If life is shit, you dance

Todd x Liam

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    La vita era cambiata radicalmente ancora, dopo che Run era scomparsa il mondo era crollato di nuovo come l'ultima volta che era successo. Todd non era più il solito da diverso tempo, inizialmente, dopo aver visto quel video messaggio, aveva pianto, probabilmente per la delusione; ma dopo quanto tempo si poteva spezzare un bastone che veniva piegato ancora e ancora, perché Ian si sentiva proprio in quel modo, come se da un momento all'altro rischiasse di rompersi, sentiva dolore, si poteva vedere ogni livido che portava tutto quello e presto o tardi avrebbe ceduto. Quando la sorella era sparita la prima volta ne era uscito devastato, aveva perso con lei pure Jeremy perché non si erano parlati per molto tempo, ma la sofferenza era giunta al termine quando la sorella era riapparsa, sembrava che tutto fosse tornato alla normalità ma quanto si era sbagliato, era solo una finzione, loro erano stati il porto sicuro della Crane prima che questa fosse pronta per un'altra avventura, senza di loro. Si poteva dire che almeno a quel giro si era degnata di salutarli ma aveva comunque rotto una promessa ancora una volta andandosene e quasi sicuramente non sarebbe tornata neanche per il suo compleanno, non credeva più in lei, quel mondo faceva schifo. Era un dato di fatto, Run stava scappando da loro, da lui ancora una volta e quella sarebbe stata l'ultima lo sapeva. Se qualche anno fa era caduto in depressione e aveva visto Jeremy allontanarsi da lui, quella volta sembrava essere successo il contrario, Todd aveva deciso di non deprimersi, in fondo se la sorella aveva deciso di cambiare vita poteva farlo anche lui, quindi non sarebbe rimasto a casa ad affliggersi per il dolore di quella perdita. Così, dopo diversi giorni di spaesamento si era alzato da letto e preso una grande decisione: avrebbe lavorato. Ok forse non sembrava un'idea così grandiosa, ma per uno come lui lo era un'impresa di grande coraggio visto che di solito non era molto bravo nelle normali faccende, creava spesso danni e non solo alla propria persona. E poi meno stava in casa e meglio era, odiava quel posto da quando sua sorella era di nuovo scomparsa, preferiva uscire ogni sera, era pure riuscito a farsi nuovi amici o quasi, non era molto sicuro che esistessero davvero, ma non aveva importanza. uh, un dolce leeka-leeka! la tua psw speciale è: molto (ii)
    Dove vai?
    Dannazione Jeremy mi hai spaventato rispose Ian, mentre cercava di riprendersi dallo spavento, il fratello era sbucato all'improvviso, nella notte, dalla camera sei tu quello losco.
    Jeremy, da quando mi controlli? rispose sbuffando e avvicinandosi alla porta per uscire mentre questo lo seguiva. Ma erano diventati intimi, quando era successo? Fino a qualche mese prima a stento lo salutava e adesso voleva sapere dove andava tutte le sere? Aveva perso quel diritto ormai. Hai avuto il momento per essere mio fratello. Il tempo è scaduto...e ora fammi passare disse piuttosto acido, dopo che Jeremy gli si piazzò davanti con quell'aria da “non esci da qui”, ma era tardi, lui non voleva più nessuno al suo fianco, aveva persino scacciato Mickey, stava bene da solo. In risposta Jeremy lo lasciò andare non prima di guardarlo con quegli occhi dolci.
    Ian ecco usava anche il suo primo nome, non lo faceva mai, voleva dire che stava per dirgli qualcosa di molto serio, così lo guardò in risposta, attendendo una sua predica Stai prendendo qualcosa? lo disse con tutta la tranquillità del mondo, forse sembrò anche di vedere preoccupazione. Non poteva crederci, cosa stava insinuando? Non era chiaro. Jer, io non mi drogo come te per essere felice. La mia vita è già divertente così. disse col sorriso, senza rendersi conto che probabilmente con quella risposta lo aveva offeso.
    Se ne andò così, mandando praticamente a fanculo l'unico rapporto che poteva avere in vita sua, stava mandando al diavolo suo fratello, dopo anni che aveva quasi implorato almeno un saluto da parte sua ora era proprio lui che voleva evitarlo. Era davvero cambiato tutto.
    Inizialmente prese a camminare con l'idea di andare a Lilum per ballare, nessuno se lo sarebbe aspettato da lui in fin dei conti era Ian Todd Milkobitich, non ci si aspettava una cosa del genere da uno come lui, forse era normale vedere un Jeremy ma non di certo quel Milko dai capelli rossi, lui era l'antifesta era la persona che mai veniva invitato perché avevano sempre paura che potesse fare danni, lui era lo sfigato per eccellenza senza amici veri. Eppure non era più così male, a stento si poteva dire che era quello di prima, sembrava quasi il gemello di quello sfigato e si sentiva così in effetti, era una persona nuova e sicura di se stesso, poteva spaccare il mondo, aveva anche molti progetti ed entro l'anno li avrebbe anche raggiunti. Oh si.
    Guardò l'insegna del locale e sorrise, poteva sentirsi libero in un posto del genere. Era come se fosse diventato qualcosa di così familiare che poteva anche starci per ore e ore senza che se ne rendesse conto. Beveva? Forse. Si drogava? Non a sua insaputa, ma gli piaceva la leggerezza che quel posto gli trasmetteva, per non parlare dei colori che riuscivano a trasmettergli gioia, si era uno strano modo di pensarla in quel modo ma almeno sentiva qualcosa. Ultimamente era diventato difficile anche provare emozioni per lui, ma ogni volta che metteva piede in quel luogo era come se diventasse finalmente umano, diverso dal Todd sfigato,ma almeno sentiva qualcosa che somigliava ad un sentimento; forse era solo euforia, pazzia ma aveva tutto il diritto di essere felice in qualche modo no?
    Varcò la soglia, sentendo immediatamente la musica stordirgli le orecchie, finalmente ogni paranoia e quelle voci che ogni tanto facevano capolino nella sua testa sparirono e poi non doveva amare quel posto, era dove finalmente tutto si quietava, il corpo prendeva energia immediatamente e sentiva la voglia di vivere, di ballare. Conosceva tutti e nessuno, ma non importava molto era lì e stava bene, si avvicinò al bancone dove il barista prontamente gli mise a disposizione un bicchiere ma Todd ancora prima di afferrarlo si protese verso il ragazzo Voglio lavorare qui. Come posso fare? disse serio ma il risultato fu una risata da parte dello stronzetto. Cosa aveva mai detto di male? Voleva guadagnarsi qualche soldo, non stava mica rubando. Non si accettano ragazzini. Vai disse voltandosi dalla parte opposta, ma forse non gli era chiaro con chi aveva a che fare. Ok, forse era proprio per quello che invece si permetteva di mandarlo a quel paese, in fondo era solo un rossino 17enne. Sbuffò e prese il bicchiere, avrebbe cambiato la sua vita e lo avrebbe fatto lavorando in quel posto, era deciso. Bene, vado a cercare il proprietario non aveva idea di chi fosse ma lo avrebbe trovato in qualche modo. Ma come? Oh mio dio aveva appena avuto un'idea pazza. Guardò il barista Di al tuo capo che ha un nuovo ballerino disse col sorriso e non diede neanche il tempo di replica anche se gli sembrò che quello disse qualcosa di simile a “Wat??” ma lui ora mai aveva fatto la sua mossa, salì sul bancone, avrebbe ballato lì sopra e nel bene o nel male qualcuno lo avrebbe notato, magari il proprietario.
