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Milkobitches

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    Spero di essere Todd

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    Ian Todd Milkobitch

    I Milkobitch erano una famiglia, con un sacco di problemi ma chi non li aveva, neanche la famiglia più bella all'apparenza aveva gli scheletri nell'armadio, con la differenza che i Milko li avevano sparsi per casa, visibili a tutti. Todd si stava curando per disturbi di personalità e da quando andava da Stiles, stava molto meglio; era sempre stato contrario alla psicoanalisi, ma doveva ammettere che l'ex tasso era davvero bravo. Peccato che non era il solo ad avere dei seri problemi, infatti pure Jeremy aveva qualche cosa che non andava. Suo fratello aveva affrontato male la scomparsa l'ennesima di Run.
    Pensare che tutto era tornato alla normalità dopo che Jeremy era andato a riprendersela; non gli era mai stato raccontato nei minimi dettagli cosa era successo ma era viva e con loro due, quello era stato più importante di qualsiasi altra cosa. Era tornata, erano andati a vivere insieme tutti e tre; c'era stato un momento in cui si poteva dire che erano anche stati felici, si potevano persino definire quasi normali, anche se quella parola non poteva essere associata davvero ai Bitches visto che non esisteva nel loro vocabolario ma almeno erano loro TRE. Peccato che era durato poco; come nei migliori film senza il lieto fine loro sorella scomparve di nuovo. Ma per una volta la massona il fato poteva scegliere qualcun altro da far sparire? Fu un duro colpo, come ogni santa volta, perché non importava quante volte la donna era andata via per poi tornare da loro, Todd non si sarebbe mai abituato a perdere Run, anche se doveva in effetti esserci abituato. Gli aveva promesso che sarebbe tornata, che lo avrebbe fatto anche da morta. («Non è divertente» -« Che ho detto?» -«che tornerai anche da morta. » -« Lo so, il funerale potrebbe costarvi. Sto mettendo via i soldi per quello » -« Dai Run. Smettila. » ) Bella consolazione riaverla da morta davvero, grazie Run. Amava sua sorella e saperla lontana, in pericolo lo faceva stare male. Erano passati mesi e ancora non c'era traccia di lei, come di altre persone. Ma se a quel giro Ian sembrava averla presa meglio grazie alla psicoanalisi e ai farmaci non si poteva dire lo stesso di suo fratello, sembrava essere impazzito. Possibile che ogni santa volta che Run spariva dovevano prenderla così male? Si, erano i Milkobitch era nella norma. (« Jeremy, dovresti smetterla di prendere le pasticche» -«disse quello che ne prende più di me » -« si, ma a me fanno stare bene » -« anche le mie» ). Ora, lui non era il tipo di ragazzo che giudicava, visto che lui in primis non era di certo una persona normale e poi si trattava di suo fratello, non avrebbe mai pensato che la vita di Jer faceva schifo ma odiava vederlo in quello stato. Fu come uno specchio alla fine perché sapeva cosa stava passando e non sembrava esistere un modo per farlo tornare in sé. Il loro rapporto aveva di nuovo avuto una piccola crepa; erano migliorati negli anni, perché raramente lo feriva ora quando stavano nella stessa stanza, questo voleva dire che potevano convivere ancora, ma non si parlavano molto. Quello era sempre stato un problema tra di loro; avevano avuto degli alti e dei bassi e senza Run erano di più quelli negativi, ma potevano farcela. Forse. Stavano nella stessa casa, ma non si vedevano così spesso, avevano orari differenti e stili di vita molto diversi. Todd aveva più volte provato a chiedere al fratello se poteva andare con lui al locale della sorella per essere d'aiuto, per stare insieme ma lui non voleva, perché nonostante tutto qualche danno lo creava sempre si chiama pur sempre Ian Todd Milkobitch; eppure voleva stare al suo fianco, ricordargli che non era il solo ad aver perso la sorella («Calmati Jeremy » -« Io sono calmissimo » -« Non sembra, vuoi una delle mie pasticche?» -«Chi ti dice che non le abbia già provate?»). Ok, erano allo sbando,decisamente. Erano fuori controllo di nuovo. Ma perché non avevano pianificato qualcosa? Eppure non era la prima volta che spariva la Crane. Di solito le persone normali al primo terremoto inaspettato si organizzavano, con tanto di zaini e quant'altro, ma Ian non si era preparato uno zaino post Run. Non erano mai preparati. Dannazione.
