[mini q] It's about to be legendary

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    It's fate, not luck.

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    You gotta live without a compromise Let everybody hear your battle cry


    Il portale si rivela meno… intenso di quel che avreste potuto immaginare. Una volta spinta la mano attraverso la superficie dello specchio, vi rendete infatti conto che non ha alcuna consistenza: è semplicemente una porta già aperta. Il cambiamento è così lieve e repentino da disorientarvi; non c’è un prima distinto da un dopo, c’è semplicemente l’ambiente caldo d’un bagno o di una catapecchia sostituiti dal vento freddo e pungente di Hogsmeade.
    Perché è ad Hogsmeade che vi trovate, non v’è alcun dubbio. Il Carrow’s District è esattamente come lo ricordavate, corridoi bui e verdi che si snodano labirintici da una gabbia all’altra e noccioline abbandonate al suolo dalla mano distratta dei più piccoli. L’unica, notevole, diversità che potete notare proseguendo nel buio (sono le undici di sera, l’unica luminosità è data dai radi fuochi fatui sul sentiero) insieme a coloro che vi stanno scortando verso il Ricovero, sono le prigioni più…ampie, come se non fossero destinati alla sola fauna.
    Sono le gabbie riservate agli incontri fra maghi. Lì, dove l’unica protezione è quella che separa l’esterno dall’interno della cella, i maghi e le streghe del Mondo Magico vengono costretti a sfide all’ultimo sangue per allietare il pubblico - composto principalmente da Special, ma sarebbe menzognero dire che, usualmente, non vi fossero anche altri maghi. Passate vicino ad una delle gabbie giusto in tempo per vedere un Anatema che Uccide colpire in pieno petto un uomo, il chiarore verde seguito dagli ululati del Pubblico.
    Ma non potete fermarvi, ed i vostri accompagnatori ve lo rendono chiaro: non ne avete il tempo.
    Nessuno, lo ha.
    Scivolate invisibili, letteralmente, attraverso lo zoo fino a giungere ad una piccola radura di nicchia, dove ad attendervi ci sono tutti coloro che si sono uniti alla Squadra per rimuovere Seth dalla sua posizione. Il Ricovero, vi sussurra qualcuno indicandovi l’edificio al centro dello spiazzo erboso.
    Il Ricovero è il loro Quartier Generale, ossia il loco dove hanno pianificato la Missione. Venite invitati ad entrare; all’interno, oltre a numerosi libri, mappe, ed i chiari segni di un luogo frequentemente abitato (cartacce, scatole di pizza ormai vuote, bottiglie abbandonate a metà sulle scrivanie e non quantificabili thermos di caffè), vi sono due armadietti. Come scoprirete aprendone le ante, si tratta in realtà di altre stanze: la prima, pareti e pavimento neri, contiene dei vestiti puliti. Dovete mescolarvi alla folla, quindi è richiesto un vestiario sobrio. La seconda stanza, invece, è la più interessante: armi. Armi di ogni forma e dimensione, qualunque oggetto che i membri dell’Upside Down, nei mesi precedenti, siano riusciti a raccogliere: riuscite ad intravedere perfino un mattarello ed un paio di pinne da sub. Si mostrano più cauti, gli Altri, nel darvi le armi: vi chiedono un patto. Non un mignolino dell’amicizia, non la vostra parola.
    Un Voto Infrangibile. Non potete usare le armi contro i vostri, o altri, alter ego dell’Upside Down, così come loro non possono usarle contro di voi: è prendere o lasciare.
    E non avete altra scelta se non prendere, stringendo un Voto Infrangibile con la realtà opposta alla vostra – ciascuno di voi con un altro dei loro.
    Scocca la Mezzanotte, ed è il momento di partire.
    Il Mondo non è come lo ricordavate dicono a chi, quella decade, l’ha già vissuta. Vi illustrano il piano: la prima squadra è incaricata di occupare il Ministero, e di uccidere (non imprigionare. Uccidere) i più alti esponenti di ciascun livello; la seconda dovrà occuparsi di Hogwarts, risparmiando gli studenti (solamente quelli che non si oppongono, dichiarano. Per gli altri è troppo tardi.) e cercando di evacuarne quanti più possibile: dovete liberare la zona, vi dicono, perché è lì che si terrà lo Scontro; il terzo, ed ultimo, gruppo, ha il compito più delicato (e fondamentale, sibilano cercando i vostri occhi): dovranno recuperare gli Artefatti dei Fondatori a Città del Messico. I babbani credono che il Tempio di Tenochtitlán sia stato raso al suolo dai Conquistadores, ma non è così: semplicemente, loro non possono vederlo.
    Ma voi sì. Le Reliquie, vi dicono, sono nascoste lì.
    Da qualche parte.
    Altri tre portali si aprono dinnanzi a voi – uno diretto al Ministero, uno per Hogwarts, ed uno per il tempio di Tenochtitlán. È il momento di salutarvi, stringervi la mano. Ringraziarvi, finchè potete - finchè ha senso farlo.
    A mezzanotte e dieci minuti, al Ricovero non è rimasto nessuno: la Rivoluzione ha avuto inizio.

    Attraversato il Portale, fa improvvisamente… molto caldo. Ad occhio e croce, direste, è tardo pomeriggio: il sole è basso all’orizzonte. Sono da poco passate le sei di sera, e l’aria si appiccica densa e umida ai vostri abiti bagnandovi la fronte di sudore.
    Siete capitati nel bel mezzo del nulla. Intorno a voi ci sono solo… alberi, piccoli cespugli, rami caduti. La terra è asciutta ma fredda.
    Eppure lo sentite - lo sentite - dove dovete andare; percepite il potere scivolarvi sulla pelle drizzandovi i peli sulle braccia. La strada pare aprirsi di fronte a voi come se fosse sempre stata lì, quasi che gli alberi si piegassero per accompagnarvi verso il Tempio. Camminate per una decina di minuti (…o forse è un quarto d’ora? Certamente non più di mezz’ora) fra gli arbusti, prima di spuntare in un’enorme piazza dal suolo giallo e sabbioso. Battete le ciglia: nulla.
    Le battete un’altra volta.
    Tutto.
    Il tempio s’innalza di fronte a voi in tutta la sua maestosità, la sua storia a pesarvi negli occhi e sul petto. È lì dentro, che dovete andare: il vostro compito è esplorare il Tempio Azteco alla ricerca delle Reliquie – di cui non conoscete né la forma né la ubicazione, ma che indubbiamente riconoscerete, vi dite, quando le avrete trovate.
    Un passo verso l’entrata. Due.
    Poi le porte del Tempio si spalancano lasciando uscire Guerrieri provenienti da un’altra epoca (di un’altra storia): possiedono scudi riccamente decorati di piume colorate, una tonaca color panna. Alcuni hanno la testa nascosta dietro copricapi animali. Tutti loro hanno una fascia scarlatta attorno alla vita.
    Guardiani. Sacerdoti cristallizzati nel tempo il cui unico compito è quello di proteggere gli Artefatti.
    Potete chiamarli come preferite, cercare di dir loro le vostre ragioni – anche se comprendessero il vostro idioma, non avrebbe alcuna importanza: sono stati progettati per difendere il Tempio.
    A costo della vita, loro o vostra.

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    MELVIN: Rosario parte all'attacco fendendo l'aria con la propria ascia, fino a tentare, arrivato dinnanzi a te, di tagliarti una mano.
    TAEYONG: Dominga non si muove di un passo, ma i suoi occhi si posano sul bastone che tieni tra le dita - lo senti tremare, e poco dopo te lo senti sfuggire dalle mani; la telecineta cerca di colpirti in testa con la tua stessa arma.
    AYEONG: Serafina si allontana di qualche passo, si china per qualche frammento di secondo senza mai distogliere lo sguardo da te, Ayeong; prende un sasso, ed incoccato sull'elastico della fionda mira precisamente alla tua fronte.
    EZRA: Placido si serve delle correnti ascensionali da egli stesso generate, e innalzatosi velocemente in volo tenta una picchiata contro di te, cercando di placcarti violentemente.
    GWEN: prima che tu riesca ad accorgertene, cinque piccoli soli volteggiano intorno ad Apolinar; uno scatto del capo del messicano, e tutti e cinque i globi infuocati si dirigono verso di te.
    FLOYD: Tito, lo sguardo vacuo perso alle tue spalle, evoca un Infero dietro di te - il quale, senza alcun preavviso, cerca di strangolarti.
    SWING: Zaira parte d'impeto verso la tua direzione, e senza fare complimenti cerca di staccarti la testa colpendoti con la sua mazza ferrata.
    JAY: Belén incocca una freccia nella sua balestra e, dopo un attimo d'esitazione, spara alla tua gamba destra.
    MADS: Bienvenida cerca, con la lunga lama della sua falce, di aprirti uno squarcio sul ventre.
    MARION: correndo, Rafa cerca di infilzare il tuo stomaco con la propria lancia.
    DUSTIN: Hugo, con la chiaroveggenza, cerca di prendere il controllo del tuo corpo, convinto che farti sparare da solo un chiodo nel braccio sia un'ottima idea.
    BYRON: Cruz, con uno schiocco di dita, apre una voragine oscura ai tuoi piedi nel tentativo di inghiottirti nell'oscurità.
    KEBAB: in un battito di ciglia, davanti a te ci sono quattro Estela - tutte quante, ad ogni modo, cercando di sferrarti pugni senza pietà.
    ZAIRA: Javier cerca di instillare paura nel tuo subconscio, tentando di convincerti alla ritirata.




    ┉┉┉ info. potete fare un solo attacco per post, e massimo due difese. Potete attaccare un solo personaggio per volta (quindi se Julian attacca Ronald, non potrà attaccarlo anche Kieran). Vi ricordo sempre di parlare al condizionale, e mai auto determinare le vostre mosse. Più postate più potrete guadagnare PE, e viceversa.
    Non essendoci le fasce livello, potete usare qualunque incantesimo contenuto in lista, e qualunque livello del vostro potere ([INCANTESIMI - POTERI).
    Dopo 48 ore dall'ultimo fateggio, se il vostro PG non viene difeso da altri personaggi e non avete postato per difendervi autonomamente, ai vostri PS ne verranno sottratti tanti quanti sono i PA dell'avversario (es: Tizio attacca Sempronio con un Expelliarmus da 10 PA; Sempronio non si difende entro le 48h, quindi ai suoi Punti Salute di partenza ne vengono sottratti 10). Nel caso si dovesse arrivare a 0 PS il pg rimane "bloccato" per 48 ore durante le quali non può postare; dopo le 48h, può riprendere a postare, ma con la metà dei punti salute. Potete postare con il personaggio che preferite, e scambiarli quanto e come volete: può, ad esempio, per un turno difendere ed attaccare Shot e, quello dopo, difendere ed attaccare Elijah.

    ➞ combo. non potete fare attacchi combo, ma solamente difese. Cosa significa combo? Significa che difenderete il personaggio assieme ad un altro personaggio; off gdr, significa che i punti difesa di ciascun pg verranno sommati (es, Shia ha ricevuto un attacco da 17 PA. Fa combo difesa con Mephisto: Shia si sposta ( 8 PD ), Mephisto distrae l'avversario (4 PD ) = 8+4 = 12 PD). I post contenenti difese combo non devono essere postati a più di due ore di distanza l'uno dall'altro, altrimenti l'azione sarà considerata singola. Potete fare combo con voi stessi (es, laurent + bunny) solamente se posterete in due tempi diversi: in un unico post non varrà come difesa combo, ma come difesa singola.

    ➞ spoiler. specificate sempre sotto spoiler l'attacco e la difesa, scrivendo cosa il vostro pg cerca di fare (e soprattutto specificando sempre i nemici e gli eventuali compagni di combo).
    ES:
    COMBO DIFESA PER AMALIE (amalie + emaline): cerca di fargli lo sgambetto
    ATTACCO (su Bruno): gli spara alla spalla


    ➞ è obbligatorio. mandare del tutto K.O. i nemici, quindi farli arrivare a 0 PS. Se entro la fine della settimana ciò non è avvenuto gli altri gruppi andranno avanti comunque, ma il vostro rimarrà ancora all'ostacolo che non sarà riuscito a battere fintanto che non completerà il suo compito. Il tempo, però, andrà avanti comunque: cercate di non rimanere indietro, perchè potrebbe fare la differenza fra vivere o morire.
    Letteralmente.
    Al contrario, se prima del finire della settimana avrete messo fuori gioco tutti gli avversari, potrete proseguire giocando d'anticipo sui vostri nemici.

    avete tempo fino alle 23:59 del 11/05 per uccidere i vostri avversari e poter passare alla seconda fase.

