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evangeline + drake

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  1. #biondo che non impegna
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    drake abrahams
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    Quello per drake poteva essere un grande giorno.
    Il suo giorno, il giorno della svolta, del cambiamento, della libertà – un momento certamente ingigantito dal suo narcisismo, che si vantava da un paio di ore a quella parte. Sarebbe riuscito a prendere sonno? Probabilmente no, ma se lo doveva, lo doveva al se stesso di domani, e alla resistenza, per quella speranza riposta in lui.
    Era nervoso, da morire... era pronto a salvare il mondo, drake abrahams? – non era importante, avrebbe dovuto esserlo, e per esserlo avrebbe dovuto riposare, chiudere gli occhi e trarre quanto più beneficio possibile dal sonno. Così quindi l'uomo, che ormai aveva superato la soglia dei trenta, decise che avrebbe fatto, e rimboccandosi da sé le coperte spense la lampada sul comodino e chiuse gli occhi, stringendoli così forte che una volta rilassati poteva quasi avvertirvi un formicolio capace di conciliargli il sonno.
    Sospirò quindi e tacque, cercando di spegnere il cervello.
    Doveva solo dormire, solo dormire – rilassarsi e dormire... «hey hector, sai qual è la novità???» «hai trovato il modo di cucirti quel cesso di bocca?» rude vero – qualcosa nel petto di drake fece letteralmente “crack”, e una minuscola lacrima scivolò all'angolo dell'occhio destro, «... non importa» e un grugnito di risposta sancì il termine della discussione. Possibile che nemmeno il suo cane lo amasse???, era in quei momenti particolari che drake sentiva la mancanza del suo bestino, al; del resto anch'egli vittima sacrificale del bullismo del carlino hector – ma come si suol dire, mal comune, mezzo gaudio, e piangere insieme faceva loro bene.
    Chissà dove diavolo si era andato a cacciare quello, a proposito.
    Non aveva più avuto notizie di aloysius – poco carino suicidarsi senza lasciargli nemmeno un biglietto, e una cospicua eredità... ma naturalmente drake sapeva come l'amico non si fosse suicidato (specie ora che aveva trovato una ship sana!!!), e aveva -sempre naturalmente- una teoria dietro tutto questo: alieni, «combloddo!1!!», forze decisamente maggiori di quelle che i maghi pensavano di conoscere... e la cosa peggiore era che nessuno, ai piani alti, sembrasse troppo intenzionato a scoprire cosa fosse veramente successo in quelle lunghe notti di guerra oltreoceano. Nessuno in inghilterra sembrava essere stato particolarmente colpito da questi avvicendamenti, quasi tornasse fin troppo comodo quello sbilanciamento di poteri politici, insieme alla sparizione di così tanta gente.
    Andata, sparita; magicamente svanita senza lasciare alcuna traccia.
    Scioccamente le aveva provate tutte: persino quel ciondolo con la pietra bianca, che non era certo di aver acquistato ad una bancarella cinese ma che come effetto non poteva certo dirsi molto più efficace dalle baraccate che il suo amico chang cercava di rifilargli ogni volta che uscito da casa beccava il suo banchetto – a parte tutto, no, non aveva la minima idea di come fosse arrivato in suo possesso con un bigliettino scritto elegantemente che ne spiegava l'utilizzo... anzi, dopo aver cercato di farlo dondolare su una mappa del mondo, questo era improvvisamente impazzito, prendendo a girare vorticosamente su un punto per poi gettarsi -suicidarsi- da sé contro un muro e cadere a terra.
    Perché.
    Forse non aveva funzionato perché non poteva più dirsi “mago”... o forse più semplicemente perché si trattava dell'ennesima baraccata – in ogni caso aveva visto il ciondolo vacillare per qualche istante, prima di darsi la morte come se avesse rivelato la posizione dell'inferno stesso. Ora, drake non credeva molto a quelle cose – ma quando la solitudine si faceva sentire così, era normale per lui ricorrere ad ogni genere di sciocchezza superstiziosa, tanto per poter battere la testa contro qualcosa e non sentirsi così impotente come effettivamente era.
    Allungò un braccio e afferrò il cellulare, fissando lo schermo così vuoto senza quegli stupidi tag e foto di animali strani che si scambiavano quando fingevano di essere abbastanza giovani per fare queste cose – digitò molto lentamente un messaggio, poche parole ma sentite nel cuore, profonde come solo drake sapeva essere «mia cara; vorrei sapessi che questo potrebbe essere il mio ultimo messaggio, questa l'ultima notte in cui mi senti vivo. Il mio destino è scritto, vittorioso o vinto, tornerò nei tuoi sogni. Con amore, drake» e inviò a claire, con un ultimo sospiro arreso. Era giusto che lei sapesse, che fosse pronta; non poteva dirle molto, la missione era super segreta, pericolosa, la prima e, forse, se la sorte gli fosse stata contro, l'ultima della sua carriera da ribelle... l'unica cosa che poi aveva pensato di fare, contando le sue amicizie inserite – a partire da quell'incosciente di isaac – da quando l'inghilterra era entrata nel periodo di puro terrore di van lidova, a cui per altro nessuno riusciva ad opporsi, quasi vi fosse una pesante stanchezza diffusa.
    Motivo per cui sentiva che la propria missione si sarebbe dimostrata estremamente importante per la resistenza e il suo lavoro dietro le quinte – poi ammettiamolo, drake stava letteralmente scodinzolando al pensiero di (“guardami isaac, guarda come sono bravo!!1!”) essere visto all'opera, messo alla prova. Un trillo lo fece voltare, afferrò il telefono e aprì rapidamente la notifica della ragazza... tuttavia claire non si era sforzata più di tanto, e quel «drake torna a casa, sei ubriaco» lo convinse come fosse il caso di smettere di cercare amore esterno.
    Erano rimasti solo lui, e quella vecchia camicia di al a cui abbracciarsi durante il sonno ignorando gli insulti omofobi di hector.

    Strusciò la suola di una scarpa a terra, tastando il terreno in pietra su cui aspettava a muoversi.
    Braccia conserte e una strana espressione corrucciata in viso – l'ora non era dalla sua parte, così come il fatto che fra un pensiero e l'altro (insieme a qualche capriccio), le sue ore di sonno si erano relativamente ridotte a quanto sperato. Due belle occhiaie non avrebbero in ogni caso compromesso la riuscita della sua glorificante impresa – o la sua eroica morte, testimoniata dalla ragazza a cui era stato affiancato, evangeline harris.
    Drake non saltava mai a conclusioni affrettate, ma sperava di cuore che quella tipa non lo facesse rallentare, pff, non aveva tempo di mettersi a salvare donzelle in difficoltà – era un gentiluomo, ma si illudeva di poter fare anche il bello e dannato – il tutto in una sola volta. «spero tu abbia ricevuto le mie stesse istruzioni» pochi preamboli, nel viaggio fino al laboratorio #06 non si erano parlati troppo, e questo perché in effetti non avevano avuto molto da dire; drake si era terribilmente immedesimato nel suo ruolo da spia della resistenza, che ad uno primo sguardo avrebbe potuto tranquillamente ingannare chiunque – ma nel cuore, sarebbe rimasto sempre un drake «sai come si leggono queste cose tu, vero?» e armeggiando impanicato con la cartina tentò di indirizzarla in modo che coincidesse con l'ingresso spoglio del laboratorio: la struttura era fatiscente, nascosta in un fitto bosco a nord delle estese pianure irlandesi – all'esterno poteva certamente sembrare un vecchio edificio in rovina, ma solo recentemente era stato trovato ed evacuato, liberando i prigionieri e condannando coloro che aveva lavorato come dottori, amministratori o qualunque altra cosa all'interno del laboratorio. Uno spettro, insomma, la cui porta scardinata si apriva su una gola buia e silenziosa – tremò appena sotto gli abiti, un lungo brivido percorse l'ampia schiena portando alla memoria i tragici ricordi di pochi anni prima.
    Drake ricordava.
    E non aveva perdonato nulla di quanto subito – tuttavia aveva saputo riconoscere l'estremismo, ben lontano dalla normale fazione ribelle a cui egli stesso aveva deciso di partecipare, e nella quale aveva trovato molte persone come lui, ridotte ad animali in gabbia, indipendentemente dal tipo di orientamento politico ammettessero di avere. I principi della resistenza erano giusti, e i tempi in inghilterra si facevano troppo bui per stare in silenzio a guardare. «bene» asserì, senza staccare gli occhi dalla voragine che li attendeva «se sei pronta, possiamo entrare» una mano andò a stringersi attorno al manico di una pistola che gli era stata data presso il nuovo segreto quartier generale – purtroppo non aveva nient'altro, e la cosa più tragica con cui doveva fare i conti era che... non aveva la minima idea di come poter utilizzare il proprio potere in caso di necessità.