    Avevano passato il Natale di merda con la speranza di vedere la porta di casa loro aprirsi da un momento all'altro col risultato che non arrivò mai il lieto evento; fu un pugno nello stomaco come qualche anno precedente, quando comprava ogni santo anno il regalo per Heidrun e lo metteva sotto l'albero, senza però vederlo scartare.
    Era arrivato l'anno nuovo e con quello praticamente niente di diverso rispetto ai mesi precedenti, aveva anche pregato di ritrovare la mora, ma niente erano sempre solo loro due. E se Todd aveva perso solo sua sorella, Jeremy aveva perso quasi mezzo Forum mondo magico a cui teneva. Se la passava davvero male « La smetti di pensare così intensamente a tuo fratello? Mi farai venire il mal di testa. » disse Mickey.
    « Dannazione Mickey mi hai spaventato da morire. » disse Ian con la mano sul cuore mentre cercava di riprendersi, insomma il fatto che fosse frutto della sue mente non aiutava a non spaventarlo quando appariva in quel modo.
    « Dove stiamo andando? » chiese vedendo il bitches preparasi a quell'ora tarda, di solito si guardava un film o fingeva di studiare qualche animale per il lavoro.
    «Da Jeremy al Lilum. » disse come se fosse ovvio. Quasi si erano dati il cambio, l'anno precedente era lui che aveva chiesto di lavorarci lì e ora c'era suo fratello, sembrava una tappa obbligatoria per poter superare la perdita della sorella; meno male che erano solo in due, avevano finito i fratelli che avevano sperimentato il Lilum o sarebbe stato pericoloso. Run poteva essere fiera di loro, lavorare lì era come un rito di passaggio.
    Si smaterializzò davanti al locale, rimase al freddo a guardare l'insegna, ancora non poteva crederci di aver provato a lavorare in quel posto. Si era persino spogliato. La vita era davvero strana a volte e prendeva delle pieghe strane, era grato di aver trovato Stiles quella volta o chissà che fine avrebbe fatto se avesse continuato a lavorare lì dentro; magari avrebbe dato lui il posto di lavoro al fratello.
    « Entriamo. Mi si stanno congelando le chiappe »
    « Dannazione Mickey. Mi hai di nuovo fatto prendere un colpo e comunque tu non puoi sentire il freddo.
    «Dettagli. Dai entra » se avesse potuto toccarlo lo avrebbe anche spinto ma rimase a fissare l'amico che lentamente entrava.
    Una volta dentro, l'aria pesante fece appesantire i polmoni e ogni passo era ostacolato da corpi eccitati che si strusciavano tra di loro. Era un campo pieno di ormoni, non era abituato; non fraintendetemi sapeva cosa fosse il sesso, la storia dell'ape e del fiore era passata di moda, ma tutto quello era decisamente claustrofobico. Doveva trovare Jeremy e portarlo via da quel posto. Non doveva consumarsi lì dentro, la vita era meglio di quello. Forse.




    17 y.o
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    «nO.» Jeremy Milkobitch, comodamente arenato sul divano di casa Stilinski, piegò appena la testa sul bracciolo del sofà, gli occhi trasparenti a cercare la sagoma dello psicomago. Decisamente, non un’operazione facile quanto potrebbe sembrare – non quando si è fatti e l’altro si muove isterico e forsennato da una parte all’altra della stanza senza alcuna tregua, squittendo acuti come un porcellino d’india che non vuole farsi prendere in braccio. Tornò a guardare il soffitto senza proferir parola, lanciando la pallina anti-stress verso l’alto. «davvero, jeremy: no» «okay.» ribatté atono, traendo un respiro d’erballegra tritata e tabacco dalla canna stretta tra le labbra. Non si scompose minimamente, nonostante l’isteria galoppante e travolgente di Stiles a permeare l’aria: più l’altro si agitava, più l’ex allenatore di Quidditch si rilassava su quello che i pazienti dell’altro usavano come un lettino da terapia abusivo – e sul quale più volte egli stesso si era addormentato all’insaputa dell’amico, troppo sfatto per tornare a casa e farsi vedere dal fratello: si Smaterializzava direttamente nel salotto senza avvertire, e ancora prima che l’altro si svegliasse era già fuori dall’appartamento; era diventata un’abitudine alla quale non avrebbe saputo attribuire alcun senso o logica, ma che senz’ombra di dubbio giocava a loro favore in quella finta relazione. «no cosa, comunque?» sì, si era già dimenticato di cosa stessero parlando poc’anzi: fategli causa. «non posso fumare qui dentro?» alzò allusivo le sopracciglia, tornando nuovamente a cercare gli occhi ambrati del maggiore. Era una questione che trattavano da quando ancora faceva l’assistente nello studio di Psicomagia di Hogwarts, ed alla quale ogni volta si sentiva rispondere con la stessa, medesima constatazione: «in effetti no, non potresti» un condizionale, lasciateglielo dire, che avrebbe comunque potuto permettergli di fare il cazzo che gli pareva – tant’è che, in tutta risposta, soffiò una nube di fumo grigiastro ed amarognolo verso di lui. Troppo buono, Andrew, per rispondere con un diniego più secco e proibitivo – e troppo stronzo, il Milkobitch, per non approfittarsene scherzosamente ogni volta. Almeno un po’. Lasciò cadere la pallina sul divano, ed alzando appena il busto spense comunque lo spinello nel portacenere improvvisato – il bicchiere di plastica standard con appena un dito d’acqua di chi aveva poca voglia di cercarne uno vero in giro per casa.
