It sounded like a dream, it tasted like damnation

sin + murphy | luke, I'm your father

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    you will always be my father
    but I hope you know it's your fault
    that I'll never know what that means


    «shh, non fare rumore o sveglierai la Strega» Sinclair lanciò un’ occhiata alla donna stesa sul letto, letto situato il più lontano possibile dal suo per evitare omicidi, tirando un sospiro di sollievo quando la bionda non si destò. Affrontare Athena in condizioni normali era già tragico, farlo di prima mattina era disumano. «Ma-ma» l’ uomo scosse la testa, intimandogli silenziosamente di tacere. Non avrebbe permesso ad Elijah di svegliarla, non per uno dei suoi round di molestie, per quella volta si sarebbe sacrificato, sorbendosi la fiumana di domande che il bambino gli avrebbe sottoposto. «La…la m-ma» heavy sweating, non ce la poteva fare, non poteva portarsi a fare scivolare quella parola sulla lingua. Deglutì, l’ aveva detto tante volte prima, quella non sarebbe stata diversa. Non era solo indirizzata alla stessa donna. Bastava solo che Athena non lo sentisse. «l-la mamma sta dormendo, non vorrai mica svegliarla?» annuì vigorosamente, così vigorosamente che per un attimo ebbe paura che gli si fosse staccata la testa, non che se ne sarebbe davvero accorto, era troppo frastornato al momento. Ancora non aveva capito da dov’era nata quell’ idea di chiamarla “mamma”, certo, i sussurri malevoli di Murphy avevano fatto la loro parte, ma come aveva potuto darle ascolto? Lei era Satana. Era così simile ad Audrey da dargli i brividi, aveva preso così tanto da lei senza nemmeno saperlo, il modo in cui faceva illuminare la stanza con la sola presenza, la testardaggine con cui perseguiva ogni obbiettivo, e la parte peggiore era che non lo sapeva neanche.
    Murphy Skywalker era sempre stata un’ orfana, non aveva mai ricevuto una pacca sulla spalla dal padre, mai aveva ricambiato il sorriso della madre.
    Per anni la sua famiglia non c’era stata.
    Finché lo sguardo di Sinclair non aveva incrociato quello della ragazza, e da allora non era più stata sola. L’ Hansen non le aveva mai detto niente, spaventato dal fatto che potesse spaventarla, o peggio, scomparire dalla sua vita ancora una volta. Così aveva tenuto la bocca chiusa per otto anni, ogni giorno che passava tacendo la verità a pesargli sulle spalle, a convincerlo che rivelarle la verità l’ avrebbe solo fatta scappare.
    Non lo avrebbe mai perdonato. Lui non lo avrebbe fatto.
    Avrebbe dovuto fare così anche con Elijah, continuare a mentire finché non avrebbe più potuto? Come se avesse potuto dirgli che la madre l’ aveva svenduto a dei mostri in cambio della libertà, disinteressandosi al futuro che aspettava quel bambino, come se neanche contasse qualcosa. Era meglio la sua versione, quella del Mulino Bianco con tanto di Banderas a parlare alle galline.
    Vincent, Murphy, Elijah, non ce n’era uno a cui non stesse mentendo. Per quanto avrebbe potuto mantenere in piedi quel teatrino? Non abbastanza, non finché non fosse stato nella tomba (non che ci volesse ancora molto).
    Elijah gli tirò la manica del pigiama, cercando di attirare la sua attenzione. Sinclair aveva dei seri problemi di attenzione, forse avrebbe dovuto farci qualcosa. «Cosa?» era probabile che il biondo gli avesse persino chiesto qualcosa, o che la casa stesse andando a fuoco, l’ irritazione nei suoi occhi avrebbe potuto significare qualsiasi cosa. «mamma si è svegliata» «e?» «ti sta guardando male»
    Ma pensa. Non succedeva mai. Cosa aveva detto prima sull’ affrontare Athena di prima mattina? Il suo corpo si tese, pronto a dover affrontare l’ ennesimo oggetto lanciato amorevolmente (♥) dalla donna, ancora non sembrava essersi adattata ad averlo in camera. Voltò il capo, sempre più convinto che invece avesse deciso di torturare la sua bambola voodoo, fino a incrociare gli occhi azzurri della bionda «vuoi qualcosa o?» perché, in un modo o nell’ altro, Sin non poteva mai smettere di essere una lil shit. Ormai neanche più sapeva se quello che usciva dalle sue labbra, quello che provava, fosse la menzogna che si era imposto di seguire.
    Cosa vuoi davvero, Sinclair?
    Cosa speri di ottenere?
    Non lo so più.
    Ogni volta che accarezzava con gli occhi il profilo della donna quel dannato bacio si ripeteva davanti ai suoi occhi, illudendolo ancora una volta, facendo vacillare sempre di più la sua realtà.
    Prima lo insultava. Poi sembrava odiarlo. E infine ricambiava il bacio. Ma cosa voleva la Rouke dalla vita?
    «voglio dormire, sono solo le nove» solo in quel momento Sin si accorse dell’ assurda ora a cui si era svegliato, gliel’avevano detto che i vecchi non riuscivano a dormire fino a tardi, ma non pensava che la sua ora fosse già giunta. Alzò le sopracciglia, muovendo un passo avanti. E poi un altro.
    «Vuoi compagnia?»
    «no»
    «sicura?»
    «fai un altro passo e ti meno»
    Avrebbe alzato le mani se non avesse avuto tra le braccia Elijah, per quella volta sarebbe dovuta bastare l’ espressione di assoluta innocenza che si era stampato in faccia.
    Era solo una mattinata come un’ altra a casa Sinurphy.

    Questa è la parte dove Sinclair, dopo varie seghe mentali, trova una scusa per trascinare Murphy fuori di casa. Ma, andiamo, non ne aveva davvero bisogno, la figlia/amika preferita l’ avrebbe seguito persino in bagno. Cosa che era successa davvero, dettagli.
    Le avrebbe comprato una ciambella, le aveva detto. Era bastato quello a convincerla a mettersi qualcosa addosso e ad accompagnarlo al parco. Ora, cosa avrebbero dovuto farci al parco? Bene, l’ Hansen aveva un limite di sopportazione e respirare ogni giorno la stessa aria di Athena, lo stava portando vicino ad esplodere. Voleva un paio d’ore di pace, dove non rischiasse di infilare la lingua in bocca alla bionda o prendere a testate il muro. Non che la figlia fosse meglio, anzi, era addirittura peggio.
    Cos’ aveva fatto.
    Non voleva restare da solo con Murphy.
    Le voleva bene, ma la quantità di pressure che alle volte gli metteva addosso era insopportabile, e la odiava ogni volta un po’ di più. Chissà se prima o poi le avrebbe detto che voleva vivere la sua vita in pace, senza qualcuno che gli facesse da Cupido. Quello era il suo compito in qualità di padre, ma fino a quel momento non aveva fatto un gran lavoro. Dannazione, l’ aveva fatta persino partecipare a una missione suicida. Delle persone erano morte, loro erano solo stati fortunati, sarebbero potuti essere i prossimi. Giorni dopo la missione aveva persino considerato di dire la verità a Murphy, ma la paura che potesse perderla l’ aveva fatto desistere ogni volta.
