Who we are

Emerald e Killian

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  1. (apsychos) Callaway.
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    « don't get too close, is dark inside »
    La lama del coltello precipitò nel vuoto, esattamente come il corpo dell’uomo che aveva di fronte, gli occhi fissi, lo sguardo vitreo, immobile, perso a squadrare il volto incipriato della giovane che si era appena presa la sua vita con un colpo di lama ben assestato. Aveva provato a reagire, aveva provato a combattere, sfuggire alla morte, al destino più o meno crudele ma non era servito. Raramente le vittime avevano il piacere d’incontrare il sorridente viso di Emerald Callaway, raramente Apsychos si faceva da parte per donare a quelle anime qualche secondo in cui aggrapparsi ad una speranza, non la meritavano. Non regalava salvezza il sicario, non impartiva condanne, svolgeva soltanto il proprio lavoro e tentava di farlo con tutta la discrezione possibile, non era difficile per lei rimanere imparziale, osservare un essere umano spegnersi, sorprendersi del fatto che no, non sarebbe riuscito a tornare a casa, salutare i propri cari, dire addio al suo grande amore. Agiva Apsychos, individuava i propri bersagli, ne studiava i punti deboli e poi colpiva, veloce, rapida, precisa, seguendo schemi tattici, rigide tempistiche che l’aiutavano a concludere il tutto in massimo un’ora, due quando si divertiva a giocare con la preda. E anche quella sera, tutto era filato liscio come l’olio, raggiunto lo chalet nel quale stava la vittima s’era presentata come una normalissima babbana in difficoltà, alla ricerca di qualcuno che riuscisse a sistemarle la macchina, aveva atteso che il bersaglio la seguisse e poi era stato facile recidergli la gola manipolando l’oscurità per creare un coltello. Leggermente rude per i suoi gusti raffinati ma almeno la morte di costui sarebbe stata catalogata come un semplice, sfortunato incidente. Uomo precipita in un dirupo, pietra gli trancia la gola, nulla da fare per i soccorritori. Almeno non avrebbe avuto la scocciatura di sentirsi chiamare “misterioso assassino” o “l’ennesimo sicario senza nome” se doveva proprio compiere un omicidio in grande stile ci lasciava la firma ma quella era una morte come tante e per di più pagata poco… non ne valeva la pena. Rimase ad osservare per qualche secondo la lama insanguinata che stringeva tra le dita lasciandola cadere subito dopo assieme al corpo, niente prove, niente scoop per i media. Notò soddisfatta come l’arma si disintegrò nell’aria mentre precipitava, il potere fornitogli dal Black Hole era veramente spettacolare anche se non poteva rimpiazzare la moltitudine di incanti lanciati da una bacchetta. Alzò le spalle soddisfatta poggiando le dita sul mazzo di chiavi scegliendo la passaporta per l’inferius, era giunto il momento di andare a riscuotere e poi tornare a casa per immergersi nella vasca da bagno in compagnia di una buona bottiglia di whiskey. Pochi secondi dopo , avvolta nella solita giacca di pelle nera, Apsychos camminava per le vie deserte di Diagon Alley, aveva un appuntamento alle 22 in punto per il pagamento e le piaceva arrivare puntuale a quel tipo d’incontri lavorativi. Non sapeva se il tizio che le aveva ordinato l’omicidio fosse un ribelle o un mangiamorte, non le interessava la guerra tra quelle due fazioni in continuo battibecco, chiunque vincesse avrebbe ottenuto una magra ricompensa, un mondo ormai in pezzi destinato a crollare in ogni caso. Ribelli o mangiamorte dunque cosa importava? Fin che la guerra le forniva simpatici passatempi per non annoiarsi gli esseri umani potevano benissimo continuare a combattersi tra loro. Sorrise tra se mentre raggiungeva il punto indicato dall’acquirente e si guardò attorno, vicolo buio, disconnesso, illuminato da un unico lampioncino dalla lampadina tremolante. Poggiò la schiena contro la parete di un’abitazione abbandonata estraendo dalla borsa la lima per le unghie, riusciva a vederci benissimo nonostante la luce fioca, altro vantaggio che utilizzava spesso, diciamo che se avesse provato qualche genere di paura… sicuramente non sarebbe stata quella del buio. Con ben quattro minuti di ritardo venne raggiunta da due persone, il mittente del piccolo incidente ed un compare «E’ sistemato, direi che abbiamo finito» sussurrò incurvando la labbra violacee attendendo le venisse consegnato il denaro «Non ancora.» Mai prendersi gioco di Emerald Callaway, afferrò l’uomo che le stava davanti per la gola sbattendolo contro il muro mentre con l’altra mano piegava l’oscurità al suo volere impedendo al socio di muoversi «Stavi dicendo?» domandò con voce mielata avvicinando il volto e sfiorando le labbra di lui. Voleva ancora il suo aiuto aw, che pulcino ma lei non era una donna che faceva favori agli sconosciuti, la generosità non rientrava nelle sue caratteristiche da sicario e non svolgeva sicuramente un lavoro per elemosinare pochi spiccioli. Le raddoppiò la parcella, dandole un’immagine, un nome, Killian Fleed e il luogo dove poteva trovarlo proprio in quello stesso istante, un’altra via dell’inferius «Ok vediamo di concludere questa trattativa, ti rivoglio qui tra un ora» concluse infastidita la Callaway rendendosi invisibile e scomparendo nel nulla, odiava agire in fretta ma dopotutto poteva fare un altro colpo.
    Rapidamente girò l’intero quartiere fino a scorgere la figura della vittima, camminava in un vicolo come gli altri, poco illuminato e circondato da abitazioni in disuso, a quanto pareva “l’ennesimo sicario” più noto con il nome di Apsychos, avrebbe veramente colpito quella notte e ritagliato un piccolo spazio in prima pagina il mattino seguente. Manipolando l’ombra la bionda ricreò un pugnale, monotono, troppo monotono per i suoi gusti raffinati ma era il modo più rapido per concludere l’affare. Rimase invisibile avvicinandosi lentamente alle spalle dell’uomo e quando gli fu abbastanza vicino comparve all’improvviso sbattendolo al muro e puntandogli la lama dritta alla gola. Qualcosa però bloccò la mano ferma di Apsychos, fermò quel tocco mortale che mai aveva errato lasciandola incapace d’agire, incrociò gli occhi grigi del ragazzo mentre l’assurda sensazione di conoscerlo le faceva perdere il vantaggio, l’effetto sorpresa. Soltanto allora il gelido sguardo di lei andò a posarsi su una scritta greca che costui aveva incisa sul collo, così dannatamente simile alla sua che in quell’istante Emerald giurò di provare qualcosa, stupore, incredulità o forse semplicemente un rimasuglio di ciò che era stata.
    20 Y.O | neautrale
    sheet | pensieve | pint
    controllo ombre
    EMERALD APSYCHOS CALLAWAY
    | if i was you, i'd wanna be me too | ms. atelophobia


