelle oltre il tessuto dei jeans, nel modo in cui le aveva preso la mano e se l'era avvicinata al viso, come avesse improvvisamente sentito l'urgenza di sentirla con ogni fibra del suo essere. Era sempre così, era un gioco che non poteva fare a meno di vincere, per cui andava matto ma che, in fin dei conti, non gli lasciava poi niente. Non era ancora neppure maggiorenne, eppure già da tempo si chiedeva se forse in lui non ci fosse qualcosa di rotto, qualcosa che gli impediva di interessarsi a qualcuno abbastanza da potervisi legare per più di qualche rapporto occasionale. Eppure il suo errore stava proprio lì, ad un palmo dal suo stesso naso, ed era quello di credere d'aver necessariamente bisogno di possedere qualcosa per esserne pienamente appagato. Ciò che ancora non sapeva, ma che col tempo non avrebbe fatto che rendersi più evidente, era che la vera fonte di soddisfazione sarebbe stata per lui il trovare qualcuno che gli tenesse testa, che non assecondasse ogni suo capriccio e che gli facesse provare, per una volta, il brivido della conquista, quel desiderio talmente intenso da tenerlo sveglio la notte e tormentarlo di giorno, il terrore d'essere travolto da una sensazione tanto violenta e, al contempo, l'impossibilità di poterne fare a meno. Per il momento, tuttavia, non gli restava che accontentarsi.
    «un nome è una cosa importante.» asserì dunque con tono mellifluo, stringendo le proprie dita tra quelle altrui. «dovrai meritartelo.» e, assieme ad un malizioso occhiolino, si liberò così del tedioso rischio di rendere la propria identità facilmente rivelabile. Certamente avrebbe potuto impegnarsi a scegliere un nome meno riconducibile al proprio, ma così sarebbe stato come mettere un chiaro distacco fra Charles e Charlene, distacco che lui non sentiva e non aveva intenzione di creare. In conclusione, senza aggiungere altro, si fece spazio assieme al proprio accompagnatore verso l'ormai nota Passaporta, in attesa che arrivasse il momento giusto per attraversarla. Nondimeno, non dovettero attendere molto prima di scorgere il legittimo destinatario dell'intimo privé, già pronto a fermare chiunque avesse intenzione -come loro- di frapporsi fra sé e la sua tanto agognata serata 'speciale'. Già pronta a rifilare all'uomo una qualche scusa per allontanarlo, fu preceduta dal suo stesso cavaliere che, senza neppure darle il tempo d'aprir bocca, prese a propinare una serie di cazzate con fare talmente convincente da lasciare persino lei senza parole. Senza bisogno di dire altro, si limitò a sorridere al tizio con fare ammiccante e ad annuire cortesemente, voltandosi poi divertita verso il proprio compagno. «sono colpita.» che non fosse solo un bel faccino? Sarebbe stata certo una novità, ma la sola possibilità che ci fosse un uomo che sapesse il fatto suo dietro quella pelle diafana e quegli occhi -quegli occhi- che continuavano ad incastrarsi nei suoi con tanta prepotenza, bastò ad eccitarla. Abbassò il volto, lasciando che i capelli coprissero il leggero sorriso apparso sulle sue labbra, lasciandosi quindi cingere la vita da quell'ormai allettante sconosciuto. «terrore.» e, con aria fintamente innocente, si strinse più forte a lui, allungando la mano libera verso la statua permea di magia.
    Allo scoccare dell'attesa lancetta, la sensazione tipica di ogni viaggio tramite Passaporta gli attanagliò le viscere, trascinandola in un vortice vertiginoso che, seppur breve, fu sufficiente a farle cedere le gambe una volta ripoggiati i piedi per terra. Urtò con la schiena il petto ampio del suo accompagnatore e, istintivamente, agguantò la sua maglietta con le dita. «pàrdon.» rise, voltandosi verso di lui sino a trovarsi ad un soffio dal suo volto. Alzò lo sguardo sui suoi capelli, ora lievemente scompigliati dal brusco atterraggio, e vi infilò una mano per rimetterli a posto, pur senza evitare di tirarli appena. Si allontanò poi, impedendo all'altro di avvicinarsi qualora intendesse farlo, e vagò con lo sguardo per la stanza. Non era un luogo ampio, né eccessivamente sfarzoso: le quattro mura bordeaux erano interrotte solo da un'ampia vetrata che dava su un finto paesaggio cittadino notturno, e l'unica flebile fonte di luce proveniva da una lampada di carta che conferiva all'ambiente una certa intimità, diversa da quella del locale che avevano appena lasciato, più calorosa. Il matrimoniale che troneggiava al centro della stanza sembrava perfettamente in ordine, avvolto tra lenzuola scure ed invitanti. Si avvicinò ad uno dei comodini e sfiorò la bottiglia di champagne poggiata su di esso assieme ad un paio di calici. «pretenzioso, ma mi piace.» sentenziò, voltandosi verso l'uomo con aria entusiasta. Riempì poi uno dei bicchieri, bevendo un sorso dell'alcolico di lusso. «è tutto nostro per le prossime ore, dobbiamo approfittarne.» poggiò nuovamente il bicchiere sul tavolino e si avvicinò al giovane con passo sinuoso, riducendo nuovamente al minimo la distanza fra i loro volti. «cheers.» mormorò allora, prima di poggiare le labbra su quelle altrui.
    I don't wanna be nowhere but here,
    I've got a burning desire for you, baby.
     
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