Is that who I truly am? I truly don't have a chance

au!cj + sandy

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +4    
     
    .
    Avatar

    you want to take the lead and hurt first.

    Group
    Rebel
    Posts
    485
    Spolliciometro
    +1,048

    Status
    Offline
    i'm fairly local
    cj hamilton
    telepathy | gryffindor
    14.12.2017 | h: 20:45
    Infilò le mani in tasca, il capo reclinato all’indietro ad attendere pazientemente che le porte scorrevoli facessero il loro lavoro. Un cenno con il capo alla segretaria dietro la scrivania ovale, un mezzo sorriso annoiato a tirare un angolo delle labbra verso l’alto, prima d’infilarsi diretto all’interno dell’ufficio. Ufficio, poi, gli sembrava sempre una parola un po’ azzardata per descrivere quel che, a conti fatti, era: un loft. «yo» esordì, sentendosi magnanimo nell’inarcare solo un sopracciglio anziché commentare la situazione all’interno del locale – uno credeva d’essersi abituato alle stranezze dell’universo, e poi heidrunharvelle. Passò il pollice sulla punta del naso, prima di lasciarsi cadere a peso morto sul divano in pelle, le gambe già allungate sul tavolino. «ero a scuola» masticò a denti stretti, abbandonando le iridi acquamarina sul materassino al centro della stanza. Seduta a gambe incrociate, la schiena all’enorme finestra affacciata su Londra, Heidrun si limitò a portarsi l’indice davanti alle labbra per intimargli di tacere. Tipico. CJ fece schioccare la lingua sul palato sbuffando l’abbozzo di una risata, dita intrecciate dietro la nuca ed occhi piantati sul soffitto. Non che Hogwarts fosse una priorità del telepata, anzi – ma ci provava sempre, CJ, a far credere alla Harvelle di avere di meglio da fare che non scattare sull’attenti non appena lei lo mandava a chiamare.
    Che non era vero, eh. CJ Hamilton, della sua vita, non faceva letteralmente un cazzo: la Kapah del Laboratorio gli offriva i giusti passatempi dei quali ogni adolescente medio aveva bisogno – torturare qualcuno, ucciderlo: solite cose – quindi non aveva nulla di che lamentarsi. Semplicemente, CJ viveva per irritare le persone. Non se la viveva bene, il Grifondoro, finchè non riusciva a staccargli il sorriso dalla bocca pezzo dopo fottuto pezzo. «non ti pago per lamentarti» ribattè lei, aprendo un solo occhio verde. Alzò un indice, e Tipo apparve dal nulla per porgerle la cannuccia di qualche stronzata bio dal colore tutt’altro che gradevole. CJ arricciò il naso e distolse lo sguardo, riportandolo sul più interessante soffitto. «Tipo, a quando il suicidio?» lui, come sempre, non gli rispose. Tipo, Coso, e Quello erano le uniche tre persone sulla faccia della terra che gli suscitassero un sincero moto di compassione: non erano nulla più che parte dell’arredamento, più simili ad utili lampadari che ad esseri umani. Run, in quanto mimetica, di suo non sapeva fare un cazzo – quindi perché armarsi di Elfi Domestici, quando poteva offrire vitto, alloggio, e la mia fantastika compagnia a tre poveri cristi? E non gente a caso, figurarsi: Tipo era un cronocineta, «odio fare le cose di fretta»; Coso era un telecineta, « di certo il mini bar non si apre da solo»; Quello era un pirocineta, «mi piace dare fuoco alle cose. ed alle persone – ma soprattutto alle cose. no, soprattutto alle persone. Non lo so, è una scelta difficile».
    Insomma.
    «infatti non mi paghi punto» precisò, ruotando allusivo lo sguardo sulla ragazza. Lei liquidò la faccenda con un lento cenno della mano, prima di tornare a fare solo Dio (probabilmente, neanche lui) sapeva cosa. CJ serrò le palpebre ed inspirò seccato dalle narici, una spinta con i lombi per alzarsi a sedere. «ammiratore segreto?» afferrò una busta e la rigirò fra le lunghe dita sottili. Quello, perlomeno, suscitò una qualche sorta di reazione: «fatti i cazzi tuoi», con tanto di lettera strappata dalle mani di CJ senza ch’ella dovesse muovere alcun muscolo, «e la posta degli ammiratori è lì» seguì il movimento del capo di lei verso … esageratemene troppe lettere. Aveva come la sensazione che lì in mezzo ci fossero anche minacce di morte, ma chi era lui per farlo notare?
    «figurati.»
    Ah già: CJ Hamilton. Heidrun si umettò le labbra, ed aprì infine entrambi gli occhi per squadrarlo. Il Grifondoro non ricordava da quanto andasse avanti quella simbiosi mutualistica che aveva portato i due a divenire colleghi - fra Eletti, si diceva, bisognava pararsi il culo a vicenda. Sinceramente, all’Hamilton, non fregava un cazzo di nessuno: finchè lui stava una favola e suo fratello una meraviglia, il resto del mondo poteva anche iniziare e concludere guerre civili, che lui non avrebbe mosso mezzo dito – a meno che non si fosse annoiato, in quel caso sarebbe stato in prima fila. Gli dispiaceva per gli Indegni? No. Provava un qualche senso di cameratismo nei confronti degli Scelti? Sticazzi. Gli Eletti erano la nuova massoneria? Meh. Probabilmente sì, ma non era roba che faceva al caso suo: era una fottuta bandiera, CJ – ed era il vento stesso a spostarla. «chi devo uccidere oggi?» la solita domanda di rito che d’ironico non aveva nulla, ma faceva comunque sorridere entrambi – un po’ perché era tradizione, ed un po’ perché ambedue avevano un macabro senso dell’umorismo. La Harvelle sospirò, allungandosi per sfiorare la punta dei propri piedi con le dita. «c’è un tipo che mi irrita» «sciokkanteh» commentò, perché scioccante non lo era affatto. Lo ignorò. «il suo account instagram è save-the-whale-87. Fai il tuo dovere, da bravo bimbo» il telepata inarcò un sopracciglio, e sospirò piano. Il suo dovere era: trovare il soggetto in questione, valutare se valesse la pena farlo vivere, ed agire di conseguenza – ucciderlo sul momento, o mandare in ricognizione Lowell ed Hamilton. A scanso di equivoci, l’altra, Hamilton. Non sapeva quante volte nella sua vita gli fosse stata posta la stessa domanda, e la risposta era sempre la stessa: no. Cristo, oltre ad essere uno dei cognomi inglesi più diffusi, c’erano almeno venticinque città che si chiamavano così – gli sembrava cugino della cittadina dell’Alabama? Eppure si chiamavano allo stesso modo!&&
    Che cazzo. CJ aveva imparato presto a stringersi nelle spalle, ed a sorridere millantando che gli unici legami di sangue di cui fosse certo (perché nel suo cuore, lo era) erano Raymond e Floyd Hamilton – quando si sentiva particolarmente buono, anche John. Aveva provato a convincere Rea di essere il suo daddy, ma per quanto fosse fiko essere un Eletto, dubitava di poter sopravvivere a quel che aveva visto dentro la testa della bella riccia.
    Lo so, stupefacente, ma perfino CJ conosceva i propri limiti solo nell’au, non temete fanz.
    Grugnì premendo sui braccioli del divano per alzarsi in piedi. Era quasi uscito, quando Heidrun lo richiamò all’interno dell’ufficio. «mh?» conosceva la Harvelle da anni, ma non ricordava di averla mai vista così a… disagio? Per osmosi, si sentì in difficoltà anche lui, gli occhi a posarsi ovunque eccetto che su Run. Fu tentato di dare una sbirciata fra i suoi pensieri, ma aveva sinceramente timore di quel che avrebbe potuto trovare.
    O non trovare, ad essere onesti. «avrei bisogno di un favore.»

