I once had dreams of becoming a beautiful poet

Drake & Claire

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  1. #biondo che non impegna
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    drakeabrahams
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    [ mattina, ore 11.17 a.m., New Hovel ]

    Lo trovava piuttosto inquietante, eppure -appena ricevuto e scoperto cosa volesse significare- non aveva atteso oltre per donare una parte del suo dono a Isaac, credendo fosse il ragazzo ad averne più bisogno fra tutte le sue conoscenze.
    Non che ne avesse poi così tante di felici [vd. Al], ma essere stato così lontano da lui per tutto quel tempo, averlo ritrovato a pezzi, esanime, ma sopravvissuto ad una guerra a cui per numerosi motivi Drake aveva deciso di non prendere parte, era bastato a far crescere nell'uomo una certa, goffa... apprensione nei suoi confronti. Del resto, che poteva farci, Drake Abrahams non era uomo bravo a gestire i sentimenti, era rude, alla mano, non stava a sindacare troppo su quello che il cuore comandava perché, tanto, non ne sarebbe mai venuto davvero a capo.
    Non era facile che si affezionasse a qualcuno, proprio perché non sopportava la sensazione d'abbandono che prima o poi chiunque gli avrebbe lasciato provare, infliggendo una qualche ferita amara- la lama sarebbe entrata nel petto, l'avrebbe perforato ancora una volta, e lui di nuovo avrebbe sofferto quali atroci dolori. Separarsi da Isaac era stato difficile da accettare, ritrovarlo un qualcosa che il suo animo ancora soffriva- perché non poteva sapere cosa i suoi occhi si aspettassero da lui, cosa volesse dire -agli occhi del ragazzo- un suo ritorno.
    Per questo si era trovato ad osservare, con una certa svogliatezza, quella parte di cuore pulsare piano, adagio, rivelando una tranquillità dell'animo del piccino capace di distrarlo dai numerosi pensieri. Alla sua destra, abbandonato sul letto, un vecchio telefono grigio ancora funzionante, la cornetta abbandonata di lato, la linea vuota in un eterno suono basso, di sottofondo al rumore della sua mente.
    Non si muoveva, né parlava; in un certo senso non sembrava neppure respirare- voleva lasciarsi andare, perdersi -per quei pochi istanti- in quel silenzio che non era raro nella piccola casa di New Hovel, ma che adesso sentiva come proprio, necessario. Il corpo steso sul letto, prono, non dava segni di eccessiva vitalità: di tanto in tanto sbuffava, a volte si limitava a trattenere il respiro per vedere fino a quanto sarebbe riuscito a tenerlo, come faceva da bambino con suo fratello. Gli occhi restavano fissi su quel muscolo palpitante, nulla che in quel momento potesse impressionarlo, mentre le braccia, intrecciate sotto il mento, nascondevano la piega seria e quasi disincantata delle labbra.
    Non udì nemmeno il basso zampettare del cane Hector in camera; la bestiola apparì quasi dal nulla, con quel broncio proprio della sua specie, osservando il corpo immobile e fisso in modo alquanto critico- si vedeva chiaramente, aveva quella bavetta agli angoli del muso che ben descriveva il suo status, ma volle ugualmente sottolineare la sua disapprovazione nel solo modo in cui sembrava capace «palle mosce, che fai, non mi nutri? Ti ricordo il nostro contratto fra coinquilini» lentamente si voltò ad osservarlo, mostrando due occhi stranamente vuoti, spersi, dimentichi. «Cosa vorresti mangiare?» non accennò nemmeno per un istante a contraddirlo o a ribattere in modo maleducato, rivolgendoglisi con tono calmo, pacato, quasi non suo. Cosa che in effetti allarmò il cane, tanto che per lui fu quasi snervante non essere riuscito -apparentemente- ad irritarlo come sperato.
    Il carlino sbuffò, e sì, lo fece per davvero, facendo vibrare le parti molli del muso schiacciato, e con esse un po' di bavetta cadde sul pavimento, risolvendosi in alcune macchiette di saliva pallida. «Dolci» e senza aggiungere altro, trotterellò via, abbandonando l'uomo ancora voltato ad osservarlo. Ma non c'era vero interesse nello sguardo, né una qualunque emozione rivolta al cane. Era stranamente distante, e questo lo rendeva indecifrabile al suo stesso -fedele- animale.
    Dopo l'ennesimo, lungo sospiro, Drake accennò ad alzarsi, con una certa fatica, posando i piedi sul pavimento freddo- attendo ad evitare le macchie della saliva di Hector- e posò lo sguardo sul cappotto, valutando in silenzio il da farsi.

    «Pronto?»
    «Ehi...»
    «Chi parla?»
    «Sono io, Drake»
    «Drake?»
    «Tuo figlio.»
    «So chi è Drake, razza di scemo. Ma...Drake, Drake Abrahams?»
    «E chi altri!»
    «...»
    «Cielo, Drake, dove ti eri cacciato? Non immagini il dolore... ma dove sei? Stai bene? -Dio, non ci posso credere- si può sapere che ti è saltato per la testa? Sai quanto tempo è passato?»
    «Eh...»
    «Tre anni, Cristo! Tre anni che non dai tue notizie, tre dannatissimi anni che... che ti abbiamo creduto...»
    «Lo capisco. Davvero. Mi sono successe delle cose...assurde e... sono in Inghilterra.»
    «Che diavolo ci fai in Inghilterra? Ma come ci sei arrivato?»
    «E' una così lunga storia... mamma c'è? Me la passi? Mi manca così tanto»
    «...»
    «Drake, tua madre se n'è andata otto mesi fa.»
    «Non ce la faceva più.»
    «Il suo cuore era a pezzi.»

    [ pomeriggio, ore 05.47 p.m., madama piediburro ]

    Fissava con una certa curiosità i dolci dietro le vetrine, chiedendosi -senza sapersi dare risposta- quali fossero i più buoni e i più adatti. Se poi si fossero dimostrati un ottimo acquisto, avrebbe potuto farsene confezionare alcuni da portare a suo padre la prossima settimana, quando sarebbe tornato in America a trovarlo.
    A trovarla.
    Le sarebbe piaciuto sicuramente assaggiare dei dolci tipici della comunità magica inglese, di questo Drake ne era certo: non a caso nella sua mente -in quelle settimane- aveva a lungo viaggiato immaginandosi un trionfale ritorno su un carro pieno di squisitezze inglesi (che detto ad alta voce, suonava addirittura assurdo). E invece il suo ritorno a casa sarebbe stato silenzioso, rispettoso, avvolto in un cappotto nero e con in mano una modesta confezione di tortini alla polvere di Fata e cioccolatini che -a leggere la descrizione- Drake non avrebbe esitato a definire afrodisiaci.
    Forse non erano il regalo migliore per un recente vedovo, ma sapeva come suo padre avrebbe apprezzato il gesto... restava solo da provare se, oltre ad una graziosa forma, i dolcetti dell'elegante locale avessero anche un sapore gradevole, adatto ad un palato rassegnato.
    Gli occhi caddero -quasi attratti- su una delle torte esposte dietro il vetro... e pensò che forse sembrava un'occasione troppo angosciante per presentarsi con una torta da suo padre, ma certo a Hector non sarebbe dispiaciuto immergere il muso tozzo fra quelle pieghe morbide e vellutate. «Amortentia's Cake, un nome decisamente impegnativo» mormorò a voce alta, parlottando fra sé e sé con un tono che tuttavia sembrava aver ormai perso la leggerezza posseduta in quei tempi mai sembrati così tanto lontani. «Ho quasi paura di restarne deluso.»

