call me liar, but there's hope in my wires

[PQ#08] → barry, amalie. ellis

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    kieran declan sargent
    C’erano volte in cui nemmeno Kieran si riconosceva, quando lo sguardo a osservarla di rimando mutava in un qualcosa più giovane, più maturo. Tentava di immaginare i lineamenti di quella sconosciuta sui suoi, quanto fosse simile ai genitori e se anche suo padre avesse quella fossetta sulla guancia, se suo fratello condividesse quei capelli scuri quanto le piume di un corvo. Non li conosceva neanche, eppure si sarebbe fatta in due per loro – alla Sargent bastava poco per amare, un gesto inaspettato, un sorriso appena accennato, così poco che finiva per affezzionarsi a ogni essere avente un battito.
    Forse era per questo che aveva finito con il considerare i bambini del 2043 come amici, facce sconosciute ma al contempo così familiari da farle male. Ci era cresciuta, con quelle persone, dannazione, li conosceva meglio di quanto conoscesse se stessa.
    Non importava quanto facesse freddo fuori, quando il vento tentasse di piegarla in due, Kieran avrebbe sempre trovato il coraggio per uscire di casa e andare a sedersi in piazza – una consuetudine, tra parentesi, condivisa da molti vecchi della zona. Non era per la musica suonata, quanto per le sensazioni che quel posto era capace di trasmetterle: c’era una tale vita, che quasi le faceva dimenticare la scia cremisi a insanguinare l’Europa. Le urla, la paura per le strade.
    Le faceva dimenticare che tutto sarebbe potuto in un istante, se avesse fallito nella sua missione.
    Aveva deciso che non si poteva vivere in quel modo, non con il terrore nell’uscire di casa e non sapere se vi avrebbe fatto ritorno, o con la costante consapevolezza che mancava così poco alla Rivelazione. Sempre se ci fossero sopravvissuti così a lungo, certo.
    Un sospiro, l’ennesimo. Kieran alzò appena lo sguardo per osservare il repiro condensato davanti a sé, quella piccola nuvola a dissolversi nel nulla così come i suoni che la circondavano. Era così immersa nei suoi pensieri, da non percepire niente al di fuori di voci ovattate, o forse era una melodia a vibrare nell’aria, aveva smesso di prestare attenzione da troppo tempo per esserne certa. Pensava di essere pronta, l’aveva dato per scontato fino a quando non era piombata dai Chips, due fascicoli in mano e l’aria di qualcuno che stava cercando disperatamente di non farsi prendere da un attacco di panico. Anche in quel momento, seduta su una panchina qualunque di un’anonima piazza, poteva sentire le dita tremare, le gambe che minacciavano di cedere.
    No, non era pronta. Era troppo presto, erano troppo giovani – chi era lei per strappargli via la loro vita? Distruggere tutto ciò in cui credevano? Non era la persona adatta, non voleva che la odiassero per sempre. E sapeva, che non avrebbero mai potuto – se possibile, quella era la cosa peggiore. Sarebbero stati i suoi sensi di colpa a divorarla da dentro, non i loro, non sarebbero stati loro le persone orribili, quelle che avevano mentito sin dal primo momento.
    Sprofondò ulteriormente cappotto, quel che bastava a ripararsi dal freddo pungente, nella speranza di essere inghiottita da quell’ammasso di lana. Spostò lo sguardo davanti a sé, le rotelline nella sua testa che giravano nel tentativo di capire cosa stesse succedendo, poteva vedere delle figure muoversi davanti a sé, senza però afferrare cosa stesse succedendo. Era difficile riemergere alla realtà, quando aveva passato così tanto tempo rintanata nei suoi pensieri. I suoi sensi sembravano non obbedirle, her mind trying to hold onto the images, only to have them replaced by a blur of colors; sbatté le palpebre una volta, e ancora una seconda, finché tutto non riprese forma e suono. «Cristo, stai bene?» seppur leggero, quel tocco sulla spalla la fece sobbalzare, la schiena a sbattere contro il metallo della panchina. Se non avesse riconosciuto la voce di Zoel, l’uomo avrebbe rischiato di beccarsi un pugno in faccia. O le piaceva pensare che al posto dello zio, l’avesse approcciata un bel ragazzo – erano solo fantasie chiaramente, figurarsi se qualcuno se la cagava. «eh?» niente da fare, si trovava ancora con la testa fra le nuvole. In parole povere, non capiva più un cazzo. «ti ho chiesto se stessi bene, sembravi morta» «r u d e» e le scandì bene, quelle lettere, una cantilena che l’avrebbe tormentato anche nei suoi peggiori incubi (wat). Appoggiò la testa contro lo schienale, chiudendo gli occhi nel tentativo di bloccare il volto di Zoel dalla propria vista – pensava non avesse visto la polverina bianca a sporcargli la barba? Ancora una volta era andato a coca e mignotte, onorando ciò che per lui era più importante nella vita: seguire i valori del Dipreismo. «e comunque stavo pensando alla Rivelazione» perché, quando mai non lo faceva? In pratica era diventato il suo pensiero fisso da quando le avevano comunicato che avrebbero dovuto anticipare la data, ormai passava le notti a dipingere la scena nella sua mente, soppesare quali parole sarebbero andate meglio. La sua ossessione, la missione di una vita.
