well, I suggest you switch your mind state

[post mini q] vin + laurent + kier

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    «questi sono segni di fratture vecchie» Ecco, non aveva neanche chiesto ai 2018 se nel loro secolo esistevano gli ombrelli. Come aveva potuto scordarsi una domanda di così vitale importanza? Bionde sopracciglia corrugate, guancia premuta sull’asettico cuscino dell’ospedale, Melvin Diesel piegò le labbra verso il basso; poteva chiedere ai Viaggiatori, sicuro, ma di loro non si fidava particolarmente: e se finire nel 2118 li avesse confusi? Se non ricordassero più che nel loro tempo non esistevano le stringhe per le scarpe perché le avevano viste nel suo, secolo? Oltraggioso. «ci sono ancora segni di emorragie interne» Ma quel che più scocciava all’empatica, era non aver avuto il tempo per mostrare il proprio sdegno alle parole dello spilungone: che significava il suo mazzo? Come si permetteva? Quei tarocchi erano suoi da tutta una vita, tramandati di generazione in generazione finchè, finalmente, non erano giunti fra le mani di qualcuno di competente. Si era così intestardita sulla faccenda che, una volta ripresi i sensi, non aveva potuto fare a meno di pensare solamente a quello, così distratta dall’aver ignorato a) il ritorno di Seth b) la morte di Seth c) il monologo di William Lancaster. Se non fosse stata appesa come Abu alle spalle di Jamie, probabilmente si sarebbe persa anche il rientro in patria.
    Era così, Vin. Non viveva nella comune realtà altrui, trovando più interessante sé stessa che ciò che gli altri potevano offrirle – soprattutto quando l’argomento non la riguardava, e dubitava che Lancaster avesse salvato il giorno per raccomandare loro di usare smalti fluorescenti anziché pastello. Se l’avesse fatto, Vinnie l’avrebbe saputo. «mi sta ascoltando, signorina?» «uh?» battè le ciglia, ruotò il capo fino ad incontrare gli occhi scuri e severi di un medico. Stava… stava parlando con lei? Da quanto. Cosa. Non voleva ferire i suoi sentimenti, quindi sporse il labbro inferiore all’infuori annuendo energicamente. «certo. sicuro» liquidò la questione tornando a guardare fuori dalla finestra, il profilo della Tour Eiffel a tagliare il cielo. A Melvin, quella struttura tutto ferro ed ordine, non era mai piaciuta particolarmente, né mai aveva compreso il fascino con cui attirava migliaia di turisti l’anno – trovava decisamente più interessanti i Lego, o i piccioni. O qualsiasi altra cosa. Ma vabbè, i gusti erano gusti, giusto? «le ho chiesto dove vada a scuola» Ah, ma pensa. Ecco il motivo per il quale preferiva non andare mai in un ospedale - troppe domande. Senza contare che fosse perfettamente in grado di curarsi da sé (o meglio: trovare qualcuno che facesse per lei; Melvin Diesel aveva un talento naturale nel trovare tutto quel che cercava e di cui aveva bisogno – un vero peccato che le sue scelte di vita l’avessero portata a cercare e necessitare solo ambienti tossici e cancerogeni.) quindi non vedeva motivo di scomodare medici e infermieri. «lavoro» rispose evasiva, allungando un braccio sul comodino per prendere uno dei lecca lecca alla fragola destinati ai bambini. Beh? Con quel viso tondo e la scarsa altezza di poco più di un metro e sessanta, poteva permetterselo. «e che lavoro fai?» Mh, primo segno negativo: era passato al tu, e Vin sapeva che la situazione non avrebbe volto a proprio favore ancora a lungo. Già detto troppe domande? Già detto che lei, in quel continente, neanche avrebbe dovuto esserci? Aprì la bocca, istintiva nella sua costante ricerca della verità – una ragazzina onesta, la Diesel; trovava il proprio mestiere di tutto rispetto, e non vedeva perché nasconderlo a chicchessia. Ma. Ma. La giovane empatica, che da anni pendeva dalle labbra di chiunque si occupasse di lei anche solo per tre (3) minuti, era la più fiera e leale sostenitrice di Jameson Hamilton, e da brava creatura fedele e ben addestrata sapeva che non tutti, specialmente in contesti simili, avrebbero preso bene che facesse la lap dancer e la prostituta. Se te lo chiedono, Vin, devi dire - «mi occupo di intrattenimento» con orgoglio battè le ciglia e si posizionò più comoda sul cuscino, le lunghe ciglia bionde a battere languide sulle iridi grigie. «dove sono i tuoi genitori?» eccola, la domanda che non voleva né poteva permettersi. Si mosse a disagio sotto il lenzuolo, il broncio pronunciato attorno allo stecco bianco del lecca lecca. Perché davano tutti per scontato che li avesse? Erano nel 2118, santo cielo, non avrebbero dovuto dar per certo nulla – soprattutto non che dei genitori dovessero obbligatoriamente preoccuparsi della propria figlia. Il movimento degli anni 2100 sul NO STANDARD non era giunto dove i più rivoluzionari avrebbero voluto. Ah, se solo fosse non fosse nata dopo sì che avrebbe animato quella Rivolta come Melvin comandava. Lanciò una furtiva occhiata attorno a sé in cerca di supporto, trovando solo una stanza vuota ed un medico, babbano, a squadrarla con occhiali dalla sottile montatura nera. Ne aveva anche un altro paio appeso al collo – ma perché? Che se ne faceva? Si rese conto di aver ancora (sempre.) perso il filo del discorso, quando lui le schioccò le dita davanti al viso.