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    Edited by etc. - 24/9/2018, 00:00
     
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    Faceva decisamente troppo caldo, per i gusti del Tassorosso. L’aria era così umida da risultare rovente e appiccicosa, uno strato sottile di sudore a imperlare la pelle pallida (anche a luglio? Sì, sempre: cos’era il sole.) di Andrew Stilinski. Come se l’esterno non fosse abbastanza bollente per gli spiriti di chiunque, dove aveva deciso ben di andare quel genio incompreso di uno psicomago?
    Al mare?
    In piscina?
    Alla gelateria Fortebraccio?
    E certo che no signori, perché a lui piacevano le sfide. A Stiles piaceva il brivido, quello vero - quello che drizzava i peli sulla nuca, e dava una scossa di adrenalina dritta al cuore. Perché cercare della frescura, quando poteva andare dritto dritto all’inferno? Ed era quello che aveva fatto, all’incirca letteralmente.
    Malgrado l’afosa temperatura estiva, il nostro eroe indossava uno zuccotto (il cappello, non il dolce) così da mimetizzarsi con la tipica popolazione di quello ch’egli credeva il Bronx; nonostante fosse sera inoltrata, un paio di occhiali da sole – che a suo dire, gli davano un’aria misteriosa ed esotica- riflettevano le variegate luci del locale sulle kitschissime lenti a specchio. Si sentiva a metà fra un pappone ed un divo di Hollywood, con quel travestimento che sicuramente l’avrebbe reso irricon- «stiles?» ignorò la voce- dicevo: irriconoscibile, invisibile allo sguardo di chi avrebbe potuto conoscerlo.
    Non che ci fossero poi tante possibilità di conoscere qualcuno, in un luogo come il Lilum. Sì, avete sentito bene: nel bel mezzo dell’estate della sua vita, si ritrovò in un locale oscuro, che la diritta via era smarrita. Nulla c’era di più tenebroso e seducente degli spogliarelli offerti dal pub a Diagon Alley, e lungi da Andrew aver mai pensato consenziente di metterci piede; aveva un’idea tutta particolare di cosa accadesse in quei lochi di perdizione, e non aveva abbastanza soldi –neanche del monopoli- per gonfiare gli strip delle ballerine. Senza contare che prima di toccare le chiappe di una sconosciuta, voleva prima sapere il suo nome – così, giusto per sapere a quale madre fare i complimenti.
    Ma torniamo a noi. Ghetto!Stiles, decisamente un mostro in fatto di travestimenti ed adattamento antropologico ad un habitat di non appartenenza, era seduto su uno dei divanetti scarlatti del Lilum, la testa a muoversi a ritmo di musica (con lo stile che potevano vantare solamente i boss della mafia ungherese) e le braccia pigramente allungate sopra i bordi di tale pezzo d’arredo Con tutta la roba che aveva addosso, gli sudava perfino la radice del naso, ma non lo ritenne un buon motivo per liberarsi del suo camuffamento: i veri uomini resistevano alla perdita di un po’ di liquido corporeo. Almeno, quello era ciò che si ripeteva ogni volta che si trovava disteso sotto le lenzuola, e sentiva l’istintivo e viscerale bisogno di urinare; cambiava il contesto, ma il mantra zen resisteva. Non sapeva da quanto si trovasse lì, né perché ancora avesse l’ardire di rimanerci: probabilmente si trattava solamente di scrupolo personale e malcelato (molto, malcelato) amor proprio.
    Forse dovrei cominciare dall’inizio.

    [quello stesso pomeriggio]


    «ma non hai qualcun altro da ammorbare?» Sorpreso da quella domanda, Stiles aggrottò le sopracciglia in risposta a quelle inarcate di Xavier per poi stringersi nelle spalle, le braccia ad agitarsi nell’aria per sottolineare il concetto. «no?» non era certo un genere di conversazione che poteva tenere con chiunque, quella. Si trattava di roba da famiglia.
    E poi sia Nick che Isaac che Dakota l’avevano mandato a spigolare: ripiegare sui fremelli era stata una necessità, loro avevano l’obbligo morale di ascoltarlo ed aiutarlo.
    Obbligo
    Morale.
    «non… non lo so?» «JAYSON TI HO SENTITO DIRE Più SPESSO NON LO SO CHE IL TUO NOME» «perché non lo so» «il tuo nome? Ah, già. non rispondere» Ma lui aveva risposto comunque, inspirando dalle narici e serrando le palpebre. Perlomeno Jay non palesava l’irritazione quanto Xavier, il cui sguardo annoiato avrebbe fatto apparire deprimente anche una conversazione su Wonder woman – e sì, lo sapeva per esperienza avendo affrontato quell’argomento più e più volte. Stiles sospirò, esalando frustrazione e rammarico nella quadrata stanza del suo appartamento a Londra. Si coprì il volto con le mani, i gomiti premuti sulle ginocchia nella posa più esasperata in cui potesse mostrarsi che non comportasse lacrime o uomini nudi wat, prima di lanciare uno sguardo disperato ai fremelli. «è così assurdo che abbia bisogno del vostro consiglio?» «meh» proprio mentre Xav, ancora in piedi ad osservare vecchi poster appesi alla parete, diceva: «non direi assurdo, più che altro snervante» Aprì la bocca per ribattere, ma si accorse di non avere argomenti a suo favore.
    Era un anno che sfracellava le palle ai due ragazzi riguardo un unico, fondante, topic: Karma Montgomery. L’epicentro di ogni suo pensiero perfino quando, razionalmente, non avrebbe dovuto c’entrare nulla («guarda nick, un crisantemo giallo! Ah, proprio come gli occhi di Karma» «wat» «wat» «wat» ecc, ecc.). Stiles non sapeva… cosa fare, come fare, e quando fare.