    Edited by m e p h o b i a - 5/1/2017, 00:33
     
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  2. let's (kill) tonight
         
     
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    chronokinesis - 24 - deatheater - sheet - pensieve
    killian fleed -- can you fix the broken?
    Tutto sommato, nonostante un passato a dir poco infelice, l'ex serpeverde continuava a definirsi una persona normale, perlomeno per gli standard del mondo magico. L'unica vera e propria stranezza, prima dell'ultima missione indetta dal governo, era ciò che lo legava ad Emerald. Apsychos. Senza vita, senz'anima, perché dopo gli esperimenti nei laboratori essa aveva trovato un nuovo contenitore in Killian. Quando si era abituato a quella nuova normalità, all'aver perso definitivamente i suoi poteri da mago e l'animagia, l'avere nuovi amici, tra cui un quantitativo di babbani, sangue sporco e magonò di cui il vecchio se stesso, giovane e con tendenze discriminatorie, si sarebbe vergognato. Compresa la sua coinquilina. Proprio a lei si poteva attribuire ciò che più aveva cambiato, nuovamente, la vita del cronocineta. La sua morte, la sua rinascita anche per mano sua ed il conseguente legame che ora univa i due ed Elysian. Era indubbiamente cambiato, come predetto da Lancaster, forse con dei lati positivi aggiunti al suo carattere presi da Helianta, ma era passato troppo poo tempo perché si abituasse completamente. In più, da quel momento in poi la sua vita era legata ad altre tre persone (quattro, contando Lancaster), di cui una praticamente sconosciuta ed una che non si ricordava nulla del ventiquattrenne. Semplicemente perfetto. Insomma, la sua vita sembrava aver intenzione diventare sempre più complicata. Quindi, per quanto la compagnia della Moonarie potesse essere piacevole -anche grazie alle controindicazioni del rituale-, di tanto in tanto aveva bisogno di aria. L'Inferius era la meta di quel giorno, il quartiere abbandonato e decisamente poco sicuro, ma non gli interessava poi così tanto. Era abbastanza convinto di sapersela cavare, in fondo. Interessante come luogo, specialmente per quella storia sconosciuta. Il mistero che lo circondava lo intrigava. Continuò a camminare, con le mani in tasca, senza prestare troppa attenzione ai suoi dintorni.

    Pessima idea.

    Bastò un battito delle palpebre per ritrovarsi con le spalle al muro, alla gola quella che sembrava la lama di un pugnale. Osservò il volto di fronte a sé, un'espressione misto di shock e di soddisfazione sul volto. «Emerald.» Un nome che, a dir la verità, non pronunciava da fin troppo tempo. Il giorno della sua fuga dai laboratori, in cui le cancellarono la memoria e lui riuscì a malapena ad evitarlo. Fermò il tempo, per evitare che l'altra facesse qualcosa di scellerato, facendole inoltre cadere il pugnale a terra. Non la allontanò troppo da sé, ma si limitò a spostarsi già, sbottonando il polsino della camicia per mettere in mostra il tatuaggio sul polso, la metà dell'elica del dna, speculare a quella dell'altra. Lasciò quindi scorrere il tempo, così che l'altra potesse notare quello, oltre alla scritta sul collo. «Non so che tu voglia fare, ma non ti conviene continuare.» L'altra aveva senza alcun dubbio bisogno di spiegazioni, non vi era alcun dubbio. In quel momento, però, dal suo punto di vista era altro ad avere la precedenza. «Ti ho cercata, per mesi, ma mai avrei creduto che saresti stata tu a trovarmi.» Non riusciva a comprendere se l'altra avesse trovato qualche modo per ricordare, lo sguardo sembrava più vuoto di quello della ragazza a cui era abituato ed era prevedibile, vista la letterale assenza di un'anima, ma qualcosa l'aveva fatta esitare. Probabilmente era stata la scritta, non avrebbe dovuto darsi false speranza. «Non ricordi nulla dei laboratori, suppongo nulla di me, ma...» Si fermò per un secondo, osservandola, in attesa di qualsiasi risposta da parte dell'altra. «le nostre vite sono collegate. Posso aiutarti a recuperare i ricordi.» Ah, stava casualmente escludendo le altre due persone a cui era anche lei collegata, teoricamente, ma forse era un po' troppo da aggiungere, per una specie di "primo incontro".


    Role spostata dopo la quest, ad inizio Dicembre 2016 <3


    Edited by hiraeth. - 20/1/2017, 19:08
     
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1 replies since 9/10/2016, 18:43   347 views
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