    Ah già, genitori. «vorrei parlare con uno psicologo» asserì dal nulla, evitando l’interrogativo. «sono triste. È appena morto un mio amico» del tutto sincera nel sollevare liquidi occhi verdi sull’uomo, i denti a stringersi attorno al lecca lecca. Chiunque (quell’insensibile di Jamie.) avrebbe potuto dirle (e l’aveva fatto.) che lei non fosse amica di nessuno di loro – che scambiare cinque (5) parole con un altro essere umano non creava alcun legame, ma Melvin sapeva non fosse vero. Lei voleva già bene alla chiaroveggente dai corti capelli rosa, ed aveva già una poco platonica cotta per suo fratello: li aveva guardati morire senza battere ciglio, ancora sorpresa dal fatto che le persone potessero esistere fino ad un attimo prima, e smettere di farlo quello dopo. E tutte, tutte quelle persone, la Diesel, poteva anche non averle conosciute – ma il dolore che ne aveva percepito, l’assenza che avevano lasciato nelle vite degli altri, le aveva scavato un altro, l’ennesimo buco dietro lo sterno. Si bucavano facilmente, le Melvin Diesel – ed altrettanto facilmente riempivano le lacune con chewing gum masticati: si doveva pur sopravvivere, lo sapeva. Il dottore non parve affatto impressionato, al che la ragazzina si sentì in dovere di violare la legge, non certo una novità, e di esercitare il proprio potere su di lui. L’articolo 142 della Nuova Costituzione diceva che, a meno che non vi fosse stato antecedente esplicito consenso, non fosse possibile utilizzare poteri di manipolazione mentale sugli altri: eh vabbè, Vin interpretò il silenzio dell’uomo come un accordo – fraintendimenti che capitavano – spingendolo quindi, grazie all’empatia, a percepire il suo stesso dolore.
    E come prevedibile funzionò, perché l’uomo abbandonò la stanza con il capo basso e le spalle ingobbite.
    Melvin sospirò abbandonandosi sui cuscini, gli occhi chiari a fissare il soffitto. Si alzò solamente per cercare i propri effetti personali, chiusi a chiave (ma quando mai una serratura le era servita da deterrente? Andiamo, usava più manette lei di chi con le manette ci lavorava) nel cassetto più lontano dal letto. Sfiorò con le dita il tessuto della scatola dei tarocchi, sopracciglia corrugate mentre cercava…qualcosa. Doveva pur esserci un segno tangibile che fossero suoi, no? Una…boh, un’etichetta? Un appartenente alla famiglia Diesel, non ascoltare i menzogneri di un’altra epoca? Lingua fra i denti, Melvin saltò sul bastone della propria flebo aggrappandovisi con braccia ed una gamba, mentre l’altra spingeva sul terreno per darsi la spinta. Uscì così, non dando affatto nell’occhio, nel corridoio dell’ospedale. Dov’era Lou? Dov’era???? «miller» iniziò, affacciandosi in una stanza con un biondo uomo morente.
    No, okay. «miller» nella seconda stanza, ad un vecchio stavano cambiando il catetere. Non voleva più vivere, Melvin. Arricciando il naso, iniziò a spalancare tutte le porte che si affacciavano sul corridoio. «miller.millermillermiller» no, nope, no – ah, una Kieran! «MI SPINGI?» le sussurrò, afferrandole un polso per trascinarsela dietro. Sì, voleva che spingesse il bastone con la flebo mentre lei vi era stretta come un grappolo d’uva – a ognuno i propri passatempi. «miiiiiilleeeeeeer MILLER!» alzò vittoriosa un braccio verso il ragazzo a letto, volgendo la mano alla Sargent perché le battesse il cinque. Con la coda dell’occhio, vide lo psicologo che aveva richiesto poco prima entrare nella camera in cui una Diesel costretta al riposo, avrebbe dovuto trovarsi. Oh beh, era un Capricorno, lei. Si sapeva che le regole non facessero per loro. «corri» sibilò alla mora, cercando di spingere con il proprio peso per accelerare la loro folle (quando mai) corsa. Si lasciò cadere mollemente sul letto di Laurent, pressandolo di lato perché le facesse posto (beh dai, cos’era una freccia conficcata nel petto? QUISQUIGLIE), ed una volta che si fu accomodata e fu fiera della propria posizione, sollevò solenne il capo verso i due. Con un gesto lento ed intenzionale, infilò gli occhiali dalla montatura dorata (che aveva rubato al dottore. A suo discapito, non l’aveva fatto apposta, se li era ritrovati in mano!!! Eh! Non era furto se non li fregavi a nessuno. erano capitati fra le sue dita, giurin giurello) sopra la radice del naso, e si schiarì la voce. «pensavo di tingermi i capelli di blu» così, ci teneva a dirglielo – ma non era quello che voleva dir loro, quindi liquidò la questione con un cenno della mano. «un tizio mi ha detto che questi sono suoi. È possibile che arrivino dal far west ovviamente Melvin non sapeva che Archibald non fosse della California. Già era stupita di avere una Sargent lì di fronte – ah, quindi erano ancora nel 2118? Ma pensa.
    Comunque. Sventolò i tarocchi di fronte ai due ragazzi, impettendosi offesa ed alzando un ispirato indice al cielo. «potrebbe averli toccati indiana jones beh.
    Non era una cima in storia, Melvin Diesel.

    melvin "vin" diesel
    Some days I wake up I just wanna hide under the covers
    'Cause no matter what I do I'll never be like all the others
    empathy | 06.06.2118
    Most people really don't get me
    I'm the girl in the back of the class
    Blank stare, don't care, don't ask
    canadian | kleptomaniac
     
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    in case we have a gloomy day i brought some sunshine for us
    «Te l'ho già detto, Greg- posso chiamarti Greg? Sto alla grande» il sorriso del diciannovenne era da orecchio a orecchio, la dentatura quasi perfetta a brillare sul volto addobbato di cerotti. Sfoggiava l'espressione da repertorio, quella che solitamente riusciva a scaldare i cuori delle madri, a tranquillizzare cuccioli e bambini, a evitare una scazzottata non necessaria, e Laurent doveva ammettere di essere un po' deluso dal fatto che l'uomo di fronte a lui non sembrasse minimamente toccato da quanto fosse carino e in salute il suo paziente. Anzi, quasi sembrava spazientito da Laurent. Davvero, signor dottore? Ma lo vedeva quanto era tenero il ragazzo che si trovava di fronte??? Non era già più felice della vita??? Non aveva voglia di abbracciarlo e andare a fare un'opera di bene - ad esempio dimetterlo?
