being bad feels pretty good, huh?

jericho x thad

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    Jericho Karma Lowell era sempre stata una brava ragazza, perlomeno secondi i canoni dell’odierna gioventù. Non aveva mai bevuto, non aveva il vizio del fumo, e di certo non sapeva che sapore avesse una canna. Non tornava tardi la sera, e non chiedeva ai genitori di Jack il permesso per rimanere fuori tutto il giorno. Certo, in tutto ciò aiutava il fatto che mai avesse avuto amici con il quale farlo, ma non l’aveva neanche mai desiderato. Aveva sempre faticato a comprendere il rapporto dell’Hades con l’alcool, o con i suoi amici; semplicemente, non l’aveva mai capito. Era il genere di ragazza che preferiva rimanere in camera sua, un blocco da disegno sotto mano e carboncino fra le dita; inutile specificare che non aveva mai mostrato a nessuno i suoi schizzi, o che mai avesse adoperato un colore differente dal nero. Non che fossero solo cimiteri, per quello c’era già Carrie, semplicemente li aveva ritenuti… privati, una parte di sé che non vedeva motivo di mostrare a qualcun altro. Disegnare estraniandosi dal mondo, l’aveva sempre fatta sentire più reale che non una giornata spesa a guardare il sole su prati troppo verdi per essere veri.
    Normale, la Lowell, non lo era mai stata. E poi era cambiato tutto. Sarebbe alquanto superficiale incolpare i laboratori e ciò che le avevano fatto, non c’entravano assolutamente nulla con il suo mutamento. Adolescenza, forse – o, più semplicemente, il vedere un mondo da una nuova prospettiva. Un senso di ribellione a regole che prima non si era neanche mai sprecata a conoscere, figurarsi infrangerle, un gusto nuovo e particolare nel mettere in soggezione le persone. Un piacere sottile nel sapere che il proprio potere era in grado di incutere il timore ch’ella, in quindici anni di vita, non era mai riuscita a suscitare. Si sentiva finalmente… sicura, libera. Non si era mai resa conto di quanto la paura l’avesse segnata, obbligandola in una gabbia della quale non aveva mai visto le sbarre. Aveva cambiato pelle, Jericho.
    Aveva cambiato vita, appiattendosi in una confortevole apatia con il sorriso sulle labbra. Se poteva fare qualcosa per indispettire i propri compagni, era matematico l’avrebbe fatto; se poteva trovare il modo per indispettire Nathaniel, era certo che non avrebbe valutato altre opzioni. Se possibile, era divenuta ancor più insopportabile e indisponente di prima, con un senso dell’umorismo maggiormente affilato e davvero poco divertente per chiunque non fosse ella stessa, peggiore perfino di quello di Nate. Aveva passato gli ultimi anni a cullarsi nella propria indipendenza dipendente, troppo giovane per avere serie responsabilità cui rispondere, e troppo grande perché chicchessia potesse pensare di metterle dei paletti.
    Sbagliata? Forse. Ma, indubbiamente, una bella vita.
    Aveva accentuato la propria scarsa reputazione di piantagrane, rafforzando tutti i lati negativi che l’aspetto da bambolina tanto bene celava; aveva dimostrato in molteplici occasioni di essere più di un bel paio d’occhi blu ed una pelle di porcellana, pur rimanendo nell’ombra grigia dell’anonimità confusa. Appena una bozza, la Lowell, di ciò che sarebbe diventata quando avesse infine preso una decisione; iscriversi al tirocinio presso il Ministero era stato il primo passo ad avvicinarla ad un concetto che fino a quel momento le era stato quasi del tutto sconosciuto, potere. La prima vera scelta ch’ella avesse mai razionalmente compiuto, la prima responsabilità della quale avesse deciso di farsi carico – lei, e nessun altro all’infuori di lei. Ma era ancora una bambina, Jericho: o almeno, lo era stata.
    Lo era stata, fino alla missione di Novembre dove tutto era cambiato – di nuovo. Non aveva mai ponderato di poter avere qualcosa in comune alla propria famiglia d’origine, ma a quanto pareva non era solo l’essere Lowell che la collegava al matricida Brandon. C’era qualcosa di dannatamente sbagliato, nel loro sangue. Qualcosa che rendeva verità una menzogna e ribaltava una realtà che si era convinti di conoscere, distorcendola finché non diveniva giusta in tutto il suo errore. Perché Jericho ricordava il sorriso di Bran, quando aveva ucciso la madre. E sapeva per certo che quella stessa piega della labbra aveva curvato le sue, il vuoto a spegnere un mondo che non li capiva – che non capivano.
