you've got a way to keep me on your side

[post mini q] jamie + will

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    Vi lascio solo immaginare quanto poco quella faccenda toccasse Jameson Black Barrel Hamilton, il cronocineta del secolo successivo. Un braccio piegato sul petto, il gomito sul palmo e le dita della mano opposta a sfiorare mento e labbra, con pesanti occhi di un liquido blu a scivolare sul teatrino organizzato da Lancaster non sapeva in quale altro modo mostrare, rimanendo maturo e diplomatico, che non gliene fottesse una sega di una lezione non richiesta di storia della magia: se n’era sbattuto di Seth e c’era stato dentro, figurarsi dell’ennesimo dittatore ch’era morto anni prima della sua nascita – o di quei poveri, poveri viaggiatori nel tempo ancora incastrati in epoche che non gli appartenevano.
    «si torna in patria, forestieri. a tempo debito, avrete mie notizie.» Ma quale immensa, infinita, gioia. Jamie battè le palpebre, la lingua a picchiettare sull’interno della guancia. Si chinò per raccogliere la bottiglia lasciata a terra poco prima, accucciandosi poi al fianco di un semi cosciente CJ Hamilton: «serve più a te che non a me» biascicò in un mezzo sorriso, rialzandosi prima che il ragazzino potesse tornare a comprendere come comunicare. Era troppo bello, l’Hamilton, per mettersi a discutere con un diciassettenne dalle perverse manie di protagonismo ed un indole sadica quanto patetica. Si permise uno sbuffo solamente quando la poco delicata Melvin Diesel, prendendo la rincorsa da notevole distanza (soprattutto considerando che fino a poco prima era stata priva di sensi: che magnifico tempo di ripresa, i giovani), riuscì ad aggrapparsi alle sue spalle come il primate ch’era, gambe intrecciate sul suo stomaco e braccia sul petto. Non glielo disse che sentire il suo battito sulla schiena, lo facesse sentire più tranquillo - né le disse che su quello sincronizzò il proprio, cercando una vita da plagiare che non fosse la propria: ne aveva abbastanza perfino di sé stesso, Jamie.
    Chi l’avrebbe mai detto, che sarebbe infine giunto quel giorno. Come semi dovere civico, il ventiquattrenne avrebbe dovuto attendere che fossero gli altri ad attraversare il Portale per primi, così da assicurarsi che non rimanessero incastrati in quel crudele universo alternativo: quella patata di Lollo, il Fetcher Junior dallo sguardo provato e le spalle dolorosamente dritte, il nanetto Lewis del palazzo di fronte al suo, una Tokyo che ancora non sapeva dove fosse girata – ma indovinate a chi, di nuovo, non fotteva una sega? Jamie, la risposta era sempre Jamie. Non aspettò neanche Leonard o William, prima di portarsi la mano alla fronte e congedare quel manipolo di stronzi con i quali aveva condiviso l’avventura: non li avrebbe più rivisti, a quale pro mostrarsi cordiale? Non lo era, cazzo. Non lo fottutamente era. «possibilmente, a mai più» un sorriso sghembo ed un sopracciglio arcuato, ignorando con classe Lancaster e Lafayette per tornarsene, maledettamente, a casa propria. Gli altri rimanessero quanto gli pareva a salutare i loro amiki, lui aveva già fatto più che abbastanza. Si sentiva quasi sporco, Jamie, da quella…sobrietà - nei modi, non nel sangue. Si concedeva al pubblico in piccole dosi proprio per evitare situazioni simili, dove la maschera rimaneva incollata così a lungo sulla pelle, che a strapparla faceva male – ma lungi da Jamie privarsene prima. Quel sorriso caldo e quelle battute morbide ed affettuose, per l’Hamilton era un accessorio: una collana amavi indossarla in pubblico fintanto che ci fosse qualcuno a vederla, ma non ci andavi a dormire la notte. Ti apparteneva, ma non eri tu.
    E non era Jamie, quello.
    Quando attraversò il Portale non sentì, di nuovo, alcun cambiamento sostanziale: valicare i confini di spazio e realtà non era differente dall’entrare in un negozio sprovvisto di aria condizionata nel cuore dell’estate. Triste, poco scenografico, ma reale. E la prima cosa che notò, fu la polvere. La seconda, l’odore stantio e denso di una casa abbandonata. Il terzo, portandosi le dita alla bocca per fischiare, l’assenza di Hachiko.
    La quarta: «dio beato» o almeno sperava lui lo fosse, perché Jamie senz’altro non lo era. «ma che cazzo?» scrollò l’anteprima dei messaggi sullo schermo del proprio telefono, abbandonato sulla specchiera in bagno prima di unirsi alla Missione. Aveva centinaia di chiamate, Jamie – fottuti migliaia di messaggi, notifiche da applicazioni che neanche ricordava di avere. Corrugò le sopracciglia volgendo appena il capo per incrociare gli occhi chiari di Vin, il mento di lei infossato sulla sua spalla mentre, pigramente, allungava l’indice ad indicargli la parte superiore dello schermo: «beh, che ti aspettavi? È passato un mese e mezzo»
    La Madonna del Cancelliere Rollin (olio su tavola, Jan van Eyck).