    All’incirca in quell’ordine, ma non necessariamente. Leggere i Cioè non bastava, frequentare forum di donne neanche, chiedere nelle chat pubbliche manco ve lo dico («ok, allora apro la webcam eh, così possiamo parlare più fac-… aspetta, quella non è la tua bocca. Una prugna? AH, CHIUDILA. CHIUDILA. AAAH NON è UNA BOCCA, NON è. UNA. BOCCA. Fyga__Gold, mi hai mentito. PENSAVO FOSSIMO AMICI»), il che gli lasciava solamente un’unica possibilità: elemosinare consigli da altri due verginelli. Confidava che la forza della fremellanza facesse di tre ignoranti, almeno un briciolo di consapevolezza – si sarebbe accontentato, Andrew Stilinski. «voi cosa fareste nella mia situazione?» domandò supplichevole, lo sguardo incastrato fra le dita attraverso le quali osservava i loro volti. Così simili, Stiles, Jay e Xav, da non esserlo affatto. Il silenzio che seguì l’interrogativo avrebbe potuto, ne aveva tutte le basi, essere imbarazzante; invece, Andrew lo percepì più come pensoso, quasi che i fratelli stessero effettivamente riflettendo su una risposta sensata da dargli. L’esasperazione portava a nuovi ed ancestrali livelli di conoscenza. «non sono certo di cosa tu ci stia chiedendo» Stiles guardò Jay, ma non v’era traccia di comprensione, negli occhi ambra: solamente la stessa, tacita, confusione. Perché era piuttosto cristallino che il Tassorosso era così confuso, da non sapere neanche con esattezza cosa avesse bisogno di sapere. La plebe di internet parlava di un viene naturale, che a Stiles tanto naturale non era mai venuto. Mettersi in imbarazzo, gli veniva naturale. Addormentarsi a lavoro, gli veniva naturale. MA QUELLO? Quello non poteva, in nessun modo ed in nessun luogo, essere definito naturale. Si umettò le labbra, scambiando un’intensa occhiata simbolica con il telecineta, quindi alzò le mani davanti a sé a palmo aperto verso il ragazzo. «non so dove toccare, c’è così tanto da toccare» Xav alzò un minaccioso dito nella sua direzione. «non abbiamo bisogno di sapere altro, grazie» gelosone. #wat «e comunque, andrew, non siamo le persone adatte a cui chiedere. E lo sai» Stiles sentì lo ”stronzino” implicito nelle sue parole quasi l’avesse realmente pronunciato. Si lasciò cadere sul materasso, un respiro così profondo da fargli dilatare i polmoni fino agli alluci. «jayson, senti un attimo. Tu non ricordi, no? quindi, ipoteticamente parlando, potresti…» «non dirlo» «..essere un grande amatore» l’aveva detto. Xav strinse le labbra fra loro, soffocando una risata sardonica e spessa che brillava, malgrado i tentativi, negli occhi scuri. «un grande amatore» ripetè semplicemente, gustandosi l’aggettivo sulla lingua. «jayson.» «jayson» confermò Stiles, stringendosi nelle spalle. «sai roba, boh, alla christian grey, sasha grey, earl grey» «earl grey» «xav, hai finito di farmi il verso? SONO SERIO» «è serio!» il pirocineta batté le mani fra loro, congiungendole sul mento, lasciando che un sorriso ironico vibrasse sulle labbra sottili. «poi ci chiediamo perché non passiamo più tempo insieme» neanche si sprecò a lanciargli un’occhiataccia, preferendo ruotare lo sguardo su Jayson.
    O meglio. «dov’è jayson?» «è uscito al primo grey» «VISTO? CODA DI PAGLIA!» L’aver scoperto, perché ormai era canon, che il fremello era stato un rinomato porno attore, non aiutava Stiles; quando fosse tornato in camera, magari avrebbe potuto indurlo a ricordare mostrandogli qualche grande classico ”eiaculazione da Tiffany”, ma fino ad allora… «dai, xav. Non hai mai neanche fatto…» «non voglio parlarne con te» «ALLORA A CHI DOVREI CHIEDERE?» «prova con un escort»

    In momenti di crisi, non c’era spazio per l’ironia. Stiles aveva preso alla lettera il consiglio del fremello, e quindi eccolo lì, addobbato come un bianco Snoop Dogg, a cercare gnocca al Lilum.
    «EHI, POVERO» all’occhiata in tralice del cameriere, la posizione sul divanetto si fece più impettita, le dita a lisciare le pieghe della maglia su cui erano disegnati farfallino e bretelle. «volevo dire, signor egregio barista. Mi porti un altro screwdriver» si abbassò gli occhiali sulla punta del naso, e fece l’occhiolino all’uomo: «senza vodka» «…vuole anche una cannuccia, nel suo succo all’arancia?» Stiles inarcò le sopracciglia cercando d’imitare l’intramontabile Xavier, poggiando con stizza la schiena sul divanetto. «ma l’avete sentito? MI CHIEDE SE VOGLIO LA CANNUCCIA» lo derise, suscitando risatine nel suo pubblico – interamente di donne. Si allungò sul tavolo, uno sguardo intenso ed allusivo al barista. Per chi l’aveva preso? «certo che voglio la cannuccia. e anche l’ombrellino» che domande scontate, oh. Tornò a sedersi più comodamente, infossandosi sulla pelle del divano mentre attendeva che gli venisse portato l’ordine. Quindi, ostentando una sicurezza che non possedeva affatto, spinse nuovamente gli occhiali da sole alla radice del naso, volgendo la testa verso le pollastrelle sedute al suo fianco.
    «allora, BEL MASKIONE, cosa vuoi fare?»
    «voglio sapere come si fa con le donne»
    «un cinquantone e ti faccio lezione anche sulle milf.»
    «io ti faccio venti, sei così carino» Troppe mani si allungarono nella sua direzione, intenzionate a… «che fate? Non si tocca, eh. NON SI TOCCA, VIA LE MANI!» «sessanta entrambe, dai» «ti mostriamo noi come si fa» evitò, con una mossa da almeno 20 PD, di venire schiacciato dalle tette nient’affatto finte delle due donne. «COSA AVETE CAPITO, VOLEVO SOLO PARLARE» pigolò, scivolando al suolo con la fluida eleganza di Spongebob. «sei gay?» «ti piace guardare?» «cosa? Chi? No, non era quello –NON.TOCCARE. DAI SMETTILA» schiaffeggiò l’aria per allontanare le braccia moleste delle due donne, e si trascinò strisciando fin sotto al tavolo. Credeva, l’ingenuo Tassorosso, che lì non avrebbero potuto raggiungerlo.
    Stolto.
    Sentì qualcosa toccargli le chiappe, e quasi avessero acceso una miccia segreta cosa, schizzò dio quanto suona male in avanti con la velocità di Usain Bolt ai mondiali di Berlino nel 2009; correva (arrancava) così velocemente (ho già detto che stava rotolando?) da non riuscire a frenare, Andrew Stilinski. E cadde, come pera morta cade, ai piedi del bancone.
    «tanta fretta per il suo succo, signore?» OH, è ARRIVATO MISTER SIMPATIA. Stiles, gli occhiali storti a pendere trasversalmente sulla faccia, alzò lo sguardo verso il barista, pronto a sciorinare tutti gli insulti che conosceva (pochi): «Un giorno, e non arrivi mai quel giorno, ti chiederò di ricambiarmi il servizio, fino ad allora consideralo un regalo per le nozze di mia figlia» «cosa?» Dio Lillo, lo sapeva che avrebbe dovuto rimanere più attento guardando il padrino: pescare citazioni a cazzo non dava l’effetto desiderato. Ritenta e sarai più fortunato? Ma sì, dai. «I nemici sono dappertutto Michael anche io potrei essere -TODD?» Abbassò gli occhiali fin sulla punta del naso, alzandosi stentatamente in piedi. Ignorò lo sguardo confuso del barista fingendo superiorità, come se quanto detto avesse un significato di per sé troppo profondo perché meritasse ulteriori indugi, quindi rimase ad osservare a bocca spalancata il ragazzino in piedi sul tavolo. «todd MILKOBITCH
    Voleva essere come la tag, Andrew Stilinski. Voleva vederlo, ma non riconoscerlo – magari spacciarlo per Jason.