    «sappi che non mi farò scrupoli a lasciarti indietro se mi sarai di peso» eulà, è arrivato l'animale, quelle parole suonavano forzate persino sulla sua lingua, fra sé e sé drake fece alcune smorfie come se fosse stato lui stesso a riceverle, chiedendosi che cazzo gli stesse prendendo – storse le labbra in una smorfia poco convinta, e senza attendere la risposta della compagna, fece i primi passi verso l'ingresso di uno dei più recenti laboratori scoperti.
    Aveva un compito assai prezioso, l'avrebbe portato a termine con tutte le proprie forze... o sarebbe perito provandoci (?), claire avrebbe dovuto essere un poco più carina con lui la sera prima, tsk.
    Sarebbe mancato a tutti loro da morto, bastardi.



    Edited by #biondo che non impegna - 14/2/2018, 01:51
     
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    Evangeline D. Harris
    Una volta fuori dal Tesco più vicino all'appartamento di sua madre, Evangeline Harris si accorse di essere irrimediabilmente in ritardo sulla tabella di marcia. Piena di pacchetti e barcollando ad ogni passo, la giovane si inoltrò nella Londra babbana per tornare da sua madre di modo che potesse rifornirle il frigo ormai vuoto. Ultimamente, infatti, Margareth Harris non era stata in grado di lasciare l'appartamento in cui abitava poiché le mancavano proprio le forze, segno che la malattia stava cominciando ad evolversi. Evangeline non voleva pensarci, soprattutto perché il solo pensiero la paralizzava dal terrore, ma i segnali di un peggioramento erano tutti lì e non c'era nulla che potesse fare. La giovane medimaga, però, non era proprio il tipo di persona da starsene con le mani in mano, quindi cercava sempre di prendersi cura della donna e cercava anche di evitare il più possibile che la madre si sforzasse inutilmente. Era sua abitudine farlo anche quando aveva talmente tanti impegni da averne perso il conto, quindi era proprio una cosa che sentiva fosse suo dovere fare, nonostante tutto. Quella, ad esempio, era stata purtroppo una giornata davvero infernale per la giovane perché si era dovuta trattenere in ospedale (San Mungo) per un doppio turno causato da una mancanza di personale, poi si era ritrovata (non si sa come) ad aiutare un'anziana signora che si era smarrita (soffriva di demenza senile), in seguito aveva salvato un cane dall'essere ammazzato sotto le ruote di un'automobile extra lusso (guidata da un cretino che se n'era fregato altamente dell'animale), poi aveva incontrato un membro della Resistenza ed infine era stata fermata all'incirca trenta volte da diversi vicini di casa della madre, curiosi di sapere le ultime novità che la riguardavano. La giovane non aveva saputo dire di no a nessuno, come sempre, ed il tempo naturalmente aveva fatto il suo corso, continuando ad andare imperterrito avanti, ed era anche prevedibile -dopo una giornata così- che Evangeline si ritrovasse solo verso l'ora di cena in direzione dell'appartamento di sua madre, nonostante fosse uscita di casa quella mattina con l'intenzione di vivere una giornata super tranquilla e di rilassarsi con lei sul divano, magari con un bel film ed una tisana calda. Purtroppo però la vita è imprevedibile e questo aveva comportato lo sconvolgimento totale di tutti i suoi piani. Sperava almeno che da quel momento in poi nulla venisse a turbare nuovamente la sua serata, specialmente perché l'indomani aveva una missione speciale da compiere per conto della Resistenza e voleva essere in forma, insomma. Era anche la sua prima missione, quindi ci teneva tanto a far bella figura, sebbene le avessero fatto capire che non era nulla di che e che doveva stare attenta soprattutto al compagno che le era stato affidato, un certo Drake Abrahams, famoso pasticcione incallito. Evangeline non lo conosceva personalmente, quindi non poteva essere certa della veridicità di quelle parole, ma si sarebbe fatta ben presto un'idea più precisa (e personale). Evangeline credeva spesso e volentieri alle parole altrui, anche quando non avrebbe dovuto, però era sempre restia ad accettare dei pareri su altre persone perché ognuno aveva un proprio metro di giudizio che poteva essere simile o completamente diverso dal suo, quindi era sempre meglio farsi un'idea propria piuttosto che ascoltare ciecamente quella degli altri e partire prevenuti nei confronti di una persona. Tutto qui. Comunque, con questi pensieri che le frullavano in testa, Evangeline giunse finalmente alle porte del condominio e con le proprie chiavi salì le scale fino all'appartamento di sua madre, più morta che viva. Stava quasi per chiudersi la porta alle spalle quando una vicina (di pianerottolo) sporse la testa oltre la sua porta d'ingresso, chiamandola a gran voce e con entusiasmo. La donna si avvicinò subito alla porta, la stritolò ed Evangeline non poté che subire con forza e dignità quell'attacco improvviso. « Tesoro, come stai? L'altra volta ti ho vista di sfuggita e non sono riuscita a fermarti! » disse lei, sprimacciandole le guance. La medimaga non era più una bambina da tanto tempo, forse non lo era mai stata, eppure in quel quartiere tutti continuavano a trattarla come tale. « Sto bene, Mrs Carter, grazie. E lei? Ha bisogno di qualcosa? » chiese Evangeline, pronta a dover soddisfare l'ennesima richiesta. Se lo sentiva che la donna avesse aperto la porta per chiedere qualcosa, come sempre del resto, quindi era inutile girarci intorno, anche perché le braccia le stavano esplodendo a furia di tenere tutti quei pacchi. « Che cara ragazza! Sto benissimo... ma avrei bisogno di uova e sale. Mio marito si è dimenticato di comprarli questo pomeriggio e non se la sente di uscire... Ha il raffreddore. » disse Mrs Carter, abbassando il tono della voce alla fine della frase, con fare cospiratorio. « Ma certo, torno subito da lei. » disse Evangeline con un sorriso. Scappò dentro casa e finalmente con poca grazie lasciò cadere tutto sul tavolo della cucina, sbattendo poi sportelli vari per prendere quello che Mrs Carter le aveva chiesto. « Cara? Non è che avresti anche del limone? E del latte? Mi sono appena ricordata che non li ho. » disse ancora la signora, urlando dal pianerottolo. Evangeline alzò gli occhi al cielo, mantenendo una calma invidiabile. « Certo Mrs Carter, glieli porto subito. » disse la giovane, salutando poi la madre che entrava mestamente in cucina. Le baciò una guancia e corse dalla signora Carter, porgendole quanto richiesto. Non era la prima volta e non sarebbe stata l'ultima, eppure Evangeline non sapeva dire di no per togliersela di torno. Era fatta così. « Sei un tesoro! Saluta la mamma da parte mia! » disse infine la signora, lasciandola finalmente da sola sul pianerottolo. Evangeline, a quel punto, chiuse la porta alle spalle e si stampò un bel sorriso sulla faccia con l'intenzione di migliorare l'umore della madre. Si prospettava una bella serata.