    Ma aveva accettato anche quello, Jericho. Dopo il primo morto, d’altronde, non aveva avuto molta altra scelta: diciassette, ed in quel sangue aveva cominciato a trovare il tassello che sempre le era mancato, la spinta della quale aveva bisogno nel suo non più troppo utopico progetto di conquistare il mondo. Aveva fatto la cosa giusta, se l’era ripetuto più di una volta. E l’aveva fatto bene. Si piaceva, le piaceva, e non ci trovava nulla di sbagliato.
    Ma c’era qualcosa che non poteva accettare – non in quella vita, non in quella prima, e sicuramente non in quella dopo. Qualcosa che usciva del tutto fuori dagli schemi della Jericho che era stata, che era, e che immaginava sarebbe diventata.
    Perché accettava tutto, la Lowell – un nuovo corpo, la scoperta delle droghe e dei piaceri derivanti da una bottiglia di tequila, il cocente rimorso nel rimembrare gli occhi scuri di Jack quand’era salita sul palco ad High Street, l’essere una psicotica assassina.
    Ma.

    «non compro niente» biascicò, il braccio piegato pigramente sopra gli occhi chiusi. Stentò a riconoscere la propria voce, un sibilo graffiante a bruciare la gola, ma era incomprensibilmente abituata a svegliarsi in quelle condizioni. Da quando aveva scoperto che gli stupefacenti l’aiutavano a disconnettersi dai maledetti cervelli altrui, il cui contenuto non poteva sinceramente importarle di meno, era stato praticamente un invito a nozze per la Lowell. Una vera fortuna avere la sua pusher di fiducia (ciao Freya!) a portata di mano; la rossa aveva il vizio di trovarsi sempre fra le mani della cocaina, e del non avere idea del perché la possedesse – stolta, chi voleva prendere in giro? Con un Thad appresso, poi, poteva praticamente decretare già il mondo ai propri piedi. Se fosse andata in coma etilico, il Guaritore avrebbe sempre potuto riportarla con i piedi sulla terra, o qualcosa del genere – almeno, supponeva. Fino a quel momento avevano avuto ben poche occasioni di testare tale teoria, considerando che quando uno era lercio come uno Spaco, lo era anche l’altro. Ma, che vi devo dire, Jericho voleva crederci, così da giustificare anche il perché si fosse affezionata a lui e Freya. Era difficile per Jer ammettere di tenere a qualcuno, vedendo come la cosa si risolveva ogni volta. E sua madre moriva, e suo fratello la abbandonava, e Aveline si fingeva morta; insomma, a una certa si cominciava a perdere la fiducia nel mondo, figurarsi per una Jericho Karma Lowell che tale fiducia non l’aveva mai posseduta.
    Il ticchettio al vetro continuò, obbligandola ad un ringhio sommesso. La luce che filtrava da sotto il braccio era flebile, ma ciò non significava nulla; per quanto ne sapeva, considerato il periodo dell’anno, poteva essere l’alba come il primo pomeriggio. «non voglio un cazzo di niente» ripetè, muovendo rapida il braccio libero, ed intorpidito, per tirare un pugno al davanzale. Che cazzo, dov’era finita la buona e vecchia regola del niente posta la domenica? Perché i kebabbari di Hogsmeade dovevano sempre mandare pubblicità moleste ad ogni ora del giorno e della notte? Amava gli animali, ma santo cielo quei gufi li avrebbe volentieri fatti a polpette – e poi li avrebbe fatto mangiare agli altri gufi, Hannibal levati.