    Perché fra tutti, tutti quelli che avrebbe potuto incontrare al Lilum (nessuno, la risposta era nessuno) Ian Todd Milkobitch era indubbiamente l’ultimo che avrebbe immaginato di trovarci. «ma cosa…stai… TIENITI LA MAGLIA ADDOSSO, EH» lo ammonì, aggrappandosi ai pantaloni (noi tutti speriamo li indossasse, altrimenti non vogliamo sapere a cosa Stiles si tenne) per tirarlo giù, dove il terreno era stabile e non avrebbe rischiato di morire rompendosi il collo con un twerk troppo azzardato.
    Ma poi perché, Ian Todd Milkobitch, avrebbe dovuto twerkare. «ti copro io, fratello» perché?
    Così, faceva sempre figo immaginarsi di essere un soldato in trincea impegnato a salvare un compagno.
    Anche quando il compagno non aveva alcuna intenzione di essere salvato.
    E non si trovavano in trincea.
    E.
    «comunque, il suo succo è pronto: la cannuccia la preferisce rosa o verde?»
    «grazie per aver rovinato il momento, ambrogio. Davvero, grazie di cuore» Si umettò la lingua, un’occhiata all’uomo.
    «e comunque, rosa»
    Dio, ma dove li prendevano dei dipendenti così scarsi?

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    La musica assordante riempiva il locale e la testolina rossa del diciassettenne; finalmente tutte la paure che aveva sembravano assopite sotto quell'effetto tecno, e le voci erano sparite cosa più importante. In realtà era una sola, quella di Mickey, ma quella già era scomparsa da mesi ( quindi di cosa sto parlando?), ma se fino a qualche giorno fa gli mancava, ora non provava più niente. Quello era il suo obbiettivo da tempo, non sentire niente, avere la mente vuota, libera dai ogni pensiero e problemi, poteva quindi dire che ci era riuscito. Nessuna sensazione di perdita, nessun rimorso per aver mandato al diavolo suo fratello e quindi la sua famiglia, la sua testa era piena solo di musica e il corpo la seguiva. Era libero. Libero.
    Forza amico, chiama il tuo capo. disse togliendosi la maglietta ( forse se l'era già tolta, ma ahimè non ho riletto il mio post e sono troppo pigra per farlo ora). Non ascoltò le repliche del barista, tanto che poco dopo lo vide rassegnato lasciarlo ballare lì sopra, alla fine se non lo prendevano si era fatto una serata diversa dalla solita.
    Era come se fosse drogato, era le versione peggiore di se stesso, persino Jeremy era migliore di lui, che al contrario si drogava sul serio; invece era solo euforico di essere lì, di vivere una vita che fino a quel momento non aveva avuto il coraggio di vivere appunto, quello era il vero Todd ( ma anche no) e lo sarebbe stato per sempre, la versione sfigata era solo un lontano ricordo, ma era esistita davvero? Perché si era svegliato solo ora? Si era perso davvero molto e troppo di quel mondo, ed ora che lo aveva in pugno non lo avrebbe più lasciato. Todd contro il mondo siii.
    Notò un ragazzo, sembrava aver in mano qualche galeone o sterlina ( ha importanza?) e lo stava invitando a scendere, voleva infilarlo nei jeans? E come? lo avrebbe scoperto. Sorrise Sono tutto tuo... disse famelico, certo che il vecchio Todd era davvero sparito, magari non si faceva neanche chiamare in quel modo. Ah si, aveva deciso si sarebbe chiamato Mickey, in onore del suo vecchio amico, scomparso, anzi no era Ian. Certo che era deciso il ragazzo eh, quello non era cambiato, ma l'importante era che non fosse goffo come Todd o uno fallito portasfortuna. Guardò quello sconosciuto e così facendo, provò ad accontentarlo, alla fine una palpatina non era pericolosa e fare qualche soldo in più era comodo. Peccato che lui non lavorava lì, e tutto quello era davvero assurdo, ma importava qualcosa? Assolutamente no.
    «todd MILKOBITCH?» una voce familiare lo chiamò, distraendosi così dal tizio che stava per dargli i soldi. Inizialmente non lo riconobbe così gli sorrise guarda che ce n'è per tutti...ma non chiamarmi Todd, stasera sono... si bloccò riconoscendo l'interlocutore solo in quel momento, era Stiles? chi altri si chiamava in quel modo? Ok forse era un nome comune. Anzi no. Ma in fondo neanche Todd era un bel nome, a chi lo si poteva dare? Al massimo al fungo di Mario non ad un ragazzino. Entrambi i giovani, si poteva dire che erano particolari, e non solo per quello, la sfiga apparteneva ad entrambi o almeno per lo spigomaco era stato così solo per il periodo scolastico anche se Jeremy spesso gli diceva “Sei più sfigato di Stiles. Riesci a batterlo. Almeno sei primo in qualcosa. Dovresti esserne felice”, già era stato uno dei migliori complimenti che il fratello gli aveva riservato negli anni, quindi cosa avevano in comune? e poi a chi importava? Non a Ian. ( chissà che sto dicendo) Stiles Stilinski? disse ancora una volta scandendo ogni singola lettera; era sconvolto che ci faceva lui lì? Già, perchè lui no eh? ma Stiles poi, lo faceva così serio anzi impacciato, non ce lo vedeva proprio in quel locale. Da quando frequentava quei posti? Ahi capito Andrew, alla fine tutti potevano riservare delle sorprese, lui era un esempio d'altronde. Lo guardò convinto che stesse per mettergli qualche soldo nelle tasche ma al contrario di quanto poteva aspettarsi il corvonero, l'ex tassorosso lo prese dai pantaloni e lo strattonò giù, insomma lo fece praticamente scendere dal bancone.
    «ti copro io, fratello» ma cosa stava dicendo? Certo che era davvero unico. Gli sorrise ma io non voglio essere coperto. forse non aveva davvero capito a cosa si stesse riferendo, ma poco importava. Si scostò leggermente sto cercando di fare soldi, quindi o mi aiuti, magari mettendomi qualche bigliettone in tasca o te ne vai disse serio. Quello non era decisamente il ragazzino impacciato che conosceva. Poi si allungo sul bancone, sporgendosi quel tanto che bastava per prendere la cannuccia rosa che Stiles aveva chiesto, perché anche se poteva sembrare assente al contrario era molto attento ai particolari. ( non è vero, ma dovevo dire qualcosa al riguardo). Con gesto lento e quasi provocatorio nei confronti del barista che ancora non aveva chiamato il boss di quel posto disse tieni il resto, e chiama il capo ora e posò una banconota sul tavolo prendendo poi il bicchiere; non importava se Stilinski aveva già pagato, in fondo i soldi provevinano dai propri pantaloni, quasi sicuramente erano di qualcuno che li aveva messi lì per quello che stava facendo vedere. E potete non crederci stava messo piuttosto bene per essere un Todd. Comunque, lui voleva solo mostrasi all'altezza di quel locale, così con altrettanto gesto lento, come se avesse programmato ogni singola mossa invece che andare a random e sperando di fare capire al ragazzo di fronte che poteva cavarsela da solo, mise la cannuccia rosa nel bicchiere dell'amico non tanto amico A te dolcezza. E ora se permetti, torno a prendermi questo lavoro disse serio ancora una volta per poi voltarsi, doveva andarselo a cercare il capo. Ma quel rompicoglioni non sembrava dello stesso avviso perché riuscì a bloccarlo dal braccio, prima che potesse scomparire tra la folla. Era stato veloce, non se lo aspettava. Certo che si stava stupendo troppo del tasso,chissà che piega strana stava prendendo quel mondo. Gli disse qualcosa che il rosso non capì a pieno ( così Sara puoi fargli dire quello che ti pare che io proprio non so) Eh? perché stava perdendo tempo con lui, doveva andare a cercare il capo. Davvero Stiles, lasciami andare ma niente, nel modo più inaspettato o magari no, in fondo Todd non era così forzuto, venne trascinato fino fuori il locale, con il moro davanti pronto a bloccarlo ad ogni tentativo di fuga. Che palle. stronfiò, cedendo a suo malgrado all'instenza del mago. Alzò gli occhi al cielo, come per chiedere aiuto a qualcosa, ma sapeva che non sarebbe arrivato nessuno. E va bene disse per poi incrociare la braccia al petto,Che vuoi? chiese infine, esasperato. Probabilmente era giunto il momento di parlare, anche se lui non aveva tutta questa voglia.