    Sentì l’uomo sospirare, non poteva vederlo, ma scommetteva aveva assunto quell’espressione da vecchio saggio che lo faceva sembrare suo nonno – quite literally, a dire la verità. «ma da quando affibbiano gli incarichi di merda ai bambini?» rude x2, zio. Come poteva darle della bambina, ormai aveva diciassette anni!!11! Aprì appena l’occhio destro, quanto bastava per fargli capire di starlo guardando moltomale «perché a tutti piacciono i bambini» si leccò le labbra, quell’attimo di pausa che fece spuntare il panico negli occhi di Zoel. Ah, allora lo percepiva il compito da badger che Kieran voleva affibbiargli «sei libero? volevo chiederti alcune cose» al pensiero di quello che diceva chiedergli, il cuore incominciò a battere un po’ più veloce - succedeva ogni volta che c’entrava la sua vera famiglia, l’emozione a stringerle la gola e a scaldarle il petto: neanche li conosceva, e già gli voleva bene. «che fatica la vita da bomber» era un sì? Per forza, chi non amava un terzo grado fatto dalla Sargent.

    Fece un respiro profondo, l’ansia che si agitava nel petto la stava tormentando da un’ora, rendendole impossibile fare qualsiasi cosa. Era troppo agitata per pensare coerentemente, o anche solo per ripassare il discorso che aveva provato miliardi di volte davanti allo specchio. Aveva bisogno che fosse tutto perfetto, una sola, piccola esitazione avrebbe potuto mandare a monte i suoi sforzi – non aveva tempo per ricominciare una seconda volta, quella era l’unica vita che le era stata concessa. «fidati Kieran, funziona sempre.» certo, quale adolescente normale non avrebbe risposto al richiamo di alcool e droga? Non approvava il rave che avevano finto di mettere in piedi, ma a quanto pare la maratona di film Disney non sarebbe stata altrettanto allettante per gente come i Friks. Cristo, aveva tentato più volte di far rinsavire quei due deficenti di Sandy e Barry, neanche si rendevano conto di quanto il loro stile di vita li stesse logorando.
    Non gli era stata data una seconda possibilità per buttarla via in quel modo, a nessuno di loro. Tutte quelle ship lasciate in sospeso, i giovani amori dimeticati, viveva solo per scoprire come si sarebbe evoluta la situa; lei era la loro fan numero uno, chiaramente, sarebbe stata la Murphy dei bambini 2043, la Elisa dei Micaris.
    «conosco i miei pecoroni drogati.» non che ci volesse molto, alla fine. Si mise a sistemare le lettere, quelle un po’ spostate a sinistra nuovamente allineate, gli angoli piegati erano stati raddrizzati, qualsiasi cosa pur di tenersi impegnata. Lei e Gwen avevano formato due cerchi di sedie, un po’ come quelli che si potrebbero incontrare a una riunione degli alcolisti anonimi (o a uno degli Interventi della Sargent), dove nello spazio che separava una zona dall’altra, avevano posizionato un tavolo con sopra le varie pergamene e lettere. Il tipo di formato dipendeva, come le avevano spiegato, da dove i Volontari avevano deciso di scrivere – avevano una sola cosa in comune, sul retro si estendeva un nome a loro sconosciuto, la loro essenza in una vita dimeticata. La sua, ad esempio, recitava Leia Skywalker ed all’interno aveva trovato una lettera per lei e un albero genealogico; era difficile da dimenticare la sensazione della carta sui polpastrelli, una grafia sconosciuta a raccontare di una vita non ancora vissuta, di tre persone che non aveva mai potuto stringere al petto.
    Dannazione, come si diceva a dei ragazzini di essere frutto di un esperimento per salvare il mondo? Forse neanche avrebbero capito cosa significasse, cosa avessero perso.
    Ed era quello, ciò che temeva.
    Pensavano che avrebbero avuto una seconda possibilità, pensavano che avrebbero sistemato tutto quello lasciato in sospeso anni prima. Ma come potevano, se non ricordavano neanche chi erano, cosa erano? Dietro quei volti non c’erano suo fratello o i cugini, solo un ospite che aveva ospitato un involucro lasciato vuoto.
    «Secondo te ci crederanno? Decideranno di andarsene o inizieranno a picchiarci?» smise di sistemare le buste sul tavolo, gli occhi ad intrecciarsi con quelli della Markley. Seriamente? Pensava se ne sarebbero andati senza credere a una parola di quanto gli avevano detto, non era tanto propensa al pestaggio solo perché Sandy la amava troppo – su CJ non avrebbe scommesso troppo, nel dubbio lei e le sue classi di Krav Maga erano pronti. Si morse l’interno della guancia, doveva trovare un modo per dirlo senza sembrare troppo rude, anche se dubitava ne esistesse uno adatto alla sua personalità sensibile «penso verremo mandate a quel paese almeno una ventina di volte, e che faremmo meglio ad essere convincenti» scrollò le spalle, era l’unica che potessero fare e sperare che col tempo incominciassero a capire. Non si aspettava lo facessero subito, persino lei aveva reagito male, ed era a conoscenza di quel segreto da diciassette anni.
    Quasi non se ne accorse, quando le prime vittime incominciarono a riempire la stanza. Non sapeva neanche lei perché – o meglio, lo sapeva fin troppo bene - ma aveva sperato fino all’ultimo secondo di veder il suo viso apparire da dietro la porta, sentire la medesima stretta al petto di quando posava gli occhi su Murphy e Shot.