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    Sperando di non essere troppo in ritardo, cita il dono di san valentino scambiato con Bella ♥


    Edited by mephobia/ - 14/1/2018, 17:07
     
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    Claire era forse la persona più orgogliosa della sua famiglia. Anche prima, quando viveva ancora con i suoi, riusciva ad averla sempre vinta, soprattutto quando era nervosa per qualcosa. E si vedeva quando era nervosa. Era chiaro come il sole. Solitamente le conseguenze erano due: o sputava acidità, o dalla sua bocca non usciva niente. Raramente Claire restava in silenzio, a meno che non stesse pensando o fantasticando, cosa che accadeva spesso. Insomma, era..particolare.
    Il suo trasferimento nella Londra babbana aveva influito molto il suo stato d’animo. Si sentiva finalmente a casa in un mondo che non la considerava come menomata o diversa e di certo non aveva problemi a muoversi tra la gente a differenza di ciò che accadeva tra i maghi. Li considerava dannatamente altezzosi! Era convinta che se a un mago gli avessero tolto la bacchetta non sarebbe stato in grado di fare niente. Ed era vero per giunta! Un esempio vivente era suo fratello: ragazzo buono ma ambizioso. Prima di finire Hogwarts, durante una delle sue avventure, gli si spezzò la bacchetta e per due settimane fu un completo buono a nulla. Claire sapeva che probabilmente esagerava ma ogni volta che chiedeva ai suoi genitori cosa avrebbe potuto fare una magonò nel mondo magico nessuno dei due sapeva rispondere. Per non parlare del fatto che con il suo potere, lì, non avrebbe potuto aiutare nessuno perché non glielo permettevano non essendo strega in tutto e per tutto. Perciò, per quanto volesse bene ai suoi genitori e a suo fratello per un po’ di tempo aveva attraversato sempre meno spesso quel muro di pietra che segnava l’ingresso del mondo magico. Ci furono addirittura alcuni mesi in cui mancò completamente, con la scusa del trasloco. Ma ora, dopo il primo e ultimo incontro con quell’uomo anonimo, per quanto avesse cercato di mettere la parola fine ai maghi, sapeva che non avrebbe mai potuto chiudere definitivamente con loro.
    Quella mattina di inizio primavera si sarebbe dovuta vedere con suo fratello. Avevano programmato quella giornata da forse più di una settimana. Probabilmente fu per questo che si alzò di buon umore.

    La sveglia rimase sul comodino a suonare per venti minuti abbondanti, non riusciva proprio ad alzarsi subito. Doveva rigirarsi nel letto almeno una decina di volte prima di mettere i piedi a terra, ma alla fine ci riuscì. Poi andò in cucina, accese la radio, si fece un bel caffè ristretto macchiato con il latte per poi sparire nella doccia a cantare a squarciagola. Quando uscì dalla doccia erano le 11 passate, e non solo si rese conto di essere in perfetto ritardo per l’appuntamento con suo fratello ma che lui, del ritardo, non se n’era neanche accorto! Con ancora i capelli bagnati e avvolta nell’asciugamano chiamò suo fratello. Prima che rispondesse il telefono squillò a lungo.
    «Dove sei?»
    «Sto arrivando!»
    «DOVE SEI?»
    «Dammi dieci minuti! No anzi, facciamo mezz’ora e sono da te.»
    «Ti sei appena svegliato?!»
    «S..no! Stavo facendo colazione.»
    «Tu non fai colazione, non riesci nemmeno a tenerti una bottiglia di latte in frigo senza farla scadere.»
    «… devi proprio a prima mattina?»
    «Non è prima mattina e comunque.. Devi proprio portarti a letto tutte le sere una ragazza diversa?»
    «Non dire stronzate!»
    «Non le dire tu! La sento ridere!»
    «Ok.. Ci vediamo per pranzo?»
    «Tu oggi lavori a pranzo.»
    «Merda! E’ vero! Devo anche finire un articolo prima!»
    «Mi chiedo come mai non ti abbiano ancora licenziato.»
    «Mi chiedo come mai tu sia ancora single.»
    «Stronzo. Ti porto il pranzo a casa.»
    «Stronza. Come farei senza di te?»
    E attaccò. Claire sospirò un attimo, ma alla fine si mise a ridere. Erano sempre stati così quei due. Per quante se ne dicessero non potevano fare a meno l’uno dell’altro. Si prendevano cura a vicenda nonostante fossero completamente diversi.
    Ora però doveva sbrigarsi se voleva arrivare in tempo a casa sua. Si asciugò i capelli e si vestì in un lampo indossando un paio di jeans, una maglietta grigia e una giacca nera di pelle. Cucinò rapidamente un timballo di pasta e un po’ di carne, mise tutto in una borsa e si materializzò con della polvere magica dal suo camino a quello di suo fratello. Era l’unica ‘magia’ che le piaceva e che poteva fare.
    D’un tratto una ragazza lanciò un urlo. Mentre usciva dal camino, per lo spavento, Claire urtò la testa al marmo.
    «Ma sei matta!? Che diamine urli?» Disse Claire all’amante del fratello.
    «Non mi aspettavo potesse uscire una persona da lì. Di solito lo fa Santa Claus.»
    Attimi infiniti di silenzio imbarazzante trascorsero dopo quella risposta. Per fortuna, Shane, il fratello di Claire fu abbastanza rapido da farla uscire di casa prima che sua sorella li ammazzasse entrambi all’istante.

    «A guardarti, sei sempre più babbana, eh?»
    «Che vuoi dire?»
    «Niente niente.»

