Exist loudly or don't

Maple & Behan

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    “TU TÙ TUTUTTÙ TUTUTTÙ TUTU TU” Maple si muoveva come un serpente, creando curve tanto grandi quanto innaturali con il proprio corpo, cambiando angolazione ad ogni nuovo ‘TU’ che approcciava nella canzone. Bottiglia di shampoo stretta nella mano destra a fare da microfono, saponetta nella sinistra tanto per ed occhi serrati, sia per evitare vi finisse del sapone, sia da potersi immaginare uno stadio pieno di fans urlanti proprio lì, davanti a lei. Poco importava se era nuda dalla testa ai piedi: quello lì era il suo momento di gloria. “COME ON NOW FOLLOW MY LEAD, COME COME ON NOW FOLLOW MY LEAD” Urlava per sovrastare il rumore del getto d’acqua, volteggiando all’interno di quel mezzo metro quadrato di spazio che costituiva la doccia, facendo attenzione a non inciampare nella tenda troppo lunga e salvarsi le bellissime natiche. Aveva imparato la lezione il mese prima, non sentiva il dovere di ripetere la spiacevole esperienza. Per Maple Walsh, il momento della doccia era sacrosanto. Poteva sfogare tutta la sua isteria, la sua follia, lì dentro, lontana dagli occhi – ma non le orecchie – inquisitori ed indiscreti di chi la circondava. Ogni due settimane circa cambiava la canzone di sottofondo, il singolo con cui si esibiva davanti quei trentamila fantocci innamorati perdutamente di lei, tanto per rendere le cose un po’ più interessanti. Quel giorno si sentiva particolarmente piena di energie, nonostante l’allenamento mattutino al campo di Quidditch l’avesse letteralmente devastata. Perché voi babbani pensati che il quidditch sia solo lo stare seduti su un bastone e svolazzare alla ricerca di palle magiche, ma no! Si SUDA, giocando a Quidditch! Consapevole di esser stonata come una campana, Maple Walsh non si preoccupava neppure delle lamentele delle compagne di dormitorio, quelle povere vittime; sovrastava innocentemente le loro strilla quando le avvertiva in lontananza, così da potersi giustificare in un secondo momento dicendo di non aver sentito niente. ‘Sto cercando di studiare’ ‘Voglio dormire’ ‘Ho mal di testa’ ‘Ma quanto ci metti’ ‘Stai sprecando tutta l’acqua calda’ ‘Muoviti devo fare pipì’ Ce ne era sempre qualcuna, ma nessuna era mai stata abbastanza potente da farle chiudere il rubinetto o la bocca. Neanche si sentiva in colpa, ad essere sincera. Insaponò la lunga criniera color biondo cenere, massaggiando animosamente la nuca finchè non si formò quella profumata schiuma bianca, il tutto continuando a seguire il ritmo di Shape Of You e le vibes che quella canzone le trasmetteva ogni volta. Mimò il suono dell’acustico della chitarra, facendo finta di strimpellare accordi inesistenti ma che suonavano dannatamente bene; invitò il suo crowd a seguirla con entrambe le mani, con tanto di sguardo malizioso e wink al bel vitello in prima fila. “WE TALK FOR HOURS AND HOURS ABOUT THE SWEET AND THE SOUR” e spallucce a seguire il ritmo: era una vera one woman show, non c’erano dubbi. Non a caso quando era più piccolo il suo sogno era di fare la cantante. Avrebbe continuato all’infinito, sul serio, aveva perfino messo la ripetizione singola per quella canzone, se non fosse che il getto d’acqua passò dalla temperatura rovente-lava (come piaceva a lei) a freddo-glaciale nel giro di un nanonannanosecondo, cogliendola alla sprovvista. Saltò fuori da quel quadrato piastrellato come una gazzella, gridando un AAAAAAAAAA di terrore seguito da un “TI ODIO” profondamente sentito nei confronti dello scaldabagno. Zuppa dalla punta dei piedi a quella dei capelli, si rese conto solo in un secondo momento di essersi dimenticata di mettere il tappetino per terra, quelle che si mette per evitare di allagare casa per intenderci. Mosse le dita dei piedi, notando l’acqua intorno a lei formare delle piccole ondine. Sì, aveva appena creato il Lago Walsh. E sì, le sue compagne di dormitorio l’avrebbero uccisa per questo. Chiuse il getto d’acqua, afferrò un paio di asciugamani e vi avvolse con uno i lunghi capelli e con l’altro l’esile corpo. Poi aprì tutti i cassetti dell’armadietto alla ricerca di altri asciugamani, ricoprendo ogni centimetro del pavimento così da asciugare il disastro che aveva combinato, o quantomeno provarci. Era anche più bello così, a suo parere: aveva messo la moquette in bagno senza l’aiuto di nessuno, per giunta gratis! Passò ripetutamente il palmo sullo specchio appannato facendo piccoli movimenti concentrici, abbastanza per vedervi il proprio riflesso, e poter quindi fare controllo caccole e monociglio. Passò le dita nella parte inferiore degli occhi, levando i rimasugli del mascara della sera precedente (o forse quella ancora prima?), poi prese un po’ di crema idratante e cominciò a massaggiare l’intero volto. Non c’era cosa più bella della crema idratante. Poi Connor le aveva regalato quella al profumo di miele E NON POTEVA FARNE A MENO CIAO. Maple aveva un vero e proprio fetish, per le creme idratanti. Profumata di doccia e miele, infilò le sue Birkenstock marroni a doppia cinghia (i sandali alla Gesù, per intenderci) e si decise ad aprire la porta del bagno per finalmente uscirvi. Non era un gran tragitto quello che doveva affrontare, bagno-letto distavano un massimo di cinque metri, ma quando vi arrivò vi si accasciò pesantemente, come si fa dopo aver corso una 10km in salita nel deserto del Sahara, esausta e stanca della vita in generale. Sdraiata, guardò il soffitto del proprio letto a baldacchino per qualche minuto, permettendo all’adrenalina dello show appena concluso di andar via gradualmente ed alla vera Maple di tornare in sé. Certe volte se lo chiedeva, quale diamine fosse il suo problema. Poi si ricordava di avere una scatolina piena d’Erballegra sotto il proprio materasso e tutto sembrava tornare ad avere un senso. Con un per niente elegante addominale sollevò il proprio corpo, dimostrando un grande equilibrio a sé stessa dato che l’enorme turbante che aveva in testa non sembrò affatto sbilanciarla; si liberò di esso, utilizzando per asciugare grossolanamente le ciocche dei capelli. La modalità pulcino spennacchiato era stata attivata. Pensò se fosse il caso di tornare in bagno ed usare il phon, ma si ricordò A) della neo-moquette e della possibilità di rimanere fulminata nel tentativo di accendere l’aggeggio B) il sudore che accendere quel coso le avrebbe provocato, ma soprattutto C) la fatica ed il tempo che asciugarsi i capelli richiedeva. Tenetevelo voi l’alito di un drago sulla testa per più di dieci minuti. Poi si ricordò che era una strega, e che il phon neanche ce lo aveva. Lanciò l’asciugamano bagnato dai capelli sul letto della ragazza che le dormiva di fianco, avvicinandosi alla scrivania per prendere la bacchetta ed asciugarsi la chioma. Non ci voleva poi così tanto, lo aveva visto fare tante volte alla madre ed, inevitabilmente, lo aveva imparato anch’ella. L’unica cosa che le serviva era la sua bacchetta; bacchetta che guarda caso non sulla scrivania non era. Comodino, sopra il materasso, sotto il materasso, sotto il cuscino, nella federa del cuscino, sotto il baule, nelle scarpe, sotto l’asciugamano. Non c’era. In bagno, nella doccia, nell’armadietto, nel bicchiere con lo spazzolino. Neanche lì. Annoiata si guardava attentamente intorno, ma perché se la perdeva sempre? Forse avrebbe dovuto legarci un nastro, metterci il gps, insomma qualcosa, erano più le volte che non la trovava che quelle che se la portava dietro. Ancora avvolta in quel mega asciugamano color rosso vivido, afferrò la maniglia della pesante porta del dormitorio, dubbiosa se l’avesse potuta aver dimenticata nuovamente nel divano della sala comune. Varcò la soglia, noncurante di essere solo munita di asciugamano, né di avere un orrendo paio di ciabatte ai piedi. Quel luogo era casa sua, e se uno non può girare nudo in casa propria di che razza di casa si tratta? I suoi concasata erano fortunati se non capitava poi così frequentemente, ma lei di tutto quel pudore, tutte quelle fisime mentali sull’’oddio e se mi vedono in mutande???’ non sapeva cosa farsene. E poi, erano le quattro del pomeriggio. La gente o era a lezione, o in biblioteca, o in sala grande. Okay che i Tassorosso erano tutti un po’ sfigati, ma era raro che vi fosse qualcuno in Sala ad un orario del genere. Scese i pochi scalini che portavano al salottino comune, andando spedita in direzione del divano color marrone scuro. Aggiustò l’asciugamano così che non le giocasse brutti scherzi e cominciò a tastare fra i diversi cuscini. “Eccoti qui!” esclamò poi al sottile bastoncino come si fa con un vecchio amico e compagno di glorie, attorcigliandovi le dita intorno soddisfatta di sé stessa. Ancora una volta, Maple Walsh aveva ritrovato la propria bacchetta.