    ♦♦♦

    La mattina dopo fu Merlin a svegliarla, con la sua lingua di carta vetrata. La giovane non aveva dormito molto, anche perché la serata non era stata delle migliori dato che la madre stava male e lamentava dolori vari, quindi avrebbe avuto proprio bisogno di qualche minuto in più... ma quando un gatto vuole qualcosa, ti tormenterà finché non l'otterrà. Ed in questo caso, Merlin aveva fame. Velocemente Evangeline si alzò, seguì il gatto nero in cucina e gli versò distrattamente dei croccantini nella ciotola, andando a sbattere l'osso della caviglia in una delle sedie del tavolo vicino. Guardò l'orologio e constatò che fosse meglio cominciare a prepararsi, quindi si vestì, fece colazione e dopo aver coccolato Merlin (che beato faceva le fusa con vigore) uscì di casa per materializzarsi nel posto concordato. Non era esattamente abituata a farlo, soprattutto perché era solita frequentare luoghi babbani frequentati, appunto, da gente non magica, ma in quel caso era l'opzione più fattibile ed anche quella più veloce. Lì trovò subito un uomo ancora abbastanza giovane (o che comunque portava i suoi anni molto bene), biondo e dagli occhi azzurri. Un tipico inglese, insomma. Evangeline stonava sempre da quel punto di vista perché era un miscuglio di tantissime razze, ma si vedeva che non era per niente inglese. Scura, occhi marroni, carnagione mediterranea. Era tutto fuorché nordica, insomma. Ma non era importante. Dall'aspetto serio, però, Drake non sembrava per niente come glielo avevano descritto, anzi. E sembrava molto convinto, specialmente di quella missione. « Si, certo. Dobbiamo esplorare questo Laboratorio e trovare eventuali oggetti / documenti lasciati indietro. » disse la giovane, quasi a cercare conferma. Non perché fosse insicura delle sue istruzioni, ma non era certa di cosa avessero detto all'uomo. Ma comunque, almeno per il momento, tutto sembrava andare per il meglio. Drake Abrahams era un po'... infastidito (?) dalla presenza di Evangeline ma la giovane decise di non dare peso alla cosa, sperando che con il tempo l'uomo si ricredesse. Chissà, magari aveva pensato che lei fosse una palla al piede. O semplicemente lei non gli era simpatica, poteva anche accadere. « Oh, si. Dai pure a me. » disse poi lei quando Drake le porse la mappa del Laboratorio in questione. Questo effettivamente era strano perché comunque le mappe, con un po' di impegno, non erano difficili da leggere, però chissà. Magari non ne aveva mai tenuta in mano una, ecco. E poi le andava bene avere questo compito, quindi si mise a studiare tranquillamente la mappa, lasciando che i suoi piedi si muovessero nel frattempo in direzione dell'ingresso. Ella non aveva mai visto un Laboratorio quindi Evangeline era particolarmente curiosa di questa cosa. La struttura non era esattamente come l'aveva immaginare: era fatiscente, quasi cadente e sporca. Non sembrava affatto sicura, onestamente, ma ci sarebbero entrati comunque. Era orribile pensare che diverse persone, tra babbani e maghi, fossero stati rapiti e torturati all'interno di strutture simili ed anche lì, sicuramente, c'erano stati dei prigionieri. Evangeline non riusciva ad immaginare una situazione più brutta. Essere privi della propria libertà, del proprio essere... probabilmente lei, al loro posto, sarebbe morta ancor prima che qualcuno potesse venire a salvarla. I due, nel frattempo, si fermarono davanti all'ingresso, un scalinata che scendeva verso il basso. « Sono pronta. Lumos. » disse lei, facendo in modo che una timida luce illuminasse i loro passi. Dovevano stare sicuramente cauti, però Evangeline era confidente nelle sue capacità. Sapeva i suoi limiti ed i suoi pregi, ed anche se non aveva mai combattuto con un'altra persona, era pronta a farlo per uscirne viva ed aiutare il suo compagno. Ciò che la spiazzò, però, fu la frase di Drake. -sappi che non mi farò scrupoli a lasciarti indietro se mi sarai di peso- e questa era una frase pesante, soprattutto per una persona che come Evangeline pensava sempre prima agli altri piuttosto che a se stessa. « N-non ti sarò di peso. » disse lei, con voce fioca. Non poteva aspettarsi che uno sconosciuto la sostenesse o che si facesse degli scrupoli nei suoi confronti, però si dovrebbe contare sul proprio compagno, no? E questa frase minava completamente tutto quello in cui Evangeline credeva. Era spiazzata. Però voleva anche dimostrarsi forte, quindi fece il primo passo verso la lunga scalinata e cominciò a scendere le scale, bacchetta alla mano per fare luce. Lanciava un'occhio alla mappa e poi tornava a guardare di fronte a sé. « Su questa mappa è segnato che la struttura è su più livelli. Nella prima zona che incontreremo ci sono degli uffici, quindi magari potremo trovare dei documenti o qualcosa del genere. Nella seconda zona, il piano inferiore, ci sono dei laboratori di sperimentazione. Nella terza zona ci sono delle celle in cui tenevano...- » disse la giovane, non riuscendo a continuare. Aveva serie difficoltà a pensare che davvero lì ci fossero state delle persone prigioniere. Persone che erano state strappate alla loro vita. « -I prigionieri. Poi c'è molto che non è chiaro. Delle stanze in cui non è segnato a cosa servissero. » disse infine, arrivando alla fine della lunga scalinata. Con la bacchetta cercò di guardarsi intorno ma era tutto una serie di corridoi con delle porte. Sembrava un labirinto, sicuramente anche per evitare che dei prigionieri potessero fuggire via facilmente.
    12/02/2018 | 07:35
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    Il motivo di tanta serietà negli occhi di un uomo come lui non era poi così difficile da intuire.
    L'unica cosa che suonava strana, forse, era l'ardore con cui aveva preso in mano la propria vita volendo di propria spontanea iniziativa affrontarla – un gesto che in 32 anni di vita non aveva mai forse avuto il coraggio di fare. Mai. Non era poi così strano se si pensava che fino a quel momento qualcuno da amare lo aveva avuto... non era, alla fine, mai stato davvero così tanto disperato, nemmeno essere vittima di un rapimento e delle torture presso i laboratori lo avevano scalfito come nel vedere una buona parte dei suoi cari sparire dal giorno alla notte.
    Sotto i suoi occhi.
    Ora, che aveva potuto rivedere tutti loro, riabbracciarli- erano spariti. Sospiri pesanti accompagnavano quella constatazione, e anche nel compiere i passi verso l'ingresso del laboratorio questi scivolavano dalle labbra in modo discreto, lasciando quasi supporre in una lieve forma di raffreddore. La ragazza che si era materializzata vicino a lui nella radura non parlava troppo, e in un'altra occasione drake non avrebbe smesso di coprire i silenzi con discorsi su discorsi, monologhi che probabilmente solo lui ascoltava- e al. Ma, appunto, non era quella la situazione più adatta a questo tipo di drake – la gola secca faticava a far vibrare le corde vocali, e quello che diceva lo lasciava uscire con una certa pigra forzatura, come se il silenzio -fin troppo agognato- fosse un piacere destinato, per convenzioni sociali, a venire infranto.
    Drake viveva bene nel silenzio.
    O forse, si era solo abituato a farlo, con la giusta dose di rassegnazione: da quando al era sparito, silenzio regnava in quel piccolo appartamento di new hovel, persino il vecchio hector non si faceva sentire, e la maggior parte delle bestemmie erano solo il frutto di qualche incubo dell'animale – non più un modo per insultare i due adulti.
    A pochi passi dal labirinto, si voltò a fissare la ragazza con quel suo solito sguardo da vecchio arcigno, lamentando chissà quale cosa da vecchio «si, certo. Dobbiamo esplorare questo Laboratorio e trovare eventuali oggetti / documenti lasciati indietro» già, ma drake non volle stare a dare conferme inutili, così come si era perso convenevoli e quant'altro – drake in tutta onestà sperava solo di trovare qualcosa, entrare in quel maledetto luogo e uscirne con qualcosa di utile, qualcosa che riscattasse il suo nome. Non gli importava di altro se non di poter rendere fruttuosa la propria esistenza come mai lo era stata negli ultimi anni.
    Non era stato un ottimo mago.
    Non era un ottimo figlio. Non era un buon fratello.
    Probabilmente non sarebbe mai stato un buon partner, ma una cosa, ora, drake voleva esserlo: uomo, fatto e finito, responsabile affidabile e in gamba abbastanza da poter essere definito tale. E quell'ingresso buio, nascosto fra le fronde di alcuni rampicanti che nel corso degli anni erano cresciuti veloci, sapeva di inizio – ma molto più istintivamente sapeva anche di dolore; l'aria ne era assuefatta, puzzava quasi, volendo lasciare una traccia indelebile dei supplizi che erano stati compiuti all'interno di quel posto ormai decadente e in rovina, in cui la natura sembrava aver preso il sopravvento.
    Lasciò alla ragazza la mappa no, non aveva la più pallida idea di come indirizzarla, e nessuno si era curato di segnare l'ingresso bastardi mettendosi a fissare di fronte a sé con aria ferma e convinta. Non che lo fosse, fare quei primi passi fu di una angoscia incredibile – il cuore si strinse quasi quando i primi passi lo portarono a dover spostare alcune fronde dall'ingresso, per poi recuperare la torcia dallo zaino e puntarla all'interno di quello stomaco nero, che sembrava solo in attesa di fagocitare i due. «Sono pronta. Lumos. N-non ti sarò di peso» le parole della ragazza uscirono con determinazione e uno strano imbarazzo, e subito drake ne sentì il peso – era stato più rude del previsto, sulla lingua quelle parole graffiavano e non erano sue, facevano nascere orribili brividi. «perfetto» e stringendo le labbra, fece il primo passo, sentendo una sensazione terribile di perdita e vertigine per tutto il passo, fin quando questo non atterrò su pavimento. solido, ben diverso da quello della foresta su cui aveva camminato per quei minuti. Il suo passo risuonò con una certa eco, rimbombando sulle pareti claustrofobiche su cui la luce della sua torcia rimbalzava, mentre quella della bacchetta della giovane creava una cupola di luce attorno a loro. Nulla di più desiderabile quando l'angoscia di quel buio sembrava solo volerli inghiottire.