    Lo stavano prendendo per il culo. Avanzò di un passo permettendo agli altri di entrare (e proseguire per la loro strada, possibilmente verso fanculo ed oltre), sistemandosi in un angolo della stanza con la spalla poggiata al muro. Aveva perso quasi due mesi di vita? Dio santissimo - ma lo sapevano che cazzo significava, per i Jamie Hamilton di quel mondo, perdersi tutto quel tempo? Soldi, principalmente. Potere.
    Posizioni, sapete.
    Ma soprattutto: «hachiko?» il suo cane, ritratto in più foto di quante Jamie mai gliene avesse fatte nei suoi precedenti cinque anni di vita, in compagnia di un sorridente Just che, di scatto in scatto, perdeva il sorriso per corrucciare offeso le sopracciglia. E – ma porca merda, quello era l’interno di un fottuto BUNKER? Ed il suo maledetto cane aveva un passamontagna? JUSTIN EAT AVEVA PORTATO HACHIKO ALLA SUA PRIMA RAPINA SENZA DI LUI?
    «davvero inopportuno» osservò apatico, bloccando lo schermo del telefono ed infilandolo nelle proprie tasche. Avrebbe potuto rispondere ai messaggi facendogli notare che sia lui che ”MA DOV’è LEO? NON è DIVERTENTE RUBARE SE LUI NON CI INSEGUE” fossero vivi ed in ottima salute, ma perché farlo quando poteva continuare a farsi i cazzi propri fingendosi morto ed evitandosi un infinito mare di merda e chiacchiere che non aveva alcuna intenzione di sostenere? Eh.Invitò Vin a scendere cercando di scrollarsela di dosso, ma quando il piano fallì decretò che farla incollare a Leonard fosse un’ottima alternativa: lei sarebbe stata brava, e lui avrebbe subito.
    Aveva sopportato Jamie per quasi ventiquattro anni, poteva resistere una mezz’oretta a Melvin Diesel. O forse un po’ di più: quando il cronocineta non fosse più stato nei dintorni, qualcuno avrebbe dovuto occuparsi della biondina.
    Ed il cronocineta in questione, voleva portare via il cazzo il prima possibile. «li porti te in ospedale?» domandò al padre, senza realmente attendere risposta: sapeva che Leonard avrebbe preferito non farlo, ma sapeva anche che non avrebbe lasciato morire dissanguato un Laurent o un…niente, forse solo Lollo e Vin perché sapeva fossero suoi amici. L’occhiata torva dell’Hamilton non ebbe bisogno di parole per essere tradotta dal figlio (portaceli te, dopotutto non ti farebbe male una controllatina.) e la smorfia di Jamie, ambedue le sopracciglia inarcate, non aveva mai avuto necessità di essere esplicitata a voce (manco per il cazzo) quindi risparmiò fiato anche quel giorno. Proseguirono fianco a fianco nel corridoio, una Melvin aggrappata come uno zainetto alle spalle di Leonard, finchè non giunsero alla porta – e quasi fu tentato di fermarlo, Jamie. Di dirglielo, che stava per andarsene - e che in un futuro particolarmente prossimo, non aveva alcuna fottuta intenzione di tornare.
    Troppo drama, in quella Parigi. Troppo Hamilton nell’Hamilton che per un mese e mezzo aveva lasciato i propri affari privi di un direttore generale , e troppo Jamie per un Jamie che in quelle ore aveva compreso troppe cose. Non aveva mai partecipato ad una Guerra (non nel senso stretto del termine) prima di ritrovarsi in un cazzo di universo alternativo – l’aveva sempre reputata astratta, qualcosa di leggendario. Non aveva mai realmente pensato che qualcuno (fosse suo padre, fosse William, fosse un Lollo) potesse morire per qualcosa del genere, troppo moderno per quel concetto di morte che prendeva i buoni e lasciava i Jamie a piede libero, pronti a distruggere la prossima mercanzia offerta dal Banco. E sì, certo, se n’era sbattuto altamente il cazzo di una Rea Hamilton passata a miglior vita.
    Ma. Ma. Erano stati i sopravvissuti, a tormentarlo. In quella piccola parte di Jamie dove non guardava nessuno, figurarsi Jamie, lì nell’angolo delle labbra piegate verso il basso: avrebbe potuto essere un Elijah, un Ryder, e quello non lo accettava, Jamie. Non più.