     
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    Non essendo mai stato, scusate tanto, un fottuto boy scout, Barbie non aveva idea di che ore fossero, né in quale direzione stessero andando.
    Né perché lo stesse facendo, ma quello era un altro discorso. Da quanto, oramai, si trascinavano per gli arbusti come dei Lupetti alla loro prima scampagnata? Da quanto, il vecchio (letteralmente: aveva quasi centiventiquattro anni in quel secolo.) Jagger trascinava le stanche membra da falegname per quell’impervia strada sterrata schiaffeggiandosi braccia dove, giuro, si posavano zanzare grandi quanto un badile? Troppo, ecco da quanto. Maledettamente troppo. Umettò stancamente le labbra, un sospiro ruvido a graffiare il palato. Assottigliando le palpebre, reclinò il capo all’indietro supplicando un qualunque Dio (davvero, uno qualunque: Barbie non era un tipo schizzinoso) di addurlo lì dove si trovava per riportarlo in quel buco di culo di Bodie. Mai, il Jagger, avrebbe creduto che sarebbe venuto il giorno in cui avrebbe sentito la mancanza della California.
    C’era sempre una prima volta.
    Adocchiò Franklyn Cobain che, fischiettando, saltellava da una radice e l’altra come il Tarzan dei poveri – con tanto di Cita sulle spalle, anche se nel caso di Frankie la scimmia in questione possedeva un corto caschetto rosa pastello - e, il primate citato, era sua (loro?) madre. Si costrinse a distogliere lo sguardo, l’interno della guancia morso fra i denti. Aveva creduto per più di vent’anni che non avrebbe mai avuto la possibilità, data invece ai suoi fratelli, di conoscere i suoi genitori. Era stato un dato di fatto, una costante: il viaggio dal 2043 al 1894 era stato un viaggio di sola andata, non era previsto alcun ritorno. Avrebbe dovuto capire all’arrivo di Darden Larson, l’altra madre, nel ”Far West” che s’era un po’ troppo adagiato sugli allori, quando si era illuso che potesse non avere alcuna importanza. Eppure, non era neanche quello ad infastidire Barbie: ciò che non riusciva a deglutire, era il fatto che un altro sé avesse avuto le sue stesse scelte, e…ne avesse fatta una diversa: quel Sander aveva seguito Juno e Ray - quel Sander, ora Frankie, aveva la vita che avrebbe dovuto, che avrebbe potuto, avere Barbie. «q-q-quanto m-manca?» domandò per la quindicesima volta, mano alla fronte ed occhi socchiusi, cercando lo sguardo cioccolato della Perpetua – l’altra Gwen, doveva ammetterlo, lo intimidiva alquanto, quindi evitava di guardarla troppo a lungo. Plus bonus che, quell’anima malandrina di un Jagger, non riusciva a togliersi dalla testa che uau, ho sempre voluto farmi due gemelle!!&&, ossia un pensiero deconcentrante e davvero poco consono date le circostanze nelle quali si trovavano (apocalisse, morte e perdizione…quella roba lì, insomma). Sospirò, si trascinò ancora d’un passo dentro la Giungla, e …
    Fine.
    Rimase sull’orlo della piazzola con una mano a coprire gli occhi e l’altra, mazza ben stretta nel pugno, a pendere lungo il proprio fianco. Forse aveva le allucinazioni. Forse, riflettè, in quella foresta c’era qualche mistico gas naturale che dava gli stessi effetti dell’oppio – o forse, cosa in effetti assai probabile, era ancora strafatto dall’ostia alla cocaina pucciata nel whiskey come un biscotto nel caffellatte. «l-lo v-» «-entriloquo» «v-» «-arichina» «v-» «-AGINA??» «VEDETE anche v-no» sollevò l’indice verso il Cobain prima che potesse continuare quello che, apparentemente, era diventato il suo passatempo preferito, ossia interpretare le balbuzie di Barbie a piacimento («ti faccio da interprete, non è forte?» «n-no») e volse quindi un cenno con il capo a… La Cosa.
    Anzi. Le cose. Il Tempio aveva un je ne sais meh di affascinante ed intrigante, senza dubbio, ma per quanto potere emanasse, non era nulla di paragonabile a ciò che dal Tempio ne era uscito: persone, il che di per sé era strano, con strani scudi medievali e copricapi animali (ew, sperava non fossero veri?? Che schifo?? POTEVA ESSERE IL SUO ZEUS –nda: il maialino di Barbie- QUELLO? Inaccettabile.) e - «ma q-quella è una c-» «-retina» «c-» «-ervice» «c-» «-eralacca?» «CERBOTTANA?» Spoiler: sì, la era. Osservò affascinato le strani armi mistiche dei loro ospiti indietreggiando con la non curanza di un Michael Jackson sul set di Billie Jean (se l’era fatto spoilerare, eh, nella sua annata mica ce li avevano i moonwalk), quindi lanciò un’occhiata alle proprie spalle tastando, e già assaporando, il terreno di fuga. Dai…non avevano così bisogno di lui, no? Avevano Floydito VillaBallerinadellaScalas, paladino di tutti gli spacciatori del Midwest, cosa potevano desiderare di più dalla vita?
    Magari un Floyd vivo.
    «AAAAAAAAAAAAAA» con tanto di mazza chiodata stretta affettuosamente al petto, ed indice ad indicare le spalle del mimetico. C’era una…cosa morta, dietro di lui, che non pareva intenzionata a lasciargli solo un amorevole succhiotto (…o forse sì? Doveva lasciarli alla loro intimità? Meh, magari dal secondo appuntamento, su). «AAAAAAAAAA» oh, ma non capiva che doveva levarsi? Per enfatizzare la sua stupefatta stizza con più urgenza, Barbie avrebbe cercato di allungare un braccio verso quello del suo più leale (nonché unico.) amiko tentando di stringergli le dita attorno al polso per trascinarlo lontano da Morticia (sì, un altro spoiler del futuro: problemi? Oh, non c’avevano mica la TV negli anni ’20, Credo. Lia, non leggere aveva bisogno di hobby con il quale impiegare il proprio vasto tempo libero.) «LA SO! È IMMIGRANT SONG???» Lanciò una confusa occhiata a Frankie, bello, impavido e sorridente con la chitarra da Mariachi (…ci aveva disegnato sopra dei baffi con il fango? Non l’avrebbe escluso) ancora appesa al collo. «che?» «ah non era una sfida di songpop?» Con la coda dell’occhio, il Jagger vide una dei cosplayer di Kuzko scagliarsi contro la ragazzina del futuro. E che faceva, la lasciava morire? Beh, neanche la conosci…. DAI BARBIE SMETTILA CHE FIGURA CI FAI CON GWEN. «?????» con un intenso ed alquanto confuso scambio di occhiate con il ragazzino, Barbie sarebbe scattato nella sua direzione prendendolo fra le braccia come Jack Dawson. L’avrebbe indirizzato verso (l’esiguo) spazio fra la biondina e Izma. «f-f» «-IKO» «-uoco» avrebbe ringhiato esasperato, accendendo il lanciafiamme contenuto all’interno della chitarra di Franklyn. Avrebbe cercato di creare una barriera di fiamme che impedisse all’avversario di raggiungere la fanciulla, sentendosi cool come uno dei Ghost Buster (massì, la versione ghost dei Demon Busters che ogni tanto infestavano Bodie, aka…casa sua, dato che era l’unico demone conosciuto dai californiani). «m-ma anche f-fiko» ed avanzando di un passo verso l’azteca, avrebbe indirizzato la fiamma direttamente su di lei: go big or go home.
    Go home, per favore - stai zitto, cazzo. Stiamo fingendo di avere un contegno.

    barnaby "barbie" jagger
    Up, down, but the world keeps spinning 'round and 'round
    I see this place ain’t big enough for me
    I want you to take me away
    I don't like the music other people tend to share
    Hate your loser lyrics, middle fingers in the air
    1918 vs au 2018
    healing (x) factor
    1894's | 2001's
    upside down: frankie cobain


    COMBO DIFESA: (per floyd, con floyd): tira via floydito con un gridolino molto mascolino
    COMBO DIFESA (per melvin, con floyd): ruba il lanciafiamme di frankie con frankie attaccato e fa il pompiere al contrario
    ATTACCO (su rosario): punta direttamente il lanciafiamme sul nemiko
     
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    Si spinse gli occhiali sulla punta del naso, Noah Larson, un sospiro a scivolare lento sulle labbra mentre il tempio s’innalzava maestoso davanti a loro, lo sguardo dei più incantato ad osservare la magnificente entrata in scena dell’antico edificio azteco. Ad ogni singolo secondo che passava, sembrava pentirsi di una cosa in più rispetto al precedente: di essere nato, di aver deciso di prendere parte a quella stupida missione suicida, di aver scelto il Messico tra le tre opzioni a loro disposizione, di essersi legato con il Voto Infrangibile ad un sempliciotto latino del ventesimo secolo; si chiedeva perché, il serpeverde, non fosse semplicemente rimasto nella villa di famiglia. A quell’ora, invece di dover badare ad un biondo qualunque degli anni venti, avrebbe potuto essere tranquillamente seduto sul sofà di casa sua, un bourbon tra le dita e la speranza di sopravvivere anche quel giorno come tutti gli altri ad ondeggiare nel liquido ambrato. Naturalmente, no.
    Naturalmente, aveva pensato che le probabilità di sopravvivere partecipando ad una missione nell’America Centrale e quelle di farlo aspettando Seth che bussasse alla propria porta non erano poi così diverse tra loro. Che, alla fine, poteva pur sempre farne qualcosa della propria vita, invece di attendere che qualcuno decidesse per lui – perché sinceramente, Noah non ne aveva affatto sbatti.
    Che per l’amor del cielo, avevano bisogno di qualcuno che ragionasse: la lezione più importante che gli avevano dato i Larson nella sua intera esistenza, era stata quella che gli aveva insegnato a non fidarsi di nessuno. Se il destino del loro mondo dipendeva da quella missione, se la sua vita era nell’esito di quel viaggio, non aveva intenzione di lasciarlo nelle mani di gente a caso.
    «ehi, tipo del passato» richiamò l’attenzione del tizio, permettendosi una sola occhiata nella sua direzione; c’era della terra sui suoi vestiti, e toglierla aveva senza dubbio una maggiore importanza del suo partner in crime. Più si guardava attorno e cercava di capire come tutta quella gente potesse essere utile in qualche maniera al fine ultimo, più rimpiangeva di aver dato una speranza a tutta quella storia.
    Sembravano tutti dei maledetti incapaci.
    Senza dubbio, lo erano anche.

    «dios…» ora. Floyd Juan Villalobos, per quanto cresciuto in mezzo a no-mag dello stampo più puro che potesse esistere in Colombia, aveva già visto cose strane - ancor prima di Bodie e di tutto ciò che concerneva la cittadina californiana, . Le aveva studiate, le aveva conosciute: il mondo magico non era un’incognita per il ventiquattrenne, sebbene le sue conoscenze si limitassero alle scarne aule di un’arretrata Castelobruxo.
    Aveva visto incantesimi e creature magiche, piante dalle strane proprietà e assurdità varie nella scuola magia e stregoneria – ma un tempio azteco apparire dal nulla? L’unico tempio che avesse mai visto, e che tempio non lo era affatto, era stato quello in Brasile dove aveva studiato per sette anni: in ogni caso, non aveva niente a che vedere con quello.
    Fottuti tizi mascherati e con armi del cinquecento? «mio»
    Maledetto senso civico. Lo sapeva, lo sapeva!, che si sarebbe dovuto limitare alla mediocrità di una vita da narcotrafficante: a quel punto, non si sarebbe di certo ritrovato a seguire una banda di semi-sconosciuti in un universo alternativo per cercare di salvare il mondo.
    «attento alle spalle eh!» lo ignorò: quel ragazzino gli stava già sulle palle.
    «AAAAAAAAAAAAAA»
    Ovviamente, gli occhi chiari del mimetico erano stati tutti per la carica di aztechi davanti a loro: com’era più che lecito che fosse, almeno nel maledetto millenovecentodiciotto, non si era preoccupato di un possibile assalto alle spalle. Floyd non era, né aveva mai creduto sarebbe, stato un soldato - non rientrava nel suo credo: aveva sempre ripudiato le guerre, e di strategie non si intendeva.
    Quindi, ripeto: perché avrebbe dovuto preoccuparsi di qualcosa, o qualcuno dietro di lui?
    Piegò la testa di lato spostando le iridi celesti sull’amico, le sopracciglia corrucciate interrogative verso il viso spaventato di Barbie. Cosa stava accadendo. Al secondo grido disperato del californiano, decise che forse era il caso di girarsi.
    Avrebbe preferito non farlo. «hijo de puta» era sinceramente disgustato, il colombiano, mentre le dita di Jagger si stringevano attorno al suo polso – non per l’amico, quanto per quella cosa morta. Si sarebbe fatto un rapido segno della croce, questa è la difesa. cercando di non pensare a quanto fosse eretica una cosa del genere – cos’era, uno zombie? -, e stringendo a sua volta la presa sul braccio del guaritore avrebbe seguito la spinta di Barnaby, saltando nella sua direzione ed il più lontano possibile dalla cosas muertas.
    Fu cercando lo sguardo scuro dell’altro per ringraziarlo, che comprese quanto poco tempo ci fosse per i convenevoli. «oh.»
    Todos escaló muy rápidamente.
    Lasciò il proprio potere fluire nell’ambiente, puntando lo sguardo su ogni aura speciale che riusciva a percepire – non ne aveva mai sentiti così tanti, nemmeno negli ultimi mesi. Erano fin troppi; strinse le labbra ogni volta che la sensazione sotto la pelle si modificava, fino a che non sentì ardere il sangue nelle vene.
    Fuoco - perfetto.
    Avrebbe quindi concentrato tutta la propria attenzione sulle fiamme generate dall’arma di Barbie, tentando di rendere la barriera di fuoco più impenetrabile - più alta, più ardente, più pericolosa: non sapeva esattamente per chi stesse aiutando, ma era così importante, in fin dei conti?
    Nah - e poi, aveva sotto mano il fuoco! Individuò quindi la tizia con gli occhi spenti che dedusse controllava lo zombie (grazie mimesi!) e, concentrandosi ancora sulla barriera di fiamme, ne avrebbe estratto una lingua ardente per colpirla.
    «pensavo ci saremmo limitati a cercare» sospirò sottovoce, cercando lo sguardo dell’unica persona che potesse capirlo.
    Che era la sua prima volta sul campo di battaglia, decise di risparmiarselo.
    floyd juan villalobos
    If all I have is now
    No consequences
    Would I go touch the flame?
    Or would I run for the exit?
    I ponder of something great
    My lungs will fill and then deflate
    They fill with fire, exhale desire
    I know it's dire my time today
    24 y.o. | 17 y.o.
    mimesis | slytherin
    mexico
    upside down: scott noah larson


    COMBO DIFESA (per floyd, con barbie): salta lontano dall'infero
    COMBO DIFESA (per malvin, con barbie): aumenta le fiamme
    ATTACCO SU TITO: lo frusta con il fuoco #mlml #wat


    Edited by #epicWin - 7/5/2018, 02:17
     
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    DIFESA PER FLOYD (barbie + floyd): 3 + 6 = 9 pd (-2 ps)
    L'infero riesce ad artigliarti i vestiti graffiandoti, seppur in maniera del tutto superficiale, la spalla.
    ATTACCO SU TITO (floyd): 13 pa. DIFESA TITO: 4 pd (-9 ps)
    Tito scatta lateralmente, ma non riesce ad evitare l'offensiva: si butta al suolo cercando di spegnere le fiamme.