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    Non era possibile. Stiles non riusciva a capacitarsi di ciò che i suoi occhi stavano cercando di evitare, come le ragazzine che al cinema andavano a vedere pellicole horror, e passavano metà del film con il viso nascosto fra le dita: perché c’era qualcosa di incommensurabilmente sbagliato, nel senza maglia Todd Milkobitch – e di come la sua Anaconda does, sbattuta in faccia agli avventori del Lilum.
    Brividi sinceri.
    Continuava a guardarlo, bocca spalancata e braccia lungo i fianchi. Magari era il suo gemello cattivo, il suo Xav!; magari aveva esagerato con le droghe di Jeremy. Magari era Archibald che aveva preso la polisucco – ad ognuno i suoi passatempi. Non poteva davvero accettare che potesse essere ... Ian Todd Milkobitch, quello a scuotere i fianchi sul bancone del locale. Andiamo, il Corvonero arrossiva ogni volta che qualcuno gli faceva un complimento, e bastava che si spostasse d’un centimetro perché scatenasse un uragano. Non c’era mezza probabilità al mondo che potesse trovarsi mezzo nudo in un locale di spogliarelli.
    Come spogliarellista, poi.
    Una scena surreale, quella. Come vedere Jay ridere, Xav imboccare un cucciolo di passerotto, Karma con indosso un vestito lungo fino al ginocchio, Damian punta della piramide umana – cose che tacciavi come fake, perché l’alternativa non era plausibile.
    Eppure.
    «guarda che ce n'è per tutti...ma non chiamarmi Todd, stasera sono... »
    Ma cosa stai dicendo. Se avesse lasciato la bocca aprirsi di più, la mandibola avrebbe spolverato il pavimento. Forse era Stiles quello sotto effetto di stupefacenti - gli avevano forse dato qualche pasticca? Se sì, sperava fosse il Rufis, quella dello stupro: non ci teneva a ricordare le chiappe della mascotte dei Corvonero che si strusciavano sopra la faccia delle persone. «Stiles Stilinski?» Che domanda era. Con quel cappellino in testa da rapper fallito e gli occhiali a specchio, chi altro poteva essere se non lui? Gli altri fremelli non potevano permettersi uno stile del genere.
    Mic drop.
    Annuì attonito, la mano destra ad attorcigliarsi sui pantaloni del ragazzo per trascinarlo a terra, ed il braccio sinistro allungato parallelo al pavimento per coprirlo dagli sguardi indiscreti – il fatto che non avesse senso, non aveva alcuna importanza, per il Tassorosso.
    Contava il pensiero.
    «ma io non voglio essere coperto. »
    Ma cosa stai dicendo parte due. Stiles corrugò le sopracciglia, il naso arricciato e le labbra a mostrare i denti. Con le spalle strette fra loro, si esibì nella sua miglior smorfia “non capisco quello che dici, ma sono certo di aver ragione e te lo mostro con un’espressività facciale particolarmente Kool”.
    Andrew Stilinski era seriamente scioccato. Non come quando era morto il primo Lovinski (né quando l’aveva fatto Lovinski III, e confidava che Lovinski V sarebbe durato ancora almeno un anno); non come quando aveva scoperto dell’esistenza di Jayson, o di avere ben due gemelli: era uno shock del tutto differente, forse simile a quello che provavano i reduci di guerra. Non era neanche più consapevole dell’ambiente che lo circondava, cieco alle luci stroboscopiche e sordo alla musica pulsante che faceva tremare il contenuto dei bicchieri. Si limitò a guardare il certamente non Todd Milkobitch che, flirtando con il barista, infilava la cannuccia rosa nel cocktail che il Tassorosso reggeva fra le mani. Se ci avesse pucciato un pesce rosso, sarebbe stato meno sconvolgente. Stava cercando di fare soldi??? SPOGLIANDOSI AL LILUM? Non poteva fare da corriere per la cocaina o prostituirsi ai vecchi soli, come tutti i giovani che si rispettassero? O creare metanfetamina in cantina, insomma – quel genere lì. Ovviamente, attribuendo lavori del genere ad uno come Ian, dava per scontato che il Corvo sarebbe stato ignaro del suo vero operato: denudarsi, al contrario, era un cristallino indice che il rosso sapesse perfettamente quel che stava facendo.
    Ho già detto che aveva i brividi?
    «A te dolcezza. E ora se permetti, torno a prendermi questo lavoro» Dolcezza?
    C’era un limite a tutto. Rispose all’occhiata seria del sedicenne inarcando un sopracciglio, lo sguardo a posarsi determinato su di lui; Stiles conosceva Jeremy, e dubitava sinceramente che avrebbe permesso a suo fratello di guadagnare cash in quel modo: l’avrebbe fatto lui, piuttosto.
    Di quello, non dubitava. Allungò istintivamente la mano per serrare le dita attorno al braccio del ragazzo, un passo in avanti per impedirgli di allontanarsi. «tuo fratello sa che sei qui?» domandò, pur immaginando quale sarebbe stata la risposta – ma oh, non si sapeva mai. Come ci si comportava in quei casi? Stiles non era certo conosciuto per il suo essere un adulto responsabile, malgrado il suo lavoro – era uno psicomago, mica cazzi ma anche #wat - potesse lasciar intendere altro: suvvia, passava le ore di seduta con Carrie Krueger ad ideare funerali a tema e nuovi cappi alla moda, non era propriamente il più affidabile nei dintorni.
    «eh?» Strinse le labbra fra loro e scosse il capo esasperato, troppo vecchio per quella merda, mentre sbuffando cominciava a muoversi verso l’uscita trascinandosi appresso quel peso morto d’un Milkobitch. «Davvero Stiles, lasciami andare» Era disposto a schiantarlo, piuttosto che lasciarlo lì a fare il Moulin Rouge di turno. Se solo si fosse portato la bacchetta, certo: vivevano in un mondo che, in linea ideale, gli imponeva di non lasciarla mai a casa – ma, beh, conoscendosi sapeva perfettamente che avrebbe finito per perderla, o peggio.