    «comunque, intendevo dire che non ci vengo al lilum» ah, ecco di cosa parlavano. Si mise a sedere sul bordo del sofà, un broncio offeso a piegare il labbro inferiore verso l’esterno. «io lo dicevo per te, eh» falso.
    Era il suo primo giorno di pseudo lavoro – aka: probabilmente avrebbe fatto una sola serata e poi sarebbe stato richiamato, boh, magari a qualche evento tra mesi e mesi -, aveva il bisogno fisico di qualcuno di conosciuto a sostenerlo dagli spalti. Non che dubitasse delle sue capacità di ballerino, almeno di quelle, ma più tempo passava e più persone sparivano dalla sua vita, più aveva la necessità di portarsene appresso sempre qualcuna: precauzione, amava chiamarla. Magari mentre non guardava qualcuno pensava bene di tornare, che ne so, all’età dell’Impero Romano – così, per hobby.
    Ma Bells era ad Hogwarts, e Todd preferiva non lo vedesse mentre si (prostituiva.) spogliava a pagamento strusciandosi contro un palo del night club; sebbene con Jericho e Xav avessero condiviso dei bei momenti uccidendo gente allo zoo, non era certo fossero a quel livello di amicizia per chiedere loro di andargli a fare compagnia mentre lavorava. Per non parlare di Arci e Run nel fottutissimo Far West, decisamente troppo poco a portata di mano per chiedere loro di raggiungerlo e, perché no?, aggiungersi al numero: sapevano tutti quanti che l’avrebbero fatto con estremo piacere.
    Era naturale che la scelta del moro fosse ricaduta su di Stiles. Fin troppo naturale, tant’è che ancor prima di accorgersene appena lasciato ad Eugene le redini del Better Run si era catapultato a casa sua.
    Così tanto scontato, da risultare fastidioso – non per lui, ma per lo Stilinski? Era abbastanza certo di sì.
    «devi uscire un po’ di più,» constatò, privo di alcuna base certa: per quanto ne sapeva, poteva essere andato a smignottare per discoteche tutte le sere. Non era uno stalker, non aveva idea di cosa facesse quando non sopportava le sue inutili molestie, o quando non si accordavano per mantenere in pubblico quella strana, finta relazione. «e magari ti faccio conoscere qualche mia amica,» alzò le spalle innocentemente, piegando le labbra verso il basso. «o qualche amico, insomma.» «meh, domani devo lavorare» alzò gli occhi al cielo, buttandosi contro lo schienale del divano. Era lampante che fosse a disagio, ma indovinate a chi non interessava? A Jeremy Milkobitch.