    Ma cos’era peggio, vivere una bugia o sapere di star trascinando tutti con te?
    L’ Hansen non aveva idea di cosa fare, di conseguenza non faceva niente. Un grande piano, quello che quasi tutti i Quinn seguivano.
    Si fermò all’ imporvviso in mezzo in mezzo all’ entrata del parco, doveva fare quell’ esperimento prima che perdesse il coraggio «hey, daugther, know the water's sweet but blood is thicker» chissà se Murphy avrebbe colto ciò che stava cercando di dirgli, probabilmente no. Quel “figlia” era tutto ciò che aveva bisogno di comprendere, ma non era così acuta.
    E infatti.
    «Ma hai fumato?»
    «Meglio» a lei spettava indovinare di cosa fosse fatto Sinclair.
    Magari era solo caffè.
    Ricominciò a camminare, quella volta verso lo stand (?) che vendeva tutte quelle merdate che piacevano alla ragazza, non avrebbe dovuto darle la libertà di scegliere quello che voleva, peccato che quel giorno si sentiva particolarmente masochista «fatti del male, pago io» le indicò la bancarella con un cenno del capo, morendo sempre di più a ogni passo che compiva. «Hai più sentito Elijah? Ma anche Shot, tanto nessuno mi risponde più» non era vero, lo amavano entrambi e non l' avrebbero mai snobbato, questo però la Skywalker non lo sapeva. Non troppo. Che Sinclair stesse cercando di tastare il terreno per le due ship? Mai, non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere «A capodanno non avevi dormito da Shot? Avete usato le protezioni? perché poteva fare di peggio. Fategli causa se si preoccupava per la figlia, doveva pur sapere chi andare a menare.
    they're better off without you
    sinclair hansen



    Edited by ‚soft boy - 4/2/2021, 00:36
     
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    «Wake up in the morning feeling like P Diddy grab my glasses, I'm out the door I'm gonna hit this city» Ci siamo sentiti tutti come Murphy, almeno una volta nella vita: giovani ed invincibili, capaci di scalare una montagna senza sforzi e conquistarne la vetta, in grado di affrontare una giornata come quella solo grazie al fatto di essere scesi dal letto con il piede giusto. Aveva dimenticato, per un istante, quanto potesse essere bastardo il karma, pronto a colpire nel momento di maggior pace e serenità, quando tutto sembra andare per il verso giusto. E, quella mattina, con i capelli scuri incollati alla fronte e al viso, l'acqua calda a scorrerle sulle spalle nude e una spugna gialla stretta tra le mani nella rozza imitazione di un microfono, Murphy Skywalker era davvero convinta sarebbe potuta essere una bella giornata. Semplice, produttiva, forse persino divertente. Perchè fuori splendeva il sole, Eli Jr. l'aveva svegliata con un bacio sulla guancia anziché tirarle in testa una macchinina ed era riuscita a conquistare il primo turno in bagno. «Don't stop, make it pop, DJ blow my speakers up. Tonight, I'm-a fight till we see the sunlight, tick-tock on the clock but the party don't stop, no!» Damn, avrebbe dovuto capire subito che qualcosa non tornava; che non era la fortuna a sorriderle, ma la sfiga che si prendeva il suo tempo per organizzare al meglio la demolizione completa della vita così come Murphy la conosceva. Sort of. Okay, può sembrare un tantino melodrammatico, ma provate voi a crescere con la convinzione di essere orfana per poi scoprire, di punto in bianco, che tuo padre è la stessa persona che hai sempre visto come un fratello maggiore un po' dispotico, quello vecchio dentro ma dal cuore tenero. Questo lo dico con il senno di poi, ovvio, quindi meglio tornare al punto: «NOW THE PARTY DON'T START TILL I WALK IN!» per poco non scivolò malamente fuori dalla doccia, nel tentativo di mettere con fare sexy un piede bagnato sul tappetino così da enfatizzare quell'ultima frase urlata alle piastrelle di un bagno vuoto, i capelli castani raccolti in pesanti ciocche grondanti che niente facevano per agevolarle il compito. Così impari a non prepararti l'asciugamano appeso alla doccia, Murph. Damn, potè quasi sentire la voce di Sin mentre la rimproverava per il laghetto artificiale creato sul pavimento in ceramica, nonostante la stoffa assorbente sulla quale stava cercando di camminare senza perdere l'equilibrio, e il fatto che sulla scia di quel pensiero l'Hansen si mise a battere le nocche contro la porta le causò uno scompenso non da poco. Come faceva? Leggeva nel pensiero? Gli fischiavano le orecchie? «Stai male? Ho sentito degli strani versi di dolore e agonia.» Quant'era simpa. Afferrò l'accappatoio avvolgendoselo intorno alle spalle, il cappuccio premuto sulla testa e poi frizionato per assorbire quanta più acqua possibile, prima di avvicinarsi alla porta e aprire uno spiraglio, sperando Sin venisse investito da una nuvola di vapore umidiccio. «Sei solo invidioso perché l'altra sera al karaoke sono stata più brava di te.» Ancora ricordava con orgoglio l'entusiasmo con cui Eli Jr. aveva applaudito alla sua performance, seguito a ruota dai versi estatici di Pomelo, mentre all'uomo cos'era spettato? Lo sguardo truce di Athena e il tentato suicidio di Mastro Lindo con salto dentro il tritarifiuti; Murphy lo aveva acchiappato per la coda giusto in tempo. «Non voglio tornare sull'argomento, sappiamo entrambi che hai corrotto la giuria.» Da quando offrire caramelle, coccole e pezzi di pizza avanzati era considerata corruzione? In che mondo viveva! Si strinse nelle spalle, passando accanto a Sinclar per raggiungere la propria stanza, e solo quando lo vide sostare oltre la soglia capì che non stava attendendo il suo turno per il bagno, ma voleva chiederle qualcosa. Oltrepassava la linea invisibile di quella camera solo in rare occasioni, tutte riguardanti questioni urgenti o di vitale importanza, preferendo quanto più possibile rimanere estraneo al mondo femminile e ancora evidentemente adolescenziale creato dalla ragazza tra quelle quattro mura. «Avanti, dimmelo, di che hai bisogno? Vuoi che porto fuori Eli per un paio d'ore così tu e Athena potete fare i piccioncini?» QUANTO CI SPERAVA! Erano mesi ormai che quei due si ballavano attorno saltellando sulle punte dei piedi come due pesi massimi in sfida per il titolo di campione, stuzzicandosi in un modo che la faceva uscire fuori scema. Santodio, quella farsa l'aveva (l'avevano, volendo contare la disperazione con cui Murphy si era premurata sin dall'inizio di contagiare Run) sopportata per anni, giustificandola con frasi tipo l'attesa fa bene alla ship; preferisco lo slow burn, dà più soddisfazioni; le migliori otp sono quelle che fingono di odiarsi, ma dopo il limone duro nel momento più critico e l'evidente - A TUTTI - sexual tension derivante, la Skyealker si era illusa di poter finalmente assistere a dell'azione. Quanto meno un passo avanti, un'ufficializzazione, un semplice diventare canon. Invece no, zero, solo angst e bantering e sguardi truci, tutte cose gia viste e registrate e delle quali aveva discusso abbondantemente con lo shipper club nelle ultime trentacinque riunioni. Il presidente, Nathaniel Henderson, durante l'ultimo incontro era stato così gentile da consigliarle un paio di nuove ship per stemperare la frustrazione prima di sbottare una volta per tutte, ma era dura. Vivere insieme alla tua otp e riuscire ad ignorarla non è per tutti, e certo non per Murphy.