    «e certo,» strappò l’involucro delle sigarette con i denti, e sputò la plastica sul marciapiede. Non bastava che dovesse cercare il fantomatico salva-sticazzi-1numero basandosi su un account instagram, doveva pure fare la Maria Defilippamilaminchia rintracciando gente del tutto sconosciuta su basi… ignote. Per chi l’aveva preso? «come se fossi il fottuto ispettore gadget» strinse una sigaretta fra le labbra accendendola distrattamente con un fiammifero, i passi a risuonare nella strada deserta di Londra. Scosse il capo con stizza, sopracciglia corrugate mentre imprecava fra sé e sé – che poi, la bionda delle foto, credeva di averla già vista, così come il nanetto dalla capigliatura alla Elvis. Perché non aveva chiesto a BJ di fare il Conan della situazione? A lui piaceva tutta quella roba da fottuti stalker, CJ era più per le maniere forte (e, da quanto aveva capito, non doveva malmenare nessuno dei presenti nelle pellicole – neanche quello con gli occhialetti, lo so, assurdo). Soffiò il fumo dalle narici, gli occhi una fessura di gelido giada. Secondo le sue sapute ricerche (grz facebook) Salva i Criceti si chiamava Phobos Campbell, ed era un fiero sostenitore dei succhi di frutta con la buccia.
    Con la
    Buccia. Non chiedetegli perché - CJ aveva smesso di farsi domande diciassette anni prima. Fortunatamente per tutta la popolazione di Londra, c’era solamente un locale che serviva quel genere di bevanda (?? Già detto che la buccia era intera? io veramente.) ed era lì che, l’affidabile Grifo, s’era diretto.
    Quel che non s’era aspettato, era lo spettacolo messo in scena nella piazza di fronte al locale.
    La prima cosa che notò, furono le persone - tante, un apparentemente interessato gruppo di hipster.
    La seconda, l’albero - molto grande, molto verde, molto tante cose di cui CJ non se ne fotteva una sega.
    La terza, impossibile da ignorare, l’uomo vestito da albero.
    Per un po’ ci sperò, CJ, che non fosse Phobos. Soffiò il fumo a labbra dischiuse, il filtro stretto fra i denti. Quando vide Banano!Phobos approcciarsi al tronco (quello vero, per intenderci), infilò le mani in tasca e si avvicinò ad un tipo anzi topo intento ad osservare la scena con il medesimo, poco, interesse.
    «cinque sterline che ora lo lecca» osservò apatico reclinando il capo da un lato, senza guardare Sunday De Thirteenth.




    The world around us is burning but we're so cold
    It's the few, the proud, and the emotional
     
    .
  2.     +4    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Special Born
    Posts
    251
    Spolliciometro
    +505

    Status
    Offline
    freak show
    gryffindor
    2043: ronan
    sunday
    de thirteenth
    Good kid just dying to be fucked up // living like a lost cause
    Soffiò un filo di denso fumo dalle labbra spaccate, incurante come ad ogni altro tiro precedente del catrame a prudere sulle ferite ed a bruciare come carbone ardente sulla carne, le spalle poggiate contro un lampione appena spentosi nelle prime luci del mattino e gli occhi cerulei fissi sull’abitazione dall’altro lato della strada. Respirando sembrava che ogni costola contusa dalla notte appena trascorsa fuori dal nascondiglio sicuro gemesse con voce propria, ma Sunday De Thirteenth non poteva fare altro che ignorarle: dire che non facevano alcun male sarebbe stata una cazzata troppo grossa persino per l’americano, ma facevano meno male di quanto potesse fargli qualsiasi altra cosa in quel momento; in più, se l’era volutamente cercate – più del solito, a dirla tutta. Nessuno l’aveva di certo costretto ad andare in giro con la fascia da Indegno per i pub della Londra magica ad insultare ubriachi Eletti di sta minchia. L’unica accortezza che si era permesso di prendere, quella volta come altre negli ultimi dieci giorni, era stata quella di selezionare i locali nei quali andare a farsi picchiare di propria spontanea volontà: che fosse un focoso amante del dolore fisico era un dato di fatto innegabile, ma aveva solo sedici anni e, sinceramente, ci teneva ad arrivare almeno ai venti senza venire ucciso o sbattuto nella Azkaban alternativa di quel mondo di merda; grande conoscitore di risse da bar qual era, il Grifondoro sapeva riconoscere perfettamente quando la gente era lercia quanto bastasse per fare il coglione ed uscirne solo gravemente ammaccato, e quando invece era il caso di farsi i cazzi propri che altrimenti sarebbe finita davvero molto male.
    Trasse un ultimo tiro di tabacco e nicotina, prima di schiccherare la sigaretta ormai al filtro per la strada affatto trafficata; c’era solo un uomo di passaggio, e mentirei se dicessi che il moro non avesse indirizzato il lancio nella sua direzione: bruciava dentro, Sunday, e nel capriccio di un viziato bambino, egoista ed egocentrico dalla punta dei lisci capelli corvini all’unghia del mignolo del piede, non voleva altro che vedere il resto del fottuto mondo prendere fuoco a sua volta. Se nel suo piccolo aveva l’opportunità di velocizzare un tale processo, non poteva che esserne felice – anche se quel “suo piccolo” si rivelava essere davvero molto, piccolo: era un tipo pretenzioso sotto determinati punti di vista, ma non si aspettava realmente di appiccare un incendio con un mozzicone scagliandolo addosso ad una persona; magari avesse potuto. Automaticamente, nel momento in cui l’altro si volse indignato nella sua direzione, il ragazzo ritenne lecito ed opportuno alzare un dito medio in risposta alle braccia allargate. Sollevò anche l’altro, dopo aver posato la bottiglia a terra, quando vide gli occhi di Tizio soffermarsi sull’ematoma a spiccare sullo zigomo in un evidente contrasto con la pelle diafana del De Thirteenth.
    Di chiedergli cosa avesse da guardare, non ne aveva né voglia né voce; di spiegargli cosa fosse successo, seppure buon Dio sentisse la necessità di parlare con una qualche maledetta anima viva, ancor meno. Cosa poteva capirne, lui.
    Cosa avrebbe potuto farci, qualora Sandy gli avesse detto che non ci era capitato per sbaglio di finire in mezzo ad una rissa, e che non l’aveva scatenata soltanto nel frivolo impeto da ricco ragazzo d’alta borghesia che aveva sempre avuto tutto senza mai doverlo chiedere o sudarselo, e che ogni tanto aveva bisogno di sentirsi un po’ più di quello – e che nel sangue sputato sull’asfalto, nella vista opaca a suscitare una risata grezza che raschiava il palato, trovava tutto ciò che non era mai stato e che si era sempre sentito. Cosa gli sarebbe significata, la necessità del sedicenne di sentire altro - altro che non fosse quel vuoto sulla bocca dello stomaco, quel liquido bitume a cementificare i polmoni, quegli aghi a perforare la gola ad ogni fottuto respiro, trasformando l’aria da bisogno a dolore nel suo stato più infame.
    Non gliene sarebbe fregato un cazzo del fatto che Sandy era da solo da dieci fottutissimi giorni, e quello non dubitava che potesse fregargliene di meno se si fosse dimostrato interessato o no.
    Mantenne le dita alzate fino a quando Stronzo non fosse stato abbastanza lontano da non curarsene più, per poi riprendere quella che fino a qualche ora prima era stata una bottiglia di birra – ma non c’era più l’alcol a bagnarne i bordi, né si poteva dire che il collo fosse completamente intatto: poteva passare più per un’arma contundente, sbeccata com’era in quel momento, piuttosto che ciò che realmente era; non che gliene fregasse più di tanto, sinceramente.
    Tutto il suo interesse, era per la villa oltre la carreggiata.
    Ancora aspettava, lì immobile come tutte le mattine da nove giorni a quella parte; ancora si aspettava che succedesse qualcosa, ma tutto ciò che contemplava mano a mano che si andava avvicinando il suo diciassettesimo compleanno era un cane bavoso che, puntuale come il gufo a portare le quotidiane missive, usciva a recuperare giornale e lettere varie – sperava bollette salate, con tutto il proprio cuore -, ed un cocainomane che di tanto in tanto usciva dal proprio uscio per portare a spasso Rocky.
    Dopo diciassette (diciassette!, cristo santo) giorni passati senza ricevere uno straccio di loro notizia, ogni tanto sperava che ad uscire dalla porta fossero una chioma bionda ed una rosso acceso, un alpaca al guinzaglio mentre ancora, dopo tutto quel tempo, discutevano su quale delle due avesse avuto il membro più bello fino a qualche mese prima. Aveva sempre, tutte le volte che tiravano fuori discorsi del genere, riservato alle gemelle uno sguardo a metà tra il disgustato e l’accademicamente curioso, dicendo loro di girare alla larga dai suoi affari - che potevano essere il Covo, o semplicemente nulla: gli piaceva rimanere disteso sulle sdraio dell’immenso giardino anche d’inverno, e per lui quello era business. Avrebbe speso tutti i soldi che aveva lasciato in quella stessa dimora, ma in un’evidente altra vita, per sentire le voci di Friday e Wednesday schiamazzare sugli affari più leggeri e lascivi con la semplicità che aveva sempre caratterizzato le sue sorelle, soltanto per poter ribadire loro per l’ennesima volta, di non parlare dei loro peni in giardino – e sorriderne vago con una sigaretta stretta tra i denti, dietro le lenti scure degli occhiali da sole le iridi di ghiaccio a sciogliersi perché erano Fray e Wendy.
    Dopo dieci, e nove, e otto giorni, ancora si illudeva di veder uscire con le primi luci dell’alba, gli occhi rossi e le labbra piegate dall’ennesima nottata passata senza dormire nella dependance, i suoi amici dalla casetta sul retro, sgattaiolando in maniera decisamente rumorosa e molto poco discreta via dal quartiere – e solo per il gusto di farlo, perché dal primo all’ultimo i Freaks sapevano quanto non sarebbe stato un problema, per lui, se fossero rimasti lì per dormire, per riprendersi un po’ dai soliti eccessi, per tutto il fottuto tempo che gli pareva. Ma non era capitato di vedere CJ uscire per primo trionfante, il pollice a pulire un labbro che i fumi di alcol e droga avevano reso nuovamente umido di sangue ai sensi del Knowles, sebbene del liquido cremisi del tassorosso non ve ne fosse più traccia sulla carne; non c’era stato alcun Barry a trascinarsi, letteralmente, fuori dal locale, gli occhi più chiusi che aperti su iridi che più cercava di ricordarsele, più si facevano simili alle proprie; non c’erano né Joey né Sersha ad uscire insieme spintonandosi svogliatamente e sempre un po’ più prepotentemente, in chissà quale competizione del cazzo che i due biondi avevano messo su da quando erano nati – la necessità di essere migliore di chiunque altro ad accomunarli, e la mancata pretesa di identificarsi tali in quel piccolo gruppo di scarti umani -; non aveva visto nemmeno BJ trattenersi un po’ più a lungo sulla soglia, la schiena rivolta agli altri già usciti mentre chiedeva conferme al De Thirteenth – e lui, tra una risata strozzata e l’altra, a dirgli che non sembrava per niente fatto, i suoi occhi non erano affatto rossi e si reggeva bene suoi propri piedi, certo al cento per cento che tempo di rimettersi sulla via di casa e sarebbe tornato in sé, perché così era il Reynolds.
    Non c’era nessuno.
    Ed avrebbe continuato a non esserci; ed avrebbero continuato a sparire, tutti quanti.
    Si era avvicinato ad Ellis, aveva fatto compagnia (molesta) ad Amalie suggerendole insensate teorie secondo le quali erano stati tutti quanti abdotti dai Verdi, e che prima o poi li avrebbero fatti tornare con un clistere al culo per i loro maledetti esperimenti. Per quanto esilarante fosse una tale ipotesi, e per quanto fedele fosse alle razze aliene (che prima o poi l’avrebbero finalmente riconosciuto come componente incompreso di una razza superiore, prelevandolo e togliendolo da quel mondo), Sunday De Thirteenth faticava a credere alle sue stesse parole: si ritrovò a ripetere quelle teorie quasi fossero filastrocche imparate a memoria solo per farla stare meglio, ma non ci riusciva più di tanto.
    Aveva pensato che sua madre, almeno sua madre, sarebbe rimasta lì: il giorno dopo Barry era sparita anche lei, ed il grifondoro si era ritrovato a seguire tracce senza senso sulla sua vita illudendosi fosse Akelei. Non poteva che pensare che anche la sua sorellastra lo avrebbe fatto, che la Shapherd anche lo avrebbe lasciato – e pensare che non la poteva nemmeno sopportare, fino a due settimane prima.
    Ed avrebbe voluto potersi concentrare, Sandy.
    Avrebbe voluto poter capire cosa fare - ma senza uno scoglio al quale aggrapparsi, non ci riusciva.
    Senza avere qualcuno lì, non sapeva nemmeno in che direzione orientare la propria bussola; non funzionava bene: non l’aveva mai fatto, Ronan Beaumont-Barrow, ma “nascere” nel duemila lo aveva manomesso peggio di quanto non fosse già stato rotto.
    Non poteva che pensare che gli altri avevano trovato un modo per andarsene, ma lui non era mai stato quello sveglio del gruppo: capire uno schema era compito di altri, il sedicenne era più il tipo da azione.
    Non poteva che pensare che gli altri avevano trovato un modo per andarsene, ma non glielo avevano detto: non lo avevano aspettato, non gli avevano spiegato.
    Non poteva che pensare che gli altri avevano trovato un modo per andarsene, e lo avevano abbandonato lì.
    Non poteva che pensare che non fosse vero nemmeno per il cazzo, che loro non lo avrebbero mai fatto: che gli volevano bene, che ci tenevano, che doveva essere stata una cosa improvvisa ed imprevista; eppure, quel loro continuo non rispondere ai messaggi o non ritorno da Olivander, non faceva bene.
    Respirò, strofinò il dorso della mano sull’occhio che ancora riusciva a tenere aperto; aspettò che Jerry (forse non si chiamava così, ma non era davvero importante ai fini della storia) uscisse con Rocky, il suo cane, per la consueta passeggiata mattutina – più per lui che per l’animale, probabilmente aveva soltanto bisogno di andare a gettare le siringhe da qualche parte.
    Si rigirò la bottiglia tra le dita, il labbro inferiore sporto all’infuori e le iridi chiare a studiare il panno a penzoloni sulla bocca della fu Heineken. Per quella che doveva essere la millesima volta, si ripeté che all’interno della villa non ci abitava nessuno al di fuori del drogato: con la stessa convinzione, accese il canovaccio intinto nella stessa benzina che continuava a sciabordare nella bottiglia.
    Che poi, a Sunday De Thirteenth non interessava un cazzo se nel lanciare la molotov improvvisata quella stessa mattina avesse ucciso Jerry, o qualche sua compagna occasionale, o qualche altro suo amico eroinomane: se non c’erano le gemelle a vivere lì dentro, se non c’erano i Freaks ad uscire dalla dependance, quella casa poteva soltanto che bruciare dello stesso fuoco ad ardere nel petto del ragazzo.
    L’unica vita di cui si interessava, era quella del cane.

