Over and over again

Elwyn x Helen

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    ELWYN HUXLEY
    scheda | 1994 | MERCENARIO | METAMORFOMAGUS | EX-CORNOVERO | pinterest
    I contorni severi degli edifici di Hogsmeade restituivano un’immagine fuorviante a tutti coloro che si apprestavano ad osservare quel villaggio per la prima volta; al contrario di ciò che i tetti a punta e le forme squadrate suggerivano, si trattava di una cittadina allegra, vivace, le cui vie strette e irregolari si snodavano tra i cottage e i negozi, riempiendosi dei suoni provenienti da questi ultimi, del vociare continuo, del profumo dei dolci di Madama Piediburro, dei colori delle facciate, delle vetrine allestite e delle sciarpe degli studenti in gita da Hogwarts. Era un villaggio costantemente attivo, caratterizzato da un’atmosfera unica che, di tanto in tanto, veniva turbata da un improvviso scoppio di magia, dal verso di qualche creatura del vicino zoo o dalle urla di chi, ancora, viveva nella convinzione che la Stamberga Strillante fosse maledetta; eppure, faceva tutto parte della normalità.
    Decisamente meno normale, invece, fu il fragore che si udì quel tardo pomeriggio, seguito dal volo di un avventore del pub Testa di Porco e dal suo atterraggio, a peso morto, dall’altra parte della strada; uno spettacolo insolito persino per un locale, come quello, dalle frequentazioni poco raccomandabili. Non sempre, nell’arco della sua vita, Elwyn Huxley aveva fatto in modo di passare inosservato, ma attirare l’attenzione dell’intera via, come se due enormi frecce dalle luci ad intermittenza si fossero materializzate sulla sua testa, era l’ultima cosa che avrebbe voluto.
    Prima di quella scena in perfetto stile western, se ne stava seduto all’interno del pub, in un angolo appartato, lontano dalle risate grasse e fastidiose di quei clienti già visibilmente ubriachi, nonostante l'ora. Lo sguardo scorreva distrattamente sulla prima pagina del Golden Age e la sua postura dava una chiara idea di quanto fosse annoiato: un gomito era poggiato sullo schienale della sedia vicina, mentre la mano sosteneva la testa, inclinata lateralmente; l’altra mano giocherellava con il bicchiere di burrobirra abbandonato davanti a sé, lasciando che le dita si muovessero inconsciamente sulla superficie di vetro; le gambe erano allungate sotto il tavolo traballante, tarlato e logoro come ogni altro elemento d’arredo all’interno del locale. Sarebbe bastato un colpo di bacchetta per rimetterlo a nuovo, pochi minuti per trasformare quella bettola in un pub in cui la gente non avrebbe più avuto timore di entrare, ma era evidente che al proprietario non importasse affatto: quell’aspetto dismesso era come un marchio di fabbrica, dalle bottiglie inutilizzate coperte da centimetri di polvere al soffitto basso e dalla travatura massiccia, opprimente e soffocante quanto il lieve, ma riconoscibile, odore di muffa che impregnava l’ambiente. Non venivano rivolte particolari attenzioni neppure ai clienti, in un generale clima di menefreghismo con cui Elwyn andava a nozze.
    Distolse lo sguardo da un articolo del quale non aveva compreso il senso né l’utilità e si avvicinò al bancone, a pochi passi da un gruppo di clienti che, dallo scambio di battute con il proprietario, avevano l’aria di essere assidui frequentatori del pub. «Ehi, tu!» esisteva, forse, un modo più vago per richiamare l’attenzione di qualcuno all’interno di un locale? Probabilmente no; eppure, la malsana convinzione di essere sempre al centro dei pensieri di chiunque e la consapevolezza di avere uno speciale feeling con le liti, gli scontri e le polemiche di ogni genere, lo portarono a credere, rapidamente, di essere la persona che quello sconosciuto stava cercando. Lo udì chiaramente, Elwyn, mentre il brusio di sottofondo si affievoliva, ma scelse di ignorare la questione e mantenere lo sguardo puntato davanti a sé, in attesa della burrobirra che aveva appena ordinato. Subito dopo sentì il rumore di uno sgabello scorrere lungo le assi del pavimento, poi una camminata pesante e, nel giro di pochi attimi, la sagoma di un uomo entrò nel suo campo visivo; poggiò il gomito sul bancone e si sporse in direzione dell’ex-Corvonero, per non lasciare spazio ad alcun dubbio: era con lui che voleva parlare. Peccato che Elwyn non ne avesse voglia - come sempre d’altronde, quando si trattava di ascoltare i problemi altrui - e non ne conoscesse il motivo. «Sei Huxley, vero? L’ex-giocatore di Quidditch.» continuò ad ignorarlo, nonostante sentisse gli occhi dell’uomo sul suo viso, avidamente impegnati nella ricerca di particolari che potessero confermare la sua tesi. Aveva praticato quello sport per cinque anni, durante i quali si era distinto più per il suo comportamento che per le sue doti tecniche, accumulando un numero di squalifiche di gran lunga superiore a quello dei trofei vinti e generando una lista di detrattori talmente lunga da rendere difficile, in quel momento, avere anche solo una vaga idea del motivo per cui quell’uomo fosse lì. «No.» si limitò a ruotare la testa con snervante lentezza, incrociare il suo sguardo e replicare in tono piatto. Non si aspettava che quella risposta, una pettinatura diversa e il suo palese disinteresse per la conversazione in corso sarebbero bastati per liberarsi del suo interlocutore; dopotutto, Elwyn era comparso su decine di edizioni del Boccino d’Argento, garantendo alla famosa rivista sportiva un gran numero di articoli, approfondimenti e immagini e rendendo lui, di conseguenza, un volto noto agli amanti del Quidditch. Confidava nell’alcol, ad essere sinceri, perché per ricorrere al suo potere di metamorfomagus era ormai troppo tardi. «Sì, invece!» vide lo sguardo dell’uomo accendersi e riacquistare un minimo di quella lucidità persa a causa dei ripetuti brindisi. «Ricordi la partita contro i Ballycastle Bats?» a quel punto, Elwyn incassò una prima spinta, un leggero colpo, contro la spalla, a cui decise di non rispondere. Insolito, considerata la sua abituale soglia di sopportazione; si limitò a digrignare i denti e tornare nella posizione precedente. «Dovrai essere più specifico.» aveva disputato almeno venti incontri contro ogni squadra del campionato di Quidditch, come avrebbe potuto capire a quale si stava riferendo? «Avevo scommesso cinquecento galeoni sulla vittoria dei Falcons e ho perso fino all’ultimo zellino per colpa tua.» scandì le ultime parole mentre, con l’indice, picchiava ripetutamente contro il petto di Elwyn, seguendo la cadenza attribuita a quella frase. Un gesto che l’ex-Corvonero prese come un chiaro invito, da parte del suo nuovo amico, a cambiargli i connotati. «Non è certo colpa mia se non capisci nulla di Quidditch. E se vuoi iniziare a risparmiare, ti consiglio di smettere di bere.» giusto il tempo di un sorriso beffardo e volò il primo pugno, poi un altro e un altro ancora. In un attimo, l’atmosfera all’interno del locale si accese, il brusio si trasformò in urla, il sapore del sangue prese il posto di quello dell’alcol e quando uno dei presenti ricordò di avere in tasca uno strumento ben più efficace di un cazzotto, bastò uno stupeficium per scaraventare Elwyn fuori dal pub.
    Ci mise qualche istante per mostrare segni di vita e ancor prima di iniziare a muoversi e accertarsi di essere tutto intero, si preoccupò soltanto di una cosa. «Che avete da guardare?»
    murdered remembered murdered -- ms. atelophobia