    E ancora. Più infervorati dei venditori di Elfi Domestici. Strinse i denti, abbassando con lentezza disarmante il braccio dalla sua posizione. Adocchiò l’animale fuori dalla finestra, i fiduciosi occhi arancioni a fissarla ed una lettera stretta nel becco. «puoi fotterti?» domandò, tirando una gomitata al vetro. Una vera mossa intelligente degna di ogni buon Grifondoro, complimenti Jericho. Rotolò di lato in tempo per evitare la pioggia di vetri, ma il danno ormai era fatto: porca troia. «ecco, bravo! Un cazzo di nobel per la scienza» perché, chiaramente, era colpa del gufo. Con un sibilo stizzito si afferrò il gomito, un conato di nausea dato dalla vista del proprio sangue. Alzò gli occhi al cielo con le lacrime agli occhi, un ultimo sguardo omicida al pennuto. «NON TI MERITI NIENTE» lo ammonì con l’indice alzato verso di lui, notando lo sguardo civettuolo wat con il quale pigolava per avere biscotti. Per chi l’aveva presa? Aveva sparato a un unicorno e ad un uccello shipper, se voleva essere il prossimo bastava chiedere. Si trascinò fino al bagno, una distratta occhiata alla figura stropicciata e grigia allo specchio. Non aveva neanche più senso guardarsi, era così… demoralizzante. I capelli, un castano dorato tinto recentemente di rosa scuro sulle punte, scivolavano morbidi e perfetti attorno al viso ovale, la pelle perfetta non mostrava alcun segno della notte precedente – neanche l’accenno di occhiaie. Provò a spettinarli con un distratto movimento delle dita, odiando quell’essere impeccabile quando voleva solo morire, ma dallo specchio ricevette solamente un’espressione ancor più infastidita di una ormai decisamente incazzata Lowell. Qualunque ragazza avrebbe pagato per un simile dono, e invece lei provava solo l’insano bisogno di rotolarsi nel fango – così, a caso. Si inumidì le labbra, aprendo l’armadietto delle medicine per cercare delle bende con le quali fasciare il taglio. Avrebbe potuto svegliare Taddeo e chiedere della sua manina magica (mlmlml) ma sappiamo tutti che non l’avrebbe mai fatto. Non che le dispiacesse svegliarlo eh, semplicemente non voleva che cominciasse a rompere, o a parlare, o qualunque cosa facessero le persone quando si svegliavano. Era un taglio profondo, ma non sarebbe morta e non le si sarebbe staccato il braccio – il che, dopo la quest missione, significava che stava da Dio. Sorrise schiva al proprio riflesso, gli occhi sottili ed indolenti a brillare di una luce maligna e sorniona. «posso ancora farci quel che voglio, è mio ormai» sibilò in un sussurro alla ragazza da copertina sulla superficie riflettente, le dita macchiate di cremisi, indicando la ferita. Poteva sembra perfetta, ma era pur sempre Jericho Karma Lowell - ed è stupido sottolineare quanto le apparenze ingannassero. Non aveva voce in capitolo sui propri capelli, malgrado in un insensato atto di ribellione avesse deciso di tingerli in maniera improbabile, o sulle proprie non borse sotto gli occhi, ma poteva ancora tagliuzzarsi un pochino, se voleva. Stronzo. Si tolse la maglia del pigiama per infilarsi una semplice t-shirt pescata a caso dalla sedia slash armadio, un’occhiata distratta al pacco lasciato dal gufo sul suo letto. «mi hai svegliata…per…questo?» si trattenne dal gridare solamente perché nel letto affianco dormiva Thad, ma buondiosignorelamadonna di un gufo, ritieniti fortunato ad essere volato via.
    Primo gennaio duemiladiciassette. Ecco: lo sapeva, lei, che si trattava di un altro anno di merda. Buon anno un cazzo. Chiuse gli occhi e poggiò la fronte su ciò che era rimasto della finestra, un brivido a suggerire che avrebbe davvero dovuto coprire il buco finchè un qualche mago non l’avesse titillato aggiustato, considerata la stagione. Ma indovinate a chi non importava? A lei, a lei non importava. Si ficcò in testa uno spesso cappello di lana e raccolse il bollettino di Polgy Girl che l’Animale aveva ritenuto opportuno consegnarle personalmente, come se a lei potessero interessare le sue frivole notizie.
    Ovvio che le interessavano.
    “L’evento più atteso dell’anno è finalmente giunto: l’invito di Blackjack Bla bla bla” Ah, già. La festa. Si massaggiò le palpebre con un borbottio, le dita premute sulla radice del naso. Come aveva fatto a dimenticarsene? Odiava le feste, se aveva deciso di partecipare era stato solamente per Thad («dai, ti smercio roba così buona che non te lo ricorderai neanche» santa verità). Alzò gli occhi al cielo e continuò la lettura, i denti a stringere spasmodicamente l’interno della guancia in un misto di ansia e curiosità. «proprio la sorella di euge» commentò fra sé in risposta agli autografi, aggrottando poi le sopracciglia a Lydia vestita da banana. Lo sapeva che suo fratello aveva una pessima influenza sulle persone. Rimpiangeva di non ricordare Donnie ballerino di break dance, ma confidava che qualcuno gli avesse fatto un video – e sì, ovviamente l’avrebbe sputtanato a vita. Un sorriso divertito prese forma sulle labbra morbide, mentre gli occhi proseguivano la lettura; perché era certa, Jericho Lowell, che il suo nome non ci fosse. Perché avrebbe dovuto?
    E invece.