    Luke Skywalker avrebbe dovuto essere solo un altro nome tra tanti, l’ennesimo soldato di una guerra senza tempo, eppure Kieran non riusciva a togliersi quel nome dalla testa. Mangiando si chiedeva se anche lui preferisse i lamponi ai mirtilli, se come lei preferisse sprodondare tra le coperte e dimenticarsi del mondo – si chiedeva se le loro strade si sarebbero incrociate, se quella seconda occasione sarebbe stata data anche alla loro famiglia. Non pensava si potesse sentire la mancanza fisica di una persona mai conosciuta, non lo credeva possibile fino a quando lo era stato.
    Saltò con un sorriso tutti quei volti conosciuti, un sorriso che iniziò a spegnersi man mano che passavano i minuti, la speranza di vedere il fratello ad affievolirsi fino a morire nel petto. Probabilmente non l’avrebbe neanche mai conosciuto, perso in una qualche città del Venezuela. Forse non gli importava abbastanza per contattarla.
    Lasciò che fu Gwen a parlare, era decisamente più brava di lei a sembrare imbottigliare i sentimenti, e poi la Sargent era a un passo dallo svenimento.
    Pensava di essere pronta, e invece voleva solo morire. «benvenuti!» piegò le labbra in un grande sorriso, gli occhi rivolti ai tre ragazzi che si erano accomodati nel suo cerchio: Barry, Ellis e Amalie. Il fatto che ne conoscesse solo uno su tre avrebbe dovuto tranquillizzarla, almeno avrebbe rovinato i rapporti solo con il corvonero. «E no Barry, questo non è un intervento per farti smettere con la droga. Quello ci sarà prossimamente» avrebbe dovuto tranquillizzarlo? Affatto, ecco perché glielo disse. Adesso sarebbero stati in due, in quella stanza, con la voglia di morire - non che in realtà fosse cambiato qualcosa, quello era il mood costante del Cooper.

    leia skywalker
    2000's, rebel
    muggle, mimesis
    time traveller, keeper
    don't carry the world
    upon your shoulders
     
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    Barrow Cooper
    Camminava su di un filo sospeso nel vuoto, senza alcuna rete di sicurezza ad attenderlo in caso di caduta. Faceva spesso quel sogno, Barrow Cooper -un cognome che ormai gli apparteneva solo tra le mura della scuola, facciata di apparente normalità-, le coperte gettate in fondo al letto ad attorcigliarsi tra le gambe per l'agitazione, incapace di svegliarsi. Rimaneva immobile, paralizzato, gocce di sudore ad imperlare la fronte, sfiancato dal tentativo di aprire gli occhi e riemergere sulla superficie di un liquido troppo denso e vischioso. Avanzava un passo dopo l'altro, ondeggiando furiosamente con le braccia aperte, conscio che prima o poi un movimento sbagliato gli avrebbe fatto perdere l'equilibrio sbalzandolo nel vuoto; non era ancora precipitato, il ragazzino, ma si trattava solo di una questione di tempo. Il quando, piuttosto del se.
    «Magari devi darci un taglio con la droga, Barry.» Un sorpiro di rassegnazione, poi la mano destra di Kieran gli era calata alla base della nuca: una delle tante riunioni del club Believers, trascorse di solito a scrutare il cielo indossando i capellini di carta stagnola che, secondo la mimetica, impedivano agli alieni di leggere loro il pensiero («tu hai guardato troppe volte Indipendence Day, Kier.» «Non sono mai abbastanza, Coop.»); aveva raccontato loro quel sogno -quell'incubo- già aspettandosi certi commenti, ma Sandy non aveva aperto bocca, limitandosi a fissare il Barrow con quell'intensità che di tanto in tanto lo contraddistingueva, e che ti portava a pregare che gli stupidi cappellini servissero davvero. Ai Freaks, e solo a loro, Barry aveva snocciolato i fatti più recenti, mantenendosi sempre sul vago nel tentativo di non mostrare loro quanto profondamente lo avessero colpito e cambiato: la scoperta dell'adozione, che lui e Sersha erano fratelli, di come la situazione a casa Cooper prima dell'inizio dell'anno scolastico fossero precipitate. Lo aveva percepito nell'aria, Christoff, senza che il ragazzo nemmeno gli rivolgesse la parola; avvertiva una differente vibrazione, un cambio di postura, un pensiero malevolo a saettare dietro le iridi troppo chiare di un figlio che mai, nemmeno per un istante, aveva davvero considerato suo. Una necessità, più che un desiderio. Questo il corvonero se l'era tenuto per sé, in bilico sulla punta della lingua, ma il deThirteen l'aveva capito comunque, solo guardandolo in volto. Sapeva sempre tutto, decifrando senza fatica i messaggi nascosti tra le righe, scavava dentro al suo petto senza mai chiedere il permesso perché gli veniva naturale, da sempre, e Barry lo odiava per questo; odiava tutti loro, Kieran compresa, per essersi ritagliati uno spazio dove lui non credeva ci fosse altro posto se non per la propria sopravvivenza. Più semplice, ma mai davvero facile: si nutriva della solitudine nel quale lui stesso aveva deciso volontariamente di affondare, e in questo modo non doveva niente a nessuno, perché nessuno gli regalava niente. Poteva permettersi di provare solo odio e rancore, e quelli comprimevano il petto occupando ogni centimetro si spazio sotto le costole, indisturbati.