    Ecco perché, nel momento in cui aveva messo piede nella Radura ed intorno a lui avevano iniziato a crepare, aveva deciso che se ne sarebbe andato da Parigi: non avevi qualcuno da piangere, se non avevi nessuno. E poi, vaffanculo, rimandava quel viaggio da tutta una vita.
    Gli avevano solo dato la spinta giusta. Magari un giorno sarebbe perfino tornato, Jamie, rendendosi conto di non sapere come vivere senza nessun genitore da cercare (fallendo. Madonna santa, Leonard era così difficile da indispettire. Per poco non aveva applaudito al limone duro con Neal? Cazzo pà, fai la tua parte) di deludere, o un Gugi a cui fottere (letteralmente) la ragazza - magari, in un paio di mesi o d’anni.
    O magari no. In ogni caso, non l’avrebbe certamente scoperto rimanendo lì a girarsi i pollici. Aveva bisogno di aria nuova, di un Jamie nuovo – ricominciare, giusto? Fottutamente ricominciare da zero.
    «ti chiamo più tardi» fu invece l’unica cosa che disse, un sopracciglio inarcato ed una pacca sulla spalla di Leonard. Non l’avrebbe salutato, Jameson - che quelle cose lì, non era capace a farle né era mai stato intenzionato ad imparare. Si parlava dello stesso Jamie che, da ragazzino, partiva nel cuore della notte da solo per giungere a scuola, così da levarsi il peso dell’indugio: odiava non sapere cosa dire, come muoversi. Odiava sentirsi a disagio, avvezzo com’era a trovare conforto in sé stesso prima che in chiunque altro – casa, per Jamie, era Jamie. Inoltre, non era un ammiratore delle chiacchiere futili.
    E per quanto per anni avesse cercato di ferire suo padre, più intenzionalmente di quanto volesse credere, non voleva sul serio assistere a quello: perché lo sapeva, che Leonard aveva solo lui. Lo sapeva, che non voleva – né poteva – perdere l’unico figlio che gli fosse rimasto.
    Troppa responsabilità, per Jamie. Meglio saperlo a vivere la bella vita in qualche capitale del Sud America che ritrovarselo un giorno con una pallottola conficcata nella calotta cranica perché aveva fatto incazzare la persona sbagliata – e di certo sparire per un mese e mezzo non aveva aiutato la sua già fragile reputazione nei bassifondi. Voleva tempo, Jamie. Lui che del tempo non se n’era mai fatto nulla, che l’aveva piegato ed accartocciato nel palmo per pura noia, si ritrovava a non averne abbastanza per sé stesso. Si amava troppo, per lasciare che gli facessero quello. Si amava fottutamente troppo per rimanere in quel posto del cazzo dove, da quattro mesi a quella parte, l’equilibrio era andato a frantumarsi giorno dopo giorno, caracollando infine nel momento in cui era sopraggiunto il Portale. Probabilmente sarà solo qualche settimana. Un anno, a voler essere di maniche larghe.
    Umettò le labbra e scosse il capo, indietreggiando di un passo per poggiare la schiena alla parete afferrando nel mentre il proprio telefono. «ehi just – sì, una favola – sì, leo è vivo – eh, maledetto fuso orario, niente più mezze stagioni - vabbè senti potete tenere hachiko ancora un paio di giorni? devo...» piegò le labbra verso il basso, un saluto formale a Fetcher Senior ed un occhiolino a Mic. «cercare una nuova sistemazione.» Sorrise di sè stesso, in quella menzogna quasi onesta. Guardò tutti i Volontari di quella Missione lasciare, finalmente, il suo fottuto appartamento: diede un bacio in fronte a Laurent prima che sparisse diretto verso l’ospedale, un buffetto sulla guancia a Kieran, un cenno con il capo ed un sorriso a metà verso Neal – che si vedeva lontano un miglio, l’amico di Lewis volesse tirargli una testata: eh beh, mi amigo, è rozzo e volgare rimpiangere le paccate, ma se ti fa sentire meglio possiamo dare la colpa al whiskey. Liquore che, per altro, pareva aver già abbandonato l’organismo di Jameson. Ne sentiva ancora il sapore sulla lingua, ma era incredibilmente, maledettamente lucido per essere lo stesso ragazzo che un quarto d’ora prima rideva del cielo e delle stelle e della morte e di quanto poco se ne fottesse: avrebbe preferito essere ancora ubriaco, Jamie. Avrebbe preferito che ogni sua decisione, ogni suo gesto, fossero dettati dall’alcool piuttosto che credere si trattasse semplicemente, inevitabilmente, di Jameson Black Barrel Hamilton.
    Sarebbe stato più facile.