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    «non sono…troppe Lo sguardo stupito fisso sulle mani dell’asiatica che continuava con un energia che sembrava inesauribile a girare l’impasto all’interno della ciotola che stringeva al petto. Durante tutto il tempo in cui era stato a osservare Kiki all’opera, Beh non aveva potuto far a meno di chiedersi come la ragazzina facesse a mescolare un impasto dopo l’altro senza sembrare minimamente stanca: per il Tryhard era inconcepibile l’idea di passare così tanto tempo in cucina, o così tanto tempo a fare attività stancanti in generale. Lui a fatica trovava la forza di alzarsi dal letto la mattina. «macchè, non sono mica così tante!» Chissà in Giappone cosa intendevano per tante: a Beh sicuramente sei torte, sfornate nell’arco di un pomeriggio, sicuramente non sembravano poche. E nemmeno abbastanza. Erano tante, eppure non riusciva a trovare il coraggio di dirlo di nuovo alla Aoki: sembrava così di buon’umore, tra zucchero, farina ed attrezzi da cucina, e di certo il Tryhard non voleva fare il guastafeste facendole presente che, per lui ed i suoi amici, aveva fatto decisamente più del necessario. Era capitato quasi per caso, poco più di una settimana prima, che la ragazza avesse fatto assaggiare una sua torta ai losers: evidentemente doveva essersi sentita appagata dalle espressioni del loro volto, perché da allora si era praticamente guadagnata il titolo di pasticcera preferita ed ufficiale del loro gruppo.
    Ma per quanto i ragazzi di certo non erano i tipi da mangiare un pezzo in meno di quanto il loro stomaco esigeva per star attenti alla linea o per paura della prova costume, cinque torte erano tante. Sei diventavano pure troppe. E lì nelle cucine, anche se il profumo di cannella e cioccolato nell’aria era paradisiaco, il Tryhard iniziava a sentire troppo caldo. Sicuramente non ce l’avrebbe fatta ad aspettare una nuova infornata, o almeno, non senza svenire prima. «kiki grazie mille, prendo queste e vado» «e l’ultima?? Devo ancora finire l’impasto!» Se non trovava un modo carino per andarsene, sarebbe rimasto incastrato lì per un’altra ora: non che gli dispiacesse passare del tempo con la ragazza, sia chiaro, solo che quando cucinava era talmente concentrata da non accorgersi di ciò che aveva intorno. «poi passa Nicky a prenderla! » In fondo, Beh aveva fatto amicizia con la Aoki solamente perché il suo cuore da shipper aveva captato la mezza cotta della migliore amica per l’asiatica, ed aveva voluto conoscerla per capire che tipo fosse: dopo aver constatato che fosse una tipa a posto – li riempiva di dolci, cosa poteva pretendere di più? - cercava di incastrarle insieme ogni volta gli era possibile.

