Barrow Cooper | Camminava su di un filo sospeso nel vuoto, senza alcuna rete di sicurezza ad attenderlo in caso di caduta. Faceva spesso quel sogno, Barrow Cooper -un cognome che ormai gli apparteneva solo tra le mura della scuola, facciata di apparente normalità-, le coperte gettate in fondo al letto ad attorcigliarsi tra le gambe per l'agitazione, incapace di svegliarsi. Rimaneva immobile, paralizzato, gocce di sudore ad imperlare la fronte, sfiancato dal tentativo di aprire gli occhi e riemergere sulla superficie di un liquido troppo denso e vischioso. Avanzava un passo dopo l'altro, ondeggiando furiosamente con le braccia aperte, conscio che prima o poi un movimento sbagliato gli avrebbe fatto perdere l'equilibrio sbalzandolo nel vuoto; non era ancora precipitato, il ragazzino, ma si trattava solo di una questione di tempo. Il quando, piuttosto del se. «Magari devi darci un taglio con la droga, Barry.» Un sorpiro di rassegnazione, poi la mano destra di Kieran gli era calata alla base della nuca: una delle tante riunioni del club Believers, trascorse di solito a scrutare il cielo indossando i capellini di carta stagnola che, secondo la mimetica, impedivano agli alieni di leggere loro il pensiero («tu hai guardato troppe volte Indipendence Day, Kier.» «Non sono mai abbastanza, Coop.»); aveva raccontato loro quel sogno -quell'incubo- già aspettandosi certi commenti, ma Sandy non aveva aperto bocca, limitandosi a fissare il Barrow con quell'intensità che di tanto in tanto lo contraddistingueva, e che ti portava a pregare che gli stupidi cappellini servissero davvero. Ai Freaks, e solo a loro, Barry aveva snocciolato i fatti più recenti, mantenendosi sempre sul vago nel tentativo di non mostrare loro quanto profondamente lo avessero colpito e cambiato: la scoperta dell'adozione, che lui e Sersha erano fratelli, di come la situazione a casa Cooper prima dell'inizio dell'anno scolastico fossero precipitate. Lo aveva percepito nell'aria, Christoff, senza che il ragazzo nemmeno gli rivolgesse la parola; avvertiva una differente vibrazione, un cambio di postura, un pensiero malevolo a saettare dietro le iridi troppo chiare di un figlio che mai, nemmeno per un istante, aveva davvero considerato suo. Una necessità, più che un desiderio. Questo il corvonero se l'era tenuto per sé, in bilico sulla punta della lingua, ma il deThirteen l'aveva capito comunque, solo guardandolo in volto. Sapeva sempre tutto, decifrando senza fatica i messaggi nascosti tra le righe, scavava dentro al suo petto senza mai chiedere il permesso perché gli veniva naturale, da sempre, e Barry lo odiava per questo; odiava tutti loro, Kieran compresa, per essersi ritagliati uno spazio dove lui non credeva ci fosse altro posto se non per la propria sopravvivenza. Più semplice, ma mai davvero facile: si nutriva della solitudine nel quale lui stesso aveva deciso volontariamente di affondare, e in questo modo non doveva niente a nessuno, perché nessuno gli regalava niente. Poteva permettersi di provare solo odio e rancore, e quelli comprimevano il petto occupando ogni centimetro si spazio sotto le costole, indisturbati. Finché non erano arrivati loro. Finché odio e rancore non avevano dovuto cedere il posto a sentimenti che non gli erano mai appartenuti davvero, così selvaggi e indiscreti nel loro andirivieni da lasciarlo senza fiato nei momenti meno opportuni, parole dal tono tagliente a morire in gola. Aprì gli occhi, le labbra premute una contro l'altra in una riga sottile, il lento movimento del torace ridotto al minimo; aveva atteso pazientemente che i novellini si addormentassero, stremati da un ritmo di lezioni e torture quotidiane al quale certo non erano abituati, conscio del fatto che solo quel gruppetto al primo anno sarebbe potuto essere tanto ingenuo da creargli dei problemi. Lo sapevano bene, gli altri corvonero, chi era Barrow Cooper: conoscevano la sua famiglia e le voci che giravano sul conto del padre, inghiottivano aria ruvida come sabbia quando lo vedevano in cortile a scambiarsi sigarette con i Freaks; non era ancora diventato prefetto, l'ormai diciassettenne, ma che presto lo sarebbe diventato era un'altro fatto noto a tutti (eh rob). Conveniva stare zitti, testa bassa, imparare a farsi i cazzi propri. Come ripeteva spesso e volentieri Barry ai compagni meno svegli, quelli che ancora lo guardavano di sottecchi quando fuori dall'orario concesso tagliava la corda per incontrarsi con quei cazzoni dei suoi amici -gente con la quale per persone per bene si guardavano bene dall'avere a che fare-, chi faceva lo sforzo di pensare per sé magari campava cent'anni; gli altri, aggiungeva con una stretta di spalle ed un sorriso, in genere non duravano altrettanto a lungo. Distese le braccia, tenute fino a quel momento incrociate tra la testa e il cuscino, il palmo destro a premere contro le palpebre