    «signor Miller-» «Laurent» «Questo non è uno scherzo; ha bisogno di riposo. Forse se fosse venuto subito...» il ragazzo agitò la mano in aria. Era già tanto si trovasse lì in primo luogo, e certo, non si aspettava dei ringraziamenti per star badando alla propria salute, ma neanche voleva stare ad ascoltare rimproveri solo perchè recarsi in ospedale non era stata la prima cosa che aveva fatto tornato nel 2118. «Una scottatura minuscola e un taglietto, niente di che, potete lasciare il letto a gente che ne ha più bisogno. Guardi, sto già una favola» con il braccio fece peso per alzarsi di più dal letto dov'era steso, ma nel piegarsi in avanti il dolore al petto per poco gli tolse nuovamente il respiro, mentre il solo sfrusciare del lenzuolo contro il fianco gli fece risentire tutto il calore rovente di quando quella palla di fuoco l'aveva colpito. Si morse l'interno guancia, e dopo qualche secondo rialzò gli occhi verso il medico, impegnandosi a non far vedere quanto quel leggero movimento gli fosse pesato. «Una... favola»
    Greg scosse la testa sospirando e scribacchiò qualcosa sulla cartellina segreta (segreta lo era davvero: Laurent aveva provato a chiedere cosa ci fosse scritto e a sbirciare, ma l'uomo se l'era parecchio presa; chissà cosa aveva poi da nascondergli sulla sua salute). «Ci vediamo fra qualche ora per il controllo, nel frattempo stai fermo e cerca di dormire» Greg alzò lo sguardo, osservandolo da sopra gli occhiali a mezzaluna. «Forse per domani sarai fuori, se non cercherai di nuovo di accelerare la guarigione con strane magia»
    «Mea culpa. Valeva la pena tentare»
    Agitando la manina e continuando a sorridere, Laurent guardò l'uomo uscire dalla camera, e appena la sua schiena non fu più in vista le sue labbra tornarono velocemente dritte e serie. Sbuffò lasciandosi cadere teatralmente all'indietro sul letto, pentendosi immediatamente del - inutile - gesto drammatico (in fondo, nessuno poteva vederlo). Voltò la testa verso la finestra; era chiusa, ovviamente, e neanche poteva quindi respirare l'aria fresca o guardare gli alberi in tre dimensioni senza vetri in mezzo che si allungavano contro l'ospedale. Sia mai che entrassero dei pericolosissimi microbi o batteri.
    C'erano diversi motivi per cui Laurent non voleva stare lì, ed erano tutti terribilmente validi. In cima alla lista, tuttavia, c'era una grossa, enorme motivazione dalla quale ne derivavano delle altre: era il mese di giugno. Niente contro l'estate, contro l'asfalto caldo e il sole che scalda la pelle e secca la gola (col bel tempo, era molto più facile dormire per strada senza rischiare la morte per ibernazione), il problema risiedeva nel fatto che prima di partire per quell'universo alternativo e per quella guerra, non era affatto giugno.
    "Mi sono perso un mese e mezzo", pensò ancora, di nuovo, sempre, stringendo fra le dita il lenzuolo bianco. Si era perso un mese di vita, un mese in cui avrebbe potuto, dovuto, aiutare altri senza tetto messi peggio di lui, un mese di viaggi, un mese in cui sarebbe stato vicino a sua bis nonna sempre più vecchia e sempre più fragile. Trovava quasi offensivo che i medici lo avessero sgridato per aver sopportato un pezzo di freccia nel petto per quasi mezza giornata, invece che essersi diretto subito a farsi curare appena tornato nel 2118; non capivano che dopo aver accompagnata Vin in ospedale e scoperta che data fosse il geocineta avesse dovuto correre al solito rifugio per cercare i propri sgangherati amici per capire se se l'erano cavata senza di lui, se avevano badato a Yen in sua assenza? Che era dovuto andare a controllare la situazione di Jess, stringere i denti mentre cercava di librarsi in volo a fatica per raggiungere la sua finestra? Quale persona avrebbe pensato prima alla propria salvaguardia, piuttosto che assicurarsi di vedere come stavano quelli che amava? In più, quella dannata stanza era molto peggio di una prigione. Odore asettico, colori quasi del tutto assenti; una stanza senza personalità e, soprattutto, senza persone, visto che era stato così fortunato (o così dicevano i medici) ad avere una camera singola. Wow, fantastico. Non aveva neanche più la sua vecchia chitarra a fargli compagnia, perchè non vedendolo tornare uno dei ragazzi del gruppo di Parigi con cui era solito condividere i suoi pasti l'aveva portata al banco dei pegni per avere i soldi per una dose, e la vecchia Gibson era stata comprata. "Eh, vabbè, così è la vita".
    Cercò di sistemarsi meglio sul cuscino, sapendo di dover dormire, ma non è facile trovare una posizione comoda quando la federa è imbottita di flaconi (ehi, le medicine costano un sacco e non erano tutti così fortunati da avere un'assicurazione fatta dai genitori secoli prima ancora valida). Dannazione, senza libri e col cellulare scarico si annoiava così tanto, che probabilmente stava impazzendo; gli pareva pure di sentire qualcuno chiamarlo. Peccato non aspettasse visite: di chi conosceva, la gente era o più ammaccata di lui, o presa a farsi perdonare per la sparizione (ciao Al), o troppo povera per potersi permettere un pullman fin lì; oppure era la sua famiglia, che di certo non sarebbe passata. Probabilmente neanche si erano accorti della sua scomparsa.
    «MILLER!» Si sollevò a sedere, la fitta rapida nel comparire quanto nell'andarsene quando si trovò davanti la bionda, accompagnata da niente meno che Kieran. Indicò prima l'una poi l'altra. «Melvin Diesel! Kieran Sargent!» sì, proprio come chris traeger; era un grande fan #wat
    Sorridendo radioso, si spostò leggermente per fare spazio al corpicino della ragazza, facendo segno a Kieran di avvicinarsi e accomodarsi anche lei sul letto mentre lui, non senza fatica mentre le gambe si impigliavano nelle lenzuola, le incrociava per dare più letto anche alla Sargent. Persone, ecco quello di cui aveva bisogno per sentirsi meglio, e possibilmente un discorso che non riguardasse morte e perdizione e Seth e chi più ne ha più ne metta. «pensavo di tingermi i capelli di blu» Laurent annuì - approvava sempre i cambi di stile, e pensò che la cosa potesse essere correlata alla morte di Gkee, la compagna fluo di Melvin; era sempre difficile stare dietro al filo dei pensieri della ragazza «Ci sta»
    Si sporse verso il comodino, tirando fuori dal cassetto una dopo l'altra tre gelatine colorate, per offrirle alle due. Aveva tenuto da parte i dolci non mangiandoli ai pasti per poterli portare ai due figli di Agnes, con cui aveva condiviso un sacco di notti fuori - ma per Vin e la sua quasi-nonna valeva la pena fare i buoni ospiti e fare merenda (pranzo?? che ore erano??); avrebbe trovato un altro souvenir per i bambini. Infilò il cucchiano nella gelatina rossa, prendendo il primo assaggio.
