The weirdo that talks with reptiles

Gideon and Everett

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    Carrow’s District, un posto che Everett conosceva ormai come le sue tasche ma che mai l’aveva smesso di affascinare, la sua camera era piena di note books scritti e riscritti con ogni Creatura Magica e non che si trovava in quel posto. Ogni qual volta veniva aggiunto un animale lui compilava una scheda inerente e ogni volta che osservava un comportamento curioso o nuovo, soprattutto per quanto riguardava le Creature Magiche, lui aggiornava i suoi appunti. Era più informato di chi lavorava in quel posto, in fondo era quello il suo lavoro.
    Ancora una volta il giovane mago camminava per le vie di quello zoo, un po’ rattristito dal fatto che gli animali erano tenuti in cattività ma allo stesso tempo lui era il primo a controllare che i suoi draghi stessero in uno spazio preciso di terra e lui stesso teneva un paio di amici squamati in delle teche anche se cercava sempre di farli sentire a proprio agio.
    Everett camminava e nel frattempo annotava delle cose sul suo quadernetto, era giunto senza rendersene conto al rettilario dello zoo quando qualcosa attirò la sua attenzione, Everett si girò verso la teca contenente una grossa anaconda e sorrise “Pensavi di esserti liberato di me non è vero?” disse in serpentese ridacchiando un po’. Everett mise il suo quadernetto nella tasca della giacca intento a conversare in serpentese col suo, ormai di vecchia data, amico scagliato, nel mentre che l’oggetto si inseriva nella tasca da essa uscì un suono alquanto particolare, difficile da descrivere a parole, un suono che Everett conosceva bene. “Helios, oddio mi ero dimenticato di te.” il ragazzo tirò fuori dalla tasca un geco blu e arancio che sembrava alquanto infastidito. “Scusami piccolo non volevo” Everett disse con la tipica voce da cerebroleso che hanno le persone davanti a cagnolini e gattini, il geco in tutta risposta cercò di attaccare il dito con cui Everett stava per accarezzarlo, “Dai su non fare l’offeso adesso” il ragazzo rispose accarezzando dolcemente il piccolo animale per calmarlo “Papà non ti farebbe mai del male di proposito” aggiunse continuando a coccolare il geco non curante del fatto che un qualsiasi passante l’avrebbe potuto vedere e molto probabilmente preso per folle.
    JACOB EVERETT THOMPSON
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    Edited by ‡scaled‘wildboar‡ - 6/9/2018, 17:36
     
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    « Non ti allontanare troppo, mh? »
    Ammonì sua sorella con tono perentorio, consapevole del fatto che, comunque fosse andata, lei sarebbe stata più al sicuro in quello zoo piuttosto che in qualsiasi altro posto all’interno delle mura di Hogwarts.
    « CI VEDIAMO DOPO! » La quindicenne, emozionata, scappò per avvicinarsi alla gabbia di un aggressivo nundu, e Gideon preferì distogliere lo sguardo da quella scena. Occhio non vede, cuore non duole wat.
    Poggiato con i gomiti alla ringhiera che separava il parco da una delle gabbie di un qualche vecchio esemplare di demiguise, si ritrovò a pensare al motivo per cui si fosse recato lì a Carrow's District quel pomeriggio di settembre, piuttosto che scegliere di restare in Sala comune a studiare.
    La scuola era iniziata da appena due settimane e Hazel, sua sorella, aveva rischiato la Sala torture almeno due volte. Per questo lui aveva cercato di evadere portandosela dietro, nella speranza che il direttore dello zoo valutasse l’idea di tenersela. Avrebbe preferito farle visita in quel posto, vederla dentro una gabbia insieme a qualche snaso suo simile, piuttosto che doverle portare dei fiori su una lapide di pietra. Riguardo alla sua istruzione, poi, non se ne preoccupava. Se si fosse comportata bene le avrebbe anche concesso di avere una scopa nuova per fare qualche giro dentro la gabbia.
    Il fatto era che Hogwarts si era rivelato un luogo inospitale, più di quello che lui aveva avuto l’ardire di pensare e da qualche giorno a quella parte faticava a ritrovare il sorriso. Sembrava averlo lasciato a casa sua a Londra, a quell’ultima sera tutti insieme.

    [...]