    “Una piccola e vivace Jericho Lowell, sotto al verde ramo propizio, balza in braccio a Gemes Hamilton; ciò che accade dopo è un mistero anche per Polgy Girl, ma sappiamo tutti cosa succede quando c’è del vischio”
    Doveva essere un errore di battitura, figurarsi. Lei avrebbe fatto cosa? Che idiozia. CHE IDIOZIA, HAHA. CHE RIDERE POLGY GIRL. Non sapeva neanche riconoscere un ramo di vischio da uno di marijuana, che belino voleva che fosse successo? GEMES POI, sì che lo amava ma non in quel modo. Cos’era quella cattiva pubblicità? NO NON SAPEVA COSA SUCCEDEVA QUANDO C’ERA DEL VISCHIO. «thad» cominciò in un furioso sibilo a labbra dischiuse, alzando il tono di voce. Ma continuò a leggere, così da dare tempo all’amico di abituarsi all’idea di essere vivo – e di goderselo, perché forse era per poco. Preservativi senza lattice? LEI? Doveva averla scambiata per qualcun altro, per forza. Non parlava neanche di paccate, figurarsi se andava in giro a distribuire mezzi per il sesso sicuro – poi, chissene fotteva. Da una parte meglio, meno plebe a rubarle l’aria, ma dall’altro… se non facevano figli, chi avrebbe eretto le sue piramidi quando fosse divenuta Regina? Impensabile. «thaddeus» continuò, alzando di un altro tono la voce. Aveva dato i suoi soldi a CHI? Lei che guardava uno spogliarello? Ma se distoglieva lo sguardo perfino guardando Sense8. «taddeo» chiuse gli occhi prima ancora di giungere alla fine, perdendosi così la rissa #hailhydra alla quale aveva partecipato – e che, a dire il vero, spiegava perché le dolesse ogni parte del corpo.
    Ma.
    Qualcuno le aveva PISCIATO ADDOSSO? Si fiondò nella doccia ancora vestita, aprendo il rubinetto dell’acqua calda così forte che il poretto non resse, rimanendole in mano. PERFETTO. Lasciò cadere l’attrezzo ormai inutile sul piatto della doccia, cominciando ad insaponarsi da sopra i vestiti – la maglia, il pigiama, i capelli. Rimase così tanto sotto l’acqua che, se fosse uscita da lì in versione medusa, non se ne sarebbe stupita. Non si preoccupò del taglio sul gomito, o delle varie contusioni che percepiva al busto e alle gambe. Afferrò il coltellino da lancio che teneva nel bagno (perché sì, da brava piccola psicopatica aveva un’arma nascosta in ogni parte di Different Lodge, embrace yourself special) ed ancora grondante d’acqua, si fiondò nella camera che, abusivamente, condivideva con Thad. «TADDEO» reclamò, scagliando il coltellino nel muro al suo fianco. «spero che tu abbia spiegazioni esaustivi riguardo ieri sera, altrimenti il prossimo sei tu» una stretta nelle spalle, mentre si allungava per riprendersi il coltellino ancora ficcato nel muro. «tanto guarisci» un sorriso sghembo e furbo a illuminare debolmente un paio d'occhi sottili, le palpebre pesanti sulle iridi blu. «...di solito» cosa succede quando metti in una stanza una sociopatica ed un ragazzo con la capacità di guarire da quasi ogni tipo di ferita?
    Probabilmente nulla di buono.
    E Yoshi ne sapeva qualcosa.
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    Era passato quasi un anno da quando era stato rilasciato dai laboratori e, da allora, si era sempre tenuto lontano da qualsiasi tipo di missione, aveva cercato di vivere una vita silenziosa, quasi arrendendosi all'essere passivo verso tutto ciò che accadeva attorno a lui. Si era convinto di non appartenere a quel mondo, di dover proseguire senza attirare l'attenzione. Odiando il mondo dal piccolo angolino che si era ritagliato, limitandosi ad essere un semplice osservatore verso ciò che succedeva. Gli unici momenti di effettivo divertimento, fino ad un certo punto, erano quando si trovava in uno stato alterato, tanto poco importava a chiunque di ciò che faceva uno dei tanti babbani che vagava per le strade del mondo magico. Poi da quando ha trovato un lavoro, vicino a dove viveva e che non richiedeva troppo sforzo, aveva cominciato a conoscere sempre più persone. Le stesse gli erano state strappate dai babbani e da lì, una cieca rabbia aveva riempito buona parte delle sue giornate. Thad Clayton era inevitabilmente cambiato e cominciava ad odiare il mondo apertamente, persino in compagnia di alcuni eletti. Uccidere durante la missione per recuperare gli altri non solo non gli aveva dato alcun fastidio, ma anzi, gli era addirittura piaciuto. Aveva cominciato a pensare che forse il governo aveva davvero ragione ed aveva dato il via libera ad una versione di sé più negativa, simile a quel tipo di persone che disprezzava un tempo. Tutto questo, però, non significava di certo che avesse smesso di comportarsi come il coglione che, sotto sotto, era sempre stato. Battute pessime, atti di bullismo su altri che vivevano a different lodge -e pensate quanto possa essere imbarazzante, quando proviene da un tappo- e che avevano permesso a lui e Jericho di avere tre stanze solo per loro.
