«nO.» Jeremy Milkobitch, comodamente arenato sul divano di casa Stilinski, piegò appena la testa sul bracciolo del sofà, gli occhi trasparenti a cercare la sagoma dello psicomago. Decisamente, non un’operazione facile quanto potrebbe sembrare – non quando si è fatti e l’altro si muove isterico e forsennato da una parte all’altra della stanza senza alcuna tregua, squittendo acuti come un porcellino d’india che non vuole farsi prendere in braccio. Tornò a guardare il soffitto senza proferir parola, lanciando la pallina anti-stress verso l’alto. «davvero, jeremy: no» «okay.» ribatté atono, traendo un respiro d’erballegra tritata e tabacco dalla canna stretta tra le labbra. Non si scompose minimamente, nonostante l’isteria galoppante e travolgente di Stiles a permeare l’aria: più l’altro si agitava, più l’ex allenatore di Quidditch si rilassava su quello che i pazienti dell’altro usavano come un lettino da terapia abusivo – e sul quale più volte egli stesso si era addormentato all’insaputa dell’amico, troppo sfatto per tornare a casa e farsi vedere dal fratello: si Smaterializzava direttamente nel salotto senza avvertire, e ancora prima che l’altro si svegliasse era già fuori dall’appartamento; era diventata un’abitudine alla quale non avrebbe saputo attribuire alcun senso o logica, ma che senz’ombra di dubbio giocava a loro favore in quella finta relazione. «no cosa, comunque?» sì, si era già dimenticato di cosa stessero parlando poc’anzi: fategli causa. «non posso fumare qui dentro?» alzò allusivo le sopracciglia, tornando nuovamente a cercare gli occhi ambrati del maggiore. Era una questione che trattavano da quando ancora faceva l’assistente nello studio di Psicomagia di Hogwarts, ed alla quale ogni volta si sentiva rispondere con la stessa, medesima constatazione: «in effetti no, non potresti» un condizionale, lasciateglielo dire, che avrebbe comunque potuto permettergli di fare il cazzo che gli pareva – tant’è che, in tutta risposta, soffiò una nube di fumo grigiastro ed amarognolo verso di lui. Troppo buono, Andrew, per rispondere con un diniego più secco e proibitivo – e troppo stronzo, il Milkobitch, per non approfittarsene scherzosamente ogni volta. Almeno un po’. Lasciò cadere la pallina sul divano, ed alzando appena il busto spense comunque lo spinello nel portacenere improvvisato – il bicchiere di plastica standard con appena un dito d’acqua di chi aveva poca voglia di cercarne uno vero in giro per casa. «comunque, intendevo dire che non ci vengo al lilum» ah, ecco di cosa parlavano. Si mise a sedere sul bordo del sofà, un broncio offeso a piegare il labbro inferiore verso l’esterno. «io lo dicevo per te, eh» falso. Era il suo primo giorno di pseudo lavoro – aka: probabilmente avrebbe fatto una sola serata e poi sarebbe stato richiamato, boh, magari a qualche evento tra mesi e mesi -, aveva il bisogno fisico di qualcuno di conosciuto a sostenerlo dagli spalti. Non che dubitasse delle sue capacità di ballerino, almeno di quelle, ma più tempo passava e più persone sparivano dalla sua vita, più aveva la necessità di portarsene appresso sempre qualcuna: precauzione, amava chiamarla. Magari mentre non guardava qualcuno pensava bene di tornare, che ne so, all’età dell’Impero Romano – così, per hobby. Ma Bells era ad Hogwarts, e Todd preferiva non lo vedesse mentre si (prostituiva.) spogliava a pagamento strusciandosi contro un palo del night club; sebbene con Jericho e Xav avessero condiviso dei bei momenti uccidendo gente allo zoo, non era certo fossero a quel livello di amicizia per chiedere loro di andargli a fare compagnia mentre lavorava. Per non parlare di Arci e Run nel fottutissimo Far West, decisamente troppo poco a portata di mano per chiedere loro di raggiungerlo e, perché no?, aggiungersi al numero: sapevano tutti quanti che l’avrebbero fatto con estremo piacere. Era naturale che la scelta del moro fosse ricaduta su di Stiles. Fin troppo naturale, tant’è che ancor prima di accorgersene appena lasciato ad Eugene le redini del Better Run si era catapultato a casa sua. Così tanto scontato, da risultare fastidioso – non per lui, ma per lo Stilinski? Era abbastanza certo di sì. «devi uscire un po’ di più,» constatò, privo di alcuna base certa: per quanto ne sapeva, poteva essere andato a smignottare per discoteche tutte le sere. Non era uno stalker, non aveva idea di cosa facesse quando non sopportava le sue inutili molestie, o quando non si accordavano per mantenere in pubblico quella strana, finta relazione. «e magari ti faccio conoscere qualche mia amica,» alzò le spalle innocentemente, piegando le labbra verso il basso. «o qualche amico, insomma.» «meh, domani devo lavorare» alzò gli occhi al cielo, buttandosi contro lo schienale del divano. Era lampante che fosse a disagio, ma indovinate a chi non interessava? A Jeremy Milkobitch. «mi dispiace, davvero.» piegò la testa sui cuscini cercando l’orologio da parete, ignorando le scuse del ragazzo. «beh, io devo andare» si alzò di scatto - troppo: inutile dire quanto la testa avesse iniziato a vorticare su se stessa, ma era anche vero che aveva anni di esperienza da fatto alle spalle. Sapeva come non vomitare su due piedi, o come restare su due piedi, in situazioni del genere. Dalla tasca dei jeans estrasse una scatolina di plastica blu trasparente, dalla quale immediatamente prese una pastiglia e la lanciò sotto la lingua; poteva già sentire l’acuto di Stiles rimbombare nella stanza a quella vista, perciò alzò una mano mimandogli di fare silenzio. «è solo un ansiolitico, tranquillo.» non lo era. Non era in agitazione, ed ovviamente si trattava di droga: non avrebbe dovuto nemmeno dare spiegazioni, ma… si sentiva in dovere di farlo. «ti aspetto lì, così quando finisco ti porto a rimorchiare» tassativo, Jeremy, non gli propose nemmeno di pensarci su, né lo pregò di andare per lui, per fargli compagnia. Non sarebbe stato da lui farlo. «tanto non dovrei fare tardi.»