    «mi dispiace, davvero.» piegò la testa sui cuscini cercando l’orologio da parete, ignorando le scuse del ragazzo. «beh, io devo andare» si alzò di scatto - troppo: inutile dire quanto la testa avesse iniziato a vorticare su se stessa, ma era anche vero che aveva anni di esperienza da fatto alle spalle. Sapeva come non vomitare su due piedi, o come restare su due piedi, in situazioni del genere. Dalla tasca dei jeans estrasse una scatolina di plastica blu trasparente, dalla quale immediatamente prese una pastiglia e la lanciò sotto la lingua; poteva già sentire l’acuto di Stiles rimbombare nella stanza a quella vista, perciò alzò una mano mimandogli di fare silenzio. «è solo un ansiolitico, tranquillo.» non lo era. Non era in agitazione, ed ovviamente si trattava di droga: non avrebbe dovuto nemmeno dare spiegazioni, ma… si sentiva in dovere di farlo. «ti aspetto lì, così quando finisco ti porto a rimorchiare» tassativo, Jeremy, non gli propose nemmeno di pensarci su, né lo pregò di andare per lui, per fargli compagnia.
    Non sarebbe stato da lui farlo.
    «tanto non dovrei fare tardi.»

    Era tardi.
    Più di quanto aveva previsto: quando avevano annunciato il suo nome, quando aveva avanzato sulla passerella fino a giungere al palo d’acciaio ed iniziato a ballare, erano già le due di notte passate, e la speranza di veder entrare Stiles in quel miasma di gente era completamente sfumata.
    La speranza, cristo santo.
    Non si era accorto di aver contato su un non detto, fino a quando effettivamente non si era presentato nessuno. Del tutto prevedibile, considerando il fatto che glielo aveva detto chiaro e tondo che non sarebbe andato - eppure.
    Non sapeva nemmeno dire perché, ci avesse sperato tanto: probabilmente, aveva solo passato troppo tempo con lo Stilinski. Aveva dato per scontato che gli avrebbe dato corda e si sarebbe lasciato trascinare per locali dall’amico, evidentemente sbagliando.
    Oh, beh, ci aveva perso Stiles: aveva davvero gente da fargli conoscere.
    Si passò sorridente una mano sulla fronte a raccogliere perle di sudore sulla pelle, sventolando morbido l’altra nella sua stessa direzione. Un chiaro sottotesto ed annuncio, ma era sicuro che anche se non fosse stato pagato per farlo si sarebbe spogliato in mezzo alla folla danzante – e no, non perché era una sgualdrina ed era già fatto come un cocco. Anche, ovvio, ma faceva davvero troppo caldo: ogni respiro era ossigeno appesantito dai fiati altrui a pesare come marmo nei polmoni, e ad ogni movimento pensava che sarebbe svenuto per l’ingente quantitativo di liquidi persi per traspirazione.
    Delicato, muovendo il bacino sulla calda voce di Bruno Mars in una versione ancora più sensuale di Calling All My Love – buon Dio, quanto era stato felice di scoprire che la maggior parte dei suoi artisti preferiti erano segretamente maghi e venivano passati in radio nel mondo magico! -, si avvicinò di qualche passo al bordo del piedistallo, andando a sfiorare i primi bottoni della camicia con non così timide dita. Fece scivolare il primo con estrema lentezza dall’occhiello, guadagnando ad ogni asola lasciata vuota consensi eccitati da chi era lì sotto ad attendere, ed ola impazienti ogni volta che ci metteva di più a sbottonarsi.
    Alla fine, impiegò una buona metà della canzone per togliersi l’indumento dalle spalle, lasciando che nemmeno quel semplice gesto si trasformasse nell’abitudinaria routine di un comune mortale tornato a casa da una giornata di lavoro. Erano lì per vederlo nudo, non c’era dubbio, ma anche per gustarsi tutto il viaggio che portava dritto alla meta.
    Quando lanciò l’abito di soffice seta – gentilmente offerto dalla proprietaria del locale: non aveva soldi nemmeno per comprarsene una hawaiana al mercatino dell’usato, figurarsi quella – sulla folla, non fece assolutamente caso a dove andò a finire. O meglio, su quale testa cadde. Continuò semplicemente a sorridere al pubblico, i pollici già a scivolare tra l’inguine ed i pantaloni da scena.
