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Thanatos&Nicèphore, post dallaire's party.

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    ThanatosByrn
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    Piccole gocce di sangue accarezzavano il pavimento, lucido. La notte cercava esausta di affondare nella fossa da lei scavata con estrema attenzione, le pareti contornate da perle bianche e leggere, custodivano l'essenza dei ricordi, i sogni del domani e le speranze rivolte al presente. Giunte al culmine della serata le speranze crollavano e facendo un'enorme chiasso finivano per schiantarsi contro il terreno, ferendolo. Un'altra notte esageratamente bella, perché la bellezza va mostrata quando il sorriso della luna fatica a splendere. Bellezza, un concetto strano e contorto anche per Thanatos. Non esiste uno spettacolo migliore di chi mette in mostra il vuoto illuminato da sfocate luci di dolore, luci che hanno iniziato a splendere alla morte dei sogni. 'Avevi dei sogni da bambino?' No, non ne aveva perché fin da bambino lui era il vuoto dei pensieri. Nessun materasso di colorate sfaccettature infantili e capricci bizzarri doveva rovinare l'impatto con l'ignoto. È questo che rende particolare la notte. C'è chi da una parte scatena delle guerre per soffocare la luce notturna e chi invece possedeva un altro sogno da appendere e si affidava al vento affinché cacciasse via quelle nuvole, piazzate in scintillanti armature. L'unica cosa che sa rendere viva la notte è quel suo continuo bisogno di spingersi oltre, di vedere quanto si possa cadere ancora prima di giungere alla fine. Stelle cadenti sfiorano il suo volto riflesso in ogni specchio d'acqua abbastanza grande da contenerlo e vi si immergono in attesa di mutarsi in lacrime e godere della sua pelle. Una notte tranquilla, sveglia e sanguinolenta.
    Avrebbe dovuto capirlo che ci sarebbe stato qualcosa che avrebbe dato movimento alla sua serata, il mercenario.
    Si pensava di poter mostrare la vostra vera natura senza aver il timore di essere giudicati, ma quella sera aveva compreso l'opportunità di guardare che, anche nel sopracciglio più perfetto, si nascondeva del marcio. Il figlio dei padroni di casa ne era la prova. Mephisto, era il suo nome. Come un fiore appassito in un campo di rose, il ragazzo, avevamo mostrato quello che in realtà si nascondeva dietro la ricchezza ed il buon sangue, mix fin troppo familiare a Thanatos.
    Sapeva anche che nessun essere umano poteva realmente esistere se non riconosceva e non accettava l'altro lato della medaglia. Diceva sempre che l’uomo era l'incubo di se stesso; niente creature magiche o magia. Non bisognava soffermarsi alle parole soltanto perché qualcuno prima di voi ha affidato un determinato significato o meglio dire /un'etichetta/ persino alla più piccola parola presente in natura. Si doveva guardare oltre, oltre la logica e la ragione. Guardate la bellezza di poter essere esattamente chi si sta fingendo di essere, guardate chi si sta nascondendo e non provate alcuna paura nel mostrare il lato imperfetto e 'pericoloso', il lato danneggiato e migliore, perché tutto quel continuo scambio di maschere fra gli uomini è un bagaglio culturale che farà parte della storia, farà parte di chi oserà tramandare il dipinto di un quadro mai realizzato se non vissuto.
    Il suo volto, quella sera, non venne appesantito da ulteriori maschere: quella che gli era stata donata da Nice era stata abbandonata su chissà quale tavolo della sala mentre mentre Thanatos era uscito allo scoperto sotto il nero della notte, squarciato da una rossa tinta dal rosso del sangue che era stato riversando nella casa.