    Fece altri passi, ascoltando le indicazioni di evangeline che al suo fianco reggeva in una mano la bacchetta e con l'altra stendeva la mappa, leggendone il contenuto «su questa mappa è segnato che la struttura è su più livelli. Nella prima zona che incontreremo ci sono degli uffici, quindi magari potremo trovare dei documenti o qualcosa del genere. Nella seconda zona, il piano inferiore, ci sono dei laboratori di sperimentazione. Nella terza zona ci sono delle celle in cui tenevano...-» nel mentre drake si avvicino all'uscio della prima stanza, un ingresso la cui pesante porta era stata fatta molto probabilmente saltare con una bombarda o qualche incantesimo simile; la prima sala si apriva su una lunga scalinata chiusa in un corridoio che scendeva, estremamente claustrofobico e buio, dal cui soffitto basso penzolava ancora qualche luce al neon ormai morta. I fili penzolavano poco sopra le loro teste, oscillando per quella leggera brezza che dall'ingresso si inoltrava nel cuore di quell'inferno.
    L'incertezza di evangeline durò qualche istante, il tempo di far tornare alla memoria quelle ore, quei giorni, quegli anni, chiuso in una cella come una cavia, trattato come un topo che doveva subire le scosse e dare risultati, produrre effetti sperati... per poi venir buttato via così, come un giocattolo che aveva smesso di funzionare o divertire. Ricordava ogni singolo istante di quei giorni, ormai aveva perso il conto di tutte le volte che aveva udito il rumore sordo della serratura della sua cella che scattava, o lo sbattere delle sbarre ogni volta che veniva richiusa e lui vi si aggrappava, gridando di rabbia, sbattendo il corpo ridotto all'osso fin quando stremato non crollava, respirando affannosamente e con gli occhi lucidi di stanchezza- «-I prigionieri. Poi c'è molto che non è chiaro. Delle stanze in cui non è segnato a cosa servissero» no, la ragazza non poteva immaginare cosa fosse successo lì dentro, non era passata da quella parte dell'incubo... e drake non si sentiva di colpevolizzarla per questo, non le avrebbe in alcun modo detto nulla a riguardo.
    Non avrebbe mai fatto pesare a nessun altro ciò che aveva sopportato lì dentro, fra quelle mura pallide e lisce su cui inutilmente le sue unghie avevano graffiato fino a consumarsi. «ottimo, iniziamo a cercare al primo allora» e al termine della scalinata drake fissò il vuoto oscuro che si andava a parare di fronte a loro – la luce della torcia vacillò appena, posandosi su macerie di scrivanie ribaltate, sedie dalle gambe spezzate, ancora le luci al neon staccate – fogli stracciati a terra, una confusione che era solo il riflesso di ciò che doveva essere successo lì dentro all'arrivo dei soldati. «io controllo qui, tu vai di là» e facendo un cenno alla ragazza, drake si avvicinò alla parte a sinistra della prima sala, raggiungendo una scrivania ancora integra, su cui un vecchio computer era stato bruciato e alcuni fogli sparsi disordinatamente. Vi puntò la torcia sopra, notando strane chiazze scure sui fogli e sulla parte di scrivania su cui questi erano stati posati: drake lesse giusto qualche cifra, ma per comprendere il contesto dovette prenderne in mano uno, avvicinandolo alla luce della torcia e ai propri occhi – fu allora, nello stringere le dita sottili attorno al foglio, che la testa ronzò, e la vista si offuscò, rendendolo meno stabile sulle proprie gambe.
    Di colpo, dal nulla, la sua testa fu bombardata di immagini – confuse, violente, di caos; rumori assordanti, grida, passi veloci e pesanti. Poi quella scrivania, quei fogli sparsi disordinatamente; di colpo, una testa sbattuta sul ferro della scrivania, sangue che iniziava a sgorgare caldo su quel ferro e sulla carta, gli occhi a ruotare nelle orbite in un modo poco umano.
    Altro sangue. Altre grida.
    Mollò la presa sul foglio, senza nemmeno essersi reso conto di essere appoggiato con l'altra mano al muro, di avere il respiro pesante e faticoso, la lingua gonfia a non lasciar uscire un respiro. «dio mio» sussurrò appena, non volendo che evangeline lo udisse; non appena fu certo di potersi muovere, si allontanò dal muro, abbandonando quella scrivania per potersi avvicinare a quella affianco. Del resto, se era stato scelto per quella missione, un motivo c'era – non poteva lasciarsi stroncare dal primo dei flash che avrebbe avuto quel giorno.
    La scrivania affianco alla prima era ribaltata, ma i cassetti erano finiti a terra, spargendo in parte il contenuto di questi: scostandoli con la torcia, drake controllò di cosa si trattasse – fogli di conti, a volte fascicoli di alcuni pazienti... volti a tratti così giovani da far salire una strana nausea, mentre concentrato ignorava tutto ciò che non sembrava essere utile alla causa.
    All'improvviso un sordo suono rimbombò per le pareti: inizialmente pensò si trattasse di evangeline, ma puntandola con la torcia la vide immobile, impegnata – allora spostò la torcia, puntandola su uno dei due ingressi che si aprivano da quella sala. Buio ancora più intenso, distante- nulla di rassicurante...e drake seppe che quel rumore «l'hai sentito?» proveniva da lì, da quell'altra gola stretta. Non si ripeté, e drake iniziò quasi a credere di esserselo inventato... o di aver confuso un flash della sua testa. In ogni caso, quel nuovo vuoto creava più angoscia del primo, strinse il cuore nel petto.
    paura, questo sentì dal profondo del suo petto – un terrore che ben conosceva, che faceva parte di quel passato che mai avrebbe smesso di restare lì, in quell'angolino della sua mente, a ricordargli che anche quando le cose sembravano andare per il meglio, l'essere umano sarebbe sempre stato vittima della casualità, e del dolore. «scusa... probabilmente l'ho solo immaginato» era inutile preoccupare anche la giovane, specie se non era certo di quello che succedeva attorno a lui ogni volta che si attivava il suo potere.