    «guarda, cj» disse Sandy ad un sasso, facendo scivolare lo sguardo dal suddetto allo spettacolo che andava delineandosi in piazza. «c’è il professor campbell!» continuò tentando di emulare il finto tono sorpreso ma pur sempre deadpan del fratello, prendendo un sorso del frappé rubato poc’anzi ad un bambino per la strada. Dieci giorni, oltre ad averlo istigato (più di quanto non fosse già naturalmente incline) alla piromania ed il tentato omicidio/suicidio, l’avevano fatto vagamente uscire di senno: aveva instaurato un rapporto di simbiosi, che probabilmente sentiva solo lui ma sti cazzi, così potente con i suoi migliori amici, che aveva bisogno di parlare comunque con loro in ogni momento. CJ, com’era sempre stato, si beccava la maggior parte delle sue molestie: quando l’aveva trovato, così lucido e liscio come la pelata del tassorosso, non aveva potuto che rassomigliare quella pietra al proprio migliore amico; quando lo aveva amorevolmente raccolto da terra, aveva quasi potuto sentire la voce del Knowles ammonirlo - “insomma un maschio che tocca la coscia ad un'altro maschio,poteva sembra un omosessuale”.
    CJ era stato il primo ad essere stato ritrovato, ma ci volle ben poco affinché anche il resto della gang si facesse vivo.
    I tre biondi, li trovò tutti nel medesimo istante: era in un solarium della Londra Babbana, capitato lì per sapere se, che ne so, ad una certa Akelei Beaumont piacesse farsi friggere lì da loro. La risposta della receptionist fu negativa, ma fu dirigendosi verso l’uscita che ebbe l’illuminazione divina. Ma poco divina, e solo illuminazione.
    Gli era stato decisamente difficile, non vedere in quegli occhialini lo sguardo di Barrow Holden Cooper: poteva quasi immaginare la calante voce del corvonero chiedergli, mentre li indossava, di ucciderlo in quel preciso istante ed in fretta. Impossibile, presa la crema dopo sole da uno scaffale, non pensare alla pelle diafana di Serscia e a quanto le sarebbe stata utile per possibili ustioni semmai fossero andati in vacanza in America, in California: dicevano (chi?) che Bodie fosse un bel posto per prendere il sole. Inutile dire che quella lampada, infine, gli ricordava quel rompipalle di Joey: anche mentre non c’era, lo sentiva lamentarsi del Quidditch – e la lampada sembrava proprio qualcuno su una scopa! Forse no, ma insomma.
    A Sandy piace correre tra i prati, tuffarsi nelle nuvole crederlo.
    Aveva ovviamente rubato tutto, mettendoselo nella giacca nel modo più furtivo possibile – e nessuno vuole sapere come sia stata possibile un’impresa del genere.
    Ricordava come fosse il giorno precedente – e forse perché era stato il giorno precedente -, quando infine BJ gli arrivò dritto (in faccia) tra le braccia: lì, non c’erano stati dubbi che potessero reggere.
    Quelle erano proprio le sopracciglia del rosso!
    Questa è la storia del perché Sandy si ritrovava a rivolgersi ad un sasso in mezzo alla folla: so benissimo che non ci sarebbe stato bisogno di un contesto, ma sempre meglio specificare.
    «cinque sterline che ora lo lecca» trasse un altro, rumoroso sorso dal frappé. Non si volse verso la fonte del suono, continuando a guardare il Campbell avvicinarsi all’albero: nell’enfasi del momento, non aveva fatto caso a quanto fosse naturale quel momento, quella voce. «nah, passo» Schioccò le labbra, si strinse tra le spalle. «l’ho visto fare di peggio, non ho cinque sterline per scommettere, eee…» un sorriso a fior di labbra, la testa ad indicare quello che, da lui, era il professore di Combattimento Corpo a Corpo di Hogwarts – e che lì, a quanto pareva… «non lo sta leccando, ci sta proprio limonando» arricciò il naso, assottigliò lo sguardo: non si sprecava mai, l’uomo.
    Fu in quel momento, che girò la testa – e buon Dio, avrebbe preferito non farlo. Trattenne a stento sasso!CJ, ma il frappé oramai vuoto cadde a terra senza che potesse dirgli nulla – perché, davanti a lui, c’era il vero «cj?» si morse la lingua, deglutì.
    E deglutì ancora, perché la gola sembrava troppo secca per emettere alcun suono.
    «cioè, insomma» era istintivo, Sandy, ma a volte cercava di non dimostrarsi troppo stupido: una parte di sé, avrebbe voluto slanciarsi sull’altro ed avvolgerlo come un koala avvolgerebbe il suo albero di eucalipto.
    L’altra, gli diceva che non aveva alcun motivo di farsi vivo così - persino per CJ, era troppo sparire in quelle circostanze senza farsi sentire o annunciarsi. «intendo, sei cj knowles, no?»
    Un passo alla volta.