    Lungo il tragitto tra le cucine ed il dormitorio dei Tassi, dove aveva appuntamento con Nicky per poi raggiungere gli altri, il ragazzo aveva fatto una deviazione per portare due delle torte ad i suoi amici fantasmi, Jess e Nate: anche se poco aveva capito dal primo incontro dell’esercito di Amalie, il ragazzo sentiva comunque già una sorta di senso d’appartenenza con tutti gli altri membri, e nel suo kuore da bimbo speciale i due fantasmi – che in realtà non erano fantasmi – occupavano un posto speciale. Nemmeno si chiedeva il perché li vedesse sempre a mangiare, anche se teoricamente erano morti: aveva tanti (quali) pregi, Behan Tryhard, ma di certo esser perspicace non era tra questi.
    Arrivato in sala comune, gli sembrò strano non vedere già lì l’amica ad aspettarlo, ma preferì non pensarci: stava arrivando, sicuramente. Così si sedette su uno dei divanetti, poggiando sul tavolo davanti a sé le restanti tre torte e facendo ricorso a tutto il suo autocontrollo per non prendersene un pezzo: era così difficile rimanere lì a fissarle senza poterle mangiare, e il suo stomaco esigeva più degli avanzi di impasto curdo rimasti nelle ciotole che poco prima kiki gli aveva lasciato mangiare. Iniziò a capire che qualcosa non andava quando, dopo dieci minuti, della Winston non se ne vedeva neppure l'ombra: quello che vide invece fu il biglietto con il suo nome appeso allo schienale di uno dei divanetti nella stanza, quello che solitamente occupavano sempre lui e la migliore amica. Che cos'era, una caccia al tesoro? Una sorpresa per lui?? Nella sua testa gli si erano parati davanti un minimo di venti scenari diversi, ed in ognuno di essi il contenuto del bigliettino era diverso, ma bello e speciale a modo suo. Capite quindi bene la delusione del ragazzo quando si ritrovò costretto a fare i conti con la realtà: sul foglietto Nicky in due parole spiegava che era successa una cosa e che sarebbero arrivati dopo, ed intanto lui poteva mangiare mentre li aspettava. Lo stavano solando?? Così, di punto in bianco?? Dopo esser stato ore in cucina a prendere le torte anche e soprattutto per loro?? Beh, che ingrati traditori.
    Forse Meh si sentiva così ad ogni lezione di danza a cui li invitava e loro, puntualmente, non si presentavano: avevano persino smesso di inventarsi le scuse più assurde, anche perché dopo mesi avevano esaurito quelle credibili.
    Quindi che fare? Erano le quattro del pomeriggio di una giornata di sole e lui se ne stava in sala comune con tre buonissime torte davanti a sé ma senza i suoi amici con cui condividerle. Deprimente. Stava già provando a valutare le varie opzioni, pensando se tornare da Jess e Nate con le altre tre torte e mangiare con loro oppure andare alla ricerca di Nicky, Meh ed Hades quando il mondo smise di girare per un attimo. O forse fu il suo cuore a dimenticarsi di battere qualche colpo: quando Maple Walsh fece il suo ingresso avvolta solo da un grande asciugamano rosso, Beh rimase imbambolato come un bambino davanti alla prima neve della sua vita. Nel corso della sua (breve) vita, il ragazzo aveva avuto una marea infinita di cotte, ma alcune erano state decisamente più intense di altre: la Walsh era sempre stata al di fuori della sua portata come ogni altro essere vivente sulla faccia della terra ma non per questo aveva mai smesso di lanciarle occhiate adoranti a colazione, anche dopo che la fase “Maple” – in cui era stato totalmente in fissa per lei – era terminata. Valutò il da farsi: avrebbe potuto rimanere in silenzio e continuare a far finta di non esistere, e lasciarsi sfuggire l’occasione per parlare con la ragazza, oppure avrebbe potuto per una buona volta tirar fuori un po’ di coraggio e fare qualcosa. Era risaputo quanto a Maple piacesse mangiare, e lui aveva con sé tre torte che sicuramente non poteva mangiarsi da solo: quando mai l’universo gli avrebbe donato un’altra occasione simile? Valeva la pena rischiare. E così avrebbe avuto anche qualcosa di figo da raccontare ai suoi amici [«dato che voi ingrati traditori mi avete abbandonato, sapete con chi ho parlato? Maple Walsh! »]
    Prese un respiro profondo: ce la poteva fare.
    «m-maple?» oddio, ma da quando coordinare pensieri e parole era così complicato? E aveva forse balbettato?? Già era partito male. Malissimo «scusa, mh..effettivamente sei in accappatoio» Uau Beh, perspicace come al solito! «ma, mh..mi chiedevo..VUOI UN PEZZO DI TORTA?» Allargò le braccia davanti a sé per indicare alla ragazza i dolci sul tavolino, cercando di sfoggiare quello che teoricamente doveva passar per un sorriso smagliante ma molto probabilmente appariva come una paralisi facciale.
    Behan vrs relazioni sociali?
    0 - 1 , come al solito.