«Cristo, ma quando la finirai con questa storia?» averebbe voluto tanto rispondergli con un secco, ed indignato, 'quando ammetterete che state insieme e vi amate', ma Sin la batté sul tempo posandole il palmo della mano sulle labbra dischiuse, per evitare di essere interrotto. «Volevo solo invitarti a fare un giro, se hai finito con la sauna.» Suspicious. A parere della ventenne, quando Sinclar Hansen le proponeva qualcosa di carino e si comportava in modo gentile - che nel suo caso equivaleva a trattenersi dal roteare gli occhi e sbuffare sonoramente con una velata accusa di disappunto come i vecchi davanti ad un cantiere -, significava che gli serviva un favore. O forse quella era lei, ma adesso non scendiamo nei dettagli. Ruotò su se stessa, le braccia piegate a manici di teiera (?) e i palmi poggiati contro i fianchi, un cipiglio dipinto sul volto arrossato ad esprimere una chiara posizione di potere; erano talmente rare le occasioni in cui Sin elemosinava l'aiuto della geocineta che, come minimo, doveva godersi un po' il momento, assaporarlo sotto la lingua insieme al rimasuglio di glassa al cioccolato sull'ultima ciambella divorata la sera prima. Con un sonoro belato (?), Pomelo irruppe nella stanza facendo lo slalom tra le gambe dell'idrocineta ancora fermo sulla soglia, per terminare la sua corsetta aggraziata con un triplo salto carpiato sul letto, gli occhioni grandi e scuri pronti ad elemosinare qualche coccola; che Murphy non prese nemmeno in considerazione di rifiutargli. «Un giro? Un giro dove? E c'è tanto da camminare? Pranziamo fuori? Ma viene anche Athena?» una ragazza e le sue priorità: culo pesante, cibo, otp. Sedette sul bordo del materasso, grattando con delicatezza la testolina dell'agnello sdraiato accanto a lei, mentre da sotto il letto una linguetta tubolare, lunga e sottile, guizzava di tanto in tanto a solleticarle un piede nudo; doveva assolutamente darsi una mossa a trovare una compagna per Mastro Lindo, ormai assuefatto alle pulizie compulsive usate come valvola di sfogo in mancanza dell'anima gemella. Come Sinclair, nemmeno il formichiere viveva sereno senza paccare di tanto in tanto. «Pensavo al parco, non credo, può anche darsi e, per l'ultima volta, no.» #rude «Ma potrei prenderti una ciambella.»
    Che bahldr.

    «hey, daugther, know the water's sweet but blood is thicker» ora, Murphy non era una ragazza dalle pretese esagerate, tendeva a lamentarsi meno possibile (le torture psicologiche riservate a Shot non contano) in nome del quieto vivere, ma a quel punto Sinclair stava esagerando. Camminavano da almeno venti minuti - VENTI MINUTI -, l'Hansen non aveva spiccicato una parola contribuendo a rendere l'atmosfera più tetra di quanto non fosse in realtà, e per quanto riguardava le ciambelle la geocineta cominciava a pensare di essere stata brutalmente fregata; bastava tutto quello, senza che il ragazzo se ne uscisse di punto in bianco vantandosi delle sue doti canore sbagliandole pure il testo della canzone. Sembrava quasi si stesse impegnando di proposito per farla irritare e se davvero sperava in un favore aveva decisamente sbagliato tattica. «Ma hai fumato?» Non si sarebbe stupita, la Skywalker, dopo aver assistito al passionale lento ballato con Gemes Hamilton a Capodanno (e il cous cous ricco era lontano), e se fosse stata in compagnia della ciambella pattuita forse avrebbe sorvolato, ma così non era; e Sin meritava tutte le occhiatacce, i grugniti e i toni di disapprovazione di questo mondo. Anche se un modo per farsi perdonare all'istante, l'infame, lo trovava sempre. «fatti del male, pago io» Ad esempio utilizzando le due paroline magiche: pago io. Sapeva come arrangiarsi, la geocineta, dopo aver vissuto per un anno senza un tetto sulla testa, in un passaggio continuo tra dormitori e palazzine abbandonate, rifugi di fortuna e nottate passate all'addiaccio, a volte con l'unica presenza di Jade e Leaf a tenerle compagnia sotto il cielo terso, privo di stelle. Ma questo non significava che si tirasse indietro quando qualcuno - Sin o Phil, nella maggior parte dei casi - le offriva spontaneamente delle comodità, una stanza tutta per lei, sei o sette animali più o meno domestici e, soprattutto, vitto. Cibo. Cibo gratis. Dolci, nello specifico, ma anche hamburger e patatine andavano benissimo. Strizzò violentemente il braccio destro di Sinclair, saltellando dalla gioia come una bambina di fronte al regalo di Natale richiesto nella letterina, un sorriso da orecchio ad orecchio ad illuminarle il viso come un raggio di sole, lo stesso che di tanto in tanto faceva capolino dietro le nuvole in pigro movimento. «DAI! Ciao, vorrei una ciambella. Si, quella, al cioccolato. Ahnnn, hai anche i bomboloni.. nnhh me ne dai uno, da portar via. E anche lo zucchero filato, grazie!» Tanto pagava l'Hansen. Ve l'ho mai detto quanto Murphy gli volesse bene? Lo adorava, sebbene la geocineta dimostrasse questo affetto a modo suo, preferendo dargli fastidio piuttosto che sciogliersi in atteggiamenti melensi, i quali di norma riservava ad Heidrun Crane: baci, abbracci, ricerca di vicinanza costante, tutte cose che Sinclair certo non avrebbe apprezzato ed essendone conscia la ragazza lo rispettava. Ma non cambiava il risultato finale, capite? Lo aveva sempre visto come un mentore, il fratello maggiore dal quale poteva e doveva imparare il più possibile, la spalla sulla quale sarebbe sempre potuta andare a poggiare la testa, senza parlare, sapendo che sarebbe bastato a sentirsi meglio. Nonostante questo, odiarlo di tanto in tanto rientrava nella normalitá e quel momento, quando il nome di Elijah rotoló fuori dalle labbra dell'idrocineta come un sassolino tolto dalla scarpa, faceva parte del gioco. «Hai