    DIFESA PER MELVIN (barbie + floyd): 7 + 10 = 17 pd (-2 ps)
    Ostacolata dalle fiamme, Rosario ti colpisce con l'arma alla coscia, ma solo di striscio.
    ATTACCO SU ROSARIO (barbie): 12 pa. DIFESA ROSARIO: 5 pd (-7ps)
    Decisamente più sveglia di Tito, con un salto capitombola all'indietro allontanandosi dalle fiamme. Rimane lievemente bruciata, ma nulla di grave.

    FLOYD: Tito è (già? sì.) offeso dalla tua controffensiva, e decide di partire all'attacco in prima persona. Sciabola stretta nel pugno, cerca di sventrarti.
    BARBIE: Edelmiro entra in scena con classe; puntando il palmo verso il tuo viso, fa scaturire in raggio di luce cercando di accecarti in maniera permanente.
     
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    Il fatto che riuscisse ancora a camminare sulle sue gambe, era già qualcosa di cui andare estremamente fieri. Il fatto che, però, qualcuno stesse già cercando di ucciderlo, invece, un po' di meno.
    Ma prima: arrivava sempre il momento di decidere cosa si volesse essere nella propria vita; quale posto si desiderasse ricoprire all'interno di quel mondo che li faceva sentire perennemente piccoli. Arrivava il momento di crescere, di diventare grandi, di ponderare e ritenere se fosse meglio rimanere o andarsene. Tante volte, il suo verdetto era ricaduto sulla seconda opzione. Avrebbe mentito anche se avesse affermato, ad un certo punto, di non aver sentito sulle sue spalle il peso di tutte le speranze dei suoi genitori, lasciando che quel treno di aspettative anche troppo alte lo investisse in pieno, lasciandolo perlopiù in balia di una confusione quasi accecante. Era stato perlopiù surreale rendersi conto che anche la più cocente e convinta delle decisioni potesse sopperire di fronte al volere delle persone che si amavano, rendendola vana, nulla. Un qualcosa che in cuor suo aveva sempre tentato di evitare con tutte le sue forze, ma che alla fine era stato impossibile da arginare. All'inizio aveva semplicemente lasciato che quel fiume in piena lo investisse, prendendo il controllo della sua stessa esistenza, ma alla fine era diventato letteralmente impossibile vivere con la consapevolezza, paradossale, di non vivere.
    Cosa sperasse di ottenere da quella conversazione, in realtà, non lo sapeva neppure lui, eppure, con quel ragazzo che non aveva alcuna intenzione di lasciarlo – Minhyuk – e il fiato reso caldo e pesante dall’aria del Messico, Sehyung prese coraggio. Non era neppure sicuro che ci fosse uno scopo di fondo, una ragion d'essere che potesse essere erta a movente di quello scambio inusuale ed inaspettato. I piedi iniziarono a muoversi quella coppia di giovani coreani che, proprio come lui, sembravano abbastanza spaesati mentre il resto del gruppo parlava tranquillamente un inglese abbastanza fluido. In quel momento però ringraziò suo padre e le sue lezioni private di lingua. La suola delle scarpe andò incontro a ramoscelli e foglie secche che annunciarono l’arrivo del ragazzo dai capelli rosa e, facendo ancora una volta mente locale, si schiarì la voce ed iniziò il suo interrogatorio.
    «Voi due! Sì, proprio voi due. Hyunjin e Jaeyong, non è vero? Ci…conosciamo? »
    E con un coreano abbastanza arrugginito, per qualche astrusa ragione, non riusciva a togliersi quello strano sorriso dalle labbra; una cicatrice divisa in due che si innalzava appena verso il lato destro del viso, provocando un rigonfiamento appena accentuato della pelle e linee, linee che marcavano una gioventù oramai avanzata, la quale aveva abbandonato i tratti gentili di un'adolescenza bruciata tra un livido e un labbro spaccato, dei quali Sehyung non aveva più memoria. Ed era incredibile, quasi, come un travestimento come un semplice sorriso potesse celare le rughe di una vita che avanzava inclemente, inglobandole all'interno di quello che non era nient'altro che un simulacro in attesa di essere riempito; un barattolo che, a poco a poco, cominciava ad ospitare le carcasse di non sapeva neppure lui chi o cosa. Probabilmente, non l'avrebbe saputo mai.
    «Fate parte di questo universo o siete i due ragazzi con i quale ho parlato allo specchio poco fa? Per tutto il kim chi della Corea, che situazione strana… »
    E probabilmente avrebbe continuato a parlare, Sehyung, se non fosse stato per le falangi del suo compagno che andarono a stringergli il bordo della maglietta per attirare la sua attenzione.


    «Ehi, Swing, ti andrebbe di limonare? Dai, prima di morire. Onesto.»
    «No?»
    L'impellenza con la quale il fumo filtrato dalle Marlboro s'insinuava nelle narici era pressoché stupefacente. Lo era come ben poche cose al mondo, una voluta entro la quale doveva essere cresciuto, il corpo impregnato d'alcool e le labbra che bramavano il contatto con il vetro dal retrogusto lontano, forse anche antico. Non si sarebbe mai abituato ad uno scenario differente da quello, i simulacri di un'esistenza bruciata a muoversi entro uno spazio predefinito e con le braccia che, pur essendo troppo corte, tentavano di allungarsi verso l'infinito della dispensa impregnata di bottiglie di vetro; urne che contenevano ceneri lubrificate e nidi di infime brame. Matematico. L'essere umano cercava sempre e comunque di procacciarsi qualsiasi cosa potesse garantirgli un minimo di conforto e sopravvivenza; giusto quel poco che potesse dargli la possibilità di apprezzare l'intera tragedia che si consumava intorno a lui, perché si sapeva benissimo che il suo animo fosse sempre proteso verso di essa. Minkia non era poi così diverso. Con l'unica remora che lui, in realtà, le tragedie le amasse. Amava tutto ciò che spezzava il cuore e le ossa; qualsiasi cosa potesse addentrarsi sotto l'epidermide e causare un repentino attacco epilettico. Qualsiasi cosa che potesse dargli come minimo la percezione di essere ancora vivo. Non molto, ma giusto un po'. Quel tanto che bastava per fargli capire che la fine del mondo fosse prossima e che lui, invero, si ritrovasse proprio nell'occhio del ciclone. Il resto era solo un'accozzaglia di atomi che perfino il più inferiore degli esseri umani sarebbe stato in grado di scindere in entità sempre più piccole. Ed era quello l'aspetto che gli faceva pensare che, tutto sommato, la distruzione non esistesse. Non come la concepivano tutti, perlomeno. Era un progetto senz'alcun dubbio ambizioso, ma privo di fondamenta effettive. Un'utopia.
    «Ehi, Swing, posso almeno palpare qualcosa? Dai, prima di morire. Onesto.» e con un sorriso sornione a dipingere le labbra del Barrow, una mano andò a poggiarsi sulla spalle del suo partner in crime mentre lui, ciocche dal colore rosa sbiadito e fronte imperlata da goccioline di sudore, sembrava farsi parecchio desiderare. Ardua sfida per il nostro eroe.
    «No? Ma qualcuno vuole fare a cambio? Minchia, sei una scocciatura.» disse il maggiore, scostandogli la mano dalla spalla dopo aver assottigliato lo sguardo
    «Aw, ricordi il mio nome. Questo è vero amore! I love you too, je t’aime, saranghe, pollo alle mandorle. » grazie papi per queste perle per poter rimorchiare, mi manchi.
    Fu soltanto il rumore delle porte del tempio che da un momento all’altro gli si parò davanti a fargli distogliere l'attenzione; un movimento che si aggiunse a quello al suo fianco, provocato da Sehyung che annullava la distanza presente tra i loro corpi soltanto per potersi appiccicare a lui e nascondersi dietro alla propria schiena, nonostante il corvonero fosse uno spilungone. Quel ragazzo gli piaceva. Non gli sfracassava le palle e soprattutto parlava il giusto. Il che voleva dire che la maggior parte delle volte si limitasse a pronunciare battute secche; frasi corte ma essenziali, senza perdersi in inutili giri di parole. Strinse il suo polso, alzandolo un angolo della bocca prima di portare la sigaretta dalle proprie alle sue labbra.
    «Tranquillo zuccherino. »
    E gli tirò una piccola pacca sulla spalla e avrebbe poi preso l’arco che aveva in spalla e avrebbe corso per un paio di metri prima di accovacciarsi. Lì si morse il labbro, il piccolo bambino cin cin Barrow, ed avrebbe incoccato una freccia per poterla scoccare in direzione della sua avversaria. Però, aveva delle belle ginocchia per essere più vecchia della sua bis bis bis bis bis bis nonna, pace all’anima sua.
    «Tutto bene cuore di panna? Se hai bisogno di una mano, grida il primo piatto cinese che ti viene in mente, quella è la lingua dell’amore. »
    Sehyung, ritrovandosi ad udire distrattamente quelle parole per non farsi decapitare da quella simpatica signorina, si sarebbe abbassato per poter andare ad aiutare Tae. Avrebbe estratto il fioretto dal fodero, il coreano e, pregando tutte le divinità della sua cultura, si parò davanti al suo vecchio nuovo amico per tentare di bloccare la mazza con la lama della spada.
    «AAAAAAH, ARRABBIATA, CARBONARE. No, aspettate. Ma perché volete sempre ucciderci? PERCHE’ NON CI OFRITE, uhm…... una Coca Cola. Sì. Una Coca Cola va benissimo. Piena di zuccheri, caffeina e capitalismo; proprio quello che ci vuole, sì..»


    park sehyung
    A sound of something breaking
    I awake from sleep
    A sound full of unfamiliarity
    Try to cover my ears but can’t go to sleep
    The pain in my throat gets worse
    Try to cover it
    I don’t have a voice
    Today I hear that sound again
    18 y.o | 16 y.o.
    ravenclaw | Darkness Manipulator
    MEXICO
    upside down: Minkia Barrow




    COMBO DIFESA (per swing, con beltè): si abbassa
    COMBO DIFESA (per beltè, con swing): blocca la mazza con il fioretto
    ATTACCO SU ZAIRA: la colpisce con una freccia
     
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    Tutto era andato come non doveva andare secondo Taeyong, il quale si stava maledicendo non tanto per essere lì, cioè magari anche per quello, ma il problema era che c'era pure sua sorella. Non era la sua presenza il dramma, ma il fatto che quasi sicuramente avrebbe passato tutto il tempo ad aiutarla perchè la ragazza si metteva nei guai così facilmente che un ghepardo in confronto correva piano. Amava profondamente Ayeong, erano cresciuti praticamente insieme, anche se caratterialmente opposti e quindi si ritrovavano spesso a litigare; però mai una volta si era tirato indietro quando si trattava di aiutarla. Ma ritrovarsi in un altro mondo, non era quello che sperava di fare ed rra proprio per colpa sua che loro si trovano in quel posto ora. Avevano seguito gli altri (chi?) solo perchè volevano vedere i loro bisnonni (« Tae voglio conoscere i nostri bisnonni, esistiamo grazie a loro. Solo per riconoscenza dobbiamo andare » - « E una volta che li vedrai cosa gli dirai? Ciao siamo i vostri bisnipoti, piacere » - « perchè no ») Perchè no eh? Beh perchè fare una tale dichiarazione Li avrebbe sicuramente shoccati e forse neanche stavano insieme in quel momento. Comunque si erano presentati in quel posto; erano arrivati praticamente per ultimi ma li avevano visti. «Guarda sono loro » disse alla sorella, poteva essere felice finalmente di aver visto i Taekook. Molto spesso suo padre gli diceva che aveva preso molto del carattere del bisnonno. Era così fiero di discendere da loro, erano stati tra i primi ad avere una famiglia del tipo; sapeva dai racconti di sua nonna che avevano combattuto per avere pari diritti e non solo nel mondo della magia. Ma questa è un'altra storia, quindi passiamo al momento in cui quello specchio divenne una specie di portale verso l'inferno. Già, ho detto inferno, perchè Jeon stava davvero bene dove si trovava, ma doveva seguire quella pazza di sua sorella che spesso si trovava nei guai senza neanche capirlo davvero. «Dovresti crescere ragazzina » disse contrariato, una volta che si ritrovarono a Hogsmeade; doveva smetterla di seguirla, avrebbe sicuramente vissuto di più. Ecco cosa gli era costato rivedere i sui bisnonni. Ma erano davvero belli insieme, si vedeva che si amavano (spoiler), forse ne era valsa la pena. Ok no, erano fuori casa e di sicuro non erano al sicuro.
    «Tae vieni da questa parte» la sorella lo prese per mano e lo trascinò insieme agli altri diretti verso quello che poi scoprirono era il quartier generale. Ma poteva rimanere ad ammirarlo? Ovviamente no, perchè si ritrovò di nuovo catapultato da qualche parte; avevano lasciato i genitori e gli amici ( ma quali?) per ritrovarsi in Messico. Ora, non che non gli dispiacesse, in fondo era nato e cresciuto a Londra ( si un kinese inglese) quindi ritrovarsi in un posto caldo era una gioia, o lo sarebbe stato se fosse stato lì per una vacanza. E poi non era neanche abituato all'umido a lui piaceva l'aria fredda di Londra.« Perchè ti ho seguito eh? Non imparo proprio mai!» di nuovo si stava maledicendo perchè aveva seguito la mora senza rendersi davvero conto che rischiavano la morte. Ma lei non sembrava ascoltarlo, le piaceva giocare con la morte eh? Peccato che il fato non era così simpatico, avrebbero rischiato davvero di perdere quella partita. Ottimista era il suo secondo nome si.
    «Stammi vicina per favore» gli disse, sperava che almeno fosse in grado di farlo, ma dubitava visto che di rado ascoltava quello che il fratello maggiore le diceva,le tradizioni coreani si stavano perdendo oramai, nessuno ascoltava i propri Hyung e non lei di sicuro.
    Avrebbe voluto prenderla persino per mano ma non appena furono dentro vennero subito attaccati tanto che non riuscì a dirle niente, come scappa o cazzo te l'avevo detto che saremmo morti che tutti furono sotto attacco. Senza un apparente motivo, ma invece conosceva bene la persona che era sotto attacco e diciamocelo così i player hanno deciso così quindi prese la propria bacchetta e provò con uno e banale «Stupeficium » così da fare volare via la mazza dalla mano del nemico prima che colpisse la testa di suo biszio Sehyung. Poi il bastone gli sfuggì di mano, sembrava avere vita propria e puntava proprio verso di lui, provò a spostarsi di lato, mentre una voce maschile lo affiancò «z..zio» sussurrò con voce flebile. Aveva troppi parenti lì,tralasciando il fatto che lui non era di sangue era un dettaglio. Aveva visto molte foto con lui e i suoi bisnonni e già gli voleva bene. «grazie» questo che in teoria avrebbe detto se il bastone non si fosse scagliato sul ragazzo. Solo se fosse rimasto in vita cosa che mi auguro, in fondo siamo solo all'inizio, avrebbe provato a ucciderlo. Si è rude il mio kinese così avrebbe puntato la bacchetta verso l'avversario e avrebbe provato con un « tribumortem.» chissà se gli donavano i canini a mo di tricheco.
    Riguardo a Tae Hynjin lui era lì perchè voleva combattere contro il governo ma ho deciso che vi dirò al prossimo post cosa dice e pensa. Ciao.