    Romperla. Continuò a tirarlo incurante delle sue proteste, il mento alzato verso il body guard quando gli passarono affianco – il classico it’s my milkobitch, don’t worry con il quale si kapivano nel ghetto – con la mano libera, nascose dietro il fianco il bicchiere con il cocktail.
    Se l’era sudata, quella cannuccia rosa – non avrebbe permesso a primadonnaslashlikeavirgin!todd di privarlo del piacere di bersi un succo d’arancia fingendo che la sua cannuccia fosse un fenicottero in un mare di Fanta. Quando furono fuori portata d’occhio dalla guardia del locale, #leaturotiàmifannocosìpaura, Stiles lasciò la presa su Todd, voltandosi per fronteggiarlo. Cosa voleva? Che palle?
    Ma era serio?
    Portò un pugno chiuso al fianco, mentre con insisteva studiava il Corvonero. Intenzionalmente tacque, la lingua a cercar d’afferrare la cannuccia con gesto saputo, gli occhiali da sole abbassati fino alla punta del naso: «ian todd milkobitch» iniziò, cercando d’appellarsi al tono autoritario con il quale Maeve riusciva sempre a farlo sentire una merda quando lo beccava con il mento affondato in un fumetto, anziché nel libro di storia della magia. Le bastava uno «stiles» - secco, improvviso – per far imperlare la fronte del Tassorosso di sudore freddo: sì che non era il più impavido sulla faccia della terra, ma chiunque avrebbe potuto confermare che la Winston faceva paura.
    Forse avrebbe dovuto chiamare lei. Cristo Stiles, non è che puoi sempre chiamare la mamma ogni volta che qualcosa va di merda – sii responsabile. Sii uomo. Sii un vero ninja. Si inumidì le labbra, sollevando un primo dito ammonitore verso la mascotte. «uno: ce l’hai un’altra maglia, o hai intenzione di mostrare quei piccoli e pallidi capezzoli a tutto il mondo magico? dueil medio seguì l’indice, uno scatto rapido del polso. «sei sotto effetto di droghe? cosa dici, cosa fai, chi sei domande del tutto legittime, dato che… beh, dato tutto. Corrugò le sopracciglia, il terzo – ed ultimo – dito ad unirsi ai precedenti due.
    «spero tu sia pronto a correre, corvonudo, perchè non ho pagato il mio screwdriver.» eh, quando uno nasceva ribelle. Picchiettò il pugno sul petto e baciò i polpastrelli.
    Il ghetto era con lui.
    «ah già, dimenticavo: tuo fratello sa che sei qui?»
    E cominciava a credere che , Jeremy lo sapesse, e quella fosse solo un’assurda candid camera.
    Perché dai, dai: Ian Todd Milkobitch!
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    Se qualcuno avesse chiesto qual'era l'hobby preferito di Ian, di sicuro ballare sul bancone di un locale notturno non era in cima alla lista, anzi non sarebbe rientrato neanche nei suoi pensieri, lui e il resto del mondo non andavano molto d'accordo, di solito preferiva leggere o giocare a scacchi. Poteva al massimo ballare in casa, da solo e in camera, sperando di non fare danni ma persino andare a Lilum? A stento usciva di casa quando tornava da Hogwarts per le vacanze estive; faceva qualche passeggiata nel parco ma la sera difficilmente aveva una vita sociale, quindi vederlo in quel posto era decisamente strano. Todd e discoteca non erano due parole che si accostavano una vicina all'altra, eppure ora era lì e se non ci fosse stato Stiles a rovinare i suoi piani avrebbe anche fatto qualche soldo per godersi il resto delle sue vacanze.
    Era contrariato da quello che stava succedendo,lo avrebbe anche volentieri mandato a quel paese. Stiles, mi stai facendo perdere tempo e soldi. disse stufo. Ma chi era quel ragazzo eh? Chiaramente la reazione del corvonero era esagerata e non da lui. Quello non era il ragazzino timido con lentiggini, anche se da fuori poteva sembrare lui, era un'altra entità ormai; probabilmente, se si fosse visto da fuori si sarebbe dato qualche schiaffo per farsi (#wat) tornare il solito e imbranato Milkobitch, ma non c'era neanche Mickey a farlo ragionare quindi sembrava del tutto inutile parlare con lui. Tanto meno ci sarebbe riuscito Stiles a farlo tornare coi piedi a terra, neanche quel «ian todd milkobitch» detto con una sorta di autorità anche se la faccia di Stiles era tutt'altro che seria, insomma poteva benissimo ridergli in faccia e voltarsi dalla parte opposta. Se suo fratello non riusciva a fermarlo chi era lui per poterlo fare desistere dal continuare a ballare al Lilum; eppure rimase lì a fissare il ragazzo, in fondo era curioso di sapere cosa aveva da raccontare e aveva voglia di vederlo arrancare con le parole per convincerlo a tornare a casa. Gli piaceva ascoltare gli altri che provavano a salvarlo, peccato che lui non ne aveva bisogno, ma vedere i differenti approcci lo faceva sempre ridere.
    «uno: ce l’hai un’altra maglia, o hai intenzione di mostrare quei piccoli e pallidi capezzoli a tutto il mondo magico? Due:» Todd si guardò, cosa avevano di male i suoi pallidi capezzoli? Magari doveva prendere un po' di sole, solo che non era il tipo da spiaggia. «sei sotto effetto di droghe? cosa dici, cosa fai, chi sei?»
    domanda legittima, anche lui si rendeva conto di non essere più lo stesso ma Mai stato così in forma. Lo sai che non sono mio fratello. Io non mi drogo. per ora Come poteva spiegare che era un'altra persona ora? Che il vecchio e sfigato Todd non c'era più? Non era così facile come poteva sembrare, non poteva andare in giro a dire “ehi, io non sono veramente Todd al momento, ho preso il suo posto perché la sua vita faceva schifo. Mentre ora, con me,ci stiamo divertendo." Non voleva essere ricoverato, come era successo a sua madre anni prima, lui stava bene in fondo no?
    «spero tu sia pronto a correre, corvonudo, perché non ho pagato il mio screwdriver.»
    Eh? disse non capendo cosa stava succedendo, era come se lo avesse appena svegliato. Cosa non aveva fatto l'apprendista psicomago? Non fece in tempo a dirgli qualcosa che si ritrovò a correre con Stiles fuori dal locale, lontano dai suoi soldi quasi facili.
    Quando si fermarono per riprendere fiato, il rosso lo guardò male Stiles, cazzo. Potevo pagarlo io il drink disse cercando di far tornare il respiro regolare, non era mai stato un bravo atleta e spesso era un miracolo se riusciva a camminare in linea retta senza cadere o fare disastri intorno a lui; e ora sapeva persino correre. Quanto poteva essere cambiato eh?
    «ah già, dimenticavo: tuo fratello sa che sei qui?»
