it's just another graceless night

aperta a tutti!

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    fionn buchanan gallagher
    1886, dubliner
    In his blue gardens men and girls came and went like moths among the whisperings and the champagne and the stars
    Buchanan Gallagher – Buck per gli amici d’infanzia, Fionn per le vecchie megere che prendevano tè e tortini al limone nella sua dimora i primi giorni di maggio, sempre tra il cinque e l’otto, sempre alle quattro e venticinque, sempre con le labbra rugose strette severamente mentre consideravano lo stile di vita poco ortodosso del nipote – era stato molte cose nella sua vita. Nell’età fanciullesca era stato il prodotto di un matrimonio forzato e privo di qualsivoglia forma d’affetto reciproco, un altoborghese dalle scarpette verniciate, nonché un irlandese. Da adolescente era stato uno scolaro eccellente, un figlio obbediente e, ancora, un irlandese. Al suo venticinquesimo anno di vita era divenuto un ricco magnate e un buon acquisto; Madeleine, con le ciocche ondulate e gli occhi di un verde non proprio smeraldo, non esattamente lapis, né tantomeno giada, era la moglie riservata e scostante che mai avrebbe voluto. Madeleine parlava in un inglese rotto e non dava segno di voler imparare più dello stretto necessario, preferendo la sua lingua madre per quei momenti in cui, accecati dalla rabbia, si scambiavano parole d’odio senza capirsi davvero. Allo scattare della mezzanotte del luglio 1913, Buchanan aveva trangugiato l’ultimo bicchiere di bourbon prima di prender posto nella sua Bugatti e scappare una volta per tutte da sguardi freddi e un grembo caldo. Lontano dai confini della sua patria era divenuto un cosmopolita inglese con una copia sgualcita di Dubliners tra le mani curate e gli occhi gentili di chi, quel mondo strano e malato, lo amava genuinamente. Non a caso il Gallagher era un uomo del ventesimo secolo: necessitava di nuove esperienze tanto quanto il cittadino medio bramava un pezzo di pane, e gli usi e i costumi della società altolocata non riuscivano più a riempire i suoi lunghi pomeriggi estivi.
    La piccola cittadina di Bodie, California, si era allora presentata alla sua porta sotto forma di vecchi proprietari terrieri sul punto del declino: tutta la fortuna su cui avevano puntato, gli avevano detto, era ormai solo un ricordo sbiadito. Ora, Buchanan era un uomo d’affari – riconosceva una situazione irrecuperabile quando ne vedeva una. Ma era il grazioso suono che produceva il nome del posto a mantenere l’interesse vivo, la promessa di nuove facce e nuove mani e nuove spalle; di stoffe povere e ingiallite dalle macchie piuttosto che di chiffon lavanda; di accenti ruvidi e sgraziati a contrastare quelli più tenui delle donne di Chicago.
    Prima ancora che qualcuno potesse veramente rendersene conto, tra le distese d’erba incolta che separava il centro urbano dai campi di barbabietole, il cielo pareva aver partorito una reggia dalla struttura neo-barocca – che forse c’era sempre stata, forse no – il cui proprietario abitava in silenzio, osservando da imponenti finestre i volti accartocciati e arrossati dei suoi concittadini, che raramente ricambiavano le occhiate con una punta di confusione. Certo, questo finché la vita da prateria non era divenuta nauseabonda per il Gallagher, che dopo circa due settimane e mezzo conosceva ormai a memoria le stradine che componevano il paesaggio civilizzato di Bodie pur senza averle visitate.
    Fu in quel momento, dunque, che capì che fosse giunto il momento di dar via alle presentazioni ufficiali.


    «Ragazzino – RAGAZZINO» un sorriso nervoso in direzione del pelatino apparentemente impassibile, poi le iridi chiare si soffermarono brevemente su tutti i presenti; il russo aveva ancora il fantasma di una risata stampato sul viso, le palpebre a sbattere confuse come se fosse appena stato beccato con il dito nel barattolo della marmellata piuttosto che a gioire alla vista dell’aggeggio infernale racchiuso tra le dita dello Shaw Jr. Passò una mano tra i capelli biondi, poi usò la stessa per fare un gesto vago in aria. Apprezzava lo spirito ambizioso dei ragazzi, indubbio, ma ci teneva troppo al tappeto persiano del salotto per lasciare che si staccassero la testa a vicenda e producessero quantitativi di sangue smisurati. «Magari – magari potreste partire con qualcosa di più leggero,» e fece schioccare le labbra, evitando accuratamente l’espressione del maggiordomo al suo fianco e cercando di non fare troppo caso al tremolio delle sue mani agguantate. L’avrebbe licenziato al più presto. A malapena fece caso all’inserviente che, svelta, si faceva spazio tra la mobilia per raggiungerlo; tese distratto l’orecchio quando questa si abbassò per sussurrare, troppo occupato a guardare mentre Kentucky Jagger quasi non faceva affondare lo stivale di bassa manifattura nella cristalliera per prestare veramente attenzione a ciò che stesse dicendo. «Digli che sono occupato, di grazia –» ma ci aveva già provato, e non aveva funzionato. «E le minacce?» Neppure quelle. Aprì la bocca per controbattere che chiaramente non ci avevano provato abbastanza, ma tanto valeva intrattenere il nuovo ospite; congiunse le mani, esclamando un «torno subito» che fece rizzare i peli dell’uomo alla sua destra, e infine abbandonò la stanza con passo felpato per raggiungere le porte chiuse che lo separavano dal curioso visitatore. Wood Kingsley teneva le braccia incrociate al petto mentre lo sguardo vagava sulla flora che rendeva l’entrata quasi labirintica; deluso, si rese conto che gli occhi del sempliciotto non brillavano di pura ammirazione – piuttosto facevano trasparire una sorta di calma placida, solo in parte nascosta da un sottile velo di malinconia. «Posso fare qualcosa per te…» e fu solo quando questi decise di dargli la sua piena attenzione che si rese conto del colore dei suoi occhi: non lapis, non smeraldo, non giada. «…old sport?»
    Il ragazzo sembrò considerare la domanda per qualche momento, in silenzio; poi dalla tasca dei pantaloni infangati tirò fuori un biglietto stropicciato. Crema, ad inchiostro dorato. «Gallagher?» Annuì piano, le iridi a guizzare dal cartoncino con l’invito, alla forma tremendamente familiare del viso. «In persona.» «Lei è…» ma di nuovo il Kingsley si perse nei suoi stessi pensieri; scrollò le spalle, nervoso, poi aggiunse: «mi ha accidentalmente mandato l’invito a una festa, temo?»
    Buchanan scosse la testa, allora, poi gli sorrise. Accanto al contadino vi era una scatola rosa confetto; il fiocco in seta che precedentemente l’aveva tenuta chiusa a pacco era stato ricostruito alla bell’è meglio. «Immagino che l’abito non sia di tuo gradimento.» Ne aveva mandato uno ad ogni invitato, insieme al bouquet di rose rubino e il biglietto ufficiale, dove erano state elencate le direttive: la festa inizia alle 20:00, non presentarsi prima delle 21:33, non menzionare per alcun motivo il 1860 in presenza del cane in giardino. «Non, uh, – grattò la testa, gli occhi chiarissimi a scrutare nuovamente i suoi dintorni – capisco?» Ma chiaramente il Gallagher non lo stava più ascoltando. Con la testa inclinata verso destra e la fronte appena aggrottata, lo studiò per qualche attimo ancora: «ci conosciamo?»


    Il chiacchiericcio incessante sembrava provenire da ogni lato della città, in ogni suo vicolo più remoto. Per una sera l’oscurità che avvolgeva le notti della California rurale s’era fatta da parte, lasciando spazio a quel bagliore quasi naturale che emanava la dimora quand’era pregna di vita, amata. Le possenti colonne erano state decorate con peonie e gelsomini, e i folti cespugli che circondavano il patio erano stati trattati quasi maniacalmente, modellati da mani precise fino a trasformarli in opere d’arte. Al suo interno, Villa Gallagher era diventata muri affrescati e lampadari sontuosi: della pavimentazione non vi era più traccia, tra vetri frantumati e tacchi di vario tipo a ricoprirne totalmente la superficie. Ognuno aveva il diritto d’indossare una maschera, qualora l’avesse voluto: il tessuto delizioso delle giacche e dei tubini amalgamava a perfezione la folla di perfetti sconosciuti, rendendoli tutti vulnerabili e al contempo pericolosi. Chi non discuteva d’affari si era perso nei dintorni del palco principale, dove gli ospiti avevano l’onore di assistere alle esibizioni di artisti celebri e, perché no, persino a qualche giochetto sadico dei freaks.
    Tra i colori sgargianti dei completi e quelli più tenui degli alcolici che i loro proprietari tenevano in mano, ciò che ne uscì fuori fu un quadro psichedelico che si creava, e si ricreava, e si consumava con la musica e la notte e andava a morire sulla punta della lingua di Fionn Buchanan Gallagher, che dall’alto della balconata sorrideva e, a sua volta, sognava ciclicamente un passato più gentile e un futuro più turbolento.


    non so che ho scritto level: sono le 6 del mattino
    :pervi intensifies:
    l'abito ovviamente è a vostra discrezione: idealmente sono stati tutti creati in base al gusto del bodiotto, quindi go wild (e potete anche decidere di ignorarlo totalmente eh)
    e grazie freaks per esservi prestati senza saperlo, perdonatemi vvb


    Edited by homini lupus - 24/12/2020, 23:23
     
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    Continuava a osservarsi nello specchio macchiato di nero, una mano a stringere la catenina che scendeva sul petto e l'altra tesa in avanti, verso il proprio riflesso. Con dito leggero Mads sfiorò la copia delle proprie labbra socchiuse nel vetro, rosso ciliege come naturalmente non sarebbero mai potute essere, e poi passò a studiarsi il resto del viso - le guance dolcemente rosate non per il caldo, gli occhi segnati di scuro non per la stanchezza. Resistette alla tentazione di passarsi la lingua sulle labbra per non togliersi il trucco (Cecile l'avrebbe mangiata viva, dopo tutta la cura che aveva usato per metterglielo in primo luogo), e si mise a guardare i capelli lasciati sciolti lungo le spalle (scomodi, poco pratici, libertini), il vestito bianco che scendeva morbido fin sotto le ginocchia; se Mads si muoveva leggermente, le piccole perle cucite sull'abito e acconciate nei capelli brillavano leggermente, così come gli orecchini che pendevano appena dalle orecchie.
    «Maddie, sei bellissima!» La russa si sentiva impacciata, intrappolata nella stoffa, sporca a causa di tutta quella roba sulla faccia. Il viso era innaturalmente rosso, gli occhi stranamente più grandi del solito, la bocca più invitante; si ricordava la bambola che aveva avuto da bambina, quella a cui spesso la madre la aveva paragonata pensando di farle un complimento. Tuttavia, doveva convenire con Cecile: era bellissima; diversa dal solito, meno anonima e più eccentrica, ma per quanto non fosse affatto il suo stile si trovava comunque carina; avesse visto una passante così conciata, non avrebbe potuto fare a meno di pensare che fosse stupenda. Non era mai stata una ragazza vanitosa, neanche quando, fino qualche anno prima, ne avrebbe avuto tutto il diritto con i vestiti all'ultima moda che sua madre le faceva sempre trovare stirati sul letto, eppure non si metteva in tiro da così tanto, che era difficile non essere un po' orgogliosa del proprio aspetto. Aveva passato gli ultimi due anni fra terra e sudore, fra sangue e grida, e quasi non ricordava più cosa volesse dire indossare un abito bello seppur scomodo, solo per il gusto di piacere e piacersi nonostante la poca praticità.
    «Intendi dire che di solito non lo sono?» scherzò, e Cecile, sbuffando una risata, la circondò da dietro con le braccia, posando il mento sulla sua spalla. «Lo sai cosa intendo. Ti ho agghindata benissimo, come una gran signora. Potrebbero scambiarti per una Fay!» Mads inclinò la testa di lato, appoggiandosi alla biondina. «Sei stata magnifica... ma forse è un po' esagerato?» girava sempre con abiti sformati e sporca di cenere o olio, magari avevano superato un limite. Si portò una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio. Il vestito di per sè, recapitato da Mr Gallagher, era già bello di per sè, senza bisogno di tirarsi ulteriormente in ghingheri. «Non sembro neanche io» Probabilmente neanche sarebbe piaciuta, così conciata, a- «Non ti preoccupare, al tuo ragazzo del pane piacerai di sicuro»
    Mads si tirò immediatamente dritta, occhioni grandi mentre si voltava verso la prostituta «Cosa
    «Hai capito perfettamente»
    Mads distolse in fretta lo sguardo dal sorriso malizioso di Cecile, tornando a osservarsi nello specchio. Strinse ancora una volta la croce che portava al petto, prima di afferrare la mantellina bianca abbandonata sul letto, anche quello gentile dono del signor Gallagher. «Sarà meglio che andiamo» borbottò rapida, ma anche lei stava sorridendo.


    «Porca puttana» fischiò Cecile, le mani davanti al viso nell'ammirare la casa. Mads ridacchiò per l'espressione colorita, non esattamente da signorina e particolarmente fuori luogo in una festa del genere, ma era da dire che Cecile era stata esaustiva nel descrivere la vista della casa; sfarzosa, luminosa, colorata, ricca. Era molto più di quanto Mads, eppure cresciuta nel lusso e in una famiglia particolarmente ricca, si sarebbe aspettata a Bodie. Per Cecile, che sempre era stata in California alla mercé di uomini dalle troppe voglie e dalle poche gentilezze, doveva essere un sogno diventato realtà. Il signor Gallagher non doveva essere uno che amava fare le cose a metà «Cazzo, l'ho detto di nuovo! scusa, Maddie»
    «Non ti preoccupare» Mads allungò una mano sui capelli chiari della ragazzina, dandole una veloce carezza. Quando entrarono la vide adocchiare l'argenteria, ma la russa non si preoccupò di dirle (di nuovo) che non poteva rubare lì dentro, in quanto ospite; si fidava di Cecile (e mal che fosse andato, avrebbe restituito quanto preso a Gallagher prima che lui potesse rendersene conto, grazie al proprio potere). Cecile era stata la prima (e a lungo unica) amica in quel di Bodie, non aveva mai insistito troppo sulla sua provenienza quando Mads si era dimostrata restia a parlarne, e anche se era un po' sciocca e ignorante, era anche tremendamente buona e premurosa; a volte Mads credeva che lo fosse anche troppo.
    «Alcol gratis!» quando Cecile si buttò verso un vassoio con le bevande, Mads la seguì silenziosa, gli occhi chiari a vagare a destra e sinistra alla ricerca di visi conosciuti; per quanto la bionda le piacesse, non era... loro. Cecile non sapeva praticamente niente di Mads, non sapeva dei viaggiatori del tempo, della magia, e anche se era carino stare per un po' con lei, Mads ogni tanto aveva bisogno di ricaricarsi con qualcuno che sapesse. Qualcuno a cui la guerra interessava, per esempio, e non per la quale le battaglie erano solo bei soldati con uniformi sensuali. Qualcuno che aveva perso fratelli, amici, compagni, amori; qualcuno che capisse. «Arriverà» biascicò la bionda mandando giù in un sorso il bicchiere. «Dagli tempo»
    Non stette a precisare che non c'era solo Floyd al mondo, e voleva anche vedere Barbie in ghingheri, la perpetua al suo fianco, padre Abrahams far cadere ai suoi piedi le peccatrici di tutta la città (e Martha Fay lanciargli occhiate languide nonostante l'anello al dito) nonchè pressapoco tutto il resto dei magici di quel posto, ma in tutta risposta afferrò un calice nuovo per sè, sorseggiando piano mentre si sistemava un po' nervosamente i capelli. Era una guerriera, di uomini ne aveva più uccisi che amati, e non si era arresa neanche di fronte alla tortura... ma a quella festa? Si sentiva più nervosa di una ragazzina al primo galà. Non partecipava a eventi simili da decisamente troppo tempo, e neanche gli erano mai piaciuti! Chissà che andarci con propri amici non li rendesse anche più sopportabili «Lo so» Bevve un sorso, lo sguardo verso l'entrata della casa. «Arriva sempre quando ho bisogno di lui»
    mary madelaine wesley
    People disappeared, reappeared, made plans to go somewhere, and then lost each other, searched for each other, found each other a few feet away
    1894'S | 24 y.o.
    RITKA "DAISY" PESKOV
    special: shadowbending
     