    Il pranzo con suo fratello durò meno del previsto, ma non poteva andare diversamente. Le aspettative per quella giornata erano state deluse e non sapeva cosa fare per recuperare. Prima di andare via, comunque, Claire si offrì di ripulire un po’ quella baracca che era diventata casa di Shane, cosa che a lui fece piacere.
    Uscì da lì che erano le 5 di sera, ma non aveva voglia di tornare a casa. Decise perciò di fare un salto nel luogo più sdolcinato di Hogsmeade: Madama Piediburro. Era probabilmente da un anno che non ci metteva più piede e stranamente ne aveva sentito la mancanza. Nonostante tutto, quei luoghi avevano caratterizzato la sua infanzia, no?
    Dopo cinque minuti intravide finalmente il locale ed entrò. Stava già immaginando cosa avesse potuto prendere, pregustandosi il momento in cui avrebbe tirato il primo morso al dolce. Come ben ricordava, l’odore di quel posto era inconfondibile, e sempre lo stesso. Come anche l’arredamento del resto, uguale. Sembrava che il tempo non passasse mai lì dentro, a parte per la proprietaria. Il bancone dei dolci era infinito e pieno di prelibatezze, era impossibile fermarsi solo su uno a scegliere. Ma forse ci era riuscita, ora mancava solamente il gusto.
    Fu in quel momento che nel locale entrò un ragazzo, in silenzio, ma alla quale Claire non ci badò. Era ancora concentrata sul dolce che stava per prendere, il Macarons prédilection. Era una scelta importante, non poteva distrarsi. Ad ogni modo, il tipo, nello scegliere che tipo di dolce prendere si era affiancato a Claire, che al suo confronto, sembrava una nana. Ma ancora per un po’ lo ignorò, fin quando lui non disse qualcosa che catturò la sua attenzione. Alzò il capo per guardarlo e sbiancò all’istante. Girò immediatamente la testa dall’altra per non farsi guardare, ma sapeva che l’espressione che ora aveva sulla faccia non era delle più belle. Per settimane aveva provato a rintracciare il tipo che ora, per caso, le stava accanto mentre sceglieva un dolce. D’altronde non era nemmeno sicura che fosse lui. Tutte le città ormai pullulavano di ragazzi alti, biondi, e palestrati. Tremila pensieri le invasero la mente, cosa avrebbe dovuto fare? Già la presenza di bei ragazzi la mettevano in soggezione senza che facessero niente, figurarsi ora! Con LUI! Ma se non era? Respirò.
    «Dipende dai gusti che hai. Se sono gusti interessanti potresti rimanerne soddisfatto invece.» Da dove le era uscita questa scioltezza? Ne rimase stupita anche lei.
    «Io prendo uno di questi. Al cioccolato. Grazie.» Disse alla commessa.
    «Da mangiare qui o da portar via?» Chiese lei. Claire si guardò attorno. Quel locale era pieno di coppiette. Le uniche persone sedute da sole al tavolino facevano un’infinita tristezza. Avrebbe voluto andarsene all’istante ma se il ragazzo era chi credeva che fosse non avrebbe potuto farlo.
    «Ti va di farmi compagnia?» Disse, rivolgendosi al ragazzo stavolta, temendo di essere stata un po’ invadente.
    «Ah! Scusami.. io sono Claire.» E allungò la mano mentre sperava che quel momento imbarazzante finisse all’istante.
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    Edited by pandòra - 27/3/2017, 14:53
     