    Fino a quando («todd?») la camicia non venne lasciata a terra, mostrando a tutti una fiammeggiante testa ramata che, tra diecimila rossi, Jeremy non avrebbe avuto mai difficoltà a riconoscere. Tentennò per un istante, prima di riprendere lo spettacolo come se nulla fosse; si avvicinò maggiormente al bordo, e più nello specifico ad una bionda che, ad occhio e croce, doveva avere la sua età. Sventolava banconote (tante, banconote.) babbane come fosse il fazzoletto bianco di una mamma che salutava disperata il proprio figliolo partire sull’Espresso per Hogwarts. Sinuosamente, il Milkobitch scese sempre più sulle ginocchia, fino ad essere a portata di (soldi.) orecchio con la suddetta: questa non si fece problemi a mettere la refurtiva cosa nelle mutande del moro, e lui di certo non si fece scrupoli ad accettarli. Prese soltanto qualche sterlina delle suddette e gliele strinse tra le mani, premendo con le proprie sui dorsi delle sue. «facciamo un accordo?» le domandò sopra la musica, certo che tutta la sua attenzione fosse per lui - l’aveva appena vista sbavare? Non voleva davvero saperlo. Questa annuì, facendolo sorridere malizioso. Si avvicinò al suo orecchio, sussurrando piano. «se offri qualcosa al mio amico rosso poco dietro di te, prometto che il mio prossimo numero sarà soltanto per te.» le lasciò le mani e le ammiccò sornione, indicando poi con un cenno del capo alle spalle di lei in direzione del fratello. «ci vediamo sul retro.»
    A braccia aperte e trionfante, mentre la sconosciuta bionda abbordava Ian, Jeremy indietreggiò verso il palo, poggiandosi e strusciandosi con la nuda schiena sul cilindro d’acciaio.
    Se si era appena prostituito per non avere Todd tra i piedi?
    Assolutamente sì: aveva la brutta abitudine di rischiare la morte ogni volta che il fratellastro era nei suoi paraggi, e voleva evitare di farlo mentre ballava la lap dance.
    jeremy milkobitch
    Try to stay sober
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    31.08.1999
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    Ian Todd Milkobitch
    Non sono sfortunato, sono gli altri più fortunati di me.


    L'odore di alcool era così penetrante che quasi poteva ubriacarsi anche soltanto annusando l'aria, ma respirare a pieni polmoni voleva dire sentire anche il puzzo di sudore che si era diffuso nel locale e quindi pure soffocare; era davvero il caso di trovare il più velocemente possibile Jeremy e andarsene via da quel posto prima di ritrovarsi in bagno a vomitare solo per l'idea di aver bevuto quello che circolava lì dentro (aspetta cosa?).
    «Ehi genio, tuo fratello si sta spogliando» Mickey gli indicò il palco, così il rosso spostò lo sguardo verso il posto indicato e fu in quel momento che realizzò quanto suo fratello stesse male. Non era stupido e aveva notato che Jeremy era il più delle volte sballato o altro, ma non sapeva che era arrivato a prostituirsi; voleva dire che aveva toccato il fondo e Todd non aveva fatto niente per impedirglielo. Era un pessimo fratello.
    «Ian, ti ricordo che anche tu hai toccato il fondo. Volevi lavorare qui»
    «Devi essere così pignolo? Lo so che ho lavorato anche io qui, ma è stato per una notte. Credo.»
    «Questo io non posso saperlo, in quel periodo non mi volevi al tuo fianco»
    «Oh Andiamo Mickey non fare così, ti ho già chiesto scusa»
    «Forse non dovrei offrirti questo.»
    «cosa?» Todd guardò la bionda leggermente perplesso, perché voleva offrirgli l'alcool? Lui non aveva mai fatto conquiste nei locali. Mai. Neanche quando si spogliava sul palco come suo fratello. Forse. Diciamo che di quel periodo non aveva le idee molto chiare, tutto era sempre molto annebbiato e confuso. Ma quello era un argomento da evitare quindi piuttosto che farsi venire mal di testa preferiva lasciar perdere, tanto nessuno sembrava ricordarsi di lui; chissà quanti ragazzini bisognosi di soldi si erano presentati in quel posto per il suo stesso motivo. Forse.
    «ci sei? oh. Ma lo vuoi questo drink o no?»
    «cosa?» Todd era sempre più confuso, aveva perso di vista il fratello per colpa della bionda che continuava ad oscillare davanti al suo volto quel bicchiere dal colore strano; quanto poteva essere buono una cosa di colore blu? Nel mondo magico non sembra voleva dire che era buono, anzi spesso era proprio il contrario e comunque lui era sotto antidepressivi e altra roba che Stiles gli aveva imposto di prendere, quindi «Niente alcool.»
    «Meglio, dato che già parli da solo.» disse la bionda sculettò verso l'infinito e oltre, gustandosi quel maledetto drink. Todd la guardò rimanendo a bocca aperta. Cioè gli aveva dato di pazzo? Rude. Vero, ma rude.