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    «mi manca avere il cane per casa» cosa stava dicendo.
    Cosa.
    Stava
    Dicendo.
    Per prima cosa, Neiva odiava i bambini: erano sporchi, rovinavano tutto ciò che toccavano ed emanavano un cattivo odore. E, mentre per anni le sue erano soltanto teorie elaborate osservandoli da lontano – non si era mai avvicinata troppo ad uno di loro – aver ospitato Toothless le aveva confermate tutte. Poi c’era anche il fatto che la Monteiro, un tempo Butler, fosse praticamente incapace di provare alcuna empatia verso le persone: aveva smesso di provare affetto o qualunque altro tipo di emozione nei confronti di qualcuno oltre a sé stessa anni prima, nel momento in cui il suo gemello aveva dato di matto e l’aveva lasciata come unica superstite della famiglia, condannandola ad un’eternità in solitudine. Per di più, bloccata a Bodie, California, buco di città noto per la sua capacità di attirare casi umani tra le sue strade.
    E di certo, Neiva non era il tipo da ammettere ad alta voce i propri sentimenti: non era normale, per lei, anche perché raramente ne provava, e quando lo faceva non li andava a sbandierare in giro. E di certo, non di fronte a lui. Lanciò un'occhiata gelida a Babette Joaquim, BJ per gli amici - quindi sicuramente non per lei - , il ragazzo che spacciava ormai da mesi per suo nipote, bloccando sul nascere ogni probabile commento del ragazzo. Non ci doveva nemmeno provare. Era già seccante dover fare i conti con sé stessa per quella frase, e di certo non voleva sentirsi giudicata da un ragazzino, soprattutto quando questo si trovava davanti a lei dall'altra parte del tavolo e la loro vicinanza portava la ragazza a pensare una sola cosa: perché non si sistema le sopracciglia? Ogni volta doveva combattere l'impulso di correre in giardino, prendere un paio di cesoie ed eliminare per sempre quel gabbiano dalla fronte del ragazzo. Anche se si era gradualmente abituata a quelle presenze in casa: tra il gabbiano sulla fronte di BJ e Toothy il cagnolino, villa Monteiro in quei pochi mesi aveva accolto più animali di quanti ne avessero mai varcata la soglia in anni.
    Ed un pochino ci era rimasta male quando i Simmons erano risbucati dal nulla, volendo il loro bambino indietro: chi gli avrebbe insegnato il galateo a casa loro? Le conoscenze che Neiva aveva provato a dargli erano le-basi-della-convivenza-civile, capite? LE B-A-S-I! Ma era piuttosto certa che, dopo anche solo tre giorni tornato a vivere nella stessa casa del soldato in congedo e della perpetua, Toothy si sarebbe dimenticato tutto ciò che la Monteiro aveva tentato a fatica di far entrare nella sua testa, che sembrava unicamente incentrata su due cose: mangiare e rubare. Quante volte l'aveva beccato a scassinare i cassetti nella sua stanza? Tante, ma altrettante il bambino aveva mangiato i pasti freddi fuori nel portico come punizione «se ridici in giro che l'ho detto, o provi anche solo minimamente a ricordare questo commento, ti sbatto fuori casa» Quando indossava il volto di Francisca Monteiro, le era molto più semplice incutere timore nelle persone ed atteggiarsi a padrona del mondo. E se BJ non desiderava fare i bagagli e trasferirsi nel ciro, gli conveniva ascoltare le parole della donna e dimenticarsi anche solo di aver udito quel commento.

    Mandò giù tutto d'un fiato il liquido nell'ennesimo bicchiere preso da uno del vassoi che i camerieri distribuivano in giro per il grande salone. Era arrivata alla festa da circa dieci minuti, e si era già data totalmente all'alcol: se c'era un vantaggio nell'avere un'identità segreta, sicuramente era quello di poter far tutto ciò che desiderava senza temere le ripercussioni. E la ragazza ne aveva persino due, così da potersele giostrare come meglio credeva: quella sera, aveva accettato l'invito a casa Gallagher nelle vesti di Neiva Monteiro, nipote di Francisca e cugina di Babette. La dissoluta, come più volte si era sentita soprannominare dalle più anziane durante i tè delle cinque, occasioni in cui si era infiltrata sotto le mentite spoglie di domestica o governante per ascoltare i commenti che le signore del paese facevano senza sentirsi giudicate dall'occhiata severa della Monteiro, momenti in cui potevano liberamente esprimere il loro astio nei suoi confronti e fare commenti di cattivo gusto su Neiva. Non l'avrebbero mai potuto capire, quelle donne, che in realtà tutti quei commenti si riferivano ad una persona sola, la stessa che, in un modo o nell'altro, era sempre tra loro e mai erano davvero libere di dire ciò che desideravano senza che la Monteiro ne venisse a conoscenza: anche quando non si infiltrava lei nelle case mutando forma, poteva comunque reperire notizie grazie a camerieri disposti a spiattellare tutto pur di ricevere qualche banconota in più. Era quello che adorava di più di Bodie, nonché il motivo che l'aveva convinta a restare: i suoi cittadini erano così facilmente governabili, disposti a far tutto ciò che lei desiderava con la promessa di un aumento della busta paga o di un segreto scottante su un membro della loro famiglia, o di un nemico d'affari. «potrei esser già ubriaca» a chi lo stava dicendo? Un po' a tutti, nel dubbio. «BUCH!» Aveva un nome troppo complicato per dirlo tutto anche da sobri, figuriamoci con qualche bicchiere di troppo. Si avvicinò a lui, buttandogli le braccia al collo ed abbracciandolo affettuosamente: poco le importava di esser nei panni di Neiva, che per lui non era nessuno se non la nipote di una cara amica. Sperò che quel legame fosse abbastanza per la confidenza che si stava prendendo. Nel dubbio, la colpa era dell'alcol, sempre. Anche perché lei non lo reggeva per niente bene. «è una festa così bella, così tanto! Non ne vedevo di così scintillanti dai tempi di Parigi» C'era mai stata? No, ma la libertà di inventare la vita che desiderava aver vissuto era uno dei vantaggi dell'avere più identità diverse: ogni giorno poteva costruirsi una vita nuova, o aggiungere dettagli a quelle che già aveva.
    neiva monteiro
    domani magari trovo
    una quote carina da mettere
    ho già faticato per la gif
    ora non ne ho le forze
    1894'S | 24 y.o.
    was: neiva butler
    SOCIOPHAT - metamorfomagus
     
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    christopher jeez knowles // charlie jebediah shaw
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    CJ Knowles sapeva quale fosse il suo posto nella gerarchia militare che vedeva il mondo come campo di battaglia. Non possedeva pazienza intelligente, quella che nasceva da strategia a lungo termine e disegni più grandi; non aveva una potenza di fuoco in grado di mettere stati in ginocchio; non era un mediatore, ed era privo dell'ambizione che avrebbe potuto renderlo Generale od Ufficiale. In quelle logoranti battaglie che duravano ogni giorno di ogni vita, trascinate in ogni battito ed ogni fottuto respiro, il suo motto non era uccidi-e-conquista, e che Dio ce ne scampasse non era sopravvivi. Il Tassorosso sapeva, nel quadro generale, di essere una fottuta mosca: prima linea d'offesa, cocciuto, abbastanza stupido da essere disposto a morire per questioni di principio logiche solo a se stesso. Sostanzialmente, rompere-il-cazzo-finchè-morte-non-ci-separi era più adatto ed opportuno su un sorriso a metà come quello del diciassettenne, adeguato alle sottili e sempre ironiche iridi acquamarina.
    Ecco perché a Bodie, California, 1918, anche quel pomeriggio CJ si trovava nel luogo meno raccomandabile della contea, diventato a mani basse il suo preferito: il cimitero.
    Badum, tss.
    Non una sorpresa trovarlo lì, considerando che passava la maggior parte del suo tempo libero in compagnia di cadaveri e lapidi, ma sempre emozionante come la prima volta: pelle resa oramai ambrata dal sole, capelli più lunghi di quanto fosse solito portare a scivolare appena sulla fronte, cicatrici a spiccare come fiori sulla neve fra sudore ed abbronzatura. Asciugò il viso, stremato sotto i 33°C offerti dalla fottuta America, con il dorso della mano, passando poi le dita fra le ciocche di un brillante, ed umido, biondo cenere. Si guardò attorno con l’usuale placida soddisfazione, un sorriso atto solo a se stesso a curvare le labbra sottili e gli occhi ad indugiare sulle croci di legno e la terra da poco smossa. Poggiò il peso del proprio corpo sulla vanga, la mano destra ad affondare nelle tasche dei pantaloni per recuperare sigarette e fiammiferi (anche se, considerando il caldo infernale di quel di Bodie, probabilmente avrebbe potuto aspettare che il sole accendesse le Philip Morris per auto combustione). Che dire, dell’oramai ex Tassorosso si potevano dire tante cose, ma non che non fosse dedito ad una causa per la quale, secondo lui, ne valesse la pena. Sarebbe stato errato ed eccedente dire che fosse appassionato, ma certo non sarebbe stata una menzogna affermare che CJ fosse diligente. Portando onore alla propria casata, nelle (poche.) occasioni nel quale gli fotteva effettivamente qualcosa, diventava metodico e pragmatico. Non era il genere di gioventù bruciata che iniziava mille progetti e non ne concludeva mezzo: se ne cercava uno all’anno, a voler essere generosi, ma lo portava fino alla fine a qualunque costo. Spesso sangue e sudore – più il primo del secondo – ma il fine giustificava mezzi e sacrifici.
    «ehi, fanciulletto» Giuro.
    Fanciulletto. Alzò un già divertito paio d’occhi color giada sul ragazzetto oltre la collina, sollevando un braccio per salutarlo e concedergli di proseguire. Il figlio del pastore (quello che si occupava di animali, non di bestie come padre Shaw) era più grande di qualche anno rispetto a CJ, ma il viso pulito e sempre sorridente denunciava una gioventù che il Knowles non s’era mai portato appresso. Michael Cordero Junior, figlio di Michael Cordero I ed a sua volta primogenito di Michael Cordero punto, ricambiò il saluto usando la mano per proteggere gli occhi dal sole. «buon pomeriggio» salutò, eccessivamente cordiale e languido, sporcando la bocca di un sorriso ironico e sempre sul limitare di una risata a spese del suo interlocutore. «qual buon vento?» aggiunse perfino, perfino!, allungando un braccio sugli ettari di terra che li circondava. L’unico albero presente, rimanendo coerente con il tema cimitero, era morto. L’altro si avvicinò esitante, il sorriso ad indugiare sulle labbra mentre spingeva nervosamente gli occhiali sulla radice del naso. «mi manda il babbo» Uno dei tanti motivi per cui i suoi amici li preferiva orfani.
    Senza offesa, freaks. Valete ancora come tali. Annuì come se, effettivamente, se ne sbattesse un qualche cazzo. «dice che porta sfortuna» Indicò le buche, rabbrividendo malgrado la temperatura percepita fosse sopra i quaranta sta minchia gradi. «mi ha chiesto di dirti di…smetterla» Vide il pomo d’Adamo dell’altro sobbalzare.
    Rude. La lista delle persone che gli avevano fatto quell’osservazione iniziava ad allungarsi in maniera fastidiosa ed esilarante, fomentando (se possibile) il già granitico intento del Knowles dell’andare fino in fondo. Con tutta l’innocenza raggrumata nei suoi diciassette, sporchi, anni di età, si guardò attorno. «perché?» Michael si umettò le labbra, strizzando le palpebre per leggere un nome sulla croce poco distante. «perché…sono tutti vivi» e con tutti, intendeva davvero tutti i proprietari dei nomi già incisi sulla lapide.
    Il Knowles sorrise. Fra i tanti motivi per i quali amava essere l’emblema dell’onestà, c’era indubbiamente la soddisfazione del sottolineare le ovvietà: «per ora.» ebbene sì, signori e signori, vi presento il nuovo passatempo di Charlie Jebediah Shaw: scavare le tombe di quelle merde dei Bodiotti prima che, effettivamente, morissero. «vi sto tenendo il posto» spiegò inarcando le sopracciglia. Aveva portato il family business ad un livello di zelo che, se applicato ai giusti campi della vita, avrebbe potuto fatturargli un’impresa. Che ragazzo d’oro. Cordero dondolò sui talloni lanciando un’occhiata furtiva al cielo, probabilmente chiedendo al Signore cosa ne pensasse. Decise di tagliare l’inutile monologo mentale del pastore con un cenno della mano. «gesù mi ha dato il permesso» dove con Gesù, manco a doverlo specificare, intendeva se stesso. L’altro, titubante, annuì. «perché lo stai facendo?» Ho mai accennato a quanto CJ odiasse qualunque genere di conversazione? Quelle blande e superficiali, quelle personali; ragazzi come lui avevano sempre poco da dire a voce, espressivi negli occhi e nella bocca curvata in ghigni crudeli e tristi. Inoltre, tendeva a perdere la pazienza in poco tempo, e le domande stupide rientravano nella categoria delle questioni che gli friggevano le palle in meno di due secondi portandolo all’abisso fra follia e coscienza. Tendeva a perdere raramente il controllo, perché sapeva che quando succedeva, era di volta in volta più complesso richiamarsi all’ordine. Sorrise abbassando lo sguardo sulle proprie mani ormai callose e sanguinanti – passava davvero molto, molto tempo in quel fottuto cimitero; molti giorni, ed ancor più notti trovando impossibile dormire. Il Knowles si svegliava sudato e senza fiato, la gola soffocata dall’ennesimo attacco di panico ingiustificato – l’ennesimo fottuto incubo radicato nella realtà più che nell’immaginazione. Si trascinava in cucina, attento a non fare alcun rumore malgrado fossero rare le volte in cui ci fosse effettivamente qualcuno da svegliare. Beveva un bicchiere d’acqua, ficcava la testa sotto al rubinetto aperto.
    Poi tornava a scavare.
    «non vorrei essere il primo a dirtelo,» spinse un angolo della bocca verso l’alto, ruotando lentamente gli occhi chiari sul figlio del pastore. «ma tutti crepiamo, cordero.» accompagnò anche l’altro lembo di bocca al sorriso. «ed onestamente, in questa cittadina del cazzo, meglio prima che poi» Lo congedò portandosi le dita alla fronte, consapevole di aver già concluso parole e buone maniere per quella giornata. Cordero non colse il velato suggerimento di portare via le palle, perché sollevò il mento con più tenacia. «tuo padre non ti ha insegnato a portare rispetto, fanciulletto?» Sinceramente? No. Si strinse nelle spalle, la testa poggiata indolente sulla spalla. «sei stato tu a chiedere» ignorò il quesito assottigliando le palpebre, pollice ed indice stretti attorno al filtro della sigaretta. Fece scivolare il fumo dalle narici. «se non ti piacciono le mie risposte,» non sono cazzi miei «non domandare.» Sagge parole alle quali nessuno mai prestava ascolto, ed a causa delle quali quello a prenderselo nel culo era sempre il Knowles: si narrava che chiedere fosse lecito e rispondere cortesia, ma nessuno specificava mai che nella replica bisognasse mentire, perché fosse mantenuto l’equilibrio universale della convivenza civile – o se l’avevano detto, CJ Knowles doveva essersi perso la lezione. «non mi piace» Michael Cordero doveva davvero aver frainteso l’atteggiamento rilassato di CJ, fraintendendo l’indole del Tassorosso come tanti, troppi, prima di lui. Indicò ancora le tombe vacanti, posando infastiditi occhi blu in quelli verdi del millenial - che, a quel punto della conversazione, s’era oramai rotto tre quarti di minchia.
    «sai cosa non piace a me?» Lui scosse la testa.
    Questo posto di merda.
    Questa linea temporale del cazzo.
    Non avere il mio cane.
    Barry nel duemila sti cazzi diciotto.
    Venire dal futuro x 2.
    La vita.
    Tu
    .
    Rapido ed indolore, sollevò la pala colpendo secco Cordero alla tempia, mantenendo l’equilibrio con i piedi ben piantati a terra. Guardò il privo di sensi Michael cadere, come corpo quasi morto cade, in una delle fosse ivi presenti, e si chinò sulla croce in legno applicando metodico il nome: Michael Cordero I. Arricciò il naso, scosse il capo. Non era previsto che dovesse prepararsi il biglietto anche per MC Junior. «i cambiamenti di programma» strascicò lento, strizzando una mano con l’altra per spillarsi qualche goccia di sangue. Vi intinse l’indice correggendo I con Jr, sorridendo della propria opera con orgoglio e venata apatia. Osservò il cielo, il pomeriggio a virare verso il crepuscolo – aka: doveva tornare a casa e lavarsi, perché quella sera c’era una festa fancy che i freaks non potevano perdersi.
    Sprecare l’occasione di rompere antichi vasi cinesi? Mai. Pulì i palmi delle mani sui pantaloni, il torso nudo a sporgersi oltre la fossa del ragazzo. Gli diede un altro colpetto con la vanga alla testa giusto per assicurarsi che rimanesse fuori dai giochi il tempo necessario a capire che non fosse opportuno rompere la minchia a CJ – fosse Hamilton, Knowles, Shaw, il cazzo che vi pareva. «e le olive.»
    Severo ma giusto.