    No. Jeremy non sa niente della mia vita e non credo che gli interessi. Esagerato? Forse, ma erano anni che il fratello lo ignorava e dopo la scomparsa di loro sorella cosa era cambiato? Tutto e niente, loro non erano una famiglia felice e quasi sicuramente non lo sarebbero mai stati. Il loro collante, Run, era sparita ancora una volta e niente avrebbe tenuto quei cocci attaccati tra loro; erano un caso perso. La famiglia Milkobitch era davvero un disastro e a stento poteva chiamarsi tale.
    Si, poteva sembrare davvero troppo pessimista Todd, ma si sentiva ferito, lasciato di nuovo solo e neanche Jeremy riusciva a colmare quel vuoto dato dalla mancanza di Run, per non parlare che ogni volta che provavano a parlare o anche solo stare vicini, il corvo riusciva ancora a portare sfortuna al tasso, quindi era meglio se stava da solo, almeno non avrebbe fatto male a nessuno.
    Che fosse un pensiero più che esagerato era ovvio, ma dopo anni cercando di provare a essere migliore, il fratello perfetto senza riuscirci aveva deciso finalmente di rinunicare. Voleva stare da solo.
    Comunque disse mettendo le mano sulle spalle dell'amico (sul serio?), era meglio cambiare argomento prima che il ragazzo iniziasse a psicanalizzarlo, era l'ultima cosa che aveva voglia di fare da quando sei così ribelle eh? rise per poi tornare a guardarsi intorno, dove potevano andare a quell'ora? Lui era praticamente a petto nudo Dato che mi hai rovinato l'opportunità di lavoro, che ne dici se mi offri da bere da qualche altra parte? chiese .
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    Appoggiò la mano destra al muro e si ripiegò su sé stesso, Andrew “Stiles” Stilinski, bocca spalancata alla ricerca d’ossigeno ed una fitta di dolore alla milza – beh? Si vedeva lontano un chilometro che non fosse uno sportivo, uno dei (tanti) motivi per i quali non era mai stato preso nella squadra di quidditch: poteva saltare da un edificio all’altro senza (quasi) rompersi l’osso del collo, ma sulla corsa da maratoneta lasciava (i polmoni) molto a desiderare. «Stiles, cazzo. Potevo pagarlo io il drink» Spostò l’affaticato sguardo sul Corvonero, la lingua ad umettare il labbro superiore. Non gli fece notare che avesse ancora abbastanza pudore per non farsi pagare da bere da un lap dancer solamente perché era un signore - senza contare che, tanto affetto per Todd Milkobitch, ma immaginava di cuore che fosse al verde quanto lui.
    Quindi tanto, ad essere onesti.
    «no. Jeremy non sa niente della mia vita e non credo che gli interessi» Oh, madre del cielo. Ruotò gli occhi al cielo cercando una risposta nelle stelle, la testa ora poggiata pigramente contro la parete della via. Stiles ne sapeva poco (ossia: niente) della vita dei Milkobitch, ma, con un parere del tutto professionale, dubitava che a Jeremy non interessasse della vita del fratello – perlomeno se riguardava SPOGLIARSI E SVENTOLARE IL PROPRIO PACCO IN FACCIA A PERFETTI SCONOSCIUTI. «sul serio, todd» sputacchiò, fra un’annaspata alla ricerca d’aria e l’altra. «sul serio.» tsk. Millenials. Chiuse gli occhi cercando di regolarizzare il respiro, l’afa della notte ad appiccicargli i vestiti sulla pelle. «Comunque» socchiuse le palpebre quando sentì la mano del Milkobitch sulla spalla – si vedeva così tanto che stava morendo? Voleva forse dargli l’estrema unzione? Nel dubbio, decise di darsi un contegno rimettendosi in posizione eretta, così che almeno fosse più alto di lui e potesse vantare (ma dove) la superiorità gerarchica data dall’anzianità: Stiles era il badger, l’adulto responsabile.
    Almeno per quella sera.
    «da quando sei così ribelle eh?» Beh. Si potevano dire tante (davvero tante) cose su Andrew Stilinski, ma decisamente non che fosse un ribelle - ed ovviamente, proprio per quel motivo, Stiles non l’avrebbe mai ammesso. Si sentì punto sul vivo nell’orgoglio, come dimostrò spalancando offeso la bocca per poi portarsi una mano al cuore: «da sempre? Io sono un tipo MOLTO KOOL» e per sottolineare il fatto, strinse le dita attorno alle catenine d’ (alluminio, fatte proprio con la stagnola) oro appese al collo che tanto lo rendevano un (fake) 50 cent (magari glieli elemosinavano, 50 cent) e le sollevò facendole poi ricadere sul petto. TSK amplificato. «Dato che mi hai rovinato l'opportunità di lavoro, che ne dici se mi offri da bere da qualche altra parte?» se gli….offriva da bere? Non – non aveva fatto caso al fatto che fossero appena fuggiti per non pagare un drink? Stiles si grattò la nuca, pensò a quanto denaro contenesse il proprio portafoglio (poco); il Corvonero non gli sembrava particolarmente… come dire… il Corvonero, quindi preferiva non lasciarlo da solo.
    In sostanza: «ahm, sicuro» sperava non fosse un tipo particolarmente fancy. Ficcò le mani nelle tasche prendendo le chiavi della macchina e la bacchetta, quindi lanciò la giacchetta a Todd («copri quei capezzoli, scostumato») rimanendo in maniche corte. «ti lascio scegliere fra mc e burger king» abbozzò un sorriso prima di stringere il braccio del Milkobitch – STRATEGIA! Dovevano smaterializzarsi a Diagon Alley, uscire dal Paiolo per entrare a Londra, recuperare la Jeep di Stiles e… niente, fine. Sembrava un piano molto più complesso quand’era solo nella sua testa.
    Che vita difficile, quella degli Stilinski del mondo.

    Ed anche imbarazzante, con il senno di poi. Si ritrovò alla cassa del fast food a contare centesimi ma a Londra li hanno i centesimi? Non sono abbastanza interessata da informarmi, labbra strette fra loro e naso arricciato in una smorfia di pura concentrazione. Se Todd credeva l’avrebbe portato a fare bisboccia dopo che si era denudato di fronte a perfetti sconosciuti in un locale di spogliarelli, aveva chiaramente sbagliato fremello: crocchette di pollo, un milkshake, ed evviva la vita. Non ci voleva una laurea per comprendere che ci fosse qualcosa di diverso nel ragazzo. Preoccuparsene poteva non essere un dovere di Stiles, ma andiamo: non solo era suo amico, ma era il fratello del suo assistente – ed anche amico, sì, ma dire assistente era come dire segretaria e faceva sempre più figo. Che figura ci avrebbe fatto se avesse banalmente liquidato la questione con un cenno della mano.
    Ci doveva almeno provare a fare il suo lavoro, così. Giusto per darsi un minimo di credibilità, sapete. “PSICOMAGO ABBANDONA AL SUO DESTINO UN GIOVANE CUCCIOLO DI MANZO AD UNA COMUNITà DI PROSTITUTE SLAVE: DI LUI DICEVANO FOSSE UN BRAVO RAGAZZO, PRIMA DI AVER STROFINATO LE CHIAPPE SULLA FACCIA SBAGLIATA” non avrebbe fatto bella figura sul suo curriculum.