    Ah, la Lowell. Era ancora un mistero chi fra i due fosse l'influenza negativa sull'altro, o forse entrambi si erano aiutati a peggiorare, lentamente, ad avvicinarsi sempre più a quella che poteva quasi essere definita come psicopatia. Si fingevano carini con gli adulti e le nuove conoscenze, erano i soliti stronzi con i coetanei. Adorabili, vero? Ora, era comune che i due si ritrovassero a distruggersi il fegato con alcool di seconda mano ed altro, senza rischio di morire per un eccessivo assorbimento, visto il suo potere. Era l'organizzazione perfetta. Per questo le aveva addirittura proposto di andare a quella festa di capodanno, probabilmente piena di alcool ed altro. Un'occasione a dir poco perfetta, no? Era persino il suo primo capodanno all'interno del mondo magico e senza alcuna supervisione di genitori, quindi non poteva per una volta passarlo a casa senza far nulla.
    Forse avrebbe dovuto.
    Il mal di testa con cui si era svegliato due ore prima era solamente l'inizio di un buongiorno falso in cui si era alzato giusto per fare un salto in bagno a rimettere chissà quali sostanze aveva ingerito il giorno precedente, per poi lanciarsi nuovamente sul letto a morire. Il ticchettio sul vetro da parte del gufo non l'aveva nemmeno fatto muovere, sembrava caduto in un profondissimo coma. Si perse, purtroppo, l'intero monologo della Lowell con l'animale. Poi lo raggiunse un tuono a ciel sereno. «Thad.» Forse si sarebbe dovuto accorgere fin dall'inizio di come quel sibilo non preannunciasse nulla di buono, ma il post... come minimo sbornia era troppo per vivere e comprendere davvero ciò che stava accadendo con la ragazza. Fece giusto una sottospecie di grugnito disumano, rigirandosi nel letto. La testa infilata a metà cuscino, tirando su i lati per coprirsi le orecchie. Non bastò, però, per evitare l'ennesimo richiamo di Jericho. «Thaddeus.» Si voltò, aprendo solamente l'occhio sinistro per cercare di capire qualcosa della vita. Tutto era così confuso quella mattina... Perché era mattina, vero? «Taddeo» Ora iniziava a capire la situazione: era nella merda fino al collo. Quando Jericho lo chiamava in quel modo, era certo di aver poco tempo a disposizione prima che l'altra si comportasse da vera psicopatica. Se fosse stato in un'altra situazione, leggermente più in grado di vivere ed affrontare la giornata, forse si sarebbe gettato dalla finestra per poi scappare via, fidandosi del fatto che avrebbe fatto una fine migliore che non rimanendo lì con l'ex grifondoro. Eppure era rimasto ancora lì sul letto durante tutta la doccia dell'altra, spostandosi lentamente e cominciando ad aprire gli occhi, seppur rimanendo sdraiato. Alcuni lo chiamerebbero masochismo, ma per Thad si trattava semplicemente di pura pigrizia. Sentì l'urlo dell'altra. Sia chiaro, se non fosse che la conosceva e che era una specie di Deadpool dei poveri... avrebbe già provato a correre via. Però era un Taddeo, rinomato per avere quasi tanti problemi quanto la Lowell. «Mmmh?» Si stropicciò un occhio, alzando lo sguardo giusto per notare il coltellino scagliato nel muro accanto a sé, già relativamente bucherellato. Ché secondo voi situazioni simili non erano all'ordine del giorno? Era una Lowell, ci si poteva aspettare questo ed altro. «Spero che tu abbia spiegazioni esaustive riguardo ieri sera, altrimenti il prossimo sei tu.» Osservò l'altra recuperare il coltello, ma in fondo anche i suoi ricordi della sera precedente erano abbastanza confusi. Indossava ancora i vestiti con cui era uscito, per qualche ragione ancora relativamente puliti. A pensarci, sarebbe stato un peccato sporcarli di sangue. «Beh, c'era roba buona sicuro, perché ricordo poco.» Cominciò a massaggiarsi il braccio dolorante a causa di una fantastica sessione di saltare la corda collaborando con uno spilungone. «Tanto guarisci... di solito.» Quella era senza dubbio una minaccia, anche per i livelli normalmente raggiunti dalla telepate. «Posso perlomeno cambiarmi? Questi vestiti sono abbastanza eleganti.» Per i suoi standard erano qualcosa di incredibile, ma mai dire mai. Si alzò in piedi, quindi, e cominciò effettivaemente a cambiarsi. L'altra poteva placare la sua furia omicida ancora per un po', vero? Un flash, poi. «Aspetta... ma sbaglio o ho chiesto a tuo fratello se era un ribelle?» Nathaniel, si intende, perché il vero e proprio psicolabile della famiglia non lo conosce. Lanciò la camicia sul cuscino, rimanendo in un'orripilante canottiera -guardate che faceva freddo, per i poracci di Different Lodge-. Infilò per un momento la mano nella tasca dei pantaloni, che gli sembrava un po' troppo piena. Ciò che estrasse di fronte a sé, però, finì per sconvolgerlo.