     
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    Evangeline D. Harris
    Accettare la mera possibilità di non essere del tutto apprezzati, specialmente dal proprio compagno di squadra, non è esattamente facile. Soprattutto se si è strettamente abituati a tutt'altro tipo di trattamento e considerazione (in generale). Ad onor del vero, infatti, Evangeline aveva vissuto perlopiù una vita molto semplice e privilegiata da questo punto di vista perché era spesso molto amata ed anche ammirata per le sue doti naturali e per il suo buon cuore, dunque era abituata ad un clima d'accettazione che era del tutto differente rispetto a quello che stava (purtroppo) vivendo in quel momento e, proprio per questo motivo, le era molto difficile accettare la situazione con calma e razionalità. Ovviamente Drake Abrahams non era il primo uomo a non averla presa a simpatia sin dall'inizio (vedi Sherman Parker), però per la giovane donna era comunque un colpo al cuore perché non poteva fare a meno di sentirsi molto delusa ed anche un po' in colpa per tutta questa situazione. Perché? Perché dal suo punto di vista c'è sempre qualcosa (un'azione) in più che puoi compiere per fare la differenza e lei evidentemente in quei pochi secondi di conoscenza iniziale aveva fatto probabilmente qualcosa che aveva portato Drake a non apprezzarla. Semplice. Anche se in realtà queste faccende sono tutt'altro che semplici, no? Però la mente di una giovane donna delusa è molto difficile che riesca a comprendere subito che talvolta certe cose vanno al di là di una banale spiegazione e che dietro certi sentimenti ci sia molto altro. Era anche possibile che Drake avesse semplicemente iniziato la giornata con il piede storto o che ritenesse tutte le donne delle emerite incapaci. No? E quindi questa "antipatia" non era necessariamente dovuta ad Evangeline -come invece lei credeva-. Insomma, tutto era possibile. La colpa non era quasi sicuramente della giovane, eppure, come sempre, ella se ne credeva l'unica responsabile. La sua era una vita molto pesante anche per questo motivo. Poteva sembrare rose e fiori perché era ben voluta da tante persone, però il problema era proprio rappresentato da lei stessa perché ad ogni occasione non faceva altro che prendersi sulle spalle più cose di quelle che poteva trasportare da sola. Una persona normale sarebbe già esplosa sotto questo peso immane ma c'era qualcosa in lei che riusciva a farle tenere duro, proprio come un supereroe nel momento del bisogno, per cui anche quando la situazione sembrava disperata lei riusciva sempre a stringere i denti e ad continuare per la sua strada. Ciò però non voleva dire che andasse avanti facilmente quando le cose non andavano per il verso giusto. Purtroppo non era così. I suoi errori l'avrebbero sempre tormentata nel profondo, proprio come era accaduto per Sherman Parker, il giovane che non era riuscito a salvare. Evangeline cercava di dimenticare l'accaduto però, purtroppo, ogni tanto il ricordo di ciò che era accaduto nel suo periodo adolescenziale tornava a tormentarla, specialmente da quando aveva rivisto l'uomo. Lo considerava il suo fallimento più grande e come tale non riusciva a farsene una ragione. Evangeline era fatta così: poteva sembrare una ragazza felice e realizzata ma dentro di lei c'era il caos più totale. E bastava davvero poco per ferirla, come il comportamento di Drake. In effetti non era mai stata il tipo di persona che abbassava la testa senza combattere ma ultimamente stava cominciando a mostrare dei segni di cedimento che erano sempre più evidenti per le persone che la conoscevano davvero. Di solito avrebbe cercato di chiacchierare per mostrarsi per quello che era davvero o si sarebbe scervellata per trovare la chiave giusta per arrivare al cuore della persona X di turno, ma il suo cervello in quel momento era totalmente in standby. D'altronde quella era la sua "prima" missione ed anche se le avevano prospettato un esito del tutto positivo e senza particolari intoppi, la giovane non poteva fare a meno di sentirsi comunque nervosa e sotto pressione. Il suo animo buono, poi, era particolarmente provato dall'atmosfera del luogo e dalle sue implicazioni. Quante persone erano state portate in quel Laboratorio? Quanti maghi e/o babbani avevano sofferto tra quelle mura sotto l'indifferenza generale dei loro aguzzini? E cosa ne era stato di loro? Evangeline non poteva neanche immaginare cosa volesse dire essere strappati totalmente dalle proprie vite per diventare dei ratti da laboratorio. Senza contare le innumerevoli torture (fisiche e psicologiche) a cui quelle povere persone erano giornalmente sottoposte! Si sentiva davvero male al solo pensiero di tutto questo e la saliva le si era bloccata in gola mentre tentava di esplorare il più cautamente possibile quella prima sala del Laboratorio. Drake ed Evangeline si erano infatti separati poco prima per poter esplorare il più rapidamente possibile tutto quello che c'era da vedere. Inutile dire che aveva molta paura di quello che avrebbe potuto trovare e la bacchetta alzata, sulla difensiva, era un chiaro segno di quanto questo sentimento fosse preponderante in lei. Ogni minimo fruscio la faceva sobbalzare ed ogni scricchiolio la faceva scattare, pronta all'attacco. La verità però era che lì non c'era nessuno ed ogni ombra che probabilmente vedeva con la coda dell'occhio era solo un banale scherzo della sua mente provata. Evangeline, allora, decisa a non lasciarsi vincere dalla paura, cominciò ad esaminare le pareti e tutto ciò che si era riversato sul pavimento alla caduta delle librerie una volta situate nella parte destra della sala. Raccolse diversi libri da terra e ne esaminò il contenuto, non trovando però nulla di interessante al loro interno. Erano semplici libri di medicina magica, tra l'altro molto simili a quelli su cui aveva studiato lei per diventare una medimaga. Oltre a quelli c'erano anche dei libri contabili dove, tra l'altro, v'era segnato anche tutto ciò che riguardava le spese sostenute per il mantenimento del Laboratorio. Non si faceva menzione di nomi, però, quindi chi fossero i finanziatori non era possibile saperlo. La giovane sospirò, posando di nuovo il libro a terra, quando un rumore rimbombò all'interno della sala, raggelandola sul posto. Una torcia la illuminò (era quella di Drake). Il fascio poi si spostò, andando ad illuminare la porta. «l'hai sentito?» chiese Drake. La giovane rimase per un attimo in silenzio perché la sua mente razionale le stava urlando che probabilmente si era immaginata tutto. No? Non c'era nessuno oltre a loro. «scusa... probabilmente l'ho solo immaginato» disse poi lui. E fu in quel momento che il cervello di Evangeline riprese a funzionare. « N-no... L'ho sentito anche io. » rispose la giovane, quasi in un sussurro. Se l'avevano sentito in due, quel rumore non poteva che essere assolutamente vero. Il problema era cercare di capire che cosa l'avesse provocato. « È possibile che sia entrato un animale? Abbiamo lasciato aperto l'ingresso, quindi è possibile, no? » chiese lei, avvicinandosi a Drake. Cercava ancora una volta di pensare in modo positivo, anche perché lo scenario in cui si trovavano era abbastanza creepy di per sé. Non avevano proprio bisogno di farsi paura da soli con le loro fantasie, quindi dovevano rimanere concentrati e speranzosi. « Cerchiamo però di fare meno rumore possibile. E teniamoci pronti. La situazione non mi piace. » disse lei, constatando l'ovvio. Era però necessario che quelle parole le pronunciasse ad alta voce. Erano in pericolo? Non lo erano? In ogni caso era sempre meglio stare attenti. Non si poteva mai sapere nella vita.
    12/02/2018 | 07:35
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  5. #biondo che non impegna
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    No, se c'era una cosa che drake non era – quello era selettivo, o di gusti difficili per le amicizie. Che ci poteva fare, del resto?, se era estremamente bonaccione e la harris avesse avuto solo la sfiga di incrociarlo in un momento di redenzione per cui pensare di sembrare figo automaticamente poteva voler significare di esserlo? – insieme ad una certa professionalità, si intende. Certamente il luogo non lo rendeva particolarmente incline alle battute e ai sorrisi affabili: per quanto diversi l'uno dall'altro, i laboratori erano sempre inquietanti ricordi che appesantivano il cuore di malumore e pensieri senz'ombra di dubbio poco aiuto in quel momento – ma per lo più si trattava di volti, immagini che si ripetevano nella sua memoria bombardandolo e confondendolo sempre di più. Inspirò l'aria polverosa di quel posto, iniziando a sentire sempre più un profondo senso di disagio... e l'avrebbe anche voluto dimostrare, per sfogo, se solo non si fosse trovato di fronte ad una ragazza che conosceva appena, alla sua prima missione, e per di più a sua volta ora molto meno sicura di quando erano entrati.
    In tutto ciò, le continue immagini che gli bombardavano la mente non aiutavano – ma anzi, rendevano ancora più vivo quel posto che doveva appartenere al passato, nulla di più, essere lo spettro di una brutta parentesi della storia del mondo magico. Alle buie pareti sporche di macchie ormai nere, si affiancavano il sangue vivo e le grida che il suo /fantastico/ potere gli permetteva di vedere, come il un loop continuo. Senza guardarla, si rivolse ad evangeline «perdonami, non sono molto avvezzo alle chiacchiere... oggi» per non dire che faceva schifo, quel giorno, come compagno d'avventura; ma era semplicemente... troppo, /troppo/ da tollerare, per fingersi di buon umore.
    E poi quel rumore, a spezzare il leggero rumore di fogli e passi a cui il suo udito si era ormai abituato – brividi lungo la schiena, quel «n-no... l'ho sentito anche io» che non lo aiutò affatto, lo fece stare peggio, dio quanto avrebbe voluto sbagliarsi – ma non lo volle dimostrare, deglutendo appena per poi fare qualche passo verso evangeline, cercando sotto il soprabito la pistola, per pura scaramanzia. «è possibile che sia entrato un animale? Abbiamo lasciato aperto l'ingresso, quindi è possibile, no?» no, perché era certo della provenienza di quel rumore, e non proveniva dalle loro spalle; ma tornato il silenzio, allargò il sorriso volendo apparire quanto meno rassicurante «allora non c'è motivo di temere nel proseguire, no?» affermò con una mezza risatina nervosa, posando l'arma dov'era e tornando a puntare il fascio di luce della torcia alla bocca buia dell'altra stanza «ho dato un'occhiata,credo che qua non ci sia altro che spese di gestione e fascicoli burocratici che sicuramente - se servivano a qualcosa - non avremmo ritrovato noi dopo anni... vado a dare un'occhiata nell'altra stanza, tu non ti allontanare troppo, per favore» ci mancava solo di perdersi... detto ciò si allontanò dalla ragazza, proseguendo con passo circospetto ma all'apparenza tranquilla.