    Jeon Taeyong
    Have I lost myself or have I gained you. I suddenly run to the lake, There’s my face in it
    Please don’t say anything
    Reach my hand out to cover the mouth. But in the end, spring will come someday. The ice will melt and flow away
    24 y.o // 19 y.o
    2118// 2018
    MESSICO
    Tae Hyunjin au!



    Non ho riletto...chissà se è italiano ed è il primo post. Pensare che volevo farlo carino ma le due ore scadono...dannazione
    Comunque
    Difesa combo Swing con Swing e Taeyong: stupeficium sulla mazza per non farlo colpire
    Difesa combo Taeyong con Swing e Taeyong: Si sposta di qualche passo per non morire
    Attacco su Dominga: tribumortem


    Edited by _You'remineBunny_ - 7/5/2018, 18:34
     
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    Byron Clarke
    Si allacciò velocemente l’ultima scarpa per poi guardarsi in un piccolo specchio poco lontano con sguardo pensieroso, Byron Clarke.
    Capelli biondi un po’ appiccicati dal sudore freddo, che negli ultimi cinque minuti si era sistemato come minimo cinque volte per cercare di domare quella chioma ribelle.
    Gli occhi di un azzurro ghiaccio con qualche striatura di verde stavano guardando quella figura che gli era sempre stata per lui famigliare, ma che ora vedeva come un estraneo, con il corpo muscoloso nei punti giusti, asciutto e alto.
    Si stava sistemando il giacchetto per l’ultima volta, guardandosi vestito tutto di nero dalla testa ai piedi e si era diretto nella sala armi.
    Aveva scelto accuratamente quest’ultima che sarebbe stata la sua compagna fedele per un viaggio che ancora era una novità anche per lui.
    Una pistola, leggera, piccola e soprattutto carica che aveva deposto in modo agile sulla cintura delle armi scrocchiandosi le dita delle mani uscendo.
    Si era ritrovato lì senza capire come, aveva seguito gente mai vista facendosi spiegare il piano più folle che avesse mai sentito.
    Ora era lì con un piede appoggiato al muro e le braccia incrociate che stava vedendo uno a uno i gruppi formarsi per poi vederli entrare in tre diversi portali che li avrebbero portati in tre destinazioni diverse.
    Si poteva dire dal suo sguardo che era tranquillo, come se uccidere e tenere un’arma tra le mani fosse qualcosa di normale per un ragazzo di diciassette anni come lui, che invece avrebbe dovuto stare a scuola e studiare.
    Aveva il cuore a mille, l’adrenalina in circolo viaggiava come un treno nelle sue vene e le mani erano leggermente sudate, non aveva mai ucciso, come la maggior parte delle persone in quella stanza del Quartier Generale, ma loro erano stati molto chiari nel spiegare le regole...dovrete recuperare gli artefatti dei fondatori in Messico.
    Ovviamente non lo avevano detto, ma era sottinteso che ci sarebbe stata una carneficina, spargimenti di sangue e armi a cozzare le une con le altre.
    Si stacco dal muro -perché presto sarebbe stato il suo turno e non aveva senso rimandare l'inevitabile- e incontrò lo sguardo con due occhi scuri.
    Poteva essere tutto una merda, guardarsi intorno e non vedere una via di uscita, ma se c’era una cosa che nel profondo sollevava Byron era il fatto di non essere completamente solo.
    Dustin Dearduff.
    Suo più grande amico da quando avevano iniziato la scuola insieme entrambi nella stessa casata, Tassorosso.
    Ovviamente non era sempre stato tutto rose e fiori perché per tutto il primo anno Byron lo odiava per una ragione a lui ancora sconosciuta e non se ne riesce ancora a capacitare, poi le cose erano cambiate e ora erano davvero una bella squadra.
    Era un ragazzo molto timido, introverso e che non diceva mai la cosa giusta al momento giusto, ma soprattutto era pauroso di tutto e di tutti.
    Era spesso bullizzato a scuola per via di chi lo prendeva in giro per la sua grande intelligenza in tutto e Byron sentì subito uno strano senso di affetto e di protezione nei suoi confronti.
    Fortunatamente però loro due insieme erano sinceri e se stessi, conoscendolo sapeva che soffriva vedendo come lo trattavano e Byron era sempre stato pronto a difenderlo a spada tratta da tutti dato che lui era un po’ tutto il contrario di Dustin e le cose te le diceva in faccia, si dicevano sempre che uno era il braccio e l’altro la mente #wat.
    Sorrise, un sorriso limpido e leggero, forse un po’ tirato dall’ansia di quello che sarebbero andati a fare appena pochi minuti dopo.
    Aveva paura, ma non per se, per Dustin...lui era troppo buono e non avrebbe mai fatto del male neanche a una mosca, come poteva scendere in campo senza sporcarsi le mani (?), ci sarebbe stato lui a proteggerlo, ma se così non fosse stato? Se per una frazione di secondo si fosse distratto lasciandolo scoperto? Sapeva che era un ragazzo in gamba, ma quel posto non era per lui e lo sapeva benissimo.
    Dade non ti ho mai visto più elegante di così, stai proprio bene disse scherzando andando vicino all’amico e dandogli una pacca sulla spalla ridendo al suo sguardo subito dopo.
    Era vestito uguale a lui e aveva tra le mani la sua arma da combattimento una...una sparachiodi (?)
    Gliela prese tra le mani rigirandosela vedendo se poteva davvero essere un’arma letale e constatò che poteva andare.
    Ottima scelta amico mio, andiamo in pista disse mettendosi al suo fianco aspettando il proprio turno per entrare nel portale mentre l’ansia cresceva.
    Non erano soli, c’era poco lontano il fratello di Dustin, Rudy Dearduff con la sua ragazza che conosceva poco, ma che era molto carina per il suo gusto, Angelina Turner.
    Erano una bella coppia, lui tutto premuroso nei suoi confronti e sempre attento dove fosse e che cosa facesse, erano tesi e si vedeva, come tutti in fondo, ma era felice che oltre a lui Dustin avesse qualcuno che potesse proteggerlo.
    Lui e Rudy erano sempre andati d’accordo da quando aveva visto che lo scopo di Byron fosse quello di essere amico di suo fratello e non di bullizzarlo, gli era simpatico.
    Ti ho visto sai con quella ragazza prima nella sala delle armi, hai da dirmi qualcosa? disse guardandolo divertito.
    L’aveva già notata quella ragazza, sempre sulle sue e in silenzio che girava come un fantasma intorno a loro, Marion si chiamava o almeno così aveva sentito.
    Aveva incontrato il suo sguardo qualche volta, non sapeva se era stato un caso o lo stesse fissando da lontano, ma alla fine quella cosa gli piaceva, significava che era desiderabile e non guastava mai.
    Hai paura? Sii sincero gli chiede senza farsi sentire da nessuno in modo che lo sentisse solo lui.
    Non era un codardo chi ammetteva di aver paura, non per Byron almeno.
    Io ce l’ho... disse come per fargli capire che non era il solo, che era una cosa più grande di loro e che era giusto averne.
    Dade, ci sarò...non ti lascerò solo promesso, qualunque cosa accada disse smorzando un sorriso stanco e scompigliandogli i numerosi capelli scuri.
    Sarà una passeggiata sembrerà come volare disse poi riprendendosi da quel momento di tristezza per dare coraggio a Dade con un’aria sicura di se, ma che non era affatto così, non in quel momento.
    Una volta dentro si sentì come se fosse in una lavatrice altro che volare #ops e atterrò su un terreno secco, ma freddo come il ghiaccio.
    C’era un caldo tremendo e la luce che stava sparendo dietro gli alberi intorno a loro per un attimo lo accecó e fu costretto a chiudere gli occhi.
    Non c’era niente intorno a loro apparte alberi secchi, cespugli e rami caduti.
    Una volta arrivati tutti iniziarono a seguire gli altri che stavano camminando sicuri verso una direzione precisa, sembrava come se gli alberi li indirizzassero verso una strada precisa.
    Si tirò indietro i capelli togliendoli dalla fronte sudata per vedere che erano arrivati davanti a un tempio, era alto e molto vecchio, ma imponente come non mai, con quel sole faticava a vedere la fine del tetto.
    Entria... stava formulando quella parola troppo velocemente e sicuro di se, ma ad un tratto le porte si spalancarono facendo un tonfo sordo e una quindicina di persone coperte si pararono davanti al tempio, per proteggerlo.
    Alcuni avevano volti coperti e tuniche lunghe fino ai piedi, altri volti coperti da copricapi a forma di animale e tutti avevano scudi decorati con piume.
    Erano di un’altra epoca, antichi quando il tempio, erano stati messi lì per non farli passare e ucciderli tutti.
    Tirò fuori automaticamente la sua bacchetta mettendosi di fianco a Dustin e non ebbe il tempo di dire nulla che loro iniziarono ad attaccare.
    In poco tempo la battaglia era iniziata e stava infuocando intorno a lui, con la coda dell’occhio vide Marion in difficoltà, uno di loro stava correndo come un forsennato verso di lui e non poteva stare a guardare senza fare nulla.
    Puntó la bacchetta verso di lui e gridò petrificus totalus e partì un raggio che speró andasse a segno e che lo immobilizzasse dove era per non farlo andare oltre e così poterlo a sua volta attaccare.
    Non ebbe tempo di vedere se il suo incantesimo andò a segno perché sentì una voce famigliare gridargli qualcosa, Pensa tu a Dustin! e senza vederlo sapeva che era Rudy, suo fratello.
    Scattó più veloce che poté vedendo che stava per spillarsi il braccio da solo sovrastato da una mente superiore e brava a manipolare.
    Everte statim e puntó la bacchetta verso la figura immobile poco distante da loro.
    Sperava davvero che andasse a segno e che lo scaraventasse all’indietro, solo così la possessione della mente sarebbe cessata e Dustin sarebbe tornato in se.
    Dade, tutto bene? disse dispiaciuto e triste perché non sarebbe dovuto andare così, non per lui.
    Aveva il cuore a mille e gli girava leggermente la testa per le troppe emozioni provate tutte insieme.
    Ad un tratto non vide più Dustin vicino a lui e si guardò i piedi, non lo avesse mai fatto, un buco nero era proprio sotto i suoi piedi ed era pronto a inghiottirlo nell’oscurità più assoluta.
    Era stato tutto troppo veloce e non sarebbe riuscito a fare nulla neanche volendo paralizzato sul posto.
    Strinse gli occhi e quando li riaprì sotto di se non c’era più quel buco nero, ma stava letteralmente volando sopra di esso.
    Non sapeva se avrebbe davvero funzionato, ma senza saperlo e con un certo stupore voltò lo sguardo e vide Dade concentrato su di lui, lo stava salvando.
    Ti avevo promesso che ti avrei salvato io e invece mi sorprendi così salvando tu me? disse facendo un sorriso compiaciuto perché Dustin magari non aveva dalla sua forza e agilità, ma la mente era un’arma più forte di tutto e lui la sapeva usare bene.
    Tirò un sospiro di sollievo prendendo un attimo fiato, che merda disse a bassa voce vedendo che uno dei tanti si era distaccato dagli altri per andargli addosso e allora non poté fare altro che impugnare forte la bacchetta e sibilare exulcero così da sperare di fargli venire bolle e ustioni sulla pelle.
    Erano tutti incantesimi che aveva solo studiato e praticato, ma mai contro qualcuno in carne e ossa.
    Non aveva paura a farlo, aveva paura di uccidere, ma ancora di più di morire e lui voleva vivere a ogni costo, anche macchiandosi le mani di sangue non suo.