    «Ragazzino – RAGAZZINO» Che? Sollevò impercettibilmente lo sguardo distogliendolo (non senza sforzo) da Houdini, la quale per la specialissima occasione indossava una simpatica collana di perle – dove le perle erano denti: Sersha Kavinsky aveva evidentemente preso tutto da mamma, perché uno dei loro relationship goal era stato la creazione di quel bllxm gingillo. «Magari – magari potreste partire con qualcosa di più leggero,» Christopher Jeez Knowles spalancò leggermente gli occhi acquamarina, stringendo possessivo Houdini al petto. Ovviamente non aveva addosso gli abiti che Buchanana Batman aveva loro offerto, fidandosi di esseri umani terzi quanto si fidava di un bambino alla guida di una Ferrari, e per la serata aveva preferito mostrarsi sobrio nei suoi impeccabili, neri, abiti da becchino.
    Dove con becchino intendo ti scavo la buca e ti ci lancio, pezzo di merda.
    Portando una mano al cuore, gli diede l’unica risposta che un quesito meritava.
    «no.»
    Fine.

    non so se me la sento | 17 y.o.
    gatsby ma ce l'hai la vodka | e la droga?
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    Save your razorblades now, not yet
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    La pazienza di Archibald aveva un limite, e Jayson fottuto Matthews doveva davvero smetterla di scambiare il suo pick up per una cazzo di macchina da rally.
    Come aveva fatto Jay a convincerlo a guidare fino alla festa era davvero un mistero della fede su cui il Leroy preferiva non indagare (dovevano c'entrare degli occhioni cioccolato troppo dolci, e l'insinuazione che il fu serpeverde amasse di più quell'auto che non Jay stesso; cosa vera, ma meglio non confermarlo ad alta voce), ma una cosa era certa: Arci. Se ne stava. Pentendo. A vari livelli. «Porca- ATTENTO ALLA BUCA» il pick up, un modello vecchio più o meno quanto il mondo per Arci, nuovo di zecca per il 1918, sobbalzò intrepido, e considerando l'assenza di cinture per un attimo i suoi passeggeri fluttuarono in aria... ricadendo poi con una storica sederata chi sui sedili, chi sul legno del cassone dietro; Jay parve non accorgersene neanche, trullo trullo mentre continuava a guidare con la stessa passione di Vin Diesel in Fast & Furious. Vivo la mia vita un quarto di miglio alla volta, dicevano i suoi occhi. Ti scongiuro evita, lo pregavano di rimando quelli di Arci. «Tu spezzagli il motore e io ti spezzo il collo» lo minacciò a vuoto ricordandogli per l'ennesima volta di darci un taglio. Chi lo sa, forse se entrava anche lui nell'ottima F&F Jay lo avrebbe ascoltato. O forse no.
    C'erano diversi motivi per i quali Arci amasse quell'auto un po' come la sua stessa vita. Tanto per iniziare, perchè era la nonna del suo fiammante pick up lasciato a Londra, che gli mancava un po' come manca l'aria; ora, grazie a quel... sostituto, Arci finalmente sentiva di poter tornare a respirare, sentendo casa un po' più vicina. Secondo motivo, non meno importante, era che dopo i salti mortali per comprarla, ancora Archibald aveva lavorato su quella cazzo di macchina per settimane- mesi, mettendoci sangue e sudore. Aveva usato tutti i risparmi che si era procurato lavorando in quel buco di culo (quelli della panetteria: i guadagni del catechismo di Gwen non li avrebbe mai toccati), e aveva anche praticamente fatto l'elemosina ad una vecchia del paese (e per elemosina intendo che l'aveva sedotta; oh, bisogna usare tutte le proprie armi anche quando fa un po' senso), e quando finalmente era riuscito ad avere abbastanza cash per permettersi il catorcio messo in vendita da quel tale (un catorcio nuovo, ma già nato con problemi di produzione), aveva dovuto chiedere aiuto a Mads e a chiunque ne sapesse un minimo di motori per rimetterlo in moto. Era stato un lavoro lungo e stressante, e più volte si era convinto che non avrebbe funzionato... ma non si era arreso, e ora possedeva un fantastico pick up Ford Model T del 1917, una macchina che i bodiotti si sognavano e per la quale gli uomini della cittadina spesso lo fermavano ammirati (alcuni, uomini; altri ancora erano convinti che i buoi fossero più che sufficienti per spostarsi). A Bodie Arci non aveva niente di più prezioso... e sperava di possederlo ancora per tutto il proprio periodo nel ventesimo secolo, se quel cazzone di Jay evitava di distruggerglielo .
    Cercò di rilassarsi al proprio posto (categoricamente vicino a quello del guidatore; aveva chiamato lo shotgun appena annunciato che sarebbero andati da mr Gallagher in macchina. Col cazzo che lasciava la sua Baby alle sole cure di Jay), guardando la strada avanti a loro e l'enorme casa che si avvicinava. Quando fu abbastanza vicino per riconoscerne meglio i dettagli sfarzosi, fischiò ammirato, dimenticandosi per qualche secondo che stavano rischiando la vita (della macchina; chi se ne fregava della loro, erano sopravvissuti a peggio di Jay autista; forse).
    «Nonnino ha fatto le cose come si deve» sì, nonnino; dai, era stato Fionn Buchacoso Gallagher a dar loro inviti e abiti, e se l'albero genealogico non è un'opinione tal Fionn era nonno di Aidan, quindi era bisnonno di Gwen, e visto che Gwen era figlia di Arci, Fionn era nonno di Arci (??????) NON ERANO FORSE UNA GRANDE FAMIGLIA FELICE? spoiler: no. Si voltò verso Aidan, gli occhi ancora una volta a scivolare sul completo; dopo mesi in cui lo aveva visto vestito da poraccio (o svestito da poraccio che fosse), era strano vederlo così... Gallagher. Si chiese quanti strati di vestiti avesse, e eventualmente quanto ci avrebbe messo a toglierglieli. «Casa tua è grande almeno quanto questa? Me lo sono sempre chiesto» parlare della big fam super rikka del Gallagher non era mai stato fra i suoi argomenti di conversazione preferiti, ma era curioso davvero di saperlo; dopo sette mesi a guardarlo lavorare la terra o a farsi leggere classici che da solo non avrebbe mai cagato, aveva quasi iniziato a perdonarlo per essere un figlio di papà.
    Ad Arci mancò il fiato quando Jay, per accostare, per poco non c'entrò un albero, ma tutto è bene quel che finisce bene e alla fine Simmons+fam allargata arrivarono sani e salvi alla festa, e quando iniziarono a scendere dai posti e dal cassettone, per prima cosa Arci si buttò sul cofano abbracciandolo, un sospiro rilassato a uscire dalle labbra. Non era la sua bimba rossa lasciata nel 2018 (sperava i cata se ne stessero prendendo cura a costo della vita), ma ci si era comunque affezionato come solo un padre avrebbe potuto (e ora che era davvero padre, poteva assicurare che i sentimenti che provava per Baby e per Gwen non erano poi così diversi) (♥) «Non ti lascerò mai più nelle mani di quel tipo brutto e cattivo, mai più» spoiler: l'avrebbe fatto.
    Dopo qualche (imbarazzante) secondo di smancerie con la macchina («Prendetevi una stanza»), Arci si rizzò in piedi, sistemandosi i vestiti (purtroppo, per lui niente abito nuovo. A quanto pare doveva fare il marine e presentarsi in divisa... ci era rimasto un po' male, ma almeno era sexy e non sembrava Dominique), e per poco non venne travolto da un fulmine in abito bianco che già l'aveva sorpassato per ammirare il pick up. AAH ecco qualcuno che gli dava soddisfazioni, e non era solo in grado di sfottere il suo bolide ruggente (EH, amici?? EEEH??? .)
    «Siete arrivati velocissimi! Saranno stati almeno cinquanta chilometri orari!» Cinquanta chilometri orari. Arci non sapeva se sentirsi elogiato o mortificato. Sì che per un auto del '17 cinquanta chilometri orari erano velocità da missile spaziale, ma da dove arrivavano loro non era neanche la velocità di una bicicletta. Tossicchiò imbarazzato.
    «Pensavo di potenziarla ancora un po', quando hai tempo per noi»
    «Ancora di più?»
    «Perchè no? Potremmo fargli raggiungere almeno i settanta con qualche ritocco e... beh, un po' di magia» La ragazza battè le mani fra loro, un sorrisone da orecchio a orecchio. Arci si ritrovò a constatare quanto Mads fosse carina, tirata a lucido.
    «Affascinante!»
    Il ragazzo non potè fare a meno di sorridere al suo entusiasmo, e con la coda dell'occhio seguì la ragazza poco prima al fianco di Mads avvicinarsi a Toothless, sceso anch'egli dalla macchina. Aw, ogni volta che lo vedeva gli si stringeva un po' il cuore. Si sentiva un merda a essere sparito per quasi due mesi, ma era felice fosse ancora vivo e altri avessero provveduto a dargli da mangiare e pulirgli la lettiera. Chissà se gli avevano insegnato a dare la zampa!

    «Sembri un damerino, Toothy. Scommetto che alla Monteiro piacerai un fottio così conciato»
    Cecile allungò una mano sui capelli ricci del ragazzino dandogli un'arruffata veloce, gesto per il quale lui, offeso, abbaiò rosso in viso di levarsi dalle palle. Cecile rise cristallina, e pensò bene di chinarsi per scoccare un bacio a stampo sulle labbra del bambino, prima che chiunque potesse anche solo provare a fermarla. Per quasi due mesi, quando i Simmons erano spariti, Cecile era stata alla strenua di una sorella maggiore per il bambino riccio. Si era presa cura di Toothless, circa, e gli avevano fatto compagnia tutti quei pomeriggi in cui la Monteiro ne aveva avuto abbastanza di lui perchè metteva i gomiti sul tavolo o iniziava a mangiare prendendo una forchetta a caso (o cercava di rubare gli abiti da gran dama della donna per farne fortini, ma la Monteiro aveva così tanti vestiti che secondo Cecile non l'aveva mai scoperto, altrimenti Toothy sarebbe morto). Quando la vipera lo mandava a letto senza cena, Cecile gli portava metà dei propri (scarni) pasti, gli offriva due risate in compagnia. Cecile lo capiva. Sapeva cosa volesse dire crescere da soli e doversela cavare, sapeva cosa volesse dire voler scappare ma non poterlo fare, e soprattutto cosa volesse dire venire abbandonati. A volte avevano parlato anche dei Simmons e di Mary Madelaine, di come alla fine li avessero lasciati indietro pur avendo promesso implicitamente di non farlo. C'erano giorni in cui si dicevano a vicenda che i loro amici sarebbero tornati, altri in cui nessuno due credeva sarebbe davvero capitato. Ancora adesso, Cecile guardava Maddie e si chiedeva se sarebbe di nuovo scomparsa così com'era apparsa.
    Senza aspettare oltre i nuovi arrivati e ignorando lo sguardo apprensivo di Maddie, Cecile agitò allegramente la manina. Ora che Mads non era da sola poteva andarsene ad ammirare la casa, e con un «Vado a farmi un giro» salutò tutti, aggiungendo un malizioso occhiolino ai tre uomini. «Sai dove trovarmi» boccheggiò senza voce al più giovane e carino (e dall'apparenza ricco), prima di sparire fra la folla.
    I tacchetti battevano veloci sul pavimento lindo, suono coperto appena dalla musica - abbastanza bassa perchè si potesse chiacchierare, abbastanza alta per essere apprezzata. Con una mezza piroetta per non perdersi nulla, la ragazza si guardò attorno affascinata, due occhioni grandi da bambina spalancati su questa o quella cosa luccicante, su lampadari che mai aveva avuto l'onore di vedere dal vivo e quadri tanto belli che non credeva potessero esistere nella realtà. Quando incrociò un cameriere con un vassoio carico di calici, ne afferrò uno a caso e mandò giù il secondo bicchiere della serata, la noia un fastidioso pizzicore palpabile sulla punta delle dita che lentamente andava a sciogliersi grazie all'alcol che entrava in circolo. Persino l'alcol era largamente migliore in quel luogo, altro che il piscio che Cecile si poteva permettere normalmente!
    C'era così tanta gente, così tanta musica, così tanti colori; ogni secondo che passava, un nuovo oggetto luccicante (fosse esso un candeliere o la collana di una signora) attirava l'attenzione della bionda, che doveva far uso di tutta la propria pazienza per non avvicinarcisi e ammirarlo come una gazza che cerca nuovi bagliori per il proprio nido. Aveva sempre visto poco del mondo, la giovane Cecile, e di certo mai nella sua breve vita aveva incontrato lussi simili, se non da lontano; aveva guardato vetrine, aveva spiato ragazze ben vestite, provato a sedurre uomini di bell'aspetto, ma quello? Quello era più di quanto avrebbe mai potuto credere possibile. Fino al giorno prima, anche glielo avessero detto, non avrebbe pensato verosimile che una persona in casa potesse avere tanti bicchieri - lei ne aveva due, e neanche uguali! Quel Gallagher doveva essere davvero molto - molto - ricco, e possedere più soldi di tutto il resto della cittadina messa assieme. Ricco forse quanto il re inglese! Sebbene avesse sentito parlare di lui in paese, mai aveva avuto l'onore di vederlo - non era esattamente il tipo di persona che viaggia nei peggio bordelli di periferia, e più si girava intorno, più si chiedeva se fosse questo o quell'uomo... anche se, in verità, erano pochi quelli che Cecile non riconosceva. Quei signorotti che tanto si fingevano ora nobili e timorati di Dio, che fossero suoi clienti o di una delle altre ragazze, erano quasi tutti passati almeno una volta alla casa del piacere di Bodie. Cecile avrebbe preferito non trovarli lì.
    Nonsi vergognava, quello mai, ma passava accanto a loro facendo il giro della casa e sentiva i loro commenti sussurrati, i "chissà se Gallagher l'ha assunta per la serata" "prenderà più del solito?"... e a quello avrebbe resistito, a dirla tutta; anzi, se Maddie non le avesse chiesto di evitare di essere sconveniente ad una festa a cui era ospite, probabilmente avrebbe anche acconsentito a una sveltina o due (con il giusto sovra pagamento, ovvio).
    Il problema erano le loro signore.
    Quando era bambina, la madre di Cecile le ricordava sempre che aveva i denti troppo grandi e un po' storti, le labbra grosse sproporzionate. "Sorridi con le labbra strette", era il consiglio che più le dava giornalmente, sostituito a volte da "copriti la bocca quando ridi". Non c'era giorno in cui Dolores non le dicesse che era bruttina in confronto alle sue coetanee, che dovesse imparare a sopperire alle mancanze naturali impegnandosi di piú, truccandosi meglio, curando i biondi capelli; già il Signore le aveva punite facendola nascere femmina, che almeno al problema dell'aspetto ci pensasse lei. Cecile ci rimaneva male a lungo per quei commenti, ma col tempo aveva imparato a metterli da parte, a renderle critiche costruttive da cui sbocciare; dopo sua madre, che tanto l'aveva abituata agli insulti, nessuno era più riuscita a metterla a disagio per il proprio aspetto, di cui era ben conscia (e di cui, col tempo, era diventata fiera), nè per il suo lavoro o qualsiasi altra cosa. Non era bellissima, non era intelligente, ma poteva vantare altre qualità (senza contare che - come le avevano detto - faceva i lavori di bocca migliori della città!). Nessuno l'aveva più messa in soggezione
    Questo fino a quella sera.
    Passando davanti alle donne ingioiellate e i loro occhi severi, di nuovo si sentiva la bambina con il brutto sorriso, gli occhi troppo grandi, e i commenti troppo stupidi.
    Cecile non era abituata ad avere a che fare con donne esterne al bordello. Aveva smesso di frequentare la chiesa tanto tempo prima sapendo di non essere ben accetta, e praticamente usciva solo per andare a bere - dove era molto più facile trovare uomini o altre ragazze libertine non in vena di giudizi, ma di una cosa era improvvisamente conscia: le donne erano cattive. Non avevano cura di tenere la voce bassa mentre parlavano di lei, sentiva i loro insulti che non erano, come sarebbero potuti essere per altre prostitute del bordello, dettati dalla gelosia, e in cinque minuti si era già meritava tre "vattene" (invito che non avrebbe colto, ovviamente; quella festa era l'occasione di una vita, aveva finalmente un'abito degno di tale nome, e voleva goderselo fino alle luci dell'alba).
    Cercava di tapparsi le orecchie, di elogiare gli altri invitati sorridendo come le aveva insegnato la madre, ma non pareva star funzionando molto bene. Tranne rare eccezioni gli uomini credevano stesse provando a portarseli a letto e si dichiaravano non interessati, e le donne storcevano il naso e una quasi le diede uno schiaffo prima ancora di farle aprire bocca. «Beh ok. Vaffanculo» borbottò portando alle labbra il calice di vino (frizzante e dolce al punto giusto).
    Neanche gli ospiti di quella festa sarebbero riusciti a rovinarle la serata.
    Vagando in giro a tempo di musica, quasi volteggiando, per poco non rovesciò il proprio bicchiere di vino addosso a- «Monteiro!» si era dimenticata il suo nome, onestamente. Poi c'erano due Monteiro?? Francisca?? Neiva?????? Bah, Era sempre stata più brava a ricordare i nomi degli uomini. Occhi lucidi e sorriso brillo, si appoggiò alla donna, ammirando il bellissimo abito e i capelli acconciati prima di tornare al suo viso; l'aveva vista sempre solo da lontano, e doveva ammettere fosse più bella di come l'aveva immaginata dai racconti di Toothless; o forse era solo la Monteiro sbagliata. O forse era Babette ???? Doveva ancora capire se era un ragazzo o una donna molto brutta «Toothy mi ha parlato di te... sei la stronza che insegna il bon ton! Quel ragazzino ti adora. Guarda, ha insegnato un po' qualcosa anche a me!» Prontamente, sollevò il mignolino mentre teneva il calice, che sorseggiò tenendo le labbra strette e gli occhi socchiusi nella migliore imitazione di una dama di buona famiglia dell'800 (???); o della sua parodia. Notò allora l'uomo al suo fianco, e si presentò a entrambi con un mezzo inchino instabile «Cecile Jhonson. Gran bella festa, nevvero? Dovrei fare i complimenti all'ospite... se lo vedete, fateglieli per me, e ringraziatelo dell'invito. Migliore! Festa! Di sempre!» e con una risatina, quasi cadde in braccio a Neiva
    1901'S | prostitute
    1999's 1896's | baker & marine
    and in this moment i was pretty pleased
    with the person i was pretending to be
    SHE LOVED THE OCEAN BECAUSE EVERY TIME THE WAVES LEFT THE SHORE THEY ALWAYS COME BACK