    Behan "Beh" Tryhard
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    hogwarts, 20.04.2018 | H:16.00
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    «
    it ok
    d ont give up
    friedn
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    a beautiful
    sun beam
    »



    L’ultima volta che le era capitato di perdere la bacchetta era stata costretta a non usare la magia per ben tre giorni di fila, che, per una come Maple, equivaleva a dire vivere in un costante stato d’ansia e caos. Campionessa di appallottolamento e lancio nell’armadio/sotto al letto/sulla scrivania qualunque cosa le capitasse, senza la possibilità di Acciare si era sentita letteralmente persa. Era un salvavita, quel bastoncino. « Dovrebbe diventare più indipendente, signorina Maple » le ripeteva sempre Bernardine, senza mai liberarsi dalla sua postura erta o dal suo tono altezzoso, stanco di doverla aiutare a cercare in ogni angolo della villa quando perdeva la bacchetta.

    « m-maple? » La ragazza si voltò lentamente in direzione di quella voce, incrociando le braccia nude all’altezza del petto, così da esser sicura di non rimanere nuda nel bel mezzo della sala comune. Per un momento aveva davvero pensato di esser sola lì dentro, che fossero tutti più impegnati di lei – in qualche modo -, ma evidentemente non era l’unica asociale . Incrociò lo sguardo del Tryhard e poté giurare di avvertire le proprie guance colorarsi di un rosso più intenso dell’asciugamano che aveva indosso. Poi squittì lievemente, pregando in cuor suo che il ragazzo non avesse sentito quel suono imbarazzante. Grandioso. Fra tutte (TUTTE!!) le persone presenti in quel castello, doveva essere lui quello che alle quattro del pomeriggio la beccava a girare mezza nuda per i dormitori. I primi anni, non aveva idea di chi egli fosse; concasata sì, ma ne ignorava il nome. Avevano avuto qualche momento di eye contact random in Sala Grande, ma il perenne verme solitario che viveva nel suo stomaco le aveva impedito di dedicargli le attenzioni dovute, perché troppo concentrata sul cibo che le si presentava davanti. Poi aveva cominciato ad incontrarlo più spesso nei corridoi, per le scale, in sala comune, notando che averlo anche solo nei dintorni non solo la mandava in agitazione, ma la rendeva anche di buon umore. Aveva quindi cominciato a coltivare questa strana abitudine ove, per far sì che la giornata prendesse il piede giusto, doveva scorgerlo anche solo per un istante, di sfuggita. Il problema era che era nato tutto nella sua testa, un sorta di sentimento platonico per intenderci. «scusa, mh..effettivamente sei in accappatoio» Abbassò lo sguardo verso il pavimento, notando i suoi piedi scalzi e la mise non proprio appropriata. Era uno di quei momenti in cui avrebbe voluto maledire sé stessa per essere semplicemente sé stessa, per essere così imbarazzante ed impacciata da infilarsi da sola in situazioni che si sarebbero inevitabilmente trasformate in colossali figure di merda. Arricciò le labbra, rimanendo lì in piedi con le braccia conserte, pensando a qualcosa di non troppo stupido da dire. «ma, mh..mi chiedevo..VUOI UN PEZZO DI TORTA » Era stata talmente concentrata sul flusso arruffato dei suoi pensieri, che non si era accorta della quantità di ben di Dio che stava facendo compagnia al Tryhard. E avrebbe volentieri gridato uno « SPOSAMI!!!1! » in direzione di quel ragazzo, perché non solo l’aveva tolta da una situazione di estremo disagio, ma le aveva anche offerto di condividere del (delizioso) cibo.
    « CERTO » non riuscì a contenere l’entusiasmo. « mh – si schiarì la voce – ceeerto » questa volta assumendo un tono di voce assai più basso e profondo, nel tentativo di non far fuoriuscire il dodicenne iperattivo che si stava scatenando all’interno del suo corpo. Mettete insieme Behan Tryhard e una serie di torte e avete conquistato il cuore di Maple. « Mi levo l’asciugaman-cioè » ma perché doveva essere così strana « Mi cambio e torno. » Così cominciò ad avviarsi verso il proprio dormitorio avvolta da quell’immenso rettangolo di stoffa, mantenendo una camminata rilassata finchè non dovette svoltare l’angolo e poté finalmente sclerare in completa solitudine. Due, tre, quattro scalini alla volta, spalancò la porta e si fiondò in camera. Diede un rapido colpo di bacchetta per asciugare la lunga chioma e poi la lanciò chissà dove dall’altro lato della stanza – sul serio Maple, non hai imparato niente? -; si liberò dell’asciugamano con un gesto fulmineo, probabilmente strappando qualche capello nella foga del momento, infilò la biancheria e cominciò a saltellare qua e là per entrare nei jeans attillati il più velocemente possibile. A quel punto prese un respiro profondo, liberando la bocca dalle ciocche castane che vi si erano appiccicate. Stava sudando. Non poteva permettersi di sudare. Se ne sarebbe avvertito l’odore. Provò ben sette magliette diverse nel giro di appena sessanta secondi, alla fine optando per la prima che aveva indossato. Non sapeva se tutta quell’eccitazione era dovuta alle torte, o al Tryhard, ma era certa doveva almeno tentare di affievolirla. Volò, letteralmente, giù per le scale, arrestandosi completamente appena prima di svoltare l’angolo e rientrare quindi nel campo visivo del ragazzo. Inspira. Espira. Ce la puoi fare.