socchiuse, pesanti e livide: le quattro ore scarse di sonno raccimolate a fatica durante la notte precedente forse non erano in grado di mantenere il suo sistema nervoso in condizioni perfette per il resto della serata, soprattutto in vista di un rave party, ma Barrke raramente puntava alla perfezione. Nell'arte, forse, ma non certo per quanto riguardava se stesso. Dopotutto, non doveva più dimostrarsi sopra le aspettative, il corvonero, raggiungere un'eccellenza forzata per guadagnarsi un giorno di vita in più l, perché le persone che per lui contavano davvero sapevano già chi era la testa di cazzo che avevano di fronte; lo sapevano e a loro andava bene così. Un pensiero potente, quello, affascinante e spaventoso. Scivoló oltre il bordo del letto puntando sul pavimento di legno i piedi già avvolti dalle calze, piegando tutto il corpo fin quasi a raggomitolarsi sotto il letto: si fidava di Gwen e del suo fiuto per scovare le migliori feste da poveri -quelle più distruttive-, ma non sarebbe stato da lui presentarsi ad un party di quel genere a mani vuote; o di qualunque altro genere, pensandoci bene. Inoltre, sapeva per esperienza che Kieran, detta anche MamaBird 2 - La vendetta (la top #1 nella lista di Barry rimaneva Stiles Stilinski), l'avrebbe tenuto d'occhio come un falco pellegrino la sua povera preda designata, impedendogli con ogni mezzo di comprare la roba direttamente sul posto, quindi toccava giocare d'anticipo. Dopo aver sollevato il materasso di qualche centimetro vi infilò sotto la mancina, rovistando nella scorta personale che Jeremy Milkobitch si era premurato a) di procurargli e b) di rendere invisibile grazie ad un incantesimo evidentemente già utilizzato in precedenza, le dita a stringersi attorno ad una bustina di plastica trasparente oltre la quale simpatiche faccine sorridenti tinte di colori pastello facevano capolino accalcandosi una all'altra. Barry sorrise loro di rimando, prima di infilare il sacchettino nella tasca posteriore dei jeans: bastavano e avanzavano, parola di scout.
Avrebbe fatto meglio a portarne di più. Spinse le mani congiunte contro la punta del naso, le palpebre calate sugli occhi chiari nel tentativo di chiamare a sé la concentrazione che sapeva essergli necessaria come ossigeno, al fine di incanalare la propria forza vitale, far diventare un tutt'uno ying e yang, ricaricare il chi di 'sto cazzo: solo così avrebbe potuto impedire a parole inventate appositamente per tirar giù tutti i santi del calendario di galleggiare oltre le labbra piene, trasformandosi da mero pensiero negativo in solida realtà. Kiera gliel'avrebbe pagata, in un modo o nell'altro, e non tanto per aver organizzato l'ennesimo intervention contro alcol e droghe - così gli parve all'inizio, dopo un primo shock di bruciante delusione -, quanto perché prima di quel momento la mimetica non si era mai dovuta sforzare di inventare scuse e palle per convincerlo a fare qualcosa: magari Barrow lo faceva di malavoglia, o fingeva che il peso della richiesta fosse così greve da essere praticamente insopportabile, ma alla fine la assecondava comunque. Sempre. «Bello scherzo, davvero. Adesso però dovrei--» «Barry, questo non è un intervento per farti smettere con la droga.» inarcó un sopracciglio, aspettando il 'ma' intrinseco nella pausa ad effetto «quello ci sarà prossimamente.» ah, ecco. Corrugó la fronte, il corvonero, ruotando lentamente su se stesso così da incrociare lo sguardo con Ellis alle sue spalle, un'occhiata che racchiudeva tutte le sfumature corvine del suo attuale stato d'animo; qualunque cosa stessero architettando quelle due, volendo escludere il classico tentativo di portarlo sulla retta via, Barry non voleva averci a che fare: gli puzzava il modo in cui Kieran e Gwen si guardavano, iridi scure a guizzare sui loro volti e poi rapide sul pavimento, senza riuscire a mantenere il contatto visivo; lo turbava il tono forzatamente allegro delle loro voci, macchiato da un nervosismo sottile che -soprattutto associato alla figura della Sargent- non riconosceca come loro. Qualcosa gli diceva di dover levare il culo di lì, e alla svelta. «Sì, beh, in ogni caso avrei sa fare. Divertitevi, eh.» Fece per dare loro le spalle, trovandosi cosi a saltare direttamente dalla padella alla brace. Non poteva credere ai suoi stanchi occhi: come, in nome di Satana cacciato dai battesimi, potevano aver convinto Amalie Sheperd, miss perfettina , a trasgredire il coprifuoco e violare le regole? E soprattutto, domanda ancor più importante, perché? Aveva iniziato la serata con un pensiero positivo, Barrow ormai-a-tutti-gli-effetti Skylinski, e nel giro di pochi minuti anche quel infinitesimo raggio di sole si era dovuto arrendere all'arrivo di un temporale con i fiocchi, lampi e tuoni a far tremare le finestre ed illuminare il cielo. Sarebbe sopravvissuto anche senza rave, per