    è un post lungo ma a casissimo e scritto con i piedi quindi facciamo che vi dico cosa succede:

    EEEEHHH simmons + fam (chi? boh TUTTI DAI, VENITE PURE) arriano col pick up fiammeggiante di arci mentre guida jay (chi vomita pulisce.) Arriva mads e parla con arci.
    cecile parla con toothless e poi se ne va (ciauz), dopodichè inizia a vagare random per la festa facendo complimenti a chiunque estasiata finchè non va sbattere contro neiva; si presenta allora a lei e Gallagher senior


    Edited by c'est la fucking vie - 4/8/2018, 21:20
     
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    sander bitchinskarden aka barnaby jagger
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    «BAAAAA/AAAAAAAR/BIEEEEE» Meh. Finse di essere sordo, le gambe allungate sul tavolo di lavoro della sua officina e due soli piedi della sedia a poggiare sul (lercio.) pavimento della sua seconda casa. «bAaaaaAAARBIEEEeeeEEE» poteva sempre staccarsi le orecchie come Van Gogh, tanto gli sarebbero ricresciute. A mali estremi, si sapeva, estremi rimedi: per quanto volesse bene a Martha Fay (il minimo indispensabile, non di più ma spesso di meno) aka zia Run, non aveva alcuna voglia di …vivere, nulla di personale con la signora delle barbabietole. Reclinò il capo all’indietro, pregando che i muri della barbie-caverna si allungassero verso di lui inglobandolo nel legno così da toglierlo dall’impiccio; non lo fecero. Sentì i passi farsi più vicini, e se solo fosse stato meno pigro, mostrandosi un vero badger maturo, si sarebbe nascosto – una vera fortuna per Heidrun che Barnaby Jagger avesse preso tutto da Dander. «BARBIE!» Sollevò gli occhi scuri sugli abiti color pesca della ragazza, un sopracciglio arcuato nella sua direzione. «d-d-dove?» domandò, ironico ed impassibile, piegando la bocca in un infimo sorriso unicamente per se stesso: ma quant’era simpa?
    Poco, a notare l’espressione della Crane. Lei scosse il capo con un sospiro stanco, i pugni sui fianchi e lo sguardo a guizzare alle proprie spalle. «vieni pure» oh, ma vieni pure QUANDO? A CHI? Le gambe della sedia ricaddero con un tonfo; con i piedi ben piantati al suolo ed i gomiti poggiati sulle ginocchia, il Jagger tentò di allungare il collo per vedere chi fosse l’intruso, ma decretò che lanciare un’occhiataccia alla Fay potesse bastare. «c-chi -» Run gli sorrise come se Barbie le avesse appena annunciato di aver vinto la lotteria dello Sceriffo, agitando poi allegramente una mano per salutarlo. Sospetto. Dedusse che il motivo di quella visita non gli sarebbe piaciuto.
    Ma mai, Barnaby Jagger, avrebbe immaginato quello.
    «buon pomeriggio» una donnina dagli unti capelli neri coperti da un tovagliolo rosa gli rivolse un imbarazzato cenno con il capo, lo sguardo a scivolare mesto sul pavimento. «m-m-mi p-p-prendi per il culo.» non ci provò neanche a nascondere il proprio sconcerto, quasi tentato di alzarsi per mostrare maggiormente il proprio stato oltraggiato - quasi. La mora dal futuro lo ammonì con un sopracciglio arcuato a comportarsi bene – fallendo, chiaramente: nessun rimprovero aveva mai sorto alcun effetto sul Jagger, non avrebbe cominciato in quel momento. «mi ha chiesto consiglio» e?? cosa c’entrava Barbie?? La invitò a proseguire con un cenno della mano, evitando balbuzie che avrebbero procrastinato quella lancinante sofferenza oltre. «conosci già ornella, giusto?» sì, la conosceva. Tacque incrociando testardo e braccia sul petto. «scrive delle storie» Anche Edgar Allan Poe, ma non cagava il cazzo a lui. «soft porno» e sapeva già, lo sentiva nel cuore, dove volesse andare a parare. Non che fosse un mostro di intuito, quando mai, ma «n-ne abbiamo g-già parlato» strinse la lingua fra i denti sbuffando, le iridi brune a scontrarsi con quelle nocciola di Run. «N-NEL F-F-FAR WEST S-SI C-C-CHIAVA C-COME N-NEL F-F-FUTURO» Ornella non alzò lo sguardo su di loro, ma con la coda dell’occhio la vide irrigidire le spalle. Heidrun, poco elegante come al solito, allungò una mano per colpirlo con uno schiaffo sulla nuca. «e come faccio a saperlo?» sibilò lei, suonando quasi, quasi, logica e razionale.
    Quasi. «magari è vostra abitudine chiacchierare delle teorie freudiane. magari invocate zio sam anziché dio» Inarcò pure un sopracciglio, braccia allargate. «che preservativi usate? Vi rasate? E come funzionano i rapporti sessuali nei CaMpI Di gRaNo? EH!» Ma perché a lui – lui, che era un tanto caro ragazzo. «s-sono impegnato.» liquidò secco la questione alzando un indice in saluto verso (h)Orny. «ma se non hai un cazzo da fare» rude e sbagliato. Sorrise tronfio sollevando il palmo verso la mimetica, sporgendosi sulla sedia per raccogliere il pezzo di legno abbandonato nella catasta dei progetti-iniziati-e-mai-finiti-xk-sn-ribelle-ihih-xd; nella sua vita non credeva d’aver mai aspettato a lungo qualcosa quanto l’arrivo di quel momento. «i-i-i-n-n-incorretto» le lanciò un pezzo di legno lavorato a metà.
    L’altra lo osservò con un cipiglio curioso e scettico. «cristo» «n-no, è un p-pene» precisò, intrecciando pigro le dita sul ventre.
    Sì, aveva creato un membro maschile di legno. E «è un dildo?» no, chiaramente non lo era. «s-s-solo s-se t-ti p-p-p-piace estremo» Martha puntò un dito contro il petto di Ornella: «prendi nota» Santa merda.
    Ed alla fine, decisamente non consapevolmente o volenterosamente, aveva ceduto e si era ritrovato seduto sul portico della barbie-caverna ad illustrare ad Ornella Pan-Ceena (parenti indiani, narrava la leggenda) (nativi americani, non dell’India) (no skè intendevo dell’india ma sono più belli i cherokee) (vabbè) cosa fosse opportuno o meno fare con un cazzo in mano (in tutti i sensi possibili ed immaginabili). «s-s-sega giusta» strofinò il palmo e le dita sul dildo dell’ikea. «s-s-sega s-sbagliata» allontanò la lama seghettata dello strumento volgendo un’intensa occhiata ad Horny. «b-b-bello» replicò il primo movimento. «n-n-non troppo b-b-bello» Ornella, diligente come un anguilla al super mercato sette leghe sotto i mari, annuì prendendo appunti. Battè le mani fra loro accennando ad alzarsi in piedi. «b-b-bene, c-c-ciao» e tanti saluti. Quella sera ci sarebbe stata la festa di The Revenant, e per nessuna Ornella Pisella al mondo se la sarebbe persa: Barbie non era mai stato invitato ad una festa fancy dove servissero SCIAMPAGN e non la spuma di sciampagna che serviva a pulire i cessi, e voleva fare bella figura sul Lupo di Bodie Street – oh, metti che fosse incline alla carità e decidesse di regalargli, non so, una piscina (senza casa? Sì, assolutamente, solo una pescina a sfregio). Doveva ancora tornare a casa, lavarsi, strofinarsi fiori di lillà sotto le ascelle per evitare di puzzare dato che fra i cowboy non andavano di moda i deodoranti, ed indossare gli abiti sciccosi che Jack Dawson, temendo (ed avendo ragione) che i suoi ospiti si sarebbero vestiti da chierichetti o vedove, aveva loro spedito. Sara si ritiene fortunata ad avere pg cazzoni quanto lei, perché è troppo pigra per googlare la moda dell’epoca Barbie non aveva onestamente idea di quale fosse l’outfit scelto da Gatsby Miccio, ma non si sarebbe neanche sprecato a guardarlo: sperava solo ci fossero delle paillettes.
    Così, a sentimento.
    «potresti leggere e darmi un parere?» Testarda. «s-s-sicuro»
    E via dalle palle.

    Portò una mano a coprire la bocca, perfino (perfino!) impermeabile al maestoso ambiente attorno a sé. In un altro frangente, Barbie avrebbe ammirato (con discrezione.) le (ballerine.) (ah no, quello lo faceva) decorazioni mistiche e quanto tutti fossero belli come delle cesoie appena lucidate, ma era troppo impegnato a… «“c-c-cazzo”» Tipo…
    Tipo letteralmente. Stringeva fra le mani il manoscritto di Horny, e sollevò impercettibilmente gli occhi scuri sopra le pagine per volgere un’occhiata a tutti e nessuno (dai, vuoi essere tu? so che vuoi essere tu?) «“c-c-cazzo”» ripetè con più enfasi, date le espressioni deadpan dei suoi interlocutori. Ma erano ritardati? Erano menomati di cervello? « “C-C-CAZZO”» lesse ancora, sollevando esasperato le braccia nell’aria. «c-c’è scritto “c-c-cazzo”» capivano il problema? Forse no considerando che Barbie balbettava di suo. Passò loro il foglio poggiando i pugni sui fianchi. « “c-c-cazzo com’è d-d-d-duro”» recitò, ormai conoscendo a memoria il brano.
    E questa è la breve storia di come abbiano avuto origine le balbuzie nei momenti bollenti delle fan fiction.
    Barbie o-o-out.





    healing factor | 24 y.o.
    sono con i vipz | uau quante paillettes
    I'm your operator, you can call anytime
    I'll be your connection to the party line
    I'm comin' up so you better get this party started
     
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    mckenzie leighton hale
    mac /mcRoyal®
    Febbraio 1918.
    «harper» boccheggiò in un singhiozzo, gli occhi a pungere di pianto mentre cercavano, inutilmente, quelli della sorella. Mckenzie Leighton Hale si era convinto, sulla soglia della Cattedrale del Santissimo Sacramento, di non essere più in grado di piangere. Non perché non ne avesse motivo, dubitava avrebbe mai raggiunto quello stato di beatitudine finchè fosse rimasto in vita, quanto proprio perché il suo corpo si sarebbe rifiutato di permettergli di lacrimare – fosse anche solo perché in debito di liquidi con cui effettivamente farlo, considerando che non toccava cibo da giorni e l’acqua era una rara benedizione.
    Si era sbagliato. «harper» il tono si era fatto più urgente e penoso, la gola a stringersi spasmodica alla ricerca di aria o saliva, mentre padre Benton si avvicinava a lui con due piccole assi di legno. Troppo debole per opporre resistenza anche se avesse voluto – e, per inciso, non lo voleva - Mac non si scostò, resistendo all’istintiva tentazione di scrollare le braccia liberandosi dei due uomini stretti al suo fianco. Deglutì secco sentendo sapore di sangue sulla lingua, le iridi grigio verdi a supplicare la gemella di metterlo a fuoco, di capire cosa stesse guardando. Pregare la sua famiglia non era cosa nuova per l’Hale minore: erano mesi che li implorava di smettere, soffocando rauche grida nell’incavo del gomito (non ho fatto niente di male. Non ho fatto niente di male. Mamma, non ho fatto niente di male.) ma nessun Hale aveva voluto sentir ragioni. Suo padre gli aveva detto che l’aveva perdonato in precedenza, e l’aveva realmente fatto, ma non sarebbe rimasto a guardare mentre il sangue del suo sangue continuava imperterrito ad ignorare gli insegnamenti di Nostro Signore ed a prendersi gioco di lui sotto il suo stesso tetto, impegnando il proprio tempo in attività perverse e squilibrate. Contro natura. Sei malato, Leighton. Poco importava che Mac gli avesse detto di non essere mai stato meno malato in vita sua; che non ci vedesse nulla di sbagliato, che non fosse giusto. Gliel’aveva ripetuto piangendo fino a scorticarsi la gola, fino a perdere i sensi fingendo di addormentarsi - non aveva fatto niente di male.
    Ma era malato sul serio, Mckenzie Leighton Hale. Giusto? Suo padre gliel’aveva ricordato così spesso, ed in modo così crudelmente certo, che Mac aveva finito per crederci: era malato, era sbagliato, e Dio!, avrebbe voluto essere in grado di migliorare. Ci aveva provato, e solo il Signore poteva essere testimone di quanto ci avesse provato – non era stato abbastanza. Si era convinto che i metodi degli Hale, della chiesa, l’avrebbero aiutato. E poteva farlo, Mac. Poteva tollerare i polmoni ad implorare ossigeno ed il viso affondato nella conca dell’acqua benedetta, poteva sopportare i tagli sulla schiena delle fruste e le maledizioni, poteva rimanere mesi chiuso nel Seminterrato senza alcuna compagnia se non se stesso; poteva farsi insultare, umiliare.
    Ma non così. «mamma-» tentò, girando il capo per cercare il viso sciupato della madre seduta sulle panche. Uno dei due uomini al suo fianco gli impedì di muoversi stringendo dita callose attorno al suo collo, ed uno strozzato verso di gola abbandonò la bocca dischiusa di Mac. Non chiamarci “mamma” o “papà”. Non finchè non sarai guarito: tu non sei nostro figlio.
    Lui non era il loro figlio. Quella sentenza l’aveva ferito più a fondo e più violentemente di ogni genere di tortura carnale al quale era stato sottoposto, sminuzzando pelle, carne ed ossa senza che Samuel Hale dovesse muovere un dito: non era il loro figlio - perché? Come? Se non era Mckenzie Leighton Hale, chi era? Non ho fatto niente di male. Tentò un disperato movimento laterale, roteando gli occhi quanto possibile dalla scomoda posizione in ginocchio in cui l’avevano costretto: non si era mai ribellato ai Trattamenti, e non avrebbe cominciato quel giorno. Mac voleva tornare ad essere loro figlio, ed avrebbe fatto qualunque cosa, con il sorriso sulle labbra, se fosse risultato abbastanza da renderlo meritevole di rientrare in famiglia. L’aveva già fatto. Ma quello? Umettò le labbra osservando le tavole, il panico a rivoltargli lo stomaco costringendolo ad un conato di nausea. Vi prego, non ho fatto niente. Un singhiozzo attutito fra i denti lo rese d’improvviso consapevole delle guance bagnate di pianto e del basso lamento continuo strizzato fra lingua e palato. Serrò la bocca e chiuse gli occhi, gli uomini ad allungare forzatamente le braccia di Mac su un basso tavolino posto sotto l’altare – non gli era stato concesso di salire gli scalini che l’avrebbero portato al Crocefisso: troppo corrotto dentro. Dio, aiutami. Dio, ti prego. Comprendeva perché il Trattamento fosse necessario. Comprendeva che Dio non avrebbe fermato i suoi Portavoce dal compiere quel che andava fatto. Chiedeva solo una cosa, Mckenzie. Solo una, percependo il freddo dei chiodi a contatto con il dorso della mano, la punta a graffiare la pelle prima di scalfire muscoli ed ossa – il cuore a schiantarsi contro le costole cercando una via di fuga.
    Deglutì ed abbassò sconfitto il capo, privo di forza o volontà con cui costringere i polmoni ad un altro respiro. Tremava, Mac.
    Una cosa soltanto, Dio. Ti prego, poi farò tutto quello che vuoi. Tutto. «harper,» riuscì a incrociare le iridi azzurri di sua sorella, ed anche quel minimo di resistenza che il suo corpo gli aveva auto imposto cessò d’esistere – un taglio netto dei fili che ancora, testardi, lo tenevano in vita. Non c’era niente, nello sguardo opaco di Harper. Dimentica del senso di colpa che più volte l’avevano trascinata alla soglia del Seminterrato, degli è colpa mia, Mac con i quali aveva pianto strizzando la guancia sul legno, le dita a cercare d’infilarsi sotto l’uscio per sfiorare quelle di Mckenzie; dimentica delle volte in cui Mac le aveva sussurrato di non preoccuparsi, non è colpa tua, harp. L’avrebbero scoperto comunque. Dei pomeriggi passati nel Solaio a telare, dei vestiti provati ed i trucchi condivisi su uno specchio che il loro segreto non l’aveva mantenuto. Dimentica delle confessioni, della paura.
    Solo vuota risolutezza. Mckenzie sapeva che non sarebbe durata a lungo, quell’aridità. Che, come un fiume in piena, Harper avrebbe finito per farsi sommergere nuovamente dal rimorso, incapace di cancellare l’immagine delle mani di suo fratello inchiodate a due tavole di legno - devi capire il dolore che ha provato il Messia per poter ripulire la tua sporca anima dannata.
    Ecco perché non chiedeva altro, Mckenzie, e non avrebbe mai chiesto altro mentre i chiodi premevano maggiormente sulle mani, se non «non guardare.»
    Seguì il suo stesso consiglio; tirò su con il naso e spalancò la bocca per un ultimo respiro, prima di masticarsi la lingua così da soffocare le grida che sapeva gli avrebbero sconquassato spalle e petto.
    Fu in quel momento che il portone della Cattedrale di Sacramento, California, si spalancò lasciando entrare un irruento raggio di sole. «cristo…santo.»