Era tardi. Più di quanto aveva previsto: quando avevano annunciato il suo nome, quando aveva avanzato sulla passerella fino a giungere al palo d’acciaio ed iniziato a ballare, erano già le due di notte passate, e la speranza di veder entrare Stiles in quel miasma di gente era completamente sfumata. La speranza, cristo santo. Non si era accorto di aver contato su un non detto, fino a quando effettivamente non si era presentato nessuno. Del tutto prevedibile, considerando il fatto che glielo aveva detto chiaro e tondo che non sarebbe andato - eppure. Non sapeva nemmeno dire perché, ci avesse sperato tanto: probabilmente, aveva solo passato troppo tempo con lo Stilinski. Aveva dato per scontato che gli avrebbe dato corda e si sarebbe lasciato trascinare per locali dall’amico, evidentemente sbagliando. Oh, beh, ci aveva perso Stiles: aveva davvero gente da fargli conoscere. Si passò sorridente una mano sulla fronte a raccogliere perle di sudore sulla pelle, sventolando morbido l’altra nella sua stessa direzione. Un chiaro sottotesto ed annuncio, ma era sicuro che anche se non fosse stato pagato per farlo si sarebbe spogliato in mezzo alla folla danzante – e no, non perché era una sgualdrina ed era già fatto come un cocco. Anche, ovvio, ma faceva davvero troppo caldo: ogni respiro era ossigeno appesantito dai fiati altrui a pesare come marmo nei polmoni, e ad ogni movimento pensava che sarebbe svenuto per l’ingente quantitativo di liquidi persi per traspirazione. Delicato, muovendo il bacino sulla calda voce di Bruno Mars in una versione ancora più sensuale di Calling All My Love – buon Dio, quanto era stato felice di scoprire che la maggior parte dei suoi artisti preferiti erano segretamente maghi e venivano passati in radio nel mondo magico! -, si avvicinò di qualche passo al bordo del piedistallo, andando a sfiorare i primi bottoni della camicia con non così timide dita. Fece scivolare il primo con estrema lentezza dall’occhiello, guadagnando ad ogni asola lasciata vuota consensi eccitati da chi era lì sotto ad attendere, ed ola impazienti ogni volta che ci metteva di più a sbottonarsi. Alla fine, impiegò una buona metà della canzone per togliersi l’indumento dalle spalle, lasciando che nemmeno quel semplice gesto si trasformasse nell’abitudinaria routine di un comune mortale tornato a casa da una giornata di lavoro. Erano lì per vederlo nudo, non c’era dubbio, ma anche per gustarsi tutto il viaggio che portava dritto alla meta. Quando lanciò l’abito di soffice seta – gentilmente offerto dalla proprietaria del locale: non aveva soldi nemmeno per comprarsene una hawaiana al mercatino dell’usato, figurarsi quella – sulla folla, non fece assolutamente caso a dove andò a finire. O meglio, su quale testa cadde. Continuò semplicemente a sorridere al pubblico, i pollici già a scivolare tra l’inguine ed i pantaloni da scena. Fino a quando («todd?») la camicia non venne lasciata a terra, mostrando a tutti una fiammeggiante testa ramata che, tra diecimila rossi, Jeremy non avrebbe avuto mai difficoltà a riconoscere. Tentennò per un istante, prima di riprendere lo spettacolo come se nulla fosse; si avvicinò maggiormente al bordo, e più nello specifico ad una bionda che, ad occhio e croce, doveva avere la sua età. Sventolava banconote (tante, banconote.) babbane come fosse il fazzoletto bianco di una mamma che salutava disperata il proprio figliolo partire sull’Espresso per Hogwarts. Sinuosamente, il Milkobitch scese sempre più sulle ginocchia, fino ad essere a portata di (soldi.) orecchio con la suddetta: questa non si fece problemi a mettere la refurtiva cosa nelle mutande del moro, e lui di certo non si fece scrupoli ad accettarli. Prese soltanto qualche sterlina delle suddette e gliele strinse tra le mani, premendo con le proprie sui dorsi delle sue. «facciamo un accordo?» le domandò sopra la musica, certo che tutta la sua attenzione fosse per lui - l’aveva appena vista sbavare? Non voleva davvero saperlo. Questa annuì, facendolo sorridere malizioso. Si avvicinò al suo orecchio, sussurrando piano. «se offri qualcosa al mio amico rosso poco dietro di te, prometto che il mio prossimo numero sarà soltanto per te.» le lasciò le mani e le ammiccò sornione, indicando poi con un cenno del capo alle spalle di lei in direzione del fratello. «ci vediamo sul retro.» A braccia aperte e trionfante, mentre la sconosciuta bionda abbordava Ian, Jeremy indietreggiò verso il palo, poggiandosi e strusciandosi con la nuda schiena sul cilindro d’acciaio. Se si era appena prostituito per non avere Todd tra i piedi? Assolutamente sì: aveva la brutta abitudine di rischiare la morte ogni volta che il fratellastro era nei suoi paraggi, e voleva evitare di farlo mentre ballava la lap dance. | |