    Perché era stato semplice guardare le spalle di Lollo o Vin mentre uscivano da casa sua, e tollerabile non aver salutato suo padre: non c’era nulla che Jamie avesse loro da dire, nessun rimpianto nella valigia a trascinarsi per l’Europa od il Canada. Anzi, sperava sinceramente che sparendo dalla circolazione Leonard avrebbe finalmente compreso chi fosse realmente Jamie, togliendo all’unico superstite dei gemelli Hamilton la soddisfazione di essere riuscito nel proprio intento: erano anni che cercava di fargli capire che non meritasse di essere lì – che quel posto avrebbe dovuto spettare a Katy, che lui non lo voleva. Era stato un delinquente quando ancora sua sorella e sua madre erano vive, figurarsi dopo la loro morte – aveva ampliato la scala dei propri crimini.
    Il fatto che Leonard fosse di coccio, non avrebbe fatto desistere Jameson dal picchiare più forte. Lo odiava? Talvolta, ma odiava più sé stesso che non suo padre. Voleva punirlo? Spesso, ma più per ferire Jamie che non Leonard.
    Non funzionava bene, e ne era dolorosamente consapevole.
    Inspirò dalle narici, bocca serrata in una linea severa e distratta. Ignorò volutamente ed intenzionalmente William Secondo d’Inghilterra, palpebre serrate e mani intrecciate dietro la schiena, mentre percorreva il corridoio dell’ingresso. Will gli aveva parlato? Gli aveva chiesto qualcosa, da quando erano tornati in patria? Domande del tutto legittime ed oneste, perché Jamie non ne aveva idea: l’aveva escluso nel momento esatto in cui gli scarponcini avevano infangato il pavimento del bagno, consapevole che fossero tornati a casa e che lui non sarebbe rimasto abbastanza a lungo da festeggiarlo.
    Era permaloso, Gugi. Non avrebbe preso bene il fatto che il suo amico se ne sarebbe andato a) senza salutare b) abbandonandolo da solo alle avances di Helianta (oh, Jamie aveva proposto di ucciderla eh, ma William non aveva voluto: ora t’attacchi al cazzo, Guglielmo letteralmente, sempre qui per te eh! #fine fascia protetta) c) senza portargli una calamita. L’Hamilton non aveva dubbi che in un paio di giorni se ne sarebbe fatto una ragione, quello che lo turbava era che quella ragione non l’avrebbe incluso: avevano un rapporto particolare, sicuro, ma c’erano sempre stati l’uno per l’altro – in morte ed in malattia, eccetera eccetera amen. Perfino il fatto che, ogni volta, gli spezzasse il kwore mostrandogli che le sue ragazze preferivano Jamie a lui, era implicito nel patto di fiducia - una costante. William poteva dire il cazzo che gli pareva, e fare l’offeso quanto preferiva, ma se Jamie avesse davvero smesso di torturarlo psicologicamente privandolo delle sue patate, ne avrebbe sentito la mancanza.
    Credeva. Ci sperava, più che altro.
    Volle biasimare anche a quello, il sollevare appena gli occhi sul pianerottolo deserto: poteva già star mandando tutto a puttane, quindi conveniva farlo in pieno stile Hamilton - eccessivo, ed insopportabile. Avrebbe potuto fingere fosse l’alcool. Dio, avrebbe perfino potuto fingere fosse normale amministrazione, quasi una noia necessaria. Ebbe bisogno di accamparsene tante di scuse per rendere necessario quel passo in avanti, anziché credere fosse solamente Jamie - più facile.
    Più tollerabile e naturale, allungare il braccio sinistro per chiudere la porta d’entrata, il destro a premere sul petto del Barrow spingendolo contro il muro opposto. E non si permise di pensare sul serio, gli occhi ancora ad evitare lo sguardo di William – perché ne aveva abbastanza di quelle pallide iridi confuse a cercare di capire, quando Jamie da capire non voleva ci fosse niente – mentre deglutiva aria e saliva in un sorriso sghembo e piatto, un palmo premuto sulla parete a preferire stringere la carta da parati piuttosto che il viso dell’altro. Sarebbe stata una menzogna dire che l’Hamilton, certamente più nolente che volente, non avesse mai immaginato quel momento – o che il suo subconscio non gli avesse mai offerto quel che voleva e non poteva avere, svegliandolo poi con ironia in un mondo che quel Jamie, il gusto della pelle di Will ancora sul palato, non l’avrebbe capito – e dovette ammettere a sé stesso, evitandosi di respirare in quello spazio troppo stretto, che non l’aveva certamente pensato così.