                   « Rispecchio i vostri pensieri, riesco a sfiorarli e a leggerli con una facilità disarmante. Sarà un impatto silenzioso e violento che ruberà qualcosa ad ognuno di voi, perché è questo ciò che sono. Sono un ladro e un cattivo compagno, sono la notte che svela il risultato di un enigmatico scarabocchio senza chiedere il permesso. Indosserò la parte odiata a morte da voi, la parte fragile che tentate di mascherare per paura di perdere e la indosserò in un'eccezionale abito da sera che andrà a ricoprire l'involucro in pelle, del mio corpo. Sarete la mia stessa maschera poiché io mi nasconderò tra voi e l'unico accessorio che potrete ammirare sarà la tela che ho vissuto. »

    Avrebbe voluto urlare, Thanatos, per surclassare le urla dei presenti ma, oramai, quelle parole si dissolsero nella sua mente contorta come fumo tra le sue mani.
    Sfortunatamente esse non furono solo le uniche cose che si dispersero rapidamente nella fredda aria notturna appena le porte della villa venne aperte ed i primi feriti furono trasportati fuori, seguiti a ruota dagli studenti in un boato di euforia per essere ancora vivi e, per concludere il tutto, i membri di famiglie purosangue insieme a, beh, gente come lui; qualcuno di totalmente anonimo che probabilmente non sarebbe nemmeno dovuta essere lì.
    La prima boccata d’aria fresca, dopo tutte quelle ore rinchiuso nella villa, sembrò bruciare i polmoni del mercenario come quelli di un bambino appena messo alla luce. Lui che aveva sempre amato la notte, lui che viveva di notte e che conosceva soltanto la notte, si sentì sollevato; non perché fosse vivo, non si preoccupò nemmeno dello squarcio sulla sua camicia che iniziò a tingersi di un rosso scarlatto parecchio acceso, così come le sue nocche doloranti e spaccate dal pugno che tirò ad una delle donne corvo.
    Fumare. Doveva fumare.
    Il ragazzo accese una sigaretta e la portò alle labbra, tenendola per qualche attimo tra i denti. Aspirò così che il fumo potesse depositarsi sulla parete dei polmoni ed infine lo asciò scivolare dalle narici, sentendo il naso bruciare ed un gusto agrodolce sulla punta della lingua.
    Poteva Thanatos godersi una sigaretta senza essere disturbato? No, ovviamente.
    Come poteva essersi dimenticato della fastidiosissima fantastica Nice?


                   « Stai buona, okay? Dammi il tempo di finire la sigaretta e ti darò il tuo stupido ballo, io mantengo le promesse anche se. . . potrebbe costare un piccolo extra. Chiuderò un occhio se mi offri un drink mentre tu cerchi di sistemarti le extension. Credo ti si veda la pelata. »

    (…)

    Varcò la soglia della discoteca, riversandosi all’interno così da permettere al calore dei corpi in movimento di inondargli il corpo mentre sentì, abbastanza lentamente, la camicia ricucirsi con l’aiuto di un incantesimo.
    Entrambi non furono fermati dal buttafuori all’entrata: il nostro divoratore di calippi suppose che la notte fonda si stesse prendendo gioco di lui, togliendogli la qualsiasi forza di mettersi a battibeccare con una nana mezza pelata ed un ragazzo con il torace imbrattato di sangue, proprio e non.


                   « Cerca di non mettermi in imbarazzo, ho dei contatti tra questi sfigati. Beh…allora festeggiamo la nostra non-morte per mano di un altro sfigato! »


    Disse Thanatos con voce rauca, facendo un cenno col capo in direzione della pista, come se volesse invitarla ad aprire le loro danze nonostante una piccola vocina nella sua testa gli stesse dicendo che quella era l'idea più stupida, forse, che abbia mai fatto. Soffocò quel pensiero con un sospiro premuto sotto al palato mentre, dando una pacca sulla spalla della ragazza, si gettò tra la folla.


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    Edited by mephobia/ - 14/1/2018, 17:07
     