    L’ultima cena a casa sua si era svolta in maniera bizzarra, ma non più di quanto accadeva di solito: seduto a tavola, davanti ad un piatto con sopra una trota intera, aveva continuato a fissare quel pesce e, inorridito, si era soffermato sui suoi occhi bianchi e cotti dal calore. Per la prima volta in vita sua si era ritrovato a pensare a come fosse anche solo lontanamente pensabile di mangiare degli esseri con occhi, bocca e altro.
    « Gid, amore, c'è qualche problema? » Aveva domandato sua madre, come se dentro quella stanza quello strano fosse lui.
    Hazel, in risposta, gli aveva tirato un calcio nello stinco da sotto il tavolo.
    « Triste pensare che stamattina nuotava nel fiume, eh? »
    Aveva capito tutto, sua sorella, e non perchè fosse particolarmente intelligente - magari lo era, eh, ma Gideon non ne era tanto sicuro - quanto perchè lo conosceva davvero bene.
    « Nel mare. Questa è una trota di mare, non vedi la colorazione del- non ce la faccio. » Portò una mano sugli occhi ed allontanò il piatto da sé, ad un passo dal pianto.
    « No, è troppo cotta, non la vedo. » La ragazza infilzò il pesce con la forchetta e lo portò nel proprio piatto.

    [...]


    Sorrise per la prima volta dopo tanti giorni, ma solo per nostalgia.
    Picchiettò con le dita sulla ringhiera, cercando con lo sguardo il demiguise che sembrava essersi volatilizzato. Era letteralmente sparito. E se non avesse saputo che quella era una sua caratteristica, forse avrebbe anche provato una certa inquietudine, un po’ come quando tieni sott’occhio un ragno e dopo un attimo di disattenzione lo perdi di vista e sai che potrebbe essere ovunque - un po’ come quando perdeva di vista Hazel, anche.

    [...]


    Ma l’inizio dell’anno scolastico non era stato del tutto deludente, in fondo. In quelle due settimane ad Hogwarts aveva vissuto anche delle giornate positive. Gran parte dei pomeriggi li aveva passati con Hunter Oakes, con il quale condivideva anche la Casa, immersi nei loro immancabili libri in biblioteca.
    Hunter era acuto, brillante, diverso dagli altri, e Gideon era stato felice di scoprire come certe persone potessero contenere un universo dentro di loro ma apparire comunque agli occhi altrui dei semplici ragazzi.
    La biblioteca era il loro posto. Non c’era da meravigliarsene, era il luogo che entrambi preferivano ed in un certo senso il posto in cui si erano conosciuti, quello con più silenzio e nel quale potevano anche scambiare qualche parola - sempre che non vi fosse Halley nei dintorni. Quando lei era presente non poteva che rendere la giornata indimenticabile: ogni istante passato con Halley Oakes si rivelava speciale ed unico, era impossibile sapere con certezza se saresti arrivato incolume a fine giornata, o se, con più probabilità, quelli sarebbero stati i tuoi ultimi momenti di vita. Era per questo che erano speciali e che gli facevano venire il desiderio di goderseli fino alla fine.
    Halley, come sua sorella, aveva distrutto lo stereotipo femminile a cui Gideon era stato abituato in America. Sapeva porre la dolcezza in tutto ciò che stravolgeva, con un’energia tale che il moro avrebbe voluto rubarne un po’. Sebbene conoscesse i due fratelli solo da poco tempo, se ne stava affezionando.

    [...]


    Non era raro che si perdesse in qualche pensiero che riguardava le sue amicizie. Amava stare da solo, ma quando lo era non faceva altro che pensare che, invece, avrebbe voluto trovarsi in compagnia di qualcuno di importante.
    Vari sibili ben distinti attirarono la sua attenzione e si voltò verso la struttura poco distante da cui si trovava lui, il rettilario. « NO, magnifico. » Si avvicinò, con nemmeno troppo riguardo alla struttura, per scorgerne all’interno un ragazzo che sembrava immerso in una conversazione con un serpente. Incredibile, incredibile! Se non fosse che non capiva un accidente, sarebbe potuto sembrare un maleducato, lì impalato ad ad origliare.
    Quando quello tacque, lui non ce la fece, e ruppe il silenzio.
    « Parlavi serpentese? Lo trovo affascinante. »
    Ammise, senza pensare che, forse, lo stava disturbando.
    « Ma scusa, non volevo interrompere la vostra conversazione. »
    Trovava il serpentese affascinante sotto tanti punti di vista, rappresentava uno stretto collegamento tra il mondo animale e quello un po’ meno animale che era l’essere umano. Notò anche il piccolo essere che aveva sulla mano, uno strano geco dai colori blu ed arancio.
    Si domandò se parlasse anche con i gechi. Poteva sembrare una domanda stupida, ma non era davvero informato sul serpentese e su altre possibili lingue animali, per cui voleva saperne di più.