    CIAO MAMMA
    hai mai conosciuto Kairos? :jericho:
     
    .
  3.      
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Death Eater
    Posts
    943
    Spolliciometro
    +1,171

    Status
    Anonymous
    yep, l’ha conosciuto :perv2:
     
    .
  4.     +1    
     
    .
    Avatar

    you want to take the lead and hurt first.

    Group
    Rebel
    Posts
    485
    Spolliciometro
    +1,048

    Status
    Offline
    i'm fairly local
    cj hamilton
    telepathy | gryffindor
    14.12.2017 | h: 20:45
    «nah, passo l’ho visto fare di peggio, non ho cinque sterline per scommettere, eee…» CJ inarcò un sopracciglio alle parole del ragazzo, ma non distolse lo sguardo dal soggetto in questione - come avrebbe potuto? Non era cresciuto per strada, l’Hamilton; certe scene di vita quotidiana, se l’era perse. Sinceramente, quando l’uomo iniziò a leccare la corteccia con la passione di un latino americano, avrebbe preferito che misteri rimanessero: il telepata non avrebbe dimenticato facilmente quello spiacevole teatrino. Arricciò il naso, arcuò anche il secondo sopracciglio. Tutto ciò non andava a favore di Salviamo_gli_Unicorni_numeriAcaso, dato il compito di CJ in quella piazza – eppure ne rimase quasi affascinato: se avesse ricevuto il potere di manipolare la vegetazione, avrebbe potuto fare ben più che non limonarselo, quell’albero. Sarebbe stato accademicamente interessante osservare come Phobos avrebbe potuto usare tale dono; un mezzo sorriso di scherno, figlio delle battute che sollevavano solo le labbra dell’Hamilton, fece capolino sulla bocca sottile del ragazzo. «c’è la crisi» masticò a denti stretti, prendendo la sigaretta fra pollice ed indice.
    «cj?» Un passo laterale per evitare di essere colpito dai resti del frappè, densi occhi verdi a fermarsi con rammarico e fastidio in quelli azzurri del Gen Z tatuato. Qualcosa gli piacque poco, del modo in cui egli ricambiò l’occhiata. C’era una nota dissonante nel tono; non era il solito CJ che sgusciava dalle labbra da chi lo conosceva (ossia tutti) e che li spingeva, istintivamente, a cercare riparo un metro addietro; non era il CJ di chi, un CJ Hamilton, nella sporca (parlando banalmente di igiene, eh; del sangue gli importava solamente quand’era a suo favore, le etichette negative non lo interessavano: non era BJ, lui. Se ne fotteva a trecentosessanta gradi) Londra babbana ad uno spettacolo atto a proteggere gli arbusti, non se lo aspettava. Era un CJ sorpreso, stupito.
    Un po’ soffocato, a dire il vero. Un po’ troppo personale, come se la bocca avesse avuto modo spesso di pronunciarlo. «cioè, insomma» Non era una novità per l’Eletto mettere in difficoltà qualcuno – cornici patetiche ed esilaranti di quotidiana amministrazione. Gli sorrise privo d’alcun divertimento, falsa modestia sporca d’oro di chi aveva fatto dell’incertezza altrui il proprio sangue in vena. Con CJ non si poteva mai sapere se sorrideva per salvarti, o per il sadico piacere di porgere una mano e spezzarti il polso. «intendo, sei cj knowles, no?» Fu così inaspettata come reazione, come domanda, che non potè impedirsi di corrugare lievemente le sopracciglia, il ghigno a scemare dalle labbra come l’onda di una marea. Assottigliò la bocca, reclinò il capo; portò la sigaretta ancora sulla lingua, soppesando lentamente quale genere di punizione una tale ipotesi meritasse. Lui - Knowles? L’avrebbe perdonato se solo non l’avesse chiamato CJ, il che implicava che dovesse conoscerlo. Se lo conosceva, non poteva permettersi simili errori da principiante: era risaputo. «ritenta e sarai più fortunato» scandì lentamente, distogliendo con intenzione lo sguardo dal ragazzo, un nuovo sorriso a pungere la bocca. Una nota di cocente irritazione gli solleticò i palmi, i pugni stretti irrazionalmente lungo i fianchi – come osava confonderlo con qualcun altro? «ma hai già fatto un primo strike,» battè le lunghe ciglia bionde tornando a lanciargli un opaco sguardo di sottecchi, la mano sinistra infilata nella tasca della giacca. «non ti conviene arrivare al terzo.» aprì il pacchetto di sigarette nella sua direzione, un gesto distratto mentre riportava le iridi acquamarina sul limonatore di alberi. «vuoi rischiare?» ed ancora una muta risata a metà a far capolino sulla bocca dischiusa, gli occhi a brillare dell’usuale poco velata minaccia dal già grezzo retrogusto di sangue.
    The world around us is burning but we're so cold
    It's the few, the proud, and the emotional
     
    .
  5.     +2    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Special Born
    Posts
    251
    Spolliciometro
    +505