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    drakeabrahams
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    L'uomo non era tipo da dolce: onestamente Drake in quel momento non riusciva proprio a pensare al cibo, tanto meno dolce. Il dolce andava per le occasioni, il dolce era un gusto ricercato e nemmeno troppo semplice-- pochi palati sapevano apprezzarne l'irruenza, graffiante, e Drake era certo di non possedere il palato adatto.
    Non amava i dolci, tanto meno le occasioni “da dolci”- quel giorno poi, non era certamente partito come il migliore, e iniziava a chiedersi se tutto ciò non fosse il risultato della vendetta silenziosa del destino nei suoi confronti. In fondo, che poteva farci, non aveva voluto nulla di ciò.
    Tutto quanto era successo per cause al di fuori della sua portata, per cui lui non aveva potuto fare nulla.
    Il karma avrebbe dovuto immaginare come a Drake non fosse piaciuto per nulla stare sotto i ferri degli estremisti per anni, dover sopportare le torture più grevi: non sapere che fine avesse fatto Isaac, cosa gli avessero detto per la sua sparizione, e soprattutto non poter neanche più sentire la voce di sua madre.
    No, non era certamente qualcosa che egli avesse desiderato con tutto il suo cuore: era successo, e sul latte versato non andava pianto. Bisognava trovare le forze per ricominciare, e se non proprio da capo, aggrappandosi almeno all'ultimo barlume di speranza che non gli era stato strappato via-- Isaac. Quel ragazzino era stato così prezioso per l'uomo, anche quando questi non era riuscito a stare al suo fianco come gli aveva promesso.
    Non era nemmeno nei suoi piani il doversi staccare da lui dopo aver raggiunto una terra straniera, insomma, chi lo avrebbe desiderato? Al suo posto, chi avrebbe potuto immaginare un evento di tali dimensioni-- chi avrebbe abbandonato Isaac di punto in bianco per qualunque ragione? Nessuno, all'epoca il ragazzino non aveva neppure dodici anni- ed ecco che gli arrivava una lettera in cui veniva cordialmente avvisato che il suo attuale tutore era morto.
    Fine.
    No, Drake non avrebbe voluto nulla del genere.
    Non avrebbe voluto essere al contempo il carnefice di sua madre - perché solo così ora si vedeva, e nel riflesso della vetrina del negozio l'uomo che gli si specchiava davanti aveva in viso l'ombra della crudele colpa. Non era questo che Drake Abrahams aveva visto nel suo “io” inglese: al contrario, l'Abrahams aveva avuto speranze, numerose, persino nel momento più buio della sua vita, quando per qualche istante il suo cuore aveva smesso di funzionare e lui improvvisamente si era ritrovato nel sottile limbo fra ciò che sta di là e ciò che invece si era lasciato alle spalle.
    E aveva scelto.
    Con forza di volontà, Drake Abrahams aveva compiuto una scelta importante, tornando indietro - ma non certo si sarebbe aspettato un simile comitato di benvenuto. Per primo aveva patito sulla propria pelle il risultato di alcune scelte difficili, forse azzardate, ma senza ombra di dubbio -all'epoca- sembrate così necessarie: lui ne portava il peso, lui che era sopravvissuto coi suoi demoni ad inseguirlo ancora, nonostante tutto, come se avesse dovuto ancora una volta ricominciare da capo.
    E i suoi problemi, straordinariamente, sembravano solo all'inizio. Aveva addirittura ripreso a fumare, e questo non gli faceva onore perché -se c'era un proposito che era riuscito a mantenere fino a quel momento- riguardava proprio il fumo: non a caso era stata una promessa strappata alla madre-- egoisticamente quindi, ora poteva sentirsi quasi libero da quell'impegno. Ma a quale, crudele prezzo.
    Quella chiamata rimbombava nella sua testa come una condanna, l'uomo avvolto nel cappotto aveva uno sguardo vacuo, ma risentito, lo fissava come a volergli chiedere “è questo che cercavi? Sei mai stato libero?”, domande scomode da cui il vero Drake fuggiva, infilandosi frettolosamente nella pasticceria cercando di nascondere l'impacciata esistenza dietro un comportamento distaccato, schivo, poco da lui. Forse aveva solo bisogno di parlare-- quante volte aveva sentito quella frase, quante altre l'aveva lasciata scivolare dalle labbra le volte in cui i suoi amici si ritrovavano a camminare per quel tunnel oscuro che era la solitudine, l'abbandono. Il pensiero di aver effettivamente sbagliato qualcosa, di aver commesso un errore da qualche parte-- dimenticandoselo, così da permettergli di diventare un casino tanto grande da stravolgergli il presente e il futuro.
    Sospirò.
    Quante volte.
    I dolci del locale avevano nomi fantasiosi, ma per come si trovava in quel momento, Drake non voleva ridere. Non voleva soffermarsi così tanto sull'aspetto-- avrebbe dovuto prendere il primo che capitava, farselo confezionare per bene, pagarlo coi pochi soldi che gli restavano e partire, tornare a casa... chissà per quanto. Non voleva pensarci ora come ora, non era neppure così sicuro di tornare a casa; probabilmente -e forse non era l'unico a pensarlo- non avrebbe più avuto la forza di varcare l'ingresso di quella che una volta era stata la sua casa. Ma dall'esterno l'avrebbe guardata, come un tempio sacro, inaccessibile a chi come lui era sporco di peccati.
    Lurido, come un topo di fogna che si nascondeva sotto terra perché spaventato dalla bellezza della luce, desiderata ma -ahimé- lontana, inaccessibile all'orrore che rappresentava. A nessuno piaceva vedere i topi neri con una coda lunga sguazzare nella luce dei raggi caldi-- erano esiliati allo stesso modo, e Drake ormai iniziava ad affezionarsi a quella strana condizione di isolamento. Ci si abituava, col tempo, a vestire i panni sporchi, e ormai li aveva fatti propri.
    Una voce della personcina minuta al suo fianco catturò la sua attenzione-- inaspettata, in un primo momento Drake ascoltò solo per inerzia, perché era accanto a lui e in ogni caso l'avrebbe sentita... ma ci mise diversi istanti a realizzare che quel «dipende dai gusti che hai. Se sono gusti interessanti potresti rimanere soddisfatto invece» era diretto a lui, a lui e nessun altro. Non gli capitava spesso di intavolare discussioni con sconosciuti, anche perché c'era sempre il rischio che queste svarionassero e finissero in degenero (andava ricordata con una certa premura il suo ultimo incontro alla Testa di Porco), ma solitamente non lasciava neppure che l'occasione di approcciarsi con una donna andasse sprecata.
