i fought the war but the war won aesthetic | 1896's | marines | daddy issues |
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pensieve Sguardo verso il muro, la lingua a inumidire con meditata calma le labbra screpolate e doloranti. Sentiva i fiati sospesi nell'attesa che lui riprendesse la parola, i colli tendersi per cogliere ogni movimento, ogni possibile sussurro... ma i suoi occhi erano assenti, guardavano altrove, vedevano altrove; dove e cosa, i bambini seduti per terra potevano solo immaginarlo. Dopo qualche secondo di tensione qualcuno deglutì per prendere coraggio e dire: «Signor Simmons, se non le va di parlarne-»
Danihel sobbalzò, un gatto che si accorge all'improvviso della presenza di qualcuno. «No», secco, deciso. Si voltò di scatto verso il bambino che aveva parlato, stiracchiando a questo punto un sorriso stanco e ripetendo con più dolcezza mentre si risistemava in poltrona: «No. Va tutto bene, a volte è solo... difficile. Ma voi siete venuti fin qui, vi ho detto che vi avrei raccontato... ed è giusto che lo faccia. E' giusto che sappiate» annuì fra sè e sè «Che non dimentichiamo» fiato incamerato a fatica nella gabbia toracica, aria a raschiare la gola. «Dov'ero arrivato?»
«A quando avete iniziato a sentire gli spari»
Danihel buttò fuori il fiato annuendo «gli spari, giusto» Non aveva bisogno di ripescare troppo nella propria memoria; i suoni, le immagini, tutto di quel giorno era impresso a fuoco nella sua mente. Lo sarebbe stato per sempre. «Abbiamo iniziato a sentire gli spari. Tedeschi, ovviamente: era una trappola, sapevano che saremmo approdati lì. Qualcuno ha gridato di correre e cercare un riparo, ma non era necessario: sapevamo di doverlo fare, eravamo stati addestrati per farlo. Ma Peter»
«Peter!» ripetè qualcuno con la mano davanti alla bocca
«Peter si è beccato un paio di proiettili prima da qualche parte verso lo stomaco, poi-» Dan strinse le labbra, iniziando a scuotere la testa «poi alle gambe. E' caduto. Sapevo di dover correre. E' questo che ci insegnano: lasciare i feriti indietro, perchè è il personale medico che raccoglie chi resta indietro. Ma non c'era tempo, lo avrebbero ucciso lasciato così esposto, e io-» tentennò.
«Non potevi lasciare indietro il tuo amico!» «Non Peter»
«Non potevo lasciare indietro il mio amico» ripetè, soppesando le parole con lentezza «Non Peter» Il solo ripensare a Peter lo obbligò a chiudere gli occhi. I bambini trattennero il fiato, di nuovo, gli occhi grandi e colmi di interesse e aspettativa. «sono tornato indietro a prenderlo» Spalancò le palpebre all'improvviso, facendosi avanti. Una bambina sobbalzò quando gridò: «"NON PUOI MORIRE QUI! NON PUOI LASCIARMI!", ho urlato. L'ho preso in braccio ignorando i suoi gemiti di dolore e di supplica a lasciarlo lì perchè sapevo che era la cosa giusta da fare, forse non come soldato ma come uomo. Il suo corpo mi scivolava fra le dita, madido di sangue, così tanto sangue...» si guardò le mani, come vedendolo ancora lì, appiccicato alle dita, visibile e impossibile da lavare da sotto le unghie « "tieni duro, amico". Mi sono spostato con Peter dietro un albero, per metterci al riparo. Ho guardato dritto davanti a me, oltre la foresta rada: la nave era ancora lì, potevo portare Peter in salvo, lasciarlo alle cure dei medici