    Oggi.
    «sei sicura non sia un problema per il signor gallagher?» mormorò stringendo fra i denti un ago, un ginocchio al suolo e l’altro piegato contro il petto. Sollevò il capo cercando gli occhi di Martha Fay, la quale, torreggiando su di lui, liquidò la questione con un vago cenno della mano. «se ne farà una ragione» Mac nascose un sorriso deliziato abbassando la testa, percependo le guance avvampare a causa della lusinga. Così spontanea, per di più; non intenzionale: se ne farà una ragione. Un uomo importante, carismatico, e di piacevole spicco quale Buchanan Gallagher se ne sarebbe fatto una ragione che la figlia maggiore del signor Fay non avrebbe indossato l’abito da lui scelto, spedito insieme all’invito, perché Martha avrebbe partecipato alla festa con una creazione di Mckenzie. Non aveva mai pensato di poter meritare quel genere di fiducia, o che qualcuno potesse voler correre un rischio per lui; faticava ancora a crederci, Mac. Strinse il pugno per impedire alla mano di tremare, una sensazione di calore oramai familiare a serrargli la gola. «mcChicken?» non l’aveva mai chiamato Mckenzie o Mac, Martha: nella vita quotidiana era McRoyal, ed in rari momenti le sfuggiva mcChicken, nomignolo che piegava sempre la bocca dell’Hale in un sorriso inconscio. Il tono preoccupato di lei riempì il costato del mago sedicenne di tutto quel che nel mese precedente non le aveva detto, e che in quello ancor prima gli era mancato. Serrò le palpebre e si costrinse a respirare dal naso, la mano libera dal filo color perla a scivolare fra i corti capelli biondi. Nel passare le dita sulla testa arricciò il labbro superiore, non sentendo per nulla la mancanza dei ricci scuri tagliati in Primavera: era stato il suo primo passo verso una nuova vita - libera, pulita; scelta.
    Un’esistenza degna di essere definita tale, dove respirare non pareva più lo sforzo titanico che aveva afflitto l’Hale per anni. Inspirava felice di farlo; si svegliava contento di averne la possibilità. Era vivo, ed era… accettato. Accettato. Umettò le labbra indietreggiando di un passo, il ginocchio a strisciare sul pavimento. «sono tornato -» a casa. Ingoiò saliva e bile evitando il suo sguardo. «- a sacramento,» curvò istintivamente le spalle. «quando voi…» Sebbene fosse passato un mese, ancora non riusciva a dirlo - a pensarlo. Perché Mckenzie, malgrado non ne avesse mai fatto parola con Margaret ed Ernest, il primo giorno in cui né Logan, né Martha né Adam erano rientrati in villa, aveva creduto… aveva creduto non l’avrebbero mai più fatto. Che se ne fossero andati, e per sempre. Che l’avessero abbandonato. Aveva oppresso il panico con spallate amichevoli ad Ernest, stringendosi nelle spalle e cambiando argomento prima che Margaret potesse iniziare a suggerire i cento modi in cui le Bestie (su quali non aveva voluto indagare) avessero banchettato con le loro carni per festeggiare il Solstizio, ma non se l’era vissuta bene la loro assenza. Si era lasciato abbindolare dal loro fascino, dalla concreta possibilità di aver trovato un posto da chiamare casa, e quando gliel’avevano strappata via era stato semplicemente troppo per il già fragile ed umido cuore di carta dell’Hale. Non torneranno più, Mac. I tuoi genitori avevano ragione, sei malato. Sei contagioso. Sei letale. Nessuno ti vorrà, finchè non sarai guarito. Ti hanno mentito, Mac. Non pensano che tu sia giusto – che tu sia perfetto così. Ti odiano, come Careen. Te la ricordi? La tua “sorellona”, che non ha mai voluto farti avvicinare a tuo nipote. Te la ricordi?.
    Sì, se la ricordava. Ogni giorno.
    Nel mese in cui tutti, perfino il panettiere, erano svaniti nel nulla, Mac ed il resto della più ottimista Fairy Squad avevano cercato di non seminare il panico; con della Polisucco ed un invasione di campo a casa Shaw, Mac si era finto Abraham il tempo necessario per dire ai fedeli di recarsi nella parrocchia vicina, perché, insieme ad altri onorevoli membri della comunità, si sarebbe ritirato dalle scene seguendo un Nuovo Cammino Spirituale che avrebbe portato tutti loro più vicini alla fede – ed aveva specificato che non li stava abbandonando, più per convincere se stesso che non per il suo pubblico. Non ti hanno abbandonato. E di quel mese, Mckenzie non poteva ignorare la vena passivo-molesta che aveva serbato nei confronti di Babette Monteiro; non sapeva nello specifico in che generi di rapporti fosse con gli altri ragazzi di Bodie, ma sapeva fossero amici – così come in cuor suo sapeva ci fosse qualcosa di particolare negli abitanti di quella cittadina della California, ma mai s’era permesso di fare domande: era un giovane riservato, timido, reverente.
    Ma anche curioso. Ecco perché, in quell’arida terra privata di dozzine dei suoi abitanti, Mac aveva seguito come un’ombra il nipote di Francisca. Voleva sapere, voleva capire, ma non abbastanza da avvicinarsi al giovane e chiedere. L’aveva osservato sperando di captarne i pensieri, e l’aveva evitato per timore che potesse effettivamente enunciarli, mettendo la parola Fine laddove Mac cercava di cancellare il punto in favore della virgola. L’unica cosa che aveva compreso in quelle settimane, era che fosse triste - arrabbiato, talvolta. Distratto. Centinaia di volte aveva provato ad avvicinarsi, e migliaia si era convinto che non fosse il caso: senza Logan o Martha a coprirgli le spalle, a dirgli che fosse normale quel ch’era e provava, Mckenzie non riusciva a ignorare il macigno della propria solitudine. Un tempo era bravo, a fare amicizia.
    Prima che ogni suo approccio fosse visto per quel che non era, e Mac fosse tacciato come depravato ad ogni minimo sorriso. L’avevano convinto che essere omosessuale significasse non poter avere amici di sesso maschile, e non poterne avere di genere femminile perché non facevano altro che deviarlo. Gli avevano insegnato che a star con gli altri facesse loro più male che bene, e Mckenzie era troppo buono per azzardarsi a correre il rischio: non aveva mai voluto far del male a nessuno.
    Margaret ed Ernest erano la sua sola eccezione. Erano come lui.
    «non eravate qui.» concluse in un sussurro, facendo guizzare la lingua sulle labbra ed arrischiandosi ad alzare lo sguardo sulla Fay. Ci provò a tenere per sé il magone; ci provò a non gonfiare gli occhi di lacrime, ad impedire al battito di accelerare e la saliva a mancare. Quando vide la fosca stilettata di consapevolezza nelle iridi foresta di Martha, ogni briciolo di controllo sfumò come pittura sotto l’acqua. Era andato a Sacramento lasciando solo un biglietto a Meg ed Est. Pur approfittando dei passaggi offerti dagli sconosciuti, aveva impiegato un’intera giornata per giungere alla sua città natale. Aveva preso una decisione, e non aveva esitato a bussare alla porta della casa in cui era cresciuto. Uccidimi aveva detto a suo padre, senza battere ciglio. Uccidimi e perdonami, ed aveva sollevato il mento per impedire alle lacrime di scorrere.
    Se non fossero arrivati Margaret ed Ernest, probabilmente l’avrebbe fatto.
    Aveva singhiozzato per tutta la strada di ritorno, mischiando lacrime e sangue fino a perdere coscienza di sé. «perché?» Perché? Una mezza risata caustica gli bruciò la gola, una goccia salata a scivolare impertinente lungo il profilo del naso. Scosse la testa, infilò entrambe le mani fra i capelli e le abbandonò in grembo. «è la mia famiglia» Era così difficile da comprendere? Non c’erano stati solo gli abusi, nella sua vita; c’erano state le risate, e le cene tutti insieme quando ancora Daniel e Careen vivevano con loro; c’erano stati i pomeriggi in cui sua madre gli aveva insegnato a cucire e tessere, in cui suo padre aveva giocato a calcio con lui. L’avevano amato. E mai, Mckenzie, aveva smesso di voler loro bene. Dovevo tornare. Per Harper. Quando a Febbraio aveva lasciato Sacramento, aveva implorato la sorella di andare con lui – ma lei aveva evitato ogni contatto, scansando la sua mano per avvicinarsi alla gonna di mamma. Non si sarebbe mai arreso con lei.
    Perché sapeva, che il prossimo Errore agli occhi dei loro genitori sarebbe stata lei – ed anche Harper lo sapeva.
    Doveva solo ammetterlo. Doveva solo seguirlo.
    Battè le ciglia rendendosi conto che Martha si fosse avvicinata, e le dita di lei fossero strette sulle sue guance – guance più rosa, piene. Sane, sane, sane. «non hai bisogno di loro, mcchicken» ricambiò lo sguardo di lei sentendo la pelle bruciare. «siamo noi la tua famiglia, ora. ricordi?» Sì, ricordava. Gliel’avevano detto quand’erano arrivati a Bodie, dove Margaret ed Ernest aspettavano sul Portico.
    «salutate il nuovo membro della fairy squad»
    «cos’è una “squad”?»
    «è come una famiglia, ma meglio»
    «perché meglio?»
    «perché puoi sceglierla»

    Non li aveva scelti subito, Mac. Aveva passato settimane chiuso in se stesso, cortese ma prigioniero della sua pelle – dei suoi sorrisi. Aveva cercato di adattarsi fino a che non aveva compreso che non dovesse farlo: poteva essere se stesso – poteva scegliersi.
    Quando aveva scelto Mckenzie Leighton Hale, aveva scelto anche loro. E l’avrebbe fatto sempre.
    «non c’eravate» le ricordò muovendo appena le labbra, sentendo il cuore incassarsi nello sterno. Non c’eravate. «c’erano est e meg» disegnò cerchi con i pollici sulle gote di Mac, raccogliendo sulle falangi ogni lacrima scivolata erroneamente dalle ciglia. «non eravate qui» ripetè serrando la mascella ed alzando il tono di voce di un’ottava, il terrore a rendere ogni parola più amara e granulosa. Da quando erano tornati, respirava nel timore che ad ogni battito di ciglia potessero nuovamente sparire.
    E non l’avevano mai smentito. Necessitava di rassicurazioni, ma non accettava menzogne: il sarto del Far West era impossibile da accontentare, in una situazione delicata quale la loro.
    Ecco perché nessuno l’aveva ancora fatto.
    Ed ecco perché anche in quel momento Martha Fay non lo fece: «ve la siete cavata alla grande anche senza di noi» Mac non ricambiò il sorriso, gli occhi umidi di pianto. «sono fiera di te, mcchicken.»
    Era tanto chiedere che fosse abbastanza?
    Si lasciò stringere, abbracciandola a propria volta come fosse stata la terra ferma di un naufrago. Affondò le dita nel tessuto sottile dell’abito, il mento sull’incavo della spalla, e si permise di piangere - senza sentirsi patetico, stupido, o debole.
    Lo dimostrava poco, ma anche Mac era fiero di sé.