    Una vera e propria trafila di profilattici senza lattice.
    «Ma... cosa... cazzo?» Alzò lo sguardo verso Jericho, confuso tanto quanto l'altra. «Ok, tagliami in quanti pezzi vuoi, ma possiamo prendere un caffè prima?»
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    Chiedersi perché Jericho avesse pochi amici, sarebbe stato a dir poco superfluo. Aveva un modo… particolare di approcciarsi agli altri, e difficilmente era in grado di farsi accettare per quel che era, tanto che aveva smesso di provarci molto prima di cambiare aspetto. Il giudizio altrui aveva cominciato a scivolarle addosso quando aveva messo piede ad Hogwarts, facendola chiudere in un’apatica bolla di silenzio incrinata solamente di tanto in tanto da qualche suo compagno; aveva trovato il proprio sfogo personale nell’arte, nelle dita sporche di gesso, carbone e pittura. In tutti quegli anni, pur senza saperlo, Jericho Karma Lowell aveva semplicemente cercato un modo di essere sé stessa, ma senza realmente trovarlo – non nel disegno, non nel buio della sua sala comune, non nelle dita di Jack che le spettinavano i capelli. C’era qualcosa di terribilmente sbagliato, ed inadatto, nel non ritrovarsi nella propria pelle, ed era un discorso a priori dell’effettivo cambiamento che l’aveva vista protagonista nei Laboratori. C’era qualcosa di errato, nella Lowell, sin da quando era bambina. Un incompiutezza, un pezzo mancante, un tassello che l’avrebbe finalmente fatta sentire completa.
    So che è dura per il cuore da shipper di Nathaniel, ma non era stato Thad a darle uno suo personale essere – per quanto, bisogna ammettere, avesse contribuito. Aveva partecipato a quella stupida missione per trovare Alec, e fra le cortecce dall’umido odore di pioggia e sangue, Jericho aveva trovato la sé stessa che, fino a quel momento, non aveva mai potuto essere. Non come Hades, non come Jericho.
    Aveva fatto tanto, aveva fatto troppo, per non essere una Lowell. Ed alla fine, era proprio ciò che era. Ciò che le era sempre mancato.
    Come potesse aver sentito per anni la mancanza di qualcosa che mai aveva provato, era un mistero del quale Jericho non era interessata a scoprirne le origini; la sensazione di potere provata nel togliere la vita a qualcuno, nel vedere la razionalità defluire dallo sguardo come acqua fra granelli di plastica, era rimasta impressa indelebilmente nella sua memoria, forgiando infine la bozza di ciò che sino a quell’istante era stata. Il solo pensarlo la faceva sentire sporca, corrotta, non tanto per l’atto in sé – al quale era sempre stata abituata – ma per la sua violenza, l’impatto di lame a incastrarsi nelle costole spezzando la carne come burro.
    Troppo affine, allo sguardo sottile di Jericho, a ciò che aveva fatto Brandon. E si sarebbe sentita male, peggio, se solo non ci fosse stato sin dall’inizio qualcuno con il quale dividere quel fardello, se non fossero esistite le pacche sulle spalle ed i sorrisi pregni di orgoglio dei suoi compagni di gruppo. Hail Hydra. Poco importava che fossero più dovuti alla sua capacità di sopravvivenza che non all’omicidio in sé, Jer se lo faceva bastare per sentirsi più… umana.
