let me tell you all the things I never told you

[post mini q] akelei + william

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    akelei beaumont
    In quei mesi nel 2118, Akelei si era convinta che non avrebbe mai più rivisto Jeanine Lafayette, scomparsa nel nulla dopo averli abbandonati per le sale del Louvre. Ora, a vederla affianco a Lancaster, si domandava che ci facesse lì, perché fosse apparsa solo in quel momento. La Beaumont non si curò particolarmente del discorso di Lancaster, continuando a tener puntato lo sguardo sulla bionda, il tradimento di mesi prima a bruciare ancora sotto la pelle, insieme a tutte le cazzate che erano uscite dalla sua bocca. Era sicura che ciò detto da William fosse della stessa natura, uno dei suoi soliti discorsi plateali prima di scaricarli in qualche luogo sconosciuto a Dio «sono scariche. deve passare diverso tempo prima che possano essere utilizzate di nuovo. Anni, forse» una lieve risata ai limiti dell’isterico scappò dalle labbra di Akelei, la lingua a scioccare sul palato «strano, ça n'arrive jamais» eh già, non succedeva mai. Se possibile, le successive parole dell’uomo furono ancora più esilaranti «quando saranno pronte, sarò io a venire da voi» intendeva, se saranno mai pronte? Akelei voleva tornare a casa propria alla sua maledetta vita e ai suoi figli (cani), e per quanto credesse che quella volta si sarebbe trovata una soluzione si sbagliava – per quanto le piacesse essere fottuta, quella non era la maniera migliore per farlo. Si guardò intorno, studiando i volti di coloro da cui si sarebbe separata, almeno quella volta aveva una flebile speranza di rivederli, e che fossero vivi. Per quanto lo trovasse eccessivo, decise che prima di attraversare il portale si sarebbe concessa ai saluti che tutti speravano di ricevere da lei, incominciò dal suo fan numero uno Gemes, raccomandandogli di non pregare troppo, per poi passare ad Archibald «non ti divertire troppo, merlin» gli strinse la spalla, risparmiandosi l’abbraccio solo perché c’era il suo fidanzato a guardarlo. Portò le dita al capo e con un occhiolino salutò Heidrun, la quale sembrava troppo impegnata a ciarlare con altri Viaggiatori per interromperla con una paccata in memoria dei vecchi tempi.
    C’era ancora una questione in sospeso, e non aveva idea di come approcciarsi ad essa. Avvicinandosi al gruppo dei Freaks, cercò la testa bionda di Sersha e quella corvina di Sandy, e quando le trovò si chiese che cazzo facesse un genitore. Non aveva idea di dove mettere le mani, e considerando quanto fossero fottuti nella testa quei ragazzini, persino le parole venivano a mancarle. Non poteva lasciarlo fare a William visto che erano tanto simili a lui, come non aveva mancato di ricordarle poco prima «progenie del demonio a me» con un cenno della mano invitò i tre a seguirla poco più in là, da quel che sapeva gli adolescenti si vergognavano a parlare con i genitori davanti agli amici tossici. «lo so che non mi conoscete bene ma» ma, cosa? Era più facile parlare a Gin, che a tre figli di diciassette anni mai conosciuti «spero di averne la possibilità, quando - se - torneremo a casa» calcò l’accento su ogni parola, nell’inutile tentativo di rendere le sue parole confuse, gli occhi chiari a passare sul viso sciupato di ognuno di loro «intanto cercate di non far incazzare i bodiotti, mi hanno detto che sono creature suscettibili» avrebbe aggiunto altro, se qualsiasi cosa che le veniva in mente non fosse parsa così insulsa. Posò le mani sulle spalle dei figli, la presa a farsi un po’ più salda mentre li salutava «ci vediamo tra un po’» un’ultima occhiata prima di lasciarli tornare dai loro amici, mentre la versione mora di Akelei si parava davanti a lei.

    La Halvorsen vedeva e sentiva tutto, anche se la maggior parte delle volte era attenta a tenerselo per sé, ma a quel punto non poteva più ignorare la stupidità di quei due. Aveva perso ogni speranza con loro, un po’ come Claudio D. con le continue critiche di Tina, e aveva deciso che era venuto il momento di Ä G Î R Ę. Aspettò che William avesse finito di fare qualsiasi cosa stesse facendo, prima di avvicinarsi a lui a passo deciso «ciao» gli picchiettò anche sulla spalla, per essere sicura di aver attirato la sua attenzione. Insomma, scemo com’era Akelei non poteva essere certa di niente. «non ci conosciamo, sono akelei» gli tese la mano in attesa che gliela stringesse, gli occhi ad assottigliarsi nello studiarne il volto – però, doveva ammettere che era carino. Maledetta Beaumont, con una persona come lei era proprio sprecato. «io e l’altra bionda la pensiamo allo stesso modo, purtroppo ha delle serie turbe mentali e non riesce ad esprimersi» ma sì, un po’ come un bimbo speciale, solo che Akelei aveva ventisei anni e qualche problema in più «quindi tocca a me sistemare le cose» batté le mani tra loro e prese un grande respiro, conoscendosi sarebbe finita a parlare veloce come Eminem in Rap god «forse potrai pensare che ad Akelei non importi di nessuno, e nella maggior parte dei casi avresti ragione, ma non con te» si morse l’interno della guancia e spostò gli occhi oltre la spalla del ragazzo, laddove si trovava la bionda «se non le interessassi pensi che continuerebbe a scoparti? Ha (abbiamo) la fila per andare a letto con lei, non perderebbe di certo tempo con te» come faceva a sapere che i due cuculavano? Le aveva estorte alla Beaumont con la sua orribile parlantina, che domande erano «non so se tu le piaccia o ti abbia solo preso in simpatia, quello di cui sono certa è che tu non le sia indifferente» oh, lo avevano capito tutti tranne loro, possibile che fossero così stupidi? Non capiva cosa li frenasse dal confessare il loro aMOrE InCOnDIziOnaTo e scappare via verso il tramonto «pensi che prima dal tuo amico stesse assistendo alla scena per farsi una risata? E te come un coglionazzo qualsiasi hai rovinato tutto, NON CAPITE PROPRIO NIENTE. Vi odio, basta. Non voglio più parlarvi» si voltò drammatica dall’altra parte con una mano poggiata al petto, una pausa di qualche secondo per riprendersi dall’espressione da pesce lesso del Barrow «io ho perso la mia occasione, te vedi di non fare lo stesso» che certe cose si apprezzavano solo una volta perse, e lei lo capiva solo in quel momento. Poteva non avere più un William, ma avrebbe fatto di tutto pur di dare una possibilità alla Beaumont.