    Solitamente.
    Inutile dire di come, quel giorno, anche il suo fascino seduttore (quale) si fosse preso una vacanza, abbandonandolo con due occhiaie un po' profonde, uno sguardo ancora lucido, rosso, e qualche nuova ruga sulla fronte corrucciata, o attorno alle labbra serrate in una linea apatica, senza colore, significato. «io prendo uno di questi. Al cioccolato. Grazie» fissò la minuta figura con la coda dell'occhio, abbandonando l'esposizione dei dolci del negozio per fissare gli occhi sulla donna: era sicuro di non conoscerla, ma il modo in cui lei gli aveva parlato gli faceva quasi intuire di aver lasciato indietro qualcosa, come dimenticato ma non del tutto... solo temporaneamente “accantonato” per tentare di fare spazio alle altre, forse fin troppo numerose, novità della sua vita. «purtroppo i miei gusti non hanno nulla di interessante» mormorò azzardando un sorriso, in ricordo di quanto poco in realtà sopportasse il sapore dolce sul palato-- in quel momento onestamente Drake si sentiva tutto fuorché interessante ovunque, non solo nei gusti; ad essere sinceri, l'uomo adesso provava solo un certo sdegno verso la figura riflessa di fronte a lui, con cappello e cappotto e uno sguardo vagamente sperso. Non c'era nulla di interessante in lui, e forse era il caso di farlo notare alla giovane... «anzi, a voler essere sinceri non c'è proprio nulla di così interessante in me: odio i dolci» e la schiettezza con cui si pronunciò fece stupire la commessa dall'altro lato del bancone, che preferì di gran lunga servire la ragazza, ignorandolo.
    Era giusto così, pensò l'uomo, e sperò che anche la cliente al suo fianco avrebbe seguito l'esempio della commessa, allontanandosi con una scusa banale per lasciarlo solo a compiere la fatale scelta. Eppure, come un giovane di fronte ai primi disagi adolescenziali, sapeva che l'allontanamento della ragazza avrebbe solo scavato un'ulteriore piaga nel suo petto, rendendolo se possibile ancora più depresso di adesso. Non tanto per l'allontanamento- quanto più per l'essersi reso conto, per la prima volta in vita sua, di saper essere insopportabile alla strenua di un vecchietto che osserva i lavori e commenta.
    Banale.
    Tuttavia, qualunque fossero stati i suoi pensieri, la giovano non parve cedere. Anzi, di fronte alla richiesta della commessa, fece una cosa che Drake non si sarebbe mai immaginato «ti va di farmi compagnia?»
    Un momento.
    Una bella e giovane donna gli aveva appena chiesto se Drake Abrahams aveva voglia di farle compagnia?
    Merlino.
    Ma che avevano tutte 'ste donne con la mania da crocerossina? Era stato più facile che non quando si portava dietro Hector promettendogli gnocca da dividere qualora si fosse comportato bene e avesse evitato di aprire la bocca -mai, insomma- quindi...ripetendo i passaggi nella sua testa, era un invito? Probabilmente la sua faccia doveva essere sembrata più sconvolta del dovuto -ma ad essere sinceri, Drake era sinceramente sconvolto- perché la ragazza subito volle aggiungere qualche scusa, e presentarsi, non lasciando neanche il tempo all'uomo di realizzare cosa stesse veramente succedendo. «ah! Scusami...io sono claire» e le paranoie vennero pian piano messe da parte.
    «drake, piacere» e senza farsi attendere troppo -doveva essere un momento stranamente “complicato” per entrambi, l'uomo lo percepiva dal tono di voce della ragazza, Claire- andò a stringere cortesemente la sua mano, fissandola ancora vagamente incredulo.
    Non era il caso di mettersi a spiegarle il motivo, perché qualunque cosa Claire stesse immaginando riguardo a quello stupore doveva essere necessariamente meno patetico del motivo che veramente vi si celava dietro: nessuna donna gli si era approcciata così, in tutta la sua vita. Era sempre stato lui, in qualche modo spesso disastroso, a fare il primo passo, e adesso si sentiva quasi... un disagiato nel non sapere minimamente che dire o che fare, tanto da lasciar calare su di loro interminabili minuti di imbarazzante silenzio. «e uhm, beh, volentieri... mi può solo mettere da parte una di queste torte e preparare una confezione di tortini di polvere di fata si rivolse alla commessa -che ancora doveva digerire il suo commento di prima- prima di tornare a guardare la nuova conoscenza e farle strada verso uno dei tavoli liberi.
    Non si era minimamente curato di guardarsi attorno: che vi fossero coppiette o i marinai ubriachi che scommettevano, come alla Testa di Porco, a Drake non poteva importare molto mentre elegantemente faceva sedere la giovane e si portava davanti a lei, sedendosi in modo quasi impacciato, incapace -per i primi secondi- di trovare la posizione giusta prima di fermarsi. Guardò la giovane e uno strano moto di imbarazzo lo colse- probabilmente per non farla scappare doveva evitare di comportarsi come suo solito...
    Oh, ma a chi la dava a bere.
    Drake non aveva alcuna voglia né di comportarsi come suo solito, ma neppure di sforzarsi per piacere a qualcuno, e nuovamente si nascose, stavolta dietro i menù di bevande che venivano servite, appena arrivato con un incantesimo dal bancone al suo tavolo-- «ecco, vieni spesso qui, claire?» già che conosceva il suo nome, gli parve giusto assaporarlo sul palato, renderlo il più possibile “suo” - e un po' sperava che la ragazza avrebbe fatto lo stesso. Forse era infantile, ma aveva sempre dato tantissima importanza ai nomi e al modo in cui essi venivano pronunciati... così come da chi.
    Sfogliò con pigro interesse il menù prima di richiamare la cameriera che, dopo avergli incartato quanto detto, si avvicinò con un taccuino per le ordinazioni «io prendo una cioccolata calda épicé» disse, onestamente senza averne letto la descrizione- era una cioccolata calda, che cosa avrebbe dovuto avere di speciale?- «... posso offrirti qualcosa?» e nuovamente i suoi occhi tornarono a fissarsi in quelli della ragazza con un'acuta insistenza, quasi temesse di vederla svanire all'improvviso, senza motivo. Aveva improvvisamente bisogno di qualcuno che non lo facesse sentire un reietto.