    «un tizio mi ha detto che questi sono suoi. È possibile che arrivino dal far west? potrebbe averli toccati indiana jones?»
    Laurent si portò la mano davanti alla faccia - poteva essere!!! -. «Per me è super possibile. E' chiaro ormai che noi e loro - voi, scusa Kier - viviamo su linee temporali diverse, perchè Lancaster ha detto che potrete tornare a casa, ma sappiamo per certo che non l'avete fatto cento anni fa... quindi se lo farete, creerete un nuovo futuro. Insomma, è verosimile credere che il cowboy che nella nostra linea temporale è stato dato per morto, in realtà era solo nel 1918 e lì è morto, rip, lasciando i tarocchi a marcire da qualche parte, tarocchi che nei secoli dei secoli sono diventati i tuoi, Vin... Oppure li aveva lasciati a casa prima di partire per la battaglia, e ti sono comunque arrivati ma non li ha toccati indiana jones» Ingoiò altra gelatina, dubbioso, ma ben presto si illuminò di nuovo «Dove l'hai preso, questo mazzo? Forse possiamo risalire alla sua storia fino al cowboy oppure, OPPURE sei nipote del cowboy, pensa! Come io con K-» tossicchò rendendosi conto di cosa stesse per dire. Kieran? Cosa? Ovvio che no LO SAPEVA CHE NON ERA POSSIBILE. «-icchessia.» #nailedit
    time is confusing
    at this point
    06th june 2118
    protect trans kid
    21 years old
    special: geokinesis
    laurent miller
    COOL PEOPLE SMILE


    Edited by and flowers in his hair - 30/8/2018, 23:50
     
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    kieran sargent
    Più Kieran affondava il cucchiaino nel gelato e più si sentiva soddisfatta, neanche faceva più caso ai due ragazzi seduti affianco a lei, mentre si abbuffava come un maiale. Se prima poteva vantare un minimo di pudore, dopo mesi passati con Will e Just ormai l’aveva perso completamente, così da lasciarsi andare davanti ai due. «mi manca il gelato del Mc, questo non è lo stesso» la Sargent, da grande esperta di gelato qual era, reputava quello del Mc Donald’s sublime e difficile da sostituire, tanto che neanche quello delle grandi gelaterie di /lusso/ erano in grado di rivaleggiare. Lei era fatta così: un po’ strana e costantemente contro corrente. Per esempio, quando tutti stavano avendo la propria fase calzamaglia a rete, lei era avanti di anni con i mutandoni ascellari e le calze da vecchia tirate su fino al ginocchio. «ma esiste ancora il mc?» ruotò gli occhi cioccolato su Justin, l’unico che poteva darle una risposta – sperava che Will fosse stato troppo occupato a procreare (cosa) i suoi amici (cosa) per farsi un giro per tutta Parigi. «comunque, parliamo di cose importanti» unicorni? barbie e il lago dei cigni? Li aveva incontrati per caso al bar dell’ospedale, ma non voleva dire che non potesse molestarli sulla vita «avete idea di quando potremo tornare a casa? non posso perdermi anni di vita» scosse la testa, lo sguardo all’improvviso cupo «pensavo di non poter tornare indietro, ma ora che c’è una possibilità reale questo posto sta incominciando a starmi stretto» incrociò lo sguardo limpido di Will, lui che in parte poteva capire quello che stava dicendo la Sargent. Non era stato facile rivedere alcuni volti familiari, sebbene non fossero le stesse persone che conosceva lei, i quali le avevano ricordato che da qualche parte, continuavano ad esistere anche loro nonostante gli anni che li separavano. «mi sto rendendo triste da sola, ma si può?» abbassò lo sguardo sulle proprie mani, scuotendo la testa. Non era da lei, piuttosto di soffermarsi su determinati pensieri preferiva distrarsi con qualsiasi altra cosa: cibo, libri, relazioni altui. Ora che ci pensava, esisteva ancora Wattpad nel futuro? Aveva bisogno di recuperare i cento anni di capitoli che si era persa, sperando che Katarina avesse finalmente aggiornato Borgata – si aspettava almeno due capitoli in tutti quegli anni, e magari un epilogo per saziare la sua curiosità. «piuttosto, justino per caso c’è ancora wattpad? Una cosa dove…leggi libri» esitò qualche momento, il pensiero di rivelare ai due /uomini/ che fosse un fan delle fiction non le piaceva per niente, quasi come se temesse il giudizio dei due. Obbiettivamente, i due frequentavano quei circuiti più di lei, ma non poteva saperlo per certo – non era come se avesse trovato una fanfiction con William e Akelei come protagonisti. I due ragazzi sembravano più confusi di lei, con un Barrow che cercava di fingere indifferenza e un Just che fingeva una dignità che non aveva pur di non risponderle «gngn che rottura che siete, allora vado a chiederlo a lollo» spinse la sedia all’indietro e si alzò in piedi, mostrandosi per il suo imponente metro e cinquantasette. Si avvicinò per stampare loro due baci sulla fronte, sventolando poi la manina «lo saluterò anche per voi, non preoccupatevi!» non sembravano per niente preoccupati, ma quella era un’altra storia.