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    Le cose che erano successe alla festa erano assurde, semplicemente.
    Nicéphore Black, secondogenita di Cygnus Black, non era tuttavia una persona così “normale” come voleva apparire con quei sorrisi sgargianti e quei complimenti che seminava in giro, con una certa generosità-- e per questo motivo, non ne usciva assolutamente lesa, in alcun modo. Certo, per una volta -una sola- le sarebbe davvero piaciuto chiudere la serata con una bella cena romantica, o con quelle cose che si vedono nei film... o che fanno sempre le tue migliori amiche-- quelle che a te stranamente non capitano mai o perché ti trovi un partner pigro, o perché -più semplicemente- la tua festa viene interrotta dall'arrivo inaspettato di uno stormo di donne corvo. Insomma. Sembrava destinata a restare senza lieto fine, e per quanto non volesse darlo a vedere in realtà un po' ne soffriva-- in fondo, Nicéphore Black, aveva un animo a suo modo romantico.
    Per questo aveva messo il broncio-- un broncio a suo modo quasi tenero: intrecciò le braccia al petto e tirò un gran sospiro, nel momento esatto in cui a quel baccano se ne frapponeva un altro, quasi più assordante; vide dalla stanza in cui stava aiutando suo fratello Perseus e Philly il portone di casa andare letteralmente in pezzi, travolgendo le bestie e, nemmeno troppo sfortunatamente, anche alcuni degli ospiti che avevano tentato disperatamente di aprire la porta e si erano disordinatamente raggruppati all'uscita, vigliaccamente. Per questo non era troppo dispiaciuta.
    Ma in fondo, doveva ammettere che l'ingresso di suo padre le cacciò via qualunque sentimento: ne fu raggelata, tant'è che gli occhi, ora dilatati, non riuscivano a staccarsi dalla sua figura massiccia, autoritaria, mortale. Tremò lungo la schiena, ma tentò disperatamente di nasconderlo, lanciando un'occhiata -quasi di rimprovero- al fratello: in qualche modo, si sentiva giustificata di ritenerlo colpevole di tutto, e con quello sguardo, altrettanto gelido come quello del padre, volle sottolineare il suo pensiero.
    Tuttavia a Perseus non parve interessare: a sua volta era più preoccupato a guardare il padre, a studiarne i movimenti, finendo l'ultima creatura e tenendosi il ventre ferito con un braccio premuto sopra. Quando Cygnus fu davanti a loro, una strana adrenalina viaggiò di sguardo in sguardo, e Nicéphore provò la terribile sensazione di essere stata beccata, di aver disubbidito ad un qualche ordine. E forse, sebbene non ne fosse stato pronunciato nessuno dalla piega severa delle labbra, era stato davvero così.
    Suo padre era furioso, e sebbene Nicéphore sapesse di non essere l'oggetto di quella furia, avrebbe dovuto immaginare i riscontri quando «lei non c'entra nulla» osò aprir bocca, raccogliendo ora su di sé lo sguardo lancinante del padre. Se fosse stata una bacchetta, ora probabilmente si sarebbe ritrovata sanguinante a terra-- col petto squarciato. Cygnus Black era così-- era violento, austero, ma aveva la caratteristica crudele di saper far male coi soli sguardi, le sole parole... in fondo, ad un uomo come lui neppure sarebbe servita una bacchetta per primeggiare su chiunque: aveva dalla sua la forza crudele di un animo temprato dall'oscurità, dalla conoscenza, e dalla violenza, dall'arroganza. Era un simbolo a cui aspirare, e al contempo una condanna da sopportare in silenzio, chinando il capo.
    «taci, e fuori di qui. Tutti e due, adesso» il sangue le si ghiacciò nelle vene.
    Adelaide Dallaire giaceva praticamente ai piedi dell'uomo con un'aria sconfitta, piegata: il suo vestito era strappato in vari punti, in particolare all'altezza delle gambe, alcune piccole ferite le coprivano il sangue ma -andava detto- sembrava illesa. Il problema era altrove, e Nicéphore sospettava non sarebbe guarito facilmente come un taglio.
    Non disse nulla, ma frettolosamente uscì, trovandosi a seguire la massa disordinata di persone che si gettavano fuori dalle sale con disperazione, rabbia, terrore-- feriti o meno, tutti preferivano uscire da quella casa degli orrori piuttosto che curare le proprie ferite fra quelle mura, da cui -da un momento all'altro- poteva uscire l'ennesimo mostro.
    Fuori la gente iniziò a disperdersi, ma per poco: altri pavor erano giunti per aiutare, e insieme qualche medimago che pazientemente fermò i feriti, li aiutò a calmarsi, e iniziò a lenire le loro ferite; alcuni, quando ottennero il permesso -segno che ogni creatura era stata abbattuta- entrarono nella casa e si presero cura di quei pochi che, feriti com'erano, non era riusciti a sfuggire dalla casa e giacevano lamentosi a terra.
    Nicéphore non era naturalmente una delle persone a cui era necessaria un medimago, e malamente scacciò una giovane -probabilmente una tirocinante- che cercava con insopportabile insistenza di offrirsi-- probabilmente dopo averla riconosciuta come la figlia di Cygnus Black. Purtroppo non era nel suo mood più affabile, e dopo averla generosamente mandata a farsi fottere, Nicéphore tornò a guardare con insistenza verso la casa, stringendosi nelle spalle, e attendendo che uscisse lui. Del resto, se fosse già uscito, Ethan non avrebbe atteso molto prima di comparirle davanti... al contrario, probabilmente le sarebbe andato incontro-- e invece, di lui non c'era traccia da nessuna parte.
    Tuttavia dopo pochi minuti dalla casa uscirono solo suo padre e i pavor che lo avevano accompagnato: chiusero il portone e iniziarono a dividersi, setacciando il giardino. Il cipiglio serio di suo padre la preoccupava, ma non ebbe il coraggio di avvicinarsi e chiedergli cosa stesse succedendo all'interno della casa... perché l'avevano chiusa, ben sapendo che al suo interno doveva ancora nascondersi lo stronzo che aveva pianificato tutto.
    Una figura misera le passò affianco, scortata da un pavor: Adelaide, irriconoscibile, teneva il capo chino e eseguiva l'ordine dell'uomo, che lesto la spingeva fra la folla, concedendo solo pochi minuti ad un medimago per prendersi cura delle sue ferite. «Avrà tutto il tempo per essere visitata al Ministero» e senza troppe altre parole, sparì fra la folla, probabilmente smaterializzandosi con la donna affianco.
    Nicéphore allontanò lo sguardo, e non poté che caderle sull'unica persona che poteva dire di conoscere: Philly. Per una parte dell'evento se l'era perso-- chissà se era riuscito a rimorchiare? Stava da solo a fumare, e qualcosa fra sé e sé le sussurrò malignamente come, probabilmente, non era stata l'unica a vedersi la serata andare in fumo... per come aveva disposto i piani. Sospirò, e la prima cosa che fece fu tentare di aggrapparsi alle sue spalle tipo koala-- ma il ragazzo fu più veloce, e lesto lasciò uscire il fumo, potendo così parlare «stai buona, okay? Dammi il tempo di finire la sigaretta e ti darò il tuo stupido ballo, io mantengo le promesse» gli occhi della giovane si illuminarono, e senza troppi complimenti saltò con un balzo agile sulla sua schiena, stringendo le braccia attorno alle sue spalle e chiudendo in una morsa ferrea le cosce -scoperte dal vestito- attorno ai suoi fianchi-- alle altre parole, Nicéphore non badò nemmeno troppo (in particolare la battuta sui capelli... ma quella la ignorò per l'incolumità della sua guardia del corpo ♥); voleva solo divertirsi, dimenticare quella notte, il terrore provato quando per qualche istante l'ipotesi di uccidere Ethan Dallaire le era sembrata la più ragionevole... sorrise, ma non con gli occhi mentre affondava nell'incavo fra spalla e collo di Philly.
    Quella notte probabilmente le sarebbe rimasta impressa per sempre.
    «avanti, marche!» gridò levando il pugno, evitando assolutamente di sentire ciò che stava dicendo ma anzi, coprendo le sue ultime parole con quel piccolo gridolino soddisfatto. Ad Ethan non avrebbe pensato più per qualche ora-- del resto, nemmeno sapeva che cosa fossero loro due, e Ethan aveva chiaramente espresso il desiderio di...continuare solo. Era giusto così. Era giusto lasciare ad ognuno i propri spazi-- e quello di Nice gravitava terribilmente attorno a quel povero ragazzo ora piegato sotto il peso del suo corpicino.