più sentito Elijah? Ma anche Shot, tanto nessuno mi risponde più» Chissà se lo sapeva, l'Hansen, di non essere simpatico. Probabilmente no, altrimenti a quel punto si sarebbe stancato di vedere il sorriso scemare sulla bocca dei suoi interlocutori, ogni traccia di gioia spazzata via da una battuta infelice, un commento fuori luogo; e niente risultava più fuori luogo, per la geocineta, dell'argomento Dallaire, sempre spinoso, mai abbastanza tollerabile. Ruotò sul posto, fulminando Sin attraverso una nuvola di zucchero filato celeste, mentre l'uomo sudava freddo e piangeva per ogni banconota tristemente abbandonata sul bancone dello stand (?), strappando un mucchietto di simil cotone appiccicoso e dolcissimo per ficcarlo senza alcuna grazia né gentilezza in bocca all'Hansen, un modo come un altro per intimargli di stare zitto, o altresi cambiare discorso. «Come se non sapessi che cerco di evitare Elijah da Capodanno.... ok, VA BENE, potrei averlo seguito un paio di volte per vedere se stava bene, ma questo è tutto.» Se non fosse che quel paio in realtà erano dieci, ma di certo aveva corretto il tiro e diminuito lo stalkeraggio, con uno sforzo non da poco. Solo per quel tentativo di lasciare che Eli vivesse la sua vita si meritava un premio! E invece... «A capodanno non avevi dormito da Shot? Avete usato le protezioni?» Nel caso non si fosse capito, Murphy soffriva da tempo immemore di quella malattia che i più saggi chiamano paraocchi, ovvero una forma di cecità selettiva a causa della quale sembrava incapace di riconoscere i sentimenti altrui nei suoi confronti, specialmente quando si trattava di Chariton Deadman; il quale, dal canto suo, non è che si esprimesse così apertamente, eh. Ci avevano provato tutti - Run, Sin, persino Phil - ad aprirle gli occhi di fronte ad un'evidenza che sembrava tale solo per loro, fallendo miseramente nello stesso modo in cui stava per fare l'Hansen, pur avendo lanciato un'esca di qualità ragguardevole. «Ti pare che portavo un ragazzo da Shot? In quella roulotte si sta stretti in due. figurati che ha dormito sul gabinetto, quel pagliaccio.» Ma ci voleva ben altro per fare abboccare lei, Murphy Blue Skywalker; un nome una garanzia, anche se solo per pochi minuti ancora. Prese Sin a braccetto, tenendo il bastoncino dello zucchero filato con la stessa mano così da averlo al centro e permettere all'uomo di pizzicare la soffice nuvola azzurrina, mentre lei in mancanza di dita libere se ne cibava affondandovi direttamente il viso dentro, ignara o forse indifferente ai minuscoli pezzetti che le rimanevano incollati alla punta del naso o tra i capelli lasciati sciolti a sfiorare la fronte e le guance; aveva deciso sin dall'inizio di approfittare di quell'invito random e più unico che raro finché non avesse riempito lo stomaco e fatto almeno un giro su ogni giostra del poverissimo luna park itinerante, ma questo non implicava le fosse passata la voglia di indagare. «Prima che io ti stracci al tiro-a-segno, vuoi dirmi qualcosa? Non so, confidarti, magari chiedermi un'opinione riguardo ad una situazione per te nuova, ma davvero intensa, che non sai come affrontare...» non si riferiva alla Sinuke, figurarsi, DAI.

    You Sit And Stay I Don'T Obey // by ms. atelophobia
     
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    Murphy si stava avventando sul povero cassiere come avrebbe fatto un avvoltoio su una carcassa, poteva fare vedere la paura nei suoi occhi e le occhiate incerte che gli stava lanciando – pensava che potesse aiutarlo? Persino lui aveva paura di separare la ragazza dal proprio pasto, ci teneva alle dita. Beh, almeno la prossima volta che riprendeva a molestare sulla Sinuke (sì, pure lo ship name si era inventata) avrebbe potuto minacciare di toglierle le ciambelle. Sarebbe morto nel processo, ma almeno ci avrebbe provato. «DAI! Ciao, vorrei una ciambella. Si, quella, al cioccolato. Ahnnn, hai anche i bomboloni.. nnhh me ne dai uno, da portar via. E anche lo zucchero filato, grazie!» l’ Hansen deglutì, allargandosi per un momento il colletto della felpa. Lo stava spennando lentamente, pensando che il suo conto bancario fosse profondo quanto il suo segreto amore per la Rouke. La prossima volta che si sarebbe offerto di pagare per qualcosa, avrebbe specificato che sarebbe stato meglio contenersi, anche perché l’ estate era vicina e tutti quei dolci facevano ingrassare. Sì, era tirchio e avrebbe detto qualsiasi cosa per risparmiare quei soldi per l’ alcool. Insomma, il padre dell’ anno: rubava alla figlia per sbronzarsi ciao al. «La prossima volta compriamo l’ intero negozio, magari finiamo all’ ospedale!» si poteva quasi sentire l’ euforia nella sua voce, i sogni sulle infermiere sexy si sarebbero finalmente avverati – odiava così tanto Scaia, mai che passasse qualcosa di normale nella sua mente – e si sarebbe momentaneamente liberato di Athena. Forse l’ ospedale era l’ unica opzione che aveva di sopravvivere a quelle pazze con cui viveva. «Hai più sentito Elijah? Ma anche Shot, tanto nessuno mi risponde più» sì, l’ Hansen era consapevole di essere molto simpatico, nel caso Murphy se lo stesse domandando. Si avvicinò al bancone, poggiando le banconote in mano all’ uomo di mezz’età (anche lui era così sfigato?), a vedere qui soldi andarsene via quasi pianse, ma si trattenne solo perché Muori l’ avrebbe preso in giro fino alla fine dei suoi giorni quindi neanche tra tanto. «Come se non sapessi che cerco di evitare Elijah da Capodanno.... ok, VA BENE, potrei averlo seguito un paio di volte per vedere se stava bene, ma questo è tutto.» gli sarebbe piaciuto davvero tanto aggiungere qualcosa allo sfogo della mora, ma il pezzo di zucchero filato aveva impedito ogni risposta «hmpf mhh» annuì con la testa, come a farle capire che apprezzava –in realtà era un grido d’ aiuto– voleva credere che quello fosse stato un gesto di amore, ma conosceva abbastanza la figlia per sapere che voleva solo ucciderlo senza che nessuno sospettasse di lei. «lo so che ti piace molestare le persone ma non potresti…non so, farci amicizia?» e va bene, lo sapeva che era un consiglio di merda e che le cose erano complicate, voleva solo fare il vecchio saggio per una volta «non è difficile, eh. Lo sai che è un golden retriever» aka, nello slang dei dottori, una persona affabile che doveva essere protetta dal mondo. Non importava quante volte cancellassero la memoria al Dallaire, sarebbe sempre rimasto quello che tutti conoscevano - certe cose non si potevano cambiare.