    Gideon McPherson | 16 y.o. [sheet]
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    “Parlavi in seprentese? Lo trovo affascinante" Everett sobbalzò leggermente quando sentì la voce di un ragazzo provenire da non tanto lontano da lui, il riccio alzò lo sguardo e squadrò leggermente il ragazzino davanti a lui. ‘Uno studente’ pensò e sorrise dolcemente ricordandosi i suoi giorni passati a studiare proprio in quella stradina lontano da compagni rumorosi, Sale di Tortura e il costante e distraente profumo di biscotti proveniente dalla cucina. “Ma scusa, non volevo interrompere la vostra conversazione” aggiunse il ragazzo. Everett ridacchiò dolcemente e scosse la testa. “Non hai interrotto niente.” rispose “Ci ha già pensato Helios” aggiunse muovendo leggermente la mano con il geco verso il ragazzo “Comunque sì parlavo in serpentese.” ammise sorridendo ancora “La gente di solito mi prende per pazzo” aggiunse facendo spallucce. Everett andò a sedersi sulla ringhiera di fronte alla teca contenente l’anaconda con cui stava parlando prima. “È qui da un sacco di anni” disse indicando il serpente “lo conobbi a tredici anni quindi dieci anni fa ormai… era nato da poco, ovviamente in cattività. Penso sia uno dei serpenti con cui abbia mai parlato che conosco da più tempo, dopo Theia, il mio pitone.” Everett guardò il ragazzo e si grattò la nuca con la mano libera. ‘Perché sto facendo così? Penserà che sono pazzo adesso’ pensò il riccio. “Mi chiamo Everett comunque. Immagino tu sia uno studente di Hogwarts, vieni spesso qui?” gli chiese in tono gentile non curante del fatto che Helios si stesse arrampicando sul suo braccio per acciambellarsi infine sulla sua spalla.
    Un sorriso amorevole, come se quel moro non fosse altro che una visione di Everett anni prima, la curiosità negli occhi del ragazzino era ben visibile la stessa curiosità che l’aveva sempre accompagnato e che lo accompagnava ancora adesso; in fondo non capita tutti i giorni di vedere una persona parlare ad un serpente in una lingua sconosciuta. Everett spostò lo sguardo verso il serpente di nuovo e sospirò “Mi sono sempre chiesto cosa sentano le persone che non capiscono il serpentese, da piccolo ero convinto che fosse così normale parlare coi serpenti, onestamente pensavo che i serpenti parlassero inglese come me e gli altri animali altre lingue perché non mi rispondevano mai, solo dopo aver iniziato gli studi ho compreso che ero io a parlare una lingua diversa.” un ultimo sospiro uscì dalla bocca del giovane “Scusami parlo troppo” concluse scuotendo la testa leggermente quasi ad ammonire se stesso.
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    Riportò lo sguardo sul ragazzo e poi sul geco che gli stava sulla mano, di un pallido color cielo a pois arancio pastello. Era stupendo. Certo, quei colori potevano fargli pensare che fosse velenoso, ma se fosse stato così, il moro glielo avrebbe detto, vero? Allungò la mano con il palmo aperto verso l’alto, nella speranza che il geco camminasse sulla sua mano. Aveva pupille simili a due squarci, come ferite mai chiuse ed occhi color ambra intensi. « Helios ». Ripetè, mentre le zampette anteriori dell’animale gli grattavano il palmo, dandogli i brividi. Erano fredde e curiose, ma non eccessivamente, tanto che rimase ancora con gran parte del corpo sulla mano del padrone, forse per paura.
    « Vogliamo parlare del fatto che ha gli stessi colori della Casa in cui sono stato smistato? » Sorrise. Be, quasi. I colori di Corvonero, ovviamente, anche se un po' sbiaditi. A quelle stesse parole gli si contorse lo stomaco, aveva aspettato con ansia il giorno dello smistamento, come se avesse nuovamente undici anni, ed era proprio come i bambini del primo anno che aveva atteso, avendo cambiato scuola. Passò un dito sulla pelle ruvida del geco. Non ne avevo mai visti di così colorati, sembra esotico. Lo ammirò da vicino, certo non era poi così carino vedendolo bene. Sembrava un vecchio rugoso, rugoso ma amabile. Riportò l'attenzione sul ragazzo, poco più basso di lui. « E’ la prima volta che conosco un rettilofono, posso dirti che...è strano. E’ un sibilare incomprensibile, ma sarei ben disposto ad imparare la lingua se si potesse fare. »
    Pensò che conversare con un rettile non fosse molto diverso che fare una chiacchierata con sua sorella, con l’unica differenza che, con ogni probabilità, il rettile avrebbe avuto persino qualcosa da raccontare. Non riusciva ad immaginare, però, quali potessero essere le esperienze di vita di un serpente cresciuto in cattività, gli venne da pensare che riguardassero soprattutto gli altri, coloro che passavano davanti alla sua teca per fargli visita, che si fermavano ad osservarlo come fosse un’opera d’arte, più che un essere vivente. Un quadro dimenticato lì. Ed era attraverso le vite degli altri che sopravviveva, esistendo senza avere una vita propria, era...triste. Corrugò la fronte a quel pensiero, poggiando una mano sulla teca trasparente dietro la quale si trovava il rettile.
    « E lui cosa ne pensa di questo posto? » Indicò il serpente chiuso nella teca. « Vorrebbe vivere da un’altra parte? » La domanda non era del tutto stupida come poteva sembrare d’impatto: essendo nato e cresciuto in una gabbia, era probabile che considerasse quella come casa propria, magari ne era anche affezionato e non l’avrebbe cambiata con qualcosa di sconosciuto, anche se quel qualcosa era il suo habitat naturale.
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    Edited by s t i t c h e s - 29/9/2018, 20:20
     