    Davanti al locale, Nicéphore aveva smesso di pretendere che il ragazzo se la portasse in spalle-- era scesa e, aggiustando il vestito, si era sistemata in modo da «tranquillo, cercherò di non mettere troppo a disagio questi sfigati» apparire il più possibile trasandata ma fine, una giovane come tutte le altre che aveva solo voglia di sbandare un po' prima della chiamata del papà.
    Non gli fregava del fratello -magari era morto dissanguato- né di Adelaide Dallaire, che mai aveva visto così spenta; non le fregava della sorte di Mephisto, e cercava in ogni modo di non pensare ad Ethan... o a tutti gli altri. Era solo Nicéphore, Nice, desiderosa di svagarsi un po', bere, dimenticare il terribile epilogo della festa.
    «beh... allora festeggiamo la nostra non-morte per mano di un altro sfigato!» «pronto a scaricarti?» e prendendo alla lettera l'invito della pacca, Nicéphore si gettò in mezzo alla pista, non volendosi curare di chi aveva spintonato per raggiungere il centro nevralgico della massa-- perdersi fra quei volti, quei corpi, quei salti e giri; stava bene, chiuse gli occhi e «avanti!» attirò Philly, alzando poi il viso verso l'alto, con gli occhi chiusi.
    Assaporando ogni sensazione, la libertà, il soffocamento, la gioia dell'istante-- unico vero tesoro della vita.
    Stava ballando
    sul cadavere di un uomo morto sotto i suoi occhi.
    You Sit And Stay I Don'T Obey // by ms. atelophobia
     