    Finché non erano arrivati loro. Finché odio e rancore non avevano dovuto cedere il posto a sentimenti che non gli erano mai appartenuti davvero, così selvaggi e indiscreti nel loro andirivieni da lasciarlo senza fiato nei momenti meno opportuni, parole dal tono tagliente a morire in gola.
    Aprì gli occhi, le labbra premute una contro l'altra in una riga sottile, il lento movimento del torace ridotto al minimo; aveva atteso pazientemente che i novellini si addormentassero, stremati da un ritmo di lezioni e torture quotidiane al quale certo non erano abituati, conscio del fatto che solo quel gruppetto al primo anno sarebbe potuto essere tanto ingenuo da creargli dei problemi. Lo sapevano bene, gli altri corvonero, chi era Barrow Cooper: conoscevano la sua famiglia e le voci che giravano sul conto del padre, inghiottivano aria ruvida come sabbia quando lo vedevano in cortile a scambiarsi sigarette con i Freaks; non era ancora diventato prefetto, l'ormai diciassettenne, ma che presto lo sarebbe diventato era un'altro fatto noto a tutti (eh rob). Conveniva stare zitti, testa bassa, imparare a farsi i cazzi propri. Come ripeteva spesso e volentieri Barry ai compagni meno svegli, quelli che ancora lo guardavano di sottecchi quando fuori dall'orario concesso tagliava la corda per incontrarsi con quei cazzoni dei suoi amici -gente con la quale per persone per bene si guardavano bene dall'avere a che fare-, chi faceva lo sforzo di pensare per sé magari campava cent'anni; gli altri, aggiungeva con una stretta di spalle ed un sorriso, in genere non duravano altrettanto a lungo. Distese le braccia, tenute fino a quel momento incrociate tra la testa e il cuscino, il palmo destro a premere contro le palpebre socchiuse, pesanti e livide: le quattro ore scarse di sonno raccimolate a fatica durante la notte precedente forse non erano in grado di mantenere il suo sistema nervoso in condizioni perfette per il resto della serata, soprattutto in vista di un rave party, ma Barrke raramente puntava alla perfezione. Nell'arte, forse, ma non certo per quanto riguardava se stesso. Dopotutto, non doveva più dimostrarsi sopra le aspettative, il corvonero, raggiungere un'eccellenza forzata per guadagnarsi un giorno di vita in più l, perché le persone che per lui contavano davvero sapevano già chi era la testa di cazzo che avevano di fronte; lo sapevano e a loro andava bene così.
    Un pensiero potente, quello, affascinante e spaventoso.
    Scivoló oltre il bordo del letto puntando sul pavimento di legno i piedi già avvolti dalle calze, piegando tutto il corpo fin quasi a raggomitolarsi sotto il letto: si fidava di Gwen e del suo fiuto per scovare le migliori feste da poveri -quelle più distruttive-, ma non sarebbe stato da lui presentarsi ad un party di quel genere a mani vuote; o di qualunque altro genere, pensandoci bene. Inoltre, sapeva per esperienza che Kieran, detta anche MamaBird 2 - La vendetta (la top #1 nella lista di Barry rimaneva Stiles Stilinski), l'avrebbe tenuto d'occhio come un falco pellegrino la sua povera preda designata, impedendogli con ogni mezzo di comprare la roba direttamente sul posto, quindi toccava giocare d'anticipo. Dopo aver sollevato il materasso di qualche centimetro vi infilò sotto la mancina, rovistando nella scorta personale che Jeremy Milkobitch si era premurato a) di procurargli e b) di rendere invisibile grazie ad un incantesimo evidentemente già utilizzato in precedenza, le dita a stringersi attorno ad una bustina di plastica trasparente oltre la quale simpatiche faccine sorridenti tinte di colori pastello facevano capolino accalcandosi una all'altra. Barry sorrise loro di rimando, prima di infilare il sacchettino nella tasca posteriore dei jeans: bastavano e avanzavano, parola di scout.

    Avrebbe fatto meglio a portarne di più.
    Spinse le mani congiunte contro la punta del naso, le palpebre calate sugli occhi chiari nel tentativo di chiamare a sé la concentrazione che sapeva essergli necessaria come ossigeno, al fine di incanalare la propria forza vitale, far diventare un tutt'uno ying e yang, ricaricare il chi di 'sto cazzo: solo così avrebbe potuto impedire a parole inventate appositamente per tirar giù tutti i santi del calendario di galleggiare oltre le labbra piene, trasformandosi da mero pensiero negativo in solida realtà. Kiera gliel'avrebbe pagata, in un modo o nell'altro, e non tanto per aver organizzato l'ennesimo intervention contro alcol e droghe - così gli parve all'inizio, dopo un primo shock di bruciante delusione -, quanto perché prima di quel momento la mimetica non si era mai dovuta sforzare di inventare scuse e palle per convincerlo a fare qualcosa: magari Barrow lo faceva di malavoglia, o fingeva che il peso della richiesta fosse così greve da essere praticamente insopportabile, ma alla fine la assecondava comunque. Sempre.