    Con quello sconnesso «par condicio» che tentò banalmente di giustificare l’indice premuto sotto il suo mento, il naso a sfiorare appena quello di lui in un soffio rapido con il quale svuotò i polmoni. C’erano almeno novantanove motivi che avrebbero potuto e dovuto fermarlo finchè fosse stato ancora in tempo di indietreggiare e, del tutto innocente, stringersi nelle spalle – ma fu per quell’uno a completare il cento, che si spinse verso il baratro. Jamie si allontanò quel tanto che bastava a permettersi di scuotere il capo senza sfiorare colpevole le labbra di Will, prima di mandare tutto a farsi fottere e sopprimere quella stupida distanza del cazzo. Premette la bocca sulla sua sforzandosi di non volerlo, Jamie – fingendo che non fossero familiari sulle proprie, che quel bacio fosse amichevole e disinteressato, che Dio! non fosse il lembo di terra sotto i piedi di un naufrago che vagasse per l’oceano da giorni. E quando dischiuse appena le labbra, l’Hamilton avrebbe potuto essere coerente con sé stesso mostrando che della delicatezza non conoscesse neanche sinonimi, insinuandosi volgare e rozzo come piaceva a lui, lasciando che il corpo reagisse sordo al battito nello sterno - ma non l’avrebbe fatto, perché era pur sempre un Gugi. Ed allora indugiò, Jamie, prendendosi il proprio tempo per umettare gentilmente il labbro inferiore di William con la punta della lingua, allentando la spinta sul petto del braccio ancora frapposto fra loro - evitando di soffermarsi troppo sul suo sapore, su come dopo tutti quegli anni non fosse cambiato, su come fosse esattamente e fottutamente quello che aveva sempre voluto - ma non attese risposta nell’approfondire quel bacio non richiesto, trovando nella bocca del suo maledetto migliore amico tutti i punti agli interrogativi che troppo a lungo, e troppo strenuamente, aveva ignorato.
    Quanto meravigliosa sarebbe stata la sua vita, e solo fosse stato fottutamente più semplice.
    Si ritrasse di scatto indietreggiando di due passi, sopracciglia corrugate ed una smorfia incredula ed ironica sulle labbra: si obbligò a sentirsi giustificato e dalla parte della ragione, Jamie, nascosto dietro la blanda scusa del par condicio – beh? Aveva limonato un perfetto sconosciuto, non poteva certo privare un suo amico di quella meravigliosa esperienza. Avrebbe potuto dirgli di non farne un dramma, Jamie. Che si trattava solo di un bacio, e non significava nulla su alcun fronte. Ma passando il pollice sotto il labbro inferiore e riaprendo la porta fra loro, l’unica cosa che disse fu «da qui la strada la conosci, io ho ancora un paio di cose da sistemare.»
    Onesto.

    jameson "jamie" b.b. hamilton
    I've been way to numb now
    I'm living on the run now
    Oh I gotta get out
    of this town somehow
    chronokinesis | 06.06.2118
    And this fast lane, living it's a curse
    Better tell me what's your life worth
    I think it's time for a change
    'Cause the drugs don't work

    23 y.o. | mr. steal your girl


    Edited by selcouth - 7/6/2018, 21:48
     
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    william barrow II
    Alla fine, William aveva deciso che rimanere sdraiato sul prato a osservare i suoi compagni fosse un’idea vincente, rifiutandosi di alzarsi quando anche i due infami l’avevano abbandonato. Peggio per loro, che si divertissero a fare a pezzi qualche Seth a caso. Will si era stancato di parare il culo agli stronzi, e riteneva di aver perso abbastanza tempo a piazzare proiettili in fronte alla gente. Sapete cosa doveva fare? Cercare quel buon whisky di Jamie e appropriarsene, l’unico compagno fedele che gli sarebbe rimasto accanto. Allungò il braccio per controllare se per caso si trovasse vicino a lui, rimanendo deluso nel constatare che era da qualche altra parte – dai, si doveva davvero alzare? Aveva una certa età, non poteva più permettersi di saltellare da una parte all’altra. Avrebbe potuto chiedere a Gollum, ma gli faceva sinceramente paura, e non pensava la versione di quell’universo fosse tanto meglio di quella che aveva conosciuto lui. «chi vuole essere il prossimo?» il biondo era stato così distratto dagli affari propri che non aveva notato la scena davanti a lui: Seth che stringeva il cuore di Lancaster nel pugno, quest’ultimo a crollare al suolo. Il biondo scattò in piedi in un attimo, fucile stretto tra le mani e guardia alta, quindi erano tutti fottuti? Quasi non si accorse del secondo William apparire vicino al Dittatore e strappargli la reliquia di mano, il tutto troppo velocemente perché il Barrow potesse registrare cosa stava accadendo. «e questo dovrebbe spaventarmi?» «no, ma questo sì» la terra cominciò a tremare, il movimento improvviso a spaventare il biondo e a fargli quasi perdere l’equilibrio. Una rete si strinse intorno a Seth e prima che questi potesse liberarsi, fu sbalzato in aria e imprigionato in una gabbia; solo quando fu sparito nelle profondità del Lago Nero, Lancaster prese parola. William smise di ascoltarlo quando incominciò a parlare dei Fondatori, trattenendo a malapena uno sbadiglio, sentiva che quella parte non lo riguardava, e poi in quel momento era ancora occupato a fissare la superficie del lago. Potevano fidarsi di Lancaster? Quella soluzione avrebbe funzionato a lungo termine? Erano quelle le domande a cui voleva risposta, non una spiegazione su qualcuno morto anni prima, o su un Vasilov assetato di potere - been there, done that. «sono scariche. deve passare diverso tempo prima che possano essere utilizzate di nuovo. Anni, forse» oh guarda, finalmente qualcosa di interessante. Si era convinto che, dopo la missione, i Viaggiatori avrebbero trovato un modo per tornare a casa da quella realtà, ma a quanto pare si era sbagliato. Averli a casa propria era stato karino, ma fino ad un certo punto - avrebbe potuto continuare a farlo per alcuni mesi, di certo non per anni. Qualcuno lo vedeva ridere freddo? Perché era esattamente quello che stava facendo, immaginandosi un futuro dove Barry elemosinava la tinta per capelli e Kieran gli rapiva continuamente il cane. «cool, cool, cool, cool, cool. No doubt, no doubt» scosse la testa e alzò un pugno in aria, non vedevano quanto era felice? Gollum sarebbe rimasto per sempre con lui.