    [2118, una settimana dopo]

    Yossarian si sentì scosso da una pietà così intensa per quella miseria che provò il desiderio di fracassare quel viso pallido, triste e malaticcio, con un pugno, ed eliminarlo dal mondo. La ragazza aggrottò le sopracciglia, rileggendo quella frase per la decima volta da quando aveva girato pagina, eppure era inutile quanto ci provasse, non riusciva a concentrarsi sul libro. Si stropicciò li occhi col dorso della mani, il mattone posato sul letto con l’intenzione di lasciarlo lì fino alla mattina seguente – pensava di riuscire a spegnere il cervello, ma evidentemente aveva fallito. Per quanto evitasse di farlo era da giorni che pensava alle parole del suo doppio, costantemente a ronzarle nella testa nei momenti meno opportuni, senza che riuscisse a zittirla. Forse, in qualche microscopica parte di se stessa, sapeva che aveva ragione: doveva smetterla di evitare la questione. Si alzò dal letto e allacciandosi la vestaglia in vita uscì dalla stanza, mantenne il passo leggero per evitare di svegliare gli abitanti della villa e il respiro nei polmoni, l’ultima cosa che voleva era imbattersi in qualche stronzo. Quando arrivò alla porta del Barrow indugiò qualche minuti con la mano sospesa in aria, il capo poggiato allo stipite chiedendosi che diavolo stesse facendo, per poi decidersi a bussare. Aspettò di sentire una voce oltre il legno – e lei che sperava stesse dormendo – prima di farsi strada in quella stanza fin troppo familiare, gli occhi verdi a posarsi sul viso del suo amante «stavo pensando che forse dovremmo parlare» avanzò nella sua direzione fino a fermarsi alla scrivania, dove si appoggiò per poterlo osservare meglio «di noi e dei nostri figli» sebbene la voce era chiara e priva di esitazioni, poteva sentire un senso di disagio a farsi strada in lei – finché si trattava di giocare con le persone era brava, lo aveva fatto per anni con il cuore e la mente del Barrow, in quel momento invece percepiva che la situazione le potesse sfuggire dal suo controllo da un momento all’altro.

    I'm a little unsure how it got so complicated
    If I let go I know, I'll regret it


    Edited by #epicWin - 16/12/2018, 14:51
     
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    Abbassò lo sguardo sulle proprie scarpe, un respiro che non s’era reso conto di aver trattenuto a graffiare la gola. Cristo Santo, quanto gli stavano tutti sul cazzo – perfino più del solito considerando che, in tutta onestà, comprendeva le scelte di Lancaster: si disprezzava già solo per quello, il Barrow. Tamburellò con le dita sulle cosce, il ma siete disposti a pagarne il prezzo? dell’uomo a rimbalzare da una parete all’altra del cervello lasciando ecchimosi violacee. Era quasi contento la sua fosse stata una domanda retorica, perché era certo di non avere una risposta adeguata – non così, non in quel momento. Non in una realtà ancora troppo concreta e dal maleodorante olezzo di sangue e guerra. Si trattava sempre dell’usuale, meschina, scelta di merda che invero non lasciava possibilità di decidere: potevano tornare a casa, ma scatenando l’Apocalisse sul mondo così come lo conoscevano.
    Nessun William Yolo Barrow avrebbe accettato quel prezzo, pur sentendo il cuore bruciare dal bisogno di tornare nella sua fottuta Londra dalla sua fottuta famiglia. Il Preside di Salem s’era mostrato per il sadico bastardo ch’era sempre stato, nulla più e nulla meno. Will avrebbe preferito non sapere di poter tornare a casa, ed arrendersi passivamente all’idea che avrebbe iniziato a far parte della tappezzeria a casa del pronipote finchè non fosse morto di overdose, o di coma etilico, in qualche poco raccomandabile vicolo di Parigi, piuttosto che sapere di poterlo fare sancendo però la morte di centinaia di vittime innocenti. Era stato progettato per quello, il Barrow, ma non era cresciuto per compiere egoistiche scelte simili: non era stato il Leader della Resistenza solo perch’era un bel faccino.
    «merda.» imprecò solamente, sentendosi vecchio e stanco. Chiuse gli occhi e massaggiò le palpebre, la bocca asciutta a reclamare vodka come ossigeno. In che situazione del cazzo li aveva messi? Pur vivendo in un mondo utopico ed ideale, Will si sentiva in trappola – non era il suo mondo, non era la sua gente; Callie era adorabile, Belair quasi sempre simpatico, Leonard almeno bellino, per il Miller poteva andargli peggio, ma non erano suoi. Non era il suo, stra maledetto e fottuto, posto: aveva una sorella da cui tornare, aveva un Mitchell. Aveva dei fottuti figli nel fottuto Far West, buon Dio – ed aveva una bambina Ellis ed un Minkia da recuperare e crescere nel 2018. Era stata una mossa crudele, quella di Lancaster – e sentiva quella perfidia corrodergli le vene ed implorarlo di soffocare quel dolore con polvere bianca o rum liscio, o entrambi. Strinse i pugni, socchiuse le palpebre su quello ch’era stato il campo di un’epica, e catastrofica, battaglia.
    Non potevano portare tutto quello al loro mondo. Non poteva permettere che una Niamh, un Mitchell o un Jeremy, morissero due volte. Sbuffò l’aria fra i denti sollevando lo sguardo per cercare quello scuro di Baywatch: fra tutte le persone che gli erano rimaste, ed erano maledettamente poche, era forse l’unico abbastanza pragmatico da comprendere cosa cazzo di, puttana merda, stesse succedendo – che il resto della gente, Cristo Santissimo, pareva aver solo sentito possiamo tornare a casa.