in modo che non morisse dissanguato... ma i colpi continuavano a partire, più numerosi di prima. Ho dovuto fare una scelta: aspettare al sicuro, e lasciare che Peter morisse dissanguato... o rischiare la mia stessa vita, ma dargli una possibilità di salvarsi.» pausa «Ho iniziato a correre, incurante di tutto, pensando solo a tenere la presa salda sul corpo del mio compagno. All'improvviso, ho sentito un dolore insopportabile alle gambe, alle braccia, alla scapola soprattutto.» («E' così che si è fatto la cicatrice!» commenòt qualcuno, subito zittito da un coro di shhhh) «Ho gridato, ma mi sono detto "non posso lasciare cadere Peter. Non ora. Lui mi ha salvato la vita" » i bambini annuirono, ricordando un altro racconto sentito, ma Danihel distolse lo sguardo, incapace di reggere quello così speranzoso dei piccoli «...ma lo stavo per fare, stavo per lasciarlo cadere. E lo stavo per fare, perchè gli occhi di Peter erano puntati su di me. Vitrei»
Dopo i vari "Oh!" "No!" "Peter!" per un po', nessuno prese la parola. I bambini erano ormai quasi attaccati ai suoi piedi, qualcuno con la mano davanti alla bocca, altri con gli occhioni lucidi. Danihel riprese a parlare con calma, come se facesse fatica a tirare fuori le parole «Era... troppo tardi per lui. Lo sapevo, me ne rendevo conto. Peter mi aveva già abbandonato per quanto volessi negarlo a me stesso... ma io non... potevo... non avrei dovuto... » si morse il labbro «ho lasciato la presa» deglutì «Per salvarmi, solo per correre più veloce avendo già gli arti feriti, ho lasciato cadere il corpo martoriato e ormai esangue di Peter, mio primo e più caro amico nei marines. E sono fuggito. E' il mio più grande rammarico»
Si portò una mano davanti alle labbra, un singhiozzo trattenuto a stento mentre guardava oltre alla finestra. Dopo poco, delle braccine gli si strinsero alle gambe «Non può farsene una colpa, signor Simmons!» esclamò il primo bambino «Già!» continuò un altro «Peter avrebbe voluto che lei si salvasse!»
Danihel abbassò lo sguardo su di loro, un sorriso dolce e triste dipinto sulle labbra «voi dite?»
«Ma certo!»
Danihel si sporse in avanti per prendere il bambino più piccolo da sotto le ascelle, e posarselo in grembo. «grazie del supporto, Jimmy. Significa molto per me»
Qualcuno si schiarì la voce, e tutti quanti si voltarono verso la ragazza appoggiata al muro. «Bambini, è ora di tornare a casa. Mio fratello continuerà il racconto domani» Qualche lamentela, borbottii indistinti, ma Mariel non aveva intenzione di ripetersi. Scacciò i piccoli accompagnandoli alla porta («Si ecco, lasciatemi pure i due dollari che daremo al gruppo dei veterani dei marines di Santa Ornella di Teneramenteamore, grazie sì, ricordate ai vostri genitori che se vogliono dare di più la beneficenza è sempre ben accetta e fa salire più velocemente verso il paradiso»), finchè non ne rimase soltanto una. La bambina si allungò verso Danihel, ancora seduto in poltrona, e gli scoccò veloce un bacio sulla guancia. «Lei è un eroei, signor Simmons» Danihel sorrise, e le stropicciò i capelli rossi. Eroe. «Sei gentile, Meredith, ma andando in guerra ho fatto solo il mio dovere di cittadino. Vai a casa, su»
La guardò trotterellare via, e quando anche lei fu uscita Mariel chiuse la porta per poi appoggiarvicisi.