    «Bello scherzo, davvero. Adesso però dovrei--» «Barry, questo non è un intervento per farti smettere con la droga.» inarcó un sopracciglio, aspettando il 'ma' intrinseco nella pausa ad effetto «quello ci sarà prossimamente.» ah, ecco. Corrugó la fronte, il corvonero, ruotando lentamente su se stesso così da incrociare lo sguardo con Ellis alle sue spalle, un'occhiata che racchiudeva tutte le sfumature corvine del suo attuale stato d'animo; qualunque cosa stessero architettando quelle due, volendo escludere il classico tentativo di portarlo sulla retta via, Barry non voleva averci a che fare: gli puzzava il modo in cui Kieran e Gwen si guardavano, iridi scure a guizzare sui loro volti e poi rapide sul pavimento, senza riuscire a mantenere il contatto visivo; lo turbava il tono forzatamente allegro delle loro voci, macchiato da un nervosismo sottile che -soprattutto associato alla figura della Sargent- non riconosceca come loro. Qualcosa gli diceva di dover levare il culo di lì, e alla svelta. «Sì, beh, in ogni caso avrei sa fare. Divertitevi, eh.» Fece per dare loro le spalle, trovandosi cosi a saltare direttamente dalla padella alla brace. Non poteva credere ai suoi stanchi occhi: come, in nome di Satana cacciato dai battesimi, potevano aver convinto Amalie Sheperd, miss perfettina , a trasgredire il coprifuoco e violare le regole? E soprattutto, domanda ancor più importante, perché? Aveva iniziato la serata con un pensiero positivo, Barrow ormai-a-tutti-gli-effetti Skylinski, e nel giro di pochi minuti anche quel infinitesimo raggio di sole si era dovuto arrendere all'arrivo di un temporale con i fiocchi, lampi e tuoni a far tremare le finestre ed illuminare il cielo.
    Sarebbe sopravvissuto anche senza rave, per quella notte, legandosi al dito la balla ben architettata per estorcere a Kieran qualche favore -dopo averle tenuto il muso per almeno un paio di giorni-, ma non era altrettanto certo di poter superare indenne la tempesta Sheperd, già da tempo riclassificata come uragano. Non lo faceva mai. Ne usciva sempre ferito, pallide lacerazioni sulla superficie di un ego non abituato a perdere, cosa che con la corvonero accadeva di continuo, senza sosta; lo irritava anche solo guardarla, quando le iridi dello stesso azzurro cristallino si incrociavano silenti prima delle solite frecciatine, eppure Barry non riusciva a volgere altrove i suoi. Continuava ad osservarla, quando era concentrata sulla pagina di un libro e niente attorno a lei riusciva a farle distogliere lo sguardo, o attorcigliava distrattamente una ciocca di capelli color grano tra le dita; quando, credendolo qualcun altro, sorrideva aprendogli una voragine nello stomaco. Peccato non fossero solo sorrisi e risate quelle che Amalie scambiava con Obiwan, convinta della sua buona fede ed ignara di quanto ogni critica confessata nei riguardi di Barrow Cooper rappresentasse l'ennesimo dito a rigirare nella piaga. Il medio, per non sbagliare. «Ottimo. Adesso sì che comincia la festa.» Non dovette nemmeno sforzarsi, per impregnare ogni parola di un sarcasmo affatto divertito, sottolineando senza rendersene conto quanto in realtà fosse un idiota: perché parlare con lei, ascoltarla mentre gli raccontava della sua giornata, sentirla ridere , lo faceva stare bene quasi quanto quelle pasticche con gli smiley che teneva nella tasca dei pantaloni. E forse era proprio quello il problema.
    Le iridi screziate di grigio scivolarono sulla figura snella della bionda, che non aveva certo perso tempo prima di fulminarlp con lo sguardo passato lo shock iniziale, tornando a concentrarsi su Kieran, una meravigliosa vena a pulsargli poco sopra la tempia destra, primo segnale incontrovertibile che il momento di dar fondo alla bustina di plastica era ormai giunto; mimó un I'll kill you, la mano destra portata alla bocca per nascondere la breve frase ad occhi indiscreti, così che il messaggio arrivasse solo alla diretta interessata, la quale si limitó ad annuire indicandogli un posto dove sedersi, tagliando così ulteriori proteste sul nascere. Rude. Barrow rimase in piedi, fermo nella tipica posizione ingessata di chi sente la necessità di mostrarsi offeso come un bambino di cinque anni messo di fronte ad un secco no dei genitori, e per una volta quel suo carattere di merda gli tornó utile: la sedia che solo pochi secondi prima gli era stata offerta dalla Sargent voló via, simile ad un grosso birillo scalzato dalla più imprevedibile ed imprevista palla da bowling mai esistita. «STRIKE!» Che teste di cazzo, i Beyoncé. Finalmente sorrise, Barrow, sentendosi un po' meno a disagio in quella situazione della quale non trovava il bandolo, un po' meno solo nel suo essere palesemente fuori posto; purtroppo, a quel punto andarsene diventava impossibile. «Ti ha tirato sotto un camion? Hai una cera da far schifo.» Si avvicinò ai due, osservando il colorito cinereo di Cj Knowles, la gamba tesa e avvolta dalle bende, i segni evidenti di uno scontro che quelli come lui solitamente avevano con la vita, in generale; sotto forma di stronzi privi di scrupoli, il più delle volte, o del suo stesso riflesso quando quelle botte e quel dolore se li andava a cercare sentendone quasi la mancanza. Infiló la mano destra nella tasca, estraendo la bustina dalla quale tiró fuori una delle pasticche con la faccina sorridente, tenendola tra l'indice e il pollice per far sí che il tassorosso potesse vederla. «Chi è un bravo ragazzo?» chiese, prima di lanciare quella che pareva a tutti gli effetti una caramella rosa confetto, una perfetta parabola discendente diretta alle labbra doschiuse dell'amico. Lo mostrava in quel modo il suo affetto, Barry, preoccupandosi che Cj non sentisse dolore, o gli altri Freaks avessero a disposizione abbastanza carburante da non annoiarsi ad una festa. Non che quella fosse l'occasione adatta per parlare di divertimento, ovviamente. «Quindi... adesso ci guardiamo tutti negli occhi e dichiariamo piangendo la nostra dipendenza?» mise una delle pastiglie sulla punta della lingua, giusti per sottolineare quanto appena detta, indicando con la mano libera le sedie disposte in cerchio, un setting già visto in molteplici film e serie tv; un'occhiata ad Amalie, dalla quale Barrow aveva mantenuto la distanza minima di sicurezza, mentre poggiava infine le chiappe sulla prima sedia libera, le gambe mollemente distese davanti a sé. «Non ti facevo tipo da alcolisti anonimi, Sheperd.»