    Rientrò nella zona comune con un sorriso super awkward stampato in volto, non troppo sicura di come doversi comportare in una situazione del genere. Aveva bisogno di una camomilla, altro che di zuccheri. Pensò a Connor, a quanto riuscisse a mascherare il suo nervosismo in ogni dannato momento, non capendo come potesse anche solo essere imparentata con uno con la sua tempra. Si avvicinò al divano dove era seduto Behan quando un dubbio esistenziale le si parò davanti, aumentando la sensazione di panico: sedersi di fianco a lui, o sulla poltroncina all’altro angolo del tavolo? Era come se la vocina nella sua testa avesse permesso ad un’altra ventina di impiccione di dire la propria opinione, proponendo alla giovane Walsh troppe opzioni da analizzare in un così breve arco di tempo.
    Rimase lì in piedi, anche perché – ripensandoci – le era stato offerto un pezzo di torta, non di sedersi con lui e mangiare una torta e mezza a testa. L’ossigeno non doveva essere arrivato bene al cervello, o l’adrenalina doveva aver offuscato la sua capacità di ragionare. Starà aspettando i suoi amici, non ha sul serio preso tre torte tutte per sé e si è seduto qui per spalmarci la faccia sopra da solo. O almeno sperava, Maple. « Non ti chiederò perché sei qui con tre torte » dichiarò, evidentemente non contenta di lasciare quel pensiero privato « Ma solo se mi dici che posso avere una fetta di quella al cioccolato » occhi a cuoricino, tono gentile, labbruccio da cucciolo di Labrador.
     
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    Behan Tryhard se ne stava solo, a gambe incrociate, rannicchiato su uno dei divani della sala comune dei Tassorosso, e nella sua mente continuava a presentarsi un’unica domanda: perché? Per prima cosa, il perché Nicky e Meh l’avessero abbandonato lì, dopo che era stato ore - in realtà si era trattato di non più di una ventina di minuti, ma Behan tendeva sempre ad esagerare: era un ragazzo drammatico, il Tryhard - in cucina insieme a Kiki per aspettare che la ragazzina sfornasse l’ultima delle torte che gentilmente si era offerta di preparar loro quel pomeriggio, come del resto aveva iniziato a fare nelle ultime settimane, era un mistero a cui avrebbe voluto dar risposta molto presto: odiava esser abbandonato su due piedi all’ultimo secondo, e mentre se ne stava lì a contemplare il vuoto, si chiese se ciò che sentiva era lo stesso sentimento che provava suo fratello ad ogni lezione di danza a cui Beh e Nicky davano buca.
    Ma soprattutto, in quel momento, Beh era lì a chiedersi il perché Maple fosse andata via, o meglio, il perché lui ci avesse anche solo provato. In fondo, era più che normale che la Walsh fosse corsa verso il dormitorio nel momento stesso in cui il ragazzo l’aveva spaventata iniziando a parlarle dal nulla ed offrendole un pezzo di torta: non avevano mai avuto una vera conversazione, loro due, e sicuramente doveva averle fatto l’impressione sbagliata stando lì in sala comune da solo, in pieno pomeriggio, con ben cinque torte appena sfornate davanti a sé. Non era normale, come situazione, ed il Tryhard ne era più che consapevole: ma che dire? Del resto poteva contare sulle dita di una mano le volte in cui qualcosa era andata per il verso giusto, o in cui la fortuna sembrava girare a suo favore. E di certo quel pomeriggio non poteva esser aggiunger alla lista: sarebbe stato possibile unicamente se la Walsh l’avesse beccato in attività più cool come ad esempio fare gli addominali – che non aveva mai fatto in vita sua – o più intellettuali come leggere un libro di gialli scandinavi o di poesie giapponesi – lui, che leggeva solo fumetti o romanzi rosa (Addicted!!! RAISY is alive!!), ma questa è un’altra storia.
    Di certo, non biasimava Maple: era stata fin troppo carina a non scappar via immediatamente alla proposta del ragazzo, ma aveva persino detto “certo”, per ben due (2!!!) volte! Una tale dose di gentilezza era abbastanza per riempire di gioia il ragazzo per settimane intere: era sicuro del fatto che avrebbe ripercorso quei profondi cinque (5!!) minuti di conversazione nella sua testa all’infinito, magari raccontandoli anche ai suoi amici aggiungendo qualche dettaglio in più – anche se, in un secondo, loro avrebbero capito che stava mentendo: probabilmente a malapena avrebbero creduto che quell’incontro fosse avvenuto sul serio.
    Ma c’era una parte di lui, quella sognatrice, quella che era stata alimentata da troppi film romantici e strappalacrime, quella che aveva previsto l’endgame di Stiles e Lydia fin dal primo episodio, quando come obbiettivo sembrava impossibile, che in quel «Mi cambio e torno» ci credeva. Ci sperava, anche se sapeva quanto fosse improbabile.
    Per questo, quando Maple Walsh gli si parò di nuovo davanti, un pochino se l’era aspettato. Ma solo un pochino: non abbastanza per creder quella situazione reale, non così tanto da fidarsi dei propri occhi senza prima darsi un pizzicotto alla gamba. Due, per esser sicuri: ma dopo essersi reso conto di non star sognando, non riuscì a trattenere le sue labbra dal distendersi in un enorme sorriso, e fece appello a tutta la sua forza interiore per non farsi scappare una risata, mix perfetto di gioia e nervosismo: non voleva rischiare di farla scappar via sul serio, non dopo che, andando contro ogni legge della fisica e della vita di Behan Tryhard (#wat), Maple era effettivamente tornata in sala comune da lui. Incredibile.
    « Non ti chiederò perché sei qui con tre torte » Chissà se agli occhi della ragazza appariva più strano di quanto effettivamente fosse « Ma solo se mi dici che posso avere una fetta di quella al cioccolato » e qui, se fosse stato possibile, il suo sorriso si sarebbe ampliato ancor di più. «Certo! Un attimo che…» prese il coltello poggiato lì tra i piatti, ringraziando Kiki per averlo infilato in uno dei contenitori mentre usciva dalla cucina, anche perché sapeva che, senza di esso, in una qualunque altra occasione il ragazzo non si sarebbe fatto problemi a prenderne un pezzo direttamente con le mani, così come Meh e Nicky. Ma quella in cui si trovava ora era tutta un’altra storia: richiedeva un minimo di decenza. Così, il ragazzo tagliò una media - sapete che sudata? Troppo piccola no, altrimenti sembrava egoista e decisamente non lo era, ma troppo grande nemmeno, se poi pensava che Beh la ritenesse…grassa?? Le persone potevano offendersi così facilmente, e il ragazzo non voleva rischiare - porzione per Maple, per poi offrirgliela rendendosi conto di non aver nemmeno un tovagliolino su cui metterla «…ecco» Se ne stava lì, con entrambe le braccia e la torta allungate verso di lei, ancora in piedi vicina al divano «emhh…ma vuoi sederti?» Che idiota. Non era certo casa sua, e sicuramente lei non aveva bisogno del suo permesso per farlo: se stava in piedi era chiaramente perché non voleva star seduta lì «cioè, puoi » ancora peggio «intendo, solo se vuoi» Meglio? Forse. Mhhh «mi…farebbe piacere, tanto non sto aspettando nessuno » Ma perché era così difficile parlare?? Ecco perché di solito non iniziava conversazioni con persone nuove, e probabilmente era anche il motivo per cui suo fratello aveva così tante fidanzate mentre lui le faceva scappare ancor prima di aver la possibilità di dare loro il suo numero.
    «Cioè, aspettavo qualcuno, ma mi hanno dato buca » traditori. Anche se forse, per il semplice fatto di aver scambiato qualche frase con la Walsh, meritavano persino un ringraziamento «per questo ho così tante torte, non le avrei mai mangiate tutte da solo! » o magari sì, in preda alla tristezza, ma questo poteva decisamente evitare di rivelarlo.
    «Ho un’amica che ama cucinare, passa interi pomeriggi a preparare dolci ed ha iniziato ad usare me ed alcuni miei amici» chissà se Maple sapeva che Beh, con alcuni amici, intendeva Meh e Nicky. Gli unici due che il ragazzo avesse mai avuto (oltre ad Hades, che oramai usciva raramente con loro #sadstory) «…te la potrei presentare» forse? Se tu vuoi? Eh Maple, così abbiamo una scusa per vederci un’altra volta? EH? «sicuramente sarebbe felice di preparare dolci ad un’altra persona che apprezza la sua cucina»
    Le stava praticamente offrendo un abbonamento annuale a biscotti, muffin, torte e waffle: se non era vero romanticismo quello, Behan Tryhard non aveva idea di che cosa potesse esserlo.