    «A capodanno non avevi dormito da Shot? Avete usato le protezioni?» inarcò le sopracciglia allusivamente, avvicinandosi di qualche centimetro alla mora. Ecco a voi un esemplare di psycho!shipper, di quelli che ormai non avevano più niente da perdere e ormai perseguivano solo la canonità della ship.
    Ma la figlia, un po’ come il padre, faceva finta di non vedere la ship.
    Lo faceva apposta?
    «Ti pare che portavo un ragazzo da Shot? In quella roulotte si sta stretti in due. figurati che ha dormito sul gabinetto, quel pagliaccio» se solo non avesse avuto un braccio agganciato in quello della ragazza e una mano impegnata a rubarle lo zucchero filato, avrebbe fatto uno di quei palmface da spaccarsi il naso. Che brutto, essere Sinclair Hansen.
    Chissà se era giunto il momento di aprirle gli occhi. O avrebbe dovuto lasciare fare ad Athena? Insomma, erano cose da donna quelle – e non credeva di essere pronto a rispondere ad alcune domande che la Skywalker avrebbe potuto porgli. Poteva sembrare un badger fatto e finito, ma non lo era. Morgan, a momenti usava ancora le forbici a punta arrotondata. «Eh, in realtà stavo parlando proprio di Shot. Ma tanto non hai capito, vero?» quando mai, Sin. Restò un attimo in silenzio a pensare alle parole della figlia, corrugando le sopracciglia quando elaborò che aveva fatto dormire Shot su un cesso. Va bene che lui aveva ballato un tango con Gemes Hamilton e probabilmente drogato un bambino, non poteva davvero giudicarla: aveva smesso di essere una persona seria e con una dignità. «Prima che io ti stracci al tiro-a-segno, vuoi dirmi qualcosa? Non so, confidarti, magari chiedermi un'opinione riguardo ad una situazione per te nuova, ma davvero intensa, che non sai come affrontare...» «perché stai parlando come un oroscopo?» le domande legittime, ragazzi. Cercava di ignorare quella voce che gli diceva che Muori sapesse cosa volesse dirle, ma era impossibile, non lo sapeva nessuno. Che stesse parlando della Sinuke? O del bambino che si erano ritrovati in casa? «Spero tu non mi stia parlando di Athena, perché in quel caso non ci sarebbe niente da dire» voltò il capo verso di lei, socchiudendo gli occhi in un muto avvertimento: non parliamone più. Ringraziava che non sapesse del bacio che c’era stato tra di loro, o non sarebbe sopravvissuto fino a quel momento; finché credeva che non ci fosse nulla di così concentro, era salvo dalle sue molestie più brutali. «Quindi no, non ti ho portato qui per parlare di Athena» abbassò di qualche nota la voce, quasi a sembrare minaccioso «ma per ucciderti» in realtà sarebbe stato il contrario, una volta scoperta la verità. Si allontanò improvvisamente, buttando la testa indietro in una grossa risata e dirigendosi verso la ruota panoramica, piuttosto che fermarsi al tiro a segno. La sua mente da psycho!shia pensava che fosse meglio averla bloccata in un posto, dove non avrebbe potuto scappare.
    Pagò il commesso che stava all’ interno di quel coso mistiko e passò un biglietto a Murphy, sperando che si fosse liberata una mano per prenderlo «phil cosa ti ha detto sulla tua vera famiglia?» l’ ilarità che c’era stata fino a pochi momenti prima era scomparsa, rimpiazzata da un Sinclair e la sua faccia greve.
    Era arrivato il momento che stava aspettando da anni.
    they're better off without you
    sinclair hansen



    Edited by revenant‚ - 8/9/2017, 16:21
     
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    «phil cosa ti ha detto sulla tua vera famiglia?»
    Eaula.
    Alt, frena un istante.
    Come ci erano arrivati a parlare della famiglia di Murphy? Quella della quale lei, per inciso, non aveva mai voluto sapere niente, considerando come tale le persone avvicendatesi nella sua vita una dopo l’altra lasciando segni indelebili e ricordi impossibili da cancellare. A partire da Phil, il primo a stringerla tra le braccia quando ancora la geocineta faticava a sollevare le proprie, piccole e cicciotte, proseguendo con Shot, accanto a lei sin dall’inizio di un percorso mai davvero facile, passando attraverso Sinclair, i Fitzsimmons, Elijah, Athena e Jade, per terminare in bellezza con Heidrun Crane. Ciascuno le aveva insegnato qualcosa, dato e strappato via, chi l’aveva accompagnata in silenzio e chi con uno schiocco di dita era stato in grado di stravolgere il suo mondo. Era quella la sua famiglia, un gruppo di disagiati della peggior specie che valeva mille volte più di qualsiasi genitore biologico: nel bene o nel male, sapeva che loro non l’avrebbero mai abbandonata.
    Perciò quella cos’era, una domanda trabocchetto? L’ennesimo tentativo di evitare il discorso che più le stava a cuore? Non riusciva a capire, per quanto si sforzasse, quale fosse il problema nell’ammettere di amare una persona, soprattutto quand’era tanto evidente a chiunque. E badate, Murphy non pretendeva che Sin si dichiarasse pubblicamente con Athena – sebbene la geocineta attendesse questo momento con l’ansia di una vera psycho!shipper -, ma che almeno ne parlasse con lei. Era o non era la sua confidente? Come la Crane ai suoi tempi, sempre pronta ad ascoltare i deliri di una diciottenne alla prima cotta senza mai tirarsi indietro, pur non approvando. Murphy chiedeva solo di poter fare altrettanto, per Sin, per Run, per chiunque avesse sentito l’urgenza di confidarsi e sfogare i propri sentimenti repressi nei confronti di una crush segreta. Dio, ci moriva dietro a cose del genere! Invece l’Hensen non le dava mai quella soddisfazione, preferendo sbuffare, alzare gli occhi al cielo, comprarla con il cibo e lanciare frecciatine al solo scopo di distrarla, dimostrando così di non sapere con chi aveva a che fare. «lo so che ti piace molestare le persone ma non potresti…non so, farci amicizia? non è difficile, eh. Lo sai che è un golden retriever» Parlava sul serio? Parlava sul serio. Si voltò lentamente verso l’uomo, una mano ancora tesa in avanti per ricevere il sacchetto con dentro il bombolone fritto, iridi vuote e prive di espressione a fissarne un paio dello stesso identico colore. Che burlone il destino, a scegliere per loro due corpi apparentemente tanto simili nei tratti, così come sarebbero stati se solo Murphy Skywalker fosse rimasta Victoria Quinn, e Sebastian non fosse mai morto. «Ah-ah, divertente. Te l’hanno mai detto che diventi ogni giorno più simpa?» Nah, ma chi vuoi che gliel’abbia detto. Nessuno poteva davvero pensare che Sin fosse una persona divertente, nonostante la geocineta si fosse tanto impegnata negli anni a dargli qualche dritta in grado di limare gli spigoli più appuntiti del carattera da vecchiardo incartapecorito, con scarso successo; anche le sue freddure, al pari delle coppole sfoggiate nei giorni di festa, risultavano datate e difficilmente sopportabili, quanto meno a lei. «Ha una famiglia e degli amici, ok, Non sa che per me era.. beh entrambe le cose. E magari è meglio così. » Perché lasciar entrare di nuovo Elijah Dallaire nel proprio cuore per Murphy significava rischiare il tutto e per tutto, sapendo di non poter mentire di fronte a quegli occhi troppo limpidi, di non poter sopportare il peso dei ricordi; se li era caricati sulle spalle e nel cuore, quelli di entrambi, conservandoli in modo che il biondo potesse rifarsi una vita priva di incubi o sensi di colpa.