    «Sta scappando»
    «veramente se n'è andata camminando»
    «ma quanto puoi essere idiota? Ian, tuo fratello sta andando via. Corri»
    «Merda» per un attimo si era dimenticato il motivo che lo aveva spinto ad entrare in quel posto a respirare ormoni eccitati ed inebriarsi di soldi che mai avrebbe avuto perché un Milkobitch, che questo lo volesse o meno, era povero e lo sarebbe stato per sempre. «Ti prego smettila» Mickey lo riportò come sempre alla realtà, ricordandogli che doveva muoversi prima di perdere di vista suo fratello. «vado» iniziò a farsi spazio tra petti nudi e cose non ben definite, era meglio non indagare o avrebbe rischiato di avere un attacco di panico e non era il momento per diventare isterico, non aveva portato con sé le medicine. Doveva imparare a farlo, non poteva mai sapere quando gli sarebbe venuta un'altra crisi e non doveva farsi trovare impreparato; era così difficile curarsi e farlo senza alcun supporto era doppiamente più faticoso. Ma dov'era Run? Se lei fosse stata lì, tutto quello non sarebbe successo, o forse si, insomma non era così improbabile che Jeremy potesse finire al Lilum, ma almeno avrebbe avuto loro sorella a proteggerlo, in vero stile pappone insomma. Perché lo sappiamo tutti che l'uomo di famiglia era la Crane.
    Ma era davvero il caso che quelle persone lo lasciassero passare, era così urgente e doveva raggiungere Jeremy ad ogni costo. Alla fine ci riuscì, in un qualche modo miracoloso, riuscì ad avvicinarsi al palo o palco, perché nonostante Mickey gli avesse detto che stava scappando, il fratello non si era mosso da lì. Quindi perché aveva fatto tutta quella fatica? Dettagli. Era arrivato ed era lì accanto a lui, poteva dire di esser riuscito almeno in uno degli obiettivi. «Ehi Jer?» cercò di ottenere la sua attenzione, incurante del fatto che forse chiamarlo mentre ballava avrebbe potuto creargli qualche problema. Probabilmente doveva allontanarsi per non vederlo cadere e battere la testa. Oddio non voleva che si facesse male o peggio Espellerci che si ammazzasse per colpa sua. Ma era anche vero che, doveva portarlo via da quel posto, non doveva continuare a fare quel lavoro, loro potevano fare qualcosa di migliore. Cosa? Non ne aveva idea, perché il nostro Todd non era per le cose illegali e Jeremy era l'esatto contrario. Ma avrebbero trovato un punto d'incontro, dovevano. «Ti prego Jer, voglio parlarti» ma niente il moro non sembrava considerarlo.
    «usa le maniere forti» intervenne Mickey che guardava esterrefatto quello che stava facendo il Milkobitch più piccolo. «e come?»
    «mostra delle banconote» ma perché doveva essere più geniale di lui? Non andava bene. Anche se beh, non era il massimo offrire i soldi a suo fratello, cioè era imbarazzante. «ma si hai ragione, che m' importa» Alla fine i Milkobitch erano comunque persone disperate e senza vergogna. ( shameless eheh). Così estrasse un paio di banconote (babbane o magiche? Boh) «ti prego. Jeremy parla con me» non si rese conto di sembrare un pervertito, ma davvero non aveva altre idee.






    loser
    ex-corvonero
    18 y.o


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    made in china — I'm here at the beginning of the end
     
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    Se avesse conosciuto un modo per apparire ancor più esasperato e sconfitto dalla sua intera esistenza, in quel preciso istante, Jeremy Milkobitch ci si sarebbe applicato al massimo delle proprie potenzialità per lasciare intendere al microcosmo del Lilum quanto lo fosse. Sentiva che né le sopracciglia schizzate verso l’alto, le braccia spalancate e la bocca socchiusa, il sospiro a fior di labbra e lo scuotere la testa lentamente, con evidente rassegnazione ad accompagnare ogni suo singolo movimento, potessero bastare ad esplicare il proprio stato d’animo – e, a quel punto, non sapeva più nemmeno a chi fossero rivolte tutte quelle accortezze. Un po’ alla bionda che, con in mano il cocktail che avrebbe dovuto sorseggiare Ian e non lei, se ne andava via dal rosso, alzando innocentemente le spalle e mimando con il labiale un «ci ho provato» che, con tutta evidenza, non era stato abbastanza; magari si aspettava pure che quel servizietto sul retro del locale glielo facesse ancora (o meglio: che glielo facesse gratuitamente). Un po’ a suo fratello, che in quel locale si ritrovava fuori luogo come un cucciolo di foca tra i leoni della savana africana, il quale arrancando tra ballerini e prostitute varie che cercavano in tutti i modi di abbordarlo – fallendo, con sommo dispiacere del tassorosso: c’era da dire che, almeno, ci stessero provando con tutte le proprie forze – era disperatamente intenzionato ad avvicinarsi a lui, per motivi che al Milkobitch sfuggivano completamente.