quella notte, legandosi al dito la balla ben architettata per estorcere a Kieran qualche favore -dopo averle tenuto il muso per almeno un paio di giorni-, ma non era altrettanto certo di poter superare indenne la tempesta Sheperd, già da tempo riclassificata come uragano. Non lo faceva mai. Ne usciva sempre ferito, pallide lacerazioni sulla superficie di un ego non abituato a perdere, cosa che con la corvonero accadeva di continuo, senza sosta; lo irritava anche solo guardarla, quando le iridi dello stesso azzurro cristallino si incrociavano silenti prima delle solite frecciatine, eppure Barry non riusciva a volgere altrove i suoi. Continuava ad osservarla, quando era concentrata sulla pagina di un libro e niente attorno a lei riusciva a farle distogliere lo sguardo, o attorcigliava distrattamente una ciocca di capelli color grano tra le dita; quando, credendolo qualcun altro, sorrideva aprendogli una voragine nello stomaco. Peccato non fossero solo sorrisi e risate quelle che Amalie scambiava con Obiwan, convinta della sua buona fede ed ignara di quanto ogni critica confessata nei riguardi di Barrow Cooper rappresentasse l'ennesimo dito a rigirare nella piaga. Il medio, per non sbagliare. «Ottimo. Adesso sì che comincia la festa.» Non dovette nemmeno sforzarsi, per impregnare ogni parola di un sarcasmo affatto divertito, sottolineando senza rendersene conto quanto in realtà fosse un idiota: perché parlare con lei, ascoltarla mentre gli raccontava della sua giornata, sentirla ridere , lo faceva stare bene quasi quanto quelle pasticche con gli smiley che teneva nella tasca dei pantaloni. E forse era proprio quello il problema. Le iridi screziate di grigio scivolarono sulla figura snella della bionda, che non aveva certo perso tempo prima di fulminarlp con lo sguardo passato lo shock iniziale, tornando a concentrarsi su Kieran, una meravigliosa vena a pulsargli poco sopra la tempia destra, primo segnale incontrovertibile che il momento di dar fondo alla bustina di plastica era ormai giunto; mimó un I'll kill you, la mano destra portata alla bocca per nascondere la breve frase ad occhi indiscreti, così che il messaggio arrivasse solo alla diretta interessata, la quale si limitó ad annuire indicandogli un posto dove sedersi, tagliando così ulteriori proteste sul nascere. Rude. Barrow rimase in piedi, fermo nella tipica posizione ingessata di chi sente la necessità di mostrarsi offeso come un bambino di cinque anni messo di fronte ad un secco no dei genitori, e per una volta quel suo carattere di merda gli tornó utile: la sedia che solo pochi secondi prima gli era stata offerta dalla Sargent voló via, simile ad un grosso birillo scalzato dalla più imprevedibile ed imprevista palla da bowling mai esistita. «STRIKE!» Che teste di cazzo, i Beyoncé. Finalmente sorrise, Barrow, sentendosi un po' meno a disagio in quella situazione della quale non trovava il bandolo, un po' meno solo nel suo essere palesemente fuori posto; purtroppo, a quel punto andarsene diventava impossibile. «Ti ha tirato sotto un camion? Hai una cera da far schifo.» Si avvicinò ai due, osservando il colorito cinereo di Cj Knowles, la gamba tesa e avvolta dalle bende, i segni evidenti di uno scontro che quelli come lui solitamente avevano con la vita, in generale; sotto forma di stronzi privi di scrupoli, il più delle volte, o del suo stesso riflesso quando quelle botte e quel dolore se li andava a cercare sentendone quasi la mancanza. Infiló la mano destra nella tasca, estraendo la bustina dalla quale tiró fuori una delle pasticche con la faccina sorridente, tenendola tra l'indice e il pollice per far sí che il tassorosso potesse vederla. «Chi è un bravo ragazzo?» chiese, prima di lanciare quella che pareva a tutti gli effetti una caramella rosa confetto, una perfetta parabola discendente diretta alle labbra doschiuse dell'amico. Lo mostrava in quel modo il suo affetto, Barry, preoccupandosi che Cj non sentisse dolore, o gli altri Freaks avessero a disposizione abbastanza carburante da non annoiarsi ad una festa. Non che quella fosse l'occasione adatta per parlare di divertimento, ovviamente. «Quindi... adesso ci guardiamo tutti negli occhi e dichiariamo piangendo la nostra dipendenza?» mise una delle pastiglie sulla punta della lingua, giusti per sottolineare quanto appena detta, indicando con la mano libera le sedie disposte in cerchio, un setting già visto in molteplici film e serie tv; un'occhiata ad Amalie, dalla quale Barrow aveva mantenuto la distanza minima di sicurezza, mentre poggiava infine le chiappe sulla prima sedia libera, le gambe mollemente distese davanti a sé. «Non ti facevo tipo da alcolisti anonimi, Sheperd.» Così, giusto perché non poteva stare zitto. Così, giusto perché non poteva evitare di parlarle, quando l'aveva vicina .
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