    Status
    Offline
    freak show
    gryffindor
    2043: ronan
    sunday
    de thirteenth
    Good kid just dying to be fucked up // living like a lost cause
    L’osservazione sulla crisi del ragazzo al suo fianco non lo scalfì nemmeno – come d’altronde non aveva mai nemmeno lontanamente sfiorato la mente di un De Thirteenth -, troppo intento a chiedersi come fosse possibile; a dirsi, balbettando le parole nella propria testa sebbene fosse difficile udirle dietro tutto quel frastuono immaginario, che in realtà sapeva di doverselo aspettare.
    Quella non era la sua realtà, e lo aveva ben inteso dal momento in cui avevano sbattuto il culo sulla landa brinata dell’Aetas. Sembravano esistere tutti quanti in un diverso contesto, in un modo che dall’altra parte non avrebbero mai nemmeno preso in considerazione – e nonostante Sunday avesse iniziato a trovare divertente indagare su come la vita di sua madre fosse diversa da quella dell’originale, di cui comunque non sapeva un cazzo, non erano le differenze con i loro alter ego ad essere il nocciolo della questione. La nota ad interessargli era che sembravano esistere tutti quanti: un’altra Akelei Beaumont, un altro William Barrow; un altro Barrow Cooper ed un’altra Sersha Kavinsky, come altri Joseph Moonarie e BJ Reynolds; non si era ancora trovato, e dopo non aver intravisto né Fray né Wendy da alcuna parte riteneva scarse le possibilità di farlo, ma c’era sicuramente un altro fottuto Sunday De Thirteenth. Da qualche parte in quel mondo al rovescio, ma dovevano esserci.
    Quello non poteva essere il suo CJ. Lo aveva pensato dal momento in cui aveva posato gli occhi sul profilo del ragazzo, si era detto che nessuna ragione al mondo avrebbe portato il suo migliore amico a sparire per dodici giorni senza lasciare alcuna traccia, per poi sbucare all’improvviso dal nulla – nemmeno uno scherzo di merda organizzato con tutti i Freaks, per Dio: era una situazione fin troppo delicata, la loro. Era consapevole che le situazioni delicate fossero le loro situazioni – quelle preferite, quelle più adatte per essere il branco di sociopatici adolescenti che millantavano d’essere -, ma quella trascendeva l’accezione tipica che in altri momenti le avrebbero dato con immensa gioia.
    Eppure, il fatto che fosse così maledettamente identico al Knowles non aiutava: non riusciva a non pensare che quello fosse effettivamente lui, che si era perso da qualche maledetta parte o che magari l’avevano rapito e poi rilasciato perché troppo fastidioso (o perché risultava un Eletto, whatever.); si sentiva una merda, calpestata più volte da passanti ignari e lasciata ad essiccare al sole, ma non riusciva a smettere di sperare che quello fosse il suo CJ – che non fosse riuscito ad andarsene da quel posto, che non l’avesse abbandonato, che lo avesse aspettato.
    Irrazionale, stupido, pieno di una speranza che quelli come Sandy avevano sepolto sotto cumuli d’arrogante noncuranza. Ma se l’altro non gli avesse rivolto uno sguardo simile, il moro avrebbe continuato a nutrire il desiderio di saltargli al collo – e poi picchiarlo perché vaffanculo, lo aveva lasciato per dodici giorni da solo. «ritenta e sarai più fortunato. ma hai già fatto un primo strike, non ti conviene arrivare al terzo.» accettò la sigaretta del diciassettenne senza emettere un fiato, le sopracciglia arcuate ed il labbro inferiore sporto all’infuori; non esisteva, in nessuna fottuta vita, che CJ gli rispondesse in quel modo – non con quel tono, non con quella tronfia e sprezzante espressione dipinta sul volto: altrimenti, di minacce amorevoli (o meno) ci campavano quotidianamente. «vuoi rischiare?» rise con lui, un solo sbuffo a fuggire le labbra ancora martoriate. Se fosse stato il suo migliore amico, avrebbe saputo che quella non era una domanda da porgere – che nel rischio, Sunday ci faceva il bagno. «mh, vediamo…» alzò il mento, le labbra strette attorno al cilindro di tabacco e la lingua ad inumidirne avida il filtro, grattandosi distrattamente il collo; della scenetta del fake!professor Campbell, ormai, se ne sbatteva allegramente il cazzo. Irritare il non Tassorosso era diventato il suo nuovo, e forse ultimo, svago. «forse testadicazzo propose, accendendosi la sigaretta. Posò nuovamente le iridi celesti in quelle di giada del ragazzo, si strinse nelle spalle con fare innocente e prima ancora che potesse ucciderlo in qualche modo mise le mani avanti. «meh, penso di essermi appena bruciato il secondo strike… dico bene?»
    Un vuoto sorriso si dipinse, effimero, sulla bocca del grifondoro. Ma quando soffiò il fumo dalle narici, si fece un poco più serio – per quanto un Sandy potesse effettivamente fingere severità e compostezza.
    Aveva una sola possibilità, ma non gli importava poi così tanto: aveva presupposte solide basi dalla sua parte, nomi sbirciati in momenti di sincera confusione o dimenticati in confessioni notturne, ma per quanto ne sapeva quel CJ poteva anche essere stato adottato dal principe Charles e far parte della casa reale.
    Ciononostante «hamilton?» tentò.
    E se avesse fallito il terzo strike, poteva anche rimanere della convinzione che in quell’universo l’amico era stato adottato dai Windsor: farsi picchiare, o morire, per mano di un membro della casa reale era una delle sue maggiori ambizioni. Aveva sempre sperato in Harry ma, oh!, ci si accontenta di quel che passa il convento.


    CIAO MAMY #again
    sei mai diventata un lupo mannaro?
     
    .
  6.      
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Death Eater
    Posts
    943
    Spolliciometro
    +1,171

    Status
    Anonymous
     
    .
  7.     +1    
     
    .
    Avatar

    you want to take the lead and hurt first.

    Group
    Rebel
    Posts
    485
    Spolliciometro
    +1,048

    Status
    Offline
    i'm fairly local
    cj hamilton
    telepathy | gryffindor
    14.12.2017 | h: 20:45
    Aveva molta pazienza, CJ. Se così non fosse stato, d’altronde, non sarebbe riuscito a risparmiare l’estenuante, talvolta davvero intollerabile, vita di BJ – ma lo amava così, anche quando avrebbe voluto alzare gli occhi al cielo raggiungendo una galassia parallela e lontana fottuti secoli luce dal sistema solare. Molta non significava certo illimitata, specialmente nei confronti di uno stronzo qualunque che, un mattino, aveva deciso bene di svegliarsi e divenire un kamikaze; non avrebbe saputo giustificare altrimenti l’atteggiamento di Braccio di Ferro, se non con un viscerale bisogno di morire prima di raggiungere la maggiore età. Una vera fortuna per Sunday De Thirteenth che a CJ Hamilton non piacesse dare agli altri quel che volevano da lui – fosse una morte prematura, o una sterlina per comprare un panino: era un filantropo, ma l’elemosina la risparmiava a quando nessuno gli domandava di farla. Doveva venire dal cuore, sapete. Così, affatto impressionato, aspirò il tabacco stringendo maggiormente la sigaretta fra i denti, ambedue le mani abbandonate nelle profonde tasche della giacca scura. Quello che ad un occhio esterno avrebbe potuto apparire come un sorriso, ma che CJ sapeva essere la piega artificiale di un burattinaio che ne tirasse i fili, sollevò un angolo delle labbra sottili del telepata. Si sentì in dovere di sottolineare l’ovvio, ruotando piano ed intenzionale i verdi occhi acquamarina in quelli celesti del ragazzo. «non sei divertente» non un accusa, quanto un semplice dato di fatto – lo stesso tono con il quale, annoiato, avrebbe commentato il cielo plumbeo ad ingravidarsi d’acqua ed umidità sopra la solita, grigia ed apatica, Londra. Si sporse di lato picchiettando il filtro della sigaretta sul labbro inferiore, la cenere in eccesso a cadere sul cemento, quindi spostò ancora la propria (labile) attenzione su Phobos Campbell. Forse, si disse, avrebbe potuto usare un po’ di sano terrorismo psicologico e sarebbe riuscito a convincerlo a non postare più stronzate sui social: la Harvelle si distraeva ancor più facilmente di CJ, ed al momento il suo problema più grande avrebbe tranquillamente potuto essere la guerra in Iran, quanto le nuove cinture di Versace; ancora un paio d’ore e si sarebbe completamente dimenticata dell’esistenza di Abbraccia Foche, liberando l’Hamilton dall’impiccio di dover sopportare, ancora, le folte sopracciglia di BJ corrucciate con disapprovazione nella sua direzione. «hamilton?» Il solo fatto che l’avesse posta come una domanda, irritò CJ più di quanto non avesse fatto il precedente, e davvero superfluo, testa di cazzo. Sorrise ancora, sempre meno divertito rispetto alla volta precedente; una frattura fra il mento ed il naso, piacevole ad osservarsi quanto una cicatrice non ancora rimarginata. Carne viva esposta al cielo, suscitando l’assurda sensazione che da un momento all’altro avrebbe potuto cominciare a sanguinare - e che non sarebbe stato strano. «mi basterebbero cinque secondi per fotterti il cervello» sottolineò semplicemente, abbastanza sincero da risultare presuntuoso. Umettò le labbra, sospirò drammatico dalla bocca dischiusa. «non è difficile. tutti pensano di essere al sicuro, qui» estrasse una mano dalla tasca per sfiorarsi la tempia con l’indice, occhi antichi e distanti ad osservare un punto indefinito oltre le spalle del kamikaze. «di essere soli» ed ancora il sorriso, ed ancora la ferita, si aprì maggiormente, e fu solo per puro caso se non iniziò a sanguinare lungo il mento trascinandosi in rivoli cremisi sul colletto bianco della camicia. «che sia la vostra arma» una risata grezza a fiorire sulla bocca, il capo chinato verso il cemento. Risata che morì con la stessa rapidità di un pesce colto fuori dal proprio ambiente – agonizzando sulla spiaggia, scuotendosi frenetico fino a creparne. «non lo è. è la mia.» osservò pacato, con lo stesso quiete interesse con il quale avrebbe indicato ad un turista l’insegna della Metro. «con quella lingua lunga potrei soffocartici convincendoti che sia una brillante idea masticarla e deglutirla» e qualcosa nella piega del sorriso si fece più sincera, meno fittizia – meno per il pubblico, e più per un ironico sé stesso. «prendilo come il tuo giorno fortunato» un’occhiata nella sua direzione, pollice ed indice a serrarsi attorno al filtro della propria sigaretta. «in caso avessi bisogno di una specifica, questo è il momento della conversazione in cui porti via il cazzo, e non ti fai più vedere» non tutti comprendevano i simbolismi, onere di CJ Hamilton evitare malintesi.
    The world around us is burning but we're so cold
    It's the few, the proud, and the emotional
     