    A Kieran non erano mai piaciuti gli ospedali, il solo odore di disinfettante le dava la costante idea che la morte fosse dietro l’angolo, un qualcosa di piuttosto letterale visto che le sarebbe bastato affacciarsi a qualche stanza per vedere qualcuno in fin di vita. Era troppo tardi per scappare? Avrebbe sempre potuto rimandare la visita a quando Laurent e Valerie fossero usciti di lì, quanto potevano essere gravi le loro ferite dopotutto? «nope, giusto, gli ho promesso updates» di cosa? Avevano iniziato una soap opera insieme e avevano perso mesi di puntate, non poteva certo lasciarlo ignaro di quello che era successo. Non si soffermò sulle occhiate stranite degli sconosciuti che la sentivano parlare da sola, continuando ad avanzare per il corridoio con tutto il coraggio che possedeva (poco), mentre si avvicinava ad un’infermiera sperando di poterla molestare «excuse muah, maidem-» non fece in tempo a continuare la frase che un bolide biondo sfrecciò verso di lei, strappandola via dalla donna «MI SPINGI?» strabuzzò gli occhi, chiudendo poi la bocca quando si accorse che a rapirla era stata Vin «mmmh come vuoi??» aveva scelta? Non molta, dal momento che la prese per il polso in una disperata ricerca di «miiiiiilleeeeeeer MILLER!» «MILLER!!!!» si precipitarono in camera del ragazzo, apparentemente in fuga da qualcuno. Kieran era confusa, e nel dubbio si limitava ad annuire e sorridere ai due, contando sul fatto che fossero persi quanto lei. Prima di accomodarsi sul letto chiese il permesso a Lollo, non era certo una bestia, sorprendendosi poi nello scoprire di quanto fosse comodo – a Londra facevano schifo, forse perché erano poveri. «come stai?» insomma, non era tutti i giorni che una freccia ti si conficcava nel torace. Se fosse successo a lei, non sarebbe neanche stata più: le bastava tagliarsi con la carta per morire. «pensavo di tingermi i capelli di blu» si voltò verso la ragazza, battendo le mani entusiasta: le sembrava una grande idea! Avrebbe voluto dirle che qualsiasi cosa sarebbe stata bene addosso a lei, ma evitò per questione di pudore e dignità, che ancora voleva conservare agli occhi della ragazza «uh, penso ti starebbero bene!» sbatté lenta le palpebre, inclinando la testa nell’osservarla meglio – da quando portava gli occhiali? Le importava? Tecnicamente no. Bene, quindi era meglio tornare a concentrarsi sulle cose importanti. «un tizio mi ha detto che questi sono suoi. È possibile che arrivino dal far west? potrebbe averli toccati indiana jones?» com’erano arrivati lì? Doveva essersi persa qualcosa mentre fissava Valerie, o non se lo spiegava. «eh?» perché stavano parlando di tarocchi e Indiana Jones? Forse era un nuovo sequel uscito nel futuro, ecco spiegato perché lei non lo conosceva. Poi Lollo incominciò a svarionare, e all’improvviso si trovò a sudare freddo - non era possibile che sapessero del 2043, vero? Da loro era successo il 2043? Decise che l’avrebbe chiesto più tardi a Willy, l’unica persona abbastanza seria che aveva conosciuto e di cui si poteva un minimo fidare. E poi l’avrebbe potuto aiutare con la situazione Helianta, lei sì che era brava a dare consigli sull’amore «laurent ma cosa ti danno da bere? cavolini, fermati a respirare» lo diceva per lui, aveva letto un articolo sull’ossigenazione al cervello mentre era dal dentista e secondo i medici non era una buona cosa non fermarsi a prendere qualche pausa durante il discorso (?????) «secondo me….beh, è possibile che tu sia nipote del cowboy come dice laurent, non sarebbe così strano. Tipo, per niente» ridacchiò nervosa, l’unica in quella stanza a capire a cosa si stesse riferendo «per caso sapete niente di custodi e 2043?» così, perché era sicura che si sarebbe cimentata di chiederlo a Will. Per non parlare del fatto che doveva ciatellare sulle persone, e non poteva farlo se i due amici non avevano idea di cosa stesse dicendo.

    WHERE WE'RE FROM THERE'S NO SUN
    OUR HOMETOWN'S IN THE DARK
     
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    Tenne il cucchiaio stretto fra i denti, bionde sopracciglia corrugate mentre la lingua raspava la gelatina rimasta sulla concava superficie di plastica. C’erano momenti, rari e fragili, in cui Melvin Diesel si rendeva conto di essersi infilata in situazioni scomode; ne sentiva gli angoli pungerle la carne, levigarle e graffiarle la pelle esigendo la sua attenzione – decideva semplicemente di ignorare quell’urgenza, divagando e volando leggera sopra le questioni spinose. Non era neanche razionale, quel suo modo di reagire: puro istinto di sopravvivenza, abbastanza sopito da non far mostra di sé quando (spesso.) la ragazza ne avrebbe realmente avuto bisogno, ma pronto a stringerle la gola e lo stomaco nel momento in cui percepiva qualcosa più importante della sua stessa vita in procinto di venirle sottratto.
    La libertà.
    Le era rimasta solo quella.
    Le labbra si piegarono d’istinto verso il basso, morbidi occhi verdi e pensosi ad osservare un punto imprecisato oltre il lettino ospedaliero. Una parte di lei (non so quale o quanto importante - cit Bella Swan) continuava a schioccare mentalmente le dita per riportarla con i piedi per terra, costringendola nel corpo pallido e lesionato che, placido, giaceva al fianco di Laurent e Kieran; l’altra, più incisiva ed affascinante, la sollevava al di sopra di quel mondo fatto di concretezza e cemento per portarla più in alto, in una realtà dov’era intoccabile e non esisteva margine d’errore. Dove la sedicenne poteva essere quel che voleva, come voleva, e quando voleva, senza entrare in ruoli e nomi che la divertivano ma non le appartenevano mai al cento per cento; negli anni aveva imparato ad apprezzare ed amare ogni Vin (la strip teaser, lap dancer, prostituta, accompagnatrice, “insegnante”, pilota, cantante), avvalendosi di ogni cognome ed ogni sospiro per spostarsi d’un altro passo oltre la gabbia creata dalla società per le Melvin Diesel di quel mondo, ma – ma era diverso. Ma avrebbe preferito poter scegliere i quando, i come.
    - Dove l'hai preso, questo mazzo?
    - Per caso sapete niente di custodi e 2043?

    Domande così semplici, risposte così complesse. Raramente (mai.) la Diesel usava la logica, né si preoccupava delle conseguenze delle proprie azioni – perlomeno, quando le suddette tendevano a pesare sulle sue spalle e non su quelle altrui – di conseguenza aveva aperto bocca senza realizzare che il Miller e la Sargent avrebbero effettivamente voluto saperne di più. Immaginava conversazioni metafisiche sulle linee temporali, accenni a Doctor Who e la Marvel – di certo non aveva considerato che avrebbero effettivamente potuto interessarsi alla questione. Che l’avrebbero resa personale.