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    waffle queen
    maple walsh
    Il Tryhard non aveva neanche finito di parlare, che Maple si era già comodamente appropriata di un’estremità del divanetto, incrociando le gambe e sistemandosi un cuscino dietro la schiena. Non capitava spesso di trovare cibo in sala comune – n’evvero -, e non sarebbe stata proprio lei a rifiutarne se offerto. Era da prima dell’ora di pranzo che Maple Walsh aveva cominciato a procrastinare, indecisa se cominciare a scrivere quella maledetta pergamena per Storia della Magia, o leggere qualche libro di Pozioni per capire cosa diamine scrivere nel progetto di gruppo. Sicuramente, aveva altro da fare: aveva sempre qualcosa da fare, ma puntualmente si dimenticava di farla. Sapete quando si ha l’imbarazzo della scelta delle cose da studiare e si finisce per non farne neanche una? Ecco, questa era Maple Walsh ad Hogwarts. Afferrò la fetta dalle mani dalle mani di Behan – MA CHE SI ERANO TOCCATI?!?!11!? – avvertendo la quantità di zuccheri (ed il peso) di quella porzione di felicità anche solo annusandola. “Per questo ho così tante torte, non le avrei mai mangiate tutte da solo!” Parlava veramente veloce, quel Behan; qualche volta Maple si chiedeva se prendesse fiato fra una frase e l’altra, o se rimanesse in apnea per tutto il tempo finchè non avesse, sul serio, finito di donare al vento tutto ciò che gli passasse per la testa. “Io le avrei mangiate” Avrebbe quasi risposto la Walsh, ma trovò le forze necessarie per mordersi la lingua e non passare per la cicciona di turno. Insomma, si stava comunque per ingozzare come un maiale, non c’era alcun bisogno di sottolineare il fatto che fosse un animale. Per un istante pensò al suo stomaco, al suo cuore, alle calorie che andava inutilmente ad introdurre nel proprio corpo. Pensò a Connor e al suo “Non avrai quel fisichetto per tutta la vita”, ma anche “Continua così e avrai il fisico di una sessantenne ad appena trent’anni”. Le parole del concasata la riportarono con i piedi per terra, QUALCUNO CHE AMA CUCINARE? Ma perché non c’era ancora un qualche club per golosi lì nel castello?? Seriamente, avevano un club di giardinaggio (che a d o r a v a) e nessun posto per riunire i foodies del castello? “SI!” troppo entusiasmo Maple, troppo entusiasmo “si?” tono di voce completamente diverso, ancora una volta. Pensò che Behan la prendesse per pazza, o con qualche disturbo della personalità. Si erano parlati per quanto, dieci minuti? E lo aveva già introdotto alla sua capacità di cambiare l’intensità della propria voce in meno di un nanosecondo. Good job Maple “Mi piace cucinare” cercò di articolare un pensiero “cioè – mi piace di più mangiare” si corresse “soprattutto dolci” continuò, perdendo il filo del pensiero che stava cercando di esporre “anche se oddio quest’estate ho provato kfc per la prima volta nella mia vita e mi sono innamorata” niente, l’aveva completamente perso “secondo me il fondatore è un mago, per forza” per iniziarne uno diverso “cioè, come fai ad essere babbano e fare un pollo fritto così buono??”
    Finì di fantasticare per qualche istante, con la fetta di torta ancora intatta fra le sue mani. Aveva qualche problema, e ne era più che consapevole. “In ogni caso, molto volentieri, potremmo fare una mega baking class!” ecco, questo era il pensiero che aveva cercato di esporre precedentemente. Abbassò lo sguardo verso quel paradiso di cioccolato, chiedendosi come avesse fatto a non averla già divorata, dovevano pur iniziare, quelle torte non si sarebbero mangiate da sole! “Propongo un cin cin!” Sollevò la fetta in direzione del volto di Behan, sperando capisse l’analogia e la imitasse, per poi far scontrare i due spicchi. Altro che champagne, loro sì che erano persone serie. Maple addentò la sue porzione rigorosamente dal fondo, mantenendo la punta per ultima proprio come Bernardine le diceva sempre di fare (“Il più buono alla fine!!!”) e facendo attenzione a non sbriciolare tutto sul divano. Masticava lentamente, lasciando che ogni singola papilla gustativa potesse assaporare quel ben di dio e goderne. Certo, le torte preparate dagli elfi del castello erano più che appetitose, ma quella era a dir poco speciale. Ma perché a lei non venivano mai così bene? Maple Walsh era sempre in cucina, in un modo o nell’altro; adorava mischiare ingredienti fra loro, ma detestava seguire le ricette, per non parlare del pulire afterwords. Ciò che la fregava era il dover attendere. Aspetta che lieviti, aspetta che si cuoci, aspetta che il forno si riscaldi. Non lo poteva sopportare. Per questo l’unica cosa che le venivano bene erano i waffles e i brownies: uno lo facevi sul momento, l’altro cucinava in dieci minuti (aka il tempo di salire le scale fare pipì e tornare). Una volta mandato giù il primo boccone, Maple aprì la bocca per complimentarsi, o esprimere un parere, qualcosa insomma, ma la richiuse consapevole che la sua faccia avesse parlato per sé. Aveva un ‘mado che buona’ scritto in faccia.
    Il goal per quella giornata era di limitare le figuracce, di comportarsi come una persona normale (per quanto fosse possibile) e di non dare l’impressione di essere sul serio strana. Inutile dire che quel piano venne immediatamente accantonato quando qualcuno (chi, boh, un terzo individuo) entrò in sala comune, passando proprio davanti la loro imbandita e lanciando occhiate incuriosite. Come una madre che vuole proteggere i suoi piccoli, Maple lanciò uno sguardo fulmineo in direzione di Behan, pregando le leggesse nel pensiero e capisse “Non ti azzardare ad offrirgli un pezzo di torta”