    Un po’ a se stesso, che aveva davvero creduto di poter lavorare tranquillamente nel miglior night club di Diagon Alley. Così sciocco, Jeremy, a sperare di venir lasciato in pace almeno lì – e non diceva “per sempre”. Gli andava bene qualche ora, il minimo indispensabile a portare a casa un po’ di soldi (e, se proprio gli diceva bene, qualcuno con cui divertirsi sotto lauta ricompensa: non era certo delle politiche riguardo la prostituzione all’interno di quel tempio, ma pur di aumentare il proprio guadagno senza problemi di sorta il diciottenne si faceva andare bene anche un vicolo pieno di barboni) e comprarsi l’erbae la cena a sé ed a Todd.
    D’altronde, da presunta morta Heidrun non è che potesse mandare loro gli alimenti.
    Aveva bisogno di sopravvivere e di sopravviversi, in un modo o nell’altro, e si era davvero convinto di aver trovato un equilibrio adatto a mantenere lo status quo.
    «ehi jer?» inutile star qui a spiegare quanto si fosse sempre sbagliato. Voleva più bene al fratellastro di quanto credeva di poter fare, o di quanto avesse mai dimostrato di saper fare, ma ciò non toglieva che quest’ultimo sapeva perfettamente com’essere una spina nel fianco del minore. Le iridi celesti fisse sul palo al quale si stava arrampicando con la grazia di una contorsionista, sperando in cuor suo di poter ascendere e fuggire aprendosi un varco nel soffitto, Jeremy finse di non udire la voce del ragazzo, continuando a danzare per il pubblico. «ti prego jer, voglio parlarti» certo, perché ovviamente non potevano parlare nella casa che condividevano sette giorni su sette – no no!, l’aspirante Newt Scamander doveva andarlo a molestare in un locale a luci rosse. C’era da ammettere anche che l’altro non facesse poi molto per essere nell’abitazione il tempo necessario per una chiacchierata, ma quelli erano dettagli irrilevanti: il cellulare, glielo aveva regalato apposta. «ti prego, jeremy parla con me» oh, ma «… che cazzo?»
    Scusate.
    Scusate, ma aveva appena tirato fuori dei soldi per comprare la sua parola?
    Che voleva fare, metterglieli nelle mutande? Cosa… cosa.
    Non… non poteva farsi distrarsi dai soldi. Aveva… dei principi.
    Ma i principi non erano forse lo stipendio di fine mese?
    Sì, certo, ma non da parte di suo fratello.
    «todd, sto lavorandooOOOoOoOOo» in realtà, deconcentratosi, in quel momento stava volando.
    Rovinosamente.
    A terra.
    Ed a voler essere più precisi, sul braccio destro. Che, se proprio vogliamo addentrarci nella narrazione, fece un rumore così sgradevole da sembrare come se si fosse rotto.
    «todd pORCA TROIA mi hai rotto un braccio» nemmeno lo fece passare come un typo mentale: tanto lo sapevano entrambi, che s’era caduto era a causa della sua nefasta aura di sfiga. «come minimo mi devi portare all’ospedale»
    E lo portò all’ospedale – fine.
    Chissà se mai parlarono dei timori di Todd, e di quanto a Jeremy poco fregassero: voleva solo spogliarsi, avere i soldi e spenderli in droga per non pensare al suo migliore amico ed a sua sorella scomparsi nel nulla.
    Era forse chiedere tanto?
    jeremy milkobitch
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    31.08.1999
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    deatheater


    facciamo che la chiudiamo qui così poco dignitosamente? ma sì dai, se vuoi rispondi ihih
     
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