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    Ragazzi, vi prego, è una settimana di ritardo.
    Non sapevo come mettere il salto temporale, GIURO CHE DALLA PROSSIMA BALZO MALISSIMO AL 2018 ma quesa non ce l'ho fatta çwç pedonateme #wat
     
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    Una spia. Ecco cosa era diventata Claire Donovan. Una perfetta spia principiante in carne ed ossa (più ossa che carne) alle prime armi e alle prese con la sua vittima. Forse anche un po’ goffa se vogliamo dirla tutta. Chi l’avrebbe mai detto? Una ragazza dalla morale impeccabile come la sua ora si ritrovava a dover mentire, ad entrare nella vita di una persona, guadagnarsi la sua fiducia e a scovare i suoi più profondi segreti. Come poteva una ragazza come lei scendere così in basso? Per settimane se lo chiese ogni giorno. Ma doveva scegliere, e forse questa opzione era la meno dolorosa. Ma per chi? All’inizio temporeggiò. Fece solo finta di raccogliere informazioni su chi fosse il ragazzo misterioso nella speranza che i tipi scegliessero una ragazza più scaltra di lei per quel lavoro. Ma non servì a nulla perché il primo avvertimento arrivò all’istante. Non avevano potuto ingaggiare persona peggiore di lei. Lei, che aveva un modo di approcciarsi decisamente terribile rispetto a qualsiasi altro essere vivente sul pianeta. Lei, che a malapena sopportava se stessa, ora doveva decisamente imparare a sopportare qualcun altro. Claire sapeva di essere un tipo difficile ma non ne aveva mai fatto una malattia, anzi, odiava socializzare da quando era una bambina. Non sopportava le feste di compleanno esattamente per questo motivo: tutti che giocavano, ballavano, e lei che da sola andava esplorando la casa del festeggiato o della festeggiata pur di non aggregarsi agli altri. In quelle occasioni facevano talmente tante cose strane che la magonò se ne teneva a debita distanza. Sapeva anche divertirsi, certo, ma con poche persone attorno. Sapeva addirittura essere meno seria di così, ma solo con qualcuno di cui si fidava. A meno che non fosse sotto qualche incantesimo o sotto qualche boccale di burrobirra Claire non sgarrava mai. C’era chi la definiva ‘asociale’ per questo ma la verità era che Claire socializzava, ma con chi diceva lei e quando diceva lei. Con i ragazzi poi, era anche peggio. Con i bei ragazzi, perlomeno. Era imbranata, goffa, impacciata, e..balbuziente. L’altro sesso la metteva in soggezione a meno che non ci fosse un rapporto profondo e di lunga durata. Diventata l’opposto di quello che poteva essere una ragazza sensuale nonostante il suo bell’aspetto. Per fortuna con il tempo le cose erano migliorate, ma negli approcci era rimasta veramente negata. Di solito passava per una che aveva appena sbattuto la testa da qualche parte o per quella che era uscita dall’uovo di Pasqua. Le sue entrate erano sempre fuori contesto, e più cercava di impegnarsi nel sembrare naturale peggio era. Già. Un vero disastro. Superato l’imbarazzo iniziale, la cosa positiva dei suoi rapporti era che perlomeno recuperava dopo, se la cosa le andava a genio, ovviamente.

    E quel giorno con quel ragazzo stava andando più o meno così. Sentirsi costretta a cominciare un approccio non l’aveva aiutata. Ritrovarselo di fianco, così, per pura casualità, l’aveva messa con le spalle al muro. Il destino sapeva essere veramente ironico alle volte, e Claire non amava di certo i tipi che si prendevano gioco di lei. Ma ora non poteva far finta di nulla. Gliel’avevano servito su un piatto d’argento e ora lei doveva soltanto iniziare a mangiare. Letteralmente. Ora doveva mangiare il suo dolce, e magari anche in dolce compagnia.
    Claire lanciò delle parole così, nel vuoto, sperando che qualcuno le cogliesse. All’inizio ebbe dei dubbi al riguardo, dato che non ci fu risposta, poi però questa arrivò anche se non come se l’aspettava. Evidentemente per il tipo non era proprio la giornata giusta. O il periodo giusto. Iniziamo bene, pensò la magonò. Alzò gli occhi al cielo e storse il naso. Proprio non sopportava i piagnistei, da un ragazzo poi. Da un bel ragazzo, anzi. Non riusciva ad associare a un ragazzo alto quasi due metri un lagnone. E grazie al cielo non gli stava davanti altrimenti si sarebbe accorto immediatamente della faccia che fece portando quella conversazione a una fine drammatica con lei che se ne usciva dal locale maledicendosi per la sua faccia senza filtri, e lui che probabilmente avrebbe continuato a lamentarsi peggio di prima. La commessa però la vide e Claire notò che cercò malamente di trattenersi dal ridere rendendo quel momento ancora più imbarazzante.
    Fosse stato un altro ragazzo non avrebbe esitato un secondo ad andarsene seduta stante, ma sperava in un incontro del genere da mesi, non poteva mandare tutto all’aria solo per ‘incompatibilità di caratteri’. Magari era una cosa momentanea. O magari gli era morto il cane due ore prima (Hector <3) ed era leggermente depresso per questo. Ad ogni modo Claire mise da parte le sue paranoie e chiese a Drake, il ragazzo, di farle compagnia lasciandolo con un’espressione..diciamo stupita. Stranamente il tipo accettò e dopo qualche minuto si ritrovò seduta al tavolo con lui.
    Fino a quel momento non le colpì nulla di quello che disse ma in compenso Drake era un bel ragazzo nonostante nascondesse la faccia dietro il menù. Fu solo in quel momento che poté notarlo, grazie ad una buona luce e ad una buona posizione. Come un automatismo anche Claire prese in mano il menù ma non lo guardò. Tenne tutto il tempo gli occhi fissi su di lui, studiandone i lineamenti, la forma delle labbra, il colore della pelle, dei capelli e degli occhi e perdendosi dentro. A dispetto del suo atteggiamento era quasi dolce vederlo corrucciato, perso nel suo mondo, almeno fino a quando non apriva la bocca. Esistevano davvero ragazzi che lasciavano fare alla donna il primo passo? Mah.. Ecco, vieni spesso qui, Claire? Fu strano sentir pronunciare il suo nome da una voce quasi sconosciuta anche se suonava bene, detto da lui. Avrebbe potuto prenderci gusto. «Venivo. Ora vivo a Londra e vengo qui raramente. Però mi piace tornarci. » Mettersi a raccontare la storia della sua vita non le sembrava il caso, dato che non era lei che doveva parlare. Avrebbe tanto voluto evitare quel passaggio della conversazione per questo sperò che lui non fosse un tipo molto curioso.
    «Tu, Drake? Non penso di averti mai visto da queste parti. » In realtà, dopo avergli detto che non frequentava più quei posti, fargli quella domanda era un po’ fuori luogo ma andava bene qualsiasi cosa pur di non rimanere in silenzio.
    Stava ancora facendo finta di sfogliare il menù quando arrivò la cameriera pronta per prendere le ordinazioni. Drake prese una cioccolata calda, e quando arrivò il suo turno lui le chiese se avesse potuto offrirle qualcosa facendola tornare prontamente con la mente alla lista dei dolci che aveva in mano, e l’unica cosa che le venne in mente di dire fu «Va bene anche per me, grazie. » Non sapeva se ciò che prese Drake avesse qualcosa di particolare, ma si fidò. Quei dolci di Madama Piediburro erano famosi non solo perché erano buoni da mangiare, ma anche perché spesso si rivelavano essere ‘speciali’. Già era stata dura scegliere cosa portarsi a casa, farlo due volte in cinque minuti le sembrava troppo.
    Fu quando i suoi occhi incontrarono quelli del ragazzo che era arrivato il suo momento di abbassare lo sguardo. Purtroppo non aveva più il menù sotto le mani e per qualche istante ne dovette sostenere il peso quasi insistente. Forse era la coda di paglia, o forse era che aveva davanti un ragazzo fin troppo bello per essere vero, ma si sentì come fosse quasi scoperta, nuda. Avrebbe voluto dirgli di non guardarla così ma allo stesso tempo era davvero gratificante quella sensazione. Rimasero così per qualche minuto fin quando Claire non ruppe il silenzio. «Se non ti piacciono i dolci immagino che quelli che hai ordinato non siano per te ma per un altro buongustaio. » disse, riferendosi alla torta e ai tortini che si era fatto mettere da parte. Poi di nuovo silenzio. Con la coda dell’occhio, Claire notò la cameriera che stava portando al tavolo le due cioccolate calde. «Fossi in te starei attenta a quello che ci hanno messo dentro. La tipa al bancone sembrava leggermente offesa.» Arrivata al tavolo, la ragazza servì con immensa precisione la cioccolata ai due. Ma la cura fu talmente esagerata che alla fine una delle due tazze si versò completamente sul tavolo. Claire si alzò di scatto dalla sedia nonostante la cioccolata, un po’ bollente, fosse arrivata anche addosso a lei, mentre la cameriera, rossa in faccia, corse a prendere delle pezze per pulire. Le veniva di arrabbiarsi ma d’improvviso iniziò a ridere, forte. Era una di quelle risate liberatorie, una di quelle belle, e forse contagiose. Guardò Drake e cercò di trattenersi ma non servì a molto. «E’ questo l’effetto che fai? Alle cameriere intendo. O le offendi o le metti in soggezione?» Prese dei tovaglioli dai tavoli e alla bell’e meglio pulì almeno la sedia su cui era seduta in attesa di qualcuno che pulisse il resto.