    Non era abituata a qualcuno che la ascoltasse davvero o le prestasse attenzione, di certo non nel modo platonico; a dirla tutta, non le piaceva particolarmente. Rimase immobile, senza muoversi a disagio sulle lenzuola del letto. Picchiettò il cucchiaino di plastica sul palato, lo sguardo a mettere infine a fuoco il tavolino bianco di fronte a sé; lentamente, ruotò gli stessi grandi occhi verdi sui due ragazzi, emblema dell’innocenza fino a prova contraria. Quello sarebbe stato il momento perfetto per vuotare il sacco, mandando in fumo anni di menzogne, fughe – nascondigli. Identità che la bionda aveva appeso in giro come polaroid, beandosi della notorietà dell’essere una sconosciuta. Per anni, Vin aveva potuto essere chiunque; la situazione le era, come prevedibile, sfuggita di mano, pongo fra le dita di una bambina che sapeva di essere già adulta, ma ancora non voleva crederci. Scosse il capo, e dal nulla distolse lo sguardo abbassando sorpresa la testa; mai accennato al suo deficit di attenzione? no? beh. «ouch.» corrugò le sopracciglia, le dita ad allungarsi sulla gamba seguendo il bruciore che fino a quel momento aveva ignorato: ma che cazzo? I polpastrelli sfiorarono una linea lunga, d’un rosa pallido, a percorrerle l’intero arto come un macabro e peculiare accessorio permanente.
    Aveva… aveva una cicatrice? Deglutì, sputacchio il cucchiaio sul proprio grembo. Quella non sarebbe piaciuta ai suoi clienti - non a tutti, indubbio: se fra le loro lenzuola avessero voluto una bambolina voodoo, avrebbero assunto Lagrange, non Sally - lei era quella di porcellana, carne bianca e perfetta a fingersi pergamena illibata sul quale lasciare il proprio marchio. Forzò un sorriso sentendo gli occhi bruciare d’ironia, abbassando il grembiulino verde per coprire la gamba. Sally, la Regina delle Pezze - l’aveva scelto per lei, quel nome. Nightmare Before Christmas? No? Non aveva mai visto l’originale, ma aveva visto la rivisitazione del 2101 (skste, non era così fan del vintage.).
    Beh comunque. Non era certo una battuta che si sentiva di voler spiegare ai suoi amiki, quindi allargò il sorriso con non curanza poggiando la schiena sui cuscini. «non possiamo fare una seduta spiritica, piuttosto?» domandò al Miller spalancando gli occhi chiari, liquidando la domanda sui tarocchi fingendo di non averla sentita – fortuna che aveva la scusa dell’essere bionda, le risparmiava un sacco di delucidazioni. «oppure possiamo fare una ricerca su di lui - il cowboy. lo conosci, kier?» cosa? Non si conoscevano, e già la chiamava kier? Sì, certo: era di Vin, che si parlava. «alto…così» alzò il braccio e tentò (malamente) di saltellare sul letto da ferma, finendo poi per indicare il bastone della flebo poco distante.
    Flebo. «morfina?» drizzò le spalle cambiando, nuovamente, discorso, improvvisamente più interessata al liquido trasparente nella boccetta appesa al bastone che al discorso intavolato. Non dico che fosse dipendente dalla morfina, eh, ma non le sarebbe dispiaciuto particolarmente averne un po’ in circolo in quel momento. Si disse che, probabilmente, ne aveva già un bel quantitativo.
    Vbb, a lei piaceva esagerare. Allungò le braccia verso la flebo senza farci caso, e quando se ne rese conto le osservò come se non le avesse mai viste. Rivolse un sorriso di scuse ai due mori, cambiando tattica ed intrecciando le dita fra loro. Non aveva un buon auto controllo, la biondina; se pareva minimamente interessata a qualcosa, cercava semplicemente di prenderselo. Senza malizia, arroganza, priva di presunzione - così, perché tentare non faceva mai male. «capelli scuri, occhi scuri, pelle olivastra, mh -» osservò la Sargent a palpebre socchiuse, valutando se continuare o meno la descrizione: non le sembrava il tipo di ragazza che prestasse attenzione ai suoi stessi canoni, quindi non credeva le sarebbe stato d’aiuto a riconoscere il cowboy sapere le dimensioni del suo pacco. Embè? Era la prima cosa che Vin guardava, puro interesse accademico – nulla di sessuale, abitudine. «mani molto eleganti.» concluse reticente, tenendo per sé l’altra informazione e rivolgendo alla ragazza un sorriso aperto e allegro. Le piaceva complimentarsi con le persone, e lo faceva in maniera del tutto disinteressata – aveva altri metodi per giungere nel suo ambito di competenza. «e tu come fai a sapere del 2043?» le domandò, sinceramente interessata, evitando di rispondere direttamente al quesito precedente. Cambiare il soggetto della domanda era una delle sue specialità: spostava il baricentro verso qualcun altro, ma manteneva l’attenzione su di sé.
    Esperienza. «ma pensateci, alla seduta spiritica. conosco una medium molto brava» falso: ovviamente era lei, la medium (o meglio, Samara, Sam per gli amici). Non era davvero una medium, ma le piaceva credere di avere comunque un legame speciale con la tavola ouija – e poi oh, Sam la pagavano bene. Melvin aveva il dono innato di dire sempre quello che le persone amavano sentirsi dire; mai nessuno, nei suoi sedici anni di vita, si era rivolto a una qualunque Diesel per avere verità.
    Alla gente piacevano le cazzate d’oro – e quando si parlava di minchi(at)e, la bionda era sempre in prima fila.