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    Forse solo una cosa non sarebbe mai cambiata: il fatto che il FriendFyre brulicasse, come al solito, di gente di dubbia moralità. Uomini che dimenticavano improvvisamente di essere tali venivano fagocitati dalle luci al neon del locale, leggermente appannate dalla coltre di fumo che appestava l'aria, rendendola quasi irrespirabile. Non che gli dispiacesse, d'altra parte, dal momento in cui era proprio quell'ammasso di feccia che gli consentiva di guadagnare qualche dollaro ed infilarselo in tasca come se niente fosse. In linea di massima non si lasciava coinvolgere più del dovuto, benché fosse già largamente coinvolto in quel giro, ma palesava un temperamento completamente diverso rispetto a quello che riservava ai suoi conoscenti: se c'era una cosa che aveva imparato durante la sua adolescenza, quella era che in quei posti non potesse lasciarsi sfuggire nulla, né una parola di troppo, né gesti particolarmente affabili. Doveva avanzare, a testa alta, scivolando tra i tavoli non come se fosse un dipendente, ma come se fosse uno dei padroni. Non doveva essere lui a cercare i clienti, ma dovevano essere i clienti a cercare lui, alimentando un senso di onnipotenza che non sentiva affatto suo. Ma quella notte non era lì per lavorare, aveva già dato: reduce da una serata alquanto particolare, Thanatos, doveva aveva rischiato la vita: sarebbe dovuta essere semplicemente una festa di gala dove avrebbe dovuto accompagnare una pulce con i capelli biondi, tacchi e vestito. Il tutto si era rivelato un bagno di sangue dove il mercenario ci stava rimettendo la pellaccia ma, fortunatamente, se l’era cavata con un graffio che andava dalla clavicola sinistra al pettorale del lato opposto. Sparito nel giro di pochi secondi grazie ad un paio di colpi di bacchetta ed a una sigaretta.
    Alle volte era inevitabile che in un clima come quello vigente all'interno di quel posto, perfino ponderare le proprie scelte poteva risultare fatale. Spesso e volentieri, erano proprio le persone maggiormente riflessive a destare maggiori sospetti e ad attivare quel meccanismo di diffidenza che le relegava all'interno della fantomatica lista nera. E lui sapeva fin troppo bene cosa accadesse a chi veniva ostracizzato; gli anni passati dopo la morte dei suoi genitori, a contatto con persone più grandi di lui e che lo avevano condotto allo spaccio, lo avevano formato e non poco. Bisognava essere sì silenti, ma non ostentare quella finta innocenza, che altrimenti sarebbe diventato il primo motivo che avrebbe portato l'individuo alla forca. O alla canna di una pistola, che dir si voglia. Spesso, invero, non c'era neppure un vero e proprio modus operandi che potesse farti arrivare dritto dritto tra le braccia della salvezza; al contrario, sopravvivere per qualche ora, ed avere il privilegio di ritornare in camera, superava già in qualche modo il limite della decenza. E, anche in quel caso, non si parlava di fortuna. Oh, no, quell'esimia bastarda non c'entrava nulla; al contrario, se ne stava seduta lì, sul suo trono di falsi elogi, osservando compiaciuta quanto si consumava sotto i suoi occhi vigili. Non interveniva, non diceva mai nulla. E se fosse mai accaduto il contrario, questo Thanatos non poteva saperlo, troppo attaccato al mondo materiale. Un punto di vista senz'alcun dubbio cinico e demistificante, forse anche machiavellico, che in passato lo aveva portato addirittura al limite. Overdose, autolesionismo psicofisico, o forse un vero e proprio tentativo di suicidio, convinto che non ci fosse nient'altro da vedere se non la coltre buia che aleggiava attorno alla morte. Eppure, da quando aveva lasciato quel periodo particolare della sua vita, un po' come sua madre e suoi padre avevano fatto con lui, Dadrian si era reso conto che forse, in realtà, qualcosa da esplorare ci fosse ancora. Ed era stato allora che si era ritrovato a Londra, solo, spaventato, attonito, confuso e senza parole, non riuscendo a trovarne neppure una per descrivere quello che lui aveva sempre catalogato come un evento inspiegabile. Tuttavia, più raschiava il fondo della conoscenza, tentando di nutrirsene come un ossesso, più si rendeva conto del fatto che al peggio, proprio come si soleva dire, non ci fosse mai fine. Era come scendere nei gironi più bassi dell'Inferno e ritrovarsi a patire, una dopo l'altra, le stesse pene di tutti quei condannati.