    C’erano stati momenti nei quali aveva pensato che non sarebbe mai tornato a casa, che quando sarebbe giunto il momento ci sarebbe stato qualche problema con il portale. La sua solita fortuna, giusto? Contro ogni aspettativa, William era arrivato nel bagno di Jamie senza incidenti, i polmoni a ispirare l’essenza di quel mondo che tanto gli era mancato. Aveva deciso che preistoria non faceva per lui, troppa poca tecnologia e dei Dittatori di merda. Dibatté sul fermarsi a casa dell'Hamilton per assicurarsi che i suoi amici stessero bene o sul precipitarsi a casa a farsi una doccia, decidendo che ci sarebbe stato tempo per molestare la gente, e che al momento era più importante sciacquarsi il sangue di dosso. Appese il mitra al collo e si avviò per il corridoio, ormai quella casa era anche un po’ sua date le decine di volte che ci era stato, orientarsi lì dentro non era un problema per lui «che caz-» un braccio spuntò dal nulla e lo afferrò, la forza di Jamie a spingerlo fino al muro più vicino. Non era un qualcosa di insolito, l’Hamilton era fatto così e ogni tanto gli piaceva maltrattare un po’ l’amico. «par condicio» corrugò le sopracciglia confuso, lo squadro chiaro a soffermarsi su quello dell’altro in una muta domanda. Che aveva fatto di male? Non ebbe il tempo di scoprirlo, senza che potesse impedirlo Jamie si sporse verso di lui, violando il suo spazio personale. William finse di non trovarsi a disagio, o che il respiro non gli si fosse momentaneamente bloccato nei polmoni. Dischiuse le bocca quando il dito dell’amico si andò a poggiare sul suo mento, e questi si fece ancora più vicino di quanto avrebbero dovuto essere. Non stavano facendo niente di male, no? Finché, finché uno di loro due non annullò le distanze fra loro e il cuore del Barrow smise di battere nel petto. Non si oppose al bacio, assecondandolo nel suo stato confusionale e alzando una mano per stringere il braccio del migliore amico - se era così sbagliato, perché non riusciva a spingerlo lontano a sé? Quando Jamie si ritrasse di scatto, William si trovò a mancare il contatto delle labbra del ragazzo sulle sue, scuotendo poi la testa per quanto quel pensiero fosse stupido. «da qui la strada la conosci, io ho ancora un paio di cose da sistemare» il biondo scosse la testa, un sorriso beffardo a curvare la bocca - davvero, pensava di liquidarlo così e senza dargli spiegazioni? Non aveva capito un cazzo «non sono la tua puttana» William aveva solo due padroni: i kit kat e il suo amore per i cani. Con una spinta di bacino si staccò dal muro, non gli piaceva sentirsi in /trappola/, compiendo un passo in avanti per avvicinarsi al migliore amico. Lo conosceva da anni, e sapeva che se gli avesse chiesto il motivo del bacio, si sarebbe limitato a prenderli per il culo e a evitare di rispondergli, quindi cambiò strategia. «dimmi, sono al livello delle mie ex fidanzate? Voto da uno a dieci?» se doveva trasformare quella situazione in una pagliacciata? Assolutamente, tutto pur di allenare la tensione. «sai, dovresti provarci anche con helianta, magari le fai cambiare idea sull’uomo della sua vita» oh, lui ci provava sempre.

    Got Patron sippin' in my cup, hey, where's your man?