    Priva di lei.
    «Dai, taci e mangia.» Fu allora che gli ficcó una nuvola di zucchero filato in bocca, nel disperato tentativo di tappargliela una volta per tutte (aka soffocarlo), assaggiandone a sua volta alcuni scampoli leggeri e appiccicosi, dolci come miele. Bastava del buon cibo spazzatura per sanare ogni piccola ferita, comprese quelle che fino ad un paio di mesi prima le sarebbero state letali: stava diventando grande, Murphy Skywalker, e nemmeno se ne rendeva conto. Ci erano voluti una missione suicida, qualche mina dissotterrata proprio sotto i suoi piedi e quelli dei bimbi che qualche sciagurato (sì, Fato, parlo con te) aveva pensato bene di affidarle, il calore del fuoco sulla pelle e l'addio più straziante, ma alla fine di momento di spiccare il salto che le avrebbe permesso di lasciare il passato alle spalle, e al quale per tanto tempo si era rifiutata persino di pensare, era giunto; inaspettato e crudele, ma definitivo. Stava andando avanti con la sua vita, per quanto Sinclair sembrasse intenzionato a rivangare i bei tempi senza ritegno, quasi sbattendole in faccia il fatto che lui non si faceva problemi a frequentare Elijah come niente fosse, troppo ancorato alla loro amicizia per guardarla svanire nel nulla.
    Beh, graziealcazzo, non era stato certo l'Hensen a cancellargli la memoria, giusto?
    «Eh, in realtà stavo parlando proprio di Shot. Ma tanto non hai capito, vero?» Tentativo numero due, il più subdolo. Parlare di Elijah faceva male, oltre ogni immaginazione, ma certe insinuazioni erano anche peggio: non tanto perché Murphy si sentisse a disagio nell'affrontare una conversazione di quel genere con Sin, come già detto, quanto perché effettivamente non capiva. Non lo aveva mai fatto. Come potevano anche solo pensare che la geocineta fosse in grado di vedere qualcosa - quel qualcosa - quando a malapena si era trascinata fuori dal pantano del primo amore non corrisposto? Come se Shot, dal canto suo, avesse fatto di tutto per rendere chiara la situazione: erano cresciuti insieme, fianco a fianco fin dal principio, e mai una volta che il ragazzo avesse aperto bocca per dire la verità; ma a tagliarle i capelli mentre dormiva quando avevano sei anni, in quello era un esperto. Se poi ci aggiungiamo il fattore Elijah, apparso nella vita della Skywalker proprio nel momento in cui gli ormoni iniziavano il loro lento ed inesorabile lavoro destabilizzante - ed in tremendo ritardo rispetto alla maggior parte delle adolescenti - il gioco era fatto. Perché nessuno di loro, Sin e Run in primis, non si limitava a strappare via quel dente per eliminare il dolore? Amavano vederla sguazzare nell'ignoranza, ecco il motivo.
    Forse un giorno ci sarebbe annegata, svegliandosi in piena notte con il cuore in tumulto e il respiro corto, terrorizzata e al contempo vagamente eccitata da uno Shot in pantaloncini tutto coperto di schiuma. Cose da accapponare la pelle. «Senti guarda che ho capito benissimo.» sicuro «semplicemente non voglio parlarne.» Ma di cosa, Murphy? Di cosa? Questo, ovviamente, non lo sapeva. Ma sentiva il bisogno di difendere il proprio amor proprio da un'accusa nemmeno tanto velata di ritardo mentale alla quale ormai si sentiva esposta sempre più di frequente; e se esisteva una cosa che la Skywalker proprio non sopportava, era sentirsi stupida. Certo, non le piacevano nemmeno le verdure, chi metteva le sottilette sopra agli hamburger, quelli che parlavano al cinema, le cavallette, gli insetti in generale, i piccioni e via di seguito (una lista molto lunga), ma quell'impotenza intellettuale la mandava letteralmente fuori di testa. Sull'ignoranza, al contrario, non aveva nulla da obiettare, in quanto era conscia che alcuni dettagli sulla vita sarebbero dovuti rimanere celati e ben distanti dalle sue orecchie (come quella volta che, guardando un documentario sulla preparazione industriale di insaccati e affini, il suo amore per i wurstel aveva subito un tremendo contraccolpo, addirittura letale per la loro relazione), e forse anche la verità sulle persone che l'avevano messa al mondo apparteneva alla suddetta categoria, ma quella sensazione di essere l'unica rimasta all'oscuro era un altro paio di maniche. Chiedere spiegazioni, e ammettere di non aver capito un benemerito, non rientrava e non sarebbe mai rientrato nei piani della geocineta, manco a dirlo.
    Fu solo per un'incredibile botta di fondoschiena che di fronte a loro apparve la distrazione perfetta, un'improbabile ma validissima via di uscita alla quale Murphy non avrebbe certo pensato due volte prima di aggrapparvisi con chiara disperazione: un banchetto del tiro a segno, aka uno dei pochi frivoli passatempi nel quale sapeva di poter battere Sinclair Hansen, cosa non facile in tutti gli altri casi. Se giocavano a Monopoli, Murphy rimaneva senza soldi (finti); se giocavano a poker, Murphy rimaneva senza soldi (veri); non si poteva vincere con lui e un po' lo odiava per questo. «Spero tu non mi stia parlando di Athena, perché in quel caso non ci sarebbe niente da dire» e la geocineta ci credeva, come no. Non capiva, quel burbero orsacchiottone dal cuore d'oro con la coppola, che negare l'evidenza serviva solo a rafforzare la ship? Che il fandom, quello psychovero, non si lasciava certo fermare da sguardi truci e nemmeno-tanto-velate-ma-assolutamente-velleitarie minacce? Le faceva quasi tenerezza, ecco la verità; tant'è che allungò una mano resa appiccicosa dallo zucchero filato, battendola con delicatezza sulla spalla di Sin mentre un sorriso carico d'affetto si sostituiva al broncio precedente, irradiandole il viso come un raggio di sole primaverile, ancora così distante nel tempo. «Veramente sei tu che stai parlando di Athena.» BOOM, SUCK IT! «ma va bene, non devi preoccuparti sa--EHI!.» parlava al vento Murphy Skywalker, perchè l'idrocineta l'aveva abbandonata allungando il passo sulla scia di una risata al limite dell'isterico (?), procedendo oltre il banchetto del tiro a segno per avvicinarsi losco all'omino il cui unico scopo nella vita sembrava quello di azionare la ruota panoramica e dare alle giovani coppiette la possibilità di paccare in santa pace lontano da occhi indiscreti: praticamente il lavoro perfetto per lei. «Non è che io mi trovi proprio a mio agio con le altezz--» e niente, le aveva già piazzato un biglietto nella mano destra, costringendola a tenere il bastoncino dello zucchero filato ben saldo sotto l'ascella sinistra, cinque dita piccole e paffute a punzecchiarle la schiena (non quelle di Sin, eh) con tanto di DAI VAI AVANTI SIGNORA C'E' LA FILA! VOGLIO SALIRE SULLA RUOTA! eh quanto amava i bambini.