    .
  8.     +2    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Special Born
    Posts
    251
    Spolliciometro
    +505

    Status
    Offline
    freak show
    gryffindor
    2043: ronan
    sunday
    de thirteenth
    Good kid just dying to be fucked up // living like a lost cause
    Strinse il cilindro di tabacco tra i denti in un mezzo ghigno, le palpebre socchiuse a lamentarsi del fumo che pizzicava sulle cornee. Un divertimento sadico e melanconico, quello a bruciare sull’innaturale curva che s’era scavata a forza sulle labbra di Sunday De Thirteenth: più respirava l’aria viziata di una Londra diversa, più trovava esilarante ogni maledetta cosa. E ciascuna di queste, puntualmente, non faceva ridere manco per il cazzo - bruciava nei polmoni e tirava la pelle, pulsava laddove gli ematomi ancora si prestavano lividi alla vista dei passanti. Tralasciando la parentesi aperta dalla presenza di un attivista professor Campbell, agghiacciante ma in qualche strano modo affascinante, il moro non riusciva seriamente a trovare qualcosa sul palcoscenico di quell’universo per cui valesse la pena ridere – ridere per qualcosa, ridere con qualcuno, ridere di qualche fottuto stronzo che si era meritato l’antipatica simpatia della squadra: faceva davvero poca differenza, a quel punto.
    Una delle poche cose per le quali sembrava sforzare gli addominali, per cui riuscisse a scoprire una fila di denti imbrattata del suo stesso sangue poco prima di sputarlo sprezzante a terra, era sé stesso: non una novità per il fu Ronan Beaumont-Barrow, ma mai come allora l’aveva sentito prudere sul palato con così tanta violenza, o pizzicargli gli occhi così ardentemente; mai, prima d’allora, si era sentito così patetico e solo – e buon dio, erano passati soltanto dieci cazzo di giorni. Sembravano un’eternità, soprattutto per chi in solitudine non ha mai saputo sopravviverci e sopravviversi, eppure più pensava a quanto fosse effettivamente poco tempo da quando aveva perso di vista tutti quanti, più si sentiva ancora più miserabile - e più ne rideva, e più quella crepa ad aprirsi al posto delle labbra prometteva sangue.
    E ciò che la piega la ammorbidiva, una curva più morbida e naturale, non era che l’eco nostalgico a rimbombare fragrante nei timpani, minacciandolo ogni volta di farglieli scoppiare – per le piccole cose, per quelle che facevano più male: ad esempio, quei cinque oggetti del cazzo che si portava dietro da… quanto? Signore, nemmeno se lo ricordava più. Per ogni dettaglio che in realtà faceva troppo male, e straordinariamente dimostrava d’essere una panacea perfetta. Per ogni ragazza dai capelli d’oro troppo lunghi, per ogni cappuccio di felpa tirato a coprire la testa, per ogni sedicenne platinato che non vedeva l’ora di morire e per tutti i rossi fin troppo entusiasti di quella vita – e solo Dio sa quanto, sul finire degli anni dieci del secondo millennio, il mondo fosse zeppo d’individui del genere.
    «non sei divertente» in quel preciso istante, Sandy non sapeva per che cosa maggiormente volesse lacerarsi le crepe sulla pelle delle labbra – il rimbombo ridondante di CJ e di quella solita battuta a scivolare dalla bocca decisamente più leggera, l’apatico tono della voce con cui solitamente lo redarguivano persone come Barry o Joey o Sersha; la sconcertante familiarità del ragazzo al suo fianco, ogni singolo lineamento a vibrare di marchio di fabbrica; sé stesso, per continuare a pensare al tipo come il suo CJ.
    Solo perché lo - li - avrebbe voluti tutti lì, ed era bello aggrapparsi ad una parvenza di realtà.
    Avrebbe voluto scappare, Sunday – se di codardia avesse fatto un vezzo vestirsi, se la razionale paura del genere umano avesse funzionato correttamente nel complesso macchinario del nato babbano, tanto da suggerirgli che la fuga poteva essere la soluzione migliore. Perché, e mai in nessuna vita aveva pensato possibile una cosa del genere, quel CJ in particolare non gli piaceva.
    Avrebbe potuto accondiscendere alla sua sentenza, o mandarlo a farsi fottere – aggiungendo che magari, facendosi fottere, poteva provare a farsi togliere il palo (ma che dico, palo: lampione della luce) che si era infilato su per il culo.
    Avrebbe potuto fare tante cose, ma non sapeva più cosa, davvero, dovesse fare.
    Quindi rimase immobile, stringendosi tra le spalle sovrappensiero. «meh… io penso di essere, invece, super fikissimo e simpatiko» ed era indubbiamente vero.
    Soprattutto se messo a confronto con CJ ce-l’ho-solo-io slash sono-il-più-figo-di-tutti slash che-schifo-i-povery Hamilton.
    «mi basterebbero cinque secondi per fotterti il cervello. non è difficile. tutti pensano di essere al sicuro, qui, di essere soli. che sia la vostra arma: non lo è. è la mia.» chissà se, in quell’universo, era stato lui a cadere dal seggiolone da piccolo più volte del fratello, sviluppando complessi megalomani. Inutile dire che gli stava prepotentemente sul cazzo. «con quella lingua lunga potrei soffocartici convincendoti che sia una brillante idea masticarla e deglutirla» e a u l a .
    Si voltò verso il fake!CJ, un sopracciglio allusivamente inarcato ed il fumo a scivolare sulla bocca. Una muta risata ad echeggiare dietro i denti serrati, attutita dalla lingua ad umettare le labbra: non aveva idea di che cosa fosse davvero in grado l’Hamilton, ma trattenersi dal subire qualsiasi sua offensiva diventava sempre più arduo ad ogni parola. Viveva quel momento tra l’urgenza di provocarlo e quella di tappargli la bocca con un bel pugno in faccia – ma era un estraneo in terra straniera, e per quelle ventiquattrore aveva già dato.
    «rilassati, amico» ribatté invece mellifluo, abbandonandosi contro un muretto fingendo che non facesse affatto male – oh beh, era la norma. «se non volevi darmi il premio per aver indovinato il nome, potevi dirlo subito» figurarsi se prendeva per buono il suggerimento di andarsene: a Sunday piaceva, stare in mezzo alle palle. «anche se potrei esserci rimasto male, te lo dico» finse un broncio, gli angoli della bocca esageratamente arcuati verso il basso ed il labbro inferiore sporto all’infuori. «dì un po’, oggi ti rode il culo o sei così stronzo au naturel fissò le iridi cristalline in quelle verde giada, un sorriso più sincero – e sempre rotto, troppo poco De Thirteenth - a pendere dalle labbra nella direzione di CJ. Portò una mano al petto, l’altra a prendere la sigaretta tra i denti per lasciare che la cenere cadesse a terra. «a me puoi dirlo, non ne farò parola con nessuno!»
    Un po’ ci sperava, che del suo CJ qualcosa ci fosse in quello – avrebbe capito, si sarebbe addirittura divertito, non l’avrebbe presa troppo sul personale.
    In caso contrario, beh: non è così che si fa amicizia?
    #how to: teenaging


    mami ti ci sei sposata con kairos?
     
