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Libera

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  1. amazing_hair
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    Sarebbe stato delizioso poter dire di trovarsi nei pressi del Lago Nero unicamente per godere della magnifica visuale dei dintorni del castello, con un sospiro di sollievo e l'ultimo sole a tingere il cielo dei colori del tramonto. Sarebbe stato altrettanto amabile poter affermare di trovarsi lì per il solo piacere fine a se stesso, senza dover nascondere la ferita riportata alla coscia sinistra, ancora fremente, ancora sanguinante.
    Tutto aveva avuto inizio poche ore prima, quando Daniel Reinards aveva poco saggiamente deciso di fare l'eroe, un'altra volta. Sarebbe stato bello poter dire che l'unica conseguenza di quell'atto di buonismo fu la gratitudine del diretto interessato e, magari, un encomio speciale per i servigi resi alla scuola, ma naturalmente non andò così.
    Dopo la fine delle lezioni di quel pomeriggio, Daniel si stava dirigendo insieme a un paio di compagni verso la biblioteca, per terminare un tema di Pozioni circa l'utilizzo controverso del Distillato della Morte, quando intravide un ragazzino del primo, massimo del secondo anno trasportare a fatica un calderone verso i sotterranei. Fu un attimo di distrazione, un carico eccessivo e le deboli braccia del bambino cedettero sotto il peso di quel calderone, facendo sì che il contenuto si distribuisse sul pavimento appena tirato a lucido.
    Raccontare il seguito fin nei minimi particolari sarebbe superfluo; in effetti, basta dire che Daniel fece sloggiare in fretta il ragazzino e si prese la colpa dell'accaduto, ben conscio di quanto sarebbe successo al vero colpevole una volta che il custode o gli insegnanti fossero corsi ad accertarsi della causa di quel baccano. In un certo senso, il Serpeverde era convinto di poterla passare liscia, lui, Prefetto e studente quasi-modello... ma a quanto pareva neppure il figlio di Salazar era al di sopra delle regole, neanche per un incidente tanto banale.
    Uno dei Caposcuola si avvicinò a lui e fece per afferrargli il gomito, convinto che avrebbe fatto storie per andare nella Stanza delle Torture. Naturalmente non sapeva con chi avesse a che fare.
    -D'accordo, d'accordo, arrivo. E levami le mani di dosso, coglione, conosco la strada.
    Con un gesto secco e uno sciocco della lingua, Daniel si indirizzò nella stanza. Non era la prima volta che vi si recava, in più quel giorno non avrebbe dovuto trascorrerci troppo tempo, in fondo versare una pozione e disturbare le varie lezioni non era il peggiore dei mali lì dentro.
    A distanza di due ore si ritrovò all'inutile ombra di un albero in riva al lago, con la gamba sinistra distesa e dolorante. Non gli era andata troppo male, un paio di cilici ben avvinghiati sulla coscia non erano nulla rispetto a quello che gli avevano fatto in passato, e lo aveva pensato anche nei numerosi attimi in cui il torturatore afferrava le cinghie di cuoio di entrambi gli oggetti e tirava, stringeva, fino a lacerargli la carne. Un fastidio sopportabile se non fosse stato per le macchie di sangue che avrebbero reso piuttosto evidente quanto accaduto.
    Sganciò la tunica dal collo e la poggiò sulla gamba ferita, in modo da nascondere il sangue, mentre la brezza autunnale gli asciugava quelle gocce di sudore che gli imperlavano le tempie. Chiuse gli occhi e rimase in silenzio, beandosi di quella pace donatagli dalla fame che spingeva i ragazzi a recarsi in Sala Grande per la cena. C'era ancora tempo prima del coprifuoco, ed era piuttosto certo che nessun altro avrebbe avuto la malsana idea di disertare il banchetto serale.
    Il pacchetto di sigarette, che di solito custodiva gelosamente nel proprio baule, quel giorno si trovava proprio nella tasca sinistra dei pantaloni; cercò di afferrarlo non senza difficoltà, non tanto per la ferita quanto per la scelta dell'abbigliamento: portava i pantaloni aderenti perché sentiva nei confronti del mondo la responsabilità di essere stupendo, una cosa mica da ridere che, però, rendeva difficile la realizzazione del suo momentaneo desiderio.
    -Dannazione.
    Rinunciò al tentativo e, in un attimo di frustrazione, afferrò la prima pietra con cui la mano sinistra entrò in contatto e la scagliò con forza contro le rive del lago, lamentandosi subito dopo per la fitta di dolore che il movimento gli aveva procurato.

    Daniel Reinards
    « Pain of mind is worse than pain of body »

    © psìche
     
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