    Senza conseguenze. O forse se ne sbattevano il cazzo - avrebbe voluto essere più come loro, e meno come William Yolo Barrow. Sfregò il pollice con il naso, schiena nuovamente dritta e cuore quieto dietro le costole: non poteva permettersi cedimenti, l’ex Corvonero; avvezzo alla mentalità militare della Resistenza, non poteva ancora guardare al disegno maggiore per decidere come muovere le pedine, consapevole di avere solo una piccola parte delle informazioni necessarie a poter scegliere. C’erano cose più urgenti da fare per le quali non avrebbe avuto tempo dopo - o mai.
    Si avvicinò a Minhyuk Barrow, il ramen ai gamberetti adottato dal Will di quel mondo. Sapeva di non avere un cazzo d’utile da dire, o da essere; sapeva di non essere il suo William, ma quel saluto lo doveva ad entrambi. Allargò le braccia invitandolo a sé, stringendolo contro il proprio petto e sentendolo fragile, giovane, sotto le dita. «ti troverò.» gli ripetè in un sussurro fra i capelli ebano, cercando d’imprimersi la sua forma ed il suo profumo sulla pelle: sapeva di non c’entrare nulla con lui, ma non pareva essere dello stesso parere il muscolo cardiaco celato dietro lo sterno. Poco importava che non lo conoscesse, sentiva già fosse una sua responsabilità: si sentiva colpevole dal non averlo trovato prima, Will, quando ancora avrebbe potuto fare la differenza.
    Non glielo disse che sperava non fosse troppo tardi - per entrambi. Gli strinse ancora le mani sulle spalle, un buffetto sulla guancia mentre gli augurava buona vita: «ho fatto proprio un bel lavoro» più a sé stesso che a lui, mentre lo guardava stagliarsi contro una Hogwarts in macerie.
    E poi eccoli lì, i suoi veri criminali. Li osservò da lontano, pallidi e sporchi di sangue a sorridersi di scommesse vinte o perse, e sentì di aver sbagliato qualcosa, Will. Razionalmente si rendeva conto di non aver mai potuto fare un cazzo per loro, come avrebbe potuto?, ma la ragione aveva poco a che fare con la sensazione di essere stato inadeguato: avrebbe dovuto saperlo, continuava a ripetersi. Avrei dovuto saperlo. «minnie,» sollevò gli occhi chiari su Gemes Hamilton, un sorriso sghembo sulle labbra mentre infilava pigro una sigaretta fra i denti. «gemes, va bene. senti, potresti…» ma in quale mondo un Barrow chiedeva ad un Hamilton di fare il bravo ragazzo responsabile? 2118, aggiornati Con quale anima si chiedeva ad uno psicopatico serial killer di evitare che i propri pargoli morissero cento fottuto anni prima della loro nascita? Beh, tanto Will un’anima non ce l’aveva: doveva almeno provarci. «dare un’occhiata a quelle bestie? prendilo come studio sociale» un talento naturale quello di rendere qualunque necessità, qualunque bisogno, ironico e crudele pragmatismo: era emotivo ed esuberante, William, ma non era migliore a dimostrare il proprio affetto rispetto ad una Akelei Beaumont. Non ne parlava né ci pensava a cuor leggero, malgrado dai suoi atteggiamenti tutto trasparisse eccetto che discrezione; non si prendeva abbastanza sul serio, preferendo l’ironia e la leggerezza al battito bradicardico nello sterno. «sono pur sempre miei studenti» si strinse nelle spalle mantenendo lo sguardo sui vandali, un sopracciglio arcuato nel notare come la Beaumont si fosse approcciata a loro. Non volle domandarsi i contenuti di quella conversazione, preferiva sognare un mondo migliore. «e anche bella. Tenetela lontana dalle piantagioni, ha» preso tutto da papà, ma evitò di dirlo. Aveva sbandierato ai quattro venti la propria paternità perché non era stato interessato ad essere preso sul serio, ma voleva davvero che l’Hamilton, nelle sue veste talari, si sbattesse un poco di più evitando a dei ragazzini di morire impiccati nel fottuto 1918. «un labile auto controllo» concluse, soffocando il sorriso a metà in una nuvola di fumo. Gli diede una pacca sulla spalla augurandogli di non morire a breve, convincendosi che in fondo, alla fine, un modo per tornare a casa – che non fosse quello imposto da Lancaster – l’avrebbero trovato: non era certo un addio, quello. Continuò a ripeterselo mentre dimezzava la distanza da Ellis, posando un bacio sulla fronte della ragazzina senza nulla che valesse la pena d’essere detto a pesare nei polmoni. Ed ancora ebbe bisogno di dirselo, Will, nel far scivolare gli occhi cerulei da Sersha Kavinsky e Sunday de Thirteenth, palpebre assottigliate a rendere l’iride appena una scheggia di colore. «credo che in california ci fosse già la pena di morte» bisbigliò in un ghigno sbilenco. «non fatevi sbattere dentro, i cowboy ci andavano giù pesante.» li strinse ambedue a sé, ignorando l’irrigidirsi della Kavinsky e convincendosi che fosse del tutto normale sentire la gola chiusa quando il de tortellino ricambiò invece l’abbraccio. Indietreggiò di un passo, occhi già a cercare il triste Portale che li avrebbe riportati nel fottuto futuro, e «ciao» Corrugò le sopracciglia, lo sguardo ad abbassarsi sulle unghie ben curate a picchiettargli sulla spalla, e ad arrampicarsi poi sul viso della mora dietro di sé. «non ci conosciamo, sono akelei» … cosa