    Non poteva dirlo, ma qualcosa di quel buio lo attirava e insieme gli incuteva tanto di quel timore da farlo esitare sulla porta: il fascio di luce non si rifletteva, ma proseguiva per qualche metro fino a venire inghiottita nell'oscurità più profonda. Sussurri, voci fievoli che dovette stare attento a riconoscere come memorie – e non reali. Scosse il capo ed entrò nel pieno buio, inspirando di nuovo la polvere pesante del posto: ci mise un po' a riconoscere quello che doveva essere solo uno spazio vuoto, di passaggio, con le luci a neon ormai spente a penzolare dalle pareti – pronte a cadere al minimo tocco. I pavimenti meno sporchi dell'altra sala, poteva quasi riconoscere le linee fra le mattonelle chiare. «vuota?» la cosa più strana era l'apparente /inutilità/ di quello spazio, quasi stretto, senza sbocchi o elementi a terra o sulle pareti che potessero in qualche modo essere interessanti – poi quell'armadio, chiuso e appoggiato alla parete, con delle tracce sul pavimento che sembravano testimoniare lo spostamento, trascinato sulle mattonelle pallide.
    Vi si avvicinò, e lo osservò – trovandolo assurdamente fuori posto in quello spazietto piccolo e claustrofobico. Ne aprì le ante, ma dentro vi trovò solo mattoni, accatastati l'uno sull'altro su ogni ripiano – nient'altro. E gli sembrò così dannatamente /assurdo/ che immediatamente si portò al lato dell'armadio, infilando le dita di una mano fra il fondo e il muro per spingere avanti il mobile, come poteva. Di nuovo, il rumore di prima tornò agghiacciante nello stesso istante in cui riuscì a spostare di qualche millimetro il mobile, tanto da puntarvi la torcia e riconoscere il buio tipico di una nuova apertura – un'altra stanza? «harris!» la chiamò, cercando di ignorare i brividi dovuti a sentire di nuovo il terribile suono. Terribile, perché sembrava provenire da uno spazio volutamente chiuso, murato, in uno stabile abbandonato da anni e apparentemente ritenuto /sicuro/, voleva morire un po' «sulla mappa è segnalata la /possibile/ presenza di uno spazio, oltre questo cubicolo?»
    Ma divorato dalla curiosità, posò a terra la torcia e con entrambe le mani iniziò a tirare il mobile prima in avanti, poi verso di sé, cercando di mettere tutta la forza che aveva nelle braccia – un'impresa affatto facile, risolvibile con magia che ops, attualmente mancava «se vuoi aiutare, sarebbe utile una mano qui» e digrignando i denti si tirò indietro, aspettando che la sua compagna risolvesse con un incantesimo quello sgradevole problema.
    Ma proprio nell'attesa, il rumore tornò ad intensificarsi, più forte – ora ripetitivo, lo sbattere quasi bestiale di qualcosa contro il mobile, seguito dal rumore di graffi e ringhi. Pistola alla mano, indietreggiò puntando il mobile, non sapendo minimamente cosa aspettarsi e come – ma quella confusione di suoni confusi e tonfi si risolse in pochi attimi, quando un'altra spinta più forte riuscì a far allargare ancora di qualche centimetro la fessura che l'abrahams stesso era riuscito a creare. Nemmeno lo vide, quando /la cosa/ uscì rapida dal buio, andando addosso alla torcia ancora posata a terra dell'uomo, scaraventandola di lato per poi proseguire disperatamente verso drake e oltre. Non provò nemmeno a sparare, l'uomo, tanto la creatura si muoveva veloce, passandogli fra le gambe rischiando quasi di compromettere il suo equilibrio e sparendo alle sue spalle, nel buio.
    Ancora qualche ringhio poi il nulla, solo il silenzio, coperto dal battito accelerato del cuore.
    «beh. Qualunque cosa fosse, ci sei andata vicina prima» poteva essere una creatura qualunque, non aveva nemmeno fatto in tempo a riconoscerla. Ora poteva sentirsi quasi sollevato, si chiedeva solo perché diavolo /tutte a lui/ e mettendo via l'arma, sperando di aver finito per il momento di angosciarsi inutilmente, raccolse la torcia e la puntò nuovamente verso la fessura fra mobile e parete.
    La spinta dell'animale l'aveva allargata di poco, quanto bastava a drake per infilare un braccio e provare nuovamente a spingere, allargandola abbastanza da poterci passare di profilo – con qualche smorfia, spinse anche con la gamba fino a potersi permettere di scivolare all'interno della nuova stanza. Non senza un po' di fatica, trattenendo la pancia il respiro, scivolò inciampando a terra: in ginocchio, con i palmi delle mani appoggiati sul pavimento polveroso, si affrettò a cercare la torcia e a puntarla nella stanza «cosa...diavolo» al contrario degli altri spazi, quella stanza – a parte la polvere – sembrava intoccata, pulita, ordinata.
    Di fronte ai suoi occhi, uno scaffale era ordinatamente coperto di cartelle, fascicoli, libri e quant'altro – il tutto intoccato se non da un sottile strato di polvere, e apparentemente catalogato con lettere. Si alzò, pulendosi distrattamente i pantaloni «questo non te lo aspetteresti mai» e mentre aspettava la ragazza si avvicinò allo scaffale, facendo per toccare dei fascicoli – subito, un nuovo flash gli fece tremare le gambe, e non fece in tempo a chiedersi cosa avrebbe visto che immediatamente nella sua testa apparve l'immagine di un uomo in camice, con in mano alcune schede; nervoso, alle sue spalle rumori confusi e trambusti, si guardava indietro mentre cercava di sistemarli a posto meticolosamente – parlando fra sé e sé in modo confuso. Poi un suono agghiacciante, di strascichio, l'uomo che si voltava lasciando cadere a terra dei fogli e correva verso drake, lo attraversava come un fantasma per poi schiantare -gridando- i pugni contro il retro del mobile, appena spostato da qualcuno in modo da coprire l'uscio della stanza. Non c'era più tempo, solo questo era riuscito a sentire nella confusione generale.
    La visione si dissolse, e turbato drake iniziò a guardarsi attorno, sempre facendo uso della – sempre più fioca – luce della torcia: sobbalzò, e lì lo vide, rannicchiato in un angolo, il grembiule ancora pallido attorno al corpo gracile e consumato. Doveva essere morto molto tempo prima, di fame o di freddo, il viso era nascosto dietro le ginocchia raccolte al petto in una posizione quasi statica e patetica – un improvviso moto di commozione per un momento gli annebbiò la vista... ma c'era poco da provare pietà, «c'è un cadavere qui dentro» annunciò con tono piatto – quei camici facevano parte di una parte della sua vita per cui non aveva mai meditato vendetta, ma che certamente non avrebbe mai dimenticato o surclassato per delle piccole storie personali. Lì dentro la gente soffriva, e moriva, per mano di coloro che indossavano quei camici. Tornò quindi a fissare lo scaffale, deciso a scoprirne di più su tanta segretezza: la mano scivolò indecisa, prima di posarsi su uno spesso raccoglitore – un altro flash, stavolta stranamente calmo: l'ambiente luminoso ricordava quello ben conosciuto dei corridoi illuminati dei laboratori; di fronte a lui una donna, rossi capelli lunghi e labbra scarlatte, il corpo completamente fasciato dal camice e gli occhi quasi impossibili da vedere, come se neanche il suo potere fosse in grado di metterne completamente a fuoco il volto. Sul petto, sopra un seno, la classica targhetta col nome della scienziata, devon rammsteiner, ricercatrice – mentre sotto il braccio teneva il raccoglitore anonimo che doveva aver cercato di toccare.
    La donna lo fissava intensamente, prima di sciogliersi in un sorriso che svelò una fila di denti che nel suo immaginario erano fin troppo simili a quelli di uno squalo.
    «come sta procedendo il progetto xy-20?»
    «per adesso, solo uno dei prototipi sembra dare risposta positiva...»
    «è già un buon inizio. Continuate con la sorveglianza degli altri finché il gene xy-20 non si risveglia anche in loro.»