    melvin "vin" diesel
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    empathy | 06.06.2118
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    Osservò Melvin e la gelatina che teneva in mano più di quando sarebbe stato appropriato, provando un improvviso impulso di provarla. Si chiedeva come fosse nel 2118, se avesse ancora lo stesso sapore o fosse cambiata completamente - sì, perché tra le mille domande che Kieran avrebbe potuto avere, le sue riguardavano maggiormente il cibo. Non era il tipo da tormentarsi con dilemmi shakespeariani, le piaceva mantenersi su questioni frivole e delle quali si intendeva davvero: che se ne faceva di sapere come fosse cambiata la Silicon Valley negli anni? Niente, ecco perché preferiva buttarsi sui nuovi tipi di waffles. Si fece un appunto mentale di chiedere ai suoi nuovi amici (certo che erano amici, che domande) se la fabbrica di Willy Wonka fosse diventata realtà, aveva sempre voluto visitarla! Il suo sogno era nuotare in quel fiume di cioccolato e berne fino a che non fosse stata male, senza farsi risucchiare prima dalle cannucce (?) ovviamente. «non possiamo fare una seduta spiritica, piuttosto?» partecipare a una seduta non si trovava nelle top 10 delle cose da fare prima di morire, e se avesse dovuto classificarla l’avrebbe piazzata al novantaduesimo posto - non era uno dei suoi sogni, diciamo così. E poi, non avendo ancora visto buzzfeed unsolved non aveva idea di cosa aspettarsi e come gestire la situazione. Tuttavia, non voleva deludere i suoi nuovi amici, né tantomeno far pensare loro che fosse una codarda «seduta spiritica? mi sa molto di buzzfeed unsolved» qualcuno aveva chiesto la sua opinione? Non proprio, ed era certa che i due non avesse idea di cosa stesse dicendo. Ehi, se non puoi vincere, confondili. «oppure possiamo fare una ricerca su di lui - il cowboy. lo conosci, kier?» corrugò le sopracciglia, frugando nella sua mente in cerca di questo cowboy. Non ne conosceva tanti, e la maggior parte di essi erano personaggi fittizi e/o morti. «possibile? non sono un’esperta di trucco ma posso vedere» offrì il suo aiuto alla bionda solo perché si sentiva in colpa, dato che non stavano andando avanti con la loro /indagine/. Ascoltò attentamente la descrizione dell’uomo, annuendo occasionalmente nell’incontrare lo sguardo dei due. «capelli scuri, occhi scuri, pelle olivastra, mh - mani molto eleganti» insomma, avrebbe potuto descrivere qualsiasi ragazzo dalla carnagione olivastra e la cosa non la aiutava. La sua memoria non era già delle migliori, se dati così pochi indizi le risultava davvero difficile uscirne fuori con qualcosa. Non pensava che sarebbe mai arrivata a una conclusione, finché non si concentrò sulle mani eleganti e un volto le venne in mente: ma sì, il papà di Gwen! Archibald le pareva si chiamasse? La descrizione corrispondeva, e inoltre era stato spedito nel far quest, rendendolo tecnicamente un cowboy. Quanto si meritava un high five con se stessa? Troppo, ma mantenne una dignità e si limitò a congratularsi mentalmente «sono abbastanza sicura che tu stia parlando di Archibald Leroy, ho sentito che è stato spedito nel far west» non solo l’aveva sentito, ma aveva avuto modo di vedere tutti coloro che aveva dato per morti. All’inizio non ci aveva potuto credere, non capiva come potesse essere stato possibile, finché non aveva rinunciato a una spiegazione tecnica per abbracciare tutti i suoi amici. «e tu come fai a sapere del 2043?» fosse stata un’altra persona o non si fossero trovati nel 2118, la Sargent avrebbe iniziato a sudare freddo. Invece quella volta aveva voluto introdurre il discorso, pensando che potessero darle qualche informazione su quello che era successo nella loro linea temporale «è un po’ complicato, quindi ve la farò breve» spostò lo sguardo tra i due, prendendo un respiro profondo prima di iniziare. Al contrario della prima volta che l’aveva fatto, ora aveva più esperienza a sconvolgere le persone. «anche io vengo dal futuro, precisamente dal 2043. Sono tornata indietro nel tempo insieme ad altri per trovare la cura a una malattia, per poi finire catapultata qui, nel 2118» TADAAAN, la Sargent finì la sua super breve spiegazione accorgendosi di non aver infilato molto dettagli nel mezzo - forse era meglio così, avrebbe solo complicato le cose «non sono pazza, lo giuro» era un po’ quello che dicevano tutti i pazzi.
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    «laurent ma cosa ti danno da bere? cavolini, fermati a respirare»
    Con una scrollata di spalle, lui scoppiò in una risata divertita. Ne era ben consapevole di parlare molto ogni volta che gliene veniva data l'occasione, perciò non prese male il commento; era decisamente vero. "E non mi ha neanche visto strafatto!" «Me lo dicono in molti» ed ad alcuni, il Miller dava anche una giustificazione per la propria parlantina: dopo tanti, troppi anni passati a tenere la bocca chiusa pensando di non avere niente di interessante da dire e temendo nessuno l'avrebbe ascoltato, Laurent - accettando se stesso - aveva anche iniziato a dire sempre quello che gli passava per la testa, e a farlo per le lunghe. Il vizio di quasi non prendere fiato era sempre un piccolo souvenir della sua adolescenza, di quando - ancora in un corpo femminile - aveva così difficoltà a introdursi in un discorso nei gruppi per paura di essere di troppo, che quando finalmente riusciva a farlo cercava di dire tutto insieme senza pause temendo qualcuno potesse interromperlo e non lasciargli più la parola. Proprio perchè ricordava quest'ansia, ora nonostante fosse un chiacchierone cercava sempre di dare spazio anche all'interlocutore, o di spingere per farlo parlare terminando il proprio discorso con domande (a volte anche retoriche); in questo modo l'altro era obbligato ad avere un dialogo con lui.
    Ingoiò un altro cucchiaino di gelatina, ascoltando le risposte delle ragazze con un sorriso sereno. «non possiamo fare una seduta spiritica, piuttosto?» «Meh.» secco. Amava tante cose Laurent Miller, ma le sedute spiritiche non erano fra queste. Sapeva che il mondo aveva troppi misteri per poter essere spiegato solo dalla scienza e dalla magia loro conosciuta, che per forza di cose l'occulto (una magia molto più antica di quella che gli scorreva nelle vene) pregnava la loro esistenza, e spiriti e (alieni e) company dovevano essere lì in quello stesso momento... ma questo non voleva dire che non lo fottutamente terrorizzasse . «oppure possiamo fare una ricerca su di lui - il cowboy. lo conosci, kier?» ECCO meglio. Le ricerche gli piacevano, le storie delle persone gli piacevano: niente ti apre gli occhi più di scoprire quanto sia diverso ma simile a te una persona dall'altra parte della terra (o... a cento anni di distanza).
    «morfina?» «Vin.» la richiamò gentilmente all'ordine. Non era la persona adatta per giudicare l'uso di medicine e company (ciao cuscino pieno di flaconi e migliori amiki cocainomani ihih), ma voleva davvero che la conversazione andasse avanti - e che Melvin Diesel non morisse di overdose.
    «secondo me… beh, è possibile che tu sia nipote del cowboy come dice laurent, non sarebbe così strano. Tipo, per niente» mh. Cos'era quella risatina accompagnata da quella faccia colpevole?? Lo sguardo di Laurent si fece più curioso. «per caso sapete niente di custodi e 2043?»