    Così, giusto perché non poteva stare zitto.
    Così, giusto perché non poteva evitare di parlarle, quando l'aveva vicina .


    once!lynchbarrow
    2000's -- ravenclaw -- metamorph
    catafreak -- pinterest
    02.12.2017
    when you are depressed 24/7 but
    you're always down to party
     
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    Amalie Shapherd
    «voi sarete i prossimi.» Le parole del preside di Durmstrang non riuscivano a darle pace. Li aveva minacciati apertamente, senza farsi scrupoli, con il sorriso di chi già sapeva di aver vinto. Si sforzò di rimanere impassibile, di non far trasparire alcuna emozione, mentre la mano andava a stringersi subito a quella della ragazza che indossava le vesti di sua madre, al suo fianco. Perché, sotto le mentite spoglie di Vivian Roden-Shapherd in realtà si nascondeva Erin Therese Chipmunks. E non potevano permettersi di far saltare quella copertura, non in quel momento, non dopo che le cose erano andate per il verso giusto ed erano riuscite a raccogliere le informazioni di cui avevano bisogno. Un piano organizzato su due piedi quello delle ragazze, piuttosto sconsiderato, eppure aveva funzionato. Non c'era neppure stato bisogno di scappare via dalla stanza correndo. Strano.
    Eppure non era riuscita a godersi a pieno quel successo, perché l'unica cosa a cui riusciva a pensare era Dragomir Vasilov e ciò che stava facendo al mondo magico. Al mondo intero. Ed Amalie aveva paura, per tutte le persone a cui teneva, per tutti quelli che erano nati con sangue diverso da quello che, con la stupida ed ignorante convinzione di essere superiori, in molti definivano puro, per tutti quelli che sapeva non avrebbero mai accettato il piano di quell'uomo, che non si sarebbero mai piegati per diventare pedine del suo gioco.
    Pensò a quanto fosse assurdo che i suoi genitori condividessero tali ideologie. Che, da sempre, la pensavano proprio come Vasilov: non li aveva più sentiti, da quando era tornata ad Hogwarts, senza contare il giorno prima in cui sua madre le aveva inviato la lettera per convincerla ad andare alla riunione, eppure sapeva che degli attentati nel resto del mondo a loro non importava nulla. L'aveva notato durante i mesi estivi che era stata costretta a trascorrere a casa. Lo vedeva negli occhi che gli brillavano e negli sguardi che si scambiavano mentre apprendevano l'ennesima notizia di una bomba che esplodeva, di una vita che si spegneva. Ne erano compiaciuti, ed Amalie non avrebbe mai potuto odiali di più che in quei momenti. Perché a lei, al contrario, si stringeva il cuore ogni volta. Ed in quegli ultimi mesi si era chiesta, più che mai, come avesse fatto ad essere nata da loro. Quello era stato un interrogativo che l'aveva assillata fin da quando, da bambina, si era resa conto di non condividere le loro stesse idee. Non erano mai riusciti a piegarla alla loro volontà, c'era sempre stato qualcosa nella bionda che aveva reso impossibile il contrario. E ne era grata, sempre.
    Uscite dal ministero, aveva dovuto salutare Erin per tornare ad Hogwarts, anche se lasciarla era l'ultima cosa che avrebbe voluto fare: aveva notato come la notizia della morte della Lafayette l'aveva colpita. E avrebbe voluto chiederle di più, sapere se la conosceva, capire perché sembrava ferita sul personale, eppure non lo fece. Non come avrebbe dovuto. «Vuoi parlarne?» Una richiesta timida, quasi un sussurro. Era la sua migliore amica e dal primo momento in cui l'aveva incontrata aveva sentito qualcosa dentro di se scattare: così diverse, così uguali. Erano complementari, due facce della stessa medaglia. Eppure aveva sempre saputo che non sapeva tutto della Chip. Non era mica una corvonero per finta, Amalie, e l'aveva capito che c'era un motivo più profondo sul perché la mora non frequentasse Hogwarts. Sul perché non le avesse mai detto dove abitasse, o sul perché i suoi coinquilini erano due studenti che erano spariti dai corridoi di scuola da un giorno all'altro. C'erano verità sulla sua vita che non le aveva ancora detto, e lei non aveva domandato. Non era pronta alle riposte che avrebbe ricevuto, o almeno, non ancora. Once a rebel, always a rebel, right?