                   «Anche tu fai parte di questi sfigati, lo sai?
    E solitamente basta spaccare loro una bottiglia in testa per non metterli a disagio, ed il gioco è fatto.»


    Disse con un tono ben poco entusiasta, piatto, come se quella potesse essere la condizione più ovvia di fronte alla quale si fosse mai ritrovato. E forse non sarebbe stato del tutto errato rendere tutto ciò una vera e propria affermazione. Al Friendfyre era come se ogni logica, una volta entrati lì dentro, si capovolgesse; come se, varcando la porta, si potesse entrare in un mondo completamente diverso, se non opposto a quello in cui si ritrovavano a vivere. E le fondamenta dell'identità cedevano sotto il peso di tutte le bugie, proprio come un palazzo crollava sotto il peso del cemento. Forse loro due ne erano l'esempio più eclatante. Una studentessa modello ed uno studente fin troppo silenzioso. Una possibile criminale, forse anche una pseudo-tossica, ed uno spacciatore. Era incredibile come bastasse così poco per mandar giù quel castello di bugie.
    «Pronto a scaricarti?.»
    Una frase che gli strappò una smorfia molto simile ad un lieve sorriso che venne subito celato dal buio della discoteca dove, peccati e peccatori potevano riversarsi in quel mare fatto di alcol e corpi sudati. E fu in esso che Thanatos venne trascinato dalla ragazza a cui aveva promesso un ballo e, per uno come lui che viveva nelle menzogne, le promesse risuonavano nella sua coscienza come la parola di Dio per un fedele. E se avrebbe dovuto ballare, beh, perché non farlo con stile?
    Le falangi di entrambe le mani si chiusero sui lembi della camicia per strapparla via così da lasciar scoperto il suo busto adornato da qualche gocciolina di sudore che, al di sotto di quelle luci multicolore fece risaltare i lineamenti del proprio fisico. Ma non bastò: Filly non poteva essere Filly senza esagerare. Da un ragazzo dallo stile alquanto discutibile “prese in prestito” il cappello da cowboy che indossava per poter rendere la situazione ancora più imbarazzante.

                   « Vuoi qualcosa da bere? Offrono i soldi di tua nonna. »

    Avvicinò il volto all’orecchio della ragazza e schiccò la lingua contro il palato prima di lasciar spazio a quello che sembrò un sorriso abbastanza soddisfatto. Senza chiedere il suo permesso, il mercenario, prese la sua mano per poterle far fare un giro su se stessa dando così inizio alle danze di Thanatos Dadrian Byrn, il ragazzo che anche quella sera era sfuggito dalla morte.



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