    E poi davvero: era suo amico. L’aveva visto crescere ed arrossire ogni qual volta qualcuno lo guardasse, non poteva… non poteva semplicemente girarsi dall’altra parte e fingere di non aver visto nulla. Lo faceva già così spesso, Stiles – era diventata un’abitudine nauseante. Quando si sedettero al tavolino del Burger King (sì, ingrati, : aveva davvero offerto Stiles), il Tassorosso s’impegnò a mangiare le proprie patatine perseguitando l’arte del silenzio – dicevano che funzionasse così, sapete. Che ad una certa i pazienti semplicemente si aprissero. 7
    Dai, Todd. Apriti. Lasciami fare il mio lavoro. No?
    No.
    Quando si rese conto che non avrebbe funzionato, si schiarì distrattamente la gola. «non è una cosa da te, todd» fu sincero, Stilinski, nel sollevare pacato gli occhi color cioccolato sul ragazzo. Cosa avrebbe dovuto dirgli? Non ce la faceva, ad essere professionale – o distaccato, per l’amor del cielo. Sospirò piano, la cannuccia a spostare il ghiaccio all’interno del bicchiere. «voglio dire, il lilum? mi sembra un po’…» assottigliò le palpebre e si strinse nelle spalle. «…estremo.» concluse, abbassando lo sguardo sulla propria pepsi. Sarebbe stato estremo anche se fosse stato un mero cliente, ma come – come ballerino? Un altro livello. Non sapeva se si trattasse di un atto intenzionato ad attirare l’attenzione, emulazione nei confronti della sua famiglia – colmare le lacune della sorella? beh, c’erano modi meno cruenti – o semplice ribellione, ma «qualcosa non va?» domandò, pur trovando la risposta ovvia. «da amico, yo» indicò sé stesso e poi il ragazzo, mani alzate in segno di resa.

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    Quella serata era davvero folle, era uscito di casa per potersi guadagnare un lavoro come spogliarellista e si era ritrovato con Stiles al Burger King. La vita era davvero strana, come il fatto che questa role è di un anno fa e che Run è tornata ed è di nuovo sparita che era lui quello ribella in casa Milkobitch, o il fatto che Run fosse sparita già diversi mesi senza farsi sentire. Ma lui stava bene anche senza di lei, lui stava bene senza di lei. O era quello che fingeva di credere, ma la verità era un'altra lui stava andando allo sfascio senza sua sorella e Jeremy non era di meglio, non che Todd avesse prestato molta attenzione a lui ma di sicuro stava male per la scomparsa della sorella maggiore, l'avevano ritrovata da poco. Che poi a pensarci bene erano abituati a stare senza di lei, che differenza faceva ora? Nessuna, tanto anche se fosse tornata per quanto tempo sarebbe stato? Un mese, al massimo due e poi sarebbe finita in un altro tempo andata di nuovo per la sua strada dimenticandosi dei suoi fratelli. Fanculo Run.
    Guardò Stiles che contava i centesimi e rise, era stato meschino da parte sua fargli pagare la cena, sapendo che non aveva soldi. Erano praticamente in due, però a pensarci bene lui qualcosa aveva, dato che era riuscito a ballare qualche minuto sul bancone. Ma era divertente vedere Stiles alle perse con la matematica . Si stava domando come mai il ragazzo stesse facendo tutto quello per lui, infondo si conoscevano a malapena, cioè si erano visti per anni a scuola e Jeremy era il suo assistente ma loro due non avevano niente di cui parlare. Forse.
    Nel silenzio, mangiarono le patatine mentre Todd pensava a quanto gli mancasse in realtà Run; la verità era che era davvero perso senza di lei, stava andando alla deriva e non sapeva come fermarsi. Le voci erano strane, per la maggior parte delle volte lo confondevano e di solito quando faceva le cazzate che si calmavano (cosa???)
    «non è una cosa da te, todd» disse improvvisamente Stilinski, leggendolo quasi nel pensiero, perché anche lui pensava la stessa cosa, ma dirlo ad alta voce era diverso. Guardò il ragazzo «lo so » ammise ad alta voce non solo per lui ma anche per se stesso.
    «voglio dire, il lilum? mi sembra un po’…» sapeva cosa stava per dire e aveva una gran voglia di tapparsi le orecchie o di poggiare il dito davanti alla sua bocca, come nei film d'amore, ma non era il caso, sarebbe stato davvero fuori luogo e molto stupido. «…estremo.» e lo disse, annuì rassegnato all'evidenza. Stiles aveva ragione, inutile negarlo, magari era arrivato il momento di aprirsi con qualcuno. Forse lui era la persona che gli serviva.
    «qualcosa non va?» . Ian lo guardò deglutendo fortemente, aveva centrato il problema. Come vi chiederete? Infondo non aveva detto niente, ma aveva solo fatto una domanda, come altre persone prima di lui. Ma sarà stato il fatto che lo aveva salvato come faceva un principe con una donna, che gli aveva dato la sua giacca per coprirsi, che lo aveva portato al Burger King e che aveva persino pagato che lo spinse ad aprirsi.
    «ho una condizione» disse serio, se doveva parlare prima voleva chiarire una cosa «Non dovrai mai dirlo a Jeremy, anche se è il tuo assistente. Ok? » chiese e solo dopo aver ricevuto un si con tanto di una frase strana del tipo “ Ragni, Scorpioni, serpenti e zanzare se faccio la spia che io possa crepare” con tanto di croce sul cuore, Todd prese a parlare. «Il fatto è che mi manca Run. Da quando è sparita la mia vita è andata a rotoli» Aveva davvero bisogno di sfogarsi, di raccontare delle giornate a piangere per la sorella scomparsa, per il fatto che fosse convinto di essere odiato da Jeremy e che ora che la sorella non c'era fosse sicuro che tra di loro non potesse esserci assolutamente niente. Non erano una famiglia senza il terzo componente, erano come una triangolo senza la base e si sa che senza di essa i due lati non possono stare in piedi. Loro due erano un triangolo rotto. Parlava e parlava ancora, passò da un argomento all'altro sentendosi sempre più leggero, come non lo era da tempo. « Io sento le voci » disse tra le tante cose, perché ora che era lì poteva sfogarsi completamente; sentiva di dovergli dire che sentiva costantemente delle voci in testa, che gli chiedevano di fare cose e per non sentirle di solito esaudiva i loro desideri, ma cosa ancora più grave era che spesso non era sicuro di averle fatte, le uniche prove erano delle foto o come una volta che si era era ritrovato vestito da pinguino, in stile film the mask, perché lo aveva rubato la notte precedente. Che poi perché rubare un costume da pinguino? Non lo ricordava. E ora quel provino per il Lilum, ma cosa gli era venuto in mente?! « solo che non sento più Mickey la persona che più m'importava » e da quel momento divenne un fiume in piena, raccontando al ragazzo anche chi fosse Mickey e perché gli mancava qualcuno che non esisteva. Insomma si fece psicanalizzare in quel tavolo al burger king, in piena notte. Magari era un passo per stare meglio e sarebbe stato così perché la role finisce qui con Todd che diventa ufficialmente un paziente di Stiles e che cura di conseguenza la sua malattia. Grazie dottore. Ciao.



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