    E tornata a scuola, non era riuscita a tranquillizzarsi, a non pensare a ciò a cui era stata partecipe. Mentre camminava per il castello, diretta alla casa comune dei corvonero, non poté trattenersi dall'invidiare i ragazzi che vedeva passeggiare, ridere e chiacchierare tranquillamente per i corridoi. Si chiese come facessero ad essere così tranquilli. Forse, non si rendevano nemmeno conto della gravità di ciò che stava accadendo nel mondo: rintanati nella loro bolla felice, ingenuamente illusi di non correre rischi. Hogwarts appariva come il posto più rassicurante, per un ragazzo: c'era la sala torture, certo, c'erano punizioni in cui potevi incorrere per il solo fatto di aver espresso la tua opinione liberamente. Ma tutte queste cose in fondo non contavano, era sempre casa. Ed Amalie stessa, fino a quella mattina, nutriva qualche speranza: era dura ammetterlo ora, ma aveva seriamente sperato che l'Inghilterra ne sarebbe uscita illesa. Fino a poche ore prima, era simile ai ragazzi che ora le passavano accanto. Si poteva essere tristi per le vittime, angosciati per loro, frustrati per la sensazione di essere impotenti, eppure finché quegli attacchi erano notizie apprese attraverso un giornale o uno schermo, non colpivano sul serio. Si era sempre convinti, nel profondo, di essere intoccabili. Ma nessuno mai lo era, non sul serio. E loro, in quel momento, erano più vulnerabili che mai.
    Meritano di saperlo. Lo pensava guardando ognuno di loro. E, arrivata in dormitorio, si chiese se c'era qualcosa che potesse fare per aprirgli gli occhi. Per farli confrontare con la realtà dei fatti, per farli essere pronti a ciò che Vasilov aveva annunciato. Per non farli essere impreparati, come i ragazzi di Beauxbatons. Meritavano una possibilità. E così fece ciò che le riusciva meglio: scrivere. Corse alla scrivania, nella speranza di ripescare un foglio bianco tra la pila di libri e scartoffie che prometteva di rimettere in ordine da tempi immemori, ed alla fine lo trovò. Iniziò a buttare giù i pensieri che si stavano accumulando nella sua testa. "Informare" "Riunioni settimanali" "Aperto a chiunque non sia pronto a subire" "Segretezza" e così via. Quando alzò finalmente la penna dal foglio, si rese conto di ciò a cui aveva appena dato forma: un gruppo clandestino, nato per chiunque avesse voluto fare qualcosa di concreto per la scuola e per essere informati su ciò che stava accadendo realmente nel mondo magico. E il suo progetto in fondo era l'unica cosa che potesse far concretamente per non sentirsi impotente. Idealmente, avrebbe potuto aiutare molti studenti. Idealmente, era un'idea molto bella. Concretamente però, era difficile da realizzare: un conto era un progetto nato dall'immaginazione, un altro era renderlo realtà. Ma la ragazza era determinata a portarlo alla luce: il come era tutto da vedere, con chi era ancora più complesso. Ma per i dettagli ci sarebbe stato tempo in seguito ( se si sopravvive alla quest hihihi), intanto le bastava lo schizzo iniziale.
    Così riprese il telefono in mano per chiamare Erin e raccontarle la sua idea, ma si fermò a leggere un messaggio arrivato da Kieran. All'iniziò pensò "Beh, ha sbagliato numero" perché una volta la Chips si era servita del telefono della Shapherd per contattare l'amica e dunque probabilmente la Sargent l'aveva salvata in rubrica. Poi però si accorse che il messaggio era realmente indirizzato ad Amalie. La invitava ad un incontro notturno alla Stamberga Strillante per una maratona Disney. Insomma, in situazioni normali avrebbe detto no, eppure aveva davvero bisogno di pensare ad altro. E poi aveva dato per scontato che una volta arrivata lì avrebbe incontrato Erin, Nate e forse persino Jess. Non poteva avere più torto di così.
    Non ci mise nemmeno molto a trovare un passaggio per arrivare lì. Alla fine era riuscita a convincere Connor Walsh a darle uno strappo in macchina: la ragazza sapeva che molti andavano da lui per procurarsi merce vietata a scuola, e per questo si era presentata da lui chiedendogli un mezzo per sgattaiolare fuori dal castello. Far leva sulla sua ex casata e promettergli di tenere d'occhio Maple e cercare di farle seguire ogni lezione era decisamente stato ciò che le aveva permesso di convincerlo. [«Ma non ti vai a drogare, vero?» «Ti sembro una che si droga? »«Mhh..no, ma non si è mai sicuri. E poi io alla Stamberga andavo sempre a drogarmi » Amalie sospettava che lo facesse ancora, in realtà.«Te lo assicuro, non vado per questo» «Beh, cerca di non morire. Non voglio la morte di un anima pura come te sulla coscienza. Anche se, in realtà, se riversassi il senso di colpa nella pittura verrebbe fuori proprio un bel quadro»]
    E quando varcò le porte era già pronta a piangere guardando Dumbo e Bambi, cantare a squarciagola sulle note di Let It Go e fantasticare sulla Bella e la Bestia. E invece. Facile capire quanto si sentì tradita, quanto si maledisse per aver accettato quell'invito alla leggera, senza informarsi di più. Quanto avrebbe voluto scomparire dalla faccia della terra, quando si ritrovò davanti Barrow Cooper. I suoi occhi color ghiaccio, freddi e distanti proprio come i suoi, a fissarla stupiti. Evidentemente non si aspettava di trovarla lì, proprio come lei.