    Neutrale | 17 Y. O.
    Hufflepuff
    Stalwart
    Mexico
    Sono il bene e il male
    Dipende da come mi tratti


    COMBO DIFESA PER MARION: (Byron + Dustin) lancia un “Petrificus Toralus” contro l’avversario
    COMBO DIFESA PER DUSTIN: (Byron + Marion) lancia un “Everte Starim” contro l’avversario COMBO DIFESA PER BYRON: (Dustin + Marion)
    ATTACCO PER CRUZ: (Byron) lancia un “Exulcero”


    Edited by Shadow_Black - 7/5/2018, 22:22
     
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    «Ma siamo pazzi?» era stato il primo commento di Dustin dinanzi alla scelta, a suo parere oltremodo scellerata, di attraversare il Portale che li avrebbe smaterializzati niente poco di meno che a Città del Messico. «Beh, ovvio che sì.» aveva risposto sardonico il maggiore dei Dearduff, sfoggiando uno dei suoi sorrisi entusiasti ed azzardandosi ad aggiungere persino un «Sarà divertente, fidatevi!»
    E Dustin s'era fidato, e non perché fosse uno sciocco o un tipo particolarmente ottimista, tutt'altro, ma perché quello era suo fratello e lui l'avrebbe seguito alla ricerca del Tempio di una qualche divinità dal nome impronunciabile, in una dimensione diversa dalla sua, con soltanto una pistola sparachiodi nella cinta dei pantaloni ed il suo, seppur misero, coraggio senza pensarci due volte.
    Era sempre stato così fra di loro: Rudy, con il suo carisma ed il suo essere irresponsabilmente responsabile, e Dustin, con il naso fra i libri e l'aria di chi ne sa cento più del diavolo. Erano stati fratelli, compagni di giochi, il braccio e la mente, partners in crime, poi più niente. E dire che Mr. Dearduff l'aveva ripetuto più e più volte a quello scellerato del suo primogenito che prima o poi tutte quelle sciocchezze l'avrebbero portato alla tomba e, quasi fosse stato un profeta, alla fine ci aveva preso. Dustin non era più stato lo stesso da allora.
    E dunque, alla luce di questo, come ci si poteva aspettare che egli si tirasse indietro dinanzi all'invito del suo defunto maggiore, apparso nel bel mezzo della sua stanza, vivo e vegeto? Ed anche se si trattava solo di una copia del Rudy che aveva perso appena un paio d'anni prima, beh, per lui era più che sufficiente.
    Prima di lasciare la sua comoda e rassicurante casa nel 1918, comunque, aveva dato un'ultima occhiata al poster a edizione limitata di Sherlock Holmes appeso nella sua stanza come fosse il ritratto di un santo e l'aveva salutato con un cenno rassegnato del capo, quasi si aspettasse di non rivederlo mai più. Dopo, e solo dopo, aveva spostato lo sguardo su Byron ed aveva cominciato, con voce sommessa a enumerare i punti focali del proprio testamento. «Ti lascio in eredità Watson -il gatto-, i vinili, la mia collezione di fumetti -se prometti di trattarli bene-, e...» Neanche mezz'ora dopo erano lì, insieme, nel bel mezzo del deserto, con Rudy e la sua ragazza, più una decina di altri fuori di testa come loro. Che l'avesse seguito per salvargli la pelle o perché era anche lui uscito di senno, poco importava: se fossero sopravvissuti a quella follia, avrebbe quanto meno dovuto dedicargli una statua d'oro per il Migliore Amico dell'Anno.
    Dunque, con Byron da un lato e suo fratello dall'altro, era riuscito a superare senza troppi timori il Quartier Generale dei ribelli dell'Upside Down, nonostante questo apparisse tutt'altro che come un luogo confortevole ai suoi occhi. Non gli ci era voluto troppo, tuttavia, a superare quella sua parvenza di prodezza: la vista delle armi, centinaia di armi, e la prospettiva di doverne scegliere una. E di doverla usare.
    «Credo di star avendo un attacco di panico.» aveva annunciato, guardandosi attorno alla ricerca di... Non sapeva bene di cosa, magari solo di un secchio per vomitare.
    Invece al suo fianco aveva trovato una ragazza, il che l'aveva in un primo momento fatto saltare indietro, poi convincere di star definitivamente morendo d'infarto. Aveva afferrato la prima cosa che le sue mani erano riuscite a sfiorare tra tutto l'arsenale che aveva di fronte e, sollevando quella che assomigliava più ad un attrezzo da falegnameria che ad una pistola, aveva rivolto il sorriso meno convinto della storia alla ragazza.
    L'arrivo di Byron, a quel punto, era stato provvidenziale. «Ottima scelta amico mio, andiamo in pista.»
    «Evviva.» aveva mormorato in tutta risposta, funereo. «Paura? Hai presente quando ho cercato di smontare la radio di mia madre per farne una ricetrasmittente e lei mi ha scoperto nel bel mezzo dell'operazione? Ecco, quello non era niente in confronto a quanto me la sto facendo addosso in questo momento.» aveva affermato, senza neppure provare a dissimulare la propria fifa.
    Così, dopo quel breve rifornimento, più una spiegazione tutt'altro che rassicurante ed un Voto Infrangibile (che, al solo sentirlo pronunciare, gli diede un'altro attacco di nausea), era finito nella bizzarra copia del Far West o, come avrebbe senz'altro detto se fosse nato un secolo più tardi, di un videogioco con Lara Croft, con tanto di Artefatti da recuperare.
    «Oh, perché ci siamo fermati?» domandò Rudy, affiancando Angelina e Rebecca, le due fanciulle direttamente dall'Upside Down. Non fece in tempo ad ottenere risposta, però, che il terreno ebbe un leggero fremito e, un istante dopo, il Tempo Atzeco si stava ergendo in tutta la sua imponenza. «Porca paletta.» e, con quello, decine di Guerrieri piumati si riversarono fuori dalle mura dell'edificio, dritti verso di loro. Era il momento di combattere, quello era evidente, e restare fermo impalato era senz'altro il modo migliore di farsi uccidere... Eppure a Dustin non riuscì di fare altro. Per quello che gli parve un tempo infinito, se ne rimase lì, immobile, assente.
    «Pensa tu a Dustin!» sentì gridare a suo fratello, giusto un attimo prima di trovarsi la sparachiodi fra le dita, puntata verso il suo stesso braccio.
    «Porca paletta.» sarebbe stato il suo commento, se solo fosse riuscito a togliersi dalla testa quell'allettante sensazione di ficcarsi un chiodo appena sotto il gomito. Poi avrebbe lasciato cadere l'arma, come scottato, e si sarebbe precipitato verso Byron che, nel tentativo di salvarlo, avrebbe potuto non accorgersi della voragine che stava allargandosi ai suoi piedi. Non sarebbe forse stato ancora psicologicamente in grado di attaccare, ma di certo avrebbe provato a difendere. «Harmonia Nectere Passus!» avrebbe gridato una volta estratta la propria bacchetta, provando a far levitare l'amico lontano dal baratro magicamente creato. Si sarebbe infine voltato verso suo fratello per accertarsi che stesse bene e, preso da un moto di preoccupazione tale da sovrastare persino il suo timore, avrebbe anche cercato tra la folla la ragazza di prima. «Depulso!» avrebbe cercato di scagliare, nel tentativo di deviare la lancia del nemico e, dunque, di non lasciare che colpisse lo stomaco della giovane.
    E solo a quel punto, soddisfatto delle proprie azioni e, perché no?, anche desideroso di far bella figura verso la sua crush-prima-di-morire, avrebbe cercato di mettere k.o. il Guardiano che si era poco prima scagliato contro di lui, lanciando un «Expulso!» nella sua direzione, sperando quanto meno di stordirlo.
    «Porca paletta.» avrebbe poi, nuovamente, commentato.
    Upside down: Rudy Dearduff
    I was always up for making
    changes
    , flipping through
    my life turning pages.
    Walkin' all day with my mouth on fire, that's what I've gotta do,
    tryin' to get talkin' to you.
    16 Y.O. | 23 Y.O.
    brain | kinetic
    hey, brother
    1918: dustin dearduff



    COMBO DIFESA (per byron, con marion): lancia un Harmonia Nectere Passus per spostarlo dalla voragine
    COMBO DIFESA (per marion, con byron): lancia un depulso per deviare la lancia
    ATTACCO (su Hugo): lancia un expulso nella sua direzione


    Edited by wait‚ wat? - 7/5/2018, 22:09
     
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  9. anti/hero
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    Le cose accadevano e basta. Punto.
    Sapevi ad un certo punto della tua vita che le cose si sarebbero susseguite in una precisa linea temporale, che il momento decisivo sarebbe giunto prima o poi, che spesso la quiete seguiva una tempesta – e a rebecca tutto quello andava benissimo, figurarsi, lei ci sguazzava in quelle cose. Ammettiamolo pure, non vedeva l'ora di menare le mani una volta per tutte... quel posto faceva schifo, puzzava ogni giorno di più, un marcio tanfo che impregnava i vestiti, si insinuava nella pelle, sotto le unghie – a volte raggiungeva perfino il cuore, e allora lì eri fottuto.
    «quanto minchia ci vuole ancora?» sbottò all'improvviso, andando a battere un pugno forte come una noce di cocco sul tavolino a cui era seduta, tesa non di tensione – tesa di noia, di rabbia, del bisogno di fare qualcosa, alzare le mani. Qualcuno si voltò verso di lei osservandola seccato; era più o meno la quarta volta che la ragazza sbottava all'improvviso, nel silenzio di una stanza in penombra dove veniva quasi naturale sussurrare, parlare a voce bassa cercando con futili chiacchiere di scacciare lo spettro della paura e della tensione. Nulla che potesse tangere quella fiera in catene.
    Perché sì, andava detto, mancava poco che qualcuno dall'alto di quella ribellione la facesse mettere al guinzaglio e indossare una museruola – sapeva bene che se le avevano chiesto di unirsi a quella missione suicida non era certo per le sue doti diplomatiche o per le rinomate tecniche di spionaggio; era carne da macello rebecca levitt-winston, quella rebecca levitt. Era un mastino che bisognava stare attenti dove la si liberava, una creatura da guerriglia con ben pochi scrupoli.
    E così era sempre stata – da che se ne aveva memoria, quella testa calda della levitt aveva calcato ogni terreno possibile col solo intento di pestare quanti più si mettessero sulla sua strada. Dire che vi fosse uno scopo nella sua vita significava non aver capito assolutamente nulla di lei – che scopo si poteva avere in un mondo così sporco, dispotico?, quale onorevole virtù? A lei non importava poi troppo del resto della comunità, le erano sempre importante, sin da bambina, poche necessarie cose: ciò che le apparteneva e ciò che le avrebbe potuto appartenere.
    E si erano presi tutto.
    Col tempo, ogni cosa le era stata portata via – e se il mondo aveva deciso di giocare così con lei, lei avrebbe fatto altrettanto. Non aveva più granché da perdere, la vita e il dolore erano solo concetti astratti quando si infilava in una mischia, e quella missione era solo l'ennesima scusa per fare casino «questa ribellione non avverrà aspettando per davvero un miracolo» credeva nella storia degli avventori? manco per il cazzo., ma se per questo non dava nemmeno troppe chance alla loro ribellione, decisamente più grande e pianificata delle precedenti. ma. I “ma” esistevano da sempre, così come per ogni buon piano era sempre l'ideale includerli.
    Ma le percentuali erano poco rassicuranti.
    E il rischio sembrava crescere con la stessa velocità con cui il timore dilagava nella mente dei ribelli. E questo non andava bene, per nulla. «dio che angoscia» la mancata reazione di qualcuno la spense, allontanando la possibilità di una rissa prima della missione di fronte a cui certamente non si sarebbe ritirata, ma ammettiamolo, non la scelta migliore «vi state affidando ad una stronzata da patetici. Stupidi» volevate una guastafeste?, eccovela.

    e ti ringrazierò per sempre
    per tutto quello che mi hai insegnato
    per tutto quello che sono grazie a te, per te, con te.

    Suo padre avrebbe voluto un maschietto – ma no, non stiamo iniziando il karaoke di qualche notissimo cartone d'infanzia; semplicemente era la verità. Ma era nata lei, e basta. Sua madre era morta così giovane da stroncare il fiato a chiunque nel paese, tant'è che molte storie erano nate sul conto della famiglia moore. Alcuni tristi, altre false – come il fatto che la donna fosse morta allo scoppio di un litigio col marito. Una bugia bella e buona, ripeteva marion gonfiando quelle guance leggermente pallide, coperte di lentiggini sparse. Suo padre la amava più di ogni cosa, anche se le era nata femmina; non aveva avuto interesse nemmeno per un istante a risposarsi o fare altri figli, ma aveva preso quel che rimaneva della sua famiglia e aveva fatto ciò che un padre doveva fare, anche se solo.
    L'aveva cresciuta.
    Le aveva insegnato tutto quello che poteva, cercando di dosare gli insegnamenti più severi della vita con quelli più giocosi dell'infanzia... col risultato che a sedici anni la giovane teneva in mano un machete e si dirigeva a passo sicuro verso un portale con destinazione sconosciuto e il cuore che sembrava battere direttamente in gola. Anche quella lama era dono paterno, un lascito perché “una donna è bene che sia sempre armata”, non si sa mai. non erano tempi sereni a bodie, lo erano mai stati?, ma tutta quella confusione aveva fatto smarrire la gente, l'aveva confusa, basti pensare al nuovo -così poco ortodosso- padre... e poi quello.
    Quella voragine nello spazio...tempo???, come lo avevano chiamato? portale, ah già, un portale... una... porta per altri mondi...??? esisteva davvero?, la consistenza sotto la mano era straordinariamente leggera, assente, fresca – ma non aveva paura marion. Perché il papà gliel'aveva detto così tante volte di non aver mai paura di ciò che non conosceva... quanto più cautela. E lei attraversò quel portale con cautela – ben sapendo, non proprio letteralmente, che stava per affrontare qualcosa di nuovo e potenzialmente pericoloso. Ma non era sola, e non lo sarebbe stata neanche dall'altra parte del portale: chiuse ugualmente gli occhi nell'attraversamento, stringendo al petto l'arma chiusa nella custodia in pelle fabbricata da suo padre stesso.
    grazie pa', aspettami
    e non avere paura per me, perché io non ne ho.