    Non aveva mai creduto di non essere umana, finché non si era accorta di esserlo diventata. Carne e sangue, cuore dietro le costole, aria fredda sulla pelle e sporca sulla lingua. Una consapevolezza del tutto nuova del termine vita, improvvisamente ricco di sfumature che prendevano forma anche al di fuori dei suoi scarabocchi su taccuini e tele. Sarebbe stato così semplice per lei accettarlo, se durante quella metamorfosi fosse stata sola? Probabilmente no. Non che avesse modo di saperlo, dato che con Taddeo condivideva ancora ogni (sfortunato) giorno della sua vita. Più volte, osservandolo quando lui non la guardava, si era chiesta perché non potesse essere così semplice anche con Jack. Anzi, peggio: si domandava perché, anziché amare qualcuno come Killian, non avesse amato sin dall’inizio qualcuno come Thad – nello specifico, Thad. Era difficile per Jericho affezionarsi a qualcuno, figurarsi dare fiducia, riporre la propria vita, sulle spalle di qualcun altro come invece aveva fatto durante la missione. Era il suo migliore amico? Non ricordava neanche come fosse successo, o quanto tempo il Guaritore avesse impiegato per entrare a far parte di quella ristretta cerchia di amicizie a cui aveva irrazionalmente concesso il potere di romperla: ed un po’ si odiava, ed un po’ odiava lui. Ed un po’, in quel modo tutto Jericho Karma Lowell di affrontare l’esistenza, forse lo amava più di quanto fosse concesso alla semplice amicizia, in quella maniera un po’ meschina ed autolesionista per cui le persone tendevano sempre a volere qualcosa che non potevano ottenere. Era capitato spesso che, fra una bottiglia di tequila e l’altra, l’avesse reso partecipe della questione: il sorriso sghembo, gli occhi socchiusi, le palpebre a sbattere sornione su un paio d’occhi troppo blu; e poi le risate soffocate nelle mani premute contro la bocca, e quell’ilare verità che si sforzava di essere scherzo. Cosa c’era che non andava in lei? Sembrava incapace di instaurare un rapporto che non fosse malsano e guasto, una mela perfetta dalla polpa nera. Pareva quasi sentirsi in dovere, Jericho, di fare quanto in suo potere per rovinare ciò che la vita aveva da offrirle- e la parte brutta, era che lo faceva così illogicamente da non rendersene conto. Il puro gusto primitivo e sopito di farsi del male, così da giustificare l’odio che ribolliva nel petto scarno.
    E pensò a tutte quelle cose, Jericho Karma Lowell, mentre con ancora il gomito fasciato ed i vestiti umidi di doccia, osservava la mano di Thad schermargli lo sguardo, l’espressione sgualcita ed accartocciata del sonno a imprimersi fastidiosamente nella retina della telepata. Senza alcun motivo apparente arrossì, e quello la fece incazzare più del dovuto – e desiderò, da brava psicopatica, di aver colpito Thad anziché il muro. Quando si riappropriò dell’arma, si sentì più calma e decisamente più a suo agio, abbastanza da riportare la propria attenzione sul ragazzo. «Posso perlomeno cambiarmi? Questi vestiti sono abbastanza eleganti.» Ora. Jericho e Thad condividevano la stanza, contro ogni regola della scuola, da ormai un paio d’anni credo?. Tolto il primo periodo di palese imbarazzo, e dopo aver scoperto che il ragazzo era gay, la Lowell non aveva mai trovato nulla di male in quella confidenza priva di pudore; sarebbe esagerato dire ch’ella si cambiasse dinnanzi a lui, stiamo pur sempre parlando di Jericho, ma non l’aveva mai turbata né interessata che lui non ricambiasse il favore. E allora perché, perché doveva essere diverso? Indietreggiò rapidamente fino a trovarsi nuovamente con le gambe poggiate al proprio letto, le sopracciglia corrugate ed il coltello a ruotare distrattamente fra le dita. Avrebbe voluto dirgli che no, dannazione!, non poteva cambiarsi lì, ma… che c’era di male? Era suo amico, preferiva il pavone alla papaya wat, il che escludeva qualunque genere di coinvolgimento (più o meno) romantico. Si strinse quindi nelle spalle, incrociando le braccia sul petto mentre gli occhi scivolavano sul fisico asciutto di Thad, i muscoli a flettersi pigri mentre si toglieva la camicia rimanendo in canottiera. Fu tentata di pugnalarlo solamente perché colpevole di essere, per quanto in versione ridotta, un bel ragazzo. Era una bellezza diversa rispetto a quella plateale e mozzafiato dell’Hades; era di quelle che entravano sotto pelle giorno per giorno, che acquistavano fascino con i piccoli gesti. Magari subito vedevi gli occhi scuri, ma ci voleva uno sguardo più attento per cogliere le rughe sottili che si formavano a lato quando sorrideva, o le ciglia illegalmente lunghe e fitte che un ragazzo, maledetto, non