    Un uomo alle sue spalle annuì, per poi girarsi e allontanarsi dalla donna, sempre con quel largo sorriso crudele in viso. La vide stringere al petto il raccoglitore, voltarsi – e prima di poter vedere altro, l'immagine si dissolse, e drake tornò al buio e al silenzio. La scena lo aveva turbato: non aveva mai sentito parlare di risveglio del gene, avendo sempre pensato che lo scopo degli scienziati fosse di stimolare lo sviluppo dei poteri... non certo una qualche forma di “risveglio” del gene sopito. Voltandosi afferrò il raccoglitore e lo aprì, sentendo la curiosità ormai muovere le mani prima ancora della ragione – e lì, di fronte a lui, apparvero delle schede con generalità, volti e informazioni che, davvero, non pensava di poter trovare all'interno di quella struttura fatiscente.
    Li scorse, leggendo su tutti – a caratteri cubitali – la sigla project xy-20, ma riguardo ad esso nessuna descrizione plausibile: fototessere con volti per lo più giovani, maschili e femminili, in apparenza tutti bambini. Scorse i nomi e inizialmente non ne riconobbe nessuno, chiedendosi cosa significassero i numeri che lo precedevano; poi qualcosa frenò il vagare agitato del suo sguardo, così come le mani.

    “prototipo 02. nicole rivera”


    perché lui quel nome lo conosceva, e anche piuttosto bene. Il problema era: perché diavolo il suo nome fosse lì in una scheda insieme a una fototessera e diverse foto, palesemente prese di sfuggita mentre una bambina giocava in un parco o stava mano a mano con un adulto – a fianco, parole su parole che l'uomo lesse di sfuggita ma senza comprendere, quel “soggetto sotto osservazione”, “inserimento nel nucleo famigliare dell'elemento di controllo” saltarono subito agli occhi, insieme a quell'aggiunta in rosso, alla fine del referto, in calligrafia decisa “alla maggior età il soggetto non ha dato segni di risposta al gene xy-20; si procede con la procedura di internamento” che non suonava affatto rassicurante – un po' come ritrovarsi davanti il sorriso della dottoressa.
    Decise di non farne parola con la harris, nascondendo il raccoglitore sotto la giacca con nonchalance – come se fosse suo, non certo un elemento da far vedere ad altri occhi. Solo una persona ora come ora aveva diritto di vederlo. «qua è pieno di roba che forse nemmeno alla resistenza si aspettavano che trovassimo...» già, e ora osservava quello scaffale particolarmente inquietato. Cosa diavolo significavano tutti quei volti, quei numeri, e quel diavolo di gene?



    Edited by #biondo che non impegna - 28/10/2018, 01:06
     
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    Evangeline D. Harris
    "Ho paura" pensò la strega, cercando di calmare il suo cuore impazzito. Quella era probabilmente la prima volta che si lasciava suggestionare dal luogo in cui si trovava e, proprio per questo, si sentiva totalmente sotto-sopra. Per fortuna, infatti, non era mai stata una persona facilmente impressionabile o paurosa, eppure in quel momento, dall'alto dei suoi ventisei anni d'età, desiderava ardentemente avere un lenzuolo sotto al quale nascondersi (proprio come una bambina di tre anni). La giovane non era sola, infatti aveva accanto a sé il suo improvvisato compagno d'avventura -Drake Abrahams-, ma forse, specialmente per com'era iniziata questa loro conoscenza, non si sentiva di poter esattamente contare sull'uomo. Per carità Drake si era pure scusato, però era difficile dimenticare tutto, no? Soprattutto in un momento particolare come quello in cui poteva esserci un pazzo armato d'ascia proprio da qualche parte all'interno del laboratorio. "Ok, calma. Ho visto troppi film horror. Va tutto bene." pensò Evangeline, immaginando già quello che avrebbe potuto dire sua madre: «Dee, tesoro... La paura è solo nella tua testa. Ragiona e sconfiggila.». Ed in effetti aveva ragione.

    Paura: stato emotivo consistente in un senso di insicurezza, di smarrimento e di ansia di fronte a un pericolo reale o immaginario o dinanzi a cosa o a fatto che sia o si creda dannoso; più o meno intenso secondo le persone e le circostanze, assume il carattere di un turbamento forte e improvviso quando il pericolo si presenti inaspettato, colga di sorpresa o comunque appaia imminente. - [ cit. Enciclopedia Treccani]

    "Si, ok. Ma il significato della parola non mi aiuta!" pensò la giovane, troppo abituata a nascondersi dietro il suo sapere pur di non affrontare una realtà scomoda in cui ella si rivelava essere più debole di quanto sperava d'essere. «allora non c'è motivo di temere nel proseguire, no?» disse Drake, dimostrando più coraggio di quanto ne avesse Evangeline in quel momento. Esattamente non sapeva perché ella si sentisse così. Non era da lei. Di solito affrontava sempre tutto di petto, senza esitazioni, perché in fondo era quello che ci si aspettava da lei, ma forse la storia del luogo, le terribili cose che c'erano avvenute dentro ed il pensiero che forse da qualche altra parte ancora esistevano dei laboratori attivi... beh, la stavano davvero mettendo sotto pressione. «ho dato un'occhiata,credo che qua non ci sia altro che spese di gestione e fascicoli burocratici che sicuramente - se servivano a qualcosa - non avremmo ritrovato noi dopo anni... vado a dare un'occhiata nell'altra stanza, tu non ti allontanare troppo, per favore» disse ancora Drake e, senza darle neanche il tempo di replicare, si allontanò. "Dividersi è una PESSIMA idea." pensò subito la ragazza, guardandosi attorno sconsolata. Ogni ombra le sembrava quasi un mostro pronto a prenderla e ad ucciderla. Con la coda dell'occhio le sembrava che qualcosa camminasse nelle zone più scure della stanza e poteva giurare di sentirsi osservata, ma in realtà era sola. "Che mi sta succedendo?" si chiese. E si sentiva anche tremendamente in colpa perché quella era la sua prima missione eppure, invece di fare bella figura, stava rischiando di mandare tutto all'aria perché stava avendo paura del nulla. Perché, parliamoci chiaro, lì non c'era nessuno. Era tutto nella testa di Evangeline. "Dovevo essere io quella che teneva Drake sotto controllo... ed invece è lui che sta dimostrando di essere adatto a questa missione." pensò ancora la strega, vergognandosene. Da qualche tempo a questa parte tutto ciò in cui credeva si stava rivelando non essere vero, quindi la giovane donna stava davvero entrando in crisi. "Tutto è iniziato quando ho creduto di avere delle visioni... ed in realtà era tutto dovuto al maxi Oblivion." pensò la strega, sedendosi sul duro pavimento gelido. Ricordava ancora quei momenti di totale sconforto dove aveva davvero creduto di aver perso la sua mente. Aveva fatto molto affidamento su di essa nel corso degli anni e temeva davvero di star perdendo ogni capacità cognitiva, ma così per fortuna non era stato. L'aveva capito grazie al prezioso aiuto di Nicole Rivera, la sua migliore amica, e non poteva essergliene più grata... però quel duro periodo l'aveva fiaccata più del previsto. Per la prima volta si era vista totalmente indifesa perché se stava diventando pazza c'era ben poco che potesse fare, così come per la malattia della madre. Fu lì che capì che l'unica cosa di cui avesse davvero paura era proprio la natura stessa perché imprevedibile ed inarrestabile. "Come medimago posso fare molto ma anche molto poco. Certe cose neanche io le posso fermare..." pensò Evangeline. E tutto ciò era tristemente vero. «harris!» sentì poi la voce di Abrahams esclamare. « Drake?! » urlò anche lei, troppo spaventata per ricordare le formalità. La strega si precipitò comunque verso il collega, bacchetta alla mano. Fu un po' difficile trovarlo -nonostante si trovasse nella stanza accanto- perché il luogo era troppo spettrale e già lei era entrata nel terribile tunnel della paura, quindi... Ma in ogni caso cercò di fare del suo meglio, illuminando la via con la sua bacchetta. Finché non arrivò proprio dove si trovava Drake. « È tutto ok? È successo qualcosa? » chiese la donna preoccupata, ma a prima vista sembrava che la situazione fosse sotto controllo. Neanche Drake sembrava spaventato, quindi Evangeline si rilassò di conseguenza, continuando però ad illuminare bene l'ambiente tenendo la bacchetta fin