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    behan Beh tryhard // i came, i saw, i made it awkward
    Stava chiaramente sognando. Non c'era altra spiegazione logica per la quale quella scena si sarebbe potuta realizzare: lui nella sala comune dei tassorosso con cinque torte appena sfornate davanti a sé e maple walsh seduta al suo fianco. La stessa Maple per cui il ragazzo aveva una cotta fin dal primo momento in cui, dopo che il cappello parlante aveva gridato "Tassorosso!" il giorno del suo smistamento (ancor prima di poggiarsi sul proprio capo, un vero e proprio record scolastico probabilmente), l'allora undicenne tryhard era andato a sedersi al tavolo dei Tassi. Certo, nel corso degli anni ne aveva avute tante altre, e persino quella prima sera non si era invaghito soltanto di lei (aveva un cuore fragile, il Tryhard, che ci volete fare) ma era comunque rimasta una costante durante tutti i suoi anni lì a scuola. Era sempre un colpo al cuore anche solo trovarsi nella stessa stanza, figuriamoci parlarci! Sicuramente era un sogno, perché era piuttosto certo che nella realtà si sarebbe limitato a sbavare e biascicare parole confuse, piuttosto che formulare frasi di senso compiuto. Ma, già che ci si trovava, tanto valeva continuare a sognare: non capitava tutti i giorni - o meglio, le notti #wat - di farne di così lucidi. «SI!» Sembrava davvero...entusiasta?? Per una proposta fatta da lui??? Incredibile. E qui naturalmente si convinse ancor di più che tutto fosse frutto della sua immaginazione, perché mai, e dico mai, una sua proposta veniva accettata con così tanto entusiasmo e rapidità da qualcuno, e con qualcuno intendo che anche i suoi amici ci riflettevano due - ad esser sinceri, minimo quattro - volte prima di assecondare una sua idea. «si?» /Ah, ecco/ con quel tono basso e titubante aveva decisamente più familiarità. «...se vuoi?» Grazie a dio fu proprio Maple a interrompere quella situazione, che altrimenti se fosse stata solo in Beh sarebbe potuta andare avanti per secoli in un continuo succedersi di domande senza una risposta precisa. Del resto, il ragazzo ne era un esperto.