stava succedendo. Era uno scherzo? Fece guizzare gli occhi dalla donna alla mano di lei, un sopracciglio cinicamente arcuato a sottolineare l’assurdità della situazione. «immaginavo.» biascicò sarcastico, stringendo la sigaretta fra i denti mentre ricambiava, cauto, la stretta di mano. Se avesse paura? Mentirei a dirvi di no. «io e l’altra bionda la pensiamo allo stesso modo, purtroppo ha delle serie turbe mentali e non riesce ad esprimersi» La prima domanda che gli sorse spontanea fu quale bionda, ma ritenne più furbo tacere ed osservare dove sarebbe andata a parare quella conversazione. Gli sembrava tutto un po’ troppo… irreale, forse perché mai in vita sua aveva creduto di poter vedere quell’espressione, o sentire quelle parole dalla bocca di Akelei: sembrava così… umana. «forse potrai pensare che ad Akelei non importi di nessuno, e nella maggior parte dei casi avresti ragione, ma non con te» fu all’incirca a quel punto della conversazione che William iniziò a dubitare della propria sanità mentale. Reclinò appena il capo verso il basso, le sopracciglia bionde a guizzare verso l’attaccatura dei capelli mentre stringeva il filtro della sigaretta fra indice e pollice. In che senso. Conoscevano la stessa Akelei Beaumont? Aprì la bocca per farle gentilmente notare che, per quanto apprezzasse il suo parere, non gli pareva fattibile manco per il cazzo – ma tacque per due motivi: il primo, alquanto ovvio, il fatto che la au-Ake non fosse affatto intenzionata ad ascoltare quanto Will avesse da dire; il secondo, porca merda avevano tre figli. Umettò le labbra, costringendosi per puro pudore a mantenere il contatto visivo con la donna anziché cercare quello della sua, Akelei. Parlava con lei da meno di due minuti, e già trovava strano che la vedova fosse sopravvissuta alla sua versione canon: Akelei doveva amarsi davvero maledettamente troppo, in quale mondo e modo. «se non le interessassi pensi che continuerebbe a scoparti? Ha (abbiamo) la fila per andare a letto con lei, non perderebbe di certo tempo con te» Will si portò una mano al cuore, «questo è rude e offensivo», ma venne ignorato quasi non avesse mai aperto bocca. «non so se tu le piaccia o ti abbia solo preso in simpatia, quello di cui sono certa è che tu non le sia indifferente»
    Non
    Le era
    Indifferente.
    Avrebbe… avrebbe dovuto sentirsi meglio? Non era proprio quello che qualunque essere umano, in un contesto simile, aspirava ad ascoltare. Le sorrise divertito e privo di malizia, gli occhi resi opachi dalla patina di tristezza ed antichità dalla quale difficilmente riusciva a liberarsi. «pensi che prima dal tuo amico stesse assistendo alla scena per farsi una risata? E te come un coglionazzo qualsiasi hai rovinato tutto, NON CAPITE PROPRIO NIENTE. Vi odio, basta. Non voglio più parlarvi» Che mondo assurdo, le donne. Piegò il capo sulla propria spalla, occhi socchiusi e sigaretta nuovamente fra le labbra. Glielo doveva dire che era appena fottutamente morto il suo migliore amico e ne aveva per il cazzo di star dietro alla figa d’oro Beaumont? Che c’era una bella differenza fra il non essere indifferente a qualcuno, e il contare un fottuto qualcosa? Chiuse gli occhi, scosse la testa e passò le dita fra i ricci biondo cenere. «io ho perso la mia occasione, te vedi di non fare lo stesso» Ne ricambiò lo sguardo, sentendo il proprio divenire morbido ed agrodolce sciogliendosi nelle familiari, e sempre distanti, iridi grigio verdi di lei. Che cazzo poteva dirle? Umettò le labbra, la osservò allontanarsi sentendosi, se possibile, ancor più vuoto e stanco: chissà se lo capiva, una qualsiasi Beaumont, quanto fottuto male al cuore facesse sempre vederla andare via – non rimanevano mai, le Akelei. «ci ho provato.»
    La verità, ecco che cazzo poteva dirle.

    Sollevò lo sguardo aldilà dello schermo del portatile come se avesse potuto vedere, malgrado la porta chiusa, chi avesse bussato. Quante probabilità c’erano che potesse fingersi morto? Amava Golden Lady, ma non era particolarmente nel mood di sostenere una conversazione su quanto fosse fiko lo smalto fluorescente nel 2118: doveva ancora riprendersi dai glitter nello shampoo che gli aveva mostrato tre giorni prima. Sospirò, la canna stretta fra i denti a impregnare la stanza di voluttuoso profumo di primavera. Ancora si sentiva confuso, ed un po’ illecitamente fiero, del fatto che quando avesse chiesto al suo nipotino se potesse fare uso di sostanze stupefacenti sotto il (suo) loro tetto, lui avesse subito pensato alla cocaina piuttosto che alle droghe leggere: Niamh l’aveva (fatto cadere spesso) cresciuto bene.
    Oppure Barrow Senior, cent’anni dopo, aveva ancora una reputazione del cazzo: both is good. «mh» bofonchiò, lasciando il verso a personale interpretazione del suo ospite. Un Baywatch, ad esempio, l’avrebbe capito che mh significava non cagarmi il cazzo, ti voglio bene ma se Murphy non te la da non è colpa mia; la suddetta Skywalker, al mh, avrebbe subito pensato al cibo, quindi sarebbe entrata come un tornado cercando patatine o pizza.
    Insomma.