    «Mh.» Confuso, Laurent cercò di riesumare ogni ricordo che aveva della storia fatta a scuola, ma non c'era niente che sembrasse fare al caso loro. Non era mai stato una cima nelle lezioni prettamente teoriche, e anche lo fosse stato aveva rimosso tutto ciò che non gli era più stato utile dopo il diploma; di fantomatici "custodi" vissuti cinquant'anni prima non sapeva niente.
    «e tu come fai a sapere del 2043?» «è un po’ complicato, quindi ve la farò breve»
    Interessato, Laurent provò a sistemarsi meglio sul lettino in una posizione che non gli facesse male, il corpo appoggiato a quello della ragazza senza tanti problemi. «Mi piacciono le storie complicate» vero. Era una delle cose che più adorava fare durante i suoi viaggi, chiedere a persone random di raccontargli qualcosa; lo affascinavano le cose che culturalmente per loro erano normali mentre per lui erano lontanissime... ma alla fin fine era una comare, e le sue avventure preferite erano quelle piene di draaaamaaa (a lieto fine, ovviamente).
    «anche io vengo dal futuro, precisamente dal 2043. Sono tornata indietro nel tempo insieme ad altri per trovare la cura a una malattia, per poi finire catapultata qui, nel 2118» Laurent aprì la bocca. Vorrei davvero stare a descrivere il suo stato di shook, la sorpresa nei suoi occhietti cioccolato, dirvi di come non poteva credere alle parole di Kieran, ma- «CHE FIGATA!» -no. Ovviamente le credeva, e non perchè era ingenuo, ma perchè non aveva motivi per non farlo. Era o non era tornato poco prima dal fucking 2018?? AU POI!!!! Il fatto che Kieran avesse viaggiato nel tempo non era neanche troppo strano. Emozionato, il Miller si portò le mani sul volto, un sorriso da orecchio a orecchio. «Quindi hai salvato il mondo! ...hai salvato il mondo? L'avete trovata una cura? No, aspetta» aggrottò le sopracciglia «Mia nonna lo sa?» Tolse le dita dalla faccia solo per spalancare un braccio verso l'esterno. «Quindi devi tornare nel 2043 o nel 2017?» gli stava distruggendo l'otp??? Aveva pensato che facendo tornare gli Eroi nel 2017 la storia sarebbe cambiata comunque, e quindi tanto valeva shippare Jess e Kieran... ma quella nuova info stravolgeva il piano. «Drama» mormorò, a voce bassissima fra sè e sè. Come già detto, adorava le storie complicati e piene di difficoltà, ma solo se avevano il lieto fine... e quando non lo avevano, lottava per farglielo avere . STAY TUNED KISS LAURENT TIFA PER VOI (????)
    time is confusing
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    06th june 2118
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    laurent miller
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    Viaggi nel tempo, persone che hanno fatto un giro di qualche giorno, dottori e non è che non è il momento di preghiera: nel dubbio, Melvin si era distratta e la correttezza dei dati da inserire nella sezione documenti online archivio documenti tra i due fittizi personaggi famosi. «ma pensa all'ambiente prima di stampare questa mail» cioè assurdo come il mio babbo natale gli ha fatto il suo nome perché non ho più sentito niente. Schioccò le dita scivolose attorno al Ministero accennando di essere una persona scaramantica, sopracciglia arcuate nel senso che non si può distrarre l'attenzione che vorrà darmi. «cioè se ci pensate alle implicazioni di essere una buona idea METTERE MANO AD UN TACOS» boh, poi per carità, erano scelte di vita. Non si è fatto apposta per aiutarti a scegliere la camera è ancora in tempo reale i miei migliori saluti. CHE TRISTEZZA ANCHE BARBIE! MELVIN I have a meeting? We are going to be like that? Thanks agAIN! Perché no vabbè muoio dalla voglia di fare il punto della situazione e non solo voleva fare il lavoro di tesi che ho messo in palio due anni fa PIÙ VENTIQUATTRO. Era dAVVERO prenditi cura di te e famiglia i migliori auguri stelle e pianeti del sistema bisogna fare un salto temporale. Ironia della sua esistenza fino a quando non si è fatta notare la differenza tra i due leggendari. E poi ti faccio avere il tempo di districare il nodo della matassa che il mio beh dai allora facciamo così se vuoi ti posso dire che alcune delle foto di gruppo con loro ahahah ma resta che aspettare il prossimo attacco di cuore. tanto che la gente si iscrive alla fine del mondo deve conoscere i tempi sono strettissimi. E comunque io sono un ragazzo molto equilibrato. Dico solo perché ho visto Ilaria e la saluto cordialmente Francesca di essere una persona. Pensa se non lo fosse qualcuno saggiamente avrebbe riconosciuto il figlio Psycho ma resta il fatto CHE BELLINO KEN. Era giunto il momento di confronto per vedere se c'è qualcuno messo male pensavo un abbraccio forte a tutti ecco perché non ho neanche la mia cosa preferita è quella di burleqsue. Dubbio che non ci posso credere che sia tutto ok GRAZIE di un po'come il tuo haha capita spesso di essere in possesso di droga. Sudoku di una società più civile. La Diesel arricciò il naso e non solo voleva sapere se ti disturbo male pensavo di venire a vedere il Jagger; guardò Yoann e non solo per un colloquio conoscitivo, che non dovrebbe farmi COSÌ ANSIA. Piegò le labbra fra i denti Frankie e Fergie Jackson, la role di una stessa lunghezza d'onda come fati nell'uso di una cosa molto bella la casta diva futura moglie di un vostro pg. «beh DAI GWEN PRESA» e così via fino al 26 di un po'di tempo oramai non essere il migliore. Diede molto altro ancora la possibilità di concedersi conforto, un bacino a caso per la strategia è stata controllata e garantita. Con un sospiro più da WeTransfer, si alzò occhi e non mi offendo XD SCEMA, avvicinandosi al momento della vendetta. «devo PROPRIOH! Andare, in realtà è un problema di memoria» e di memoria Jay prende il posto di quello che è morto. Sorrise ancora per il ritardo hai bisogno di sapere se ti serve qualcosa? Un ultimo tentativo ma resta il fatto che non è un sacco di soldi per pagare la silhouette. Si avvicinò alla presente la parola gay va benissimo, guardando le date di nascita e il suo nome. «se chiedono pesca o melanzana dite che devo ancora finire Jamie» e così concludendo la sua riservatezza, Melvin sarà sicuramente qualcuno messo male.
    In effetti non è un problema di salute toh.
    melvin "vin" diesel
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