    "Beh, vuoi la pasta stasera?
    "..non lo so??"

    "Beh, fuori piove?"
    "..non credo??"

    "Beh, ma hai preso uno Scadente a storia della magia ieri?"
    "..a quanto pare??"


    «mi piace cucinare» Uuh. Avrebbe voluto aggiungere un "anche a me!" ma subito nei suoi pensieri si fece largo il ricordo di quando, per provare a fare la ricetta di una torta in padella che aveva trovato su una rivista di cucina, aveva finito per bruciarla insieme al gruppo di piante di spezie di sua madre. E aveva ancora più chiara davanti a sé l'espressione che quest'ultima gli aveva rivolto: grazie a dio la signora Tryhard in quel momento non aveva la bacchetta a portata di mano, altrimenti le cose per Behan si sarebbero messe molto peggio. «cioè – mi piace di più mangiare, soprattutto dolci» Pff, e poi c'erano persone al mondo che si azzardavano a dire che le anime gemelle non esistevano. Poveri illusi. E questa volta non riuscì a trattenersi «anche a me!! E la pizza, io vivrei di pizza» E vogliamo parlare della cioccolata calda??? Una tazza bevuta mentre vedeva una commedia romantica era la sua definizione di paradiso. «cioè, come fai ad essere babbano e fare un pollo fritto così buono??» Il ragazzo annuì, cercando di non sembrare un totale esaltato: quando si parlava di cibo, per lui era difficile mantenere un contegno. Insieme a Pokemon, telefilm, fanfiction e romanzi rosa, faceva parte degli argomenti su avrebbe potuto discutere per ore. (+Hiltons. Parlava sempre degli Hilton) «sai cos'altro credo sia prodotto con l'aiuto della magia?» Era una teoria che aveva elaborato anni prima, durante un viaggio estivo con la sua famiglia «il prosciutto spagnolo» Troppo buono, per essere normale. Non era mai stato un grande amante della carne (la mangiava, gli piaceva, ma stop finiva lì #wat) ma la prima volta che l'aveva assaggiato, Behan era arrivato persino a sognarselo la notte. Doveva esserci della magia, per forza. «In ogni caso, molto volentieri, potremmo fare una mega baking class!» Quel "potremmo" lo mise un attimo in crisi: grazie a dio Maple Walsh non era consapevole del fatto che lasciare il ragazzo alle prese con un qualunque elettrodomestico da cucina non era una buona idea. Per questo si limitò ad annuire sorridente, per poi afferrare una fetta dal tavolo e unirsi al "brindisi" della ragazza. E si appuntò mentalmente il fatto che mangiasse iniziando dal bordo della torta, for reference. Era il tipo di #inforandom sempre utile, tipo per dedicarle una bacheca su pinterest hihihi. E proprio mentre era sul punto di chiederle il perché di quel modo inusuale, dopo una fitta lotta tra se e se (una parte del suo cervello gli urlava di non farlo e farsi i fatti propri per non esser invadente, mentre l'altra aveva classificato quella domanda come "ottima" per continuare la conversazione. Ed alla fine era stata proprio quest'ultima ad avere la meglio), la porta della stanza si aprì e un ragazzo - probabilmente di secondo o terzo anno - entrò lanciando occhiate incuriosite a lui e maple, ma più precisamente, alle torte: si vedeva nei suoi occhi, il fatto che aspettasse solo che gliene offrissero un pezzo. E Behan, in una qualunque altra occasione, l'avrebbe fatto senza pensarci due volte, ma lo sguardo che gli rivolse Maple bastò a fargli cambiare categoricamente idea. E quindi...«è un compito per pozioni » cosa? cosa «le torte sono...avvelenate» era credibile? no. Anche perché sia lui che la mora avevano ancora le labbra sporche di cioccolata, e le mani piene di briciole «..e noi le dobbiamo assaggiare per testare un antidoto creato appositamente» un po' meglio? meh non suo fratello «sai com'è la professoressa Queen, sempre pronta a dare ai suoi studenti compiti pericolosi!» Behan era un pessimo bugiardo, e dubitava che il ragazzino avesse davvero creduto alle sue parole - bastava guardarlo in faccia, per capire che mentiva, anche perché puntualmente saliva di qualche tono arrivando a farlo assomigliare alla tovaglia del tavolo dei grifondoro - ma furono sufficienti per farlo allontanare e salire nei dormitori. A quel punto riportò la sua attenzione su Maple «sono stato pessimo come sono sicuro di esser stato?» Un po' si sentiva persino in colpa «puoi dirmi tranquillamente la verità, eh, non mi offendo» anzi, si sarebbe più stupito del contrario #wat
    E poi, sinceramente avrebbe accettato con il sorriso qualunque frase detta dalla ragazza: Maple Walsh gli avrebbe potuto tranquillamente dire che la terra era piatta, e nel giro di due minuti Behan sarebbe entrato nella setta segreta (#cos) dei terrapiattisti.
    Eh, cosa non si è disposti a fare per una ragazza
    huffleclumsy - v year - losers sqwad
    behan
    tryhard
    I want to be one of those hot bad boys
    but I'm tiny soft and sensitive
    do you see my problem?
    i catch pokemon, not feelings
     
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5 replies since 20/4/2018, 12:47   409 views
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