    Manco per il belino aveva valutato la possibilità che ad attraversare la soglia fosse Akelei Elair Hazel Juliet Raleigh Delacroix-Beaumont, e per poco non lasciò cadere lo spinello sul letto. Evitò l’emblematico, ed ironico, ti sei persa? che già sentiva prudere sulla lingua, limitandosi invece a chiudere il computer per posarlo sul comodino. Non sapeva perché, ma non voleva che la bionda vedesse le decine di pagine aperte su ristoranti cinesi chiusi cent’anni prima: perché sì, che cazzo, William stava (ancora.) cercando Minkia. C’aveva pochi hobby nel futuro, e (drogarsi) sfracellare le palle a Ken (in cambio della droga) e Barry (…sempre in cambio della droga.) per aiutarlo nella Ricerca di Sashimi di Pesce Pagliaccio, rientrava indubbiamente in categoria. Si sprecò forse ad alzarsi dal letto? Certo che no. «stavo pensando che forse dovremmo parlare» Ma tu pensa che coincidenza. Battè pigramente le ciglia, oscurandosi la vista di lei con un altro nugolo di denso fumo scuro - era più facile, quando non la vedeva - quindi si drizzò a sedere poggiando la schiena contro il muro. «non credevo sapessi farlo» osservò realista, privo di malizia o perfidia, abbassando lo sguardo per centrare il posacenere in un mesto sorriso di cortesia. «di noi e dei nostri figli» Imperturbabile ed impassibile, bella ed algida quanto una statua esposta al Louvre. Cristo Santo, era davvero così bella da far male al petto – abbastanza da poterle giustificare quasi qualunque comportamento; quasi. In passato era stato abbastanza, per William Barrow, da fargli calpestare onore ed amor proprio pur di averne un altro po’ per sé, sempre illudendosi fosse l’ultima dose e potesse bastare. Tacque per secondi che parvero infiniti, e che forse in bocca si fecero minuti. «esiste un noi domandò infine, piegando il capo sulla propria spalla per incrociarne lo sguardo. Niente più indugi, porca merda. Era William Fuckin Barrow, non avrebbe più permesso alla Beaumont di farlo sentire meno, e più, di così. «deve essermi sfuggito.» deglutì amaro una risata secca, il sorriso spento a curvare un angolo della bocca. Ricordava ancora, fin troppo bene, la notte di Dicembre in cui aveva bussato alla sua porta – e non aveva dimenticato come la bionda, seppur con classe, l’avesse ignorato. Tanto che cazzo se ne faceva d’un cuore, Will, quando a polmoni martoriati ci si andava avanti una meraviglia. «i nostri» ridacchiò fra i denti spegnendo la canna con il pollice. «figli, non cambiano un cazzo per noi» cambiavano, ed avevano cambiato, William; immaginava che perfino Akelei non potesse più essere se stessa dopo averlo saputo, okay, e magari entrambi avrebbero cercato di essere adulti migliori rispetto a quelli che avevano avuto nelle proprie vite, per loro – ma finiva lì. Erano ancora, sempre, Akelei e William, criminali o meno. Sospirò, sempre un po’ stanco e già arreso: era un ottimo soldato, il Barrow.
    Ma c’erano guerre in cui amava perdere. «dimmi cosa vuoi, e facciamola breve.» E quella con Akelei, non aveva mai voluto vincerla.
    william yolo barrow
    You are insane, my desire
    A violent daydream, love, love
    You are crazy, a perfect liar
    former ravenclaw | no idea
    I knew the moment
    I looked into your eyes
    I'd have to swallow all your lies
    rebel | chaotic good
     
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    akelei beaumont
    La Beaumont si concesse qualche secondo per osservare la stanza del Barrow, concludendo che alla fine non era così diversa dalla sua: sì, pensava che William II l’avesse relegata agli appartamenti della servitù. Respirò attraverso il denso odore d’erba, chiedendosi dove il biondo l’avesse presa – nel 2118 erano finalemente riusciti a legalizzarla? Chissà se sarebbe riuscita a trovare la sua amata polvere, sentiva le sarebbe servita dopo quella conversazione «stavo pensando che forse dovremmo parlare» non era palpabile, il suo chiaro entusiasmo? Un po’ come una 2043!akelei costretta a sopportare le oscene camicie di William. «non credevo sapessi farlo» severo, ma giusto. Su quel fronte non poteva dargli torto: non era colpa sua, se fino a quel momento il Barrow non era stata una persona degna del suo fiato. Con lui aveva preferito impiegare il suo tempo in altre maniere, piuttosto che con le chiacchiere, fatele causa. «si impara in fretta, all’occorrenza» rispose, la solita voce atona ad accompagnare la linea severa delle labbra. Akelei era un’esperta nell’arte orale, sempre a vantare le sue doti persuasive, il campo in cui si trovava in quel momento, tuttavia, le era sconosciuto. Se prima avrebbe saputi quali tasselli premere, ora non ne era più sicura: non era quello, il William a cui era abituata. «esiste un noi?» scrollò le spalle, poteva essere sorprendete ma anche Akelei si considerava parte di quella /relazione/ poco sana «è ciò che ho detto» le costava già abbastanza ammetterlo, putain de merde, che non glielo facesse ripetere. Incontrò il suo sguardo, cercando in quelle iridi disuguali un qualcosa che le dicesse che vaffanculo, non ne valesse la pena, l’ennesimo motivo per cui non sarebbe dovuta stare in quella stanza. Fosse stato per lei, neanche si sarebbe mai degnata di affrontare quel discorso, era stata quella serpe della Halvorsen a insinuarsi nei suoi pensieri. O almeno, le faceva comodo attribuirle la colpa. «deve essermi sfuggito» la bionda inclino il capo, arcuando le sopracciglia vagamente seccata – il Barrow aveva il ciclo e si stava sfogando con lei? Chiuse gli occhi, prendendo un respiro profondo: non ucciderlo, non hai veramente voglia di pulire il sangue dopo. Decise di non dare perso alle sue parole, o era certa che non ci avrebbe messo di più qualche secondo a insegnargli come parlarle in modo adeguato. «non tutti possiamo essere svegli» si impose di mantenere la calma, quando il Barrow osò riderle in faccia. Si chiedeva se quella penna sulla scrivania sarebbe potuta essere un’arma contundente, preferendo non rispondersi: qualsiasi oggetto, nella mani giuste, poteva diventare un’arma. Certo che se una canna faceva quell’effetto a William, chissà come lo faceva diventare una striscia di cocaina – meno un dito nel culo, ne era sicura. «i nostri figli non cambiano un cazzo per noi» finse che quella parole non l’avessero colpita, che le fossero scivolate addosso come se niente fosse. E fu brava, a nasconderlo dietro alla solita facciata gelida.