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  5. #biondo che non impegna
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    drakeabrahams
    « but upon an unfortunate series of events saw those dreams dashed and divided like a million stars in the night sky »
    (wizard) | neutral | 30yo | Clairvoyance
    Non poteva certo immaginare di chi si trovasse di fronte.
    Del resto, la vita era questo: un giorno sei vivo, l'altro sei morto, ogni tanto ti capita di avere fortuna a donne, spesso e volentieri va male-- per ora la sua più grande delusione era stata la sparizione di sua madre, che sentiva di non aver pianto abbastanza. Si puniva per ciò, si odiava, avrebbe dovuto soffrire più di tutti... eppure già sapeva che quello che avrebbe visto, tornato a casa del padre, lo avrebbe spezzato-- per l'uomo lei era tutto, Drake gli aveva portato via il suo mondo, e il figlio temeva il loro ritrovarsi. Temeva che non l'avrebbe più riconosciuto come un figlio, che ne avrebbe disprezzato ogni cosa, a partire dalla presenza.
    Quei dolci non erano nulla in confronto a ciò che gli aveva strappato con l'avventatezza dell'età.
    Claire poteva essere l'ennesima delusione che prima o poi se ne sarebbe andata -che lui avrebbe fatto andare via- e onestamente non riusciva in quel momento a sperare in qualcosa di diverso... sentiva il corpo pesante esattamente come pesante era il cuore, privo di desiderio e speranza, avrebbe potuto morirci in quell'agonia e forse avrebbe preferito così, che sedere al tavolo di una caffetteria annoiando una giovane che probabilmente aveva preso un abbaglio.
    Perché lui.
    Si stava trascinando il proprio dolore con angosciante pesantezza, stava lasciando le orme della sua tristezza ad ogni passo strascicato-- eppure lei era lì, e lo fissava, con chissà quale pensiero per la testa. A dirla tutta Drake non aveva voglia di giochetti, di seduzione e -soprattutto- di venir nuovamente rifiutato: voleva calma, serenità per una volta nella sua vita, trovarsi a parlare con una donna senza ricorrere in guai o strani riti satanici... voleva essere felice, affogare nella delusione fino a trovare se stesso e restare lì, fermo, a contemplare il proprio riflesso stanco e impigrito.
    Senza dover fare bella impressione- stupirla.
    La giovane aveva scelto davvero il momento sbagliato se sperava che l'uomo sarebbe riuscito nel bieco sforzo di impressionarla, catturare la sua attenzione: il proprio dolore stava rendendo anche il respiro difficile, smorzato, lungo. Affaticato.
    Andava premiata la costanza della ragazza che nonostante tutto restava lì, senza scappare-- chissà poi per quale motivo, ma Drake non riusciva ad essere sospettoso, a farsi le paranoie o chiedersi come mai lei restasse lì, al suo fianco, aspettando una qualche reazione... quando sarebbe stato molto più facile per tutti che prendesse il proprio dolce e svanisse, lasciandolo lì a lamentarsi del proprio dolore senza cercare di empatizzare. Molto più facile.
    Eppure si ostinava a non arrendersi, superando persino la barriera quando seduti -uno di fronte all'altro- fissava lui, sguardo chino più per sfuggire al suo che prendere una decisione su cosa gustare: è che lo sguardo di lei era così vivido e dolce, che a Drake pareva quasi un tragico peccato affondarci con l'amarezza del naufrago lontano da casa, angosciato, solo. È che Drake si sentiva solo come non mai in quel momento, e forse era quello che voleva... l'ennesima punizione per il destino che lui aveva contribuito ad avverare: era svanito e aveva cercato in tutti i modi di rimanere nascosto agli occhi del mondo, ma ora quasi pesava il silenzio degli amici e dei cari, persino il gracchiare fastidioso di Hector, un po' mancava.
    Solo quando gli parve che Claire volesse comunicargli qualcosa alzò lo sguardo, accettando quello di lei e ricambiando con la sincerità del proprio, ferito: non era un uomo falso, non sapeva mentire-- era così dannatamente vero che faceva quasi compassione, la sua incapacità di mentire o mostrarsi in modo diverso per non permettere ad altri di prendersi gioco della sua debolezza. Ed era debole in quel momento, come un cervo ferito in caccia-- arrancava insicuro su terreni che in fondo conosceva bene perché approcci con le donne ne aveva avuti di numerosi (che poi fossero tutti falliti, era un altro discorso). «Venivo. Ora vivo a Londra e vengo qui raramente. Però mi piace tornarci. Tu, Drake? Non penso di averti mai visto da queste parti» anche sentire il proprio nome sfuggire -forse distrattamente, forse con precisa cura- da quelle labbra sottili e dall'aspetto delicato, creò uno strano interesse verso l'uomo, che tornò a guardarla quasi aspettandosi che ella di nuovo lo ripetesse. E ancora, ancora-- una cantilena delicata.
    Nemmeno si accorse di essersi perso nei pensieri tanto a lungo da aver lasciato trascorrere alcuni secondi di silenzio prima di decidersi ad aprire bocca, prendere un lungo sospiro «no infatti, non sono un cliente fisso, e inoltre ora vivo a New Hovel...» e alzò le mani, come a voler dire che non possedeva bacchetta così come potere «però se vuoi posso raccontarti tutta la vita della tua tazza di cioccolata» aggiunse ridacchiando: quel potere inutile, a tratti stupido, rendeva così difficile far colpo sulle ragazze... ma era pur sempre qualcosa su cui ironizzare-- e di ironia in quel momento ne aveva davvero bisogno per tenersi un minimo serio e composto.
    Stavolta toccò a lui fissarla mentre Claire sfogliava il menù: uno strano gioco di inseguimenti che Drake nemmeno si accorse di star apprezzando abbastanza da dimenticare il resto- giusto per qualche istante, il tempo di ricordarsi che stava lentamente scivolando in un baratro profondo. Sorrise poi, quando per sbaglio i due incrociarono lo sguardo: per sbaglio, poi, che sbaglio... era quasi doveroso sfuggirsi e inseguirsi, rendeva vivo anche il momento di silenzio interrotto dall'arrivo della cameriera che prese le loro ordinazioni. Prendere lo stesso-- che strano cliché, «sono onorato dalla tua fiducia» e allargando il sorriso guardò in basso, alla superficie pulita e liscia del tavolo, salvo poi rialzarli vedendo lei fare lo stesso.
    Non sapeva chi fosse chi, chi stesse inseguendo qui-- ma la cosa faceva nascere ogni volta timidi sorrisi, e trovò fin troppo sdolcinata ma realistica quella piccolezza: “piccioncini al primo appuntamento”, che cosa ridicola-- stava davvero scadendo come corteggiatore se per la prima volta che una donna lo invitava a bere qualcosa con lei, l'uomo si perdeva in quei pensieri adolescenziali. È che si stava sentendo bene, terribilmente. Curiosamente pensò che gli sarebbe mancata una volta uscito di lì... assurdo anche questo pensiero, no?
    «Se non ti piacciono i dolci immagino che quelli che hai ordinato non siano per te ma per un altro buongustaio» annuì, senza perdere il sorriso, e pensò per qualche istante che in fondo lo stava facendo solo per una qualche -strana- forma di cortesia «sono per mio padre» ammise senza voler pensare ad una qualche balla da raccontare: sincero, appunto-- «ma onestamente nemmeno lui ne va pazzo» e fu nell'ammetterlo che -in un qualche modo- confessò la sua stessa confusione interiore, quel fissare ora il tavolino con un cipiglio pensieroso e risentito, mordendosi pigramente il labbro inferiore. Non voleva onestamente soffermarsi su quel discorso, gli pareva di entrare in un tunnel troppo lungo per sperare di vedere una luce al fondo, e segretamente fu lieto a Claire per quel cambio di discorso che fece tornare il sorriso: guardò verso la ragazza che avrebbe dovuto preparare le sue ordinazioni, ma prima di poter aggiungere altro la cameriera tornò con le loro ordinazioni, posando prima la tazza di fronte a Claire, poi di fronte a lui. Tuttavia il movimento del braccio, ritraendosi colpì la tazza della giovane, che rovesciò il contenuto: in un istante la cioccolata percorse quei pochi centimetri di tavolo, cadendo poi rovinosamente addosso a Claire senza che lei potesse molto-- nemmeno lo scatto indietro poté evitare la macchia scura che andò allargandosi sul suo vestito.
    La cameriera balzò in avanti dispiaciuta, e lo stesso Drake si alzò, trovando il tutto alquanto imbarazzante e tragico: possibile che per una volta che una donna non scappava da lui dopo tre secondi, ecco che questa si trovasse a dover scappare per un incidente?! Era così che il karma voleva punirlo? Premuroso davvero-- «non è nulla di grave...tranquilla» e impacciato girò il tavolo per raggiungerla con dei fazzoletti e aiutare ad “arginare” la perdita di cioccolata, mentre la cameriera era corsa a cercare qualcosa di più efficace.
    La situazione sembrava degenerare... ma il vero culmine arrivò quando, senza alzare lo sguardo, Drake sentì Claire scoppiare in una risata-- dapprima debole, poi sempre più viva e dolce, fino a risuonare nel negozio con tanta intensità da lasciare quasi basito l'uomo che solo allora la guardò, dapprima basito-- poi un cenno di sorriso, alla fine lo scoppio anche lui, senza stare a chiedersi perché stessero ridendo del guaio, e del fatto che su una delle sue scarpe stesse gocciolando del cioccolato. «E’ questo l’effetto che fai? Alle cameriere intendo. O le offendi o le metti in soggezione?» ridacchiò «o magari sei stata tu...» commentò con un mezzo sorrisetto, spostandosi per lasciare che la cameriera pulisse a terra e porgesse della carta bagnata a Claire: ma non appena vide la giovane strofinare si fece perplesso, afferrando d'istinto il suo polso per fermarla «così peggiori il danno, e rischi di buttarlo via» giovane e inesperta, ew «se...se non ti senti a disagio, posso farti vedere da me come lavare la macchia... senza dover spendere in lavanderia» chissà perché, ma fu decisamente professionale e istintivo, quasi sicuro-- un cavaliere senza macchia e senza paura, che nemmeno pensò alla malizia del contesto. Normale cortesia: poteva non sembrare, ma Drake era un esperto di macchie-- negli anni da solo aveva dovuto imparare a gestire ogni tipo di sporco, così da non rischiare di andare in giro come un barbone... ed era straordinario, ma l'unica cosa che nessuno poteva fargli era un commento su come tenesse il proprio vestiario pulito e in ordine.