avrebbe dovuto avere. Sentì la bocca improvvisamente asciutta, e dovette serrare gli occhi con un profondo sospiro colpevole per trattenersi dal dire qualcosa di stupido – ma non riuscì certo a tacere completamente. «la nostra vita sarebbe molto più semplice, se tu non fossi gay» esordì con un filo di voce, candida come una bambina che avesse appena indicato il cielo chiamando il sole, passando distratta l’indice sulla lama del coltellino. «avremmo potuto avere un'adorabile bambina come nevada tan» ed allora sorrise, morbida e immorale come una bestemmia sussurrata dal prete, inarcando entrambe le sopracciglia. Per inciso, Nevada Tan è una bambina psicopatica che ha ucciso una sua amica: fatevi bastare questo, se non volete avere gli incubi come Sara. «Aspetta... ma sbaglio o ho chiesto a tuo fratello se era un ribelle?» Sbuffò, un’occhiata scettica verso il ragazzo. Non sapeva neanche cosa aveva fatto lei, figurarsi cosa potesse o meno aver fatto lui. «non so, a quanto pare ero troppo impegnata a…» e le parole non servivano più, perché Taddy aveva appena scoperto come stava per concludere la frase. Mimò due pistole e fece schioccare la lingua sul palato, indicando con l’indice i preservativi fra le mani di Thad. Jericho si sforzava così tanto di non trovarlo imbarazzante, da riuscirci piuttosto bene. «…a spacciare preservativi – senza lattice» specificò. Con i tempi odierni, non si sapeva mai di quale strana allergia potevi essere affetto, e la Lowell preferiva prevenire che non curare. «Ok, tagliami in quanti pezzi vuoi, ma possiamo prendere un caffè prima?» Lo osservò ad occhi dischiusi, squadrandolo dal basso verso il basso. «concesso» sibilò appena, prima di fiondarsi giù dalle scale così da raggiungere la cucina.
    Prevedibilmente, non c’era nessuno. Raramente gli special passavano il loro tempo libero all’interno di Different Lodge, specialmente se sapevano che Jericho e Thad erano ancora in casa. Soddisfatta, piegò le labbra in un ghigno mentre preparava la prima moka – quella per due tazzine, ed ovviamente entrambe le tazzine erano sue. Arrampicata sull’isolotto della cucina, con una coperta di patchwork che aveva trovato abbandonata sul divano, Jer continuò a lanciare occhiate di sottecchi al ragazzo. Forse era ancora sotto effetto di stupefacenti; anzi, sicuramente era così, perché si stava giusto chiedendo cosa avrebbe provato a prendergli il volto fra le mani, ed accarezzando delicatamente le labbra con i pollici, respirare brevemente la sua stessa, calda, aria, prima di… «patata» disse dal nulla, sbattendo le ciglia. Scosse il capo e scattò in piedi, sciogliendo i muscoli del collo e delle braccia. Cosa le stava succedendo. Aveva bisogno di fare qualcosa, qualunque cosa, pur di non pensare a Taddeo in quel senso. Era… era troppo strano, e meschino. Troppo Lowell. Afferrò un tubero e, con l’ausilio di un asciugamano da cucina, se lo legò alla fronte; quindi, senza guardare Thad, cominciò a canticchiare la macarena ed a ballarla come un piccole lemure felice, le dita pigramente allungate di fronte a sé ed un lento movimento del bacino prima di saltare di lato – e poi ancora di lato, ed infine un’altra volta per giungere alla manovella del gas NON a induzione, che spense mentre l’aroma del caffè librava sopra le loro teste come colombe a Pasqua. Sollevata, e senza dire una parola, si riempì una tazza di caffè a cui non aggiunse zucchero: le sembrava di essere già abbastanza eccitata per conto suo anche senza inferire con altro saccarosio «cosa ricordi di ieri sera?» domandò, osservandolo da sopra la tazza, tornando a raggomitolarsi sopra lo sgabello. «hai fatto buon uso dei miei doni?» Alludendo ai preservativi lasciati al piano di sopra. Sorrise senza divertimento, come al solito, ed anche illegittimamente incazzata- tutto da vedere se fosse con lui, o con sé stessa.
    O con tutto. Lecito. sara voleva dire HOT, ma dato che sta cercando di scrivere in italiano, beccati sta perla «mlmlml, eri così caldo» Rimase impassibile, Jericho; solamente gli occhi erano visibili da sopra la tazza di caffè su cui aveva scritto i'm silently judging you, ed era quindi ancor più difficile capire quanto quella fosse una presa per il culo, e quanto un complimento.
    Probabilmente perché si trattava di entrambi.
    You Sit And Stay I Don'T Obey // by ms. atelophobia



    - il tuo pg si sentirà attratto dal partner di role per un post
    - si lega una patata alla fronte e balla la macarena
     
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2 replies since 9/1/2017, 01:45   262 views
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