    Scosse la testa, un sorriso amaro a curvare appena le labbra «potranno non aver cambiato niente per te» e mentre lo diceva si staccò dalla scrivania, facendosi più vicino a dove era seduto il Barrow – non le importava che quella sera fosse un acido del cazzo, che almeno la guardasse negli occhi mentre si rendeva ridicola. «non posso dire la stessa cosa» certo, avrebbe potuto mentirgli, ma a che scopo? Non c’era niente da guadagnare. Aveva finto che la consapevolezza di un futuro dove aveva avuto dei figli con il Barrow non l’avesse toccata, un tempo troppo lontano e distorto perché fosse davvero possibile. Non avevano cambiato niente, almeno non concretamente, ma di certo avevano aperto un Vaso di Pandora. «dimmi cosa vuoi, e facciamola breve» subito dritto al sodo, come piaceva a lei. Beh, supponeva che non ci fosse più ragione di indugiare su inutili contrattempi. Cosa voleva Akelei Beaumont dal biondo, che non le avesse già dato? «se smetti di fare la testa di cazzo magari te lo dico» che provasse a negarlo, di starsi comportando come una merda. Non se lo meritava, non quella sera: non l’aveva neanche pugnalato con la penna, si stava comportando bene! «ho sempre voluto che il nostro rapporto, se così si può chiamare, fosse chiaro» era stata la prima a mettere dei paletti, così che William sapesse fin da subito quali fossero i suoi limiti: sarebbe stato solo una scopata, mai niente di più. Akelei, invece, non era mai stata preoccupata di andare oltre quelle condizioni, per lei erano tutti semplici oggetti da usare a suo piacimento e William Barrow sarebbe solo stato uno dei tanti. «e mi è sempre stato cristallino, fino a Barrow» andò a cercare gli occhi del ragazzo, sapendo già che quello che stava per dire non gli sarebbe piaciuto: l’avrebbe odiata, e in quel momento non le interessava abbastanza da farla tacere. «non credevo che potesse essere nostro figlio, non riuscivo a comprendere come» abbassò per qualche secondi gli occhi, prendendo ad osservare l’alce il pomo d’adamo di William. Non trovava le parole adatte, nonostante fosse sempre stata brava a rifilare agli altri ciò che volevano sentirsi dire. Perché non poteva essere così facile anche in quel caso? «ho capito solo quando ho cominciato ad osservarti con occhi diversi. Non so come-» si interruppe prima di finire la frase, la mano a spostare nervosa i capelli dietro l’orecchio «non so come sia successo, ma hai smesso di essermi indifferente» incrociò le braccia al petto, cominciando a far tamburellare le dita sull’avambraccio - glielo stava per dire? Glielo stava per dire. «dovevi essere una semplice scopata senza sentimenti, ma penso di aver mandato tutto al diavolo: perché ci sono, dei sentimenti» sostenne il suo sguardo, dannandosi per non riuscire a capire cosa stesse pensando in quel momento. Si sentiva così stupida, Akelei, così fuori posto in quel ruolo. «sei libero di non credermi, non avresti torto» scosse la testa, sollevando le labbra in un sorriso teso – era una bugiarda per natura, William sarebbe stato un pazzo a darle retta «anche se spero tu lo faccia» un’ultima volta, almeno.

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    Edited by cocaine/doll - 29/6/2018, 11:29
     
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    Forse le droghe in circolazione nel futuro erano più stimolanti rispetto a quelle cui era abituato. William Yolo Barrow, ancora ventiquattro anni per qualche mese, non avrebbe saputo spiegarsi altrimenti la strana atmosfera all’interno di quella stanza. Aveva due opzioni: la prima implicava una negligenza da parte di Scottex, la sua spacciatrice, sugli effetti del fumo attivo; la seconda biasimava al suo pro nipote il non averlo avvisato di quanto le pareti fossero spugne pronte ad assorbire ogni nota di fumo passivo per volgerlo duplicato a chiunque ivi mettesse piede.
    In nessuna delle opzioni Will poteva concepire la veridicità di quanto stava accadendo.
    «potranno non aver cambiato niente per te. non posso dire la stessa cosa»
    La terza possibilità era che nell’universo alternativo avesse colpito troppo forte la testa, ed a rimetterci era stato il suo apparato uditivo. Guardò Akelei con pesanti palpebre socchiuse, labbra appena aperte a lasciar defluire un bianco filo di nebbia all’erballegra. Ruotò la lingua sul palato affondando nel sapore familiare della droga leggera, l’usuale formicolio alle guance che pareva renderle incredibilmente appetibili sotto la debole morsa dei denti. Drizzò la schiena poggiando più comodamente le spalle al sedile del letto, il computer chiuso ed abbandonato al proprio fianco mentre la Beaumont avanzava nervosa, nervosa!, nella sua direzione. Non credeva avrebbe mai vissuto abbastanza da poter vedere Akelei Beaumont a disagio - beh, in realtà non credeva neanche avrebbe mai visto il giorno nel quale, di sua spontanea volontà, ella avrebbe bussato alla sua porta. Se avesse potuto viaggiare indietro nel tempo non si sarebbe trovato incastrato nel fottuto 2118 ed avesse riferito la situazione ad un giovane William, non aveva alcun dubbio che l’altro mini sé non sarebbe riuscito a contenere l’emozione liquida nelle proprie mutande.