    Si fece coraggio, inghiottendo saliva e aria nell'inutile tentativo di far scivolare il groppo formatolesi in gola giù nello stomaco, là dove pareva essersi scatenato un festino abusivo nel quale Zucchero Filato flirtava spudoratamente con un avanzo di ciambella glassata al cioccolato, prima di seguire Sin e accomodarsi - non senza un tremito alle ginocchia divenute cedevoli come burro - sul seggiolino più instabile del mondo. Quando questo si mosse, scattando in avanti e verso l'alto con un rumore cigolante che a Murphy ricordò inevitabilmente la scena iniziale di Final Destination (3? 4? 5?) sulle montagne russe, la geocineta si lasciò sfuggire un gridolino strozzato, entrambe le mani saldamente aggrappate alla sbarra di protezione abbassata sulle gambe, il bastoncino di zucchero abbandonato in grembo all'Hansen senza pensarci due volte; come il terreno le si allontanò da sotto i piedi, regalandole una visuale completa del parco e di quanto la periferia di Londra aveva da offrire - poco -, la Skywalker chiuse gli occhi, serrando le palpebre decisa a non riaprirle mai più. «Mi sento un po' morire.» *nervous fake laughs*
    E questo, cari lettori (?), non era che l'inizio: solo il meglio per Murphy Skywalker, un nome una garanzia, bloccata su una ruota panoramica senza possibilità di fuga, con il vuoto a bucarle lo stomaco, pronta a scoprire l'amara verità sulla sua famiglia; se solo Sin le avesse accennato qualcosa, anche solo un indizio per rendere nota l'entità dell'argomento in questione, col cazzo che avrebbe messo piede lì sopra, facendosi chiudere in trappola.. Ma la ragazza non aveva la minima idea di cosa la aspettasse, o di quanto la situazione potesse precipitare ulteriormente (si spera solo quella e non il seggiolino della ruota panoramica), e l'unica cosa alla quale riusciva a pensare - come un terribile flash a ripetizione dietro le palpebre abbassate -, era la scena di The O.C. quando Ryan Atwood dava di matto sulla giostra e Marissa lo paccava per farlo sentire meglio. E se dite che non è venuta in mente anche a voi siete solo dei bugiardi. «Sin?.» piegò la testa, senza aprire gli occhi, la voce spezzata per l'emozione «ti prego, NON. MI. BACIARE.» Prevenire è meglio che curare, diceva il saggio. Fu a quel punto, mentre la ventunenne sudava copiosamente nonostante i sette gradi scarsi a gelare l'aria che l'Hensen ebbe la straordinaria idea di porle la domanda del secolo, talmente a brucio da costringerla a spalancare gli occhi ritrovandosi a fissare il vuoto e la luce al di là del tunnel, quella pronta ad accoglierla nel caso fosse caduta di sotto. «phil cosa ti ha detto sulla tua vera famiglia?» «Ti odio. Immensamente.» Non era una risposta, ma calzava comunque a pennello. «Se muoio, dì a Run che l'ho amata. » #priorità Spinse indietro la schiena, tenendola premuta il più possibile contro la parte posteriore del seggiolino, le iridi color cioccolato fuso rivolte al cielo terso di febbraio, bianco come la neve caduta in abbondanza solo una settimana prima. «E comunque non abbiamo mai parlato di.. beh di quelle persone. Phil disse di avermi trovata praticamente sulla porta di casa.» rivolse a Sin lo sguardo all'improvviso rabbuiatosi, chiaro segnale di quanto l'argomento non rientrasse fra i suoi topic di conversazione preferiti «Come un dono. Scartato da qualcun altro, ma pur sempre un dono, no?» E aveva poco o niente di divertito, il sorriso fiorito sulle labbra tinte di ciliegia; niente di nostalgico, o triste, entrambi sentimenti che Murphy Skywalker non si era mai potuta permettere. «Perchè me lo chiedi? PERCHE' QUI SOPRA POI????.» domande lecite.

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    Sinclair Hansen non era preparato su certi discorsi, neanche dopo averli provati allo specchio per decine di volte, semplicemente non era il suo campo. Non aveva tatto e finiva ogni volta col dire la cosa giusta ma con le parole sbagliate, guadagnandosi automaticamente l’odio della persona che si trovava davanti a lui; era un muratore in pensione, un coppolaro da bocciofila, perché la vita gli imponeva incarichi così duri per la sua persona? Se fosse stato Shia sarebbe andato a caccia di qualche buco per risollevarsi il morale, se fosse stato Aloysius si sarebbe fatto un paio di birre, ma era Sinclair e avrebbe potuto fare entrambe – certo, se non si fosse trovato con la figlia. Riteneva che c’era un tempo per ogni cosa, e quel giorno era troppo presto per presentare alla ragazza le gioie della vita, quando avrebbe ricevuto la sua prima coppola, forse, ne avrebbero potuto riparlare. «Ah-ah, divertente. Te l’hanno mai detto che diventi ogni giorno più simpa?» se gliel’avessero detto? Non c’era giorno che non passava senza che Sinclair non facesse morire dalle risate qualcuno, che fosse Athena (ma solo perché cercava di soffocarla con il solletico), o Elijah (ma solo perché non ricordava cosa significasse la parola simpatia) «ad ogni pentola il suo coperchio» mosse la mano con aria distratta, l’antico proverbio culinario a graziare le orecchie della mora; non si poteva trovare quel tipo di saggezza in giro, era un prerequisito dei Coppolari, uno dei tanti motivi perché avrebbe dovuto amarlo sempre e incondizionatamente. In realtà, la maggior parte di questi proverbi erano tratti dalla tovaglietta di una trattoria, ma questo non l’avrebbe mai svelato a nessuno. «Ha una famiglia e degli amici, ok, Non sa che per me era.. beh entrambe le cose. E magari è meglio così» Sinclair sollevò entrambe le sopracciglia, portando le mani dietro la schiena, quella, signori e signori, era la posa di un pensatore serio, usata solo nelle situazioni più spinose (e nei cantieri) «jeez, te l’hanno mai detto che sei deprimente?» sperava la Skywalker avesse notato l’uso dello slang giovanile, di come si stesse rapidamente mettendo al passo con i tempi «non dico che devi saltargli addosso, ma non ti ha insegnato niente Stitch?» aspettò un paio di secondi, lo sguardo dell’Hansen perso nel vuoto in un momento di saggezza assoluta e allucinazioni paragonabili a quelle di un tossico «”se si litiga in cucina, ogni pasto va in rovina” ossia, non rovinare i ricordi che hai di Eli solo per come pensi sia adesso» non era neanche sicuro di essersi espresso in un inglese corretto, l’importante era afferrasse il succo della questione «o forse ti volevo citare la parte dell’ohana?» non riusciva proprio a ricordarselo, ma nel dubbio andavano bene entrambi, bastava che quelle perle di saggezza ispirassero il kuore della figlia a compiere la decisione più giusta.