    «è stata una pessima idea.» chiarì, caso mai qualcuno non l’avesse già intuito dalla postura rigida delle spalle. Mckenzie Hale fece scivolare gli occhi sull’imponente profilo della villa, i palmi umidi di sudore tenuti a distanza di sicurezza dal vestito. Dal vestito - gli faceva male il cuore solo a guardarlo. Quando Martha aveva indossato l’abito cucito per lei, aveva lanciato fra le braccia di Mac un pacco dalla forma familiare. “Il tuo” Mckenzie aveva corrugato le sopracciglia togliendo delicato la stoffa dalla confezione. “Ma è l’abito che il signor Gallagher aveva preparato per te” Lei si era limitata a sorridere scompigliandogli i capelli. “Lo so, ma ho visto come lo guardi” Non aveva avuto bisogno di altre specifiche.
    Sapeva di esserne profondamente, egoisticamente, innamorato di quel vestito.
    Ma sapeva anche che “è un vestito da donna” non che in quei mesi Mckenzie non avesse cucito per sé abiti da donna, ma un conto era indossarli nelle mura sicure di villa Fay, un altro uscirci in pubblico: l’avrebbero tutti additato come una perversione della natura umana, un abominevole fallimento del Signore. E perché? Non l’aveva mai compreso. Sapeva di essere un uomo; si sentiva a proprio agio nel suo corpo, e non avrebbe preferito nascere femmina per accontentare il buon costume comune: non vedevano quanto i vestiti da donna fossero più belli? Più fantasiosi, caldi – come potevano non desiderarli sulla loro pelle? Mckenzie, sarto da tutta una vita, era certo che la stoffa non avesse genere sessuale.
    L’America non era pronta a pensarla come lui.
    “e?” Poteva farlo? Voleva farlo con ogni cellula del suo corpo. Aveva passato le dita sull’abito, sorridendo al vestito come avrebbe fatto ad una creatura vivente. “non voglio mettervi in imbarazzo” Ne era seguito un discorso di un quarto d’ora su come l’unico modo per metterli in imbarazzo fosse non essere se stesso – quella sì che sarebbe stata una perdita per tutti, “perché sei così una meraviglia quando sei felice”.
    E lo era stato, in maniera così vibrante e viva da far male al petto - lo era stato, aggiustando l’abito perché si adattasse a forme differenti di spalle e fianchi, premendo le labbra sul rossetto perché amava sentirne la consistenza ed il sapore sulla lingua.
    Poi era arrivato alla festa. Stava iper ventilando? Certo.
    Sempre. Agitò le mani davanti al viso per farsi aria, prendendo poi le perle della collana per frustarsi, seppur delicatamente, le guance. «dovrei davvero tornare a casa.» ma voleva davvero entrare. Inspirò tremulo sull’orlo di una crisi di panico, gli occhi sollevati al cielo alla ricerca di una risposta nelle stelle: dove ho sbagliato, dove sono sbagliato. Annuì fra sé.
    «dovrei davvero tornare a casa?» strinse il braccio di Ernest con una presa ferrea e davvero poco da Mac, usualmente elegante e delicato in ogni movimento, volgendo terrorizzati occhi grigio verdi su - «non sei ernest.»
    Non era Ernest is the new era Sonia.
    lost boy | 1902's
    dressmaker | lgbt fa(ir)y squad
    It's the very first breath
    When your head's been drowning underwater
    And it's the lightness in the air
    I know that you'll thank God you did

    post davvero....inutile. ma alla fine molesta qualcuno a caso, vuoi essere tu?? sii tu!!&&
     
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    Esattamente come voi, anche rob si è più volte chiesta in quale modo jayson, miles per gli amiki di bodie, potesse aver trascorso i mesi passati nella cittadina californiana, senza trovare una vera risposta. Ce lo siamo immaginati a spazzolare cavalli con aria assorta, il colletto della camicia abbottonato per nascondere ferite di cui il soldato ancora non se la sentiva di parlare, un dolore troppo grande per essere condiviso con il mondo; marito affettuoso e devoto, assiduo frequentatore della chiesa di padre abraham - con il quale si confessava spesso al solo scopo di rompergli le palle -, un valido aiuto nella raccolta delle barbabietole. Di notte troppo occupato a gestire i traffici illegali delle scommesse per poter dormire, oltre che i freaks lasciati allo sbaraglio, nei confronti dei quali si limitava ad una rotazione completa degli occhi nelle orbite; occupava il suo tempo libero, spesso e volentieri, assistendo in diretta alle puntate de La Casa Del Papel: Perpetua edition, seduto su una modesta poltroncina a casa simmons sgranocchiando una pannocchia mentre arci, aidan e gwen inscenavano vere e proprie faide familiari. Il tutto condito da una sottile e amara nostalgia che jay era riuscito a tenere a bada, con fatica e impegno, finché i portali non si erano aperti rivelando loro la verità: che c'era ancora una speranza di tornare; ma una speranza flebile, quasi distrutta alla nascita. E, nel tornare a bodie, jayson matthews aveva nuovamente perso se stesso, e la voglia di fingere che di quella realtà gli importasse davvero qualcosa. Che di se stesso, in primis, potesse fregargliene una sega.
    Faceva ancora tutte quelle cose, un modo come un altro per occupare il tempo senza impazzire definitivamente, ma senza più alcuno sforzo nel sembrare credibile. «MOVE YOUR ASS YOU OLD BITCH!» citando charles boyle, myles diede gas premendo il piede destro su quello che doveva essere l'acceleratore del mezzo, pur non avendone la forma contemporanea cui il ragazzo si era abituato guidando lo spaco bus durante le lezioni impartitegli da eugene, aumentando l'andatura anziché rallentare: se la vecchia vestita a festa voleva rimanere nel mezzo della strada, cazzi suoi. Era certo che, se l'avesse fatta fuori, nessuno a bodie gliene avrebbe fatto una colpa. Aveva scelto un ottimo momento per sbroccare, il telecineta, in quanto sembrava proprio che i bodiotti fossero disposti a perdonargli ogni uscita di testa, giustificando i suoi gesti, i silenzi prolungati e le risposte taglienti come una normale reazione post traumatica alla guerra. si trattava pur sempre di un uomo ferito in battaglia mentre combatteva per il proprio paese! «Porca- ATTENTO ALLA BUCA» ma non era una vecchia? vedevano cose diverse, jay e arci, ma su una cosa erano d'accordo: a nessuno dei due fotteva dell'attempata vestita di lustrini ferma a bordo strada (?) con una mano guantata premuta sullo sterno, un attacco cardiaco fatale in corso. Non aveva ancora ucciso nessuno in quell'epoca, ma il matthews era pronto a cominciare anche subito. «L'HO VISTA!» urlò di rimando, anche se non aveva visto proprio un fico secco, svoltando l'angolo con una sterzata a sinistra che levateve tutti; diede giusto una rapida occhiata all'indietro, controllando che aidan e gwen fossero ancora al loro posto - niente cinture di sicurezza obbligatorie, a bordo di Baby -, e, nell'intercettare le loro espressioni un filo preoccupate, rivolse ad entrambi un sorriso nient'affatto rassicurante. Non mi schianteró con voi a bordo, diceva quel sorriso, ma fossi in voi farei comunque testamento. Frenó con un'inchiodata storica a due centimetri da un albero di sta cippa piantato nel posto sbagliato al momento sbagliato (cos), la vista per un istante oscurata da un'ombra improvvisa: imponente come una reggia, e altrettanto inquietante, villa rich!gallagher si estendeva alla loro destra, oltre ad un cancello aperto attraverso il quale passeggiava la creme de la creme di bodie, gente che fino al giorno prima indossava ancora abiti da cowboy e che in quel momento credeva davvero di essere entrata in un'altra epoca. Forse avevano ragione, ma jay ci capiva poco comunque, lasciaca volentieri ad Aidan il compito di scortarli attraverso la storia: tanto, ed era inevitabile, per loro quel 1918 rimaneva il far west. «Nonnino ha fatto le cose come si deve» ruotó impercettibilmente il capo verso arci, mentre tutti e quattro scendevano dal mezzo abbandonando Baby nelle mani dei facchini tuttofare, slacciando si proposito i primi bottoni della divisa che era stato gentilmente invitato ad indossare. «speriamo ci lasci qualcosa in eredità quando crepa » 'ci', perché a quel punto jayson si era in automatico annesso alla family, pur senza condividere con loro una goccia di sangue: passava troppo tempo in compagnia dei fani, anche quando l'etichetta chiedeva che quelle ore le trascorresse con la sua sposa, per non sentirsene ufficialmente parte. Persino i bodiotti si erano abituati a vederlo gironzolare quasi sempre in compagnia di vari simmons e company, quando non era impegnato a far visita a suo fratello in chiesa; solo le zitelle più accanite continuavano a mormorare sotto voce, alludendo al fatto che l'affascinante Martha sembrasse più interessata al confessionale che ai suoi doveri di moglie, ma ad una certa myles aveva messo a tacere anche loro. Un po' perché avevano rotto il cazzo, un po' perché anche se non era davvero sua moglie, non si dovevano permettere di parlare di run. In generale. Martha è molto devota, e io una persona difficile con cui passare il tempo, aveva rivolto loro un sorriso sottile, affilato, per niente cordiale, mentre il colore sulle guance pasciute delle pancine/novella1918 scemava rapidamente, trova conforto nelle preghiere. Preferisce quelle, piuttosto che ciarlare come una vecchia gallina.
    Era stato bellissimo, anche perché non gli avevano più rivolto la parola.
    Quando Mads li raggiunse, una figurina eterea e svolazzante con occhi troppo grandi e un sorriso da orecchio a orecchio, jay la salutò con un cenno del capo, sfiorando il cappello con la punta delle dita; anche quello faceva parte della divisa color tabacco, ma il telecineta lo portava ostentatamente rivolto all'indietro, un po' storto sulla testa. Yo, Bodie, come butta. «tootie, non farti mettere le mani addosso dalle signore infoiate. sei una preda troppo facile. » gliela poteva concedere, almeno alla bestiolina, un pizzico di sana normalità, per questo gli passò la mano destra sui capelli, arruffandoli quel tanto che bastava a far trapelare il suo affetto nel tal gesto. «devo recuperare quella santa donna di mia moglie. chissà se padre abraham ha finito di purificare la sua meravigliosa anima.» un sospiro teatrale gli sfuggì dalle labbra, perfettamente credibile ad un occhio estraneo, qualcuno che non fosse al corrente della realtà. Ma non c'era traccia di rancore, o invidia nella voce di Myles, mentre gli sfiorava la mente il pensiero di quei due a fare cosacce nel confessionale: per quanto gli era a quel punto possibile, era felice che almeno loro due avessero trovato un modo di andare avanti, aggrappandosi uno all'altra come naufraghi nel mare in tempesta. Oltre alle fan-fictions hot di ornella, ovviamente. «dovrei davvero tornare a casa?» arci lo afferrò per un braccio, costringendolo a rallentare. doceva essergli andsto di traverso qualcosa -troppe emozioni-, perche la sua voce suonava diversa «ma se siamo appena arrivati» deadpam, si voltò verso il ragazzo, solo per trovarsi di fronte un pischello con indosso un vestito da sera bellizzimo, così platinato che gli ricordava barruly *nostalgia* «non sei ernest.» «e tu non sei ar--danicoso. bel completo.»
    tutto chiaro.

    jayson matthews / myles shaw
    When a man does wrong ain't no coming back home.
    He's been out there too long
    like a toy soldier | 1918
    It's on your mind what you did wrong. And now you want to come back
    telekinesis | idgaf



    si lascia molestare da mc ♡
     
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    joseph winston moonarie // PEPITO julio (...) VILLALOBOS
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    In quel momento, in quel momento preciso, Joseph Moonarie desiderava solo tre cose dalla vita: 1) una scopa volante con cui giocare a Quidditch (suo pensiero costante), 2) un cellulare con cui ascoltare la musica durante la corsa di ritorno a casa (aveva provato a mettere una Bodiotta su un carretto e trascinarsela dietro obbligandola a cantare per tutto il tempo, ma non aveva esattamente funzionato il 1918!mp3 - moving perpetua tremenda) e 3) riuscire a lavarsi via dalle mani, soprattutto da sotto le unghie da dove - Dio - non voleva saperne di levarsi, il sangue dell'uomo.
    Non gli pareva di star chiedendo tanto dalla vita.
    «Almeno stai zitto» borbottò a bassa voce con espressione apatica quando il tipo, a terra e con una mano stretta attorno all'altra, provò a rialzarsi piangendo rumorosamente. Poichè non gli diede ascolto, Joey provvide a dargli un colpo col piede che lo fece gemere e invocare il Signore. Joey roteò gli occhi; chill, manco il biondo avesse usato tutta la sua forza.
    Riprese a lavarsi le mani nel secchio tirato fuori dal pozzo come se niente fosse accaduto. Strinse gli occhi, chinandosi maggiormente sul sull'acqua e osservandosi da vicino le dita. Ora. Non è che Joseph avesse un qualche disturbo ossessivo compulsivo relativo alla pulizia, non esattamente (avendo vissuto per un decennio e mezzo in topaie, sarebbe impazzito prima), però gli piaceva essere in un ambiente ordinato, essere in controllo del proprio aspetto. Abiti lindi, capelli pettinati, unghie pulite. Le mani sporche di sangue non rientravano esattamente in questi canoni. Prese il coltellino - accuratamente lavato prima - per passarselo sotto le unghie; a mali estremi.
    L'uomo steso a terra iniziò a pregare e Joey si dovette ricordare che non poteva ucciderlo, se non voleva rischiare di fottere il presente (futuro??) più di quanto non avesse già fatto. Perchè pregare Dio, quando al massimo il suo destino era nelle mani del sedicenne?
    «Devi proprio?» Neanche gli rispose (e se lo fece, lo fece mischiando le parole a imbarazzanti singhiozzi e gemiti, e sapete chi non aveva sbatti di decifrare simili gorgogli? Joey, sempre Joey). Pure maleducato. Oltre a essere una piattola, era anche scortese. Joey si piegò sulle gambe, avvicinandosi per essere più a portata d'udito dell'uomo. «Te la sei cercata» semplice così.
    Tornando dai propri allenamenti, Joey non era solito passare per quella strada, preferendo di gran lunga circumnavigare il paese per l'esterno ignorando così possibili incontri con chiunque; se quella sera aveva deciso di passare per la piazza e soprattutto per la via della panetteria di floyd, era stata una decisione del tutto dettata dal caso, dalla distrazione del Moonarie che si era accorto a strada già imbroccata dell'errore... ma se non fosse incidentalmente passato di lì, e non avesse dato uno sguardo distratto alla penetteria in teoria già chiusa, non avrebbe mai notato la porta socchiusa, la flebile luce che traspariva dalla vetrina e, una volta avvicinatosi silenzioso, non avrebbe visto l'uomo che stava scassinando il registratore di cassa.
    Joey non si era mai ritenuto un difensore della legge nè aveva intenzione di farlo, ma Floyd in quei mesi era stato gentile con lui e con gli altri viaggiatori del tempo, e per quanto il biondo avrebbe preferito non doverci stare a pensare, aveva sviluppato un certo tipo di affetto nei suoi confronti. Per questo aveva attaccato il tipo - senza neanche chiedergli se i soldi li stesse rubando per sfamare un figlio che moriva di fame (spoiler che avrebbe poi scoperto dall'uomo stesso: non era così), senza farsi troppe domande al riguardo. Col vantaggio della sorpresa l'aveva immobilizzato, fatto uscire dal retro per questioni di igiene, e dolorante per le botte, stordito da una pala da fornaio in testa, minacciato da un coltellino a serramanico, Joseph gli aveva preso senza troppi complimenti la mano per posargliela contro il muro, e con l'altra, che teneva la lama, aveva tagliato indice e anulare dell'uomo. Non sapeva bene come funzionasse a Bodie in particolare, ma era piuttosto sicuro che ai ladri nel medioevo si tagliassero le mani, quindi gli sembrava onesto; se non gli aveva mozzato la mano, era solo per una questione di praticità - non gli piaceva fare il macellaio, e con un coltellino non avrebbe voluto star lì tre ore a segare.
    Il sangue era stato più del previsto per due semplici dita, e le grida del tipo, improvvisamente risvegliato dal torpore delle botte, dovevano aver allarmato i Bodiotti che vivevano nelle case vicine. Neanche quando si era calmato (dopo un'altra serie di colpi), Joey gli aveva sciroppato il discorsetto educativo, sperando che avesse capito da solo il perchè, del gesto.
    «Al giorno d'oggi» 2018? 1918??? both. «la gente non conosce il senso della parola gratitudine» poteva o non poteva ucciderlo - o renderlo monco - quando aveva optato invece solo per memomarlo?? Oh ma il rispetto d'ov'era???? «Poi è la gen z, quella senza morali» protese la mano, dando uno schiaffetto alla faccia del tipo, che tremò sobbalzando e mugugnando qualcosa. Joey avrebbe potuto chiedergli di ripetere, ma meh, non gli importava davvero. «Se hai così bisogno di soldi, trovati un cazzo di lavoro... o scegli meglio a chi rubare, coglione. Se torni qua ti taglio qualcos'altro» L'uomo si portò immediatamente le mani fra le gambe, e Joey ci mise un attimo a capire. Ew, gross, perchè Joey avrebbe voluto sorbirsi la sua vista nudo quando poteva tagliarsi qualsiasi altra cosa????? Non glielo domandò.
    Si alzò stiracchiandosi, e svuotato il secchio con acqua sporca di nuovo nel pozzo riprese tranquillo a correre, tornando a casa. Una volta dentro si affacciò in salotto, guardando Floyd che preparava la cena. Joey non gli aveva mai chiesto di aspettarlo per i pasti, ma dopo le prime due settimane in cui il biondo aveva ignorato volutamente le portate di cibo, portandosi piatti con cose a caso preparate da lui da mangiare in camera da solo o dai Freaks, il Moonarie aveva iniziato per qualche motivo a farsi vedere un po' di più dal colombiano, e a restare a tavola almeno il tempo di finire cosa c'era nel piatto. A volte cucinava anche lui.
    «Oye» Floyd neanche si voltò, dovendo aver sentito la porta aprirsi (Joey si impegnava di proposito per fare rumore quando entrava in casa del Villalobos, in modo da doversi evitare i "sono qui" o i "ciao"), ma nel suo Hola Joey potè quasi sentire l'accenno di un sorriso.
    «¿Un día interesante?»
    «Mh» facendo lievemente spallucce istintivamente, Joey avanzò fino al tavolo, afferrando un libro lasciato sul davanzale e prendendo posto sulla sedia. Affondò il viso fra le pagine del manuale, lasciando intendere che non sarebbe iniziata nessuna conversazione, e proprio in quel momento notò una macchia di sangue sul braccio; col pollice la fece sparire, e ritornò con lo sguardo sul libro. «Lo habitual»