    Come cambiavano, le cose. Come cambiavano, i William - poco, quando si aveva a che fare con la bionda in questione. Ma quella storia, la conoscete già. Quando l’aveva esortata a sputare il rospo, di certo non aveva immaginato quella conversazione. «se smetti di fare la testa di cazzo magari te lo dico» ah, pure. Battè le ciglia soffocando un sorriso nei denti stretti sul labbro inferiore, capo leggermente chino ad evitare gli occhi di lei; era un bugiardo per dovere civico, per proteggere i propri compagni ed ideali, ma nella vita quotidiana, da quando s’era costruito possibilità di scelta, era trasparente quanto vetro. Il William bambino ed adolescente era stato cresciuto per mentire e sorseggiare cazzate come si fosse trattato di vino pregiato e particolarmente delicato sul palato, ma la pubertà gli aveva permesso di raggiungere lo stato nirvanico del me ne sbatto il cazzo della vostra opinione, rendendolo l’adorabile Yolo che oramai tutti conoscevano ed amavano: di filtri, quel Will, ne conosceva raramente. «ho sempre voluto che il nostro rapporto, se così si può chiamare, fosse chiaro» aveva pure il coraggio di dire a lui di non fare lo stronzo, la Beaumont. Aspirò un’altra boccata dalla canna impedendosi di risponderle, abbastanza masochista da voler capire dove volesse andare a parare. se così si può chiamare - Cristo, ma perché ancora le parlava? Comprendeva il volerla bombare, sarebbe stato irreale un mondo dove il Barrow non avesse voluto le gambe di lei strette in vita, ma comunicare? Capirla? Non avrebbe dovuto neanche nutrirle, speranze del genere. L’aveva fatto, ne era rimasto prevedibilmente bruciato, e credeva di essere passato oltre - credeva. A fottere era bravo, ma il vero talento di William era fottersi. Avrebbe voluto interromperla, dirle che era stata chiarissima; ammettere, in un sospiro amaro ma onesto, che non avesse sbagliato un cazzo, dichiarando pragmatico d’essere stato lui a decidere di fraintendere il loro rapporto. Così, per puro gusto sadico. «e mi è sempre stato cristallino, fino a Barrow» Un guizzo del labbro inferiore, gli occhi azzurri a cercare quelli di lei. Se fosse stato davvero una testa di cazzo, le avrebbe domandato quale.
    Invece, vaffanculo, William Yolo Barrow era un fottuto stinco di santo. «non credevo che potesse essere nostro figlio, non riuscivo a comprendere come» Akelei Beaumont stava davvero cercando di spingerlo al limite, a quanto pareva; quel minchione di un Will fremeva dal bisogno di dissipare la tensione offrendole un disegno sul coito. Non lo fece solo perché alle proprie mani ci teneva ancora – gli servivano, se capite cosa intendo. E non era un idiota, Will; aveva capito perfettamente di cosa Akelei stesse parlando.
    Neanche lui riusciva a capire come - in più d’un senso.
    In nessuna vita, in nessun tempo e nessun Will, avrebbe potuto essere preparato a quello. Fu più colpito dal suo sguardo che non dalle parole, dalla stretta delle braccia al petto piuttosto che dalla sua voce. Insicura. Porca troia, non credeva neanche che quell’aggettivo esistesse nel vocabolario della Beaumont – e sicuro come l’oro, non credeva potesse esistere in un contesto dove lui fosse presente. «dovevi essere una semplice scopata senza sentimenti, ma penso di aver mandato tutto al diavolo: perché ci sono, dei sentimenti» La stava guardando troppo attentamente per credere d’aver frainteso le sue parole; lo stava guardando troppo intensamente per credere stesse mentendo.
    Cristo Santo. Dimenticò come respirare per secondi che parvero vite intere, lo spinello fortunatamente abbandonato nel posacenere prima di poter dare fuoco al lenzuolo ed i pugni stretti fino a sentire le corte unghie tagliare la carne dei palmi. Prima ancora di poter capire, razionalmente, le parole di Akelei, si trovò a sollevare le labbra nell’abbozzo di un sorriso divertito e vagamente incredulo, appena opacizzato da un sottile strato di bollente fierezza. Aveva appena ammesso, ad alta voce, di provare qualcosa per lui? Da qualche parte l’inferno aveva iniziato a congelare il culo delle anime dannate. «sei libero di non credermi, non avresti torto. anche se spero tu lo faccia» Piegò il busto in avanti, inumidì le labbra. Rimase in silenzio più a lungo di quanto necessario, attendendo forse ch’ella svelasse l’arcano rimangiando quanto appena detto – ma lei non lo fece, e William battè le ciglia chiedendosi se quella situazione, quella Akelei, fosse reale, o se la stesse solo immaginando.
    Nel dubbio. «akelei elair hazel juliet raleigh delacroix-beaumont» sciorinò con sicurezza data dall’esperienza, arcuando un sopracciglio mentre il sorriso s’allargava pigro ed indolente sulle labbra. «stai forse insinuando di avere» un cuore «una cotta per il sottoscritto?» con tanto di bocca dischiusa in sorpresa, e mano sinistra al petto. Aveva bisogno di spezzare la tensione, Will; di rovinare tutto, perché a tenersi le cose belle, fossero persone o momenti, non ce la faceva mai. Non era nella sua indole. Spostò il lenzuolo scivolando lentamente in piedi, i pantaloncini blu a scivolare fin poco sopra la caviglia. Era troppo abituato alle melodrammatiche entrate in scena di PizzaLover e Golden Lady per permettersi di dormire nudo come faceva a casa propria – Niv l’aveva accettato così com’era, privo di pudore o decenza. Non voleva bloccare la crescita di Murphy o Kieran, erano già bassine di natura. «trovo vagamente offensivo che dopo tutti questi anni insieme, per capirlo tu abbia avuto bisogno di tre figli dal futuro» sollevò le mani in segno di resa, bionde sopracciglia arcuate nel compiere un altro passo verso di lei. Che cazzo avrebbe dovuto pensare in proposito? Non lo sapeva. Voleva crederle così disperatamente da sentire un dolore fisico all’altezza del petto, ma non era uno sprovveduto – non poteva permetterle di possederlo così interamente con un solo, sbrindellato, filo di speranza.
    Non significava che non potesse godersi il momento, finchè fosse durato. Chi lo sapeva quando alla Beaumont sarebbe tornato il senno. «fortuna che sono facile da accontentare» si strinse pigro nelle spalle, un altro sorriso sghembo e distratto verso di lei nel diminuire ancora la distanza fra loro.