sopra la sua testa. «sulla mappa è segnalata la /possibile/ presenza di uno spazio, oltre questo cubicolo?» chiese l'uomo e la donna prima guardò verso il mobile e poi i suoi fianchi, ricordandosi di dover uscire la mappa dalla tasca per controllarla. La giovane la esaminò con molta attenzione, concludendo però che effettivamente lì non era segnato nulla. Sebbene potenzialmente ci fosse tutto lo spazio per creare una camera nascosta. « No, qui non è segnato. Però non mi sentirei di escludere che ci sia effettivamente qualcosa lì dietro. Ottimo lavoro, Abrahams. » disse la donna. Anche dal tono di voce si poteva facilmente intuire come il suo spirito si fosse leggermente alzato, sia perché non era più sola e sia perché aveva finalmente qualcosa con cui distrarsi. "Un enigma è sempre quello che ci vuole!" pensò lei, esaminando un po' più da vicino il mobile ed il pavimento. Effettivamente c'erano chiari segni di un trascinamento, il che faceva supporre che il mobile fosse stato spostato. Drake cominciò subito a tirarlo verso di sé, con pochi risultati. «se vuoi aiutare, sarebbe utile una mano qui» disse subito lui, al che Evangeline arrossì di brutto. « Scusa. » disse subito lei, inginocchiandosi. Pensava di doverlo aiutare usando la forza bruta ma poi si rese conto di essere una strega. "OH MA TI PREGO. SVEGLIATI, DEE" pensò lei, morendo dalla voglia di uccidersi a suon di colpi in testa. « Scusami. Sono una strega ma uso la mia bacchetta solo quando lavoro. Conduco perlopiù una vita babbana. » disse la giovane per giustificarsi. La madre di Evangeline era una babbana e quella realtà era l'unica che aveva conosciuto fino all'età di 11 anni quando aveva ricevuto la sua lettera per Hogwarts. Dopodiché aveva sempre vissuto una vita a metà ma, per quanto la magia fosse una delle cose più belle al mondo, era il mondo babbano a legarla alla madre e ci era particolarmente affezionata, tanto da usare la magia solo in particolari occasioni e non il contrario. Evangeline era una strega molto particolare. « Faccio subito. » disse ancora lei e si mise in posizione, incantesimo sulla punta della lingua. Stava per pronunciarlo ma all'improvviso cominciarono a sentirsi dei forti rumori provenienti dall'altra parte del mobile. Qualcosa stava insistentemente graffiando il mobile e ringhiando. "SONO IN UN FILM HORROR!" pensò subito la strega, puntando la bacchetta verso il nulla. Purtroppo, infatti, qualunque cosa ci fosse dall'altra parte non era in vista ma lo sarebbe stato a breve. Con un colpo secco, qualcosa difatti spuntò nella stanza ma passò così velocemente che nessuno capì cosa fosse. « AAAAAAAA! » urlò Evangeline, indietreggiando. Vide qualcosa arrivare molto vicino al suo compagno ma non si fermò. Andò oltre e sparì. Inutile sottolineare quanto la strega fosse sconvolta. Si teneva il petto con la mano ma questo non bastò di certo a farla calmare. "Che razza di missione!" pensò la ragazza, lasciandosi andare sul pavimento gelido. Le gambe non le reggevano più. «beh. Qualunque cosa fosse, ci sei andata vicina prima» disse Drake, al che Evangeline cominciò a sorridere nervosa. Che assurdità! Oddio. Era tutto così maledettamente assurdo. « Spaventata a morte da un'animale. Bene. Di sicuro ricorderò per luuuuungo tempo questa giornata. Ti giuro che non mi era mai capitato. Che vergogna! » pensò Evangeline continuando a sorridere tra sé. Non sapeva neanche perché stesse ridendo ma forse il punto era che ormai avevano scoperto l'intruso e quindi non c'era più pericolo. Erano liberi, più o meno, e l'imbarazzo per quella paura immotivata doveva essere sfogato in qualche modo (ed ecco il perché delle risate). "Sono patetica... lo ammetto." pensò ancora lei, lasciando calmare il suo cuore impazzito. Nel frattempo il suo compagno aveva ricominciato ad indagare, esaminando la fessura dalla quale era uscito quell'essere misterioso. Evangeline lo osservò contorcersi per entrare all'interno di quell'ambiente sconosciuto. Lei però non lo seguì, rimanendo ancora un po' a calmarsi sul pavimento (bacchetta sempre accesa). «questo non te lo aspetteresti mai» disse Drake. La sua voce rimbombava leggermente nel silenzio, quindi era perfettamente udibile anche da dove si trovava Evangeline. Curiosa, la strega seguì l'uomo, passando con un po' di difficoltà nella fessura creatasi grazie al passaggio dell'animale. Ciò che la donna vide fu un'altra stanza (segreta) che sembrava quasi intoccata dal tempo. C'era polvere, ovviamente, ma era immacolata rispetto a tutte le altre stanza del laboratorio, il che faceva supporre che nessuno l'avesse trovata quanto il lab era stato chiuso e perquisito. « Straordinario! » disse la donna, esaminando con lo sguardo tutti quei fascicoli intoccati. « Ci sono così tante cose da revisionare che nemmeno in un giornata intera riusciremmo a farcela! » disse ancora lei, cercando qualcosa dalla quale incominciare. Tutta la paura di poco prima era letteralmente scomparsa, quasi per magia. Evangeline pensò che quella fosse decisamente la sua occasione per riscattarsi sia ai suoi occhi che agli occhi del compagno, quindi cominciò a sfogliare un libro. Il tema del libro era sicuramente 'medicina', infatti si trattava di uno studio approfondito sui geni e la loro ereditarietà. Sembrava una lettura molto interessante, ma ancora una volta l'attenzione della strega venne rapita da altro. «c'è un cadavere qui dentro» annunciò Drake. La testa di Evangeline scattò subito verso di lui e, nell'ombra, la donna riuscì a distinguere la sagoma di un uomo. « Oh mio dio. » disse lei, portando le mani alla bocca. Evangeline si avvicinò, con coraggio. Era abituata alla morte, più o meno. Purtroppo non era sempre facile tenere vivo un paziente, specialmente di quelli che arrivavano d'urgente al pronto soccorso magico. Alcune volte le ferite erano troppo gravi o il paziente non veniva portato in tempo, dunque poteva succedere che nessuno dei medimaghi riuscisse a far qualcosa per quella persona. Per questo quel cadavere non riuscì a spaventarla. Evangeline aveva dei guanti nella tasca del suo soprabito e li tirò fuori, pronta per esaminare il cadavere. Non ci voleva un genio per capire chi fosse: un medico del laboratorio. L'uomo indossava un camice, il che lo rendeva facilmente riconoscibile. Il viso era scheletrico, il corpo era rigido e non emanava quasi alcun odore. Sembrava cristallizzato. La temperatura della stanza sicuramente aveva aiutato il corpo a mantenersi in uno stato semi-inalterato, anche se ovviamente i segni della morte erano ovunque. Gli occhi dell'uomo erano chiusi. « C'è chi direbbe che hai avuto quello che ti meritavi. » disse la donna, osservando ancora quel corpo inerme. « E forse hanno ragione... » disse infine, anche se Evangeline non era il tipo di persona che credeva nel karma o nella giustizia divina. Per sua esperienza personale credeva che fossero proprio i più meritevoli a soffrire maggiormente, ma non era questo il caso. Quell'uomo aveva sicuramente contribuito alla tortura di vittime innocenti, il che non poteva essere perdonato. Ma davanti alla morte di quell'uomo non riusciva a provare né un senso di giustizia né tristezza. Non provava proprio nulla se non un senso di finalità. «qua è pieno di roba che forse nemmeno alla resistenza si aspettavano che trovassimo...» disse Drake che, ovviamente, non poteva neanche immaginare quanto le sue parole fossero veritiere. Solo Evangeline sapeva quanto quella missione in realtà fosse perlopiù solo di facciata, eppure si era rivelata tutt'altro. « Il nostro cadavere qui doveva avere un bel segreto da tenere nascosto, altrimenti non si sarebbe nascosto qui e non sarebbe morto di fame e freddo. » disse lei, avvicinandosi a Drake. « Dobbiamo assolutamente leggere ogni cosa. Potrebbero esserci delle informazioni di vitale importanza! Poco fa ho aperto un libro sullo studio dei geni che sembrava promettere molto bene. » disse ancora lei, avvicinandosi nuovamente a dove aveva poggiato il libro prima di andare ad esaminare il cadavere. « Hai già notato qualcosa? » chiese lei, notando un atteggiamento strano nel suo compagno.
    12/02/2018 | 07:35
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