    «Ottimo. Adesso sì che comincia la festa.» Quelle parole la fecero tornare alla realtà. Cristo, lo aveva fissando imbambolata più del dovuto. «Risparmiatelo. Davvero, oggi mancavi tu per concludere la giornata in bellezza» E lo disse con il tono più sarcastico possibile, come sempre del resto. Quando si trattava di lui, dimenticava come si parlasse in modo normale. Eppure, vedendolo lì davanti a lei, una minuscola parte della sua coscienza si chiese se, forse, quella frase avesse significato anche senza la dose di sarcasmo. Una parte di sé lo pensò sul serio: oggi mi sei mancato. Ma non l'avrebbe mai ammesso, nemmeno a se stessa. Non si era resa conto che, con il passare degli anni, il loro rapporto di odio reciproco fosse diventato una delle poche costanti della sua vita. Perché se chiunque altro avesse ascoltato i discorsi delle bionda sul ragazzo avrebbe potuto capire che, dietro quelle parole cariche di disprezzo e non sopportazione, si celava ben altro. Ma il caso aveva voluto che, come confidente, Amalie avesse scelto Obi. E che, anche se erano entrambi corvonero, quando si trattava di sentimenti, avevano probabilmente fatto rigirare più di una volta Priscilla Corvonero nella sua tomba, perché erano due idioti.
    Si costrinse a staccare gli occhi da quelli di Barry, per concentrarsi sul resto della stanza. Vide lo striscione appeso al storto, le sedie posizionate in cerchio in due gruppetti, un tavolo con strane pergamene sopra. Dove diamine era finita? E poi si accorse del resto dei presenti: CJ, Sandy, Gwen. Covo di drogati Che cosa aveva fatto di male a questo mondo, per meritarselo? Avrebbe dovuto dar retta a Connor. Intendiamoci, voleva bene a tutti e tre, anche se non condivideva alcune loro scelte di vita - quante volte aveva invitato CJ a comportarsi meno istintivamente, a non cacciarsi nei casini? Quanta voce aveva sprecato Amalie, quanta di più ne aveva buttata al vento Mabel? E guardare in faccia il De Thirteenth dopo l'occhiolino e le occhiate eloquenti che aveva lanciato a sua madre (anche se non era realmente sua madre #wat) quel pomeriggio era piuttosto difficile. E avrebbe voluto fulminare con lo sguardo Gwen per aver bloccato la porta, quando l'unica cosa che avrebbe voluto fare era fuggire da lì.
    Il punto era, perché anche Amalie era lì? Se avevano bisogno di uno psicomago per un intervento anti droga, sarebbe stata più che felice di aiutare di sua spontanea volontà, poteva esserle persino d'aiuto per il suo tirocinio. Ma le dava tremendamente fastidio l'essere stata attirata lì sotto false promesse.
    «AH, come dice lo striscione, ciò che vi avevo promesso c'è comunque, dovete solo aspettare un po'» Facile immaginare cosa avesse promesso agli altri, per attirarli lì. Portò lo sguardo su Kieran rivolgendole l'occhiata più dura che riuscisse a fare. Di solito in queste cose era tremendamente brava, eppure in quel momento qualcosa stava andando storto, perché anche lei era consapevole di sembrare un cucciolo smarrito, lì in mezzo. La maratona di film Disney che le era stata promessa, il momento di svago che meritava, dov'era? Non si potevano certo fregare così le persone, era ingiusto. Ed era abbastanza intimorita dal perché di quell'incontro.
    Ma nonostante questo, con la consapevolezza di essere bloccata lì, non poté far altro che andarsi a sedere. Lamentarsi, in fondo, non li avrebbe fatti uscire da quella situazione più in fretta. Fu quando Barry si sedette nel suo stesso cerchio di sedie che si chiede seriamente se l'universo ce l'avesse con lei. O se forse le voleva fare un favore.
    «Non ti facevo tipo da alcolisti anonimi, Sheperd.» No, decisamente l'universo aveva qualche mistica colpa da farle scontare. Mica poteva dirgli l'esca che Kier aveva usato su di lei per attirarla. L'avrebbe presa in giro a vita. «Sarò alcolizzata quando tu la smetterai di essere un idiota, fatti due calcoli»
    Il sarcasmo, la sua unica difesa. Senza di esso sarebbe stata costretta ad affrontare i suoi veri sentimenti. Anche se non aveva calcolato che, nel corso del tempo, ne aveva messi da parte troppi e la pila era talmente cresciuta che, da un momento all'altro, sarebbero potuti esplodere. Era diventata una bomba ad orologeria e Barrow era l'unico che avrebbe subito i danni di una sua eventuale esplosione.
    2000's ・ 17 y.o.
    ravenclaw ・ neutral
    2043's time traveller
    (mabel winston crane)
    her eyes,
    flowers of ice and snow
     
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