    Puoi sempre fingere che sia abbastanza, Will. Puoi accontentarti sul serio. Sappiamo che non avrai di più. Eppure ne aveva bisogno, di quel di più. Fottuto bisogno. Così strinse ancora lo spazio fra loro, sollevando cautamente una mano nell’avvicinarsi abbastanza da lasciare pochi centimetri fra i loro petti, il palmo a poggiarsi sulla guancia di Akelei ed il pollice a premere sulla carne obbligandola a non distogliere lo sguardo. «ma non così tanto.» chiarì, serio ed adulto, sopracciglia lievemente corrucciate e labbra serrate fra loro. «non voglio sia questo a farti cambiare idea. non voglio siano loro» chiarì, scandendo lentamente le parole. Aveva bisogno che capisse - che per una, fottuta!, volta ci provasse, a capirlo. «è il mio, compito» era sempre stato il suo. «è la mia battaglia» Scosse impercettibilmente il capo. «e non voglio loro siano i miei soldati» per principio, più che altro: non era una reale vittoria, se a vincere la guerra era qualcun altro - qualcuno che neanche avrebbe dovuto esserci. «ce l’ho fatta una volta, beaumont» abbozzò un sorriso, piegò appena la testa. Se Barrow, Sunday e Sersha erano tornati indietro, significava che nella loro linea temporale William ce l’aveva fatta, e senza il loro aiuto. «sono fiducioso di poter ripetere» lo era davvero, Will. Nel seguire delicato come mai s’era permesso il profilo delle labbra di Akelei con il proprio pollice, si sentiva inebriato da quella fiducia. Principalmente perché: «dovessi metterci tutta una vita» o anche quella dopo.
    Le rivolse un ghigno bieco a palpebre socchiuse. Di fottuto tempo per Akelei Beaumont, ne avrebbe sempre avuto d’avanzo.
    william yolo barrow
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    I knew the moment
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    Lo osservava, la Beaumont, chiedendosi cosa gli stesse passando per la testa. Il silenzio che si ostinava a prolungare non la aiutava, e quel sorriso insolente le faceva prudere le mani. Non c’era niente di divertente in quella situazione, e se non avesse avuto quella canna tra le labbra se ne sarebbe reso conto. «akelei elair hazel juliet raleigh delacroix-beaumont» inarcò il sopracciglio biondo, lo sguardo a socchiudersi sul Barrow – per essere qualcuno con cui non esisteva un cazzo di noi, di certo era informato. Si fossero trovati in un’altra situazione, era sicura che non ci avrebbe messo più di qualche secondo a farglielo notare, era una fortuna che quel giorno si sentisse particolarmente magnanima. «stai forse insinuando di avere una cotta per il sottoscritto?» fece per aprire la bocca per ribattere con un non dire cazzate, quando si accorse di non poterlo negare. Che vita di merda, odiava quella recente scoperta di avere un cuore pulsante. «par pitié, barrow, le cotte sono per i dodicenni» alzò gli occhi al cielo, la tensione nel corpo a diminuire. Quanto le piaceva evitare le domande scomode, specie quelle di qualcuno che amava porle. Osservò William spostare il lenzuolo di lato, aspettandosi quasi di non trovare nulla sotto, non era colpa sua se anche lei permetteva alla sua mente di vagare a volte. Fu veloce a nascondere il suo disappunto nel vederlo con dei pantaloni addosso, principalmente perché quello non era il momento per determinati impulsi; chissà, forse era il fumo passivo che stava facendo effetto. «trovo vagamente offensivo che dopo tutti questi anni insieme, per capirlo tu abbia avuto bisogno di tre figli dal futuro» posta così, la questione suonava ridicola. Non era completamente colpa sua, se si era sempre ostinata a negarsi ogni tipo di sentimento che non fosse l’astio – che ci fosse voluto un William Barrow per farle cambiare idea, faceva rivoltare la sua ventiduenne. Lo osservò avanzare di un altro passo, sempre più vicino a dove si trovava lei, senza che la bionda cedesse e indietreggiasse. Che si avvicinasse, non l’avrebbe mangiato, non ancora perlomeno. «fortuna che sono facile da accontentare, ma non così tanto» sciolse le braccia dal petto, lasciandole cadere lungo i fianchi mentre osservava curiosa i movimenti del Barrow. Si trovavano così vicino che le sarebbe bastato sporgersi un poco per tirargli una testata sui denti, giusto nel caso avesse detto qualcosa di estremamente idiota. Dischiuse le labbra in sorpresa quando sentì il palmo di William contro la sua guancia, stupita dal fatto che l’avesse lasciato avvicinare fino a quel punto – si stava dimostrando debole, e per quella volta neanche le interessava. Continuava a mantenere lo sguardo cristallino puntato negli occhi di William, osservando ogni sua reazione, aspettando che le dicesse che la stava prendendo per il culo. «non voglio sia questo a farti cambiare idea. non voglio siano loro. E’ il mio, compito» era normale che si sentisse così attratta dal biondo in quel momento? Così, tanto per chiedere «ce l’ho fatta una volta, beaumont, sono fiducioso di poter ripetere» era sicura che lo potesse fare, gliene stava dando un piccolo assaggio in quel momento «dovessi metterci tutta una vita» avrebbe potuto rifilargli tante di quelle parole da fargli girare la testa, o una battuta per spezzare l’atmosfera ostrica che si era creata. Avrebbe potuto tirarsi indietro finché ancora poteva, dimenticare quella serata e continuare a trattarlo come una bestia. La verità era che Akelei Beaumont avrebbe potuto fare di tutto, ma in quell’istante c’era cosa una cosa che desiderava. «stai decisamente guadagnando punti» soffiò sulle labbra del ragazzo, lasciandovi cadere per qualche secondo il suo sguardo – fu allora, che cedette. Annullò la distanza che la separava da lui, premendo gentile come mai era stata la bocca sulla sua, mentre le mani scivolavano tra i riccioli biondi. «je pourrais m'y faire» osò pensare ad alta voce, sapendo bene che il Barrow non aveva una conoscenza così elevata del francese da capirla. Sei mesi in Francia non facevano di te un madrelingua, dopotutto. «sono curiosa» iniziò, un pigro ghigno a stendersi sulle labbra «come pensi di conquistarmi?» piegò il capo a lato, mente le mani si andavano a poggiare sul petto del Barrow – aveva già le sue scommesse s tavolo, non credete.
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