    Era la più piccola lì in mezzo, innegabile. Una bambina dal viso sporco di lentiggini e stupore, vestita con abiti a dir poco inusuali per gli stranieri che ora li osservavano, con gli arti sottili e i capelli arricciati in modo quasi buffo attorno al visetto tenero. A sfiorare appena il metro e sessanta, si sentiva un piccolo tappo in mezzo a quegli adulti col viso nascosto dai cappucci o quei ragazzi di poco più grandi di lei che al suo fianco sembravano alti come giovani tronchi.
    La cupa aria che li accolse non rese più facile mantenere il controllo che si era preposta – l'aria fredda si infiltrava negli abiti primaverili, creando lunghi brividi lungo la schiena. Un portavoce iniziò a spiegare loro della missione, di ciò che stava accadendo in quel futuro così lontano... ma inutile dire che i suoi occhietti da campagnola non seppero stare fermi, e la sua mente seguire il lento parlare dell'uomo. Tutto quello, tutto quanto, era così inusuale... insolito – assurdo. Accanto al gruppetto di bodie si era affiancato anche qualche altro umano con addosso abiti inusuali, armi inusuali, altre abbastanza sorprendenti; la città era un concetto che coi suoi occhi non aveva mai visto davvero... ma che ora appariva in tutta la sua grandezza e meraviglia.
    La città.
    Il futuro.
    La morte.
    Troppe cose che iniziarono a farle pesare il corpo su quelle gambe sottili come ramoscelli pronti a spezzarsi ad una follata di vento troppo prepotente. Il gruppo iniziò ad incamminarsi e così fece lei, facendo attenzione a non inciampare o sbattere contro qualcuno «scusa» quando la sua spalla andò a scontrarsi con quella di un ragazzo più grande – ma nessuna risposta. Delle grida nel nulla attirarono la sua attenzione, e a distanza vide qualcosa – qualcuno forse, chiuso in alcune gabbie. Ma lo spettacolo non era poi così chiaro, dal momento che una folla copriva la visuale di ciò che effettivamente stava accadendo dentro quelle gabbie non più grandi di qualche metro quadro.
    Grida lancinanti la scossero, poté quasi avvertire quel dolore sulla propria pelle – e se la domanda era se se lo aspettasse, la risposta poteva essere una sola: no, naturalmente. Le ricordava così tanto le grida dei maiali che venivano sgozzati, quel suono che proveniva da quel maledetto casolare così vicino a casa sua e di suo padre – ma nessuno poteva (voleva) farci nulla, perché nessuno avrebbe smesso di propria volontà di mangiare quella carne nata da singhiozzi e guaiti. Brividi, e nemmeno sapeva se si trattava di freddo o paura... ma aveva ugualmente nausea, una terribile nausea che saliva veloce, passo dopo passo.
    Possibile che qualcosa del genere potesse essere fatto ad un essere umano?
    Fin quando lo spettacolo attorno a lei non cambiò la ragazza non osò più guardarsi attorno, compiendo il cammino ad occhi sgranati ma puntati verso il basso – col respiro estremamente controllato. Lo chiamavano Ricovero; era un posto strano, ma certamente più accogliente dell'esterno- certo era che puzzava esattamente come fuori... un odore acre che la ragazza non ricordava di aver mai sentito, ma che rendeva lucidi gli occhi e stringeva il cuore.
    «tu. Con me» una voce femminile – solo per il modulo, di “femminile” non aveva veramente granché – la fece saltare sul posto, facendole finalmente vedere cosa stava succedendo attorno a lei: i suoi compagni avevano iniziato a spogliarsi e a cambiarsi di abito, alcuni invece stavano controllando delle armi. Di fronte a lei una donnona tutta spalle e sguardo cattivo, ai suoi opposti insomma, le si parò con le braccia conserte «come--?» la ragazza parve quasi trovare stupida la sua uscita, roteando gli occhi con sarcasmo e noia «ti ho detto che tu vieni con me. E fai come dico io. Quindi, spogliati» EH?????, marion sentì di star arrossendo fino alle radici dei capelli «e cambiati, non puoi davvero scendere in guerra con quella pelandrana addosso... ma poi, di che secolo è?» «era di mia madre» ma che a rebecca non interessasse era evidente, giacché con una certa rudezza le aveva appena lanciato addosso degli abiti composti di una tuta.
    Così, capendo che non c'era modo di dialogare, marion posò a terra l'arma paterna e iniziò a cambiarsi – rebecca nel frattempo afferrò la custodia «è mio» e tentò di riprenderselo, venendo bloccata con ancora più rudezza dalla donna «e tu, piccola come sei, vorresti andare in guerra con questo? Ma lo sai tenere almeno in mano? bah, vai a vedere se c'è qualcosa di più consono per te di là, mocciosa» e gettando il machete sul tavolo, rebecca si affrettò ad allontanarsi da quel microbo prima che i nervi, tesi a fior di pelle, gliela facessero ammazzare. Non era il caso, si diceva, ma perché voler rendere una missione di per sé difficile qualcosa da suicidio permettendo che tappi simili vi facessero parte? Lì non era questione di numero... e lei non avrebbe parato il culo alla mocciosa, affatto.
    Marion dal canto si affrettò a recuperare la sua arma, a vestirsi, e poi per curiosità entrò nell'altra stanza: ciò che l'aspettava la lasciò a bocca aperta – ma letteralmente fu un pezzo di ghiaccio. La donna che l'aveva accolta non le piaceva, gli abiti prudevano e lei sapeva che non avrebbe saputo usare nessuna di quelle armi come il suo machete. Si prese un momento per osservare una serie di revolver, sfiorandone la canna, quando uno «credo di star avendo un attacco di panico» attirò la sua attenzione: non troppo distante da lei un ragazzino la stava fissando. Non poteva avere più anni di lei, e esattamente come lei sembrava sperso – gli sorrise di riflesso, più per rassicurare se stessa che lui, ma subito dopo chinò lo sguardo, non riuscendo a dire nulla che potesse rincuorarlo – marion non era per le buone parole, quanto più per i fatti, e col proprio machete in mano corse lì dove l'arrogante tipa di prima aveva detto che l'avrebbe attesa... sperando di non trovarla, sinceramente.

    Ma rebecca era lì, come il portale che li attendeva. Lei era stata assegnata con la donna alla missione per il messico, alla ricerca di alcune reliquie; affianco a rebecca marion attraversò il loro portale e si ritrovò immersa in un'afa che nemmeno nelle peggiori estati di bodie aveva vissuto. Con quegli abiti addosso, sentiva di poterci tranquillamente morire – «ma che schifo è qui» roteò gli occhi, sapendo che tentare di allontanarsi dalla sua compagna sarebbe stato improduttivo. Rebecca difatti sembrava quasi uno scudo alle sue spalle, in fondo le piaceva averla affianco – col timido pensiero che forse l'avrebbe aiutata.
    Inutile dire che marion nemmeno sapeva collocarlo con precisione il messico nel mondo; era esotico, caldo, magico, e i suoi occhi si persero a ingoiare quanti più particolari possibili «non guardare per aria» la spinta di rebecca la costrinse a riprendere il cammino, seguendo il gruppo in testa. No, non sarebbe stato un viaggio facile, ma guardandosi attorno riconobbe il ragazzino di prima, accompagnato da un gruppetto con un ragazzino biondo e altri due ragazzi più grandi – che probabilmente se la passavano meglio di lei. Molta gente di bodie era lì con loro, ma marion non aveva voglia di parlare... a differenza di rebecca, che ogni due per tre riusciva a borbottare qualche insulto razzista o sul tempo – o su quanto lei fosse imbranata.
    All'improvviso una radura si stagliò davanti a loro, completamente vuota, su cui il sole batteva tanto forte che a distanza marion poté giurare di vedere il pavimento tremolare... uno scherzo della luce, ma che ben rendeva l'effetto del calore. «oh, perché ci siamo fermati?» «tu dove vorresti andare, moccioso?» era destino – tutti a lei erano capitati i bambocci.
    Ma rebecca non fece in tempo a finire la frase che davanti ai loro occhi, dal nulla, comparve un'enorme struttura centenaria, millenaria?, bagnata dal sole. Un tempio, o meglio dire – il tempio.
    Non aveva mai visto nulla del genere, era sinceramente qualcosa per cui restare a bocca aperta; le porte monumentali lentamente si aprirono, producendo un rumore che sapeva di antico e maledetto, così forte da far tremare appena la terra – o forse non era stato quello. «perfetto, mi mancavano i cameriere dell'old wild west» «COSA SONO?» ma mentre marion pronunciava queste parole, questi uomini si avventarono in massa contro di loro, costringendoli a rompere le fila e correre ai ripari.
    Prima di poter anche scegliere cosa fare, marion si trovò affianco il ragazzino di prima – impegnato a «PERCHE' TI STAI SPARACHIODANDO IL BRACCIO????» non una parola che marion potesse davvero dire di conoscere ma shh e prima che la cosa potesse davvero degenerare, la ragazzina afferrò il braccio armato del giovane e lo tirò, facendo forza con tutta se stessa per tentare di fermarlo, mentre il biondo che lo accompagnava interveniva a sua volta. Cadde indietro nel tentativo di bloccare il ragazzino, e non si rese nemmeno conto della lancia che stava puntano al suo stomaco «ragazzina» furono i due ragazzi di prima a intervenire, cercando di fermare l'aggressore e l'arma prima che questa potesse creare una ferita grave.
    Ma la vicinanza con la donna che l'aveva appena aggredita le diede modo di sfilare il machete e tentare di colpirla con quanta più forza possibile avesse in quelle braccia sottili al braccio armato di lancia, il più vicino a lei, con un grido di rabbia e liberazione: con la lama provò ad abbattersi sul braccio della donna, e solo quando marion fu certa di avere qualche secondo di vantaggio su di lei si voltò verso i due che l'avevano soccorsa «...grazie» e avrebbe anche voluto aggiungere qualcosa, se solo uno di quegli strani soldati non avesse iniziato a formulare strane parole contro il biondo alto. Senza neanche pensarci fece la sola cosa che le veniva più naturale in quel momento: prese da terra alcuni sassi e con rabbia li scagliò verso l'uomo, sperando di colpirlo e fermarlo.
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    It might not appeal to fools like you
    I'm a sad girl, I'm a mad girl,
    I'm a bad girl
    AU 2018 | 1918
    witches hard to kill
    1912 | 1993
    marion moore



    COMBO DIFESA per DUSTIN (con BYRON): cerca di fermare il ragazzo tirandogli via il braccio armato
    COMBO DIFESA per BYRON (con DUSTIN): tira sassi addosso CRUZ
    ATTACCO su RAFA: cerca di tagliarle un braccio col machete
     
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    DIFESA PER SWING (swing + taeyong): 6 + 5 = 11 pd (-8 ps)
    Fortunatamente non ti colpisce in testa, ma sulla spalla - fa molto male, ma meno di quanto avrebbe potuto.
    ATTACCO SU ZAIRA (swing): 14 pa. DIFESA ZAIRA: 9 pd (-5 ps)
    La freccia si conficca nel braccio di Zaira, e lì rimane.

    DIFESA PER TAEYONG (swing + taeyong): 6 + 5 = 11 pd (+1 pa)
    ATTACCO SU DOMINGA (taeyong): 10 + 1 = 11 pa. DIFESA DOMINGA: 4 pd (-7 ps)
    I denti di Dominga si allungano a dismisura e le perforano il petto per un po', prima di tornare per magia alla loro dimensione naturale.

    DIFESA PER MARION (byron + dustin): 4 + 6 = 10 pd
    DIFESA PER BYRON (dustin + marion): 10 + 7 = 17 pd
    DIFESA PER DUSTIN (byron + marion): 5 + 14 = 19 pd

    ATTACCO SU CRUZ (byron): 5 pa. DIFESA CRUZ: 3 pd (-2 ps)
    L'exulcero lo colpisce di striscio sul fianco, lasciandogli piccole escoriazioni sulla pelle.
    ATTACCO SU HUGO (dustin): 3 pa. DIFESA HUGO: 7 pd
    ATTACCO SU RAFA (marion): 6 pa. DIFESA RAFA: 6 pd

    TAEYONG: Dominga, armata di cerbottana, ti lancia un dardo diretto al collo.
    SWING: Zaira è molto arrabbiata, e tenta di colpirti di nuovo in testa con la mazza ferrata.
    BYRON: Cruz cerca di legare la sua frusta alla tua caviglia sinistra per farti inciampare.
    DUSTIN: Hugo cerca di infilzarti con la scimitarra.
    MARION: Rafa usa il bastone come asta per il salto in alto e cerca di zomparti addosso.
     
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    "Visto?? Visto?? Avevo ragione io -come sempre-! Portali magici, avventure straordinarie... Io lo sapevo che questa non era una cosa da perdere! Taeyong però deve sempre e comunque fare il guastafeste, altrimenti non è contento. Non lo sopporto quando fa così! Mi verrebbe voglia di morderlo per farlo rinsavire (e per soddisfazione personale). O anche d'affatturarlo. Una cosa vale l'altra." pensò Jeon Ayeong, broncio in bella vista. Era ancora fortemente arrabbiata con il fratello perché quest'ultimo, purtroppo, si era mostrato sin da subito molto contrario alla loro partecipazione a questa missione straordinaria in un altro universo (?) alternativo ma Ayeong era stata irremovibile: lei sarebbe andata, con o senza il fratello rompi-balls (Taeyong). La giovane era ormai famosa per le sue decisioni alquanto discutibili, questo era un dato di fatto. Ella non si soffermava praticamente mai a pensare alle possibili conseguenze di una sua determinata azione e/o decisione (tutte prese d'istinto), bensì preferiva proprio spegnere il cervello e buttarsi a capofitto nella realizzazione di un suo desiderio. Era il tipo di persona che non riusciva ad avere pace finché non otteneva ciò che voleva, quindi se ne fregava altamente anche delle probabili ripercussioni ed andava avanti fino allo stremo delle forze. L'importante era che il suo desiderio si realizzasse ed in questo caso il fattore scatenante era stata la sua voglia di conoscere i bisnonni: Tae Hyunjin e Kook Jaeyong. Ayeong era consapevole che quelli non fossero i suoi veri bisnonni, anche perché appunto venivano da un altro universo (?) -onestamente non aveva ben capito- però voleva vederli. Li amava già. Era cresciuta sentendo i racconti delle loro avventure, delle difficoltà che avevano dovuto affrontare e del loro immenso amore. La giovane era molto romantica ed aveva sempre desiderato un amore come quello dei suoi bisnonni, quindi come poteva non volerli conoscere? In realtà non si aspettava di vederli subito... anzi, credeva che sarebbe dovuta andarli a cercare personalmente da qualche parte in quel nuovo universo, eppure il destino aveva deciso altrimenti e l'aveva tanto aiutata. Non aveva fatto neanche in tempo a trascinare il fratello in quella missione che se li era praticamente ritrovati davanti agli occhi. Li aveva, ovviamente, riconosciuti grazie all'enorme somiglianza con delle foto che i Jeon avevano in casa nel 2118. Le loro capigliature erano un po' diverse e forse anche lo sguardo era meno spensierato, eppure non c'era dubbio alcuno che fossero loro ed Ayeong era al settimo cielo. « Taeyong!! OHMIODIOSONODAVVEROLORO!! Hai ragione!! » disse la giovane, stritolando il braccio del fratello. Sembrava proprio una fangirl dinanzi ai suoi idoli ed effettivamente il paragone non era poi così errato. Ayeong ammirava tantissimo i suoi bisnonni e non avrebbe voluto altro che seguirne le orme, anche se era piuttosto difficile. Quello che non capiva, però, era perché sembrassero così tanto distanti tra loro. Il bisnonno Jaeyong sembrava un mezzo emo (?) -non se ne intendeva molto di look degli anni 2000- e guardava l'altro con aria di sfida, quasi volesse incenerirlo all'istante. La stessa cosa valeva per il bisnonno Hyunjin. Il suo look era molto più di classe rispetto a quello del bisnonno Jaeyong, però non mancavano certo le occhiatine poco simpatiche anche da parte sua. "Che sta succedendo??" pensò Ayeong in preda al panico. I suoi bisnonni si amavano, no? Avevano litigato? Era arrivata in un brutto momento? Onestamente non aveva idea di come fosse possibile che ci fosse tutta quella tensione nell'aria ma non ebbe neanche il tempo di chiederlo perché si ritrovò a dover stringere un Voto Infrangibile proprio con il bisnonno Jaeyong. "Come se fosse possibile volergli fare del male! È il mio bisnonno, santo cielo." pensò la giovane, lanciando sguardi d'adorazione in direzione del suo parente lontano -più o meno-. Era ancora alquanto confusa, però avrebbe approfittato più tardi di questa loro vicinanza per tempestarlo di domande. Nel frattempo l'avrebbe stretto a sé e coccolato come se fosse la cosa più preziosa del mondo (ed in effetti per lei un po' lo era, nonostante non lo conoscesse).