    I bet that I could make him love me
     
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    Non gli fece notare che quella fosse casa propria, il che assumeva potesse decidere quando una presenza fosse gradita o meno, né che fosse già diretto verso l’uscita e l’Hamilton non avesse fatto altro se non congedarsi. Tenne perfino per sé i caustici commenti che una tal, inesatta!, affermazione, necessitava, lasciando che spontaneamente gli angoli della bocca si curvassero verso l’alto: di risposte avrebbe potuto dargliene cento e godersene il doppio, ampliando il ghigno sbilenco sulle labbra ed illuminando ferocemente le brillanti iridi turchesi, ma le ingoiò tutte nel cinico sopracciglio arcuato con il quale enfatizzò l’inopportuna uscita del Barrow. Dovette mordersi l’interno della guancia, evitando lo sguardo di Will in favore del corridoio deserto del suo condominio, per impedirsi di dar voce a ciascuna delle risposte che meritava: da quando?; Leonard non ti paga abbastanza?; se lo fossi, non saremmo qui a parlarne. Quando fu certo di non aprire bocca a sproposito, ripiegò ancora il cupo sorriso allusivo al Barrow, così che quelle risposte potesse intenderle di suo o leggervi a piacimento quel che più gli aggradava. C’era un motivo se Jameson Hamilton piaceva a tutti, indipendentemente dalla classe sociale o l’età: lasciava che fossero gli altri a disegnarlo a piacimento, entrando poi nel disegno solamente quando questi avessero finito d’abbozzarlo – non aggiungeva nulla di personale, enfatizzando quel che già avevano idealizzato. Sfumava gli angoli quando serviva, acuiva le curve quando necessario. Era un bugiardo, e lo faceva drammaticamente bene. Il sorriso di Jamie diceva tante cose, nessuna delle quali corretta o sbagliata: non esisteva margine d’errore, se non v’era una verità assoluta da leggervi. L’unica piega impossibile da fraintendere, e che mai Jamie avrebbe apertamente negato, era l’arroganza – la presunzione taciuta dell’essere l’unico a conoscenza di qualcosa, e del non avere alcuna intenzione di rendere partecipe il proprio interlocutore. «dimmi, sono al livello delle mie ex fidanzate? Voto da uno a dieci?» e dire che ce n’erano, di persone al mondo; perché gli era capitato proprio un William Barrow? Te la sei andata a cercare, Jamie - e quella, tristemente, era una verità ineccepibile e sempre dolente. Cristo Santo, davvero era la prima domanda che gli fosse venuta in mente? Lo osservò corrugando debolmente le sopracciglia, mantenendo una neutra espressione impenetrabile mentre lo squadrava cercando di capire quanto potesse ignorarlo senza offendere il suo ego – o quanto sconveniente sarebbe stato spingerlo fuori casa e sbattergli la porta alle spalle, una tentazione così persuasiva da costringerlo a deglutire secco serrando ritmico i pugni lungo i fianchi. «sul serio, gugi?» ammorbidì gli spigoli della domanda con l’ennesimo languido sorriso, le palpebre a socchiudersi compiacenti. Approfittando del cambio d’argomento, indietreggiò di un passo mettendo più spazio fra sé e William, camuffando l’allontanamento necessario a Jamie con un semplice, naturale, spostamento di peso. Inspirò dalle narici sciogliendo la tensione alle spalle, grato che la domanda fosse del tutto impersonale: paragoni; voti. Non c’era nulla in quel quesito che potesse farlo esitare sul ciglio d’un sorriso, o costringerlo a fingere un respiro che di finire nei polmoni non ne aveva alcuna reale intenzione. Scosse il capo soffiando l’aria fra i denti, un ghigno sbilenco e assorto sulla bocca; decise per ambedue che sì, sul serio, quindi rifletté sulla domanda con severità accademica e studiata. Una distrazione necessaria e ben accolta da Jamie, il quale preferiva non pensare al fatto di aver appena baciato il suo migliore amico - e che quella fosse stata la stupida, fastidiosa, ingenua reazione di lui. Non che si fosse aspettato qualcosa d’altro, anzi – uno scenario decisamente migliore rispetto ad altri di quelli plausibili, ma il cronocineta non avrebbe finto che la situazione gli piacesse, considerando che di possibilità ce n’erano centinaia. In un’altra vita, magari. Per un Jamie più sveglio e meno masochista.
    Schioccò la lingua sul palato domandandosi, non per la prima volta, fino a che punto potesse spingersi e quanto della storia dell’ape e del fiore fosse ancora sconosciuta a Guglielmo – e si chiese se davvero, davvero dopo tutti quegli anni lo conoscesse così poco da dovergli porre un quesito del genere.