    «Dai, taci e mangia» «rud-» e, non fece tempo a terminare che la figlia gli ficcò un pezzo di zucchero filato in bocca, così, senza nessuna delicatezza. Lo sapeva che nel frattempo gli aveva infilato un dito nel naso e conficcato un unghia nella pelle? Certo che no, perché Sin era troppo karino per farglielo notare – e non la voleva arrabbiata, le donne gli facevano paura.
    Gli doleva il cuore, a sapere di non poter aiutarla in quella peculiare situazione amorosa, perché non voleva parlarne? Perché non era pronta e lui solo un vecchio coppolaro da buttare, ciononostante la cosa non lo offendeva di meno «Senti guarda che ho capito benissimo, semplicemente non voglio parlarne» avrebbe dovuto vederlo, mentre con il dorso della mano si asciugava le lacrime agli occhi, il cuore a spaccarsi in mille pezzi dentro il pezzo, il rifiutato come un macigno sullo stomaco - era un uomo sensibile, come osserva fargli quello? Lo sapeva, non avrebbe mai potuto conquistare il loro affetto e fiducia, ecco l'unica cosa che aveva in comune con quel perdente del fratello «meh come vuoi, un giorno riuscirò a fartene parlare» alzò la mani davanti a sé, di certo non l’avrebbe obbligata a farne quello che non voleva, dopotutto si fidava delle sue doti da ciatella, e sapeva che prima o poi l’avrebbe incastrata in quella discussione scomoda. Rabbrividì quando la mano appiccicosa della geocineta si posò sulla sua spalla, aveva idea di quanto costasse quella giacca, o una lavanderia? Delle invisibili lacrime stavano scorrendo sulle sue guance, l’immagine a rallentatore di dita lerce a posarsi su di lui a distruggerlo internamente. Quella macchia non sarebbe mai scomparsa, si sarebbe espansa come un cancro per tutta la giacca, così come nel kuore dell’Hansen. «Veramente sei tu che stai parlando di Athena» ma che…stronzina, sapeva benissimo cosa passasse per la testa alla figlia, non doveva fingere non fosse così «lo stavi pensando, NON MENTIRE» si sentiva punto sul vivo, una vergogna a montare nel petto che poteva solo equivalere a quella di un nudista vestito wat, così tanto che la tirò per un braccio, impedendole di avvicinarsi allo stand del tiro a segno «ma va bene, non devi preoccuparti sa--EHI!.» pensava di fargliela, eh? #no non poteva permettere che perdessero di vista il vero obbiettivo: la ruota panoramica. Sinclair sapeva già che Muori l’avrebbe battuto al tiro a segno, e lui odiava perdere, secondariamente quello di cui voleva parlarle andava discusso in un ambiente dal quale la ragazza non potesse scappare: gli piaceva prevenire, piuttosto che curare (in realtà no, battute da dottori hihihi). «e e e no, non mi piace quello stand. Andiamo sulla ruota!!11!» non del triciclo, quello l’avrebbero fatto il prossimo martedì ). «e te ami l’altezza, ti ho visto aiutare un procione scendere dal tetto. O forse era Athena» probabilmente era Athena, ma smettiamo di parlarne che Elisa è sensibile. Ah, quanto amava quei momenti padre e figlia, dove la figlia era ignara della loro parentela e il padre si comportava come un cinquantenne. Tutto normale, insomma. Non le diede tempo di tirarsi indietro, una volta stretto il biglietto tra le dita, la trascinò verso i seggiolini pronti ad accogliere le loro chiappe infreddolite wat - si rendeva conto che l’intera scena poteva ricordare quella di un rapimento, in effetti aveva una certa paura di venire segnalato e poi arrestato. Lasciò Murphy accomodarsi per prima, seguendola pochi secondi dopo nel posto vicino a lei - se solo non l’avesse mai fatto. Quello fu il giorno in cui Sinclair incominciò a piangere sangue, da quanto si sentiva lacerato dentro.
    Gli aveva appoggiato lo zucchero filato sui pantaloni. E non era la prima volta che lo usava come fazzoletto. «anche io voglio morire» chissà come mai.
    Un po’ era felice di non essere stato presente nell’infanzia di Muori Skiwolker, dubitava i suoi vestiti sarebbero sopravvissuti a pomeriggi passati a mangiare gelati e ciambelle.
    «Sin?» «eh.» «ti prego, NON. MI. BACIARE.» «ew, ma che schifo» questo, l’inizio della fine, quando capì di aver lasciato la sanità mentale della mora a terra.
    Era al corrente del fatto che l’incesto fosse diventato popolare nelle serie tv, ma no? Santa Polenta, gli venivano i brividi solo a pensarci. Anzi, non voleva farlo affatto.
    «Se muoio, dì a Run che l'ho amata» e non lui? Molto rude, Muori, molto rude. > «la avverto prima se riesco, così la saluti»
    «E comunque non abbiamo mai parlato di.. beh di quelle persone. Phil disse di avermi trovata praticamente sulla porta di casa.» quelle persone?? Si sentiva offeso nel profondo, in fondo non era colpa sua se la gente rapiva i bambini negli ospedali. Prese un respiro profondo per cercare di calmarsi, non voleva gli venisse un infarto, se gli fosse presa la tachicardia ancora una volta, non credeva sarebbe sceso vivo da quell’affare. Strinse le labbra tra loro, il pensiero di una piccola Murphy abbandonata sulla porta di qualcun altro a fargli venire la voglia di aprire il cranio in due ai Dottori, sola, senza che i suoi genitori potessero stringerla tra le braccia, la sola immagine era stata sufficiente per rabbuiare il volto dell’Hansen. Non era quello che si meritava quella famiglia, le cose non sarebbero dovute andare in quel modo. «non c’è un modo semplice di farlo o per introdurre la cosa, quindi TIENITI FORTE NON CADERE» non si sa mai, conosceva la Skiwolker e quanto fosse impacciata. «phil non ti ha mai detto cosa accadde a tuo padre» e no, non aveva ucciso lui suo padre. In teoria sì, ma non era rilevante in quel momento «luke io sono giapponese tuo padre» occhi puntati in altri altrettanto scuri, attorno a loro non c’era più l’aria fredda dell’inverno, non i seggiolini o le urla delle persone a terra – solo loro due, e tutto il tempo che non avevano mai avuto, un momento solo per loro. «cerca dentro di te, tu sai che è vero»
    they're better off without you
    sinclair hansen

     
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4 replies since 28/2/2017, 23:42   471 views
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