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    ‘Un Corvonero, eh? Interessante, si spiegano un bel po’ di cose.’ pensò Everett, curiosi come pochi i Corvi, ogni tanto il riccio si chiedeva come mai non fosse finito in quella casa, si sentiva molto affine a quella casa certe volte ma non poteva negare che alla fine usciva sempre fuori il Tasso che era in lui. “E lui cosa ne pensa di questo posto? Vorrebbe vivere da un’altra parte?” Everett guardò l’anaconda che se ne stava tranquilla a riposarsi. “Se vuoi glielo chiedo” sorrise e dopo che il ragazzo gli annuì guardò di nuovo il serpente “Vuole sapere come ti trovi qui e se vorresti essere da qualche altra parte.” disse in serpentese arrossendo leggermente, quella era la prima volta che qualcuno al di fuori della sua famiglia lo sentiva parlare in serpentese. Guardò il ragazzo per qualche secondo aspettandosi uno sguardo spaventato o una risata, una risata gli rimbombò nelle orecchie non perché il ragazzo stesse ridendo, era una risata lontana, un ricordo “Sei patetico.” Cooper aveva un ghigno stampato sul volto come se fosse stato contento nel vedere il fratello farsi in quattro per convincerlo che sapeva veramente parlare coi serpenti “Fai solo dei sibili a caso anche io so fare così” ripeteva poi imitando malamente i sibili sentiti da Everett ma il serpente a lui non rispondeva e Everett lo faceva notare a Cooper come spiegava pure che i serpenti sapevano parlare inglese, o almeno così credeva Everett. Il flashback mentale di Everett finì nel momento in cui l’anaconda alzando la testa e guardando i ragazzi sibiliò qualcosa, il riccio ridacchiò “Hai ragione” rispose al serpente prima di girarsi verso lo studente. “Gli ho detto cosa volevi sapere e lui mi ha detto che potevo anche non chiederlo perché lo so già. Diciamo che l’ho fatto perché non ho mai veramente parlato con un serpente davanti a qualcuno che non fosse un mio parente… Almeno non che io sappia.” il ragazzo ridacchiò nervoso “Comunque lui non conosce nessun altro poso oltre a questo, sta bene anche se gli da fastidio quando la gente picchietta sul vetro mentre dorme. Una volta però, prima che partissi, voleva che lo portassi con me, ha avuto modo di conoscere Theia quando era piccola e potevo nasconderla sotto il giaccone e sa che la lascio spesso libera e che la tratto molto bene voleva avere anche lui qualcuno con cui parlare perché qui si annoia spesso.” concluse Everett pensando che dopo quella l giovane avrebbe reagito come suo fratello e tenendosi pronto alla solita presa in giro.
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    corsivo+colore diverso: cose dette dall'altra persona
    grassetto+colore diverso: dialoghi nei flashback
     
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