    Probabilmente sì. «non è così che funziona con loro» scandì lentamente ogni parola, un sopracciglio arcuato pregno di superbia nello studiare le reazioni dell’altro. Aveva bisogno di un disegnino? Doveva essere più esplicito? Se non avesse appena superato l’unico limite che si era sempre imposto, gli avrebbe stretto un braccio sulle spalle ed avrebbe iniziato la minuziosa descrizione delle differenze fra le tipologie di baci: noia, scommessa, sfida. Saluti. Il preferito da Jamie, chiaramente, era quello che anticipava qualcosa: non avrebbe mai limonato le ragazze di Gugi se non fosse stato un preliminare di altro ad entrare nel loro corpo. Non era il genere di ragazzo che si accontentava, e non lo sarebbe mai stato.
    Si, okay, le eccezioni c’erano ovunque, non stiamo qui a sindacare. Come poteva spiegargli che quello non fosse stato quel genere di pomiciata? Che, Cristo!, era e sarebbe sempre stato eccezione e mai regola, quel non esigere nulla da parte di Jamie – perché nel premere le labbra su quelle di Will, non aveva voluto niente. Non si era neanche aspettato ricambiasse, ed avrebbe preferito se non l’avesse fatto: nessun gioco era divertente quando solo uno dei partecipanti scherzava.
    Non che glielo avrebbe mai detto.
    Si sentì in dovere di sottolineare l’ovvio. «con loro scopo, gugi. non è un paragone equo» Reclinò leggermente il capo lasciando che il sorriso si allargasse sulle labbra. «sono stato un gentiluomo con te» si strinse pigro nelle spalle, lasciando che intendesse da sé quel che la frase non diceva: nessuno cercava (grazie al cielo.) Jamie per baci casti e palpatine abbastanza innocenti. «ma se proprio ci tieni, la risposta è no» sincero e divertito, Jamie Hamilton passò il pollice sul proprio labbro inferiore quasi il gesto potesse bastare a privarlo del calore ed il sapore della bocca di William, osservando il dito sovrappensiero come un sommelier avrebbe valutato il colore d’un vino. «scala uno a dieci?» perché trattenersi, quando un (adorabile, meraviglioso) idiota lo era sempre stato? Tutti lo sapevano che Jamie fosse così; il fatto che si approcciasse in modo fraintendibile e malizioso, non significava che lo intendesse sul serio - di solito. Quello non era il caso, ma Barrow Secondo d’Inghilterra non poteva saperlo. Senza distogliere lo sguardo da quello chiaro di Will, infilò il pollice in bocca stringendo i denti attorno al dito. Arcuò un solo sopracciglio. «quattro e mezzo perché ti voglio bene.» concluse soddisfatto, sorridendo attorno al polpastrello prima di ritrarre la mano.
    Che amico di merda, Jameson Black Barrel Hamilton – lo amavano così.
    Ed all’affermazione successiva, Jamie smise di sorridere; ruotò gli occhi seccato, memore delle volte in cui aveva offerto una soluzione pragmatica al problema di Will: non aveva accettato il suo aiuto con i propri metodi? Beh, di certo manco per il cazzo (letteralmente.) Jamie avrebbe offerto i propri servigi con possibilità offerte dal Barrow. «non sono la tua puttana» gli ritorse contro lanciandogli un’occhiata annoiata. «sono troppo impegnato ad essere la mia» un guizzo rallegrato delle labbra, un respiro più semplice e tollerabile nei polmoni. Quel territorio era indubbiamente più gestibile - dove con quel territorio, intendo denigrare William Barrow II. «senza contare che se la baci così, barrow, probabilmente cambia idea anche senza il mio aiuto» Già detto quanto Jamie fosse adorabile? Mai abbastanza. Gli sorrise leggero, stringendosi ancora nelle spalle per mostrarsi innocente – gliel’aveva chiesto lui d’altronde, no? Lanciò un’occhiata al proprio appartamento, tornando poi a posare l’inquisitorio sguardo turchese sull’amico. «e puoi rimanere quanto vuoi, se preferisci» fece spallucce, indietreggiò verso l’interno della casa. Preferirei di no, ma quello lasciò che fosse cristallino nei piedi a trascinarlo più distante. «io ho comunque un paio di cose da sistemare, quindi…» lasciò la frase in sospeso, incerto in ogni caso su come concluderla. Portò le dita alla fronte ed inarcò le sopracciglia, volgendogli le spalle prima di sentirsi colpevole quanto chi abbandonasse un cane sul ciglio della strada, con un piede già all’interno della cucina. «mi casa es tu casa» gli gridò dietro, cercando un briciolo di conforto e normalità.
    Dai: in fondo non era così male come amico, siamo onesti. C’era di peggio.


    jameson "jamie" b.b. hamilton
    I've been way to numb now
    I'm living on the run now
    Oh I gotta get out
    of this town somehow
    chronokinesis | 06.06.2118
    And this fast lane, living it's a curse
    Better tell me what's your life worth
    I think it's time for a change
    'Cause the drugs don't work

    23 y.o. | mr. steal your girl
     
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