Lo sguardo che Gwen rivolse ad Arci era fra il divertito e lo sconcertato. «Oggi ti sei impegnato»
Archibald alzandosi in piedi si stiracchiò lentamente, gli arti doloranti dopo essere stato seduto sulla poltrona... quanto? mezz'ora? Un'oretta? Di più? A volte perdeva davvero il conto del tempo «Me l'ero preparata da un po'. Poi ieri sera ho pensato "e se l'uomo che ho cercato di salvare fosse stato proprio il buon vecchio Peter?"» senza un ulteriore sguardo a Gwen, si diresse all'Armadietto (il sacro armadietto), afferrando la bottiglia che aprì senza neanche guardarla. «Un bel colpo di scena, la morte del migliore amico fra le braccia di Danihel. Mi aspettavo più lacrime, ma il pubblico non mi ha deluso neanche oggi»
«Sei terribile»
«Come la guerra, sorellina, come la guerra» Non che ne sapesse davvero un cazzo, della guerra in america nel 1917 ma sapete cosa? Neanche quei bambini o i loro genitori. Fece il primo, lungo, sorso.
Aveva iniziato a raccontare a quei bambini la sua vita - o meglio, la vita di Danihel - ormai settimane fa. Era iniziato tutto dopo la gita del gruppetto del catechismo organizzata da Padre Abraham, in cui Arci, un po' per gioco e un po per noia, si era lasciato andare a mirabolanti avventure, storie di viaggi e posti esotici che loro, sicuramente, non avevano (nè probabilmente avrebbero, essendo inventati) mai visto. Con il tempo, si era affezionato al proprio personaggio Danihel, e se la prima sera in quel buco di culo aveva detto a Gwen e Aidan di avere headcanon, entro qualche giorno aveva in testa l'intera biografia. I suoi gusti, il suo carattere... sapeva che il suo libro preferito era l'Odissea, che amava i cani, che era sterile e quindi non avrebbe mai potuto avere figli propri. Aveva deciso di prendere le note di Lancaster come linee guida, e aveva modellato il Simmons come un vaso fra le due dita. Dan aveva difficoltà nell'avere una relazione per colpa del padre che li aveva abbandonati dopo anni di tradimenti alla moglie, era gentile ma forte, coraggioso, segnato nel profondo da quel poco che aveva visto della guerra. Eroico. Aveva difetti, ovviamente, e nel segreto delle proprie mura domestiche (o nella discrezione dell'unica taverna del paese) era un alcolizzato senza speranza, ma era difficile fargliene una colpa, quando ne aveva passate così tante.
«E così Peter è morto»
Aveva già bevuto l'equivalente di un paio di shot, quando apparve Aidan. Si voltò a guardarlo continuando a mandare giù, abbassando poi la bottiglia e pulendosi lentamente le labbra con la lingua. Forse Danihel non era l'unico ad aver sviluppato un certo attaccamento alla bottiglia, e lui e Arci si assomigliavano più di quanto il Leroy volesse ammettere.
«geloso, Woody?»
Ovviamente non si poteva essere geloso di qualcuno che non era mai esistito, ma ecco la parte divertente e triste di tutta quella storia: Arci iniziava a crederci davvero. Arci iniziava a sentirsi, volersi sentire, Danihel. Era più facile piangere una madre morte di malattia, un amico (segretamente innamorato di lui, ma questo ai bambini iper cattolici non diciamolo) perduto o un padre assente quando non ci sono più e basta, piuttosto che restare giorni e giorni e giorni a pensare alla propria famiglia, ai propri amici, che ancora non sono neanche nati e che probabilmente non rivedrai.
«Per sempre»
Prese un altro sorso veloce. Gesù, ogni volta che pensava a Lydia, Jeremy, Bells, Euge... ogni volta che la sua mente andava ai visi di coloro che non vedeva da un mese (solo un mese?), che non avrebbe mai più rivisto, voleva morire.
Non era mai stato un ragazzo ottimista, Arci. Non vedeva il bicchiere mezzo pieno, non vedeva un modo per ritornare a casa. Nella vita reale, non c'è un sempre felici e contenti, perchè l'unico per sempre a quanto pare era il tempo che sarebbero rimasti bloccati fottutamente lì. Avrebbe resistito un mese, un anno, anche di più... se solo avesse saputo che, prima o poi, sarebbe finita. Così era terribile. Non poteva neanche pensare di farsi una nuova vita e basta, perchè Lancaster li aveva avvisati che cambiando troppo, le cose sarebbero state poi catastrofiche nel 2017; effetto farfalla.