    Jaeyong non era esattamente molto entusiasta di quella particolare situazione. Guardava tutti in cagnesco, specialmente quella ragazzina con cui faceva coppia -che tra l'altro non riusciva a smettere di guardarlo-, e sbuffava come una vecchia ciminiera ogni qualvolta gli veniva rivolta anche solo una parola. La ciliegina sulla torta? Tae Hyunjin era nella sua stessa squadra. QUELL'ODIOSO DI TAE HYUNJIN. Il destino si stava prendendo gioco di lui e questo a Jaeyong non piaceva proprio per nulla. La sua voglia di distruggere Seth era altissima ma l'avere quella ragazzina attaccata al braccio -letteralmente- ed il vedere in continuazione il brutto muso di Tae sicuramente non aiutavano molto ad incrementare la sua motivazione. Al momento avrebbe solo voluto uscire fuori la bacchetta e lanciare un Expelliarmus contro uno dei suoi più acerrimi nemici (Tae) ma erano entrambi nella stessa squadra e non poteva toccarlo (purtroppo). Le mani gli prudevano dalla voglia di metterlo al tappeto ma doveva contenere la sua rabbia. A fine missione avrebbe avuto tutto il tempo per dare sfogo alle sue voglie e di distruggere anche lui (Tae), oltre che Seth. Purtroppo però alla fine scoprì che la sua squadra si sarebbe occupata d'altro. BENE. Un altro punto a sfavore di quella missione. Perché cavolo aveva deciso di partecipare? Non era venuto lì per 'trovare delle reliquie'. Eppure quello era il suo compito. Di male in peggio. Poco prima, un coreano, Park Sehyung, cominciò a far loro delle domande: «Voi due! Sì, proprio voi due. Hyunjin e Jaeyong, non è vero? Ci…conosciamo? » disse quest'ultimo. Per carità, sembrava anche una persona simpatica ma Jaeyong era incavolato nero e non aveva proprio voglia di chiacchierare. « Si, sono io. E no, non ci conosciamo. » disse lui velocemente, alzando un sopracciglio. L'aveva sicuramente visto in giro, questo era ovvio, ma non aveva mai parlato con Park Sehyung. Sempre che fosse il Park Sehyung del suo universo, ecco. Era difficile capirlo. C'era parecchia confusione da questo punto di vista perché c'erano persone provenienti dal 1918 e dal 2118 di un altro universo e poi c'era il loro di universo fermo al 2018. "Roba da diventar matti!" pensò Jaeyong, sgranando entrambi gli occhi mentre tentava di isolarsi nel suo mondo. Gli andò male perché Sehyung non aveva finito con le domande. «Fate parte di questo universo o siete i due ragazzi con i quale ho parlato allo specchio poco fa? Per tutto il kim chi della Corea, che situazione strana… » disse Sehyung, catturando l'attenzione del giovane mago. Aveva parlato con delle persone che somigliavano a loro? O che erano loro ma in un altro universo? « Sono di questo universo. E puoi dirlo forte. Non riesco ad immaginare un altro me. » disse Jaeyong ed in effetti la cosa gli metteva i brividi. Non riusciva ad immaginare un'altra persona con la sua stessa faccia e non la voleva nemmeno vedere. Gli piaceva molto la sua unicità e questa storia degli universi andava a minare tutto quello in cui aveva sempre creduto, così come la sua unicità.

    « Bis-no... AH! Volevo dire, Jaeyong. Che arma prendo? » chiese la ragazzina che, purtroppo, era anche più grande di lui. Odiava essere il più piccolo. E comunque per lui sarebbe sempre stata una ragazzina, anche se era lui il ragazzino. « Quella che vuoi. » disse lui, duro, schietto e deciso. Non aveva tempo da perdere. La vide comunque afferrare un ventaglio molto particolare ed il giovane approvò silenziosamente la sua scelta mentre lui si destreggiava con una katana, accennando alcuni movimenti di polso. Alla fine entrambi decisero di tenere quelle armi e si affrettarono insieme al gruppo verso il luogo dove avrebbero dovuto cercare quelle benedette reliquie. La ragazzina, nel frattempo, divideva la sua attenzione tra lui ed il fratello (?). Per quanto lo riguardava sarebbe anche potuta rimanere con lui per tutta la durata della missione ma le coppie erano state formate e quindi se la sarebbe dovuta sopportare. Non capiva proprio il motivo di quello sguardo adorante ma le ragazze erano strane. Fatto sta che si aprì un portale e man mano tutti lo attraversarono.

    « Perchè ti ho seguito eh? Non imparo proprio mai!» disse Taeyong. Da quelle parole, Ayeong poté intuire quanto il fratello fosse sempre meno contento di tutta quella situazione. Continuava a non capire esattamente perché fosse così scorbutico, però erano affari suoi. Lei si stava divertendo un mondo! Il bisnonno Jaeyong non era come l'aveva immaginato ma era comunque molto interessante da osservare. La missione era divertente e non sembrava proprio pericolosa. Però era la sua ingenuità a farglielo dire. In realtà il pericolo c'era eccome ma lei non lo percepiva. «Stammi vicina per favore» disse Taeyong quando entrarono all'interno del portale. La prima cosa che la colpì fu il caldo. Quella non era di certo Londra, anzi. E poi... e poi il caos. Ebbe a malapena il tempo di ammirare il tempio che un'orda di creature non identificate cominciò ad attaccarli. Ad uno ad uno. "Ops." pensò Ayeong, capendo che forse quella missione era molto più pericolosa di quello che pensava. Una di quelle... cose... le si parò davanti. Ayeong la osservò, paralizzata sul posto. Anche quella creatura la guardò. Aveva un aspetto umano e sembrava essere una donna. Con una lentezza disumana, quell'essere prese da terra un sasso. Ayeong sgranò gli occhi mentre la donna (?) lo posizionava nell'elastico della sua fionda e, subito dopo, l'essere mirò alla sua fronte. La giovane avrebbe tanto voluto far qualcosa ma era talmente tanto scioccata da non riuscire a fare alcunché. Fu il bisnonno a tentare di salvarla. « Attenta! » urlò lui e provò a parare quel colpo con il piatto della sua katana. Grazie a quella voce, Ayeong si riprese e senza perdere tempo cercò di attaccare la sua avversaria utilizzando il ventaglio che, ovviamente, nascondeva al suo interno un piccolo segreto: delle lame molto affilate. Ayeong, però, non ebbe neanche il tempo di capire se il suo attacco fosse andato a buon fine perché notò con la coda dell'occhio che il fratello stava per essere colpito da un'altra creatura. Senza pensarci troppo, Ayeong si lanciò contro il fratello e provò a spostarlo, usando tutto il suo peso per sbilanciarlo e non permettere al dardo di colpirlo al collo.
    Jeon A-yeong (전아영)
    When I am just me
    I shine the brightest
    so don't get scared when darkness comes.
    Are you joking? What am I to you?
    Am I easy to you? Are you playing with me?
    You’re in danger right now, why are you testing me?
    22 Y.O. (Aye) | 17 Y.O. (Jae)
    2118 (Aye) | 2018 AU (Jae)
    Nephew & Great-grandfather
    Upside Down: Kook Jae-Yong


    COMBO DIFESA AYEONG (Ringo + Belté): Ringo tenta di parare il sasso con il piatto della lama (katana)
    COMBO DIFESA TAEYONG (Ayeong + Belté): Ayeong cerca di spostare il fratello
    ATTACCO SU SERAFINA: Ayeong usa il ventaglio (ricco di lame) contro l'avversaria
     
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    Hyunjin non era un ragazzo tranquillo, era sempre in moto con la voglia di fare e il fatto che fosse un eletto rendeva tutto più semplice, non era come gli altri però che si approfittava della sua superiorità per maltrattare i maghi, credeva nella parità anche se non aveva mai avuto il coraggio di far parte della resistenza, non sapeva neanche della sua esistenza. Al contrario di Beltè, questa versione di Tae aveva vissuto un'infanzia abbastanza tranquilla e felice, non aveva avuto il genitori anche perché erano maghi e avevano preferito crescerlo insieme agli altri eletti, ma non era andata così male, solo che col passare degli anni aveva capito una cosa, non era giusto quella distinzione, se fosse successo il contrario non avrebbe voluto essere trattato in quel modo ( e invece ti succederà). Peccato che di concreto non fece un bel niente, fingeva di trattare bene le persone ma spesso era solo pedante e un gran rompipalle che otteneva attenzione solo perché avevano paura del suo status sociale.
    Quindi che ci faceva lui in Messico? Beh è facile, aveva sentito che c'era una qualche possibilità di ribaltare la situazione o qualcosa del genere, aveva usato la scusa che voleva solo tenersi occupato e invece di farsi un giro al bowling o andare in viaggio alla Hawaii, aveva deciso di affrontare una missione. La verità era che si stava annoiando di quella vita, sentiva di volere di più, che tutto quello non era abbastanza e quello poteva essere il modo migliore per provare finalmente.
    Si guardò intorno e vide Kook Jaeyong, ma perché doveva finire proprio con lui con tutte le persone che c'erano a Londra eh? Che fosse razzismo e che avessero creato i gruppi in base alle origini? Perché sembrava l'invasione dei coreani. Doveva distanziarsi da loro, ma senza volerlo era finito accanto al suo peggior nemico Ringo. Si guardarono male i due; si odiavano e Beltè poteva sentirlo, non solo perché era un empatico e anche bravo. Aveva avuto anni per sviluppare il proprio potere e sapeva quando usarlo, ma con Ringo era tutto inutile, non si sopportavano a pelle. Non sarebbero mai diventati amici. Mai, forse era perché il ragazzo era un mago al contrario di Tae, anche se questo in teoria non lo aveva mai fermato dal fare amicizia, quindi era altro. I due si odiavano punto. «Non starmi vicino. E non essere un peso come al solito » disse ma il ragazzo sembrò ignorarlo. Ecco un altro motivo per il quale l'odiava. Poi udì di nuovo il coreano, era da molto che non lo sentiva «Voi due! Sì, proprio voi due. Hyunjin e Jaeyong, non è vero? Ci…conosciamo? » . Si voltò e vide che era Park «sono io e no non ci conosciamo o almeno non così tanto » disse anche lui come il suo non amico. Fece per andarsene ma continuò domandando se erano loro quelli dello specchio. Neanche rispose, non aveva voglia di parlare con loro, c'era un'altra persona che aveva attirato la sua attenzione. « e tu chi sei?» gli piaceva fare amicizia, non con Ringo, e quel ragazzo improvvisamente gli sorrise «Jeon Taeyong » non gli diceva niente eppure c'era qualcosa di strano. « e sei un mio hyung?» chiese dubbioso, sembravano della stessa età, ma non era la prima volta che era informale con qualcuno più grande di lui, non lo faceva apposta ma era un tipo socievole e spesso non dava importanza all'età, per lui non era mancanza di rispetto anzi, ma era più forte di lui; col tempo quindi aveva imparato a chiedere quando se lo ricordava. Il rosso annuì ma sembrava in imbarazzo. Chissà perchè, avrebbe voluto continuare a conoscerlo ma non ebbe tempo di parlare che vide qualcosa pronto a colpirlo, «Attento Hyung» fu istintivo e velocemente puntò la bacchetta verso il dardo «Evanesco » sperava di colpire quell'oggetto e farlo svanire prima di vedere colpito il ragazzo. Sentiva il bisogno di aiutarlo,anche se era più grande di lui. Poi si voltò e se ne andò o così avrebbe fatto se non ci fosse stato più bisogno di lui, invece vide la sorella in difficoltà e decise di aiutarla, senza rendersi conto che pure Kook stava facendo la stessa cosa, anche se in modo diverso, puntò la bacchetta verso di loro « Protego » sperava di vedere uno scudo a protezione della ragazza così che il sasso non la prendesse.
    Nel frattempo Taeyong guardò suo bisnonno, provò molti sentimenti tra cui la felicità perché non poteva negare che era bello conoscere finalmente i pionieri della loro famiglia; ma gli faceva così strano anche perché i due bisnonni non sembravano amarsi come gli avevano raccontato i genitori. Qualcosa non quadrava. Lo avrebbe scoperto strada facendo dato che erano insieme e questo lo rassicurava, anche se gli era presa male sapere che lui era più grande del bisnonno, l'aveva persino chiamato hyung, che strana sensazione. Avrebbe voluto abbracciarlo, ma non poteva, non era il caso per non parlare del fatto che doveva prima picchiare quella stronza di Dominga. «Lo sapevo che era un'idea sbagliata. » disse mentre impugnava il suo bastone « io contro una donna. » non era un tipo violento, ma doveva pur sopravvivere no? Così avrebbe provato a colpire la tipa sulla schiena col bastone così da frastornarla almeno.




    Jeon Taeyong
    Have I lost myself or have I gained you. I suddenly run to the lake, There’s my face in it
    Please don’t say anything
    Reach my hand out to cover the mouth. But in the end, spring will come someday. The ice will melt and flow away
    24 y.o // 19 y.o
    2118// 2018
    MESSICO
    Tae Hyunjin au!