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    «no infatti, non sono un cliente fisso, e inoltre ora vivo a New Hovel...». New Hovel. Sapeva cosa fosse e sapeva chi ci vivesse anche se non aveva la minima idea di dove si trovasse, e tantomeno come arrivarci. Lei stessa ci sarebbe dovuta andare se solo non avesse avuto dei genitori maghi, e per questo ne fu grata almeno a Merlino. Non che New Hovel fosse un ghetto ma sicuramente non era come casa propria. La sensazione di essere costretta a vivere in un posto contro la propria volontà la irritava. In realtà qualsiasi cosa impostale contro la propria volontà la irritava. O anche solo percepire le aspettative di qualcuno la mandava fuori di testa. Sì, insomma, quella ragazza era facilmente irritabile. Eppure in quel caso cosa avrebbe potuto fare? Se avesse avuto i poteri e poi li avesse persi, ad esempio, cosa avrebbe fatto? New Hovel sarebbe stato lì ad aspettarla e a meno che non avesse deciso di diventare una fuorilegge purtroppo c’erano ben poche alternative, e questo lo sapeva.
    Ma almeno aveva scoperto una cosa su Drake che non avrebbe mai avuto il coraggio di chiedergli, anche se lo immaginava dopo gli ultimi incontri avuti con i suoi ‘persecutori’: ovvero se fosse un mago o meno. Sapere, però, che in qualche modo avevano qualcosa in comune la metteva forse più a suo agio, e per quanto non fosse uno di molte parole era diventato piacevole stargli accanto. Per una volta qualcosa stava funzionando senza troppe complicazioni ed era quasi difficile da crederci.
    Ma difatti, quest’illusione durò esattamente il tempo di fargli continuare la frase perché.. «se vuoi posso raccontarti tutta la vita della tua tazza di cioccolata». Colpita da questa capacità Claire sorrise, non rendendosi conto di quello che effettivamente stava a significare. «Cosa? Ma davvero? Sei un veggent..» e fu esattamente nel momento in cui stava pronunciando quella ‘magica’ parola che la magonò si rese conto di essere letteralmente nella merda. Drake era un veggente, sì. Vedeva le cose. Conosceva, o poteva conoscere i fatti, i suoi fatti, e tra questi, anche quelli che riguardavano lui. Oh shit. Tra tutti i doni che una persona poteva acquisire a lei andava a capitare quello che avrebbe potuto smascherarla. Ma stiamo scherzando? Si poteva essere sfigati a tal punto? Un’infinita di pensieri le volarono nella mente. In quella manciata di secondi, mentre il ragazzo davanti a lei continuava a parlare lei pensò addirittura che sarebbe dovuta andare via, fuggire prima di farsi beccare. Bastava che Drake aprisse la sua mente e la sfiorasse, cosa ci voleva? E nella sua testa Claire era già a casa sua pronta a chiudere ogni contatto con il ragazzo di fronte a lei e con chiunque avesse tentato di sbatterla in qualche altra situazione di merda. E se qualcuno si fosse opposto lei si sarebbe difesa. Anche lei aveva un potere, no? Se voleva poteva procurare delle ferite a chi la aggrediva. I maghi avevano la bacchetta, lei aveva le mani. Ce l’avrebbe sicuramente fatta. Banane! In quella situazione, purtroppo, la sua faccia tosta non le sarebbe bastata nonostante odiasse ammetterlo.
    Ma Drake? Che ne sarebbe stato comunque di lui? Con o senza Claire sarebbero riusciti comunque a trovare un’altra persona che avrebbe fatto il lavoro al posto suo. Ma che fare allora? Già stava giocando sporco, non sarebbe sicuramente stata in grado di mentire a tal punto.
    Eppure non riuscì a farlo.. Non riuscì a svignarsela nonostante una parte di lei la pregasse di farlo. Per qualche strana ragione, essere lì, in quel momento, con lui, era la migliore cosa che poteva fare. E se lui avesse scoperto la verità, lei avrebbe trovato il modo di farsi perdonare, e magari lo avrebbe aiutato. Magari..
    Cercando di cancellare dalla mente le immagini di Drake che scopriva le vere intenzioni della ragazza, Claire riprese ad ascoltarlo, riprendendo quel gioco di sguardi che non si erano neanche accorti di aver iniziato. E questo, per un po’, bastò a distrarla dai cattivi pensieri.
    A distrarla nuovamente però, fu una tazza di cioccolata bollente che le finì praticamente addosso creando una chiazza scura sul suo vestito e un’ilarità generale. Sarà stato il nervoso nato negli ultimi minuti, sarà stata la situazione realmente ridicola, stava di fatto che Claire non riuscì a smettere di ridere. Era tutto talmente troppo che era difficile immaginare come sarebbe potuta andare peggio di così. Vedersi poi catapultato Drake per aiutarla a pulirle il vestito e rassicurarla sulle sue condizioni la fece diventare paonazza.
    «Sì lo so, cioè..non fa niente. » Come si era potuto capire la magonò non era esattamente una di quelle persone che si strappava i capelli se un capo d’abbigliamento veniva sporcato o rovinato, al contrario, probabilmente, del ragazzo, il quale, non appena la cameriera porse a Claire del panno bagnato ebbe una reazione..istintiva. Mentre la ragazza strofinava il panno sul vestito Drake afferrò immediatamente il suo polso per fermarla. E lei, stupita, lo fissò a bocca aperta. «così peggiori il danno, e rischi di buttarlo via» giusta osservazione, pensò, e quindi? Me lo tengo così? «se...se non ti senti a disagio, posso farti vedere da me come lavare la macchia... senza dover spendere in lavanderia»
    Aveva la carta bagnata ancora in mano quando Drake le lasciò il polso. Nella sua naturalezza notò che non c’erano malizia o doppi fini in quella proposta, e forse, proprio per questo motivo, ancora una volta a Claire venne da ridere ma stavolta non lo fece. Piuttosto sorrise, teneramente, dimentica del fatto che ogni contatto con lui sarebbe potuto essere ‘pericoloso’ per la sua ‘copertura’.
    Ci fu un bel po’ di silenzio tra i due. Lei sapeva cosa voleva rispondere ma non voleva sembrare troppo spavalda, né tantomeno troppo timida (dato che timida non lo era affatto).
    «Sfortunatamente anche un bambino ne sa più di me su questo genere di cose. Ogni lavaggio che faccio è una scommessa con me stessa, perciò.. » era frequente a casa sua veder tirare fuori dalla lavatrice una roba diversa da quella che ci era entrata un paio d’ore prima e ormai non se ne faceva più un problema.
    Si allontanò dal tavolo dirigendosi verso la porta, e poi, voltandosi, guardò Drake ancora fermo alle sue spalle. «Mi fai strada?».
    Passando davanti al bancone i due presero i dolci impacchettati poco tempo prima e non pagarono la consumazione che era stata loro ‘offerta’ dalla casa. Gentili.

    Quando raggiunsero New Hovel si era fatto quasi buio, ed era salita un po’ di umidità. Per gli standard della magonò faceva già freddo manco fosse dicembre, e sperava vivamente che mancasse poco all’arrivo. Effettivamente Claire non pensava le sarebbe servita una giacca più pesante per uscire quel giorno, eppure.. chi lo avrebbe mai detto?
    «Sai che non appena arriviamo prima di farmi vedere come lavare la macchia devi darmi qualcosa di molto pesante da mettere?» Ci rifletté un po’ su quello che aveva appena detto. A meno che Drake non vivesse con qualche donna probabilmente non avrebbe avuto niente della sua taglia, quindi..? Sì, non c’erano dubbi sul fatto che non avrebbe mai più vissuto una giornata come quella, per fortuna (forse).
    «Credo di non avertelo proprio chiesto..tu vivi da solo?»

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5 replies since 20/3/2017, 00:26   387 views
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