    .
  9.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Death Eater
    Posts
    943
    Spolliciometro
    +1,171

    Status
    Anonymous
    eh, proprio così.

    gif però hai azzeccato la questione :perv kaffè:
     
    .
  10.     +1    
     
    .
    Avatar

    you want to take the lead and hurt first.

    Group
    Rebel
    Posts
    485
    Spolliciometro
    +1,048

    Status
    Offline
    i'm fairly local
    cj hamilton
    telepathy | gryffindor
    14.12.2017 | h: 20:45
    Doveva essere davvero stupido, o davvero ingenuo, il ragazzo dagli occhi color ghiaccio e la pelle decorata come una tela esposta al museo. Abbandonò definitivamente l’obiettivo Campbell, riducendolo ad una mera perdita di tempo, per fissare il proprio sguardo sul suo interlocutore. Non c’era nulla di amichevole nelle iridi acquamarina di CJ, ma neanche un’esplicita dichiarazione di guerra: solo impenetrabile curiosità, quella dell’Hamilton. La stessa che un bambino psicopatico avrebbe potuto riservare ad una carta moschicida nell’osservare gli insetti perdere la sensibilità delle zampe nella cera; Sunday De Thirteenth poteva non saperlo, poteva non importargli, ma si stava scavando la fossa da solo – anzi, peggio, già vi si era coricato in attesa della prima spalata di fango e polvere. Lo lasciò parlare senza ascoltarlo, limitandosi ad osservare il movimento delle labbra ma senza registrare alcun suono. Quasi stentava a riconoscersi, CJ Hamilton, nell’apatica quiete con il quale rimase in piedi a guardare l’altro – aveva già sforato di diversi strike, eppure aveva ancora una lingua con il quale parlare: perché? Non aveva nulla di speciale, il giovane al suo fianco. Nulla di interessante, nulla che valesse sinceramente la pena del suo tempo - ed allora perché? Morse pensoso l’interno della guancia, la sigaretta ormai spenta a pendere pigra fra indice e medio. La lasciò cadere al suolo, ed istintivamente la schiacciò sotto la suola con un secco movimento del piede. A malapena s’era reso conto che l’altro avesse smesso di parlare, e da quanto non avrebbe saputo stabilirlo. Aveva lasciato che il silenzio si insinuasse fra il sorriso beffardo dell’americano, e la propria apatica impermeabilità – ecco, cosa non andava in CJ Hamilton, cosa di diverso avesse dal Tassorosso Knowles: il mondo aveva smesso di toccarlo anni prima, una vita prima. Un giorno si era svegliato ed aveva semplicemente smesso di sentire qualcosa, rimbalzando labile da uno svago all’altro per bruciare il tempo che aveva in avanzo - tutto. Talvolta si chiedeva se BJ non fosse una sua invenzione, perché era l’unico ad apparirgli concreto in quell’assurdo mondo di impalpabili ombre. Non ricordava molto dei suoi primi anni di vita; ricordava solamente che, a sei anni, aveva cominciato a percepire sprazzi di frasi che non gli appartenevano, odi e rancori che un bambino non avrebbe dovuto provare. Non capiva, CJ - ed allora aveva assorbito, abbastanza da diventarne saturo. Era arrivato al punto da stentare a riconoscere la differenza fra sé stesso e gli altri, ed aveva superato quell’invisibile linea dicendosi che, a conti fatti, se ne fotteva poco di dove stesse la diversità. Il problema del genere umano, era la sua falsità – la sua ipocrisia. Se pensavano qualcosa di bello, erano rapidi a sciorinarlo con un sorriso, il senso di soddisfazione dell’essere, per una volta!, sinceri ad alleviare il peso ai polmoni. Ma tutto quello che non dicevano? Tutto quel che, un bambino CJ Hamilton, sentiva comunque?
    Il problema del genere umano, era la cattiveria. Di base, l’uomo era malvagio ed egoista. Le relazioni si basavano sulla tacita consapevolezza di reciproche cazzate: perché era quel che sceglievi di dire che mostrava al mondo che genere di uomo o donna fossi.
    Ma CJ, quel che non dicevano, lo sentiva comunque. Si era rotto il cazzo molto prima di sapere cosa cazzo significasse; se gli veniva così facile uccidere, mutilare e torturare alla giovane età di diciassette anni, era solo perché conscio di quanto patetica fosse la natura: ti pregavano di risparmiarli perché avevano una bimba di due anni, ma pensavano a come la moglie avrebbe scoperto dei messaggi scambiati con la segretaria; ti chiedevano perdono fingendo umile rispetto, ma l’unica cosa cui riuscivano a pensare era come ti avrebbero fatto leccare le loro scarpe se fossero stati al tuo posto.
    Aveva smesso di interessarsi, CJ Hamilton, perché non c’era nulla di interessante nelle miserabili vite altrui. Se avesse voluto del drama, avrebbe guardato una telenovelas latina; se avesse voluto leggere cazzate, avrebbe letto un romanzo. Sostanzialmente, il telepata era un fiero sostenitore della pulizia tecnica, ma privo d’alcun razzismo: non era schizzinoso, CJ. Se ne fotteva di quali colore stringesse fra le dita, quando usava la fascetta per soffocare lo stronzo di turno.
    Ed ecco perché all’americano non rispose. Ed ecco perché, invece, prima che potesse rendersene conto la mano era scattata verso il viso di lui, stringendo senza colpire: pollice ed indice nell’incavata carne delle guance, una meticolosa occhiata che aveva smesso di fingere cordialità ed esprimeva solamente morboso interesse. Perché qualcosa non quadrava. Emise un sospiro fradicio e stanco, CJ, abbattendo le proprie difese come la palla di demolizione di Miley Cyrus, uno schiantò che udì quasi fisicamente mentre i pensieri altrui iniziavano a sovrapporsi fra loro. Seguì il debole filo argenteo della mente del ragazzo, un’opaca scintilla a bruciare dietro i familiari - familiari? - occhi azzurri.
    ho sentito che potresti aiutarmi a risolvere un problema. conosci simon barrow? ho bisogno che muoia.
    CJ non aveva più ripensato né a Simon Barrow, né alla ragazza dagli occhi chiari ed i capelli d’argento. Anzi, buon Dio – non l’aveva ricordato fino a quel momento, quasi la sua mente avesse deciso di escluderlo dalla sua stessa vita. Non fu certo di cosa accadde dopo, CJ. La sua intenzione era stata quella di spolverare appena la mente di Sunday, Sunday De Thirteenth, fratello di Friday e Wednesday De Thirteenth, e toh a quanto pare anche di Barrow Cooper e Sersha Kavinsky, ma gli parve di aver sbagliato qualcosa – le misure, forse . Un pensiero divenne due – e quattro, ed otto – e taluno di loro si trascinava qualcosa d’impossibile, che CJ, pur vedendo e sentendo, non fu, e non volle, in grado di capire. Gli parve di essere rimasto in apnea, prigioniero di una marea imprevista. Un rantolo sorpreso scivolò dalle labbra sottili dell’Hamilton; lasciò la presa come se Sandy - Sandy? Siete amici ora, CJ? - l’avesse ustionato, sopracciglia arcuate. Aprì la bocca, la richiuse. Reclinò il capo da un lato, piegò poi la testa dall’altro. Delle mille domande che avrebbe potuto, ed avrebbe voluto, fargli, alla fine riuscì a formularne solamente una: «CJ knowles come beyoncè knowles
    Questione di priorità.
    Poi magari gli avrebbe chiesto chi cazzo fosse perché cazzo esistesse un altro CJ e cosa cazzo stesse succedendo, ma insomma.