    Difesa combo Ayeong con Beltè e Ringo : protego
    Difesa combo Taeyong con Beltè e Ayeong: evanesco
    Attacco su Dominga: bastone sulla schiena


    Edited by _You'remineBunny_ - 8/5/2018, 03:07
     
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    DIFESA TECNO (beltè + ayo): 8 + 4 = 12 pd (+1 pa)
    ATTACCO SU DOMINGA (tecno): 7 + 1 = 8 pa. DIFESA DOMINGA: 1 pd (-7 ps)
    Il bastone colpisce Dominga in mezzo alla schiena, stroncandole il respiro per qualche secondo prima che possa rimettersi in posizione d'attacco.

    DIFESA AYO (beltè + ringo): 15 + 6 = 21 pd (+8 pa)
    ATTACCO SU SERAFINA (ayo): 12 + 8 = 20 pa. DIFESA SERAFINA: 4 pd (-16 ps)
    La yakuza colpisce ancora, e non risparmia nessuno! Il ventaglio crea un enorme squarcio sul ventre della donna, iniziando a farla sanguinare copiosamente.

    AYO: Serafina, palesemente incazzata, cerca di convincerti a farti ingoiare il ventaglio aperto.
    TECNO: con la telecinesi, Dominga cerca di lanciarti Beltè addosso.
     
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    Schioccò la lingua sul palato, i piccoli pugni sui fianchi. «questo non -» «- l’avevi previsto» concluse per lei la biondina, ruotando il capo nella sua direzione con un sorriso. Erano fianco a fianco sul limitare della piazzuola, alte ambedue poco più dei cespugli attraverso i quali, sulle spalle di Frankie, avevano attraversato la foresta. GKee ricambiò con una smorfia imbarazzata stringendosi nelle spalle, il labbro inferiore morso fra i denti. Da quando erano spuntati al centro della giungla, la Lowell aveva ripetuto quella battuta almeno (almeno.) una dozzina di volte. «chiedo venia» che altro poteva fare? Era una veggente, non una divinità – non ancora, perlomeno: ci stava lavorando. Roteò nervosamente un paio di shuriken sull’indice, i piedi ben piantati al suolo. Sapeva che avrebbero dovuto cercare il Tempio, ma non aveva creduto sarebbe stato così…semplice? C’era qualcosa che non le piaceva nella struttura imponente costruita dagli aztechi tanti anni (beh? Era una capra in storia) prima; anziché essere entusiasta di quella scoperta, si sentiva…piccola, più del solito. Dondolò nervosamente sui talloni lanciando un’occhiata a Nathaniel, tornando poi a squadrare l’entrata della struttura. Gkee Lowell non si sarebbe mai permessa, in nessuna circostanza, di mostrarsi insicura; il suo successo sul web, dov’era nato quel nomignolo divenuto poi nome di battesimo, era dovuto alla rubrica sulla Fiducia in sé Stessi: che figura avrebbe fatto con i propri follower se lei, paladina di quell’insegnamento, avesse vacillato? Non poteva permettersi una tale eresia. Trovava sempre il lato positivo in qualunque cosa, la Lowell; era quel genere di amica che, quando le si presentava dinnanzi un outfit orribile, arricciava il naso in un politicamente corretto Meh, non enfatizza i tuoi occhi. Però che meraviglia quella scarpe! che, nella sua lingua, significava: cambiati, sei agghiacciante: hai del buon potenziale, non sprecarlo – ma le scarpe tienile. «credi che ci siano i giaguari, in Messico?» domandò al fratello, arcuando entrambe le sopracciglia. Un po’ rimpianse di non esseri portata dietro la sua fidata Nikon, era certa che alcuni stralci di quel paesaggio avrebbero fatto andare Bran in brodo di giuggiole. Se lui parlò, Gkee non udì la risposta – perché, ovviamente, in quel momento le porte del Tempio decisero d’aprirsi vomitando sulla piazza delle…persone. Abiti non particolarmente affascinanti, espressioni che meh, con un po’ di eyeliner avrebbero acquisito un certo fascino orientale, ma «uau, carine le armi!» primo passo nella sua (pubblicata come seconda edizione) guida sul Come Far Colpo sugli Altri: trovare sempre qualcosa di carino, e sincero, da dire sul proprio interlocutore. Il sincero era solo per essere polite: meglio mentire che essere rudi, ecco. In quel caso specifico però, ad osservare il sole riflettersi sulle lame nere (ossidiana, avrebbe detto) dei…Maya? La Lowell era stata onesta: bisognava dare a Cesare quel ch’era di Cesare. Loro non parvero apprezzare la gentilezza della chiaroveggente, perché nel tempo d’iniziare un intro di Pitbull, avevano già iniziato ad attaccare.
    Molto poco rispettoso. «fammi indovinare: non avevi previsto neanche questo, uh» Arcuò un sopracciglio verso la Diesel, di qualche centimetro più alta di lei, e gonfiò il petto in un orgoglioso respiro. «o forse sì» e invece no, ma meglio fingere di avere assi nascosti nella manica, il sorriso sghembo e misterioso sulle labbra carnose, piuttosto che ammettere di essere la Chiaroveggente più miope del circondario. Roteò ancora un paio di volte la sottile lama rotonda sull’indice, un’occhiata a Nate ed un rapido segno della croce, prima di entrare in azione con un sospiro degno di una diva anni ’20 (chissà se i loro visitatori del passato avrebbero apprezzato!). Adocchiando una donna impugnare la falce contro uno dei loro misteriosi viaggiatori, Gkee avrebbe afferrato lo shuriken e l’avrebbe scagliato, fendendo l’aria, sulla mano della Tipella, così da farle perdere la presa sull’arma. Avrebbe poi rivolto un sorriso a Madelaine sperando che non fosse stata sventrata, un cenno di saluto con la mano. «comunque mi dispiace se vi abbiamo spaventato. Grazie di essere venuti. Bell’arma!» …sempre che fosse un’arma. Non avrebbe scelto un bastone per picchiare i nemici, ma ehi, chi era lei per giudicare? Ed ecco che un altro dei loro stava dirigendo la propria ira bollente, letteralmente, su 1918!Gwen. Sperando con tutto il suo cuore che non mordesse come la sua corrispettiva, Gkee avrebbe preso la rincorsa e le sarebbe saltata addosso aggrappandosi a lei come un koala al suo ramo preferito di eucalipto, cercando con il suo (esiguo.) peso di trascinarla al suolo. «mi piace un sacco il tuo taglio – MELVIN?» «vero, ti dona.» «no vin, mi chiedevo se potessi -» rimanendo appallottolata su Gwen per farle da scudo con il suo (piccolo, ma intenso #wat) corpo, avrebbe indicato alla bionda l’azteco Kattivo con il fuoco. «ah sì, giusto» e Melvin Diesel, imbracciando la propria mitraglietta a due mani, avrebbe aperto il fuoco sul Tipo: il bello di una mitra era che potevi sparare a caso, e sperare di colpire comunque qualcuno.
    Nel caso di Melvin Diesel, possibilmente non i suoi compagni di squadra – poi le andava bene tutto, Kronk compreso.

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    COMBO DIFESA (per mads, con mads): shuriken sulla mano
    COMBO DIFESA (per gwen, con noah): atterra gwen
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    Si era convinta negli ultimi anni, e negli ultimi cinque mesi nello specifico, di aver visto tutto. Si era convinta che più niente avrebbe potuto sorprenderla, e che da quel momento in poi la sua vita sarebbe stata un susseguirsi di cose già scritte e quasi scontate. Suo fratello poteva spostare gli oggetti con l'ausilio di un bastoncino? Ok, finiva lì giusto? No. Il governo la arruolava per un super esercito, e le venivano fatti esperimenti che le permettevano di controllare niente meno che l'ombra, di spostarsi da un luogo all'altro con la forza del pensiero? Fantastico, era il limite. No. Arrivavano nella noiosissima e inculatissima città americana in cui era finita per caso delle persone dal futuro? Shokkante, ma non poteva andare peggio di così. No. I suddetti venivano reclutati da niente popo di meno che i loro corrispettivi proveniente da un universo alternativo, corrispettivi che - giustamente - avevano chiesto l'aiuto per sabotare un leader dittatore e assetato di sangue a loro e - PENSA - gente del d u e m i l a c e n t o d i c i o t t o? Doveva per forza di cose essere il confine massimo dell'assurdità che il mondo poteva riservare, non c'era niente, niente di niente, che potesse superare anche-
    «No, eh» quello
    quello non
    non era...
    no. Davvero.
    «chjert pobjeri» fischiò tra i denti, senza riuscire a trattenere il russo. E accettiamo che nel futuro la gente comunichi inviandosi lettere che si teletrasportano direttamente in mano al destinatario, e accettiamo anche che un migliaio di foto possano restare dentro il ricevi-lettere (così come infinite altre cose), che si possa ascoltare la musica mettendosi piccole cose nelle orecchie, che si possa trapiantare un cuore, che uomini di ogni razza religione e colore possano sedere allo stesso tavolo senza scatenare sorpresa, che praticamente tutti possiedano una carrozza automobile che va avanti senza bisogno di cavalli... va benissimo. Ma hristos, i guerrieri aborigeni che sono sopravvissuti magicamente in un tempio apparso dal nulla no, eh. Istintivamente cercò con lo sguardo Barbie e Floyd, nonchè le altre persone provenienti dal ventesimo secolo come lei, quasi a chiedere supporto. Non voleva fare una figuraccia o mostrarsi debole (era un soldato, Signore santissimo, un agente speciale), ma che quel luogo la stesse sorprendendo ogni secondo di più non doveva essere una sorpresa. Quasi voleva aprire le braccia e chiedere "davvero?? E NEsSUNO DICE NULLA???' LENIN NON L'AVREBBE MAi PERMESSO!"
    Ovviamente era partita, perchè sapeva che era la cosa giusta da fare e perchè sapeva cosa volesse dire essere sottomessi ad un capo che non cerca il bene del proprio popolo, e non se ne pentiva... ma avrebbe preferito comunque non sentirsi così spaesata. Ma avrebbe comunque preferito che il mondo smettesse di fotterle il cervello in quel modo. «Stupido 2018» borbottò, conquistandosi una risata del suo accompagnatore mentre prendeva dalla schiena il bastone di metallo che aveva recuperato nell'armeria dei ribelli di quell'universo (arma un sacco figa, doveva ammetterlo: ci aveva giocherellato provandola nel tragitto dal portale al magico luogo, quando non era troppo impegnata a osservare a bocca aperta le piante e gli animali esotici che le stavano attorno). «Se ti può consolare» lo vide con la coda dell'occhio imbracciare il fucile e far scattare l'otturatore «Non sono normali neanche per noi» Meh, la consolava parzialmente, in effetti, così come la consolava potersi rimboccare le maniche e tirare fuori gli artigli per combattere, cosa che sapeva fare a quanto pare decisamente meglio che non adeguarsi alle novità. Non che fosse particolarmente ottimista riguardo allo scontro... ma neanche troppo pessimista ??? il fatto è che dove l'ottimista vede il bicchiere mezzo pieno, il pessimista mezzo vuoto, mads rivendicava il diritto del popolo di poter avere l'acqua del suddetto bicchiere COMUNISMO PER TUTTI!!!! (????)
    Infilò la mano all'interno della camicia e tirò fuori il ciondolo della collana dando dopo un rapido bacio alla croce, e finalmente si buttò nella mischia.
    Fece roteare il bastone fra le dita dopo averlo allungato, per saggiarne il peso, e prima che la guerriera riuscisse a lacerarla con la sua falce lo avrebbe messo in mezzo, bloccando il colpo (e sperando che il ferro - acciaio? materiale grigio e spendente??? - fosse davvero duro e resistente come le avevano detto), facendo leva poi per sollevare il bastone in modo che il fondo arrivasse sotto il mento della donna facendole parecchio male.
    «comunque mi dispiace se vi abbiamo spaventato. Grazie di essere venuti. Bell’arma!»
    Quando si voltò verso la ragazzina con i capelli rosa (!!!!!!!!!), Mads sorrise sperando di non sembrare troppo a disagio. A quanto aveva capito dall'uomo che le era stato affibbiato come guida (e il dubbio non sorgeva certo dalle difficoltà linguistiche di Mads, ma dall'emozione di Nath nel parlare a raffica di questo e quello esponendole il suo mondo e i suoi amici), la ragazzina (che... vedeva il futuro??? AVEVA VISTO ANCHE QUELLA ROBA?) era sua sorella minore. Ovviamente, il pensiero di Mads quando glielo aveva detto era andavo subito a Lev, e anche adesso si dovette obbligare a non mostrarsi troppo triste, andando a stringere con le dita la croce al collo. Non pensò che Gkee avrebbe notato il gesto; a quanto pareva il terzo fratello Lowell era uno di quelli che fanno le foto alla Bibbia e poi le mandano alla gente dicendo che Gesù sta arrivando (e chi era lei per giudicare, quando era quella che gridava "l'ugualianza sta arrivando!" #wat), quindi doveva esserci abituata «Figurati, compagna. E' per un bene più grande» E diceva sul serio. Era quasi dispiaciuta di non potersi rendere più utile di così per quella gente e di essere arrivata solo quel giorno, quando aveva perso gli ultimi cinque mesi in quel buco di Bodie.
    Quando vide un tizio della foresta volare in alto, e calare come un aquila su un ragazzo dei buoni, Mads alzò rapidamente il braccio, stringendo leggermente gli occhi mentre provava ad invertire la gravità per l'uomo, che invece che fiondarsi sopra il giovane, avrebbe avuto una lentissima caduta rallenty.
    1918: ritka peskov mads wesley
    I will keep quiet You won't
    even know I'm here You won't suspect a thing You won't see me in the mirror You can't make me disappear
    No, I ain't too flawless and no, I ain't the best And no, I don't say sorry and no, I ain't perfect
    But I am the man. Shots fired
    1918 vs 2018 au
    mechanic | librarian
    1991's | 1894's
    au: nathaniel "nath" lowell


    gkee + mads difendono mads → mette il palo in mezzo per difendersi
    mads attacca BIENVENIDA dandole il palo in faccia

    mads + sharyn difendono ezra → diminuisce la gravità sul tipo volante


    Edited by calm like a bomb - 8/5/2018, 23:29
     
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