    Joseph aveva una strana relazione con le feste. In qualche modo gli piacevano - musica, troppo rumore per poter parlare, fiumi di alcol e droga solitamente offerti dall'ospite -, ma d'altro lato c'era sempre qualcuno che provava a interagire con lui soltanto perchè era un po' meno la rappresentazione del "leave me alone" rispetto al solito, e la cosa era tremendamente noiosa ogni volta. L'evento a casa Gallagher dove erano stati assunti, in ogni caso, si poteva definire assolutamente diverso da qualsiasi festa il Moonaire fosse mai stato, ed era quindi difficile per lui capire se fosse felice o meno di essere lì. C'era da bere, ed era un bene, c'era gente di ogni tipo e ogni età del tutto disinteressata a Joey, ed era più che un bene, ma la musica? Il disordine? Dov'era la gente ubriaca che vagava in giro? Era in qualche modo tutto eccentrico ma tutto soft, lì dentro.
    Quando un tipo si avvicinò per parlare a CJ (era l'ospite della festa, il famoso riccone che aveva regalato a tutti vestiti gratis???) chiedendo di andarci più tranquilli, Joey tornò con i piedi per terra, voltandosi verso la scena confuso.
    «Volevate il freak show» fece notare. «Ed è questo: seghiamo gli arti delle persone e questi non riappaiono. Magia» oh, non aveva mai visto quel trucco??? inculturated bitch. Joseph tirò fuori l'orologio dal taschino, guardando l'ora. A differenza di CJ, in lui aveva vinto la tentazione di indossare l'abito datogli da Gallagher, sebbene avesse già in programma di restituirlo; aveva sempre sognato una vita ricca, una casa enorme come quella in cui era adesso (non aveva ancora avuto tempo di farci bene un giro, ma non vedeva l'ora), e fingere per una sera di potersi permettere un abito simile - abito che a conti fatti nel 2018 non avrebbe mai potuto possedere - non gli pareva così sbagliato, finchè era soltanto per una serata. Già il suo alter ego pepito era un poveraccio di merda, almeno una notte voleva passarla diversamente. «Lo spettacolo sta per iniziare» sott'inteso: lasciaci in pace. C'era gente ricca da intrattenere, e altra da menomare.
    joey: 2002'S | ravenclaw | fuck off
    pepe: 1902's | freak | fuck off anyway
    I never promised you an open heart or charity
    I never wanted to abuse your imagination
    I come with knives And agony To love you
    The paradox or our minds. Too much to believe, too much to deny
     
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    Sersha osservava accigliata la scena davanti a lei, chiedendosi cosa ci fosse di sbagliato nella testa di B-B-Barbie. Come poteva pensare di sistemare un letto a castello in una stanza dove a malapena riusciva a stare in pieni, e lo diceva da persona bassa. Lanciò un’occhiata scettica al ragazzo accanto a lei, le braccia incrociate a esprimere tutto il suo disappunto. Ma non poteva dormire sul pavimento? Lei ci aveva dormito per anni ed era sopravvissuta, perché Brooklyn non si poteva abbassare al loro standard da poveri? «non puoi dormire sul pavimento?» severo ma giusto. Il ragazzo si voltò con un’espressione mortificata in volto, quasi gli avesse domandato se poteva bastonarlo «guarda che si è offerto lui, io avrei anche dormito per terra» strinse le labbra, lasciando andare la questione per quella volta – l’aveva convinta, ma solo perché le faceva pena. E per farle pena ce ne voleva. Bodie l’aveva ammorbidita troppo, fortuna che ogni tanto se le faceva dare per hobby. «meh, come ti pare» si strinse nella spalle, spostando poi lo sguardo su Barbie, il quale nel frattempo era entrato in full engineer mode. In quel momento era accovacciato e stava misurando qualcosa con uno strumento preistorico, come se in qualche modo lo rendesse più professional (spoiler: non lo faceva). «cosa stai facendo?» gli chiese, non nascondendo una certa diffidenza. Era certa che avrebbe finito con l’incastrare il letto da qualche parte o a spaccare qualcosa per farcelo stare. Voleva bene a Brooklyn, ma non abbastanza da farsi fottere la stanza. «ssh, s-sono un in-in-» INGENUOH «ingegnere» la jagger minore sollevò un sopracciglio biondo: dicevano tutti così. «sai fare anche la meth?» lei nel caso chiedeva, aveva sentito che era andata forte nel XX secolo. Non poteva perdere l’occasione per diventare un signore della droga come papà Pablo. Cidi per me è canon che Will insegnerà a Sersha a fare la trocah #random. «la c-c-co-» «cocaina» «c-cosa?» il fatto che non la conoscesse la offendeva nel profondo, da former spacciatrice non poteva accettare che la gente rimanesse ignorante su quelle questioni fondamentali. «ecco, ognuno ha delle skills nella vita» indicò prima se stessa e poi Barbie «la mia è la droga, mentre la tua non è essere un ingegnere» la verità era dura da accettare, ma qualcuno la doveva pur dire. Ovviamente la Kavinsky lo faceva sempre con amore, come in quel caso – Barbie sapeva che era un po’ rude, ma che ci metteva il cuore come Barbara d’Urso. «also real quick, barbie posso farti a pezzi per la festa?» «n-n-no.» poteva continuare a cercare di addomesticarla con lo spruzzino, Sersha avrebbe comunque provato a tagliargli una mano nel mezzo della notte. Così, for science.

    L’unica ragione per cui Sersha si prendeva la briga di rendersi presentabile, era in occasione delle feste. E l’unica ragione per andare era l’alcool e rubare i portafogli altrui. Quella volta non sarebbe stato diverso, nel suo vestito gentilmente donato dal signor Jack Dawson si mimetizzava perfettamente tra la folla di ricchi latifondisti, dandole l’occasione di infilare la mano nelle giacche altrui e passare inosservata. Fino a quel momento ne aveva già presi quattro, stava già facendo la collezione.
    Aveva perso i due Jaggers di vista pochi minuti dopo essere entrata, più interessata ad accaparrare bicchieri di qualsiasi cosa servissero e cibo – insomma, c’erano determinate priorità nella vita. Ora che aveva in circolo abbastanza alcool poteva anche tornare a socializzare. Non dovette cercare molto prima di trovare qualche freaks, di solito le bastava alzare lo sguardo e cercare un grattacielo umano nella stanza «fottute persone alte» scosse disgustata il capo, li aveva sempre odiati per quello. E poi si sapeva che non ci si poteva fidare di chi era troppo alto. Fece per muovere un passo verso Blowjob, ma fu bloccata da una voce soave «c-c-cazzo com’è d-d-d-duro» eh, quando l’influenza di Sersha si faceva sentire. Non ce la fece a trattenere le risate, piegandosi in due – non riusciva più a guardarlo, la faceva sentire male. Un Barbie selvativo stava già iniziando a delirare, e quella volta sui cazzi – di solito non si teneva quei discorsi per lei? «a proposito di cazzi duri, quand’è che ti possiamo segare?» sbatté innocente le sopracciglia, accennando a sorriso divertito. Dai, gliel’aveva servita su un vassoio.
    Your mind
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    kentucky jagger


    Edited by cocaine/doll - 13/10/2018, 19:05
     
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    Mariel Simmons
    "Are you straight?"
    Straight from hell

    "Nonno mi ha regalato un vestito!!" Si ricordò un attimo dopo aver formulato quel pensiero, di poterlo dire tranquillamente anche ad alta voce: dopo anni ed anni, una vita intera, di silenzio, era difficile abituarsi al fatto di aver detto la verità ai suoi genitori su chi fosse. Però era decisamente liberatorio. «NONNO MI HA REGALATO UN VESTITO!!!» Sapeva tutto, su Buchanan Gallagher, o almeno era a conoscenza di quanto si sapesse su di lui in città: da quando aveva scoperto della presenza a Bodie di un altro Gallagher, la ragazza aveva subito sfruttato le sue risorse per informarsi. Inutile dire che le erano bastate esattamente due (2) ore a casa della signora Finnegan in compagnia di quest'ultima e delle altre anziane della città (aka le migliori amiche di Gwen da quando era arrivata lì : preferiva di gran lunga fare la comare con loro o farle fare zumba cantando i cori di chiesa piuttosto che badare alle bestie di satana ai bambini del catechismo) con tanto di tè delle cinque e biscotti fatti in casa, per conoscerne vita, morte e miracoli.
    E sapete cosa l'aveva colpita di più? Era ricco. Perché, in quell'universo - e non solo in quello, considerando l'upside down ed AU!Gwen - tutti i suoi parenti erano ricchi sfondati mentre a lei era capitata una vita da povera?? Chissà per quale peccato commesso nel 2043 il karma l'aveva punita in quella vita.
    Anyway, ci rimase davvero male quando si accorse del fatto che il vestito per la festa non fosse arrivato solo a lei, ma anche a tutti gli altri: per un attimo si era davvero sentita speciale. Ma del resto, suo nonno non aveva alcun motivo di farle un regalo singolarmente: per prima cosa, non l'aveva nemmeno mai vista di persona, e poi non poteva certo esser a conoscenza di quel legame. Eh vabbè, Gwen era talmente scema speranzosa da crederci sempre, aveva sperato in un legame empatico (#cos)
    «posso guidare io per andare alla festa??»
    «...no»
    «ti preeeego»
    Non poteva certo dire di essersi trasformata in una bambina petulante con Arci solo da quando gli aveva rivelato di essere sua figlia: si era sempre comportata così. Forse, da ancor prima di scoprire che lui fosse suo padre: quante volte con lo stesso tono di voce gli aveva scroccato una sigaretta? Decisamente tante
    «...no, devi ancora imparare a guidare decentemente» e forse si addolcì un po', osservando gli occhi imploranti della ragazza «magari forse dopo qualche altra lezione - ma sempre magari, eh - te la lascio provare»
    E, con quelle parole, il sorriso non abbandonò il volto della ragazza per il resto della serata: aveva preso quelle parole già come un sì.

    «speriamo ci lasci qualcosa in eredità quando crepa» Come minimo. Non che casa Simmons non le piacesse, sia chiaro: in quei mesi si era talmente abituata a vivere lì da essercisi affezionata, anche perché era la prima volta in cui si era sentita ufficialmente parte di una famiglia. Ma quella casa? Se bisnonno Gallagher gliel'avesse lasciata, avrebbero avuto decisamente più spazio per vivere tutti più comodi. Diede una gomitata ad Aidan, sporgendosi verso di lui «ci pensi tu a metterci una buona parola? Secondo me vi basterà parlare per qualche minuto per riconoscervi a vicenda» #wat Beh, perché no. Magari si somigliavano pure d'aspetto (#spoiler: no) O forse potevano mettersi a raccontare aneddoti della loro famiglia? O su di loro?? Chissà, magari trovavano dei punti in comune. «sarà la tua missione, rendici ricchi» Così la Markley non sarebbe più stata costretta a rubare le offerte per la chiesa (o, più probabilmente avrebbe continuato a farlo in ogni caso)
    Dopo essere scesi dall'auto ed aver salutato Mads, si rilassò nel veder subito Toothy rendersi indipendente ed andare per i fatti propri: prima di acconsentire alla sua richiesta di venir con loro (che Gwen avrebbe accettato in ogni caso, ma era divertente apparire come genitore responsabile ogni tanto) gli aveva ripetuto e poi fatto ripetere una serie di regole per la serata. E tra queste era incluso anche il "Trova qualcuno sobrio e fatti riaccompagnare a casa" con tanto di spiegazione con disegnino su come riconoscere una persona sobria: era cresciuto per anni da solo e per questo non dubitava sul fatto che sapesse cavarsela da solo, ma comunque la ragazza non era tranquilla a lasciarlo camminare per le strade di Bodie nel cuore della notte. I Simmons erano genitori responsabili, a modo loro.
    E per poco non le venne un colpo al cuore, quando notò il ragazzo che aveva afferrato il braccio di Jay (e che come lui aveva dato per scontato fosse arci fino a qualche secondo prima hihihi) «LEVI» damn, con lui doveva ancora far funzionare i suoi meccanismi di segretezza (?????) Possibile che funzionavano quando non dovevano e, viceversa, non lo facevano quando invece ce n'era davvero il bisogno?? «...TICO. Stavo giusto parlando del fatto che sia il mio libro preferito della bibbia» Grazie a dio, vivere praticamente ventiquattro ore su ventiquattro in chiesa le aveva insegnato almeno le basi del cristianesimo.
    Incontrare Mac non era stato come vedere Barbie per la prima volta: lui l'aveva riconosciuto subito. Perché, mentre di Sander per qualche assurdo motivo Danielle aveva deciso di non lasciarne traccia, Gwendolyn aveva ritrovato decine di foto ad immortalare lei (ed anche le sue sorelle) insieme a Levi. E dunque era stata ancora più confusa dal ritrovarselo lì nel 1918: evidentemente Bodie e viaggiatori nel tempo erano meant to be




    Gwendolyn Markley
    1998's - 1898's
    church’s girl


    tumblr_m7w2o3N94I1r6o8v2
    made in china — I'm here at the beginning of the end
     
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    Mrs Yellow
    She wrote
    e poi è morta.


    Un'altra festa e lei era davvero stanca di doversi trovare a contatto con quella gente; era troppo ricca per scendere tra i plebei ma era anche l'anima della festa ( non è vero) e non poteva mancare a quella che sarebbe stata la sua ultima, ma questo lei non poteva saperlo, apparizione. Se avesse saputo che quella sarebbe stata l'ultima volta in cui aveva visto i suoi parenti avrebbe probabilmente cambiato il testamento, decidendo di escludere suo figlio da poco scoperto gay; era più che oltraggioso averlo in famiglia. Sperava solo che non venisse divulgata la notizia o avrebbero subìto una terribile vergogna e non voleva che il suo bel nome venisse infangato per quel problema; l'aveva persino mandato in un campeggio di recupero ma niente ancora.
    Sempre se avesse saputo che qualcuno le avrebbe fatto la pelle da lì a qualche ora, avrebbe venduto l'orfanotrofio, costruito a nome suo, perchè non le rendeva nessun profitto. Non amava i bambini, ne aveva avuti cinque ma questo non voleva dire che li adorava, anzi era l'esatto contrario. La due figlie femmine erano viziate e non facevano altro che figliare come se questo potesse renderle migliori; così si era ritrovata persino con dei nipoti. Lei odiava i bambini.
    L'unico aspetto positivo in tutto quello schifo era dato dal fatto che fosse riuscita a rimanere vedova per la terza volta anche se si erano piazzati in villa non solo i figli ma anche le rispettive mogli/mariti con tanto di nipoti. Insomma aveva intorno a se, ventiquattro ore su ventiquattro, un branco di idioti a darle fastidio e spesso si domandava come poteva aver preferito una famiglia alla carriera; se qualcuno le avesse chiesto qual'era il suo più grande rimpianto, avrebbe detto quello di essere diventata madre. Erano tutti dei coglioni, i suoi tre figli, anzi due, dato che l'altro neanche lo considerava tale; sapere di dover lasciare un giorno l'azienda di famiglia a loro le faceva venire il malumore, aveva quasi voglia di far fallire tutto solo perchè non poteva portarselo nella tomba. Ma perchè non poteva avere una piramide come gli imperatori egizi, così da avere un posto anche per tutte le proprie ricchezze, eh? #wat
    «Mrs Yellow la macchina è pronta»
    «grazie Poppins» fece una giravolta, alla velocità della lumaca, ma quasi le venne un giramento di testa, non aveva più 50 anni, doveva stare attenta. «Mrs Yellow, sta bene?»
    «Non mi toccare, vai dai marmocchi piuttosto. E niente canzoni come al tuo solito. Non voglio vedere quei demoni scendere la ringhiera come animali. Le scale si scendono coi piedi.»
    «Certo. Mi scusi» La donna sospirò per poi scendere nel salone, dove ad aspettarla c'era un figlio, non era sicura di ricordare quale fosse e soprattutto il nome ma non le importava davvero «siete bellissima madre» e fece in modo che la donna lo prendesse sotto braccio. «grazie ma non avrai un aumento di paga.»
    «Madre non intendevo questo.»
    «Zitto e dammi lo scialle di orso bianco»

    --- ---- --- --- --- --- --- --- ---


    «Bene Ambrogio, vienici a prendere tra un paio d'ore. Non fare tardi»
    «Senz'altro Mrs Yellow»
    La donna scese, sempre col figlio che la teneva sotto braccio anche se lei ne avrebbe fatto volentieri a meno, ma aveva bisogno di un accompagnatore e lui era quello che più sopportava tra tutti quegli essere viventi che continuavano a infestare casa sua. Una volta dentro la villa, ammirò tutto intorno trovandolo sontuoso e nonostante le dolesse ammetterlo era bella quanto la sua, non a caso erano a pochi metri di distanza. Si aveva preso l'auto per andare lì perchè aveva pur sempre una certa età e poi era da poveri presentarsi a piedi; avrebbe fatto persino il giro del piazzale di casa sua per scendere dall'auto, il fulcro della serata era quello di scendere dal mezzo per e farsi notare e mostrare la ricchezza.
    «Che fai tocchi?» la donna si spostò e colpì la mano di un uomo che stava cercando di molestarla. Voi non lo sapete ma anche nel 1918 c'erano i molestatori, specialmente di donne con la dote. In fondo aveva un patrimonio importante, c'erano validi motivi per per rapirla o ucciderla. Ma lei era in forma e mai si sarebbe fatta prendere.
    «Madre, è il maggiordomo vorrebbe prendere il tuo scialle»
    «Giammai» Con un gesto poco carino decise di lasciare entrambi gli uomini lì, in piedi a guardarla, lei aveva altro da fare, come farsi uccidere notare dal padrone di casa o da tutti i presenti. Perchè tutti, e ripeto tutti, dovevano sapere che la donna più ricca partecipava a quella festa.
    «Carissimo Buck come state?» la donna era entrata in modalità falsa, era brava a fingere che le piacessero le altre persone, in fondo era si era sposata tre volte e aveva fatto cinque figli suo malgrado, si poteva dire era da premio oscar anche se non credo che nel 1918 ci fossero ancora quindi al massimo avrebbe potuto pretendere una statua a nome suo. O forse l'aveva già, chi lo sa.