    Edited by badblood` - 31/7/2018, 15:47
     
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    21 Y.O. | Ribelle - Dottore | Guaritrice al San Mungo
    Helen Rose Jones

    Non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere
    Stava guardando le sue scarpe camminare sul ciottolato di Hogsmeade, con le mani in tasca.
    Era una giornata come le altre e nella normalità, se normale significava fare due lavori e non avere un attimo libero per se stessa.
    Aveva appena finito di lavorare all’ospedale San Mungo e stava tornando a casa stanca e provata.
    Aveva dei pantaloni lunghi di jeans attillati, una maglietta gialla a maniche corte e le ballerine nere che tanto amava.
    Le piaceva quel posto, le case squadrate con forme particolari, persone tranquille che tornavano a casa e che non davano mai fastidio e la quiete che la sera c’era la tranquillizzava.
    Di giorno era molto più affollata e ogni mattina, costretta a passare di li, le veniva solo ansia al pensiero che avrebbe dovuto passare una mezz’ora cercando di passare e farsi largo tra la marmaglia di gente che correva da tutte le parti.
    Helen era una ragazza semplice, tranquilla e serena, era una delle persone più buone al mondo e questa cosa era uno svantaggio perché tutti se ne approfittavano sempre, ma era più forte di lei.
    Si fermò a guardare un negozio di libri e si soffermò su una copertina che aveva attirato la sua attenzione. I libri erano la sua vita, non passava giorno che non imparasse cose nuove, amava il sapere sempre di più su ogni cosa. Purtroppo per via del poco tempo libero che aveva, non ci riusciva più come prima e questa cosa la faceva rattristire.
    Fece un sorriso amaro e riprese a camminare verso casa. Alzò la testa distogliendo la mente dai suoi mille pensieri e sentì un frastuono poco distante da lei.
    Non sapendo che cosa era successo si precipitò nel posto e vide un ragazzo steso a terra fuori dalla Testa di Porco, un pub molto famoso tra i maghi.
    Non sapeva che cosa pensare, forse aveva dato fastidio a qualcuno e lo aveva sbattuto fuori o aveva avuto una lite pesante.
    Avrebbe potuto benissimo andarsene e lasciarlo lì, ma Helen non era fatta così e mai lo sarebbe stata.
    Non ci riusciva proprio a fregarsene di qualcuno o di qualcosa, anche se non li conosceva, doveva aiutare per forza tutti.
    Sospirando andò da lui a passo un po’ incerto, magari non gli avrebbe fatto piacere la sua presenza e l’avrebbe scansata con poca gentilezza, ma era pronta anche a quello.
    Gli si parò davanti vedendo che si stava rialzando piano e gli allungò una mano d’istinto per aiutarlo ad alzarsi.
    Tutto bene? chiese preoccupata, aveva fatto un bel volo e poteva essersi fatto male. Ovviamente aveva lo spirito da crocerossina e non ci poteva fare niente, era un medico e quando poteva aiutare qualcuno non esitava mai.
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