"Ma perchè cazzo ci sto ripensando?" Buttò giù l'equivalente di un altro bicchiere. «vado a farmi un giro» posò la bottiglia sul comò con ostentata forza. Non guardò nè Aidan nè Gwen, dirigendosi verso l'attaccapanni, nè ascoltò cosa avevano da dirgli mentre si metteva la giacca. Forse gli stavano facendo notare che era brillo, forse gli stavano solo dicendo che aveva la camicia aperta. Fanculo, lo sapevano tutti gli abitanti di Bodie che Danihel ogni tanto non era in grado di controllarsi, e girava per le strade della cittadina ubriaco fradicio. "«Colpa della guerra»", secondo alcuni "«Colpa del sangue»", secondo altr; inutile dire che Dan e Arci preferivano la prima versione, sebbene fossero entrambi segretamente consci che fosse colpa della seconda.
Uscì di casa con le mani infilate nelle tasche, il passo spedito, la falcata lunga accompagnata da sorrisi ai cittadini di Bodie che caratterizzavano il Marines.
Era Danihel, voleva essere Danihel in quel momento più che in altri.
Danihel era felice della sua vita.
Danihel aveva sua sorella accanto a sè.
Danihel aveva i propri amici a distanza di una casa.
Danihel aveva Wood Kingsley.
Danihel avrebbe passato il Natale con le persone che amava.
Si accorse di aver camminato per mezz'ora buona, solo quando si ritrovò di fronte allo stesso edificio per la seconda volta (era un paese così piccolo, che a circumnavigarlo del tutto ci voleva assai poco). Alzò lo sguardo verso l'insegna, le labbra strette fra loro.
A Danihel quel posto non diceva assolutamente niente. Non ci era mai entrato - non gli interessava. Faceva con piacere la spesa per togliere oneri alla sorella, ma lì- lì no. Mandava lei, mandava Wood, mandava addirittura i bambini. Era una casa stregata, per Arci: hai i desiderio masochista di entrarci, ma allo stesso tempo ti fa paura anche solo vederla da fuori e sai che, una volta entrato, te la farai di fronte ai pantaloni.
Ma aveva bevuto, ma sentiva il bisogno di qualcosa. Deglutì, in stallo di fronte alla porta.
E Arci entrò.
L'odore di pane appena sfornato lo investì subito, così come l'aria calda del locale, e insieme a sè portò un dolore lancinante al petto. Quello era odore di casa.
Akelei seduta sul bancone a roteare gli occhi. Morrigan che si beveva il caffè in un angolo mentre Bella gli raccontava chissà cosa. Gin che rideva agitando le manine al cielo. Bells, Jeremy e Oscar che giocavano a carte con davanti delle brioches offerte dalla casa. Lydia che si metteva i capelli dietro l'orecchio con un sorriso sereno e un «Stai tranquillo, aspetto che finisci il turno poi ordino di nuovo insieme a te».
Non aveva mai capito quanto gli piacesse la propria vita, finchè non l'aveva persa.
«C'è nessuno?» si umettò le labbra, guardandosi in giro e studiando il locale nel tentativo di riprendersi. Non era il B&B, non avrebbe più visto quel posto. Cristo, quando era diventato così fottutamente sentimentale? Era colpa di Danihel, sicuramente. Lui era una mezza sega quando andavi a parlare di sentimenti e cazzate varie, dove Arci invece preferiva affrontare il dolore arrabbiandosi e spaccando cose.
Pensò che avrebbe potuto comprare un po' di pane per la cena (aveva qualche spicciolo in tasca), o magari qualcosa di dolce per fare una sorpresa a Gwen. Invece «Vorrei parlare con il proprietario» gli uscì da sola la richiesta. Danihel, Arci, entrambi. «sto cercando lavoro»
You Sit And Stay I Don'T Obey // by ms. atelophobia //