    Mrs Yellow
    70 (?) y.o
    1918

    tumblr_m7w2n46Pdl1r6o8v2
    made in china — I'm here at the beginning of the end



    Lo so che non c'entra niente Mary Poppins ma è andata così. e scusate per il post
     
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    martha (heidrun crane) fay // roaring 20's
    «mhmH» grattò la gola con un colpo di tosse, arcuando un sopracciglio in direzione di una delle sue vedove preferite – la signora Pharma Cea -, dando uno strategico colpo al fianco di Shia Hamilton (scusate: Gideon Kingsley) così che l’hipster voltasse gli occhi nella direzione indicata. La cosa più bella, più bella perfino dell’alcool, di quella festa, era che includeva tutte le bestie medievali più chic di Bodie, California, 1918, lasciando ad Heidrun Crane un enorme margine di gossip con i quali (sperava, un giorno) allietare i pomeriggi di tutti quelli sfortunelli che s’erano persi la sosta (di…troppi mesi.) nel Far West. Era un po’ come partecipare alle rivisitazioni storiche, solamente che il setting era più triste ed il protagonista principale attorno a cui si svolgeva la vicenda era un Don Matteo (Gemes, per inciso. Non vorrebbe mai che qualcuno potesse dimenticare che Gemes Hamilton fosse il parroco di Bodie, California, 1918, perché lei avrebbe portato quel ricordo con sé anche dopo la morte): insomma, poteva andargli peggio. Quel luogo dimenticato dal Signore, d’altronde, sentiva perfino a stento l’influenza della Prima Guerra Mondiale; metà dei Bodiotti neanche sapevano cosa stesse succedendo nel mondo - avrebbe dovuto smettere di stupirsi, ma era sempre…troppo alieno per essere vero. Uno avrebbe potuto credere che, dopo sette (sei?) mesi nel cuore della Preistoria, con piccola intensa parentesi di mondi alternativi e struggenti secondi addii, abituarsi alle danze kuduro anti maleficio dei Bodiotti fosse il minore dei propri problemi…e invece. Run era certa, malgrado non avesse prove, che di notte i pastori di Bodie, California, 1918, si riunissero nel campo di grano delle Fay per ballare nudi Despacito-but-bodier (Sí, sabes que ya llevo un aratro mirándote, Tengo que arar contigo hoy
    (¡di qua!) Vi que tu mirada ya estaba llamándome Muéstrame el camino que yo aratro, ohhh. Tú, tú eres el zucchero y yo soy el barbabietolos, Me voy aratrando y voy aratrando mal, Sólo con pensarlo se acelera el pulso (oh, yeah!) Ya, ya me está gustando más de lo normal Todos mis granos van pidiendo más Esto hay que patata sin ningún barry, DE-SPA-BODIE) insieme alle loro mucche, fra le quali Sandy (non Banana Simmons, Sandy la Mucca da Latte); non aveva ancora indagato a fondo solamente per quel quarto di sé che ancora decideva di lasciar loro il beneficio del dubbio: non valeva avere conferme non fosse canon, preferendo veleggiare in quella landa desolata denominata comunemente “fandom”, dove tutti erano liberi di credere e sperare. «secondo te il grano fra i capelli è fesciòn o le è rimasto incastrato mentre veniva qua?» a braccetto con Sciaia, Martha Fay continuò a sorridere e salutare i partecipanti all’evento alzando il braccio con fare regale, ma non perdendo momento per cogliere gli skandali sottili e le faide interne di famiglia in famiglia. Heidrun indossava un abito disegnato e creato da Mac © che, ad essere onesti, poco aveva a che fare con l’epoca – uno dei motivi per il quale la Crane lo amava (il vestito, ma anche Mac). Si sentiva un po’ Lady Gaga con il tessuto di un semplice pesca a scivolare morbido fin sotto il ginocchio, e l’eccessivo tessuto verde in…boh, che materiale? Non lo sapeva, ma era vaporoso e secco come zucchero caramellato, a risalire lungo la schiena e coprire spalle e parte del viso come le vedove chic dei film rikki. «meh concluse, stringendosi nelle spalle e facendo vagare lo sguardo sull’imponente sala del Gallagher Sr. Ancora non ci poteva credere che fra tutti, tutti i posti in cui avrebbero potuto finire, erano diventati vicini di casa di un antenato di Aidan. AIDAN, quindi rikko e bello!! Poteva capitargli uno sfigatissimo Crane (tvb papi) e invece avevano avuto un Gallagher! UAU. I freaks terrorizzavano gli ospiti con armi più grandi di loro, i teen cribs (fra cui la signora Yellow: una bellissima teen, problemi?) molestavano Buchanan, ed Heidrun senza super alcolici scadenti si sentiva vuota come un tubo di Pringles.
    Non la festa dei suoi sogni, ma perlomeno era qualcosa. Trascinò il contadino con sé ad esplorare l’esplorabile della magione Jack Dawson, ma senza poter indossare gli abiti di una signora Buchanan Gallagher non c’era nulla di entusiasmante nel fare Dora l’Esploradora; con un sospiro di rassegnazione, aggrappata al braccio dell’Hamilton così da permettere anche a Sciaia di lerciarsi come si deve (sarebbe stata la volta buona in cui avrebbe trovato un buco che non fosse quello creato dalle tarme nelle stalle dove pucciare il biscotto? Sperava di sì: Shia sessualmente frustrato era più fastidioso di Run sessualmente frustrata, ed era tutto dire), raggiunse infine il fianco di Mads. Le piaceva, la Wesley; era bella ed affilata come un Miracle Blade. Le sorrise, notando quanto bella (e sprecata.) fosse per quel posto. Aveva qualcosa di…familiare. «brava a combattere, intelligente, e bellissima» ah, se solo fosse stata bionda! Martha Fay non fosse sposata, ed Heidrun Crane ufficialmente fidanzata????????? impegnata! Che dura la vita da persone innamorate. Solo sacrifici.
    No ske, le andava più che bene così. «buonaserissima, champaaagne?» afferrò un calice al volo allungando il braccio per fare un brindisi con la ragazza, sorridendole poi gentile da sopra il flute. «come sta peeta? Si è -» tolto il palo dal culo ed ha smollato il suo pacco colombiano? No, Run, non puoi dirlo. Si schiarì la voce ed allungò distrattamente il collo, un vago cenno con la mano sinistra nell’aria di fronte a loro. «fatto vivo?» wink, wink wink wiNK? Non sarebbe stata una Heidrun se non avesse subito messo il naso fra le ship di Bodie – che già erano triste e povere di loro. Reclinò il capo sulla spalla e fece scivolare lo sguardo da Shia a Mads, rendendosi conto di: «cioè, floyd»
    Si, insomma. Peeta Mellark.
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
    Glad that you made it, look around
    You don't see
    one person sitting down
    They got drinks in their hand and the room's a bust
    a little party never killed nobody - fergie
    sugar beet
    purity pledge
    california gurl


    si trascina sciaia in giro per il party hard e molesta mads!!&&
     
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    sander bitchinskarden aka barnaby jagger
    the barbie diaries
    Perché nessuno comprendeva la gravità della situazione? Li odiava tutti, Barnaby Jagger – e si intendeva più del solito, il che raggiungeva il livello Graffio vs Ciabella: roba con cui non si scherzava. Passò frustrato una mano sul volto, balbettando ingiurie che, se solo fossero state comprensibili, sarebbero state causa dell’esilio da Bodie. Accartocciò la pergamena infilandola in tasca, i denti stretti e la testa a scuotersi miserabile. Quando, in quella cittadina di merda, avrebbero iniziato a portargli un po’ di rispetto? Era un maledetto eroe nazionale! Aveva combattuto una – strafottuta - guerra, dov’era il loro riconoscimento? «a proposito di cazzi duri,» Ecco, dov’era. Abbassò lo sguardo sulla figura mingherlina e tappa di Kentucky Jagger, sollevando un bruno sopracciglio nella sua direzione: se quello era il suo modo per dirle che aveva appena chiavato, era un metodo grezzo e rude. Inoltre, per quanto amasse i dettagli sulla vita sessuale e non della sua nipotina, era abbastanza certo di non volere le specifiche anatomiche sul pene di suo cugino: it was beautifully shaped, and in pleasing proportion to his owner - cit che, fra un centinaio d’anni, avrebbe moralmente obbligato Nicky Winston ed Erin Chipmunks ad interrogarsi, anonimamente, sulla piacevolezza visiva dei falli.
    Ma come avrebbe detto il professore dei Pokèmon del quale mi sfugge il nome, c’è un tempo ed un luogo per ogni cosa, ma non è questo!. «quand’è che ti possiamo segare?»

    pixel-speech-bubble


    Avrebbe voluto almeno fingere di fraintendere, dirle di sentirsi lusingato ma #thank u, next, ma i due Jagger si conoscevano troppo bene per lasciarsi ingannare l’uno dall’altro, e la bionda non era certo rinomata per il suo linguaggio figurato. «mmmm f-fammi c-c-controllare l’agenda» il Jagger mimò di prendere un quadernino dalla tasca, e di sfogliarne con espressione pensosa le pagine, stringendo perfino la lingua fra i denti. Sibilò l’aria a labbra dischiuse, e /richiuse di scatto/ il taccuino. «mMMmMmMm-mi disp, ma a p-p-pagina “attaccati a s-sta m-m-minchia” c’è s-scritto che m-m-mamma non v-vuole» si strinse nelle spalle alzando un adorabile dito medio verso la fav nipotina, sorridendo sornione ed innocente: eh, mica si poteva andare contro i dettami di mamma, c’era una gerarchia da rispettare!!&& «m-m-ma s-sai che c’è» C’è CHE HO PRESO UN TRENO CHE VAAA A PARADISO CITTàààà. Si chinò, sapendo quant’ella lo odiasse, così da essere alla sua stessa altezza; non allungò l’indice per darle un tenero buffetto sul naso, solamente perché abbastanza certo che gliel’avrebbe staccato a morsi: preferiva una motosega al cannibalismo, grazie tante. «s-s-so che a f-floyd p-piace essere s-segato» ed anche lui poteva guarire, QUINDI SCUSA TANTO: «v-vai a importunare l-l-lui» le indicò con un cenno del capo un punto imprecisato della stanza. Non vedeva l’ora di sentire gli gayayay! [cry in pain in spanish]
    Liquidata Kentucky, sapendo che la fanciulla avrebbe voluto la sua rivalsa staccandogli dolorosamente dente per dente, Barbie decise di buttarsi in una mistika mossa kamikaze: «S-S-SIGNORA G-G-GIALLA» allargò le braccia in direzione di mrs Yellow, avvolgendola in una stretta affettuosa e stampandole due sonori baci sulle gote incipriate. «la t-t-trovo b-bene» beh, di che vi stupite? Fare il mantenuto era il suo sogno nel cassetto.


    healing factor | 24 y.o.
    sono con i vipz | uau quante paillettes
    I'm your operator, you can call anytime
    I'll be your connection to the party line
    I'm comin' up so you better get this party started


    risponde a sersha e molesta sessualmenteh importuna la signora gialla. cosa? è un post random? beh fa tutto #star point: watch your back, oblivion cosa
     
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    christopher jeez knowles // charlie jebediah shaw
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    Sapete cosa gli ricordava tutta quella luccicanza? No, non i bei tempi in gioventù quando andava a derubare le ville in periferia di Londra per dare il bottino ai poveri (se stesso), ma un evento altresì più importante e nevralgico della sua esistenza: Celestebrowninedornette, la creatura più luminosa che il Knowles avesse mai avuto il (dis)piacere di conoscere. Se reclinava la testa all’indietro ed annusava l’aria, poteva quasi sentire l’odore delle paillettes intessute negli abiti dei Bodiotti, un retrogusto più chimico rispetto al dolce profumo del sangue e della morte che oramai collegava ai cugini glitter. Sul momento non si era reso conto dell’importanza della questione, ma anni (prima #1918) dopo, riusciva finalmente a comprendere appieno il significato di quel (non) primo omicidio di massa: avevano salvato l’umanità da una bestia che, crescendo, avrebbe probabilmente creato una nuova bomba atomica con la quale indorare l’intera Gran Bretagna.
    Letteralmente. Arricciò il naso e passò le dita sul labbro inferiore, le bionde sopracciglia corrugate mentre lo sguardo scivolava sugli invitati alla festa. La leggenda narrava che i Dornette arrivassero dal posto più dolce del mondo, ed il Knowles non poteva fare a meno di domandarsi se lo strano prurito avvertito al palato, non fosse un presagio: che si trattasse di Bodie, la città delle barbabietole da zucchero? Non sapeva se il far west stesse iniziando a farlo uscire di testa, o se infine tutte le ore passate con quei due rincoglioniti di Barrow e Sandy a guardare documentari sulle teorie complottische e gli Illuminati, l’avessero infine plagiato, ma non poteva fare a meno di credere che l’universo gli stesse dando degli indizi. Piegò la testa sulla spalla e socchiuse gli occhi, appiattendo la schiena contro il muro di villa Gatsby per evitare attacchi alle spalle - abitudine - cercando, nell’opulenza del (bis? Tris?) nonno di Aidan, una qualsivoglia traccia (di glitter) di luccicanza sospetta. Morse il labbro inferiore, scandagliando la folla nel tentativo di intravedere almeno la chioma gucci di Gallagher Junior – lui avrebbe capito. Lo trovò? Non lo trovò? Noi fingiamo di sì, ed al massimo Lia ci ignora con classe. Seguì la scia di Barbabietola n° 5 (si diceva che il Kinglsey dormisse nudo, con solo una goccia di tal delicato olezzo a permeare la pelle) fino a giungere in prossimità del non troppo allegro (ma quando mai lo era? Gli si voleva quasi bene così) papà di Gwen, cui rivolse un mite e solidale cenno con il capo. «credo sia giunto il momento di ritirare fuori la bacheca, gallagher» asserì serio, drizzando le spalle e posando l’acido sguardo smeraldo sugli invitati. Se lo sentiva, laddove si sentivano sempre la vicinanza di un Dornette – nel cuore. Non specificò di quale bacheca stesse parlando, mantenendo invece un’espressione vigile ed attenta al circondario. «sento puzza di g-» uai? Quelli roamai non li sniffava più, troppo legati alle sue stesse fottute vene. Aspirò l’aria dalle narici, volgendo infine la testa verso il ragazzo con il pathos di Adrian alla telecamera nello spot a lui dedicato.
    «-litter.» Solo un sussurro.
    E tanto sarebbe bastato.
    non so se me la sento | 17 y.o.
    gatsby ma ce l'hai la vodka | e la droga?
    They want to make you forget
    Save your razorblades now, not yet
    East is up, I'm careless when I wear my rebel clothes

    parla con aidan - e no, non rimpiango niente #l'importante è scrivere
     
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