    The world around us is burning but we're so cold
    It's the few, the proud, and the emotional
     
    .
  11.     +2    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Special Born
    Posts
    251
    Spolliciometro
    +505

    Status
    Offline
    freak show
    gryffindor
    2043: ronan
    sunday
    de thirteenth
    Good kid just dying to be fucked up // living like a lost cause
    Lasciò cadere la sigaretta, gli occhi cerulei fissi in quelli di giada del finto CJ mentre la presa sulla realtà della piazza sembrava venire meno. Si era aspettato l’ennesimo commento acido da parte dell’Hamilton, una reazione violenta ed aggressiva, se non l’indifferenza più totale: il ragazzo si discostava così tanto dall’idea che Sandy aveva sempre avuto del migliore amico, da rendere le previsioni sulle sue mosse successive difficili da interpretare; per quanto lo riguardava e ne sapeva, il pelato avrebbe potuto benissimo girarsi completamente verso di lui, abbracciarlo e sfogarsi sulla sua spalla raccontandogli tutti i suoi traumi infantili – perché non aveva dubbi, l’americano, che ne avesse da esporre. Glielo si leggeva chiaramente, su quella faccia da cazzo che si ritrovava.
    Quello, però, non era nemmeno all’ultimo posto delle sue più assurde astrazioni. Come avrebbe potuto, dopotutto? Conosceva il suo CJ, ma già gli sfuggiva chi fosse quello del mistico futuro dal quale tutti loro provenivano: pretendere di sapere cos’era in grado di fare quel CJ era un peccato del quale il grifondoro non aveva intenzione di macchiarsi.
    In un primo momento, aveva creduto volesse limonarlo duramente contro un muro. Non poteva, naturalmente, fargliene una colpa: se avesse potuto, anche lui si sarebbe paccato di prepotenza contro la prima superficie che si prestava alle sue esigenze – un vero peccato che Sunday De Thirteenth non avesse memorie del se stesso del futuro, perché altrimenti sarebbe stato fiero di un Ronan che, creando una perfetta copia di sé che rispondesse a tutti i suoi voleri, l’aveva effettivamente fatto.
    Per la scienza, ovvio.
    L’attimo successivo, la bocca lievemente socchiusa dallo stupore ed il cuore a palpitare frenetico contro le costole, si rese tristemente conto che avevano saltato i preliminari ed erano passati direttamente al sesso. Che, per l’esattezza, non era consenziente.
    Si sentiva stuprato, Sandy.
    Lo sentiva muoversi, ma inutile dire che non aveva idea di cosa stesse succedendo. Aveva detto che avrebbe potuto fottergli il cervello come se nulla fosse, ma com’era giusto che fosse il sedicenne non aveva prestato davvero ascolto alle parole di un maledetto megalomane snob con le crisi d’esistenza - stava senza dubbio facendo altro. Aveva sentito parlare di esperimenti con il dono della telepatia, ma non li aveva mai davvero visti all’opera: di certo, non gli stava facendo del male perché ancora si sentiva il cervello.
    Non molto su cui basarsi, okay, ma insomma – in un momento di panico ci si attacca anche al peso specifico della propria scatola cranica.
    Poteva solo immaginare cosa stesse facendo, e per tanto tentò di aiutarlo nella sua invasiva perlustrazione: non voleva essere una di quelle ragazze che vengono violentate dal primo stronzo che se ne approfittava. Voleva partecipare.
    E sperò che cogliesse tutti i diti medi che aveva a disposizione, che sentisse tutti i vaffanculo che aveva da donargli, mentre smuoveva il suo membro psichico all’interno dei propri pensieri.
    Riprese fiato soltanto quando CJ ritenne il proprio trip soddisfacente, accorgendosi solo in quel momento che l’aveva trattenuto fino ad allora; i polmoni incamerarono l’aria di getto e con fin troppa brutalità, costringendolo ad indietreggiare d’un passo proprio mentre il biondo sembrava essere rimasto scottato. «che c’è» sospirò all’altro, visibilmente turbato: non così tanto visibilmente, ma conosceva abbastanza le espressioni facciali del tassorosso per poter riconoscerle sullo stesso viso sebbene di un estraneo. «oh, mi hai per caso visto mentre mi facevo tua sorella?» scherzò ahah i’m sad, nell’innocente insulto tipico di quella gioventù bruciata: era sempre un cult, quello di prendersela con mamme e sorelle dei propri amici. Soltanto che se ne pentì immediatamente, il De Thirteenth – nessuna piega sulle labbra, il retrogusto acido delle sue stesse parole a bruciare sulle pareti della gola.
    E non capiva nemmeno perché, Cristo santo! Faceva soltanto, male. Così, a prescindere.
    «cj knowles come beyoncè knowles?» ma… faceva sul serio?
    Decise di non rispondersi, ed approfittare di quella titubanza momentanea per fregargli il pacchetto di sigarette dalla tasca del pastrano. «cj knowles come vaffanculo stronzo, mi hai fatto cadere la sigaretta» se l’accese con un colpo secco della bacchetta, riportando le iridi di ghiaccio sul volto del biondo. Inspirò dal filtro con fin troppa ingordigia, sputando il fumo in faccia all’altro. «cj knowles come la regina indiscussa, sì» quella domanda, com’era giusto, l’aveva ferito nel profondo. Conosceva altri fottuti Knowles, nel mondo?
    Dio santo, tutto gli si doveva dire a quelle amebe del Sottosopra.
    «comunque. mi sembra che abbiamo legato, no?» e se gli diceva di no, buon Morgan, gli avrebbe aizzato contro lampada!Joey e boomerang!BJ. «e sembra che tu non abbia un cazzo da fare» in quel momento, sì, ma anche in generale nella vita. Glielo si leggeva in faccia. «ti va di andare a pestare a morte qualcuno?»
    Sì, gli andava. Che domande.

    «questo è quanto» sospirò affaticato, sbatté energicamente le mani tra di loro, come se potesse realmente pulirle. Per un solo istante lo sguardo gli cadde sulle dita sporche ed appiccicose, per ancor meno sul corpo a terra. Trattenne un singulto, tanto acidulo e disgustoso da fargli credere di dover dar di stomaco da un momento all’altro.
    Kairos Santiago era morto - innocente fino a prova contraria, indifeso per quanto ne sapevano; colpevole soltanto, l’ormai defunto marito di Akelei Beaumont, di essere dove non avrebbe dovuto. Poteva percepire ancora la carne dell’uomo contro le nocche, l’urto a spaccare la propria pelle e ad aprire tagli sul volto dell’altro: si era detto che tanto quello non era reale, che tra le tante cose fuori posto che riguardavano la madre quella era l’unica alla quale potesse rimediare – che rompendo un matrimonio che non avrebbe dovuto mai esistere, magari sarebbe riuscito a tornare a casa. «quindi , è stata colpa nostra se i black eyed peas si sono di nuovo sciolti nel duemilaquindici» eppure non riusciva a guardarlo, non riusciva a pensare di aver ucciso.
    Aveva passato cinque fottuti giorni ad uccidere persone a caso in una fottuta scuola americana sentendosi quasi uno di quei terroristi che continuavano a spuntare nei licei statunitensi, ma quello era un omicidio – premeditato, a sangue freddo, senza alcun motivo. Ripetersi quanto tutto quello non fosse reale, non aiutava – non quando il mezzo sorriso a mascherare la colpa spingeva davvero contro gli angoli della bocca; non quando il sangue di Kairos incollava davvero le dita tra loro, se le teneva strette per troppo tempo; non quando, più tempo passava con CJ Hamilton, più gli sembrava essere vero. Diverso, stronzo, decisamente più sadico e psicolabile. Ma vero.
    Respirò profondamente, strofinando le mani contro la giacca per liberarsi del sangue. «… e anche se il backstage del concerto è andato a fuoco, ok, colpevoli» si strinse nelle spalle con innocenza, i palmi rivolti al soffitto. «ma non avevamo scelta - davvero, hamilton: o davamo fuoco al camerino di will.i.am, o lui avrebbe scoperto che qualcuno gli aveva rubato tutte le foto in topless di fergie, e a quel punto non ci sarebbe voluto molto prima che scoprissero che avevamo usato i vip pass a sproposito» a CJ non sembrava importare molto – dell’omicidio; alla storia sembrava sinceramente essersi appassionato. Ordinaria amministrazione, aveva detto – e considerata la velocità con cui avevano scoperto dove i coniugi Santiago-Beaumont abitavano, nonché l’efferatezza del crimine (sporcato da una scazzottata, sennò dov’è il divertimento), non aveva avuto il coraggio di metterlo in dubbio.
    Lo rendeva ancora più inquietante, ma in un certo qual modo lo aiutava a distrarsi.
    «dicevi che non ti interessava di essere fermato dalla polizia babbana per un paio di giorni, ma sinceramente io non volevo perdere le foto – così sì, abbiamo dato fuoco al dietro le quinte dei black eyed peas» deglutì, mentre la fine della storia rendeva più forte l’odore di sangue ad imprimersi nelle narici. «beh, direi che possiamo anche liberare zona, no?»
    Sì, decisamente.
    Non voleva pensare all’eventualità che tutto quello potesse non essere efficace, costringendolo a scontare il resto della propria vita in una prigione di un altro mondo. «vuoi sentire un’altra storia?»


    niente ciao risolto
     
    .
10 replies since 13/2/2018, 00:17   377 views
  Share  
.
Top